I ROMANI
Amulio e Numitore erano due fratelli che, nell'antico Lazio, si contendevano il trono della città di Albalonga. Quando Amulio riuscì a cacciare il
fratello, costrinse la figlia di lui Rea Silvia a diventare vestale. Così non si sarebbe potuta sposare e non avrebbe generato possibili rivali al trono.
La fanciulla però fu amata dal dio Marte e nacquero due gemelli, ai quali diede i nomi di Romolo e Remo.
Lo zio infuriato ordinò che i neonati fossero subito uccisi. La guardia però non ebbe il coraggio di commettere un simile delitto, mise di nascosto i
piccoli in una cesta e li affidò alla corrente del Tevere nella speranza che qualcuno li trovasse e si prendesse cura di loro. Lo stesso giorno,
una lupa che era scesa al fiume per abbeverarsi nei pressi del Colle Palatino udì il vagito dei bimbi.
Li portò a riva, li riscaldò e li sfamò con il suo latte.
Dopo poco passò in quel luogo anche il pastore Faustolo che senza esitare li portò a casa da sua moglie, la quale li crebbe come fossero stati i
figli che lei non aveva potuto avere.
Divenuti adulti, i gemelli vennero a conoscenza della loro origine. Così tornarono ad Albalonga, uccisero lo zio Amulio, restituirono il trono al
nonno Numitore e liberarono la madre che era stata imprigionata per tutti quegli anni.
Un giorno i due decisero di fondare una loro città, ma non riuscivano a mettersi d'accordo sul luogo dove farlo: Romolo la voleva costruire sul
Colle Palatino, mentre Remo preferiva la pianura.
Così si affidarono al responso degli dei i quali stabilirono che la scelta sarebbe toccata a chi avesse visto, in un certo tempo e in uno spazio
definito di cielo, il maggior numero di uccelli.
Vinse Romolo, che subito iniziò a tracciare con l'aratro il solco sacro che avrebbe delimitato la città.
L'abito internazionale dei Romani, con cui essi si mostravano in pubblico,
era la toga, fatta di una stoffa di lana grezza e pesante, che veniva
abilmente drappeggiata intorno al corpo in modo da lasciare liberi il capo e il
braccio destro. Normalmente la toga era bianca (toga pura) e solo
i magistrati più importanti indossavano la toga praetexta, cioè con un bordo
rosso di porpora lungo tutto l'orlo inferiore. In casa però i Romani
indossavano solo la tunica: una specie di lunga camicia di lana con un foro
per la testa e due per le braccia. Gli schiavi indossavano una corta tunica,
stretta in vita da una cintura. Le donne portavano anch'esse una lunga
tunica sulla quale indossavano la stola: una specie di lungo camice, stretto in
vita. Le matrone anche ampi ed eleganti mantelli, quale la palla, per
mostrarsi in pubblico. Anche gli uomini portavano mantelli, come il pallium o
la lacerna, soprattutto nella stagione più fredda o nelle regioni del
Nord Europa. Le calzature erano identiche per entrambi i sessi: i calcei
(simili ai nostri stivaletti), le soleae e i sandalia (aperti e tenuti legati da
striscioline di cuoio), il soccus (specie di ciabatta) e la càliga (scarpa
militare chiodata, riservata ovviamente agli uomini in armi). Molto comuni per
le donne erano: anuli (anelli), fibulea (spilloni), armillae (braccialetti),
monilia (collane), inaures (orecchini), sacculi (borsette), mappae
(fazzolettini), flabella (ventagli) e umbracula (ombrellini). Gli uomini,
soprattutto nel periodo del basso impero, portavano capelli e barba
lunghi,mentre le donne sfoggiavano, nelle grandi, occasioni elaborate e
ricercate acconciature.
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Il periodo monarchico di Roma durò circa 2 secoli e mezzo ( 250 anni). La città si trasformò, in quest’epoca, da
colonia di Alba a città egemone di una vasta area compresa tra la riva sinistra del Tevere, la costa fino al Circeo e
l'entroterra con le principali città latine e sabine.
Al tempo della monarchia ( = è una parola greca che significa “governo di uno solo”), il re veniva eletto
dal Senato (= autorevole consiglio di anziani). Il re governava ed esercitava il potere politico, giudiziario, militare
e religioso. La religione era politeistica e naturalistica (divinità dei campi, dei boschi, delle greggi).
Nel periodo in cui regnarono i re etruschi, Roma diventò la città più importante del Lazio e dell’Etruria. Al tempo
di Tarquinio Prisco a Roma vennero costruite numerose opere pubbliche, come :
La Cloaca Massima – la fognatura che raccoglieva le acque sporche di tutta la città;
Le mura serviane - cinta muraria di tufo che delimitava la città;
Il Foro – la piazza dove si svolgeva la vita politica e finanziaria e si trovava anche il Comizio, spazio circolare dove
i patrizi svolgevano le loro assemblee;
Il Circo Massimo – il luogo dove si tenevano le corse ed era situato tra il Colle Palatino e l’Aventino;
Il tempio di Giove Capitolino – tempio dedicato agli dei protettori della città: Giove, Giunone e Minerva;
Il Ponte Sublicio – ponte in legno che collegava l’isola Tiberina con la terraferma;
La Curia Hostilia - sede del Senato fatta costruire da Tullo Hostilio;
Il tempio di Vesta – tempio dedicato alla dea del focolare domestico e vicino sorgeva la dimora del re,
la Domus Regia;
Foro Boario – Centro commerciale della città.
Gli abitanti di Roma erano distinti in tre classi:
patrizi (ricchi e potenti, si consideravano discendenti dei fondatori della città), I patrizi erano proprietari
di terreni agricoli (campi da coltivare), pascoli, mandrie e greggi. Se scoppiava la guerra i patrizi erano obbligati
ad andare a combattere;
plebei (umili lavoratori, senza diritti politici: non potevano neppure contrarre matrimoni coi patrizi, né
trattare affari); erano agricoltori, artigiani e commercianti. Erano uomini liberi, ma non potevano partecipare al
governo della città, e non potevano eleggere il re
schiavi (all'origine prigionieri di guerra, di proprietà dei padroni).
753 aC. - 716 aC.
Romolo
715 aC. - 672 aC.
Numa Pompilio
672 aC. - 640 aC.
Tullo Ostilio
640 aC. - 616 aC.
Anco Marzio
616 aC. - 579 aC.
Tarquinio Prisco
578 aC. - 535 aC.
Servio Tullio
534 aC. - 509 aC.
Tarquinio il Superbo
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