I profili processuali
della legge sulla filiazione, dopo la
legge n. 219 del 2012 e il d.lgs. n. 154
del 2013
di Claudio Cecchella
1. Introduzione
L’unificazione dello status, sul piano
sostanziale
Sul piano sostanziale, a seguito degli interventi
dell’art. 1 della legge n. 219 del 2012 sulle
disposizioni del codice civile e del d. lgs. n. 154
del 2013, sul riordino della disciplina vigente,
può dirsi finalmente raggiunta l’unificazione
dello stato di figlio, sia esso nato durante il
matrimonio, sia fuori dal matrimonio.
2. I limiti della riforma sul piano
processuale
La diversificazione processuale
Al contrario il legislatore propende ancora per un intervento
frammentario sul piano processuale, che
presuppone la ripartizione delle competenze
e la diversificazione dei riti
non offre un quadro unitario sul piano processuale alla disciplina
del processo cognitivo ed esecutivo nelle controversie di famiglia,
nonostante l’alto livello di specializzazione della materia nel suo
complesso, cui dovrebbe seguire per necessità un rito speciale
generalizzato e una competenza unitaria rivolta al lo status unico di
figlio.
La tutela differenziata di famiglia
In realtà la materia necessita generalmente di un unico rito
celebrato innanzi ad un solo giudice:
1. con una regola al conflitto pronunciata con immediatezza,
adeguata, una tutela anticipatoria (es. 708 cpc) munita di
altrettanto adeguati rimedi;
2. un adattamento alle evoluzioni temporali della fattispecie con la
stessa immediatezza (es. 709 u.c. e 710 cpc);
3. necessità che il giudice del merito sia anche giudice della
esecuzione (art. 709 – ter c.p.c.);
4. necessità di un adeguata tutela mediante misure coercitive civili
alla infungibilità della prestazione e di una tutela esecutiva anche
del diritto inesegibile (art. 709 – ter e 156 c.c., ecc.).
La soluzione
Un processo razionale nelle controversie di
famiglia necessita in modo indilazionabile:
a) di una competenza unificata in un sezione
specializzate del tribunale ordinario;
b) di un rito unico, sul modello della
separazione e divorzio, che tenga conto delle
esigenze evidenziate
La frantumazione del processo
Al contrario il legislatore propone sul piano
cognitivo il rito camerale come modello, privo
di una effettiva tutela anticipatoria anche in
funzione delle evoluzione della fattispecie e
introduce un sistema di tutele esecutive
frammentarie e non coerenti.
3. La competenza
La sopravvivenza del riparto di
competenze
Sopravvive all’intervento della riforma la
ripartizione delle competenze, avendo il
legislatore riproposto – nonostante la
presenza di numerosi disegni di legge verso
l’unificazione delle competenze con la
creazione di una competenza unica per
materia funzionale del tribunale ordinario
sezione specializzata della famiglia –
l’applicazione dell’art. 38 delle disp. att. cod.
civ.
La sopravvivenza dell’art. 38 disp. att. cod. civ.,
sulla competenza del tribunale per i minorenni
Con la salvezza dell’art. 38 cit., resta salva l’istituzione
del tribunale per i minorenni, anche se
significativamente erosa con un intervento anche in
evidente polemica a recenti orientamenti del giudice di
legittimità, volti ad estendere la competenza del
tribunale per i minorenni proprio nell’ambito delle
controversie di cui sono parti i figli nati fuori dal
matrimonio, risultandone accentuato il discrimine
processuale con i figli nati nel matrimonio (in termini di
adeguata tecnica di anticipazione degli effetti della
decisione di merito in particolare modo).
Le controversie sulla responsabilità
genitoriale
Sono in particolare rimaste nella competenza
del tribunale per i minorenni le controversie
sulla responsabilità genitoriale, sulla sua
decadenza (artt. 330 e 332 c.c.); sui
provvedimenti convenienti meno gravosi della
decadenza, come l’allontanamento (art. 333
c.c.); sulla rimozione e riammissione
nell’esercizio dell’amministrazione (art. 334 e
335).
Le altre controversie residue di volontaria
giurisdizione in senso stretto
Restano, inoltre, di competenza del tribunale
per i minorenni i procedimenti che
autorizzazione per gravi motivi al matrimonio
chi abbia compiuto 16 anni (art. 84) ; i
procedimenti che autorizzano al minore la
continuazione dell’esercizio dell’impresa; i
procedimenti per la nomina di un curatore
speciale del minore nella stipula delle
convenzioni matrimoniali (art. 90).
la novità dell’art. 251 c.c.
L’art. 251, 2° comma, c.c. affida al tribunale
per i minorenni l’autorizzazione “avuto
riguardo all’interesse del figlio e alla necessità
di evitare qualsiasi pregiudizio” al
riconoscimento del figlio incestuoso.
L’azione degli ascendenti
L’azione degli ascendenti a tutela del diritto di
mantenere rapporti significativi con nipoti
minorenni, ai sensi dell’art. 317-bis, introdotto
dal d.lgs. n. 154 del 2013, è
“incomprensibilmente” affidato alla
competenza del tribunale per i minorenni, in
forza della modifica apportata all’art. 38 delle
disp.att. c.c.”.
Natura delle controversie devolute alla
competenza del tribunale per i minorenni
Le controversie sulla responsabilità genitoriale,
poiché implicano intensamente un diritto a cui
corrispondono interessi del minore e del
genitore, hanno natura contenziosa e necessitano
perciò di tutte le garanzie del “giusto processo” ex
art. 111 c.p.c.
Le altre competenze residue concernono i
procedimenti di volontaria giurisdizione in senso
stretto, per i quali tali garanzie appaiono meno
rilevanti.
L’incremento della competenza del
tribunale ordinario
Poiché l’art. 38, al secondo comma, ripropone
la regola di chiusura secondo la quale ogni
altra controversia è attribuita alla competenza
del tribunale ordinario, ne risulta
significativamente incrementata la
competenza di questo organo.
I casi dell’incremento
-
-
-
Si tratta:
Dei procedimenti per l’amministrazione dei beni del fondo patrimoniale in
caso di annullamento del matrimonio o di divorzio in presenza di figli
minori (art. 171);
Dei procedimenti in tema di costituzione di usufrutto su una parte dei beni
spettanti ad un coniuge nella divisione della comunione legale in relazione
alla necessità della prole (art. 194, 2° comma c.p.c.);
Delle controversie sulla opposizione al riconoscimento da parte del
genitore che abbia riconosciuto per primo il figlio (art. 250 c.p.c.);
Delle controversie sull’inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia
legittima di uno dei genitori (art. 252 c.p.c.);
Delle controversie in ordine all’assunzione del cognome del padre che
riconosca il figlio (art. 262);
Dell’autorizzazione all’impugnazione del riconoscimento e della nomina
del curatore speciale del minore (art. 264)
Segue. Controversie sulla
responsabilità genitoriale
Sono affidate alla competenza del tribunale
ordinario, alcune controversie sulla responsabilità
genitoriale:
- art. 316, risoluzione dei contrasti sull’esercizio
della responsabilità genitoriale dei figli nati nel
matrimonio e fuori dal matrimonio;
- la disciplina separata per i figli nati fuori dal
matrimonio è stata abrogata con la novellazione
dell’art. 317-bis, oggi tutto è ricompreso nell’art.
316.
Art. 269 c.c.
Ai sensi della citata disposizione, sono
attribuite al tribunale ordinario la
dichiarazione giudiziale di paternità e
maternità naturale.
4. La connessione
La competenza attrattiva per
connessione del tribunale ordinario
All’attribuzione di affidamento e
mantenimento integralmente al tribunale
ordinario, la legge n. 219 pone l’ulteriore
competenza per attrazione, dovuta alla
pendenza del procedimento per separazione e
divorzio o del giudizio sulla controversia
inerente l’esercizio della responsabilità
genitoriale ex art. 316 c.c., delle controversie
sulla responsabilità genitoriale.
Conseguenza interpretativa,i
procedimenti di modifica e revisione
Per l’identità di oggetto deve ritenersi che la
vis attrattiva vale anche in caso di pendenza
dei procedimenti di modifica e di revisione
delle condizioni di separazione e divorzio.
I figli nati fuori dal matrimonio
La unificazione dei procedimenti sulle
controversie relative all’esercizio della
responsabilità genitoriale dei figli nati nel
matrimonio e fuori dal matrimonio sotto la
disciplina dell’art. 316, dovuto al d.lgs n. 154
del 2013, esclude oggi il problema della
attrazione per connessione con le controversie
di cui all’art. 317-bis c.c. che non regolano più
le controversie relative ai figli nati fuori dal
matrimonio.
I problemi implicati dalla competenza per
territorio dei procedimenti dell’art. 316
Di un certo interesse, tanto da meritare una
segnalazione, il profilo della competenza per
territorio nel procedimento ex art. 316, legato
alla collocazione del minore sul territorio (arg. ex
artt. 710 e 709 – ter c.p.c.).
Il criterio viene individuato sul luogo di abituale
dimora del minore, non interpretato in termini di
"prospettiva", ma verificando quale sia stato
l'effettivo luogo di abituale dimora maturato del
minore (Trib. Milano 1 ottobre 2010).
Conseguenze in ordine ai figli nati fuori dal matrimonio:
affidamento e mantenimento cumulati innanzi al
tribunale ordinario
Il riparto di competenze, nonostante la
persistente frantumazione e biforcazione, ha il
pregio di superare definitivamente la
giurisprudenza di legittimità (a partire da Cass., 3
aprile 2007, n. 8362, in Foro it., 2007, I, 2049),
che in caso di domanda congiunta di affidamento
del figlio nato fuori dal matrimonio e di
mantenimento, quest’ultima in via autonoma
attribuita alla competenza del tribunale ordinario,
affidava l’intera controversia al tribunale per i
minorenni, derogando alle regole sulla
competenza per ragioni di connessione.
….sulle controversie
ex art. 709 – ter c.p.c.
L’art. 709 – ter c.p.c., il suo radicarsi sulla
competenza per il merito e la possibilità che il
giudice in questa sede possa modificare i
provvedimenti di affidamento e potestà, offre
ragione di una vis attrattiva della controversia
sulla responsabilità genitoriale pendente
innanzi al tribunale per i minori.
Il problema, i legittimati diversi delle
azioni sulla responsabilità genitoriale
Resta da capire cosa accada nell’eventualità che il
legittimato di cui all’art. 336, nelle controversie sulla
responsabilità genitoriale , sia un soggetto diverso dai
genitori, pur legittimato sulla base di quella
disposizione: in pendenza della separazione o del
divorzio, resta ferma la competenza del tribunale per i
minorenni? Oppure deve ritenersi ampliato
soggettivamente il procedimento per separazione e
divorzio in virtù della vis attrattiva?
Propende per la prima Tribunale Milano 07 maggio
2013 - Pres. Servetti - Est. Buffone, in www.ilcaso.it
Inapplicabilità dell’art. 5 c.p.c.
La vis actrattiva non deve applicarsi soltanto
nel caso in cui già penda anticipatamente il
procedimento per separazione e divorzio al
momento della presentazione della domanda
sulla controversia affidata al tribunale per i
minorenni, ma per l’ampiezza della formula
(“resta esclusa la competenza”) deve ritenersi
che la vis attrattiva operi anche quando sia
introdotta anteriormente la controversia
innanzi al tribunale per i minorenni
Tribunale Milano 03 ottobre 2013
“L’innovativo criterio della competenza funzionale
per attrazione opera (o può operare) nel senso di
ricondurre al giudice ordinario la cognizione
anche dei profili inerenti alla limitazione e/o
ablazione della responsabilità genitoriale, che in
via generale sono attribuiti alla competenza del
Tribunale minorile, solo in presenza di una
precedente pendenza di un procedimento
c.d. ordinario”
Alcune riflessioni sulla litispendenza
I procedimenti in questione pendono tutti dal
deposito del ricorso essendo introdotti in
quella forma (art. 39, 4° comma, c.p.c.) e deve
ritenersi pendente anche il processo sospeso o
interrotto.
4. Il rito
Carattere contenzioso della lite su affidamento e
mantenimento e rito camerale
Nonostante il carattere contenzioso delle
controversie su affidamento, in considerazione
dei diritti implicati, il legislatore affida al
secondo comma dell’art. 38 cit., il rito dei
relativi procedimenti alle forme camerali degli
artt. 737 e ss.
Le garanzie
Come Andrea Proto Pisani ha evidenziato (“La
giurisdizionalizzazione dei processi minorili c.d. de potestate”, in Foro it.,
2013, V….. ) il carattere giurisdizionale dei
procedimenti sulla responsabilità genitoriale ,
come anche delle controversie sull’ affidamento,
non tollera l’applicazione di norme inesistenti
come quelle del rito camerale (per
l’incostituzionalità: ordinanza Dogliotti, App.
Genova, 4 gennaio 2001, e ordinanza Pazzè , App.
Torino, 3 gennaio 2001) per violazione dell’art.
111 Cost. sulla riserva di legge e sulle regole del
giusto processo.
La risposta della Corte Costituzionale
La sentenza n. 1 del 2002 della Corte cost. ha
risolto salomonicamente con una declaratoria di
inammissibilità che lascia aperto il contrasto, ma
anche incidentalmente ha suggerito l’applicazione
al procedimento di cui all’art. 336 c.c.: - del
principio del contraddittorio, anche quando la
misura viene data inaudita altera parte, e di
alcuni fondamentali garanzie previste dal
processo cautelare uniforme, particolarmente in
ordine al reclamo, come adeguamento
costituzionale della normativa.
La risposta del tribunale per i
minorenni
Purtroppo in molti tribunale per i minorenni si
è continuata la prassi di procedere per
segnalazione dei servizi sociali con misure
emesse in assenza di contraddittorio e senza
convalida, con il contraddittorio di entrambi i
genitori. Il legislatore nel richiamare il rito
camerale non si è forse avveduto di tale grave
deviazione dai principi costituzionali.
La non disciplina
del rito camerale familiare
A differenza della parallela esperienza del rito
camerale fallimentare (interamente riscritto e
ibrido, in realtà corrispondente ad un
processo a cognizione piena di rito speciale),
ridisciplinato dal legislatore, nell’ambito
familiare si fa rinvio tout court alle scarne
norme del codice di rito: artt. 737 e ss. c.p.c.
Il problema di una tutela provvisoria
Oltre alla mancanza di regole del rito, che apre la
prospettiva del processo al baratro della
violazione dei più elementari principi del giusto
processo, resta la lacuna della mancanza di un
provvedimento provvisorio, di natura anticipatoria
che costituisce invero indefettibile misura dovuta
alla differenziazione della tutela giurisdizionale dei
diritti essendo endemicamente implicato dalla
controversia familiare il profilo dell’urgenza della
tutela.
Mancanza di una soluzione
Il richiamo al rito camerale, per il carattere
autosufficiente ed intollerante a forme di tutela
alternativa, come quella ordinaria a cognizione
piena, anche quella anticipatoria a cognizione
sommaria rende insolubile il problema.
Non è risolto neppure dal terzo comma dell’art.
38 il quale sancisce solo l’immediata esecutività
dei provvedimenti terminali e non si esprime sui
provvedimenti provvisori ed urgenti, sul modello
dei provvedimenti presidenziali in sede di
separazione e divorzio.
L’analogia
L’interprete deve, per dovere costituzionale,
dare un’interpretazione della grave lacuna.
Applicazione analogica dell’art. 710, 3°
comma, c.p.c. il quale introdotto in un caso di
rito camerale familiare, potrebbe essere di
generale valenza, oppure l’art. 336, 3° comma.
L’impugnativa dei provvedimenti
provvisori
Ammettere anche in via analogica
provvedimenti provvisori pone al centro
dell’attenzione il tema della loro reclamabilità,
solubile:
- o con l’applicazione analogica del reclamo
cautelare;
- o con l’applicazione del reclamo camerale ex
art. 739 c.p.c.
La giurisprudenza
La reclamabilità è stata ritenuta da App. Catania
14 novembre 2012:
“E’ ammissibile la autonoma reclamabilità ex art.
739 c.p.c. dei provvedimenti provvisori adottati
nel procedimento ex art. 317 bis c.c, anche se non
è esplicitamente prevista nel processo camerale
minorile una forma di reclamo analoga a quella
prevista dal comma IV dell’art. 708 c.p.c. e che i
provvedimenti provvisori sono modificabili dal
giudice che li ha emessi”
L’immediata efficacia
Il terzo comma dell’art. 38 pone una sola
regola, quella, in deroga all’art. 741, 2°
comma, della immediata efficacia del
provvedimento che conclude il rito camerale,
almeno in questo riconoscendo una
anticipazione al provvedimento conclusivo
della prima fase del rito camerale.
L’impugnativa dei decreti del tribunale
per i minorenni
La norma si esprime invece in modo esplicito
per la reclamabilità (da intendersi in sede
camerale) alla sezione della Corte di appello
per i minorenni.
In tal modo, almeno nella disciplina
dell’appello le controversie di famiglia si
unificano tutte in un rito che segue le regole
della camera di consiglio (art. 709-bis c.p.c. e
art. 4, 15° comma, l. n. 898/1970)
L’appello camerale
Il richiamo generalizzato al rito camerale per
l’appello, apre la prospettiva di un gravame
più garantistico, per la inapplicabilità al rito
camerale dell’art. 342 sul motivo specifico in
appello e dell’art. 348-bis sulla necessità a
pena di inammissibilità dell’appello di una
ragionevole probabilità di accoglimento;
dell’art. 345 sui limiti alla deducibilità di nuove
difese in appello.
5. Il processo sul riconoscimento del
figlio
La ratio
L’ambito più ampio e diffuso di
riconoscimento della filiazione sancito dalla
riforma sul piano sostanziale, si traduce in
alcune importanti conseguenze processuali.
Mancato consenso del genitore che ha
riconosciuto
In difetto di consenso, nei casi in cui è
necessario, del genitore che abbia già
effettuato il riconoscimento, l’altro genitore
che intende riconoscere il figlio propone
ricorso al tribunale (ordinario), che fissa un
termine per la notifica del ricorso al genitore
dissenziente che ha già riconosciuto.
Opposizione
Il mancato consenso ha modo così di emergere
processualmente: il coniuge dissenziente può,
entro 30 giorni dalla notifica, introdurre
opposizione (con modalità formali rimaste
incerte), la quale sarà decisa dal giudice con
sentenza (nelle forme ordinarie o camerali?), che
prenderà il posto del consenso mancante e può
essere preceduta da provvedimenti provvisori
urgenti fondati sul fumus (“salvo che l’opposizione
non sia palesemente fondata”).
L’audizione del minore
Nonostante la chiara previsione dell’art. 336
bis, il legislatore ha voluto sancire la stessa
regola anche nel rito su opposizione:
l’audizione necessaria del figlio minore che
abbia compiuto 12 anni o anche di età
inferiore, ove capace di discernimento.
Mancata opposizione
Anche in caso di mancata opposizione il
giudice decide con sentenza, ma deve ritenersi
senza particolari formalità di assunzione di
ogni opportuna informazione, di audizione del
figlio, pur dovendosi ritenere necessaria la
valutazione dell’interesse del minore, come
condizione del riconoscimento, nonostante il
mancato consenso dell’altro genitore.
I contenuti della sentenza
Oltre a tener luogo del consenso mancante,
nella sentenza il giudice provvede su
affidamento e mantenimento del minore e in
relazione al suo cognome
Ulteriore intervento giudiziale
Nell’ultimo comma dell’art. 250 c.c. si
consente al giudice di autorizzare il genitore
infrasedicenne al riconoscimento del figlio
concepito “valutate le circostanze e avuto
riguardo all’interesse del figlio”.
Tale istanza è di competenza del tribunale
ordinario, con il rito in camera di consiglio.
6. L’ascolto del minore
Art. 336-bis, ex art. 315-bis
Dopo la stagione dettata dall’art. 4, 8° comma, l. n. 898
del 1970, e dell’art. 155, sexies c.c., senza che il
legislatore si esprimesse espressamente per l’
abrogazione delle disposizioni precedenti, si introduce
l’art. 315-bis (oggi 336-bis) il quale sancisce:
“il figlio minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche
di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato
dal Presidente del tribunale o dal giudice delegato
nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere
adottati provvedimenti che lo riguardano”
L’evoluzione
L’art. 4, 8 comma, legge n. 898 del 1970: “Il
presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi
difensori nonché, qualora lo ritenga
strettamente necessario anche in
considerazione della loro età, i figli minori…”
L’eccezionalità dell’audizione era dettata dal
riferimento allo “strettamente necessario”.
La sua novellazione
• Il nuovo art. 4, 8° comma: “se la conciliazione
non riesce il Presidente, sentiti i coniugi e i
rispettivi difensori nonché, disposto l’ascolto
del figlio minore che abbia compiuto gli anni
12 e anche di età inferiore ove capace di
discernimento…”
Segue
Già l’art. 155 sexies c.c. (“Il giudice dispone,
inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia
compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore ove
capace di discernimento”), sanciva la doverosità
dell’audizione e ciò in linea con le convenzioni
internazionali, convertite in legge nel nostro
ordinamento (convenzione di New York del 1989
e convenzione di Strasburgo sui diritti del
fanciullo del 1996). L’art. 155 sexies c.c. è stato
abrogato dal d.lgs n. 154 del 2013.
La nuova ratio della doverosità
Il ruolo dell’audizione ha particolare
importanza nel regolamento europeo n. 2201
del 2003 ove l’art. 23 sancisce che la mancata
audizione del minore, salvo i casi di urgenza è
motivo che esclude l’esecuzione in uno stato
membro della decisione.
Il passaggio dall’art. 315-bis all’art.
336-bis
La doverosità risulta tuttavia attenuata nel
passaggio della regola da un articolo ad un
altro, poiché la norma consente di derogare
all’ascolto: “se l’ascolto è in contrasto con
l’interesse del minore o manifestamente
superfluo il giudice non procede
all’adempimento dandone atto con
provvedimento motivato”.
Le modalità dell’ascolto
•
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Il nuovo art. 336-bis, stabilisce altresì le modalità
dell’ascolto:
- è condotto dal giudice, il quale può essere solo
coadiuvato da esperti e ausiliari;
- le parti e i difensori sono ammessi all’ascolto solo se
autorizzati dal giudice;
- le parti e i difensori possono proporre argomenti e
temi di approfondimento al giudice;
- prima dell’ascolto il giudice informa il minore sulla
natura del procedimento e gli effetti dell’ascolto:
- è redatto processo verbale o effettuata registrazione
audio video.
Art. 38-bis disp.att.cod.civ.
La nuova disposizione, dovuta al d.lgs n. 154
del 2013 stabilisce che se la salvaguardia del
minore è assicurata con mezzi tecnici (uso di
vetro specchio unitamente ad impianto
citofonico) le parti, i difensori e il p.m.
possono seguire l’ascolto, in luogo diverso in
cui il minore si trova, anche senza
autorizzazione del giudice.
Il giudice di legittimità
Con la sentenza n. 22238 del 21 ottobre 2009,
in Fam. e dir. 2010, 1, le Sezioni Unite hanno
riconosciuto il potere vincolato del giudice di
effettuare l’ascolto, sancendone come
conseguenza la nullità del provvedimento
assunto in difetto di audizione.
Ratio dell’audizione
La sentenza della S.C. citata esclude ogni
rilievo istruttorio all’ascolto del minore, ma ne
esprime il ruolo, secondo la disciplina
convenzionale a cui ha aderito l’Italia, di
espressione del minore e dei suoi interessi,
senza che assuma necessariamente la
posizione di parte formale, necessitante di un
difensore tecnico
La discrezionalità dell’art.336 - bis
L’attuale discrezionalità colloca sul piano della
circostanziata e precisa motivazione la
superfluità dell’ascolto o la sua contrarietà agli
interessi del minore.
Il mancato passaggio del minore da
parte sostanziale a parte formale
Si riconosce in tal modo al minore il ruolo di parte
sostanziale dei provvedimenti che lo riguardano,
ma nonostante la previsione di un obbligo di
rappresentanza tecnica del minore come parte
formale nei procedimenti di adozione e nei
procedimenti sulla responsabilità genitoriale (art.
336 c.c.), la S.C. ha negato la qualità di parte
formale al minore, non ritenendo necessaria la
sua rappresentanza tecnica (Cass. 14 luglio 2010
n. 10653; contra App. Milano 16 ottobre 2008)
l’art. 337 – octies c.c.
Art. 337 - octies, 1° comma.
“Nei procedimenti in cui si omologa o si
prende atto di un accordo dei genitori, relativo
alle condizioni di affidamento dei figli, il
giudice non procede all’ascolto se in contrasto
con l’interesse del minore o manifestamente
superfluo”
Trib. Milano 30 aprile 2013,
discrezionalità
Diritto del minore all’audizione e Dovere del
giudice di dargli voce non sono, tuttavia,
enunciati assoluti su cui non possa innestarsi
una valutazione del giudicante: e, infatti, in
linea di principio, certamente l’audizione va
esclusa dove essa non sia utile risultando
superflua (es. separazioni consensuali) oppure
dove l’incombente rischi di pregiudicare
l’equilibrio psico-fisico del fanciullo.
Altre disposizioni sull’ascolto
•
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•
Il legislatore del d. lgs. n. 154 del 2013,
noncurante della norma generale sull’ascolto, ha
ritenuto di riproporre singoli richiami in norme
particolari:
- art. 316 sui contrasti nell’esercizio della
responsabilità genitoriale;
- art. 336 sui procedimenti sulla responsabilità
genitoriale;
- art. 348 sulla scelta del tutore;
- art. 371 sul luogo dove il minore deve essere
cresciuto ed educato in caso di tutela.
7. L’attuazione delle misure in materia
di famiglia
Lo stato della normativa
-
-
-
Il processo esecutivo in materia di famiglia non può essere
retto dalle regole del libro terzo del codice di rito:
per la continua interazione tra cognizione ed esecuzione,
che rende necessaria la unificazione del giudice
dell’esecuzione con il giudice del merito;
per l’inidoneità delle forme dell’esecuzione specifica;
per la generale infungibilità della prestazione obbligata, sia
in ordine ai diritti personali che ai diritti patrimoniali, che
rende necessaria la introduzione di adeguate misure
coercitive;
infine per la necessità di proiettare la tutela esecutiva nel
futuro, anche quando il diritto non è esigibile.
L’occasione
L’occasione della riforma era ghiotta per una razionalizzazione delle
esigenze mediante soluzioni generalizzate per tutte le controversie
e per tutti i diritti.
Al contrario:
1. diversificazione per diritto- resta la diversificazione tra diritti
personali e diritti patrimoniali (i primi destinatari delle efficaci
misure coercitive dell’art. 709-ter, ma mancanti di una tutela
esecutiva proiettata nel futuro; i secondi privi di una efficace tutela
mediante misure esecutive abbandonata al rilievo penale
dell’inottemperanza, ma dotata di un’ efficace tutela proiettata nel
futuro mediante l’assegnazione per via giudiziale o stragiudiziale dei
crediti che l’obbligato vanta nei confronti di terzi);
2. diversificazione per rito- resta la diversificazione tra attuazione di
misure in sede di separazione e divorzio e attuazione di misure in
sede di procedimenti camerali.
L’intervento della legge n. 219 del
2012
L’intervento della legge sulla filiazione è tutto
nella disposizione dell’art. 3, 2° comma della
stessa legge, che sancisce l’adozione di idonee
misure personali o reali a garanzia dei
provvedimenti patrimoniali, sino alla
previsione di una misura di sequestro dei beni
dell’obbligato e sino all’estensione dell’ordine
ai terzi tenuti a corrispondere somme di
denaro all’obbligato, di versare dette somme
direttamente agli aventi diritto
Lacune persistenti
Resta ancora
1) la mancata unificazione delle misure coercitive
destinate ad imporre l’attuazione spontanea, sia per i
diritti personali che per i diritti patrimoniali e
2) la mancata previsione, nei diritti personali, di una
proiezione per il futuro della tutela esecutiva (a cui
può sopperire un’interpretazione che estenda
l’applicazione ad essi dell’art. 614-bis c.p.c., laddove
consente al giudice di fissare una misura pecuniaria
per ogni futuro adempimento)
art. 614 – bis cpc
“Con il provvedimento di condanna il giudice,
salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa,
su richiesta di parte, la somma di denaro
dovuta dall’obbligato per ogni violazione o
inosservanza successiva, ovvero per ogni
ritardo nell’esecuzione del provvedimento …”
Carattere delle misure
Le misure a tutela dei provvedimenti patrimoniali, oggi
estesa ad ogni provvedimento di mantenimento dei
minori, riproducono le misure regolate nel codice civile
all’art. 156, benché sia richiamato espressamente l’art.
8 della legge n. 898 del 1970, ma la norma riferisce di
ordine del giudice: le idonee garanzie reali o personali
offerte dall’obbligato o in difetto il sequestro del
patrimonio (da non confondersi con la misura
cautelare).
Viene pure richiamata l’efficacia di titolo per l’iscrizione
di ipoteca giudiziale del provvedimento, con l’unico
limite della necessità di una definitività del
provvedimento (non prevista nell’art. 156, 5 comma)
Recente sentenza della S.C. sulle
misure dell’art. 156 c.c.
Se segnala per completezza di analisi e
qualificazione dei vari mezzi regolati nell’art.
156 c.c., la recente sentenza della S.C.
Cassazione civile, sez. I 22 aprile 2013, n. 9671
- Pres. Salmè - Est. Dogliotti, in www.ilcaso.it
La tutela proiettata nel futuro
Dei modelli, quello stragiudiziale della legge
sul divorzio e quello giudiziale delle norme
sulla separazione, il legislatore sembra – pur
con formula equivoca nel richiamo alla legge
n. 898 del 1970 – preferire le prime “Il giudice
può ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere
anche periodicamente somme di denaro
all’obbligato, di versare le somme dovute
direttamente agli aventi diritto”.
Par conditio creditorum
Sarebbe stato utile invece il richiamo all’art. 8,
5° comma, laddove consente una
partecipazione dei creditori concorrenti, nel
caso di crediti già pignorati prima
dell’iniziativa esecutiva del coniuge e/o figlio
avente diritto, in modo di soddisfare la par
conditio creditorum, previsione che manca del
tutto nelle regole applicabili alla separazione
personale o nelle regole dell’art. 38 cit.
7. La disciplina transitoria
Art. 4
La nuova disciplina si applica alle controversie
instaurate con ricorso depositato dopo il 1 gennaio
2013.
Tuttavia ai procedimenti pendenti innanzi al tribunale
per i minorenni sull’affidamento e mantenimento dei
figli dei genitori non coniugati, si applicano le regole
garantistiche del comma 2, dell’art. 3 della legge,
ovvero l’applicazione delle misure in ordine
all’attuazione dei provvedimenti.
Il legislatore avrebbe avuto l’occasione di prevedere
anche l’applicazione della immediata efficacia dei
provvedimenti di cui al 3 comma dell’art. 38 novellato
dallo stesso articolo 3.
Cass., n. 10064/2013
La legge n. 129 del 2012 sulla filiazione aveva
sancito la esecutività immediata dei decreti
camerali in materia di controversie familiari,
ma con un regime transitorio che apriva alla
nuova norma solo i processi introdotti dopo la
sua entrata in vigore, La S.C. (sentenza 26
aprile 2013, n. 10064) mette in ordine le cose,
reinterpretando la vecchia disposizione e
sancendo la esecutività immediata ex lege
anche per il passato...
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