I pasti I romani dividevano la loro alimentazione in 3 pasti quotidiani: jentaculum, cena e vesperna(divenne il prandium). I romani usavano insaporire i cibi con il garum, una salsa liquida a base di pesce sotto sali ed erbe orientali. Considerata l’ultimo fra i pasti, alla cena si faceva parte da seduti e solo secondo una precisa ora: l’ottava in inverno e la decima in estate. Di solito essa terminava prima di notte fonda e si curava attraverso particolari effetti scenografici. Dai più ricchi, alla cena era riservata una stanza particolare, il triclinium. A farne uso erano richiamati i signori e le donne, con anche lo schiavo solo per volere del padrone. L’assegnazione dei posti era prevista secondo una rigorosa etichetta. Gli invitati avevano a disposizione coltelli, stuzzicadenti ed un piccolo cucchiaino dal doppio uso che da una estremità serviva a pulirsi le orecchie, e cucchiai vari. I cibi ed il vino Il banchetto prendeva almeno 7 portate: si cominciava con gli antipasti, poi tre primi piatti, due arrosti ed il dolce. Quello che importava non era soltanto l’abbondanza e la qualità dei cibi, ma la loro rappresentazione scenografica. Il vino bevuto dai romani doveva consistere in una specie di mosto fermentato, ma alla fine della Repubblica migliorò nel sapore. Esso era conservato in anfore chiuse con tappi di sughero, con giusta denominazione e data di produzione. Infine, per un buon banchetto non potevano mancare le donne di Gades, ballerine a suon di nacchere che intrattenevano non poco lo spettatore. Nell’abbigliamento dell’antica Roma venivano distinti due generi di indumenti: gli indumenta(si indossavano di giorno e di notte), e gli amictus(si indossavano solo di giorno). Tra i maschi si usava portare un perizoma di lino annodato alla vita, mentre sopra si indossava la toga o la tunica(fino alle ginocchia). Quella della donna poteva arrivare sino ai talloni. Le tunica poteva essere intima(subucula)o esterna(tunica exterior). Invece, la toga veniva indossata solo dai cittadini romani, e veniva avvolta attorno all’interna persona. A questa però i romani preferirono indossare il pallio, ispirato ad i greci. INDUMENTI FEMMINILI Le donne indossavano come indumenta il perizoma, una fascia per il seno(strophium)o una guaina(capetium) ed una o più tuniche(subuculae). Sopra la subùcula veniva indossata la stola, una tunica lunga ed ampia fino ai piedi. Altro abito aderente alla vita era la recta, tunica bianca sprovvista di maniche. La palla ivece era il classico mantello femminile. La donna usava inoltre coprirsi il capo con un nastro rosso porpora tra i capelli, mentre la matrona aveva legato al braccio la mappa, fazzoletto usato per la pulizia di polvere e sudore. Le azioni della donna Per dare legalità alle proprie azioni al di fuori del contesto familiare, le donne dovevano ricorrere alla garanzia di un parente/tutore. Esse gestivano spesso attività commerciali, ma potevano anche essere nutrici, danzatrici, attrici, tessitrici, lavandaie e sarte. Era inoltre riconosciuto il supporto che la donna romana forniva al marito nella vita pubblica. Educazione Nell’età imperiale l’educazione era in genere affidata alla madre, che doveva guidare i figli fino alla loro età della fanciullezza. Invece, nell’età repubblicana questo compito era tipicamente affidato al padre. Ritornando all’età imperiale, non appena i figli acquistavano una certa autonomia, le madri che godevano di una certa ricchezza li affidavano ad un pedagogo famoso. Scuola primaria L’insegnamento avveniva spesso in locali angusti, dove si accalcavano indifferentemente ragazze dai 7 ai 13 anni e ragazzi dai 7 ai 15 anni. La scuola iniziava in un piccolo locale all’alba e terminava a mezzogiorno. In questo locale erano presenti: cattedra, banchi o sgabelli, lavagna ed abachi Il maestro si limitava all’insegnamento della lettura, della scrittura ed alla capacità di saper contare. Per la lettura gli alunni dovevano prima mandare a memoria il nome delle lettere e poi unire le varie sillabe. Per quanto riguarda la scrittura, essi dovevano copiare un modello aiutati dal maestro, il quale faceva notare i movimenti necessari per riprodurlo. Infine, per calcolare gli alunni trascorrevano molto tempo a fare conti con le dita delle mani, aiutandosi con il buon uso dell’abaco.