Neuroscienze e Psicoterapia: prospettive e problematiche di un nuovo dialogo PAOLA GAETANO SCINT 9 NOVEMBRE 2014 “Tutti i processi mentali, anche i più complessi processi psicologici, derivano da operazioni del cervello” “I geni alterati non possono, da soli, spiegare tutta la varianza dei disturbi mentali” “Dato che la psicoterapia e il counseling sono efficaci, ciò è presumibilmente dovuto all’apprendimento, che produce cambiamenti nell’espressione genica, la quale altera la forza delle connessioni sinaptiche” Kandel, 1998 p. 460 • Anton Mesmer pubblica, nel 1766, Dissertatio PhysicoMedica de Planetarum Influxu • Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) sostiene che l’esercizio contribuisca allo sviluppo delle attività cerebrali • Charles Bonnet (1720-1793), in accordo con Rousseau, suggerisce a Michele Vincenzo Malacarne (1744-1816) che i neuroni rispondano all’esercizio come un muscolo. • Malacarne (1793, 1819) conduce esperimenti su cani e uccelli e scopre che in ambiente stimolante e con allenamento intensivo il cervello aumenta di dimensione. Recenti scoperte delle neuroscienze e loro influenza sulla psicoterapia • • • • • Neuroplasticità Sistemi di memoria implicita ed esplicita Sistema Mirror e correlati dell’intersoggettività Sostrato biologico dei disturbi mentali Studi di brain imaging in vivo (SPECT, PET, fRMI) • Enfasi sull’apprendimento implicito nella relazione terapeutica • La psicoterapia modifica funzioni e strutture cerebrali, in modo diverso dalla farmacoterapia Neuroplasticità • La crescita e la differenziazione del cervello non sono determinate solo geneticamente, ma anche dalla continua interazione con l’ambiente (FORMAZIONE EPIGENETICA) • La formazione epigenetica non finisce nella fanciullezza: c’è una rimappatura delle reti corticali per tutta la vita, che comprende la generazione di neuroni nell’ippocampo adulto (Bjoklund e Lindvall, 2000). Neuroplasticità e cambiamento • La neuroplasticità è il prerequisito di ogni cambiamento durevole nel comportamento, nella cognizione e nella emozione (focus della psicoterapia). • Per produrre effetti durevoli, la psicoterapia deve giungere a ristrutturare reti neurali, specialmente nel sistema limbico-sottocorticale, responsabile di motivazioni e disposizioni emotive inconsce. • Insight e appeal raggiungono solo le strutture corticoippocampali, ma hanno effetti limitati sui sistemi motivazionali (Davidson e Irwin, 1999; Panksepp, 1998). Hebb, 1949 «se un neurone A è abbastanza vicino ad un neurone B da contribuire ripetutamente e in maniera duratura alla sua eccitazione, allora ha luogo in entrambi i neuroni un processo di crescita o di cambiamento metabolico tale per cui l'efficacia di A nell'eccitare B viene accresciuta» • Si ritiene che la plasticità sinaptica a lungo termine rappresenti la base molecolare dell’apprendimento e della memoria (Clark & Beck, 2010; Kandel, 1998). • L’apprendimento che è accompagnato dallo sviluppo di nuove connessioni neuronali conduce anche allo sviluppo di nuovi neuroni (Gould et al, 1999). Frequenza e intensità dello stimolo • L’impatto dell’esperienza sullo sviluppo neuronale e del comportamento dipende dalla frequenza, durata e intensità dello stimolo, nonché dalla vulnerabilità biologica, dalla resilienza, da fattori di potenziamento, di rischio e di protezione (Gunnar & Fisher, 2006; Pollak, 2005). • La ricerca in neurobiologia dell’apprendimento e della memoria suggerisce che, dopo ogni singolo evento di apprendimento, avvenga un cambiamento nel SNC necessario e sufficiente a supportare tale apprendimento (Klein & Jones, 2008). • La neuroplasticità contribuisce in modo fondamentale a produrre il cambiamento terapeutico (Sharma et al, 2013) Esperienza e apprendimento • Considerando che alcune competenze sono innate e altre apprese, e che si riconosce la plasticità dei processi con l’apprendimento, si può confrontare l’attivazione sotto stimolo di soggetti esperti e non (Gauthier et al, 2000). • Molti trials sono stati usati su musicisti e non musicisti, ballerini e non, etc. La pratica e l’apprendimento rendono il cervello molto più plastico con implicazioni per l’organizzazione corticale (Meister et al, 2005). • Anche la psicoterapia modifica le funzioni neurali (Kandel, 1998) Comunicazione mente-corpo La comunicazione mente-corpo avviene in un tempo dell’ordine di millisecondi La produzione di neuromediatori si realizza nel tempo di circa un minuto Quando le cellule ricevono messaggi da un neuromediatore, il nucleo cellulare avvia una trascrizione genica (espressione genica) 1. 2. 3. 4. L’informazione esterna è codificata nei neuroni della corteccia cerebrale e trasformata nel sistema limbicoipotalamico-pituitario in neuromediatori che immessi in circolo raggiungono le cellule cerebrali e del resto del corpo. I recettori trasmettono il segnale tramite il 2° messaggero al nucleo della cellula dove segnali precoci attivano la trascrizione da parte di altri geni di RNA messaggeri. Questi avviano la sintesi proteica che rinnova strutture del corpo, enzimi che producono energia, recettori e messaggeri della comunicazione intercellulare. I messaggeri funzionano come memoria molecolare che evoca memorie statodipendenti, apprendimento e comportamenti nel cervello (Rossi, 2007) • Attività ciclica che si realizza a riposo e che illustra come i neuroni, se stimolati da segnali nuovi e salienti dall’ambiente, attivano la trascrizione genica, la sintesi di nuove proteine, e la pasticità cerebrale (Kandel, 2001, 2006; Rossi, 2007). Cambiamenti nell’espressione genica dipendenti dall’attività Bottom-Up vs Top-Down • I processi bottom-up sono primitivi, automatici, impliciti e preconsci, dominati da aspetti salienti di uno stimolo rilevante o da elementi situazionali e loro associazioni schematiche (Clark & Beck, 2010). • Studi di fMRI indicano che l’amigdala sia particolarmente coinvolta nella valutazione emozionale di uno stimolo (Wright et al., 2008). • Tradizionalmente, si considerava che tale attività non fosse modulata da strutture corticali (Whalen et al, 1998). Tuttavia, questa tesi è stata messa recentemente in discussione (Pessoa, 2005; Vuilleumier & Driver, 2007). • La ricerca mostra che la rifocalizzazione, la valutazione esplicita, il processamento cognitivo di esperienze emozionali conduca a una risposta più intensa dell’amigdala, a una reazione emotiva soggettivamente più forte e a caratteristici mutamenti fisici (Wright et al., 2008). Top-Down vs Bottom-Up • I processi razionali top-down sono forme lente, deliberate, esplicite e strategiche che usano conoscenze basate su regole “astratte” per guidare l’elaborazione di informazioni (Clark & Beck, 2010). • Un’area cerebrale frequentemente coinvolta nel processamento top-down delle emozioni è la corteccia orbitofrontale (OFC) (Wright et al., 2008). • Altre regioni coinvolte in questi processi sono la corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC) e la corteccia anteriore del cingolo (ACC) (Lane et al,1997; Ochsner et al., 2004; Taylor et al, 2003). • Le strutture sottocorticali che correlano con l’emergenza di una esperienza emotiva, e quelle corticali che si attivano nella regolazione, interagiscono in un modo complesso (Ochsner & Gross, 2007). Sistemi di memoria Procedurale (implicita): riguarda tutte le prestazioni automatiche, le disposizioni inconsce e le attitudini comportamentali non verbali (disposizioni ad agire, pensare, sentire). Contiene anche configurazioni di interazioni emotivo-corporee attivate preriflessivamente da piccoli elementi situazionali come espressioni facciali, gesti, atmosfere, sfumature Dichiarativa (esplicita): registra singole esperienze per successive rievocazioni Basata su configurazioni neurali dei gangli della base, del cervelletto e dell’amigdala Basata su configurazioni neurali del lobo temporale, specialmente ippocampo e strutture corticali connesse (Kandel, 1999) Aggiornamento e registrazione di memorie • L’ippocampo è in prima linea nel registrare eventi in memoria, ma essi vi sono immagazzinati temporaneamente. È nella corteccia che, durante il riposo, si consolidano le memorie. • Le cellule dell’ippocampo si riproducono per tutto l’arco della vita • Esso è continuamente coinvolto nella rielaborazione e nell’aggiornamento della memoria Aggiornamento implicito dei ricordi Amnesia di eventi traumatici • L’amnesia di eventi traumatici e il recupero di memorie di abuso sono fenomeni ben documentati (Scheflin & Brown, 1996; van del Kolk & Filser, 1995). • C’è chiara evidenza neuroscientifica a supporto degli effetti dannosi del trauma sulla memoria (McEwen & Sapolsky, 1995) e dei meccanismi di repressione delle memorie traumatiche (Anderson & Green, 2001). • Esperienze emotive traumatiche possono causare edema temporaneo dell’ippocampo con amnesie globali transitorie (Della Marca et al, 2010) Ipotesi sulla patogenesi degli sviluppi traumatici • Bottom-up_ Attivazione simpatica adrenergica contemporanea a risposta vagale troncoencefalica cataplettica, con disattivazione delle connessioni cerebrali superiori (Clerici & Veneroni, 2011; Porges, 1997; Porges, 2001). L’impedimento dell’integrazione dell’evento traumatico nella vita psichica causa discontinuità e frammentazione della coscienza e della memoria (Nijenhuis et al, 1998; Putnam, 1997; Schore, 2009) • Top-down_ Studi di neuroimaging indicano che la disintegrazione ha un’origine top-down, per eccessiva modulazione della corteccia sul sistema limbico (Lanius et al, 2010) Meccanismi patogenetici del trauma • L’ errata interpretazione e sintesi integrativa dell’impatto emozionale di episodi dolorosi ha un ruolo cruciale nella percezione di memorie percepite come traumatiche (van der Kolk, 1997), causando difetto di sintesi personale (van der Hart et al, 2006) o scomposizione della memoria in sue componenti (somatica, sensoriale, cognitiva, emotiva). • La difficoltà di sintetizzare, classificare e integrare memorie traumatiche in una narrativa è connessa a ridotto volume e ridotta attivazione dell’ippocampo e a ridotta attivazione nella corteccia prefrontale, corteccia anteriore del cingolo e area di Broca (Bremmer et al, 1999; Gilbertson et al, 2002; Lanius et al, 2002; Shin et al, 2004). Si attivano memorie traumatiche non dipendenti da ippocampo e corteccia prefrontale, che sono involontarie, e si presentano in tracce sensoriali intense e vivide (Lanius et al, 2002; Shin et al, 2004). Emozioni negative intense e PTSD • Il disturbo post-traumatico da Stress (PTSD) è una manifestazione del danno che ha l’impatto con emozioni negative. • In questa condizione si hanno reminiscenze intrusive, incubi, flashback dell’evento traumatico e intorpidimento o evitamento di sentimenti e pensieri relativi all’evento. L’intrusività dei ricordi fondamentale nel decorso. Poiché tali ricordi possono persistere per anni, si presentano molte difficoltà nel funzionamento personale e interpersonale (Alpert et al, 2000) e un aumento di vulnerabilità a futuri eventi stressanti. Attaccamento e intersoggettività • Studi sull’interazione madre bambino hanno permesso di scoprire che l’apprendimento procedurale e la mappatura cerebrale di pattern interattivi sono pienamente sviluppati già all’età di 3-4 mesi (Beebe et al, 1997) • Processando inconsciamente l’informazione affettiva, il sistema di memoria implicita è già capace di estrarre prototipi e regole da esperienze ripetute: schemi procedurali dell’essere-con-l’altro organizzano il comportamento interpersonale del bambino e verranno poi trasferiti ad altri ambienti, congrui o no con esso (Stern, 1985). Memoria di esperienze precoci di relazione • La memoria implicita collega eventuali esperienze infantili deficitarie con modalità di legame e di regolazione emozionale disfunzionali. • I risultati della ricerca sul rapporto fra sviluppo e neurobiologia confermano il ruolo dell’inconscio, ma tale implicito non è l’inconscio della repressione, dei meccanismi di difesa, dei conflitti (Kandel, 1999). • La ricerca neurobiologica mostra che l’amnesia infantile non è il risultato della repressione nel periodo di risoluzione del complesso edipico, ma è dovuta alla tardiva maturazione del sistema di memoria dichiarativa (Clyman, 1991) Omeostasi neurofisiologica legata alla relazione di attaccamento • La teoria di Bowlby è un modello psicobiologico dello sviluppo sociale del cervello. La ricerca ha dimostrato che l’omeostasi neurofisiologica è disturbata dopo esperienze di deprivazione precoce. • Nei mammiferi superiori il sistema di attaccamento è un sistema organizzativo centrale, che permette ai bambini di far leva sui genitori per regolare i propri stati interni fino a che le loro funzioni psiconeuobiologiche non sono autonome e mature. La sintonia con l’altro regola l’omeostasi neurofisiologica • Il sistema nervoso in sviluppo è un circuito omeostatico aperto, che richiede una regolazione esterna, o una sintonizzazione da parte degli altri (Amini et al, 1996). • Fenomenologicamente, corrisponde a stati condivisi di sintonia emotiva, o di coscienza diadica madre – bambino (Tronick, 2003). • Esperienze precoci sintoniche, codificate e internalizzate come memoria procedurale, stabilizzano legami stabili e sicuri con gli altri. • Viceversa, deficit di attaccamento possono dare repertori comportamentali disorganizzati e “micropratiche corporee” deficitarie (Downing, 2004), o compromettere le capacità fisiologiche di gestire lo stress e le emozioni. Sistema Mirror • La natura intersoggettiva del cervello umano è evidenziata dalla scoperta del sistema dei neuroni Mirror nella corteccia premotoria e in altre aree associative, un correlato neurobiologico che serve alla comprensione dell’azione, alla comunicazione non-verbale e all’empatia (Rizzolatti et al, 1996; Gallese, 2003). • I Mirror scaricano nel compiere e nell’osservare l’azione di un consimile. Sembrano accoppiare i comportamenti intenzionali dell’altro alla propria esperienza, formando un legame di reciproca comprensione attraverso una risonanza o una simulazione corporea. Comprensione implicita I neuroni mirror sono stati scoperti nel cervello del macaco nei primi anni ‘90 del secolo scorso (Gallese et al. 1996; Rizzolatti etal. 1996), e successivamente sono stati scoperti meccanismi mirror nel cervello umano (Gallese et al. 2004; Rizzolatti e Sinigaglia 2010). Tali scoperte suggeriscono: • una modalità diretta di accesso al significato dei comportamenti altrui, che può prescindere dallʼattribuzione esplicita di atteggiamenti proposizionali • la possibilità di derivare – al livello di descrizione sub-personale – la soggettività dallʼintersoggettività: lʼessere- con non è un risultato, ma è lʼuomo che è il risultato dellʼessere-con. Gallese, 2013 Intersoggettività come intercorporeità La mutua risonanza di comportamenti sensori-motori intenzionalmente significativi sostiene la capacità di comprendere gli altri in quanto agenti intenzionali. Essa non dipende esclusivamente da competenze mentalistico-linguistiche, ma è fortemente dipendente dalla natura relazionale dell'azione. Secondo questʼipotesi, è possibile comprendere direttamente il senso delle azioni di base altrui grazie ad unʼequivalenza motoria tra ciò che gli altri fanno e ciò che può fare lʼosservatore (Gallese, 2013) Linguaggio e sistema mirror • Il linguaggio, quando si riferisce al corpo in azione, mette in gioco le stesse risorse neurali normalmente impiegate per muovere quello stesso corpo. • Vedere qualcuno che compie unʼazione, come afferrare un oggetto, e ascoltare o leggere la descrizione linguistica di quella stessa azione conduce ad una simile risonanza motoria che attiva identiche regioni del nostro sistema motorio corticale, incluse quelle con proprietà mirror (Gallese, 2013) Linguaggio riflessivo e sistema mirror • Gallese (2013) ipotizza che lʼesternalizzazione astraente fornita dal linguaggio affondi le sue radici nel trascendere il corpo rimanendone allʼinterno, proprio della simulazione incarnata. • Vi sono prove che lʼosservazione di lettere dellʼalfabeto tracciate a mano attiva la rappresentazione motoria della mano dominante nel cervello di chi legge (Freedberg e Gallese 2007; Wojciehowski e Gallese 2011). • La contemplazione di opere dʼarte astratte, attiva nelle regioni premotorie del cervello di chi le guarda la rappresentazione motoria dei gesti impiegati dallʼartista per realizzare lʼopera. Mirror e risonanza emotiva Le stesse strutture nervose coinvolte nellʼesperienza soggettiva di sensazioni ed emozioni sono attive anche quando tali emozioni e sensazioni sono riconosciute negli altri. Dolore e sistema mirror • Neuroni del dolore che si attivano nel dolore altrui sono stati trovano nella corteccia del cingolo (Hutchinson et al, 1999). • Questo sistema supporta l’intercorporeità di cui parlava Merleau-Ponty (1967), una sfera di sensibilità corporea e mutua risonanza che condividiamo sin dall’inizio con gli altri come soggetti incarnati. Processi preriflessivi, la cui coscienza ci aiuta ad aumentare l’efficacia psicoterapeutica. Empathy for Pain Involves the Affective but not Sensory Components of Pain (Singer et al, Science 2004) Pain-related activation associated with either experiencing pain in oneself or observing one’s partner feeling pain. Areas in green represent significant activation (P < 0.001) for the contrast pain–no pain in the “self” condition and areas in red for the contrast pain–no pain in the “other” condition. The results are superimposed on a mean structural scan of the 16 subjects. Activations are shown on sagittal (A and B) and axial (C and D) slices. (A)Activation in ACC and cerebellum. (B) Bilateral insula cortex extending into lateral prefrontal cortex, left posterior insula extending into secondary somatosensory cortex (SII), bilateral occipital cortex, and fusiform cortex. (C) Bilateral nsula and mediodorsal thalamus. (D) Middle and lateral cerebellum/ fusiform gyrus Empatia e sociopatia • “A brain imaging study in the Netherlands shows individuals with psychopathy have reduced empathy while witnessing the pains of others. When asked to empathize, however, they can activate their empathy. This could explain why psychopathic individuals can be callous and socially cunning at the same time.“ Keysers, 2013 Conseguenze per la psicoterapia Il ruolo di memorie procedurali e apprendimento emotivo, la natura implicita di pattern relazionali, l’importanza cruciale dell’attaccamento, dell’intercorporeità e dell’empatia, in contrasto con un ruolo decrescente dei meccanismi di repressione e di memoria dichiarativa, hanno spostato l’enfasi da tecniche orientate all’insight, interpretative o cognitive, verso apprendimenti procedurali ed emozionali. L’incontro autentico suscita nuovi apprendimenti terapeutici • Memorie implicite alterate si attivano nell’attuazione dei processi terapeutici. • Stern e i membri del Boston Process Change Study Group (Stern et al 1998, Lyons-Ruth, 1998) hanno sviluppato un modello di psicoterapia centrato sul now-moments, sul momento dell’interazione, per un riapprendimento procedurale e un insight. • Tutte le CBT, ultimamente, hanno aumentato l’attenzione verso la relazione terapeutica. La relazione terapeutica NUOVA RELAZIONE DI ATTACCAMENTO: • Regolazione dell’omeostasi affettiva • Ristrutturazione delle memorie implicite correlate all’attaccamento [Teoria polivagale di Porges (2001): sistema mielinizzato ventrovagale (nucleo ambiguo–volto-laringe-cuore) che regola il comportamento sociale e modula gli stati affettivi, calmando il sistema simpatico. Il complesso dorso-vagale è filogeneticamente più antico e regola l’evitamento passivo] ASPETTO CENTRALE DELLA RELAZIONE: Comunicazione emotiva mediata da risonanza corporea, sfumature e atmosfere più che dal linguaggio simbolico. La sintonia implica la capacità di comprendere il focus dell’attenzione dell’altro. I sette principi delle neuroscienze applicabili alla psicoterapia (Cappas et al, 2005) 1. 2. 3. 4. 5. Nature vs nurture L’esperienza trasforma il cervello I sistemi di memoria sono interattivi I processi cognitivi ed emotivi sono coordinati I legami di attaccamento sono la base del cambiamento 6. L’immaginazione ha correlati simili alla percezione 7. Il cervello processa informazioni inconsce Principio 1 Nature versus Nurture • Genetica e ambiente interagiscono a livello cerebrale nella formazione di un individuo • Le scoperte nel campo della genetica delle malattie mentali, seppur rilevanti, hanno favorito l’idea che malattie mentali e tratti di personalità siano immutabili e non trattabili (Appell, 2002). • In realtà, tanto i geni quanto l’ambiente sono capaci di creare e modificare le strutture del cervello, la chimica neuronale e, perciò, il comportamento umano. La via comune è la modificazione delle sinapsi. • L’uomo è altamente sensibile all’evoluzione culturale Principio 1 e pratica clinica • Una storia familiare di malattia mentale o di dipendenza rende un individuo ben lungi dall’essere predestinato. Anche a un livello genetico profondo, il cambiamento è possibile. • L’abituale enfasi sulla storia familiare dei disturbi è sopravvalutata, soprattutto alla luce delle scoperte relative ai predittori di guarigione (Frank &Frank, 1993; Leake &King, 1977). Se si riesce a generare la speranza di un recupero, nonostante la forte presenza di fattori ereditari, si facilita il processo di guarigione o miglioramento. Principio 2 L’esperienza trasforma il cervello • Alcune esperienze hanno un tale potenziale trasformativo da capovolgere il mondo di una persona, come notano filosofi, teologi e poeti. Sembra quasi che il cervello non sia più lo stesso. • I circuiti cerebrali cambiano in seguito a sviluppo, incidenti, apprendimento, memorie (Squire &Kandel, 1999). • La plasticità, attraverso processi di potenziamento a lungo termine, crea e modifica le connessioni neuronali in risposta all’esperienza (Dudai, 2002; Squire & Kandel, 1999) • Lo stimolo di una nuova esperienza può, alternativamente, rafforzare o indebolire le connessioni neurali. Neurogenesi • Il cervello può rinnovare se stesso. Si è creduto a lungo che esso fosse composto da un numero finito di neuroni e che la neurogenesi fosse impossibile. • Oggi sappiamo che la capacità di neurogenesi si mantiene per tutta la vita (Eriksson et al, 1998; Gross, 2000). • Inoltre, i neuroni generati grazie all’esperienza diventano non solo funzionali ma anche associati a migliorata memoria e plasticità (Van Praag et al, 2002). Principio 2 e pratica clinica • Le aree cerebrali associate con emozioni e memoria sono le più plastiche: fra esse la corteccia prefrontale, l’amigdala, l’ippocampo (Davidson, Jackson & Kalin, 2000). • Argutamente, gli approcci clinici contemporanei sono altamente evocativi di memoria ed emozione “Tutte le forma di terapia, qualunque ne sia l’orientamento teorico, avranno successo se favoriscono la crescita e l’integrazione neuronale” (Cozzolino, 2002, p. 27) Principio 3 I sistemi di memoria sono interattivi • La memoria è un processo grazie al quale la conoscenza è acquisita, codificata, immagazzinata e recuperata (Kandel et al, 2000). • Le regioni cerebrali associate con i processi di memoria a lungo termine includono il lobo temporale e la corteccia prefrontale (Invar & Petterson, 2000). • L’informazione è processata dall’ippocampo, e il suo consolidamento può richiedere anni (Haist et al, 2001). Essa rimane dipendente da questa struttura fino a che non diventa antica; a quel punto viene organizzata nella corteccia (Eichenbaum, 2001). La rievocazione è soggetta a influenze del momento • Le memorie non sono una perfetta riproduzione di quanto appreso o accaduto, ma vengono costruite al momento del recupero in accordo con il metodo usato per la loro rievocazione (Gonsalves & Paller, 2000). • Ad esempio, uno stimolo come una domanda, una fotografia, un profumo, interagiscono con una particolare memoria alterandola (Nadel & Land, 2000) • Benessere, personalità ed emotività sono chiaramente legate alla capacità di immagazzinare e recuperare informazioni della vita quotidiana (Conway, 2003) Memorie autobiografiche • “La rievocazione conscia di passate esperienze personali” è conosciuta come memoria episodica (Dudai, 2002, p. 91). • La memoria episodica, o autobiografica, è usata per intrecciare le proprie storie personali. Mentre cresce l’esperienza di vita, le narrative si intrecciano le une con e altre per creare una propria storia di sé. • Le memorie autobiografiche di cui è tessuta la nostra storia sono continuamente sottoposte a revisione, in quanto anche il senso di sé lo è. Estraiamo nuove informazioni da vecchie esperienze e colmiamo il gap a seconda delle necessità del momento. Consapevolmente o meno, usiamo l’immaginazione per rigenerare il nostro passato e, con esso, il presente e il futuro (Gary & Polaschek, 1999, p66) Principio 3 e pratica clinica • È possibile modificare il modo in cui esperienze dolorose sono ricordate e integrate. • Questa è una comune pratica delle psicoterapie narrative, nella cui prospettiva “una narrazione è come un filo che collega gli eventi, formando una storia” (Morgan 2000, p.5). Al centro di questi interventi c’è la revisione di narrative dominanti individuali, che danno forma a comportamenti e alla percezione di sé e degli altri, enfatizzando reminiscenze positive che meglio servono al funzionamento quotidiano. • Il senso di un racconto si modifica a seconda dello stato d’animo del momento, rivolto al futuro, capace di influenzare le reminiscenze. • La comprensione facilita l’integrazione. Malleabilità della memoria • Vista la malleabilità della memoria e suoi benefici, si può commettere l’errore di credere che qualcosa sia realmente accaduto anche quando non è così (Hyman &Pentland, 1996). In uno studio sulle memorie interattive, ai soggetti è stato mostrato un video di Walt Disney che stringe la mano a Bugs Bunny. Fu poi loro chiesto se avessero visto Bugs Bunny durante il loro soggiorno a Disney World. Sebbene ciò fosse impossibile (Bugs Bunny non è un personaggio di Disney), molti affermarono di sì (Braum et al, 2002). • Questo fenomeno può essere rilevante quando l’errore di rievocazione si esprime in ambito legale Principio 4 I processi cognitivi ed emotivi agiscono in coordinazione “Non c’è conoscenza senza emozione. Possiamo essere consapevoli di una verità, ma finché non ne sentiamo la forza, essa non ci appartiene. Alla cognizione del cervello si deve aggiungere l’esperienza dell’anima”(Bennett, 1897, §57) • Culturalmente, le emozioni sono intese come contrapposte alla ragione, mentre in realtà esse funzionano in cooperazione (Schacter, 1996). La reazione emotiva La reazione emotiva è una risposta dell’organismo che si è evoluta per necessità di sopravvivenza. La sua origine nel sistema limbico ne conferma la derivazione dalle strutture più antiche del cervello (Le Doux, 1997). • La paura (risposta di attacco e fuga) coinvolge il sistema nervoso centrale in reazione a un pericolo • La rabbia in risposta a un ostacolo • La tristezza in risposta a una perdita • Lo stupore in risposta a una novità • La gioia in risposta a una conquista • Il disgusto in risposta a qualcosa di nocivo Emozioni e sentimenti • L’attivazione visceromotoria predispone all’azione. • Nell’ottica delle neuroscienze, i “sentimenti” sono “la rappresentazione mentale del cambiamento fisiologico che caratterizza le emozioni” (Damasio, 2001, p781). In altri termini, essi sarebbero i significati che gli uomini attribuiscono alle emozioni. • I sistemi che, nel cervello, processano i sentimenti, sono diversi da quelli che producono reazioni emotive. • Le reazioni emotive correlano con attivazioni sottocorticali (amigdala e corteccia frontale ventromediale), mentre i sentimenti correlano con l’attivazione di regioni neocorticali, deputate all’attribuzione di significato. Il riconoscimento delle emozioni può essere errato • “Le reazioni emotive avvengono nel teatro del corpo. I sentimenti si realizzano nel teatro della mente” afferma Damasio (2003, p. 28). • Per questa ragione gli uomini possono confondere la tristezza con la rabbia e il senso di colpa con la paura. Modulazione emotiva di funzioni cognitive • Memorie, emozioni, sentimenti sono processi interconnessi. McGaug (2000) ha descritto le interazioni complesse fra reazioni chimiche e anatomiche create dalle emozioni, che a turno influenzano (potenziando o inibendo) il consolidamento di memorie. • L’amigdala, che ha un importante ruolo nell’attivazione emozionale, ha un ruolo critico nel mediare neurotrasmettitori come l’epinefrina e i glucocorticoidi, essenziali per il consolidamento di memorie. L’attivazione emozionale stimola l’amigdala, che modula l’immagazzinamento di memoria (McGaugh et al, 1996). Stress e memoria Uno degli effetti più noti delle emozioni negative nel cervello è l’esposizione a glucocorticoidi (McEwen & Salposky, 1995). • A bassi livelli, i glucocorticoidi potenziano la memoria. • Ad alti livelli di stress prolungato, danneggiano le cellule dell’ippocampo (Salposky, 1998). Numerosi studi hanno rivelato la presenza di riduzioni strutturali nell’ippocampo in risposta a traumi psicologici (Gilbertson et al, 2002), depressione (Gartside et al, 2003) e alcolismo (Ryabinin, 1998). Principio 4 e pratica clinica Comprendere l’interazione di emozioni, sentimenti e memorie serve a: • Esplorare il significato delle sensazioni e delle reazioni che possono influenzare i processi decisionali (comprendere, valutare, decidere) • Aiutare il paziente a decifrare correttamente una reazione emotiva e a comprendere la natura emotiva di un’azione (movente) per poter modificare un comportamento disfunzionale. Questo aspetto è cruciale nella Dialectical Behavioral Therapy della Linehan (1993) e nella terapia cognitiva post-razionalista. Principio 5 I legami di attaccamento sono la base del cambiamento • La relazione interpersonale madre bambino può avviare e modificare i circuiti corticolimbici e orbitofrontali (Schore, 2003), regioni associate alla regolazione dell’emozione e all’attivazione fisica. • La maturazione di queste aree non è completa alla nascita, ed è quindi suscettibile all’esperienza. Anche se le esperienze precoci strutturano una impalcatura che influenza i comportamenti futuri, questi sistemi rimangono plastici per tutta la vita. • In età adulta, la relazione terapeutica può aiutare a modificare i sistemi neurali e potenziare la regolazione emozionale (Siegel, 1999). Principio 5 e pratica clinica • Da una prospettiva neuroscientifica, la psicoterapia “può facilitare un movimento efficace verso il benessere e l’autoregoazione adattiva” (Siegel, 1999, p. 285), potenziando lo sviluppo corticolimbico e orbitofrontale. • Queste scoperte delle neuroscienze sottolineano come la relazione terapeutica sia il più importante predittore del cambiamento in psicoterapia (Lambert, 1992; McCabe & Priebe, 2004). • Relazioni affettive sintoniche possono elicitare risposte fisiologiche positive che vanno dal modificare i ritmi circadiani a potenziare i processi di guarigione da malattie (Hofer & Sullivan, 2001). Principio 6 L’immaginazione è stimolante come la percezione • L’immaginazione è la capacità di “visualizzare” un oggetto anche in sua assenza. “Si può immaginare una scimmia blu, ma non percepirla…” • La percezione, invece, è il processo di acquisizione, interpretazione, e organizzazione sensoriale di informazioni visive, olfattive, gustative e tattili. • Le varie forme di immaginazione utilizzano diversi circuiti neuronali (Kosslyn et al, 2001). Alcuni studi indicano una localizzazione temporo-occipitale (Farah, 2000). • I processi immaginativi utilizzano gli stessi sostrati neurali della percezione (Kreiman et al, 2000). Le aree che si attivano per la percezione dei volti sono le stesse che si attivano durante la loro immaginazione (O’Craven & Kanwisher, 2000). Lo stesso per quanto riguarda la percezione e l’immaginazione di luoghi. Dolore e tecniche immaginative • Il potere dell’immaginazione è stato messo a fuoco in numerosi studi sulla gestione del dolore, esaminando l’efficacia antidolorifica del placebo per ridurre il dolore cronico causato da malattie come il cancro e il danno al midollo spinale (Melzack & Wall, 2003). • In alcune terapie del benessere si usano tecniche immaginative per il sollievo dal dolore (Ball et al, 2003). Musical imagery: Sound of silence activates auditory cortex David J. M. Kraeme, C. Neil Macrae, Adam E. Green & William M. Kelley Nature 434, 158 (10 March 2005) Auditory imagery occurs when one mentally rehearses telephone numbers or has a song ‘on the brain’ — it is the subjective experience of hearing in the absence of auditory stimulation, and is useful for investigating aspects of human cognition. Here we use functional magnetic resonance imaging to identify and characterize the neural substrates that support unprompted auditory imagery and find that auditory and visual imagery seem to obey similar basic neural principles. Corteccia uditiva Principio 6 e pratica clinica • Queste scoperte aiutano a chiarire per quale motivo le tecniche immaginative siano efficaci nel trattare il dolore, l’ansia, le fobie e la paura. • Comprendere che l’immaginazione differisce ben poco dalla percezione può essere utile per coltivare l’empatia e la compassione, invitando il paziente a immaginare la situazione fisica o emotiva dell’altro, o per il terapeuta a immedesimarsi nella situazione emotiva del paziente (non nel suo racconto…). Ciò potenzia l’aspetto più critico della terapia, che è la relazione. Principio 7 Il cervello processa informazioni non-verbali e inconsce • I processi inconsci esercitano grande influenza su pensiero, sentimenti e azioni umane (Merikle & Daneman, 2000). Negli anni ‘80 fece scalpore l’uso di messaggi subliminali della pubblicità (Guilloud, 2002). Anche se ciò non ebbe l’effetto sperato, tali campagne erano sostenute dalla scoperta che il cervello percepisce stimoli al di fuori della consapevolezza. • Studi sulla percezione inconscia hanno contato sul fenomeno del priming, cioè sul processo automatico in base al quale un’azione o una risposta è elicitata da un precedente stimolo registrato inconsapevolmente. Tale reazione è specifica (Dudai, 2002). Priming • Ad esempio, dopo notizie su una data malattia, un soggetto interpreta alcune sensazioni come segno di quella malattia. • Il priming è efficace sull’autostima e l’autovalutazione (Vallacher et al, 2002). Soggetti cui veniva chiesto di raccontare storie positive o negative su di sé, e poi di autovalutarsi, esprimevano giudizi rispettivamente positivi o negativi su di sé. Ma non serve che lo stimolo sia esplicito. Percezioni inconsce • Quello che gli umani sperimentano prima di un’azione può influenzare le loro scelte. • Le informazioni processate inconsapevolmente influenzano gli incontri, terapeutici e non (es. oppositività inconsapevole). • Il comportamento non-verbale innesca percezioni inconsce. • Alcune attività non verbali sono state categorizzate come prossemica (vicinanza a un’altra persona), cinesica (movimenti del corpo), e paralinguaggio (il modo in cui un messaggio viene passato). Queste attività informano la percezione di una persona in una situazione (es. effetto “camaleonte”). Principio 7 e pratica clinica • Poiché il priming dispone a certe risposte, una intervista diagnostica basata su eventuali deficit può esacerbare una percezione negativa di sé. • Il decoro degli spazi dedicati ai pazienti con malattia mentale rende l’atmosfera più favorevole a una relazione di collaborazione e fiducia. • Depliant con informazioni positive sono più efficaci di quelle allarmistiche con informazioni negative Importanza di una relazione autentica • Infine, la percezione inconscia suggerisce l’importanza di una relazione terapeutica autentica. • Oltre alla consapevolezza del linguaggio nonverbale altrui, il terapeuta deve essere consapevole delle proprie espressioni e idiosincrasie, e far caso al significato che i propri gesti e le proprie espressioni mimiche trasmettono riguardo al paziente. Effetti neurobiologici della psicoterapia • Il riapprendimento procedurale dovrebbe influenzare struttura e funzioni cerebrali modificando la plasticità sinaptica e l’espressione genica • Ci sono evidenze di modifiche dell’espressione genica in seguito a esperienze emozionali • Ad esempio: un contatto con tenerezza attiva l’espressione del “gene immediato precoce” che promuove i processi cellulari di crescita e maturazione • Gli effetti della psicoterapia dipendono soprattutto da cambiamenti a lungo termine nei pattern patofisiologici DOC • Pazienti DOC dopo CBT e trattamento con imipramina: mostrano alla PET riduzione dell’iperattivazione del nucleo caudato rostrale (elaborazione funzioni visive e motorie) (Baxter et al. 1992; Schwartz, 1998) • Pazienti DOC resistenti, dopo trattamento con BT, 31 controlli sani, hanno mostrato ridotta attività del caudato destro (Nakatani et al, 2003) • 18 pazienti DOC, dopo 8-12 settimane di BT, mostrano aumento dell’attività OFC sinistra (maggiore elasticità mentale?) (Brody et al, 1998) Depressione • Pazienti depressi dopo IPT e trattamento farmacologico mostrano, alla PET: riduzione dell’attività del lobo prefrontale (Brody et al., 2001; Martin et al, 2001), e aumenta attività dei gangli basali dx e di PCC (controlli: aumenta attività gangli basali dx e corteccia temporale posteriore dx (Martin et al, 2001) • Pazienti depressi dopo IPT mostrano ridotta attività PFC bilaterale e ACC ventrale a sinistra, aumentata attività della corteccia temporale sinistra e dell’insula, i controlli in trattamento con paroxetina mostrano ridotta attività PFC bilat e ACC med sx, aumento attività Corteccia temporale sx e insula (Brody et al, 2001) • In un altro studio è stata rilevata una riduzione dell’attività del lobo frontale dopo IPT (Brody et al, 2001) • Dopo CBT (15-20 ss) pazienti depressi mostrano riduzione delle regioni frontali e aumento dell’attività nelle regioni limbiche, mentre i pazienti trattati con paroxetina mostrano risultati opposti (Goldapple et al, 2004) Panico e fobie • • • • • • Pazienti con fobia sociale e aracnofobia, dopo CBT, mostrano una normalizzazione del metabolismo frontale (Fumark et al, 2002, Paquette et al, 2003). Pazienti con fobia sociale, trattati con CBT o con citalopram mostrano, nel corso di un discorso pubblico, riduzione bilaterale dell’attività dell’amigdala, dell’ippocampo, dell’area periamigdaloidea, enterorinale e della corteccia paraippocampale (Furmark et al, 2002) Pazienti aracnofobici, dopo 3 mesi di CBT, mostrano aumentata l’attività di PFC (Johanson et al, 2006) Pazienti aracnofobici, dopo CBT, mostrano riduzione dell’attività dell’insula bilaterale, del talamo e della ACC (Straube et al, 2006) Pazienti con panico, dopo 3 mesi di trattamento CBT, a confronto con trattamento con antidepressivi , mostrano riduzione di attività nelle regioni frontali e parietali destre vs aumento di attività nelle regioni frontali e temporali di sinistra(Pasko et al, 2004) Pazienti con panico, dopo 6 mesi di CBT, mostrano riduzione dell’attività dell’ippocampo dx, ACC sx, cervelletto sx, ponte; aumento PFC mediale bilaterale (Sakai et al, 2006) PTSD • In un paziente con PTSD trattato con 3 sedute di EMDR è stato riscontrato un aumento di ACC e del lobo frontale sinistro (Levin et al, 1999) • 16 pazienti con PTSD parziale, trattati con CRT, mostrano aumenta l’attività dell’ippocampo sinistro, del parietale e di PFC di sinistra, e diminuzione di quella dell’amigdala (Peres et al, 2006) Schizofrenia • Otto pazienti schizofrenici in trattamento con olanzapina e terapia riabilitativa neuropsicologa di gruppo hanno mostrato aumentata attività del lobo frontale, correlata con miglioramento di punteggio ai test (Penades et al, 2002) • Pazienti schizofrenici in trattamento con antipsicotici e 12 settimane di CTr, mostrano aumento di attività della corteccia frontale anteriore dx e della corteccia occipitale bilaterale (Wykes et al, 2002) Una neuropsicoterapia? • È necessaria una certa prudenza nella interpretazioni dei risultati delle indagini effettuate con brain imaging (Beutel et al, 2003; Selemon et al, 2002), in quanto si tratta di analisi statistiche ricavate da numerose immagini in condizioni sperimentali, non facilmente correlabili a strutture morfologiche. • Non è certo che le immagini si riferiscano a fenomeni clinicamente rilevanti. Potrebbero esservi attività inibitorie o compensatorie di altre zone disfunzionali. Limiti del brain imaging • L’esperienza vissuta è resa oggetto • La struttura temporale e spaziale dell’esperienza di essere nel mondo non può essere ridotta a oggetto • Fenomenologicamente, non si possono isolare eventi mentali, in quanto la coscienza è intrinsecamente connessa all’essere nel mondo in un progetto (Hersch, 2003) • Allo stesso modo il cervello è sempre connesso con tutto il corpo e questo con l’ambiente; la mente non è collocata in un luogo del corpo o del cervello, ma è distribuita nell’intero organismo in relazione-a (Clark e Chalmers, 1998) Riflessi sulle concezioni eziologiche • Una semplice spiegazione bottom-up dei disturbi mentali come prodotto di fattori genetici o neurofisiologici è inadeguata alla complessità delle cause coinvolte. • Mundt (2003) suggerisce un modello a due vie: una disfunzione su base organica o una vulnerabilità (come espresse in deficit strumentali, emozionali o interpersonali) può portare all’emergere di un disturbo mentale più complesso, che implica risposte individuali a una certa situazione di vita, meccanismi di coping, o maladattamenti come atteggiamenti evitanti o aggressivi [Vedi dist Borderline (Linehan, 1987) e schizofrenia (Herpetz et al, 1997; Klosterkoetter et al, 2001; Sass e Parnas, 2003)]. Modello eziologico circolare • In genere prevale la prospettiva lineare di una spiegazione bottom-up, tuttavia Fuchs (2004) suggerisce un approccio complesso, in cui il disturbo sia considerato il prodotto di una causalità circolare di influenze soggettive, neurofisiologiche, ambientali e sociali, continuamente interagenti. • Ciò coinvolge feedback negativi dei sintomi primari, emozioni, cognizioni, e interazioni sociali. In tali interazioni, il cervello opera ma non causa in modo unilineare. Approccio integrato Complementarietà: • Farmaci per ridurre i sintomi target e le disposizioni temperamentali come impulsività e instabilità emotiva • Psicoterapia per modificare i pattern relazionali impliciti, le attitudini e il comportamento Effetti della comprensione: • Afferrare il senso della propria emozione e delle proprie possibilità aiuta a regolare immediatamente le proprie emozioni e a dirigere l’azione verso scopi coerenti con gli obiettivi ideali di realizzazione (stabilità, coerenza, continuità, senso di agentività e proprietà) La psicoterapia è necessaria Anche se la via finale è la riduzione dei sintomi, la psicoterapia non può essere sostituita dai farmaci: non abbiamo “significati” biochimici. La disposizioni sono modificabili solo attraverso nuove e ripetute esperienze • Emotive • Verbali • Interpersonali che nel tempo sono incorporate in strutture cerebrali. Circolarità della relazione terapeutica • La psicoterapia implica una reciproca creazione di significato (o ricerca di significato) • Non riguarda processi che avvengono nella testa, ma accadono nell’incontro • La neurobiologia, al momento, si occupa più di quanto avviene nei singoli cervelli che di quanto avviene nello spazio intersoggettivo. Incompatibilità degli approcci in prima e in terza persona (Fuchs, 2004) • La psicoterapia si occupa soprattutto di emozioni, centrali nella esperienza soggettiva; lavora con dimensioni come l’intuizione, l’atmosfera, la relazione empatica, in una prospettiva in prima e in seconda persona. • L’esperienza soggettiva e intersoggettiva non è come tale accessibile alle neuroscienze. Né hanno a che vedere con l’intenzionalità, che è il significato che gli eventi e le persone hanno per un individuo. • Comprendere se stessi (per essere se stessi) è il superiore obiettivo di una psicoterapia, tuttavia la stessa esistenza di un Sé è messa in discussione dalle neuroscienze, che lo considerano una giungla di sinapsi (LeDouw, 2002; Metzinger, 2003) Problema etico • Secondo un approccio biologico, ridurre un disturbo mentale a un problema di metabolismo di neurotrasmettitori è un modo di destigmatizzare il paziente, eliminando i sensi di colpa suoi e dei suoi familiari. • Ma davvero possiamo considerare la malattia mentale come qualcosa che non pone domande di senso? E davvero è di conforto considerarla come una malattia rispetto alla quale siamo passivi? • Non ricerca, un essere umano, di cambiare se stesso, di assumersi le proprie responsabilità, di trovare il senso e la propria identità? • Una visione neurobiologica ci fa sentire alienati, persone senza desideri, timori, speranze, motivi o ragioni, ma solo agenti mossi da ormoni, geni e neuroni. Lo stato d’animo perde di significato, e diviene l’effetto di un malfunzionamento di un circuito neuronale.