PROFILI DI RESPONSABILITA’
CIVILE DEL DANNO AMBIENTALE
Avv . Marco Rodolfi
STUDIO LEGALE
MARTINI RODOLFI VIVORI
PROFILI DI RESPONSABILITA’ CIVILE DEL
DANNO AMBIENTALE
• FONTI
• Art. 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (oggi abrogato): “qualunque fatto
doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti
adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando
danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte,
obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato”.
• Art. 298 bis e seguenti D.Lgs. n. 152 del 3.4.2006 (Dir. 2004/35/CE) Codice
dell’Ambiente Parte Sesta Norme in materia di tutela risarcitoria contro i
danni all’ambiente
• Legge Comunitaria 2013 (art. 25) n. 97 del 6.8.2013
• Codice Civile: artt. 2043 e seguenti (2058 e 2059)
• Costituzione: art. 2, 3, 9, 13, 32, 42
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Codice dell’ambiente (artt. 298 bis – 318). Titolo Primo (Ambito di applicazione) artt. 298 bis/303
Art. 298 bis (Principi generali) inserito dall'art. 25, comma 1, lett. a), L. 6 agosto 2013, n. 97, come modificato dal D.Lgs. 14.03.2014
n. 49 che ha convertito il D.L. 24.06.2014 n. 91.
1. La disciplina della parte sesta del presente decreto legislativo si applica:
a) al danno ambientale causato da una delle attività professionali elencate nell'allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi
minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attività;
b) al danno ambientale causato da un'attività diversa da quelle elencate nell'allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia
imminente di tale danno derivante dalle suddette attività, in caso di comportamento doloso o colposo.
2. La riparazione del danno ambientale deve avvenire nel rispetto dei principi e dei criteri stabiliti nel titolo II e nell'allegato 3 alla
parte sesta, ove occorra anche mediante l'esperimento dei procedimenti finalizzati a conseguire dal soggetto che ha causato il
danno, o la minaccia imminente di danno, le risorse necessarie a coprire i costi relativi alle misure di riparazione da adottare e non
attuate dal medesimo soggetto.
3. Restano disciplinati dal titolo V della parte quarta del presente decreto legislativo gli interventi di ripristino del suolo e del
sottosuolo progettati ed attuati in conformità ai principi ed ai criteri stabiliti al punto 2 dell'allegato 3 alla parte sesta nonché gli
interventi di riparazione delle acque sotterranee progettati ed attuati in conformità al punto 1 del medesimo allegato 3, o, per le
contaminazioni antecedenti alla data del 29 aprile 2006, gli interventi di riparazione delle acque sotterranee che conseguono gli
obiettivi di qualità nei tempi stabiliti dalla parte terza del presente decreto.
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AMBIENTALE
Art. 299 (Competenze Ministeriali) modificato dall'art. 25, comma 1, lett. b), L. 6 agosto 2013, n. 97.
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di
tutela, prevenzione e riparazione dei danni all'ambiente.
2. L'azione ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le regioni, con gli enti locali e con qualsiasi soggetto di diritto
pubblico ritenuto idoneo.
….
5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, stabilisce i criteri
per le attività istruttorie volte all'accertamento del danno ambientale ai sensi del titolo III della parte sesta del presente decreto. I
relativi oneri sono posti a carico del responsabile del danno.
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DANNO AMBIENTALE
Art. 300 (Danno ambientale)
1. E' danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una
risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima.
2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle
condizioni originarie, provocato:
a) alle specie e agli habitat naturali (flora e fauna selvatiche, ecc.) …
b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in mode significativamente negativo sullo
stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate …
c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni
suddette, anche se svolte in acque internazionali;
d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti
nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel
sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente.
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DANNO AMBIENTALE
Art. 301 (Attuazione del principio di precauzione)
Art. 302 (Definizioni)
Art. 303 (Esclusioni)
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Titolo Secondo: Prevenzione e Ripristino ambientale (artt. 304-310)
Art. 304 (azione di prevenzione)
1. Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia
imminente che si verifichi, l'operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a
proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.
[…]
3. II Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, in qualsiasi momento, ha facoltà di:
a) chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia
imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia
imminente;
b) ordinare all'operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione
considerate necessarie, precisando le metodologie da seguire;
c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.
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AMBIENTALE
Art. 305 (Ripristino ambientale)
1. Quando si è verificato un danno ambientale, l'operatore deve comunicare senza indugio tutti gli aspetti pertinenti della situazione alle
autorità di cui all'articolo 304, con gli effetti ivi previsti, e, se del caso, alle altre autorità dello Stato competenti, comunque interessate.
L'operatore ha inoltre l'obbligo di adottare immediatamente:
a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di
danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai
servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie
da adottare;
b) le necessarie misure di ripristino di cui all'articolo 306.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di:
….
c) ordinare all'operatore di prendere le misure di ripristino necessarie;
d) adottare egli stesso le suddette misure.
3. Se l'operatore non adempie agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 2, lettere b) o c), o se esso non può essere individuato o se non
è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
ha facoltà di adottare egli stesso tali misure, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o
comunque concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.
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DANNO AMBIENTALE
Art. 306 (Determinazione delle misure per il ripristino ambientale)
1. Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino ambientale che
risultino conformi all'allegato 3 alla parte sesta del presente decreto e le
presentano per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare senza indugio e comunque non oltre trenta giorni dall'evento dannoso,
a meno che questi non abbia già adottato misure urgenti, a norma articolo 305,
commi 2 e 3.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare decide quali
misure di ripristino attuare, in modo da garantire, ove possibile, il
conseguimento del completo ripristino ambientale, e valuta l'opportunità di
addivenire ad un accordo con l'operatore interessato nel rispetto della
procedura di cui all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
…..
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DANNO AMBIENTALE
• Art. 307 (notificazione delle misure preventive e di ripristino)
1. Le decisioni che impongono misure di precauzione, di prevenzione o di
ripristino, adottate ai sensi della parte sesta del presente decreto, sono
adeguatamente motivate e comunicate senza indugio all'operatore
interessato con indicazione dei mezzi di ricorso di cui dispone e dei termini
relativi.
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DANNO AMBIENTALE
Art. 308 (costi della attività di prevenzione e ripristino)
1. L'operatore sostiene i costi delle iniziative statali di prevenzione e di ripristino ambientale adottate secondo le
disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.
[…]
4. Non sono a carico dell'operatore i costi delle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate
conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto se egli può provare che il danno
ambientale o la minaccia imminente di tale danno:
a) è stato causato da un terzo e si è verificato nonostante l'esistenza di misure di sicurezza astrattamente idonee;
b) è conseguenza dell'osservanza di un ordine o istruzione obbligatori impartiti da una autorità pubblica.
c) qualora dimostri che non gli è attribuibile un comportamento doloso o colposo e che l'intervento preventivo a
tutela dell'ambiente è stato causato da:
a) un'emissione o un evento espressamente consentiti da un'autorizzazione conferita ai sensi delle vigenti
disposizioni legislative e regolamentari
b) un'emissione o un'attività o qualsiasi altro modo di utilizzazione di un prodotto nel corso di un'attività che
l'operatore dimostri non essere stati considerati probabile causa di danno ambientale secondo lo stato delle
conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell'emissione o dell'esecuzione dell'attività.
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DANNO AMBIENTALE
• Art. 309 (Richiesta di intervento statale)
1. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le
persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno
ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento
relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino
previste dalla parte sesta del presente decreto (e quindi anche le organizzazioni non
governative che promuovono la protezione dell'ambiente, di cui all'articolo 13 della
legge 8 luglio 1986, n. 349) possono presentare al Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture - Uffici territoriali
del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni,
concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno
ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte
sesta del presente decreto. (1309)
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DANNO AMBIENTALE
• Art. 310 (Ricorsi)
1. I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire, secondo i principi generali, per
l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del
presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo
Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, il ricorso al giudice amministrativo (TAR) può essere preceduto da una
opposizione depositata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o inviata presso la
sua sede a mezzo di posta raccomandata con avviso di ricevimento entro trenta giorni dalla notificazione,
comunicazione o piena conoscenza dell'atto. In caso di inerzia del Ministro, analoga opposizione può essere
proposta entro il suddetto termine decorrente dalla scadenza del trentesimo giorno successivo all'effettuato
deposito dell'opposizione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
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Titolo terzo: RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE (artt. 311-318)
• Art. 311 (Azione risarcitoria in forma specifica)
1. II Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio agisce, anche esercitando l'azione civile in sede penale,
per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale,
oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.
2. Quando si verifichi un danno ambientale … solo quando l’adozione delle misure di riparazione (previste dal
Codice) risulti in tutto o in parte omessa, o comunque realizzata in modo incompleto o difforme dai termini e
modalità prescritti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle
attività necessarie a conseguirne la completa e corretta attuazione e agisce nei confronti del soggetto
obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti.
3. Il Ministro dell’ambiente … provvede in applicazione dei criteri enunciati negli allegati 3 e 4 della presente
parte sesta alla determinazione delle misure di riparazione da adottare … Con decreto del Ministro
dell’ambiente … da adottare entro 60 giorni …. sono definiti … i criteri ed i metodi, anche di valutazione
monetaria, per determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa. Tali criteri
e metodi trovano applicazione anche ai giudizi pendenti non ancora definiti con sentenza passata in giudicato
alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo precedente. Nei casi di concorso nello stesso evento
di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità personale. Il relativo debito si trasmette,
secondo le leggi vigenti, agli eredi, nei limiti del loro effettivo arricchimento.
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Art. 312 (Istruttoria per l’emanazione dell’ordinanza ministeriale)
1. L'istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale di cui all'articolo 313 si svolge ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:
- per l'accertamento dei fatti, per l'individuazione dei trasgressori, per l'attuazione delle misure a tutela dell'ambiente e per il
risarcimento dei danni, può delegare il Prefetto competente per territorio ed avvalersi, anche mediante apposite convenzioni, della
collaborazione delle Avvocature distrettuali dello Stato, del Corpo forestale dello Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato,
della Guardia di finanza e di qualsiasi altro soggetto pubblico dotato di competenza adeguata.
- per l'accertamento delle cause del danno e per la sua quantificazione, da effettuare in applicazione delle disposizioni contenute negli
Allegati 3 e 4 alla parte sesta del presente decreto, può disporre, nel rispetto del principio del contraddittorio con l'operatore
interessato, apposita consulenza tecnica svolta dagli uffici ministeriali, da quelli di cui al comma 2 oppure, tenuto conto delle risorse
finanziarie previste a legislazione vigente, da liberi professionisti;
- al fine di procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche anche in apparecchiature informatiche e ad ogni altra
rilevazione ritenuta utile per l'accertamento del fatto dannoso e per l'individuazione dei trasgressori, può disporre l'accesso di propri
incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso … Per l'accesso a locali che siano adibiti ad abitazione o all'esercizio di attività
professionali è necessario che l'Amministrazione si munisca dell'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente ….
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DANNO AMBIENTALE
Art. 313 (ordinanza)
1. Qualora all'esito dell'istruttoria di cui all'articolo 312 sia stato accertato un fatto che
abbia causato danno ambientale ed il responsabile non abbia attivato le procedure di
ripristino ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto oppure ai sensi degli
articoli 304 e seguenti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, con ordinanza
immediatamente esecutiva, ingiunge a coloro che, in base al suddetto accertamento,
siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a titolo di risarcimento in
forma specifica entro un termine fissato.
2. Qualora il responsabile del fatto che ha provocato danno ambientale non provveda in
tutto o in parte al ripristino nel termine ingiunto all’adozione delle misure di riparazione nei
termini e modalità prescritti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare determina i costi delle attività necessarie a conseguire la completa attuazione delle
misure anzidette secondo i criteri definiti con il decreto di cui al comma 3 dell’articolo 311
e, al fine di procedere alla realizzazione delle stesse, con ordinanza ingiunge il
pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, delle somme
corrispondenti.
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DANNO AMBIENTALE
segue
3. Con riguardo al risarcimento del danno in forma specifica, l'ordinanza è emessa nei
confronti del responsabile del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo
interesse il comportamento fonte del danno è stato tenuto o che ne abbia obiettivamente
tratto vantaggio sottraendosi, secondo l'accertamento istruttorio intervenuto, all'onere
economico necessario per apprestare, in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele e
tenere i comportamenti previsti come obbligatori dalle norme applicabili.
5. Nei termini previsti dai commi 1 e 3 dell'articolo 2947 del codice civile, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio può adottare ulteriori provvedimenti nei confronti di
trasgressori successivamente individuati.
….
7….. Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno
ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti
del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi.
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DANNO AMBIENTALE
Art. 314 (Contenuto dell’ordinanza)
• 1. L'ordinanza contiene l'indicazione specifica del fatto, commissivo o omissivo, contestato, nonché
degli elementi di fatto ritenuti rilevanti per l'individuazione e la quantificazione del danno e delle
fonti di prova per l'identificazione dei trasgressori.
• 2. L'ordinanza fissa un termine, anche concordato con il trasgressore in applicazione dell'articolo 11
della legge 7 agosto 1990, n. 241, per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese, comunque non
inferiore a due mesi e non superiore a due anni, salvo ulteriore proroga da definire in considerazione
dell'entità dei lavori necessari.
• 3. La quantificazione del danno deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione
ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino
….
• 5. Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali, al fine del risarcimento del danno
ambientale, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le sanzioni
amministrative, entro dieci giorni dall'avvenuta irrogazione.
• 6. Le ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e 313 indicano i mezzi di ricorso ed i
relativi termini.
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DANNO AMBIENTALE
Art. 315 (Effetti dell’ordinanza sull’azione giudiziaria)
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che
abbia adottato l'ordinanza di cui all'articolo 313 non può né proporre né
procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno
ambientale, salva la possibilità dell'intervento in qualità di persona offesa
dal reato nel giudizio penale.
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DANNO AMBIENTALE
Art. 316 (Ricorso avverso l’ordinanza)
Art. 317 (Riscossione dei crediti e fondo di rotazione)
Art. 318 (Disposizioni Transitorie e finali)
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DANNO AMBIENTALE
GIURISPRUDENZA SU DANNO
AMBIENTALE
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DANNO AMBIENTALE
CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. III^
N. 9012-9013 del 06 Maggio 2015
La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in una vicenda che
aveva ad oggetto la richiesta di risarcimento di tutti i danni – patrimoniali,
non patrimoniali e ambientali – lamentati dal Comune di Carignano e
dall’Ente di Gestione del sistema delle Aree protette della Fascia Pluviale del
Po- Tratto Torinese, in due giudizi separati, contro la società Nuove Cave
Torino S.r.l., il suo Amministratore delegato ed il direttore dei lavori, in
seguito ad una attività estrattiva svolta per diversi anni, in violazione delle
autorizzazioni concesse e non avendo dato corso alle opere di ripristino
ingiunte dalla Procura della Repubblica.
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CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. III^
N. 9012-9013 del 06 Maggio 2015
In primo grado il Tribunale di Torino liquida:
- Euro 1.535.539.57 in favore dell’Ente di Gestione del sistema delle Aree protette della Fascia
Pluviale del Po- Tratto Torinese per i lavori di riqualificazione ambientale (accertati con CTU)
- Euro 5.288.339,36 in favore del Comune di Carignano per il costo dei materiali asportati necessari
per il ripristino dell’area.
• Sentenze confermate in Corte d’Appello
• Ricorso in cassazione promosso dai convenuti (Nuove Cave Torino S.r.l., il suo Amministratore
delegato ed il direttore dei lavori)
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CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. III^
N. 9012-9013 del 06 Maggio 2015
Cassazione «spiega» la stato del danno ambientale in Italia.
«La disciplina nazionale è stata di recente ulteriormente modificata e
definitivamente armonizzata con quella eurounitaria - o comunitaria od
europea - con il recepimento organico dei relativi principi. In particolare, la
materia, originariamente disciplinata dalla L. 8 luglio 1986, n. 349, è stata
profondamente innovata dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152; ed ha subito
evoluzioni normative sensibili, anche a causa di un duplice avvio a carico
della Repubblica italiana, da parte della Commissione dell'Unione Europea,
di procedure di infrazione alla direttiva 2004/35/CE. 2»
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CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. III^
N. 9012-9013 del 06 Maggio 2015
In estrema sintesi ed in termini assolutamente sommari, basti in questa sede acquisire
quale dato fermo:
• - che il principio generale, di derivazione eurounitaria, è l'esigenza di porre rimedio alle
alterazioni ed ai danni della risorsa "ambiente" esclusivamente mediante il recupero
della stessa, in relazione alla sua peculiarità, quale contesto generale di quotidiana
estrinsecazione esistenziale di una massa tendenzialmente indeterminata di individui: ciò
che orienta quel recupero in direzione non soltanto - e perfino neppure necessariamente
- del ripristino della situazione antecedente, ma anche della riconsiderazione
complessiva dei numerosi e differenziati interessi - generali e particolari, mai soltanto
economici o patrimoniali in senso stretto - coinvolti, facenti capo ad una collettività
potenzialmente indeterminabile ex ante e coinvolgenti valutazioni complesse
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CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. III^
N. 9012-9013 del 06 Maggio 2015
• - che tale principio generale comporta la riserva allo Stato, quale Ente
esponenziale al massimo livello sul territorio, dell'esclusiva potestà di agire, sia
in via preventiva che repressiva (o, meglio, recuperatoria), in considerazione
appunto della potenziale incommensurabilità del danno e delle difficoltà di
determinazione ed esecuzione delle opere per il recupero della risorsa violata;
• sicchè il bene ambiente, secondo il concetto peculiare elaborato in materia, può
essere tutelato solo dallo Stato, benchè debba restare impregiudicata la
legittimazione di titolari di diritti diversi da quello all'integrità ambientale, i
quali risultino separatamente danneggiati dall'unica condotta plurioffensiva che
ha inciso su quella risorsa, ad agire per il risarcimento di quegli ulteriori danni;
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• - che, per avvicinare, in via di grande approssimazione, tale soluzione
ai principi generali del nostro ordinamento, può sintetizzarsi che è
imposta comunque la riparazione in forma specifica e, per di più,
attraverso lo strumento di quello che può definirsi un'esecuzione in
danno dell'obbligato, da parte del soggetto pubblico e successiva
rivalsa nei confronti del danneggiante.
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• In questo contesto eurounitario, peraltro, in Italia:
• - il suddetto D.Lgs. n. 152 del 2006 ha regolato l'intera materia ambientale (abrogando numerose leggi
precedenti) e statuendo - soltanto - la priorità delle misure di "riparazione" rispetto al risarcimento per
equivalente pecuniario, quale conseguenza dell'assoluta peculiarità del danno al bene o risorsa "ambiente";
• - il successivo D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito con modif. dalla L. 20 novembre 2009, n. 166, ha
poi, con il suo L. n. 166 del 2009, art. 5 bis - per neutralizzare la prima contestazione della UE del 2008 precisato (con normativa applicabile anche ai giudizi in corso in luogo dell'art. 18 della previgente L. n. 349
del 1986, salva la sola formazione del giudicato) che il danno all'ambiente deve essere risarcito con le misure
di riparazione "primaria", "complementare" e "compensativa" previste dalla Direttiva 2004/35/CE
prevedendo un eventuale risarcimento per equivalente pecuniario esclusivamente se le misure di
riparazione del danno all'ambiente fossero state in tutto o in parte omesse, impossibili o eccessivamente
onerose o fossero state attuate in modo incompleto o difforme rispetto a quelle prescritte;
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N. 9012-9013 del 06 Maggio 2015
- e tuttavia l'art. 25 della c.d. Legge Europea 2013 (L. 6 agosto 2013, n. 97) - per
neutralizzare l'ulteriore contestazione della Commissione europea del 2012 (che
ha contestato alla Repubblica Italiana di aver « adottato e mantenuto in vigore
norme le quali consentono che le misure di riparazione possano essere sostituite
da risarcimenti pecuniari, in violazione degli artt. 1 e 7 dell’allegato II della direttiva
2004/35/CE […] Infatti, a norma dell’Allegato II della Direttiva, qualora la riparazione
primaria non sia possibile, occorre prevedere misure di riparazione complementare
e compensativa, e non già un risarcimento pecuniario») - ha ulteriormente
risistemato la materia, definitivamente eliminando ogni riferimento al risarcimento
"per equivalente patrimoniale" e stabilendo che il danno all'ambiente deve essere
risarcito solo con le "misure di riparazione" previste dall'all. 3 del D.Lgs. n. 152 del
2006 (che è identico all'Allegato 2 della Direttiva 2004/35/CE);
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CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. III^
N. 9012-9013 del 06 Maggio 2015
• - sicchè, ad oggi e con disposizione applicabile anche ai processi in corso, il danno
ambientale non può in nessun caso essere risarcito "per equivalente" pecuniario, ma solo
con le misure di riparazione e con i criteri enunciati negli all. 3 e 4 al D.Lgs. n. 152 del
2006, come modificato;
• - e, tuttavia, lo stesso D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 311 come da ultimo modificato,
prevede al comma 3 che, sia pure solo quando l'adozione delle misure di riparazione
anzidette risulti in tutto o in parte omessa, o comunque realizzata in modo incompleto o
difforme dai termini e modalità prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare determina i costi delle attività necessarie a conseguirne la completa
e corretta attuazione e agisce nei confronti del soggetto obbligato per ottenere il
pagamento delle somme corrispondenti.
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CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. III^
N. 9012-9013 del 06 Maggio 2015
• Questa Corte, ma - significativamente - in tempo anteriore all'ultima novella del 2013, ha
già avuto modo di statuire che la domanda di risarcimento del danno ambientale
ancora pendente alla data di entrata in vigore della L. 20 novembre 2009, n. 166 è
assoggettata, in ordine alla liquidazione del danno, ai criteri specifici risultanti dal
nuovo testo del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 311, commi 2 e 3, come modificato dal
D.L. 25 settembre 2009, n. 135, art. 5-bis, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni
nella citata L. n. 166 del 2009, individuandosi tali criteri direttamente nelle previsioni dei
punti 1, 2 e 3, dell'Allegato 2 alla Direttiva 2004/35/CE e, solo eventualmente, ove sia
stato nelle more emanato, in quelle contenute nel D.M. previsto nell'ultimo periodo
del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 311, comma 3 citato (Cass. 22 marzo 2011, n. 6551; sul
punto confermata da Cass. 27 agosto 2014, n. 18352; solo in parte - relativamente cioè ai
criteri di imputazione della responsabilità, ma non pure a quelli di liquidazione del danno
- difforme risultando Cass. 7 marzo 2013, n. 5705).
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CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. III^
N. 9012-9013 del 06 Maggio 2015
Deve ora prendersi atto dell'ulteriore innovazione legislativa,
applicabile, per espressa previsione normativa, anche ai giudizi in
corso; infatti, ai sensi dell'art. 311, comma 3, terzultimo periodo, come
modificato dall'ultimo intervento legislativo, i criteri e metodi appena
codificati - cioè pure di valutazione monetaria per determinare la
portata delle misure di riparazione complementare e compensativa trovano applicazione anche ai giudizi pendenti non ancora definiti con
sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore del decreto
di cui al periodo precedente.
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La nuova disciplina va poi combinata al principio generale dell'art. 5
cod. proc. civ. in materia di perpetuatio iurisditionis e quindi alla
persistenza della giurisdizione del giudice ordinario civile, sicchè sarà
quest'ultimo, investito della domanda di risarcimento per equivalente
del danno ambientale, ad applicare, per provvedere sulla stessa, quei
criteri e metodi e ad individuare le misure di riparazione primaria,
complementare e compensativa e, per il caso di omessa o imperfetta
loro esecuzione, a determinare il costo delle medesime da rendere
oggetto di condanna nei confronti dei soggetti obbligati.
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In applicazione di principi altrettanto generali di diritto processuale,
analogamente proseguono i giudizi iniziati in epoca anteriore alla prima di
dette novelle legislative - e quindi prima del D.Lgs. n. 152 del 2006 - da
soggetti diversi da quello in capo al quale è ora riconosciuta in via esclusiva
la legittimazione: e correttamente saranno esaminate e decise le loro
domande, ove gli originari attori vi insistano, ma all'indispensabile
condizione dell'armonizzazione di quelle e delle eventuali condanne coi
principi suddetti, in modo che quegli attori non conseguano risultati ormai
vietati dal mutato assetto ordinamentale.
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Passando al merito dei motivi di ricorso, vengono tutti giudicati
inammissibili o comunque respinti, ad eccezione di uno.
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Viene accolta la lagnanza secondo cui la Corte d’Appello non avrebbe fatto
applicazione anche ai giudizi in corso, nonostante l'espressa previsione della
necessità di quella (di cui al D.L. n. 135 del 2009, art. 5-bis conv. con mod. in L. n.
166 del 2009), delle sopravvenute norme del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 303 e 311
in materia di ambiente, che hanno radicalmente riscritto i criteri di determinazione
del risarcimento, soprattutto in forma specifica, sottolineando la centralità del
ripristino ambientale, di cui finanche escludono l'impossibilità o l'eccessiva
onerosità, confinando il risarcimento per equivalente in via equitativa al rango di
extrema ratio, oltretutto ancorato al valore monetario stimato delle risorse naturali
e dei servizi perduti ed ai parametri usati in casi simili o in materie analoghe per la
liquidazione del risarcimento per equivalente del danno ambientale in sentenze
passate in giudicato pronunciate in ambito nazionale e comunitario.
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• Secondo la Suprema Corte, in effetti: «la qui gravata sentenza erra senz'altro nel
non applicare la normativa sopravvenuta anche soltanto al momento in cui essa è
stata resa, cioè la novella del 2009, pure applicabile - benchè sopravvenuta - in
forza di specifica disposizione alla specie; e tanto basterebbe di per sè a condurre
alla cassazione, sul punto, della pronunzia stessa».
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• Ma non può essere dubbio che, nonostante le parti abbiano del tutto ignorato tali ulteriori sviluppi, incomba
a questa Corte l'applicazione della novella anche al di là di quanto sul punto abbiano dedotto le parti, che
non pare abbiano preso in considerazione le complesse vicende legislative anche successive al 2009: da un
lato, perchè la norma è chiara nell'imporre quell'applicazione dei nuovi criteri risarcitori anche ai giudizi in
corso, dall'altro, perchè solo in tal modo si eviterebbe la responsabilità dello Stato, membro dell'Unione ed
unitariamente considerato e quindi anche quale Stato in persona dei suoi giudici di ultima istanza (per
tutte, Corte Giust. CE 30 settembre 2003, in C- 224/01, Kobler, ovvero 13 giugno 2006, in C-173/03, Traghetti
del Mediterraneo; per la giurisprudenza di questa Corte v. pure, tra le ultime, Cass., ord. 29 gennaio 2015, n.
1575, ove altri riferimenti), per la violazione concreta della disciplina comunitaria - o, ora, eurounitaria recata da un acte claire, quale certamente deve qualificarsi la normativa in materia ambientale, alla stregua
della duplice procedura di infrazione avviata nei confronti della Repubblica italiana proprio per la mancata
applicazione di quei principi generalissimi, tra cui quelli in tema di esclusione del risarcimento per
equivalente.
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Di conseguenza: «la gravata sentenza deve essere cassata e rinviata alla stessa corte territoriale, affinchè essa
operi - ormai in base all'ulteriormente sopravvenuta normativa del 2013 (e salvi beninteso ulteriori sviluppi,
ove fossero anch'essi definiti applicabili ai giudizi pendenti) - quelle previe valutazioni in fatto
sull'individuazione delle misure di riparazione complementare e compensativa e sulla valutazione monetaria
delle medesime, curando che le valutazioni della consulenza tecnica di ufficio già a suo tempo espletata, in
conformità peraltro a disciplina superata dall'evoluzione normativa, contemplino espressamente gli effetti
dell'applicazione delle nuove disposizioni.»
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In applicazione del seguente principio di diritto: il giudice della domanda di risarcimento del danno
ambientale ancora pendente alla data di entrata in vigore della L. 6 agosto 2013, n. 97, essendo ormai esclusa
la liquidazione per equivalente di quello, può ancora conoscere della domanda in applicazione del nuovo
testo del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 311 come modificato prima dal D.L. n. 135 del 2009 cit., art. 5-bis,
comma 1, lett. b), e poi dalla L. n. 97 del 2013, art. 25 cit., individuando le misure di riparazione primaria,
complementare e compensativa e, per il caso di omessa o imperfetta loro esecuzione, determinandone il
costo, da rendere oggetto di condanna nei confronti dei soggetti obbligati.
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La Suprema Corte ha peraltro affermato principi di rilevante importanza
anche nelle parti in cui non vengono accolte le doglianze dei ricorrenti.
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In particolare, sulla questione della responsabilità solidale e/o personale dei soggetti
convenuti, la Suprema Corte così chiarisce.
«E' ben vero che "nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei
limiti della propria responsabilità personale" (principio posto dalla L. n. 349 del 1986, art.
18 e poi ribadito dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 311, comma 3, penultimo periodo,
anche nel testo modificato - da ultimo - dalla L. 6 agosto 2013, n. 97, art. 25).
Tuttavia, la conseguente esclusione dell'operatività dell'art. 2055 cod. civ. deve avvenire
con cautela, quello integrando un principio generale in tema di responsabilità
extracontrattuale e rispondendo ad esigenze di tutela immediata ed effettiva del
danneggiato»
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E' indubbio che tale esclusione di operatività mira ad evitare il rischio di una sorta
di responsabilità oggettiva o per fatto altrui ed in particolare quello di ascrivere ad
ogni compartecipe anche per un modesto segmento di una delle condotte sfociate
in un danno ambientale complessivo la responsabilità per l'ingentissimo danno che
ne è derivato, anche quanto alle specifiche conseguenze non prevedibili o perfino
non controllabili perchè da ascriversi alla condotta indipendente di altri: si pensi al
caso di danneggiamenti ambientali di contesti complessi, determinati da condotte
tra loro del tutto indipendenti (come, ad esempio, l'inquinamento di un corso
d'acqua da parte di diversi imprenditori trasgressori), nei quali è parso opportuno
che il risultato complessivo finale non fosse ripagato per intero secondo la casualità
del soggetto economicamente solvibile.
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Se questa è la ratio della norma di limitazione della responsabilità,
essa non può operare pure nei casi di condotta unitaria, risultante
dalla combinazione, quale indispensabili antefatti causali tra loro
avvinti da inscindibili e reciproci nessi di consequenzialità, delle azioni
colpose o dolose concorrenti di più persone: alle quali ultime sia quella
complessiva condotta che quell'unitario danno allora andranno
altrettanto unitariamente ascritti, in persistente applicazione - o, se sì
vuole, in non limitata applicazione o non estesa esclusione - della
regola generale.
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E la limitazione di responsabilità in esame va allora circoscritta ai casi in cui
le condotte causative dell'unitario evento di danno siano differenti e tra
loro indipendenti; al contrario, ove l'unitario evento di danno sia causato
non da una pluralità di condotte autonome od indipendenti, ma da una
altrettanto unitaria condotta colposa o dolosa, però indissolubilmente
ascrivibile a più soggetti tra loro indifferenziatamente e quindi a condotte
concorrenti in senso stretto, può riprendere applicazione - o non soffrire la
limitazione speciale suddetta -la regola generale dell'art. 2055 cod. civ., che
pone appunto in via generalissima i criteri di imputazione degli effetti di una
condotta complessiva ed inscindibile nelle componenti delle azioni od
omissioni di più soggetti.
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E tanto avviene nella specie, in cui l'attività estrattiva illegittima,
protratta nel tempo, è da ascriversi appunto alla società, quale centro
di imputazione della volontà di procedere a quelle attività, a chi - quale
legale rappresentante - in essa ne ha determinato e concretato le
scelte e a chi, ponendo in essere i lavori, ha materialmente reso
possibile gli episodi di depredazione della sponda del Po in cui
l'illiceità dell'attività estrattiva si è concretata.
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E' stata fatta, quindi, corretta applicazione del seguente principio di diritto: in
materia di responsabilità per danno ambientale, la regola (prevista dal D.Lgs. 3
aprile 2006, n. 152, art. 311, comma 3, penultimo periodo nel testo modificato - da
ultimo - dalla L. 6 agosto 2013, n. 97, art. 25) per la quale "nei casi di concorso
nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria
responsabilità personale", mirando ad evitare la responsabilità anche per fatti
altrui, opera nei casi di plurime condotte indipendenti e non anche in caso di
azioni od omissioni concorrenti in senso stretto alla concretizzazione di una
unitaria condotta di danneggiamento dell'ambiente, quando siano tutte tra loro
avvinte quali indispensabili antefatti causali di questa: con la conseguenza che, in
tale ultima ipotesi, non soffre imitazione la regola generale dell'art. 2055 cod. civ. in
tema di responsabilità di ciascun coautore della condotta per l'intero danno
causato.
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Sulla prescrizione è stato poi affermato il seguente principio di diritto:
«in materia di danno ambientale (trattandosi di illecito permanente attesa la
persistenza nel tempo della condotta di mantenimento del sito ambientale in
condizioni di depredazione o diminuzione), la condotta antigiuridica consiste
nel mantenimento dell'ambiente nelle condizioni di danneggiamento e
pertanto il termine prescrizionale dell'azione di risarcimento non inizia a
decorrere se non da quando tali condizioni sono state volontariamente
eliminate dal danneggiante o tale condotta è stata resa impossibile dalla
perdita incolpevole della disponibilità del bene da parte del danneggiante
medesimo».
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DANNO AMBIENTALE
LEGITTIMATI ATTIVI
Oggi, dopo le riforme Legislative, unico legittimato a proporre azione di
risarcimento del c.d. danno ambientale è il Ministero dell’Ambiente e della tutela
del territorio e del mare, che può agire, alternativamente, in via amministrativa
(vedi azione di prevenzione e ripristino ambientale ex artt. 304, 305 e 306 ed il
potere di adottare l’ordinanza ex artt. 312 e 313) oppure in via giudiziaria
(costituendosi anche parte civile nel processo penale).
L’alternatività della scelta è ribadita dall’art. 315, che stabilisce l’improseguibilità
dell’azione giudiziaria in caso di adozione dell’ordinanza ministeriale ex art. 313.
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DANNO AMBIENTALE
LEGITTIMATI ATTIVI
Legittimità costituzionale di tale scelta ?
Ordinanza del Tribunale di Lanusei del 13.02.2015, con la quale è stata rimessa la questione
della legittimità costituzionale dell’art. 311, primo comma, del Codice dell’Ambiente, nella
parte in cui attribuisce al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e
per esso allo Stato la legittimazione all’esercizio dell’azione per il risarcimento del danno
ambientale escludendo la legittimazione concorrente o sostitutiva della Regione e degli
enti locali sul cui territorio si è verificato il danno, in relazione agli artt. 2, 3, 9, 24 e 32 della
Costituzione ed al parametro della ragionevolezza.
Corte Costituzionale ??
PROFILI DI RESPONSABILITA’ CIVILE DEL
DANNO AMBIENTALE
LEGITTIMATI ATTIVI
Tutti gli altri soggetti, singoli o associati, (persone fisiche o giuridiche,
pubbliche o private), ivi compresi gli enti pubblici territoriali e le regioni,
potranno comunque agire, ex art. 2043 c.c. e seguenti, per ottenere il
risarcimento di qualsiasi danno patrimoniale e/o non patrimoniale,
ulteriore e concreto, che abbiano dato prova di aver subito dalla medesima
condotta lesiva o anche dall’inerzia dello Stato nell’opera di prevenzione
(vedi art. 310 primo comma)
PROFILI DI RESPONSABILITA’ CIVILE DEL
DANNO AMBIENTALE
Vigono le comuni regole in materia di risarcimento dei danni (patrimoniali e
non patrimoniali).
In siffatte ipotesi, all’interno del danno non patrimoniale, si potrebbero
configurare diverse posizioni soggettive lese:
 diritto soggettivo alla salute
 diritto soggettivo all’ambiente salubre
 diritto soggettivo di proprietà
 diritto soggettivo alla vita privata
 diritto soggettivo all’informazione ambientale
diritto soggettivo alla vivibilità
diritto alla libertà personale
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DANNO AMBIENTALE
 Art. 2 Cost. tutela dei diritti inviolabili dell’uomo
 Art. 3 Cost. diritto alla personalità ed uguaglianza
Art. 9 Cost. tutela il paesaggio ed il patrimonio storico ed artistico
Art. 13 Cost. tutela della libertà personale
Art. 32 Cost. diritto alla salute
Art. 42 Cost. diritto di proprietà privata
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DANNO AMBIENTALE
Ultima novità legislativa:
Legge 22 Maggio 2015 n. 68
Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente
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DANNO AMBIENTALE
Introdotte nuove figure di reato:
- Da art. 452 bis ad art. 452 terdecies del Codice Penale;
Nonché un’ultima parte al Codice dell’Ambiente «Parte sesta bis»:
- Da art. 318 bis ad art. 318 octies
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DANNO AMBIENTALE
Nessuna novità sotto il profilo risarcitorio, anche perché gli artt. 318 bis
e seguenti riguardano ipotesi di contravvenzioni in materia ambientale:
«che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di
danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette»
GRAZIE PER L’ATTENZIONE
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- Centro Studi marangoni