Semiotica a.a.2009-10 Lezione 2 FREGE Sinn und Bedeutung (Senso e denotazione), 1892 Frege ritiene insufficiente una concezione binaria del segno (basata sul solo rapporto segnosignificato) e argomenta a favore di una concezione triadica (il segno è associato a un senso che determina una denotazione) L’argomentazione di Frege a favore dell’introduzione della nozione di senso si basa sull’analisi degli enunciati che esprimono identità. a=a a=b L’uguaglianza A=A è analitica, invece A=B è sintetica e presuppone è un ampliamento della conoscenza. Col giudizio a=b, Frege vuole sottolineare che esistono modi diversi di designazione, modi diversi di riferirsi ad uno stesso oggetto. Col giudizio a=b, Frege vuole sottolineare che esistono modi diversi di designazione, modi diversi di riferirsi ad uno stesso oggetto. Non basta dire che l'identità riguarda l'oggetto ( in questo caso non si capirebbe che cosa distingue questo asserto da una qualsiasi applicazione del principio di identità) . Né basta dire che l'identità è un rapporto tra nomi (in questo caso si ridurrebbe il valore cognitivo dell’enunciato a una scelta arbitraria di termini). Nel secondo caso vi è una qualche informazione, ma riguardante il linguaggio e non il mondo. Invece gli enunciati esprimenti identità, se veri, sono spesso altamente informativi e possono costituire vere e proprie scoperte scientifiche. “La stella del mattino è identica alla stella della sera” (una volta non si sapeva che fossero lo stesso pianeta, poi gli astronomi scoprono che si tratta sempre di Venere). Per “nome” Frege intende qualsiasi espressione linguistica che denoti un oggetto. I nomi propri grammaticali (“Aristotele”, “Trieste”) e le descrizioni definite: “il re di Francia”. Il senso è il modo in cui l’oggetto viene dato dal segno. La denotazione è l’oggetto designato o indicato dal segno con la mediazione del senso. Due espressioni linguistiche possono avere lo stesso senso (sinonimia) e allora avranno la stessa denotazione. Un’espressione linguistica può avere due sensi ma tali che ciascuno di essi conduce alla stessa denotazione. “Aristotele” può per Carlo avere il senso specificabile come “il maestro di Alessandro” e per Giorgio avere il senso specificabile come “l’allievo di Platone”, ma ambedue i sensi ci fanno identificare lo stesso filosofo storicamente esistito. Per chiarire, Frege paragona il senso all’immagine della luna nella lente di un cannocchiale (più osservatori possono usufruirne) e la rappresentazione all’immagine retinica che si forma nell’occhio di ciascun osservatore (essa è del tutto soggettiva, non condivisibile). Il senso per Frege è condivisibile, dunque non può essere soggettivo, ma oggettivo. Nel rifiuto di identificare il senso con una rappresentazione psicologica soggettiva consiste l’antipsicologismo di Frege. Il senso è il pensiero espresso dall’enunciato. La denotazione è il valore di verità dell’enunciato (il Vero, ossia il fatto che l’enunciato sia vero, o il Falso, ossia il fatto che l’enunciato sia falso). “Chi dice che è giorno mostra di ritenere che è giorno. Ora se è giorno realmente, l’enunciato che sta dinnanzi a noi è vero, se non è giorno è falso” (Stoici) Da questo punto di vista, il fatto che è giorno costituisce il significato o valore di verità dell’enunciato “è giorno”. • La lingua trascende la semplice funzione di comunicazione e determina il senso complessivo dei nostri messaggi. Ferdinand de Saussure, linguista svizzero di lingua francese: 1857-1913 Fondatore della linguistica strutturale, usa il termine “sémiologie” in riferimento allo studio dei segni; con il successo del suo “Corso di linguistica generale” pubblicato postumo nel 1916 ha inizio lo strutturalismo, da cui derivano la semiotica generativa e varie tendenze post-strutturaliste Il Significante è arbitrario e il segno quindi è arbitrario. Che il significante sia arbitrario riesce abbastanza intuitivo: se esistesse una ragione intrinseca per cui un dato concetto debba essere espresso con una particolare immagine fonica, non capiremmo, ad es., perché il concetto per 'albero' debba essere espresso in modo diverso in italiano, albero, in francese, arbre, in cinese, shù, in giapponese, ki, e così via: in tutte le lingue dovremmo ritrovare grosso modo la stessa espressione, il che chiaramente non è. Non è possibile scindere la manifestazione di un significato (il significante) dal significato stesso. In parole povere, l'insieme di suoni (o di segni grafici) che utilizziamo per portare il messaggio (significato) è legato indissolubilmente al messaggio stesso come due facce di un foglio E così possiamo decidere tutti insieme che l'albero (quell'oggetto con rami, radici e foglie) non si chiama più albero, ma 'pappapero', ma nel momento in cui lo facciamo modifichiamo un sistema che si è stratificato per anni (linguistica diacronica) e che prescinde la scelta fatta da gruppi anche estesi di parlanti. Avremo un bel dire: “oggi il pappapero aveva le foglie gialle”, “oggi i pappaperi del viale sono in fiore”. Non potremo fare scordare o eliminare tutte le ricorrenze storiche della parola albero. E poi se dovessimo parlare dei vari usi del termine dovremmo pian piano modificare molte altre cose: “dovremo dire il pappapero genealogico” “o il pappapero di trasmissione” insomma inizierebbe un processo lentissimo che coinvolgerebbe tutto il sistema. Magari qualcuno preferirà utilizzare ancora 'albero della nave' piuttosto che 'pappapero' e quindi il termine antico resterebbe e quello nuovo perderebbe parte del suo significato (semantica) La significazione • Ogni unità linguistica è caratterizzata non dalla materia di cui è fatta (la sostanza di un concetto o un suono), ma dal valore che essa acquista in relazione agli altri elementi linguistici: Significante significante significante ________ _________ __________ Significato significato significato Identità e valore • Per completare il quadro, è necessario riflettere ancora sui concetti interrelati di identità e di valore • Che cosa è una identità sincronica? (cfr. Saussure in Traini 2006: 41) • L’identità di un elemento del sistema è sempre data dalle relazioni che esso intrattiene con altri elementi, dalle posizioni che ciascun elemento ricopre e dalle differenze che lo caratterizzano • L’identità è data cioè dal valore (cfr. ancora l’esempio degli scacchi: un cavallo può essere identico a un altro perché ha un certo valore) Il valore • La lingua è un sistema di valori, cioè un sistema di elementi che intrattengono relazioni • Quando si pensa al valore di una parola si intende generalmente la proprietà che essa ha di rappresentare un’idea. Questo è uno degli aspetti del valore linguistico • Ma in che cosa il valore differisce significazione, di cui è un elemento? dalla • Valore negativo: valore del sign.te e del sign.to presi separatamente 1) moneta più grande e moneta più piccola • Valore positivo: valore del segno nella sua completezza a) valore della moneta rispetto al sistema finanziario italiano (questa moneta vale tanto e ci compro questo) e internazionale. • Il concetto di valore mostra come sia illusorio considerare un termine solo come l’unione di un suono con un concetto: non si può isolare un termine dal sistema di cui fa parte e dagli altri elementi con cui intrattiene relazioni • La lingua è un sistema di cui tutti i termini sono solidali e in cui il valore dell’uno non risulta che dalla presenza simultanea degli altri • Il valore di un qualunque termine è determinato da ciò che lo circonda: il contenuto di un significante è dato dal suo significato e dai rapporti oppositivi e differenziali che l’intero segno intrattiene con una serie di altri segni. Il valore • Una parola può essere scambiata con qualcosa di diverso: un’idea, inoltre, può venire confrontata con qualche cosa di uguale natura, e cioè con un’altra parola • Il suo contenuto non è veramente determinato che dal concorso di ciò che esiste al di fuori. Il valore • Ogni singola parola non può acquisire il suo valore nella lingua in modo indipendente dalle altre parole di quella lingua • Facendo parte di un sistema, una parola è rivestita non soltanto di una significazione, ma anche e soprattutto di un valore L’idea di differenza • La lingua non comporta né delle idee, né dei suoni che preesistono al sistema linguistico, ma soltanto delle differenze concettuali e foniche uscite da questo sistema • Sono le differenze foniche che determinano la significazione, e solo le differenze concettuali ispirano quelle foniche L’idea di differenza • “Ciò che importa nella parola non è il suono stesso, ma le differenze foniche che permettono di distinguere questa parola da tutte le altre, perché sono tali differenze che portano la significazione. Può darsi che la cosa stupisca; ma dove sarebbe in verità la possibilità del contrario? Poiché non vi è immagine vocale che risponda più di un’altra a ciò che è incaricata di dire, è evidente, anche a priori, che mai un frammento della lingua potrà essere fondato, in ultima analisi, su alcunché di diverso dalla sua non coincidenza col resto (continua…) • “Arbitrario e differenziale sono due qualità correlative (…) Ogni idioma compone le sue parole sulla base di un sistema di elementi sonori ciascuno dei quali forma una unità nettamente delimitata (…) Ora ciò che li caratterizza non è, come si potrebbe credere, la loro qualità propria e positiva, ma semplicemente il fatto che essi non si confondono tra loro. I fonemi sono anzitutto delle entità oppositive, relative e negative” (Saussure, cit., tr. it. p. 144) • “dire che tutto è negativo nella lingua, è vero soltanto del significato e del significante presi separatamente: dal momento in cui si considera il segno nella sua totalità, ci si trova in presenza di una cosa positiva del suo ordine. Un sistema linguistico è una serie di differenze di suoni combinate con una serie di differenze di idee, ma questo mettere di faccia un certo numero di segni acustici con altrettante sezioni fatte nella massa del pensiero genera un sistema di valori” (Saussure, cit., tr. it. p. 145-146) Sintagmi e associazioni • In uno stato della lingua tutto poggia su rapporti e differenze, che esistono in sfere distinte e che corrispondono a due forme della nostra attività mentale: Concateniamo delle unità, le mettiamo in ordine di successione lineare (ordine sintagmatico): il rapporto è basato sul carattere lineare della lingua Le combinazioni che così si ottengono sono definite dei sintagmi Il rapporto è dunque sintagmatico e in praesentia (es. parole, membri di frase, frasi intere, locuzioni fatte come “spezzare una lancia”) Ma le unità le associamo anche in absentia, tenendo presente una serie mnemonica virtuale (ordine associativo/del paradigma): gli elementi che hanno qualcosa in comune si associano cioè nella memoria Es. il termine insegnare può collegarsi a parole quali insegnamento, insegnante, didattica, istruzione.