LA LEVA
Nei due libri del trattato sull'Equilibrio dei piani, opera che ha esercitato una
grande influenza sulla nascita della scienza moderna, Archimede dimostra la
fondamentale legge della leva, che è al centro di tutta la statica: in una leva si
ha equilibrio quando i pesi sono inversamente proporzionali alle distanze dal
fulcro. Posizionandosi opportunamente sul braccio più lungo del modello è
possibile equilibrare una persona più pesante posta dalla parte corta.
FONTANA DI ERONE
Il modello mostra il funzionamento di uno degli apparati più spettacolari della pneumatica
antica. Descritto da Erone nella Pneumatica, il dispositivo è costituito da un altare sul
quale è posto un ramo con finti uccellini. L'acqua versata nella coppa superiore s'incanala
attraverso il cannello T verso il recipiente di base R dove, una volta uscita, costringe l'aria
a salire nel tubo U. A questo punto la stessa aria 'rimbalza' sulla superficie dell'acqua
contenuta nel recipiente V, per entrare poi nel condotto Z che attraversa il finto ramo,
entra nel corpo dell'uccellino e termina in un fischietto, ovvero la strozzatura che genera il
sibilo a imitazione del cinguettio. Queste meraviglie meccaniche erano già in voga
nell'Alessandria del III secolo a.C., epoca in cui anche Archimede soggiornò nella città
egizia.
VITE DI ARCHIMEDE
Lo storico Diodoro Siculo attribuisce l'ideazione di questo dispositivo ad
Archimede "all'epoca in cui aveva visitato l'Egitto". La vite idraulica era
utilizzata per irrigare i terreni, per svuotare le gallerie e le sentine delle
imbarcazioni. Si tratta di un apparato a elica inserito in un cilindro ligneo
opportunamente cosparso di pece per impermeabilizzarlo. Vitruvio
descrive uno o più addetti che, in un'epoca in cui la manovella non era
ancora nota, dovevano darsi il cambio nella faticosa operazione di far
ruotare il cilindro con i piedi.
LA CATAPULTA
Nell'antichità sono definite catapulte e baliste i dispositivi meccanici capaci di
lanciare proiettili (dardi o pietre). Scaturite dalle riflessioni originate dall'idea di
meccanizzare l'arco per aumentarne la potenza, le macchine da lancio fecero la
loro comparsa sul principio del IV secolo a.C. a Siracusa. Questo apparato
sfruttava l'energia accumulata grazie alla torsione di fasci di fibre elastiche (di
notevole pregio erano tendini, crini equini e capelli femminili). Più efficaci delle
macchine da lancio a tensione, questi dispostivi consentivano di scagliare
proiettili a grande velocità e distanza.
L'INGANNO DELLA CORONA
Nel De Architectura Vitruvio inserisce Archimede tra gli autori a lui noti per aver scritto trattati
di meccanica. Inoltre, fornisce un lungo e dettagliato resoconto del metodo escogitato da
Archimede per smascherare il noto imbroglio della corona perpetrato da un artigiano nei
confronti di Ierone II, re di Siracusa: la quantità d'oro fornita dal sovrano per fabbricare una
corona era stata infatti sostituita con metallo di minor valore. Entrato nella vasca da bagno
ancora assorto nel difficile problema, Archimede nota che il suo corpo, immergendosi
nell'acqua, causa l’uscita di una parte di liquido. "Eureka!" (Ho trovato!), ecco la soluzione:
Archimede prende una quantità d'oro e una d'argento che abbiano lo stesso peso della corona.
Le immerge successivamente in un contenitore colmo d'acqua fino al bordo e misura di volta in
volta la quantità di liquido necessaria a riempire di nuovo il recipiente. Valutando il diverso
volume d'acqua spostato dai tre corpi immersi nel contenitore, Archimede capisce che
l'artigiano, disonesto, non ha utilizzato tutto l'oro ricevuto, ma si è servito di una lega. Il
procedimento che Vitruvio attribuisce ad Archimede sarà al centro di vivaci dibattiti da parte
degli studiosi di ogni epoca.
SPECCHI USTORI
Si tratta del più celebre e controverso dispositivo che la tradizione attribuisce ad
Archimede. Alcuni autori antichi (Silio Italico, Luciano e Galeno) affermano che le navi
romane vennero bruciate da Archimede, senza però fornire indicazioni a tal proposito,
mentre secondo Apuleio il Siracusano avrebbe scritto un testo sulle proprietà degli
specchi. È nel Medioevo bizantino che la versione dell'impiego degli specchi ustori prende
piede: Antemio di Tralle asserisce l'esistenza di una tradizione alla quale Archimede si
sarebbe rifatto, mentre gli storici Tzetzes e Zonara registrano l'impiego di specchi ustori
da parte di Archimede per incendiare le navi nemiche. Le proprietà ustorie del vetro erano
comunque note agli antichi: a questo tema aveva dedicato un trattato Diocle sul finire del
III secolo a.C.
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