ARCHIMEDE
e
le sue invenzioni
Le Invenzioni
- Specchio Ustorio
- Catapulta
- La leva
- La vite senza fine
- L'inganno della corona
Specchio ustorio
●
Uno specchio ustorio può essere realizzato
con uno specchio parabolico, uno specchio,
cioè, la cui superficie abbia la forma di un
paraboloide di rotazione. Nell'introduzione
Diocle riferisce che studi precedenti
sull'argomento erano stati compiuti da
Dositeo. Diocle non accenna ad Archimede,
ma secondo la testimonianza fornita da
Apuleio nell'Apologia Archimede aveva
affrontato l'argomento nel suo trattato
perduto di Catottrica. Naturalmente la
funzione degli specchi ustori può essere
svolta con buona approssimazione anche
usando un gran numero di specchi piani che
riflettano la luce in un unico punto. Si è
ipotizzato che questa seconda soluzione
(ottenuta magari con specchi indipendenti,
ciascuno manovrato da una persona) sia
stata quella utilizzata in pratica. Vennero
usati durante la seconda guerra punica dai
Siracusani durante l'assedio portato dai
Romani a danno della città di Siracusa nel
212 a.C. .
La catapulta
La parola catapulta è un termine generico per indicare una
macchina da assedio che sfrutta un braccio per scagliare con
tiro curvo grosse pietre di cento, duecento e più libbre, proiettili
di metallo o dardi e frecce. L'immagine tipica di catapulta è
quella costituita da due montanti verticali, disposta
orizzontalmente una matassa attorcigliata, in mezzo alla quale
era piazzata l'estremità di un braccio di legno. L'altro capo del
braccio era terminato da una specie di cucchiara in cui si
mettevano dei blocchi di legno o di metallo, che formavano una
vera e propria mitraglia oppure dei liquidi infiammabili chiusi in
un recipiente. Per far agire la macchina, si abbassava il braccio
orizzontalmente, piazzando il proiettile nella cucchiara e poi lo si
liberava per mezzo dello scatto. Il braccio ritornava con forza e
scagliava il proiettile, che continuando il movimento ricevuto
dall'impulso, abbandonava il braccio e descriveva una parabola.
Il nome deriva dal greco "kata pelta", ovvero "attraverso lo
scudo": il pelta è il piccolo scudo di legno e cuoio dei peltasti,
schermagliatori greci. Originariamente infatti la catapulta
scagliava dardi capaci di trapassare le corazze meno robuste.
Con il tempo il termine è passato ad indicare una qualsiasi
macchina che scaglia un oggetto solitamente pietra, ma con
catapulta generalmente ci si riferisce alla macchina da assedio
medioevale, il cui nome specifico è onagro.
Le catapulte venivano solitamente assemblate sul luogo
dell'assedio, e gli eserciti portavano con loro pochi o nessun
pezzo di tale macchina, in quanto il legno era solitamente
disponibile sul posto.
La leva
Una leva è una macchina semplice
che trasforma il movimento ed è
un'applicazione del principio di
equilibrio dei momenti.
Una leva è un'asta rigida capace di
ruotare attorno ad un punto
chiamato fulcro.
I bracci di una leva sono anche
indicati con i termini di bracciopotenza (P) e braccio-resistenza
(R); il primo è il braccio al quale
bisogna applicare una forza per
equilibrare la forza resistente
applicata all'altro braccio.
La vite senza fine
Uno dei più grandi problemi dell’antichità fu quello
di riuscire a far salire l’acqua dai pozzi.
Ad Archimede venne attribuita l’invenzione di un
ingegnosa macchina che permetteva di sollevare
l’acqua con facilità : LA VITE DI ARCHIMEDE.
Questo strumento è costituito da un cilindro
all’interno del quale era situata una grossa spirale
di legno; esso veniva collocato inclinato nell’acqua.
Era aperto solo alle estremità, in modo che l’acqua
passando attraverso le volute della spirale,
potesse salire fuoriuscendo dalla sommità del
cilindro.
Azionando una manovella, la spirale spingeva
l’acqua verso l'alto.
L’inclinazione della spirale era regolabile tramite
un argano ma non poteva raggiungere la posizione
verticale perché in tal caso l'acqua sarebbe
ricaduta verso il basso.
L'inganno della corona
Archimede ha fatto una quantità di scoperte straordinarie
ed eccezionalmente geniali. Fra esse voglio parlare
soprattutto di una che porta i segni di una grande
intelligenza. Quando Gerone regnava in Siracusa, per le sue
fortunate imprese volle offrire ad un certo santuario
una corona d'oro che aveva ammirato.
Decise il prezzo dell'opera con un artista
e gli consegnò la quantità di oro necessaria.
A suo tempo la corona finita fu consegnata,
con piena soddisfazione del re, ed anche il peso della
corona risultò coincidere con quello dell'oro.
Più tardi, però, Gerone ebbe motivo di sospettare
che l'artista avesse sottratto una parte dell'oro e
l'avesse sostituita con un ugual peso di argento.
Indignato per l'inganno, ma non riuscendo a trovare il
modo di dimostrarlo, pregò Archimede di studiare la
questione. Un giorno che, tutto preso da questo pensiero,
Archimede era entrato in un bagno, si accorse che mano a
mano che il suo corpo si immergeva, l'acqua traboccava.
Questa osservazione gli diede la soluzione del problema.
Si slanciò fuori dal bagno e tutto emozionato si
precipitò nudo verso casa, gridando con tutte
le forze che aveva trovato quel che cercava: "Eureka! Eureka!".
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