Neuroscienze e
Psicoterapia:
prospettive e problematiche
di un nuovo dialogo
PAOLA GAETANO
SCINT
9 NOVEMBRE 2014
“Tutti i processi mentali, anche i più complessi processi
psicologici, derivano da operazioni del cervello”
“I geni alterati non possono, da soli, spiegare tutta la
varianza dei disturbi mentali”
“Dato che la psicoterapia e il counseling sono
efficaci, ciò è presumibilmente dovuto
all’apprendimento, che produce cambiamenti
nell’espressione genica, la quale altera la forza delle
connessioni sinaptiche”
Kandel, 1998
p. 460
• Anton Mesmer pubblica, nel 1766, Dissertatio PhysicoMedica de Planetarum Influxu
• Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) sostiene che
l’esercizio contribuisca allo sviluppo delle attività
cerebrali
• Charles Bonnet (1720-1793), in accordo con Rousseau,
suggerisce a Michele Vincenzo Malacarne (1744-1816)
che i neuroni rispondano all’esercizio come un muscolo.
• Malacarne (1793, 1819) conduce esperimenti su cani e
uccelli e scopre che in ambiente stimolante e con
allenamento intensivo il cervello aumenta di dimensione.
Recenti scoperte delle neuroscienze
e loro influenza sulla psicoterapia
•
•
•
•
•
Neuroplasticità
Sistemi di memoria implicita ed esplicita
Sistema Mirror e correlati dell’intersoggettività
Sostrato biologico dei disturbi mentali
Studi di brain imaging in vivo (SPECT, PET, fRMI)
• Enfasi sull’apprendimento implicito nella relazione
terapeutica
• La psicoterapia modifica funzioni e strutture
cerebrali, in modo diverso dalla farmacoterapia
Neuroplasticità
• La crescita e la differenziazione del cervello non
sono determinate solo geneticamente, ma anche
dalla continua interazione con l’ambiente
(FORMAZIONE EPIGENETICA)
• La formazione epigenetica non finisce nella
fanciullezza: c’è una rimappatura delle reti corticali
per tutta la vita, che comprende la generazione di
neuroni nell’ippocampo adulto (Bjoklund e Lindvall,
2000).
Neuroplasticità e
cambiamento
• La neuroplasticità è il prerequisito di ogni cambiamento
durevole nel comportamento, nella cognizione e nella
emozione (focus della psicoterapia).
• Per produrre effetti durevoli, la psicoterapia deve
giungere a ristrutturare reti neurali, specialmente nel
sistema limbico-sottocorticale, responsabile di
motivazioni e disposizioni emotive inconsce.
• Insight e appeal raggiungono solo le strutture corticoippocampali, ma hanno effetti limitati sui sistemi
motivazionali (Davidson e Irwin, 1999; Panksepp, 1998).
Hebb, 1949
«se un neurone A è abbastanza vicino ad un neurone
B da contribuire ripetutamente e in maniera duratura
alla sua eccitazione, allora ha luogo in entrambi i
neuroni un processo di crescita o di cambiamento
metabolico tale per cui l'efficacia di A nell'eccitare B
viene accresciuta»
• Si ritiene che la plasticità sinaptica a lungo termine
rappresenti la base molecolare dell’apprendimento
e della memoria (Clark & Beck, 2010; Kandel, 1998).
• L’apprendimento che è accompagnato dallo
sviluppo di nuove connessioni neuronali conduce
anche allo sviluppo di nuovi neuroni (Gould et al,
1999).
Frequenza e intensità dello stimolo
• L’impatto dell’esperienza sullo sviluppo neuronale e del
comportamento dipende dalla frequenza, durata e
intensità dello stimolo, nonché dalla vulnerabilità
biologica, dalla resilienza, da fattori di potenziamento, di
rischio e di protezione (Gunnar & Fisher, 2006; Pollak,
2005).
• La ricerca in neurobiologia dell’apprendimento e della
memoria suggerisce che, dopo ogni singolo evento di
apprendimento, avvenga un cambiamento nel SNC
necessario e sufficiente a supportare tale
apprendimento (Klein & Jones, 2008).
• La neuroplasticità contribuisce in modo fondamentale a
produrre il cambiamento terapeutico (Sharma et al,
2013)
Esperienza e apprendimento
• Considerando che alcune competenze sono innate e
altre apprese, e che si riconosce la plasticità dei processi
con l’apprendimento, si può confrontare l’attivazione
sotto stimolo di soggetti esperti e non (Gauthier et al,
2000).
• Molti trials sono stati usati su musicisti e non musicisti,
ballerini e non, etc. La pratica e l’apprendimento
rendono il cervello molto più plastico con implicazioni
per l’organizzazione corticale (Meister et al, 2005).
• Anche la psicoterapia modifica le funzioni neurali
(Kandel, 1998)
Comunicazione
mente-corpo
La comunicazione mente-corpo avviene in un tempo
dell’ordine di millisecondi
La produzione di neuromediatori si realizza nel tempo
di circa un minuto
Quando le cellule ricevono messaggi da un
neuromediatore, il nucleo cellulare avvia una
trascrizione genica (espressione genica)
1.
2.
3.
4.
L’informazione esterna è
codificata nei neuroni della
corteccia cerebrale e
trasformata nel sistema limbicoipotalamico-pituitario in
neuromediatori che immessi in
circolo raggiungono le cellule
cerebrali e del resto del corpo.
I recettori trasmettono il segnale
tramite il 2° messaggero al
nucleo della cellula dove
segnali precoci attivano la
trascrizione da parte di altri geni
di RNA messaggeri.
Questi avviano la sintesi
proteica che rinnova strutture
del corpo, enzimi che
producono energia, recettori e
messaggeri della
comunicazione intercellulare.
I messaggeri funzionano come
memoria molecolare che
evoca memorie statodipendenti, apprendimento e
comportamenti nel cervello
(Rossi, 2007)
• Attività ciclica che si
realizza a riposo e che
illustra come i neuroni,
se stimolati da segnali
nuovi e salienti
dall’ambiente, attivano
la trascrizione genica,
la sintesi di nuove
proteine, e la pasticità
cerebrale (Kandel,
2001, 2006; Rossi, 2007).
Cambiamenti nell’espressione
genica dipendenti dall’attività
Bottom-Up vs Top-Down
• I processi bottom-up sono primitivi, automatici, impliciti e
preconsci, dominati da aspetti salienti di uno stimolo rilevante
o da elementi situazionali e loro associazioni schematiche
(Clark & Beck, 2010).
• Studi di fMRI indicano che l’amigdala sia particolarmente
coinvolta nella valutazione emozionale di uno stimolo (Wright
et al., 2008).
• Tradizionalmente, si considerava che tale attività non fosse
modulata da strutture corticali (Whalen et al, 1998). Tuttavia,
questa tesi è stata messa recentemente in discussione
(Pessoa, 2005; Vuilleumier & Driver, 2007).
• La ricerca mostra che la rifocalizzazione, la valutazione
esplicita, il processamento cognitivo di esperienze emozionali
conduca a una risposta più intensa dell’amigdala, a una
reazione emotiva soggettivamente più forte e a caratteristici
mutamenti fisici (Wright et al., 2008).
Top-Down vs Bottom-Up
• I processi razionali top-down sono forme lente,
deliberate, esplicite e strategiche che usano
conoscenze basate su regole “astratte” per guidare
l’elaborazione di informazioni (Clark & Beck, 2010).
• Un’area cerebrale frequentemente coinvolta nel
processamento top-down delle emozioni è la corteccia
orbitofrontale (OFC) (Wright et al., 2008).
• Altre regioni coinvolte in questi processi sono la
corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC) e la
corteccia anteriore del cingolo (ACC) (Lane et al,1997;
Ochsner et al., 2004; Taylor et al, 2003).
• Le strutture sottocorticali che correlano con l’emergenza
di una esperienza emotiva, e quelle corticali che si
attivano nella regolazione, interagiscono in un modo
complesso (Ochsner & Gross, 2007).
Sistemi di memoria
Procedurale (implicita): riguarda
tutte le prestazioni automatiche, le
disposizioni inconsce e le attitudini
comportamentali non verbali
(disposizioni ad agire, pensare,
sentire). Contiene anche
configurazioni di interazioni
emotivo-corporee attivate
preriflessivamente da piccoli
elementi situazionali come
espressioni facciali, gesti, atmosfere,
sfumature
Dichiarativa (esplicita): registra
singole esperienze per successive
rievocazioni
Basata su configurazioni neurali dei
gangli della base, del cervelletto e
dell’amigdala
Basata su configurazioni neurali del
lobo temporale, specialmente
ippocampo e strutture corticali
connesse (Kandel, 1999)
Aggiornamento e
registrazione di memorie
• L’ippocampo è in prima linea nel registrare eventi in
memoria, ma essi vi sono immagazzinati
temporaneamente. È nella corteccia che, durante
il riposo, si consolidano le memorie.
• Le cellule dell’ippocampo si riproducono per tutto
l’arco della vita
• Esso è continuamente coinvolto nella
rielaborazione e nell’aggiornamento della memoria
Aggiornamento implicito
dei ricordi
Amnesia di eventi
traumatici
• L’amnesia di eventi traumatici e il recupero di memorie
di abuso sono fenomeni ben documentati (Scheflin &
Brown, 1996; van del Kolk & Filser, 1995).
• C’è chiara evidenza neuroscientifica a supporto degli
effetti dannosi del trauma sulla memoria (McEwen &
Sapolsky, 1995) e dei meccanismi di repressione delle
memorie traumatiche (Anderson & Green, 2001).
• Esperienze emotive traumatiche possono causare
edema temporaneo dell’ippocampo con amnesie
globali transitorie (Della Marca et al, 2010)
Ipotesi sulla patogenesi degli
sviluppi traumatici
• Bottom-up_ Attivazione simpatica adrenergica
contemporanea a risposta vagale troncoencefalica
cataplettica, con disattivazione delle connessioni
cerebrali superiori (Clerici & Veneroni, 2011; Porges,
1997; Porges, 2001). L’impedimento dell’integrazione
dell’evento traumatico nella vita psichica causa
discontinuità e frammentazione della coscienza e della
memoria (Nijenhuis et al, 1998; Putnam, 1997; Schore,
2009)
• Top-down_ Studi di neuroimaging indicano che la disintegrazione ha un’origine top-down, per eccessiva
modulazione della corteccia sul sistema limbico (Lanius
et al, 2010)
Meccanismi patogenetici del
trauma
• L’ errata interpretazione e sintesi integrativa dell’impatto
emozionale di episodi dolorosi ha un ruolo cruciale nella
percezione di memorie percepite come traumatiche (van der
Kolk, 1997), causando difetto di sintesi personale (van der Hart
et al, 2006) o scomposizione della memoria in sue
componenti (somatica, sensoriale, cognitiva, emotiva).
• La difficoltà di sintetizzare, classificare e integrare memorie
traumatiche in una narrativa è connessa a ridotto volume e
ridotta attivazione dell’ippocampo e a ridotta attivazione
nella corteccia prefrontale, corteccia anteriore del cingolo e
area di Broca (Bremmer et al, 1999; Gilbertson et al, 2002;
Lanius et al, 2002; Shin et al, 2004). Si attivano memorie
traumatiche non dipendenti da ippocampo e corteccia
prefrontale, che sono involontarie, e si presentano in tracce
sensoriali intense e vivide (Lanius et al, 2002; Shin et al, 2004).
Emozioni negative intense e PTSD
• Il disturbo post-traumatico da Stress (PTSD) è una
manifestazione del danno che ha l’impatto con
emozioni negative.
• In questa condizione si hanno reminiscenze
intrusive, incubi, flashback dell’evento traumatico e
intorpidimento o evitamento di sentimenti e pensieri
relativi all’evento. L’intrusività dei ricordi
fondamentale nel decorso. Poiché tali ricordi
possono persistere per anni, si presentano molte
difficoltà nel funzionamento personale e
interpersonale (Alpert et al, 2000) e un aumento di
vulnerabilità a futuri eventi stressanti.
Attaccamento e
intersoggettività
• Studi sull’interazione madre bambino hanno permesso di
scoprire che l’apprendimento procedurale e la
mappatura cerebrale di pattern interattivi sono
pienamente sviluppati già all’età di 3-4 mesi (Beebe et
al, 1997)
• Processando inconsciamente l’informazione affettiva, il
sistema di memoria implicita è già capace di estrarre
prototipi e regole da esperienze ripetute: schemi
procedurali dell’essere-con-l’altro organizzano il
comportamento interpersonale del bambino e verranno
poi trasferiti ad altri ambienti, congrui o no con esso
(Stern, 1985).
Memoria di esperienze precoci
di relazione
• La memoria implicita collega eventuali esperienze
infantili deficitarie con modalità di legame e di
regolazione emozionale disfunzionali.
• I risultati della ricerca sul rapporto fra sviluppo e
neurobiologia confermano il ruolo dell’inconscio,
ma tale implicito non è l’inconscio della
repressione, dei meccanismi di difesa, dei conflitti
(Kandel, 1999).
• La ricerca neurobiologica mostra che l’amnesia
infantile non è il risultato della repressione nel
periodo di risoluzione del complesso edipico, ma è
dovuta alla tardiva maturazione del sistema di
memoria dichiarativa (Clyman, 1991)
Omeostasi neurofisiologica legata
alla relazione di attaccamento
• La teoria di Bowlby è un modello psicobiologico
dello sviluppo sociale del cervello. La ricerca ha
dimostrato che l’omeostasi neurofisiologica è
disturbata dopo esperienze di deprivazione
precoce.
• Nei mammiferi superiori il sistema di attaccamento
è un sistema organizzativo centrale, che permette
ai bambini di far leva sui genitori per regolare i
propri stati interni fino a che le loro funzioni
psiconeuobiologiche non sono autonome e
mature.
La sintonia con l’altro regola
l’omeostasi neurofisiologica
• Il sistema nervoso in sviluppo è un circuito omeostatico
aperto, che richiede una regolazione esterna, o una
sintonizzazione da parte degli altri (Amini et al, 1996).
• Fenomenologicamente, corrisponde a stati condivisi di
sintonia emotiva, o di coscienza diadica madre –
bambino (Tronick, 2003).
• Esperienze precoci sintoniche, codificate e internalizzate
come memoria procedurale, stabilizzano legami stabili e
sicuri con gli altri.
• Viceversa, deficit di attaccamento possono dare
repertori comportamentali disorganizzati e “micropratiche corporee” deficitarie (Downing, 2004), o
compromettere le capacità fisiologiche di gestire lo
stress e le emozioni.
Sistema Mirror
• La natura intersoggettiva del cervello umano è
evidenziata dalla scoperta del sistema dei neuroni Mirror
nella corteccia premotoria e in altre aree associative, un
correlato neurobiologico che serve alla comprensione
dell’azione, alla comunicazione non-verbale e
all’empatia (Rizzolatti et al, 1996; Gallese, 2003).
• I Mirror scaricano nel compiere e nell’osservare l’azione
di un consimile. Sembrano accoppiare i comportamenti
intenzionali dell’altro alla propria esperienza, formando
un legame di reciproca comprensione attraverso una
risonanza o una simulazione corporea.
Comprensione implicita
I neuroni mirror sono stati scoperti nel cervello del macaco nei
primi anni ‘90 del secolo scorso (Gallese et al. 1996; Rizzolatti etal.
1996), e successivamente sono stati scoperti meccanismi mirror
nel cervello umano (Gallese et al. 2004; Rizzolatti e Sinigaglia
2010).
Tali scoperte suggeriscono:
• una modalità diretta di accesso al significato dei
comportamenti altrui, che può prescindere dallʼattribuzione
esplicita di atteggiamenti proposizionali
• la possibilità di derivare – al livello di descrizione sub-personale
– la soggettività dallʼintersoggettività: lʼessere- con non è un
risultato, ma è lʼuomo che è il risultato dellʼessere-con.
Gallese, 2013
Intersoggettività come
intercorporeità
La mutua risonanza di comportamenti sensori-motori
intenzionalmente significativi sostiene la capacità di
comprendere gli altri in quanto agenti intenzionali.
Essa non dipende esclusivamente da competenze
mentalistico-linguistiche, ma è fortemente dipendente
dalla natura relazionale dell'azione.
Secondo questʼipotesi, è possibile comprendere
direttamente il senso delle azioni di base altrui grazie
ad unʼequivalenza motoria tra ciò che gli altri fanno e
ciò che può fare lʼosservatore (Gallese, 2013)
Linguaggio e sistema mirror
• Il linguaggio, quando si riferisce al corpo in azione,
mette in gioco le stesse risorse neurali normalmente
impiegate per muovere quello stesso corpo.
• Vedere qualcuno che compie unʼazione, come
afferrare un oggetto, e ascoltare o leggere la
descrizione linguistica di quella stessa azione
conduce ad una simile risonanza motoria che attiva
identiche regioni del nostro sistema motorio
corticale, incluse quelle con proprietà mirror
(Gallese, 2013)
Linguaggio riflessivo e
sistema mirror
• Gallese (2013) ipotizza che lʼesternalizzazione astraente fornita
dal linguaggio affondi le sue radici nel trascendere il corpo
rimanendone allʼinterno, proprio della simulazione incarnata.
• Vi sono prove che lʼosservazione di lettere dellʼalfabeto
tracciate a mano attiva la rappresentazione motoria della
mano dominante nel cervello di chi legge (Freedberg e
Gallese 2007; Wojciehowski e Gallese 2011).
• La contemplazione di opere dʼarte astratte, attiva nelle regioni
premotorie del cervello di chi le guarda la rappresentazione
motoria dei gesti impiegati dallʼartista per realizzare lʼopera.
Mirror e risonanza
emotiva
Le stesse strutture
nervose coinvolte
nellʼesperienza
soggettiva di
sensazioni ed
emozioni sono attive
anche quando tali
emozioni e sensazioni
sono riconosciute
negli altri.
Dolore e sistema mirror
• Neuroni del dolore che si attivano nel dolore altrui
sono stati trovano nella corteccia del cingolo
(Hutchinson et al, 1999).
• Questo sistema supporta l’intercorporeità di cui
parlava Merleau-Ponty (1967), una sfera di
sensibilità corporea e mutua risonanza che
condividiamo sin dall’inizio con gli altri come
soggetti incarnati. Processi preriflessivi, la cui
coscienza ci aiuta ad aumentare l’efficacia
psicoterapeutica.
Empathy for Pain Involves the Affective but not Sensory
Components of Pain (Singer et al, Science 2004)
Pain-related activation associated with either
experiencing pain in oneself or observing one’s
partner feeling pain. Areas in green represent
significant activation (P < 0.001) for the contrast
pain–no pain in the “self” condition and areas in
red for the contrast pain–no pain in the “other”
condition. The results are superimposed on a mean
structural scan of the 16 subjects. Activations are
shown on sagittal (A and B) and axial (C and D)
slices.
(A)Activation in ACC and cerebellum.
(B) Bilateral insula cortex extending into lateral
prefrontal cortex, left posterior insula extending into
secondary somatosensory cortex (SII), bilateral
occipital cortex, and fusiform cortex.
(C) Bilateral nsula and mediodorsal thalamus.
(D) Middle and lateral cerebellum/ fusiform gyrus
Empatia e sociopatia
• “A brain imaging study in the Netherlands shows
individuals with psychopathy have reduced empathy
while witnessing the pains of others. When asked to
empathize, however, they can activate their
empathy. This could explain why psychopathic
individuals can be callous and socially cunning at the
same time.“ Keysers, 2013
Conseguenze per la
psicoterapia
Il ruolo di memorie procedurali e apprendimento
emotivo,
la natura implicita di pattern relazionali,
l’importanza cruciale dell’attaccamento,
dell’intercorporeità e dell’empatia,
in contrasto con un ruolo decrescente dei
meccanismi di repressione e di memoria dichiarativa,
hanno spostato l’enfasi da tecniche orientate
all’insight, interpretative o cognitive, verso
apprendimenti procedurali ed emozionali.
L’incontro autentico suscita nuovi
apprendimenti terapeutici
• Memorie implicite alterate si attivano
nell’attuazione dei processi terapeutici.
• Stern e i membri del Boston Process Change Study
Group (Stern et al 1998, Lyons-Ruth, 1998) hanno
sviluppato un modello di psicoterapia centrato sul
now-moments, sul momento dell’interazione, per un
riapprendimento procedurale e un insight.
• Tutte le CBT, ultimamente, hanno aumentato
l’attenzione verso la relazione terapeutica.
La relazione terapeutica
NUOVA RELAZIONE DI ATTACCAMENTO:
• Regolazione dell’omeostasi affettiva
• Ristrutturazione delle memorie implicite correlate
all’attaccamento
[Teoria polivagale di Porges (2001): sistema mielinizzato ventrovagale (nucleo ambiguo–volto-laringe-cuore) che regola il
comportamento sociale e modula gli stati affettivi, calmando il
sistema simpatico. Il complesso dorso-vagale è
filogeneticamente più antico e regola l’evitamento passivo]
ASPETTO CENTRALE DELLA RELAZIONE:
Comunicazione emotiva mediata da risonanza corporea,
sfumature e atmosfere più che dal linguaggio simbolico.
La sintonia implica la capacità di comprendere il focus
dell’attenzione dell’altro.
I sette principi delle neuroscienze
applicabili alla psicoterapia
(Cappas et al, 2005)
1.
2.
3.
4.
5.
Nature vs nurture
L’esperienza trasforma il cervello
I sistemi di memoria sono interattivi
I processi cognitivi ed emotivi sono coordinati
I legami di attaccamento sono la base del
cambiamento
6. L’immaginazione ha correlati simili alla percezione
7. Il cervello processa informazioni inconsce
Principio 1
Nature versus Nurture
• Genetica e ambiente interagiscono a livello cerebrale
nella formazione di un individuo
• Le scoperte nel campo della genetica delle malattie
mentali, seppur rilevanti, hanno favorito l’idea che
malattie mentali e tratti di personalità siano immutabili e
non trattabili (Appell, 2002).
• In realtà, tanto i geni quanto l’ambiente sono capaci di
creare e modificare le strutture del cervello, la chimica
neuronale e, perciò, il comportamento umano. La via
comune è la modificazione delle sinapsi.
• L’uomo è altamente sensibile all’evoluzione culturale
Principio 1
e pratica clinica
• Una storia familiare di malattia mentale o di
dipendenza rende un individuo ben lungi
dall’essere predestinato. Anche a un livello
genetico profondo, il cambiamento è possibile.
• L’abituale enfasi sulla storia familiare dei disturbi è
sopravvalutata, soprattutto alla luce delle scoperte
relative ai predittori di guarigione (Frank &Frank,
1993; Leake &King, 1977). Se si riesce a generare la
speranza di un recupero, nonostante la forte
presenza di fattori ereditari, si facilita il processo di
guarigione o miglioramento.
Principio 2
L’esperienza trasforma il cervello
• Alcune esperienze hanno un tale potenziale
trasformativo da capovolgere il mondo di una persona,
come notano filosofi, teologi e poeti. Sembra quasi che il
cervello non sia più lo stesso.
• I circuiti cerebrali cambiano in seguito a sviluppo,
incidenti, apprendimento, memorie (Squire &Kandel,
1999).
• La plasticità, attraverso processi di potenziamento a
lungo termine, crea e modifica le connessioni neuronali
in risposta all’esperienza (Dudai, 2002; Squire & Kandel,
1999)
• Lo stimolo di una nuova esperienza può,
alternativamente, rafforzare o indebolire le connessioni
neurali.
Neurogenesi
• Il cervello può rinnovare se stesso. Si è creduto a
lungo che esso fosse composto da un numero finito
di neuroni e che la neurogenesi fosse impossibile.
• Oggi sappiamo che la capacità di neurogenesi si
mantiene per tutta la vita (Eriksson et al, 1998; Gross,
2000).
• Inoltre, i neuroni generati grazie all’esperienza
diventano non solo funzionali ma anche associati a
migliorata memoria e plasticità (Van Praag et al,
2002).
Principio 2
e pratica clinica
• Le aree cerebrali associate con emozioni e
memoria sono le più plastiche: fra esse la corteccia
prefrontale, l’amigdala, l’ippocampo (Davidson,
Jackson & Kalin, 2000).
• Argutamente, gli approcci clinici contemporanei
sono altamente evocativi di memoria ed emozione
“Tutte le forma di terapia, qualunque ne sia
l’orientamento teorico, avranno successo se
favoriscono la crescita e l’integrazione neuronale”
(Cozzolino, 2002, p. 27)
Principio 3
I sistemi di memoria sono interattivi
• La memoria è un processo grazie al quale la
conoscenza è acquisita, codificata, immagazzinata e
recuperata (Kandel et al, 2000).
• Le regioni cerebrali associate con i processi di memoria
a lungo termine includono il lobo temporale e la
corteccia prefrontale (Invar & Petterson, 2000).
• L’informazione è processata dall’ippocampo, e il suo
consolidamento può richiedere anni (Haist et al, 2001).
Essa rimane dipendente da questa struttura fino a che
non diventa antica; a quel punto viene organizzata
nella corteccia (Eichenbaum, 2001).
La rievocazione è soggetta a
influenze del momento
• Le memorie non sono una perfetta riproduzione di
quanto appreso o accaduto, ma vengono costruite al
momento del recupero in accordo con il metodo usato
per la loro rievocazione (Gonsalves & Paller, 2000).
• Ad esempio, uno stimolo come una domanda, una
fotografia, un profumo, interagiscono con una
particolare memoria alterandola (Nadel & Land, 2000)
• Benessere, personalità ed emotività sono chiaramente
legate alla capacità di immagazzinare e recuperare
informazioni della vita quotidiana (Conway, 2003)
Memorie autobiografiche
• “La rievocazione conscia di passate esperienze personali” è
conosciuta come memoria episodica (Dudai, 2002, p. 91).
• La memoria episodica, o autobiografica, è usata per
intrecciare le proprie storie personali. Mentre cresce
l’esperienza di vita, le narrative si intrecciano le une con e
altre per creare una propria storia di sé.
• Le memorie autobiografiche di cui è tessuta la nostra storia
sono continuamente sottoposte a revisione, in quanto anche il
senso di sé lo è. Estraiamo nuove informazioni da vecchie
esperienze e colmiamo il gap a seconda delle necessità del
momento. Consapevolmente o meno, usiamo
l’immaginazione per rigenerare il nostro passato e, con esso, il
presente e il futuro (Gary & Polaschek, 1999, p66)
Principio 3
e pratica clinica
• È possibile modificare il modo in cui esperienze dolorose sono
ricordate e integrate.
• Questa è una comune pratica delle psicoterapie narrative,
nella cui prospettiva “una narrazione è come un filo che
collega gli eventi, formando una storia” (Morgan 2000, p.5). Al
centro di questi interventi c’è la revisione di narrative
dominanti individuali, che danno forma a comportamenti e
alla percezione di sé e degli altri, enfatizzando reminiscenze
positive che meglio servono al funzionamento quotidiano.
• Il senso di un racconto si modifica a seconda dello stato
d’animo del momento, rivolto al futuro, capace di influenzare
le reminiscenze.
• La comprensione facilita l’integrazione.
Malleabilità della memoria
• Vista la malleabilità della memoria e suoi benefici, si può
commettere l’errore di credere che qualcosa sia
realmente accaduto anche quando non è così (Hyman
&Pentland, 1996).
In uno studio sulle memorie interattive, ai soggetti è stato
mostrato un video di Walt Disney che stringe la mano a
Bugs Bunny. Fu poi loro chiesto se avessero visto Bugs Bunny
durante il loro soggiorno a Disney World. Sebbene ciò fosse
impossibile (Bugs Bunny non è un personaggio di Disney),
molti affermarono di sì (Braum et al, 2002).
• Questo fenomeno può essere rilevante quando l’errore
di rievocazione si esprime in ambito legale
Principio 4
I processi cognitivi ed emotivi agiscono in
coordinazione
“Non c’è conoscenza senza emozione. Possiamo
essere consapevoli di una verità, ma finché non ne
sentiamo la forza, essa non ci appartiene. Alla
cognizione del cervello si deve aggiungere
l’esperienza dell’anima”(Bennett, 1897, §57)
• Culturalmente, le emozioni sono intese come
contrapposte alla ragione, mentre in realtà esse
funzionano in cooperazione (Schacter, 1996).
La reazione emotiva
La reazione emotiva è una risposta dell’organismo
che si è evoluta per necessità di sopravvivenza. La
sua origine nel sistema limbico ne conferma la
derivazione dalle strutture più antiche del cervello (Le
Doux, 1997).
• La paura (risposta di attacco e fuga) coinvolge il
sistema nervoso centrale in reazione a un pericolo
• La rabbia in risposta a un ostacolo
• La tristezza in risposta a una perdita
• Lo stupore in risposta a una novità
• La gioia in risposta a una conquista
• Il disgusto in risposta a qualcosa di nocivo
Emozioni e sentimenti
• L’attivazione visceromotoria predispone all’azione.
• Nell’ottica delle neuroscienze, i “sentimenti” sono “la
rappresentazione mentale del cambiamento fisiologico
che caratterizza le emozioni” (Damasio, 2001, p781). In
altri termini, essi sarebbero i significati che gli uomini
attribuiscono alle emozioni.
• I sistemi che, nel cervello, processano i sentimenti, sono
diversi da quelli che producono reazioni emotive.
• Le reazioni emotive correlano con attivazioni
sottocorticali (amigdala e corteccia frontale
ventromediale), mentre i sentimenti correlano con
l’attivazione di regioni neocorticali, deputate
all’attribuzione di significato.
Il riconoscimento delle
emozioni può essere errato
• “Le reazioni emotive avvengono nel teatro del
corpo. I sentimenti si realizzano nel teatro della
mente” afferma Damasio (2003, p. 28).
• Per questa ragione gli uomini possono confondere
la tristezza con la rabbia e il senso di colpa con la
paura.
Modulazione emotiva di
funzioni cognitive
• Memorie, emozioni, sentimenti sono processi
interconnessi. McGaug (2000) ha descritto le interazioni
complesse fra reazioni chimiche e anatomiche create
dalle emozioni, che a turno influenzano (potenziando o
inibendo) il consolidamento di memorie.
• L’amigdala, che ha un importante ruolo nell’attivazione
emozionale, ha un ruolo critico nel mediare
neurotrasmettitori come l’epinefrina e i glucocorticoidi,
essenziali per il consolidamento di memorie. L’attivazione
emozionale stimola l’amigdala, che modula
l’immagazzinamento di memoria (McGaugh et al, 1996).
Stress e memoria
Uno degli effetti più noti delle emozioni negative nel
cervello è l’esposizione a glucocorticoidi (McEwen &
Salposky, 1995).
• A bassi livelli, i glucocorticoidi potenziano la
memoria.
• Ad alti livelli di stress prolungato, danneggiano le
cellule dell’ippocampo (Salposky, 1998).
Numerosi studi hanno rivelato la presenza di riduzioni
strutturali nell’ippocampo in risposta a traumi
psicologici (Gilbertson et al, 2002), depressione
(Gartside et al, 2003) e alcolismo (Ryabinin, 1998).
Principio 4
e pratica clinica
Comprendere l’interazione di emozioni, sentimenti e
memorie serve a:
• Esplorare il significato delle sensazioni e delle reazioni
che possono influenzare i processi decisionali
(comprendere, valutare, decidere)
• Aiutare il paziente a decifrare correttamente una
reazione emotiva e a comprendere la natura emotiva di
un’azione (movente) per poter modificare un
comportamento disfunzionale. Questo aspetto è
cruciale nella Dialectical Behavioral Therapy della
Linehan (1993) e nella terapia cognitiva post-razionalista.
Principio 5
I legami di attaccamento sono la base del cambiamento
• La relazione interpersonale madre bambino può avviare
e modificare i circuiti corticolimbici e orbitofrontali
(Schore, 2003), regioni associate alla regolazione
dell’emozione e all’attivazione fisica.
• La maturazione di queste aree non è completa alla
nascita, ed è quindi suscettibile all’esperienza. Anche se
le esperienze precoci strutturano una impalcatura che
influenza i comportamenti futuri, questi sistemi
rimangono plastici per tutta la vita.
• In età adulta, la relazione terapeutica può aiutare a
modificare i sistemi neurali e potenziare la regolazione
emozionale (Siegel, 1999).
Principio 5
e pratica clinica
• Da una prospettiva neuroscientifica, la psicoterapia
“può facilitare un movimento efficace verso il benessere
e l’autoregoazione adattiva” (Siegel, 1999, p. 285),
potenziando lo sviluppo corticolimbico e orbitofrontale.
• Queste scoperte delle neuroscienze sottolineano come
la relazione terapeutica sia il più importante predittore
del cambiamento in psicoterapia (Lambert, 1992;
McCabe & Priebe, 2004).
• Relazioni affettive sintoniche possono elicitare risposte
fisiologiche positive che vanno dal modificare i ritmi
circadiani a potenziare i processi di guarigione da
malattie (Hofer & Sullivan, 2001).
Principio 6
L’immaginazione è stimolante come la percezione
•
L’immaginazione è la capacità di “visualizzare” un oggetto
anche in sua assenza. “Si può immaginare una scimmia blu, ma
non percepirla…”
•
La percezione, invece, è il processo di acquisizione,
interpretazione, e organizzazione sensoriale di informazioni visive,
olfattive, gustative e tattili.
•
Le varie forme di immaginazione utilizzano diversi circuiti neuronali
(Kosslyn et al, 2001). Alcuni studi indicano una localizzazione
temporo-occipitale (Farah, 2000).
•
I processi immaginativi utilizzano gli stessi sostrati neurali della
percezione (Kreiman et al, 2000). Le aree che si attivano per la
percezione dei volti sono le stesse che si attivano durante la loro
immaginazione (O’Craven & Kanwisher, 2000). Lo stesso per
quanto riguarda la percezione e l’immaginazione di luoghi.
Dolore e tecniche immaginative
• Il potere dell’immaginazione è stato messo a fuoco
in numerosi studi sulla gestione del dolore,
esaminando l’efficacia antidolorifica del placebo
per ridurre il dolore cronico causato da malattie
come il cancro e il danno al midollo spinale
(Melzack & Wall, 2003).
• In alcune terapie del benessere si usano tecniche
immaginative per il sollievo dal dolore (Ball et al,
2003).
Musical imagery: Sound of silence activates auditory
cortex
David J. M. Kraeme, C. Neil Macrae, Adam E. Green &
William M. Kelley
Nature 434, 158 (10 March 2005)
Auditory imagery occurs when one mentally rehearses
telephone numbers or has a song ‘on the brain’ — it is the
subjective experience of hearing in the absence of
auditory stimulation, and is useful for investigating aspects
of human cognition. Here we use functional magnetic
resonance imaging to identify and characterize the neural
substrates that support unprompted auditory imagery and
find that auditory and visual imagery seem to obey similar
basic neural principles.
Corteccia uditiva
Principio 6
e pratica clinica
• Queste scoperte aiutano a chiarire per quale motivo le
tecniche immaginative siano efficaci nel trattare il
dolore, l’ansia, le fobie e la paura.
• Comprendere che l’immaginazione differisce ben poco
dalla percezione può essere utile per coltivare l’empatia
e la compassione, invitando il paziente a immaginare la
situazione fisica o emotiva dell’altro, o per il terapeuta a
immedesimarsi nella situazione emotiva del paziente
(non nel suo racconto…). Ciò potenzia l’aspetto più
critico della terapia, che è la relazione.
Principio 7
Il cervello processa informazioni non-verbali e inconsce
• I processi inconsci esercitano grande influenza su
pensiero, sentimenti e azioni umane (Merikle &
Daneman, 2000).
Negli anni ‘80 fece scalpore l’uso di messaggi subliminali
della pubblicità (Guilloud, 2002). Anche se ciò non ebbe
l’effetto sperato, tali campagne erano sostenute dalla
scoperta che il cervello percepisce stimoli al di fuori della
consapevolezza.
• Studi sulla percezione inconscia hanno contato sul
fenomeno del priming, cioè sul processo automatico in
base al quale un’azione o una risposta è elicitata da un
precedente stimolo registrato inconsapevolmente. Tale
reazione è specifica (Dudai, 2002).
Priming
• Ad esempio, dopo notizie su una data malattia, un
soggetto interpreta alcune sensazioni come segno
di quella malattia.
• Il priming è efficace sull’autostima e
l’autovalutazione (Vallacher et al, 2002).
Soggetti cui veniva chiesto di raccontare storie
positive o negative su di sé, e poi di autovalutarsi,
esprimevano giudizi rispettivamente positivi o negativi
su di sé. Ma non serve che lo stimolo sia esplicito.
Percezioni inconsce
• Quello che gli umani sperimentano prima di un’azione può
influenzare le loro scelte.
• Le informazioni processate inconsapevolmente influenzano gli
incontri, terapeutici e non (es. oppositività inconsapevole).
• Il comportamento non-verbale innesca percezioni inconsce.
• Alcune attività non verbali sono state categorizzate come
prossemica (vicinanza a un’altra persona), cinesica
(movimenti del corpo), e paralinguaggio (il modo in cui un
messaggio viene passato). Queste attività informano la
percezione di una persona in una situazione (es. effetto
“camaleonte”).
Principio 7
e pratica clinica
• Poiché il priming dispone a certe risposte, una
intervista diagnostica basata su eventuali deficit
può esacerbare una percezione negativa di sé.
• Il decoro degli spazi dedicati ai pazienti con
malattia mentale rende l’atmosfera più favorevole
a una relazione di collaborazione e fiducia.
• Depliant con informazioni positive sono più efficaci
di quelle allarmistiche con informazioni negative
Importanza di una relazione
autentica
• Infine, la percezione inconscia suggerisce
l’importanza di una relazione terapeutica
autentica.
• Oltre alla consapevolezza del linguaggio nonverbale altrui, il terapeuta deve essere consapevole
delle proprie espressioni e idiosincrasie, e far caso
al significato che i propri gesti e le proprie
espressioni mimiche trasmettono riguardo al
paziente.
Effetti neurobiologici della
psicoterapia
• Il riapprendimento procedurale dovrebbe influenzare
struttura e funzioni cerebrali modificando la plasticità
sinaptica e l’espressione genica
• Ci sono evidenze di modifiche dell’espressione genica in
seguito a esperienze emozionali
• Ad esempio: un contatto con tenerezza attiva
l’espressione del “gene immediato precoce” che
promuove i processi cellulari di crescita e maturazione
• Gli effetti della psicoterapia dipendono soprattutto da
cambiamenti a lungo termine nei pattern patofisiologici
DOC
• Pazienti DOC dopo CBT e trattamento con
imipramina: mostrano alla PET riduzione
dell’iperattivazione del nucleo caudato rostrale
(elaborazione funzioni visive e motorie) (Baxter et al.
1992; Schwartz, 1998)
• Pazienti DOC resistenti, dopo trattamento con BT,
31 controlli sani, hanno mostrato ridotta attività del
caudato destro (Nakatani et al, 2003)
• 18 pazienti DOC, dopo 8-12 settimane di BT,
mostrano aumento dell’attività OFC sinistra
(maggiore elasticità mentale?) (Brody et al, 1998)
Depressione
• Pazienti depressi dopo IPT e trattamento farmacologico
mostrano, alla PET: riduzione dell’attività del lobo prefrontale
(Brody et al., 2001; Martin et al, 2001), e aumenta attività dei
gangli basali dx e di PCC (controlli: aumenta attività gangli
basali dx e corteccia temporale posteriore dx (Martin et al,
2001)
• Pazienti depressi dopo IPT mostrano ridotta attività PFC
bilaterale e ACC ventrale a sinistra, aumentata attività della
corteccia temporale sinistra e dell’insula, i controlli in
trattamento con paroxetina mostrano ridotta attività PFC
bilat e ACC med sx, aumento attività Corteccia temporale sx
e insula (Brody et al, 2001)
• In un altro studio è stata rilevata una riduzione dell’attività del
lobo frontale dopo IPT (Brody et al, 2001)
• Dopo CBT (15-20 ss) pazienti depressi mostrano riduzione delle
regioni frontali e aumento dell’attività nelle regioni limbiche,
mentre i pazienti trattati con paroxetina mostrano risultati
opposti (Goldapple et al, 2004)
Panico e fobie
•
•
•
•
•
•
Pazienti con fobia sociale e aracnofobia, dopo CBT, mostrano una
normalizzazione del metabolismo frontale (Fumark et al, 2002,
Paquette et al, 2003).
Pazienti con fobia sociale, trattati con CBT o con citalopram
mostrano, nel corso di un discorso pubblico, riduzione bilaterale
dell’attività dell’amigdala, dell’ippocampo, dell’area
periamigdaloidea, enterorinale e della corteccia paraippocampale
(Furmark et al, 2002)
Pazienti aracnofobici, dopo 3 mesi di CBT, mostrano aumentata
l’attività di PFC (Johanson et al, 2006)
Pazienti aracnofobici, dopo CBT, mostrano riduzione dell’attività
dell’insula bilaterale, del talamo e della ACC (Straube et al, 2006)
Pazienti con panico, dopo 3 mesi di trattamento CBT, a confronto
con trattamento con antidepressivi , mostrano riduzione di attività
nelle regioni frontali e parietali destre vs aumento di attività nelle
regioni frontali e temporali di sinistra(Pasko et al, 2004)
Pazienti con panico, dopo 6 mesi di CBT, mostrano riduzione
dell’attività dell’ippocampo dx, ACC sx, cervelletto sx, ponte;
aumento PFC mediale bilaterale (Sakai et al, 2006)
PTSD
• In un paziente con PTSD trattato con 3 sedute di
EMDR è stato riscontrato un aumento di ACC e del
lobo frontale sinistro (Levin et al, 1999)
• 16 pazienti con PTSD parziale, trattati con CRT,
mostrano aumenta l’attività dell’ippocampo sinistro,
del parietale e di PFC di sinistra, e diminuzione di
quella dell’amigdala (Peres et al, 2006)
Schizofrenia
• Otto pazienti schizofrenici in trattamento con
olanzapina e terapia riabilitativa neuropsicologa di
gruppo hanno mostrato aumentata attività del lobo
frontale, correlata con miglioramento di punteggio
ai test (Penades et al, 2002)
• Pazienti schizofrenici in trattamento con
antipsicotici e 12 settimane di CTr, mostrano
aumento di attività della corteccia frontale
anteriore dx e della corteccia occipitale bilaterale
(Wykes et al, 2002)
Una neuropsicoterapia?
• È necessaria una certa prudenza nella
interpretazioni dei risultati delle indagini effettuate
con brain imaging (Beutel et al, 2003; Selemon et al,
2002), in quanto si tratta di analisi statistiche
ricavate da numerose immagini in condizioni
sperimentali, non facilmente correlabili a strutture
morfologiche.
• Non è certo che le immagini si riferiscano a
fenomeni clinicamente rilevanti. Potrebbero esservi
attività inibitorie o compensatorie di altre zone
disfunzionali.
Limiti del brain imaging
• L’esperienza vissuta è resa oggetto
• La struttura temporale e spaziale dell’esperienza di
essere nel mondo non può essere ridotta a oggetto
• Fenomenologicamente, non si possono isolare
eventi mentali, in quanto la coscienza è
intrinsecamente connessa all’essere nel mondo in
un progetto (Hersch, 2003)
• Allo stesso modo il cervello è sempre connesso con
tutto il corpo e questo con l’ambiente; la mente
non è collocata in un luogo del corpo o del
cervello, ma è distribuita nell’intero organismo in
relazione-a (Clark e Chalmers, 1998)
Riflessi sulle concezioni
eziologiche
• Una semplice spiegazione bottom-up dei disturbi mentali
come prodotto di fattori genetici o neurofisiologici è
inadeguata alla complessità delle cause coinvolte.
• Mundt (2003) suggerisce un modello a due vie: una
disfunzione su base organica o una vulnerabilità (come
espresse in deficit strumentali, emozionali o
interpersonali) può portare all’emergere di un disturbo
mentale più complesso, che implica risposte individuali a
una certa situazione di vita, meccanismi di coping, o
maladattamenti come atteggiamenti evitanti o
aggressivi [Vedi dist Borderline (Linehan, 1987) e
schizofrenia (Herpetz et al, 1997; Klosterkoetter et al,
2001; Sass e Parnas, 2003)].
Modello eziologico
circolare
• In genere prevale la prospettiva lineare di una
spiegazione bottom-up, tuttavia Fuchs (2004)
suggerisce un approccio complesso, in cui il
disturbo sia considerato il prodotto di una causalità
circolare di influenze soggettive, neurofisiologiche,
ambientali e sociali, continuamente interagenti.
• Ciò coinvolge feedback negativi dei sintomi
primari, emozioni, cognizioni, e interazioni sociali. In
tali interazioni, il cervello opera ma non causa in
modo unilineare.
Approccio integrato
Complementarietà:
• Farmaci per ridurre i sintomi target e le disposizioni
temperamentali come impulsività e instabilità emotiva
• Psicoterapia per modificare i pattern relazionali impliciti,
le attitudini e il comportamento
Effetti della comprensione:
• Afferrare il senso della propria emozione e delle proprie
possibilità aiuta a regolare immediatamente le proprie
emozioni e a dirigere l’azione verso scopi coerenti con
gli obiettivi ideali di realizzazione (stabilità, coerenza,
continuità, senso di agentività e proprietà)
La psicoterapia è necessaria
Anche se la via finale è la riduzione dei sintomi, la
psicoterapia non può essere sostituita dai farmaci:
non abbiamo “significati” biochimici. La disposizioni
sono modificabili solo attraverso nuove e ripetute
esperienze
• Emotive
• Verbali
• Interpersonali
che nel tempo sono incorporate in strutture cerebrali.
Circolarità della relazione
terapeutica
• La psicoterapia implica una reciproca creazione di
significato (o ricerca di significato)
• Non riguarda processi che avvengono nella testa,
ma accadono nell’incontro
• La neurobiologia, al momento, si occupa più di
quanto avviene nei singoli cervelli che di quanto
avviene nello spazio intersoggettivo.
Incompatibilità degli approcci in prima e in
terza persona (Fuchs, 2004)
• La psicoterapia si occupa soprattutto di emozioni, centrali
nella esperienza soggettiva; lavora con dimensioni come
l’intuizione, l’atmosfera, la relazione empatica, in una
prospettiva in prima e in seconda persona.
• L’esperienza soggettiva e intersoggettiva non è come tale
accessibile alle neuroscienze. Né hanno a che vedere con
l’intenzionalità, che è il significato che gli eventi e le persone
hanno per un individuo.
• Comprendere se stessi (per essere se stessi) è il superiore
obiettivo di una psicoterapia, tuttavia la stessa esistenza di un
Sé è messa in discussione dalle neuroscienze, che lo
considerano una giungla di sinapsi (LeDouw, 2002; Metzinger,
2003)
Problema etico
•
Secondo un approccio biologico, ridurre un disturbo mentale a
un problema di metabolismo di neurotrasmettitori è un modo di
destigmatizzare il paziente, eliminando i sensi di colpa suoi e dei
suoi familiari.
•
Ma davvero possiamo considerare la malattia mentale come
qualcosa che non pone domande di senso? E davvero è di
conforto considerarla come una malattia rispetto alla quale
siamo passivi?
•
Non ricerca, un essere umano, di cambiare se stesso, di assumersi
le proprie responsabilità, di trovare il senso e la propria identità?
•
Una visione neurobiologica ci fa sentire alienati, persone senza
desideri, timori, speranze, motivi o ragioni, ma solo agenti mossi
da ormoni, geni e neuroni. Lo stato d’animo perde di significato,
e diviene l’effetto di un malfunzionamento di un circuito
neuronale.
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Psicobiologia e Psicoterapia