MARIA MuccrLLO LA BIBLIOTECA GRECA DI FRANCESCO PATRIZI Nel 1600, appena tre anni dopo la sua morte, il nipote vendeva a Roma a un messo del cardinale Federico Borromeo quello che restava della biblioteca di Francesco Patrizi 1. I codici, tutti greci, erano destinati alla Biblioteca Ambrosiana di Milano e costituivano l'estrema testimonianza di un'attività che aveva impegnato il filosofo nell'arco dell'intera vita. Di ciò forniscono prova Il Cataklgo Codicum Graecorum Bibliothecae Ambrosianae, a cura di A. Mattini el D. Bassi, Mediolani 1906, vol. II, fornisce per 12 dei tredici codici posseduti dal Patrizi l'indicazione che furono venduti a Roma nel 1600 dal 'figlio' (in realtà si trattava del nipote del filosofo, Francesco, a cui il 19 febbraio 1597, pochi giorni dopo la morte, il duca di Ferrara fece pervenire una lettera di condoglianze, pubblicata da P. M. ARCARI, Il pensiero politico di Francesco Patrizj da Cherso, Roma 1935, p. 72; a un matrimonio del Patrizio a suoi figli la documentazione in nostro possesso non fa mai cenno) a qualche emissario del Cardinale Borromeo, di cui non ci viene dato il nome, che andava raccogliendo materiale per la biblioteca che il prelato stava costituendo a imitazione, sembra, di quella dell'Escurial. I codici furono tutti 'visti' dall'Olgiati, uno dei primi bibliotecari della Biblioteca milanese, nel 1603. Ricordiamo che nel 1597, anno appunto della morte del Patrizi, Federico Borromeo era a Roma dove rimase fino al 1601, anno in cui tornò definitivamente a Milano e prese a svolgere una sistematica attività di ricerca di manoscritti antichi e rari, inviando suoi emissari dappertutto. Ma già nell'ambiente romano in cui finora era vissuto, l'interesse per i codici e i libri antichi era vivissimo e certamente collegato con l'impegno di elaborare una nuova visione della storia della Chiesa, basata su una migliore e più vasta conoscenza delle fonti e della tradizione cattolica. A ciò, come è noto, già intensamente lavorava il cardinal Baronio che nel 1590 aveva dedicato al cardinale Borromeo il secondo volume dei suoi Annali; e soprattutto, i religiosi della Valli cella con cui il Borromeo era in stretto contatto. Non appare dunque strano questo suo immediato interesse all'acquisto dei codici posseduti dal Patrizi che egli conosceva peraltro personalmente ed apprezzava. Sulla formazione della Biblioteca Ambrosiana si veda, tra gli altri, A. PAREDI, Storia dell'Ambrosiana, Milano 1981 ; e inoltre, sul soggiorno del Borromeo a Roma, G. GABRIELI, Federico Borromeo a Roma, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», LVI e LVII (1933-34), pp. 157-217; per la biografia di Federico Borromeo, la voce Borromeo, Federico, a cura di P. Prodi nel Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 13, Roma 1971, pp. 33-42. All'Ambrosiana finirono, tra gli altri, anche i codici di Gian Vincenzo Pinelli (cfr. A. RIVOLTA, Cataklgo dci codici PineiJiani dell'Ambrosiana, Milano 1933), che possedeva dei manoscritti con opere del Patrizi, e cioè lo scritto giovanile // Delfino, o wro del bacio, i Paradoxa poetica, e una Lettera con un suo parere delle foci dei Po del 1581 (cfr. A. RIVOLTA, op. cit., pp. 59, 100, 252), tutte pubblicate da D. Aguzzi-Barbagli nella sua edizione F. PATRIZI DA CHERSA, Lettere ed Opuscoli inediti, Firenze 1975, pp. 135-164, 167-168, 29-33. 1 74 Maria Muccilio le sue lettere, i riferimenti sparsi nelle sue varie opere e, soprattutto, i codici stessi che come suo possesso figurano ancora nella Biblioteca dell'Escurial, nella Biblioteca Ambrosiana di Milano e nel fondo Barberiniano greco della Biblioteca Vaticana. L'inizio di questa appassionata attività di ricerca, di raccolta e, come si vedrà, di commercio di manoscritti greci può farsi risalire agli anni della gioventù del Patrizi e trova un suo necessario presupposto nella conoscenza della lingua greca che, come egli riferisce nella lettera autobiografica a Baccio Valori del 1587, aveva acquisito quasi da autodidatta, valendosi soltanto di certi rudimenti appresi in poco più di un anno di studi a Ingolstadt e che gli consentirono ben presto di leggere il testo greco di Aristotele e «i commentari sopra la loica greci» z. Si può ritenere che proprio a questa sua conoscenza della lingua greca si deve quello che sembra essere stato il primo impiego del Patrizi, e cioè l'incarico affidatogli nel 1560 di «legere» a Giorgio II Contarini, conte di Zaffo, «l'Etica di Aristotele», probabilmente in lingua originale 3. È certo comunque che il possesso di tale lingua fu una condizione indispensabile perché egli potesse svolgere un secondo e più importante incarico sempre al servizio del Contarini, allorché nel 1561 fu inviato a Cipro a governare la contea ereditata dal conte alla morte del padre 4. Patrizi svolse questo ruolo per ben sei anni, prima alle dipendenze del menzionato conte di Zaffo e, nell'ultimo anno, per conto di Filippo Mocenigo, arcivescovo dell'isola s. A Cipro il filosofo assolse compiti di carattere economico-amministrativo, senza tuttavia smettere perciò di occuparsi di problemi culturali, come dimo- 2 Cfr. F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 47. Cfr. ivi, p. 48. 4 Cfr. ivi, p. 48. Propriamente Patrizi in un primo momento fu inviato «a riconoscere le cose, e i villaggi, e l'entrate»; il governo della Contea «con onorate e utili condizioni» gli venne offerto dopo che il Conte, sulla base delle informazioni ricevute per lettera dal Patrizi stesso, sulle possibilità di «migliorare i luoghi e accrescere l'entrate», lo ebbe richiamato a Venezia, molto probabilmente all'inizio dell'estate del 1562, se il Contile in una lettera a lui indirizzata da Pavia il 3 agosto di quell'anno gli poteva scrivere: «<n una lettera che quindici giorni sono ricevei dal Salice, intesi che voi dopo il ritorno da Cipri mi hauete scritto. per la verità io non ho ricevuto da voi altro che la voce dello stesso vostro ritorno, che ben sapete il cor mio, ove sete con ogni amichevole dolcezza registrato. et sapete, che di niuna cosa del mondo ho più cura, che d'esser vostro, ne che nell'esser io vostro. si possa ritrovar differentia verona con l'esser di me stesso [... ] ». Il Contile annunciava poi al filosofo la costituzione dell'Accademia ormai degli Affidati, alla quale però non ci risulta Patrizi abbia preso parte, forse gnato nella sua nuova attività politico-amministrativa (cfr. Delle ktterr: di Luca Nella ta città di Pavia, Appresso Girolamo Bartoli, 1564, l. IV, p. 389"). Sui rapporti tra il Contile e Patrizi che aveva scritto un commento alle sue Rime (cfr. Le rime di Messer Luca Crmtik, divise in tre parti, con Discorsi, et Argomenti di M. Francesco Patritio, et M. Ant011io Borghesi, in Venezia, appresso Sansovino, et Compagni, 1560) si veda l'ampia monografia di ABD-EL-KADER SALZA, Luca Conti/e Uomo di letterr: e di Negozi del secolo XVI, Firenze 1903, pp. 80, 87-91, 184 sgg. 5 Cfr. ivi, p. 49. Il passaggio al servizio dell'arcivescovo avvenne nel 1567. 3 La biblioteca greca di Francesco Patrizj 75 strano le lettere che da Nicosia scriveva, tra il settembre e il dicembre del 1561, a Luca Contile a cui sembra avesse affidato l'incarico di seguire la stampa e la distribuzione dei suoi dialoghi Della Retorica che vennero appunto pubblicati in questi anni 6; e, soprattutto, la sua alacre attività di raccolta di manoscritti greci, quasi tutti di carattere filosofico, teologico e scientifico, che faceva 6 Prima della sua partenza per Cipro, Patrizi intratteneva con il Contile rapporti di schietta amicizia e stima e uno scambio di lettere settimanale, forse collegato al ruolo, sembrerebbe di segretario, che Patrizi svolgeva nell'ambito della non meglio conosciuta Accademia Veneziana della Fama. Ne fanno fede due lettere che riguardano il periodo iniziale del servizio di Patrizi presso il conte di Zaffo. Nella prima, del 25 gennaio 1560 diretta dal Contile a Sigismondo d'Este da Venezia, il poeta raccomanda a quel signore uno dei dialoghi Della Retorica del Patrizi di cui dice: << Piaceravi ben molto una nuova compositione di Messer Francesco Patritio, hoggi a mio giuditio, raro nelle scienze, nella lingue et nella dolcezza di praticarlo; tratta sopra le parti dell'eloquenza, et scopre molti errori degli antichi [... ] con animo di presentarle la servitù del Patricio che forse niun Signore ne principe ha appresso di se persona si dotta e si gentile. È egli di lei cosi innamorato che in vero per venire, non aspettarebbe me, tuttavia ha promesso al Conte di Bapho di fargli compagnia fin al ritorno; et poi di volo si fara conoscer a Lei [... ])) (cfr. Delle lettere di Luca Conti/e, cit., l. II, p. 199'); nella seconda, scritta dal Contile a Bernardo Tasso il 15 gennaio 1561, si menziona appunto uno scambio settimanale dì lettere fra il poeta e il filosofo: «La lettera nostra scritta di VI. del passato, ho ricevuta a XII. del presente, la quale so che havete scritta per la querela ch'io feci co'! S. Patritio per zelo d'amicitia [... ] Dissi Sig. Tasso, che se voi haveste scritto due lettere, haureste usato diligenza in mandarle, come havete fatto all'altre indrizzate al mio gentìlissimo Centorio, o vero, sapendo che'l S. Patritio mi scrive ogni settimana, le havreste, se voi haveste voluto, racomandate a lui, come fa Mons. Phenaruolo, il Sansovino, l'Athanagi et molti altri[... ]» (cfr. ivi, l. III, pp. 290•-291'). Altre lettere, scritte dal Contile quando già Patrizi era partito per Cipro, indicano il perdurare dello scambio epistolare tra i due amici, come ad esempio, quella da Milano del 10 dicembre 1561 indirizzata direttamente al Patrìzi: «Se per grande allegrezza si morisse [... ) subito che apersila vostra di XXIIII. di settembre prossimo passato, data in Nicosia; sarei senza vita caduto [...] Credami ogniuno, che grandissimo fu il dolore della partita vostra d'Europa in Asia et di Venetia in Cipri, mettendovi quasi per perduto, perche in somma cosi fatti viaggi hanno più presto la manifesta morte per guida, che la chiarezza della tramontana per sìcurezza. Et se il dolor che io n'hebbi non fosse stato.grande, l'allegrezza d'hauer inteso che sete costi arrivato salvo et sano, forse mi faceva morire, essendo massimamente grande quanto può essere per cosa, che infinitamente giovi et diletti[... ]» (cfr. ivi, l. IV, pp. 331'-332'); e quella scritta, due giorni dopo, il 12 dicembre 1561 da Milano al S. Giovanni Gigante, dove comunica all'amico la notizia del felice arrivo di Patrizi a Cipro e lo esorta a scrivere al filosofo: «di gratia scriuete al Patritio, che essorti il S. Conte a dare la vela a Venti subbito che 'l sole è sopra le corna del Montone, percioche all'bora suo! Fauonio soffiare dolcemente [... ]))(cfr. ivi, l. IV, ff. 332'-332") e, ancora, quella sempre dal poeta diretta al barone Sfondrati del 10 aprile 1562 (cfr. ivi, l. IV, p. 364') dove anche si parla del Patrizi in relazione all'avvenuta stampa del Della Retorica: «<l Patritio vertuoso et affetionato di V.S. prima, che gia l'anno, navigasse inCipri, lasciò che fussero stampati i suoi dieci Dialoghi della Retorica dedicati al Vescovo di Cremona fratello di lei. Lasciò parimenti che tre de gl'istessi libri, prima a tutti, fussero mandati uno al Vescovo et due a me. de quali uno a nome dello stesso Patritio presentassi io alla S. V. cosi ritrovandosi in Roma, non ho voluto mancare di quanto desidera quel nostro onorato amico [... ]» (cfr. anche due lettere 76 Maria Muccillo talora ricopiare a sue spese. D'altro canto però, quella di cercare e raccogliere manoscritti che, nel caso del Patrizi era certamente anche l'espressione di una esigenza dettata dall'orientamento prettamente filosofico dei suoi interessi, già evidente negli scritti del decennio precedente, era un'attività cui, sembra, anche altri insignì personaggi contemporanei dei Patrizi, presenti a Cipro per scopi di carattere militare o amministrativo-commerciale, si dedicarono assiduamente, spinti non solo dal desiderio di salvare alla civiltà un ricco patrimonio culturale nell'imminenza di un attacco turco, ma anche da precisi calcoli di carattere economico. Indicativo è a questo proposito il caso del giurista Girolamo Maggi che si trovò a Cipro come ingegnere militare proprio nel periodo del soggiorno patriziano e che collezionò una notevole biblioteca, finita poi nelle mani di un medico, professore di medicina all'Università di Colonia, a nome Arnold Manlius 7. Nelle Discussiones peripateticae, guardando retrospettivamente agli anni trascorsi nell'isola, Patrizi li considererà perduti, perduti per i suoi prediletti studi filosofici e anche per la sua promozione economica s. Ciò sembra però smentito proprio da questa sua indefessa attività di ricerca, trascrizione e raccolta di manoscritti cui egli a tutt'uomo si diede, sia probabilmente per poterli un giorno utilizzare, come fu, per i suoi scritti originali, che per farne un certo vantaggioso commercio, come anche avvenne. Fatto sta che, tornato, in verità alquanto deluso, nel 1568 a Venezia e ripresi i suoi studi a Padova, gli venne offerto l'incarico di servire in qualità di 'filosofo' il gentiluomo spagnolo Diego Hurtado de Mendoza y de la Cerda, principe di Melito e duca di Francavilla, viceré di Catalogna 9. Iniziò così la prima esperienza spagnola del Patrizi. di Contile a Giovanni Gigante del 24 marzo 1562 da Milano, ivi, L IV, ff. 359r-360'). Il Della Retorica e il Della Historia furono pubblicati tra il 1560 e il 1562 (cfr. F. PATRITIO, Della Historia, Diece dialoghi, in Venetia, appresso Andrea Arrivabene, 1560; Della Retorica Dicci Dialoghi, in Venetia, appresso Francesco Senese, 1562). 7 Cfr. T. SEGHET, Hicro'!J"'i Magii de equuleo liber posthumus [... ], Hannover 1609, Epistola dedicatoria a Jungermann. 8 Cfr. Discussionum peripateticamm tomi l libri XIII, Venetiis, apud D. de Franciscis, 1571, Dedica a Zacharia Mocenigo, nipote di Filippo Mocenigo, arcivescovo di Cipro: «lbi [scii. Cypri] optimam aetatis meae partem philosophiaeque studiis aptissimam, alienis commodis insudando, meis abutendo, plusquam integro septennio misere contriueram. Eo me malus quidam abstulerat error. ls idem assidue me fatigauerat, ut opibus alienis fabrefaciendis incumberem, res meas omnes praetermitterem, philosophiae studia, quae meae deliciae fuerant, penitus omitterem, non seme! vitae periculum subirem. ». 9 Insigne letterato e famoso diplomatico, era altresl un appassionato collezionista di libri e raccolse una notevole biblioteca, ricca di manoscritti greci, latini ed arabi alla sua morte avvenuta nella notte fra il 13 e il 14 agosto 1575, lasciò in eredità al re di Spagna. Non stupisce dunque che un raffinato bibliofilo come lui possa essere entrato in contatto col Patrizi che aveva portato con sé molti libri da Cipro, e non ne faceva, sembra, mistero. Su Diego Hurtado de Mendoza, si veda C. PÉREZ PASTOR, Noticias y doCIImentos, relativos a la Historia y Litcratura espaiiolas, La biblioteca greca di Francesco Patrizi 77 In Spagna, e precisamente a Barcellona, egli portò, insieme alla speranza di una sistemazione sicura, anche alcune casse di manoscritti greci, non sappiamo se già con l'intenzione di venderli, oppure se per uso privato. Qualunque fosse l'iniziale proposito del filosofo, è certo che egli, dopo appena sei mesi, completamente insoddisfatto del suo incarico, riprese la via del ritorno in Italia nel 1569, ma non portò indietro il suo carico di manoscritti perché, come egli ancora riferisce nella citata lettera autobiografica a Baccio Val ori, si rese conto che di tali codici si poteva fare lì un vantaggioso commercio e decise perciò, se così si può dire, di cambiare attività facendosi commerciante di libri e manoscritti, e soprattutto di questi ultimi 10. Lasciò dunque su quella 'piazza' un suo «servitore tolto a Famagosta dallo ospitale infermo» e con lui un altro personaggio di Reggio non meglio identificato, perché si prendessero cura del commercio dei manoscritti li trasportati e si disponessero a riceverne altri che egli avrebbe avuto cura di mandare loro da Venezia, prendendo ovviamente parte alla metà dei guadagni 11. Probabilmente intenzionato a procacciarsi da vivere con questo tipo di attività, Patrizi, forse sopravvalutando l'entità dell'affare, mandò da Venezia due suoi nipoti, figli di una sorella rimasta vedova e povera, con un altro quantitativo di libri. Sembra però che costoro, una volta a Barcellona, venuti in lite con i suoi soci, non gli facessero avere più né proventi né notizie, e che lo stesso comportamento assumessero i suoi due primi incaricati 12. In questi stessi anni, tra il 1571 e il 1573, si deve collocare lo sviluppo, anch'esso fallimentare, di una vera e propria attività di editore del filosofo. Come risulta dai documenti resi noti dal Marciani 13, il 22 agosto 1571 Patrizi stese a Venezia un contratto per la stampa de Le imprese del Ruscelli con una «madama Dionora pugliesa» (certa Leonora Caglia) che era «Memorias de la R. Academia Espaiiola», t. X: Hurtado de MendiY.Ql-XV-1575. Testamento de D.D.H. de MendiY.Ql, pp. 153-163; C. GRAux, Essai sur /es origines du fonds grec de I'EsCIIrial, «Bibliothèque de l'école des hautes études», 46 (1880), pp. 165 sgg.; P. A. REviLLA, Catalogo de /os Codices Griegos de la Biblioteca de el Escorial, Madrid 1936, I, pp. LXXXV-XCI; E. MILLER, Catalogo des Manuscrits grecs de la Bibliotheque de I'EsCIIrial, Paris 1848, pp. IV-IX. 1 Cfr. F PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 49. 11 Cfr. ibid. 12 Cfr. ibid. ° 13 A questa sua parentesi editoriale Patrizi non fa cenno nelle lettera autobiografica. Già alla Arcari (cfr. P. M. ARCARI, op. cit., pp. 44-46), che si basava su una indicazione del Tiraboschi (cfr. G. TIRABOSCHI, Storia della letteratura italiana, Modena 1781, IX, p. 153), era noto un atto di citazione del Patrizi contro una certa madama «Dionora pugliesa» riguardante la stampa di un volume di G. Ruscelli di cui, tra gli altri, detta signora aveva ereditato il manoscritto. Una ricostruzione accurata della vicenda sulla base di documenti dell'Archivio di Stato di Venezia è stata effettuata da C. MARCIANI, Un filosofo del Rinascimento editore-libraio: Francesco Patrizi e l'incisore Giovanni Franco da Cherso, «La Bibliofilia», LXXII (1970), pp. 177-198; Io., Ancora su Francesco Patrizi e Giovanni Franco, ivi, pp. 303-313. 78 Maria Muccillo stata 'ancella' di quel filosofo, stabilendo certe condizioni che furono poi ragione di una lunga e antipatica lite con la dama erede, oltre che del manoscritto dell'opera suddetta, anche di numerosi altri manoscritti appartenenti al Ruscelli e da lei pure venduti in Spagna per la Biblioteca dell'EscuriaJ14, Sempre nel 1571 Patrizi si assunse l'incarico di stampare per conto di Francesco Piccolomini, arcivescovo di Siena, alcuni manoscritti di Pio II 1s. L'attività di editore-libraio del Patrizi, che aveva, in collaborazione con il nipote Giovanni Franco, incisore e stampatore anch'egli, messo in piedi una 'libraria' cui aveva dato il nome di 'All'Elefanta ', si sviluppò, sembra, con una certa intensità e ancora nel 1573, il 27 giugno, egli potè consegnare al nipote 12 balle di libri stampati «di ogni sorte» 16. Il 19 novembre dello stesso anno, un altro documento, egli si qualifica come «honorando negotiante a Venetia» e invia in Spagna merci di vario genere e non solo libri 17. Ancora il 10 dicembre 1573, con un atto notarile, Patrizi diffida 36 librai e stampatori di stampare gli Avvertimenti amorosi e i quattro libri Della mercatura et del mercante perfetto di Benedetto Cotrugli di cui egli rivendicava l'esclusiva per 10 anni ts. Nello stesso 1573, sempre' All'Elefanta', ma con il simbolo cambiato (segno forse di una rottura del sodalizio col nipote), si stampano di Silvio Belli Vicentino Della proportione, et proportionalità communi passioni del quanto. Libri tre al Magnanimo Alessandro Farnese Cardinale e Gl'ordini della Militia Romana tratti da Polibio in figure di rame 19, Sembra che la stampa di quest'ultimo volume fosse effettuata autonomamente dal nipote quando già i rapporti con il filosofo si erano incrinati quale seguito al tracollo cui tale attività editoriale portò il Patrizi e a causa il nipote, per insolvenza dello zio nel frattempo dileguatosi, costretto a subì- 14 Don Guzman da Silva, oltre che letterato e biblioftlo, era ambasciatore di Spagna a Venezia e in quel periodo si prodigava molto nella ricerca dì manoscritti e libri rari per la progettata biblioteca reale. Ciò spiega i suoi contatti con il Patrizi che egli sapeva disporre di importante materiale librario, e con la citata madama Dionora Pugliese che gli vendette a Venezia, il 19 luglio 1572, per 25 scudi, cinque manoscritti greci, certamente facenti parte dell'eredità !asciatale dal Ruscelli: Concilium Florentinum et Fetrariensem; Dionysii Tbracis grammatica et Diadochi centum capita monchi; Gregorii Scholarii smnones et Bessarionis Car.Jis Epistola ad Graecos; Nicephori in Aristo. Physica et meteora[... ]; Theodori Lascaris Physicae [... ](cfr. P. A. REVILLA, op.cit., p. Lxv). 15 Cfr. C. MARCIANI, Un filosofo cit., p. 184. 16 Cfr. ibid. 17 Cfr. ivi, p. 185. 1s Cfr. iui, pp. 196-197. 19 Cfr. ivi, pp. 192-196. Può essere interessante osservare come quella che in un suo breve scritto del 12 aprile 1570 Patrizi illustra coma la sua 'insegna', spiegandone il significato simbolico e che figura nel frontespizio della prima edizione delle sue Discussiones peripateticae (cfr. L'insegna del Patrizi in F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., pp. 165-166) non differisce, se non per la presenza di un piccolo elefante che sostiene l'albero della sempre verde speranza, dall'insegna della «libraria all'Elefanta» che egli aveva aperto insieme con il nipote Giovanni Franco. La biblioteca greca di Francesco Patrizi 79 re un certo periodo di carcere zo. È interessante tuttavia rilevare come Patrizi, che aveva già fatto dare alle stampe nel 1571 presso Domenico de Francisci il primo tomo delle sue Discussiones peripateticae 21, intendesse stampare anche opere proprie, come si desume dalla lettera del 12 settembre 1573 a Giovanni Battista Pigna, nella quale gli chiede un aiuto per la stampa del suo commentario a La Militia Romana di Polibio da dedicare ad Alfonso II, pregandolo di inviargli la risposta alla 'libraria della Elefanta'. Tale disegno non gli riuscì allora e poté realizzarlo solo dieci anni più tardi nel 1583, allorché stampò l'opera con i tipi di Benedetto Mammarelli 22. Anche l'attività di libraio-stampatore praticata dal Chersino in questi anni sembra essersi dunque conclusa in un fallimento e questo potrebbe essere stato uno dei motivi per cui egli decise di recuperare o, comunque, di tentare di recuperare il suo patrimonio di libri lasciato in Spagna. Si risolse quindi a partire nuovamente alla volta di quel paese. Verso la fine del 1574, come ricorderà molti anni dopo nella Nova dc universis philosophia 23, si imbarcò a Genova diretto a Barcellona, dove nel frattempo si era diffusa fra umanisti e bibliofili spagnoli la conoscenza delle sue Discussiones peripateticac. particolare quest'opera destò l'interesse di Antonio Agustin, vescovo di Tarragona 24, e di Geronimo da Zurita zs, storico e polemista, e ciò certamente non solo per il suo contenuto di pensiero, ma anche perché essa manifestamente si presentava zo Cfr. C. MARCIANI, op. cit., pp. 196-198. 21 Cfr. FRANCISCI PATRITII Discussionum peripateticarum cit. in nota 8. 22 Tale commento doveva essere illustrato «in figure di rame». La sua stampa non venne, come si è detto, effettuata, ma risulta che in quello stesso anno, proprio ad opera del nipote del Patrizi, venne pubblicata un'opera costituita solo di illustrazioni condotte su disegni del Palladio, come il Marciani ha stabilito (cfr. Gl'ordini delia Militia Romana tratti da Polibio in figure di rame, In Venetia 1573, All'Elefanta). Si trattava quasi certamente della sola parte illustrativa dell'opera scritta da Patrizi che non aveva i mezzi per sostenerne le spese di stampa e di cui comunque si annunciava in breve la pubblicazione (cfr. C. MARCIANI, Un filosofo cit., p. 195). 23 Cfr. FRANCISCI PATRICII Nova de tmiwrsis philosophia [...], Ferrariae, Apud Benedictum Mammarellum, 1591; Pancosmias liber XXV, f. 130': «Anno deinde M.D.L.XX.IIII e Ienua in Hispaniam nauigabamus». 24 Su questo personaggio, canonista, filologn e bibliofilo, proprietario di una notevolissima biblioteca che fini aJl'Escurial, V. A. REVILLA, op. cit., pp. XCV-XCVIII; E. MILLER, op. cit., pp. IXXIV; C. GRAux, op. cit., soprattutto pp. 13-17; 280-314. A. Agustin comprò anche vari manoscritCatalogo de ti da Patrizi, come risulta dal citato catalogo del De Andrés (G. DE ANnRÉs, los Codices Griegos Desaparecidos de la Rea/ Biblioteca de El Escorial, El Escurial 1968, pp. 67, 97, 195196), quasi tutti contenenti opere di carattere teologico; P. A. REvrLLA, op. cit., pp. LXXXILXXXII. 25 Su questo insigne storico spagnolo v. D. J. DoRMER, Progresos de la historia el reino de Aragon y eiogios de Geronimo Zurita [... ], Saragossa 1680. È da notare che erra P. M. Arcari quando, citando G. Graux, identifica Antonio Agustin e Gerolamo de Zurita (cfr. P. M. ARCARI, op. cit., p. 49). 80 Maria Muccillo basata su una quantità di materiale bibliografico assai raro e ancora inedito o poco noto in Occidente. In una lettera del 22 gennaio 1575, da Lerida, raccomandando Patrizi allo Zurita, Antonio Agustin così scriveva: «Diàs ha que no veo cartas de V.M. No querria que fuesse la causa tener poca salud; Esta Beva Micer Francisco Patricio, un gran filosofo, cuyo libro embié a V.M. Podra tratar con él de las cosas que alla trata y de otras muchas que sabe, y de vender y comprar libros, y imprimir, y hazer imprimir, si V.M. quisiere imprimer sus historias en latin, ò en romance, que persona es que darà en todo buen recaudo»26, Come ben si vede, Patrizi appariva qui agli umanisti spagnoli non tanto e non solo nella veste dello studioso, ma anche, e soprattutto, in quella di uno stampatore-libraio, secondo appunto quel tipo di attività che aveva già cominciato a svolgere a Venezia in collaborazione col nipote Giovanni Franco. lasciò BarAncora dalla citata lettera a Baccio Valori 27, si viene a sapere cellona alla volta di Madrid e, per mezzo di una lettera di raccomandazione di Antonio Antonio Agustin, entrò in contatto con il segretario di Filippo Gracian 28. Alla corte spagnola Patrizi fu alla fine di febbraio e non, come congetturava Jacobs 29, alla metà di marzo de11575. Egli non vi andò comunque solo per vendere i suoi manoscritti, di cui aveva frattanto provveduto a stendere un catalogo che consegnò al segretario Gracian 30. In realtà intendeva proporre al sovrano spagnolo, impegnato sul fronte della guerra contro i Turchi, un suo piano di riarmo di seicento galere, ritenendo di avere acquisito questo campo una considerevole esperienza, vista la sua lunga permanenza a Cipro e la sua profonda conoscenza dei metodi di guerra turchi. E in effetti egli presentò al re il suo progetto che, come ricorderà in seguito con una punta di amarezza, fu ascoltato, «ma non premiato» 31. Di ciò abbiamo sicura monianza in due documenti: un biglietto del 27 febbraio 1575 del sovrano D. J. DoRMER, op. cit., p. 385 sgg.; E. JACOBS, Francesco Patricio 1md seine Sammlung gricchischer Handschriften in der Bibliothek des Escorial, «Zentralblatt fiir Bibliothekswesen)), XXV (1908), pp. 78; P. A. REVILLA, op. cit., p. LXXXI. Sulla composizione della Biblioteca latina dell'Escurial v. P. G. ANTOLIN, Catdlogo de los Codices latinos de la Rea/ Biblioteca del Escurial, V, Madrid 1923, in 26 particolare le pp. 77-103 per i libri provenienti da Venezia con l'intermediazione di Diego Guzman de Silva. 27 F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 50. 28 Oltre a quella per Gerolamo de Zurita, A. Agustin diede a Patrizi anche una lettera di non ci è raccomandazione per il segretario del re Filippo II, Antonio Gracian, lettera che pervenuta. Un'altra lettera di raccomandazione per Patrizi fu scritta al Gracian Guzman da Silva, anch'essa non pervenuta (cfr. P. A. REVILLA, op. cit., p. LXXII). 29 Cfr. E. JACOBS, op. cit., p. 8. 30 Cfr. P. A. REVILLA, op. cit., p. LXXXII. Su questo catalogo, perduto nell'originale, ma ritrovato in una copia più tarda, pubblicata dallo Jacobs, cfr. infra, nota 37. 31 Cfr. F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 50. La biblioteca greca di Francesco Patrizi 81 stesso al suo segretario nel quale si parla in primo luogo, del 'discurso' o 'memoria' presentata da Patrizi, memoria che egli rinviava per un giudizio competente al suo segretario; e, in secondo luogo, si fa cenno a dei libri che Patrizi offriva per la vendita 32, Dello stesso giorno è il biglietto di risposta del Gracian che consiglia al sovrano di far inviare il 'discurso' patriziano ad Antonio Perez, più esperto di lui nella materia e di attenersi al suo giudizio; e per quel che riguarda i libri, afferma di averne il catalogo, che «deuen ser buenos», e che aspetta solo il momento di poterlo sottoporre al sovrano insieme a quello dei manoscritti offertigli da Don Diego Hurtado de Mendoza e da Antonio Agustin, anch'essi, come si è detto, contattati dal re per la costituzione della sua biblioteca 33. Di questo 'discurso' del Patrizi non si ha, per ora, traccia; ma un 'sommario' del suo contenuto, molto probabilmente quel sommario che Filippo II aveva richiesto al suo segretario, si conserva nell'Instituto del Conde de Valencia de Don Juan, Archivo de Zabalburu, con il titolo «Suma de lo que contiene el discurso de fran.co Patricio en materia de galeras» che fu inviato appunto ad Antonio Perez perché ne giudicasse il valore 34. Mentre la decisione sulla proposta patriziana relativa all'armamento delle galere si faceva attendere, procedeva invece spedita la concertazione della vendita dei manoscritti, su cui la scelta era senz'altro più facile. La lista dei codici che Patrizi vendette a Filippo II è rimasta a lungo ignota e il catalogo che egli consegnò al segretario del re dagli storici della biblioteca esco- «aql patricio me ha dado oy ese memoria! y aunque me pidi6 q le viese, seria imposible; bien sera q le veais vos y si os pareciere de fundamento me lo avisareis pa q yo haga q se vea con otras cosas q agora se tratan de galeras de q me dixo que hera, y q traya unos libros creo q me dixo q os mostraria» (Archivio de Zabalburu, su carta non numerata, citato in P. 32 REVILLA, op. cit., p. LXXXII). «Esse discurso de Fran.co Patricio he visto; no me parece cosa indigna de q se vea en consejo de galeras ambiandolo V.M.d a Ant. 0 Pérez con orden lo haga ver por uno o todos, he puesto la suma en un papelillo aparte, aunque yo no entiendo bien la materia, alla lo conoceran mejor. V. M. d mandara lo q se le respondera (Filippo II annota in margine: «embialde de mi parte a Ant. 0 pz. pa q; se saq. un sumario del y se pueda ver en la junta de galeras y lo q en ello conuendra, y no sé si seria bueno lo viese primero el c.c de Chinch6n»). l De los libros me ha dado el catalogo q aqui va, deuen ser buenos; si V. M.d es seruido, verémoslos Ant. 0 de Covarrubias y yo, pues al fin se le auran de pagar, y yo seguro no nos falten hartos libros griegos con los de don di. 0 de mendoça y el obpo. de lérida q me ha escripto cerca de los suyos, y como V. M. desta tan ocupado no oso tratar de nada». Al margine annota di nuovo Filippo II: «no he podido ver el catalogo de los libros l si fuéremos al pardo y ubiere tiempo, q lo dudo, alli me lo acordad» (Instituto del Conde de Valencia de Don Juan, citato in P. A. REVILLA, op. cit., 33 p. LXXXII). 34 In calce alla Suma, l'indicazione che Patrizi, oltre alle lettere di raccomandazione di Diego Hurtado de Mendoza, presentava anche <mna carta a V. M. d del Prior don Her.do en aprouacion de su persona», quasi certamente Hernando de Briviesca, priore del monastero di San Lorenzo (cfr. P. A. REVILLA, op. cit., p. LXXXII, nota 2). 82 Maria Muccillo rialense è stato dato per perduto, o, comunque, lo si è ritenuto bruciato ms1eme con le molte altre centinaia di libri nell'incendio che investi la famosa biblioteca il 7 giugno 167135, Ma se, con ogni probabilità, l'originale del catalogo di mano del Patrizi deve effettivamente considerarsi perduto, già il Graux non escludeva che di esso potessero essere state fatte delle copie 36. E infatti una di queste è stata scoperta da Jacobs nella Biblioteca di Berlino. Si tratta di una copia settecentesca che si trova nei fogli 9-12 del ms. Phillips 1866 della citata Biblioteca e proviene dal lascito di Pierre François Chifflet, membro del Collegio Gesuitico di Clermont, morto nel 1682, che aveva ricevuto tale copia, non si sa se per sua richiesta o a quale altra condizione, dalla Spagna prima dell'incendio del 167137. Grazie a questa importante scoperta dello Jacobs è ora possibile avere abbastanza Cipro e cogliere precisa di quello che Patrizi aveva raccolto negli anni anche alcune direttive fondamentali di questa sua attività di collezionista di antichi manoscritti greci. Il catalogo reca il titolo Cathalogus librorum Graecorum manuscriptorum: quorum plerosque Franciscus Patricius e ypro aduexit: alios ex insulae direptione Venetias allatos coemit: atque ad CatholiCIIm Hispaniarum Regem Philippum Il attulit e, come plausibilmente congettura Jacobs 38, fu trascritto da un copista che non aveva conoscenza del greco. Esso descrive 75 manoscritti, di cui 74 greci e uno latino. I 74 codici greci sono distinti in tre gruppi a seconda del formato (2°, 4°, 8°). All'interno di ciascun gruppo i manoscritti sono raggruppati ancora secondo l'antichità della scrittura (literis antiquis oppure literis recentioribus) e, infine, a seconda del carattere del loro contenuto, in libri teologici, filosofici, medici, storici, matematici e filologici. Il Cathalogus, che qui si ripropone secondo l'edizione datane dallo Jacobs attraverso un confronto: 1) con l'Inventario dei manoscritti che Filippo II nell' Ardonò il 30 aprile del 1576 all'Escurial, inventario scoperto chivio di Madrid 39; 2) con la trascrizione francese del catalogo dei mano- 35 Cfr. E. jACOBS, op. cit., p. 10. Sull'incendio della Biblioteca, cfr. P. A. REVILLA, op. cit., pp. XVII-XVIII. 36 Cfr. C. GRAux, op. cit., p. 129. 37 Cfr. E. JAcons, op. cit., p. 10; cfr. V. RosE, Vecyichnis der lateiniscben Handscbriften, I. Band, in Die Handscbriften- Vecyichnisse der Koniglicben Bibliotbek :(Il Ber/in, XII. Band, Berlìn 1893, p. 478 (17. Phill. 1866). 38 Cfr. E. JAcons, op. cit., pp. 10-11. 39 Cfr. Seccion 8•. San Lorenzo, Legajo 1', cit. in R. BEER, Die Handscbriftenscbenkung Pbilipp Il an den Escoriai vom Jabre 1576. Nacb einem bisber 11nverojJentlicbten Inventar des Madrider Palastarchivs, «Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des AllerhOchsten Kaiserhauses)), 23 (1903), pp. XXVI-XXVIII. Il titolo esatto di tale inventario è Inventario de los libros q11e foeron entregados para SII custodia a los disp11tados del monasterio de San Loren!{JJ el Reai por Hf!1'11ando de Briviesca, g11ardajf!Jas de SII magestad, 3• de abril de 1576. Questo inventario, per la parte che concerne i suoi manoscritti, si 83 La biblioteca greca di Francesco Patrizi scritti greci dell'Escurial preparato tra il 1590 e il 1600 da Nicola della Torre (Pinax) 40; e 3) con il Catalogue del Miller (da parte nostra aggiungiamo l'attuale collocazione dei vari codici nel Catalogo più recente a cura di Revilla e De Andrés, che abbiamo confrontato con i precedenti), presenta tutte le caratteristiche di un catalogo commerciale, nel quale alla descrizione della 'merce' si accompagna una valutazione della stessa: Theologici in folio literis antiquis. 1. Canonum Apostolicorum, et Synodicorum interpretatio . Acephalus. In quo etiam Imperatorum nouae vrbis dignitates, episcopatus Orientis. Latinarum quarundam dictionum expositio. Cyrilli Alexandrini contra Nestorium cap. 12. Jo. episcopi Ciri responsiones ad Cabasilum episcopum Dirrhachiensem . Nicetae Heracliensis responsio ad Constantinum Vnicus . Mercurii Trimegisti de Terraemotibus . Rarus. Paschalis variae interpretationes . Nicetae Entelli de anima. Eiusdem de Paradiso . Eiusdem de coelesti, et ecclesiastica Hierarchia. Omnes tres vnici. a DE ANDRÉs, II, 379. -X. III. 1. -Inventario 136, 104. - Pinax 550. 2. Fragmentum quoddam Theologicum. b DE ANDRÉS, II, 262?. - Y. II. 7.? Philosophici. 3. Joannis Elachisti Logica. In quo etiam Disputatio de Trinitate. Inventario 139, 25. - Pinax 147. Medici. 4. Varia omnis generis morborum remedia, ex Sorano, Archigene Philagrio, aliis nobilissimis medicis antiquis collecta . libri 14•, 15• et 165 integri, duo Juniores mutili . Vnicus. DE ANDRÉS, II, 212. - (/). II. 15. -Inventario 153, 6. - Pinax 354. Historici. S. Imperatorum vitae per epitomen, à Galieno usque ad Michaelem Teophili filium . V nicus. r DE ANDRÉS, n, 296. - Y. I. 3. -Inventario 156, 6. - Pinax 76. basò su una copia dell'originale catalogo approntato da Patrizi stesso, adattato al suo schema sistematico (cfr. E. JACOBS, op. cit., pp. 13-14). 40 Tale il titolo completo: mvaç 1:0>v &v "'TI flamÀtKTI PtJlÀ.w9iJIC11 PtPÀ.irov (ms. X.I. 16, secondo la catalogazione di E. MrLLER, op. cit., p. 332 sgg.; G. DE ANDRÉs, op. cit., p. 260). a) Codice del secolo XlV, proveniente da Cipro. b) Tale frammento contiene per lo più epistole di Padri bizantini. c) Codice del secolo XIII. Contiene propriamente JoHANNIS ZoNARAE Annalium libri XliXVI Da notare che la esatta segoatura di questo manoscritto nel catalogo del Miller non è come si trova, forse per un errore di stampa, in Jacobs: v.I.3, bensl y.I.3. 84 Maria Muccillo Theologici in folio literis recentioribus. 6. Eumolpi Phili commentaria in 4 Gregorij Nazianzeni orationes . V nicus. Inventario 137, 32. - Pinax 634. 7. Nicete Serrhei commentaria in 14m Gregorii eiusdem orationes. 8. Basilii de Maioribus honorandis in quo etiam In aliquot Gregorii eiusdem orationes commentaria . Incerti . et Fidei catholicae definitio doctissima. Inventario 137, 3. 9. Matthei Blastaei canones omnium conciliorum. In quo etiam Eiusdem enumeratio ecclesiasticarum dignitatum, et ministeriorum. Et De paenitentia . et Theodori Balsamonis carmina Heroica . Rarus. d DE ANDRÉS, n, 378. II. 18. -Inventario 137, 13. - Pinax 560. -x. 10. Synesij omnia opera. Inter quae hymni non pauci. Unici. Inventario 137, 31.- Pinax 607. Philosophici literis recentioribus m folio. 11. Plotini omnia opera. In quo etiam Porphyrii de vita et libris Plotini. Et Numenii Pythagorei de Materia . V nicus. Pselli de Assyriorum dogmatibus . Historiae quaedam incertae. Et Adagia . et Prolegomena Rhetorica . et De Rhetorica . Vnicus. 8 DE ANDRÉS, n, 208.- <!>. II. 11. -Inventario 143, 35.- Pinax 251. 12. Procli Theologiae Platonicae lib. 6. Rarus. In quo etiam Marini Neapolìtae Procli vita. DE ANDRÉS, n, 209. <!>. II. 12? -Inventario 143, 19.- Pinax 258? 13. Eiusdem Procli Stichiosis Theologica. Rarus. In quo etiam Eiusdem commentaria in Cratylum. Et eiusdem commentaria in Alcibiadem.f REVILLA, I, 107.- r. III. 8. -Inventario 143, 21.- Pinax 261. 14. Procli eiusdem commentaria in Parmenidem . libri septem integri . Rarus. Inventario 143, 20: Eiusdem commentaria in Parmenidem integer. 15. Hermiae commentaria in Phaedrum.t REVILLA, I, 113.- r. III. 14 oppure x. I. 6. -Inventario 143, 24 oppure 25.- Pìnax 239? d) Il titolo con il quale Patrizi menziona tale codice è un titolo che si riferisce soltanto allo scritto iniziale e finale; in realtà in esso sono contenute anche numerose altre lettere di vari Padri e autori bizantini. Da osservare che il Graux (cfr. G. GRAux, op. cit., p. 126) erroneamente riteneva che questo codice fosse appartenuto a Nicolò Barelli. e) Da una nota in greco si rileva che il codice fu finito di copiare nell'agosto del 1563 per mano di tre copisti, e cioè di un certo sacerdote Gregorio, di Costantino Paleocappa e di un terzo ignoto scrittore. f) La prima parte dell'attuale escurialense fu copiata a Padova nel 1569 dallo scrittore Sofiano Melisseno, come si rileva da una nota nel testo; tale copista, insieme ad altri, copiò anche i restanti fogli del codice. g) Il Miller, che non conosceva ovviamente il catalogo pubblicato dallo Jacobs, non lo potè attribuire a Patrizi. 85 La biblioteca greca di Francesco Patrizi 16. Olympiodori commentaria in Phaedrum. Eiusdem commentaria in Philebum. Eiusdem commentaria in Gorgiam. et Joannis Pediasmi commentaria in Theocriti Syringa. Inventario 143, 13. - Pinax 244. 17. Damascij De rerum prindpiis . liber rarissimus et plurimi faciendus. REVILLA, I, 82?. -I. II. 2? -Inventario 143, 37. 18. Jo. Stobaei Physica . Rarus. h REVILLA, I, 141.- T. II. 2. -Inventario 143, 28.- Pinax 363. 19. Nicephori Blemmidae logica. In quo Gregorij Pachymerae Physica . et Logica quaedam et De anima. i DE ANDRÉS, II, 204. - <P. II. 7. -Inventario 143, 36. - Pinax 136. Mathematici in folio literis recentioribus. 20. Bryennij Harmonica. Inventario 150, 8. - Pinax 219. 21. Aristoxeni Musica. R. l 17. -Inventario 150, 4. - Pinax 211. 22. Anatolij et Nicomachi Theologumena Arithmeticae Pythagoreae. Theonis Smyrnaei de Arithmetica Platonis. Et De Musica Platonis . Et Porphyrii de virtutibus . Et Andronici de Passionibus. 1 REVILLA, I, 100. -I. III. 1. Parte I (f. 1-72). -Inventario 145, 26.- Pinax 399. 23. Porphyrij commentaria in Ptolemaei musicam. In quo etiam Alypij Musica. m DE ANDRÉs, II, 200. - <P. II. 3. -Inventario 150, 3. - Pinax 216. 24. Theodosii Spherica. Rarus. n DE ANDRÉS, m, 452. 5 - 'P. II. 17. Parte m. -Inventario 150, 21.- Pinax 224. 25. Incerti de cadesti dispositione . et alia Astrologica . Item Pauli Alexandraei . et Theodosii . et Zoroastri Astrologica multa . Liber vnicus. • DE ANDRÉS, III, 452. 4 - 'i'. II. 17. -Inventario 150, 22. 26. Libanii orationum volumen primum. REVILLA, l, 150. - T. Il. 11. b) Miller non indica in Patrizi il possessore del codice. i) Da una nota in greco nel codice si ricava che fu finito di copiare il giorno 29 luglio 1564 che cadeva di sabato. l) Il manoscritto appartenuto a Patrizi corrisponde soltanto a una parte dell'artuale codice escurialense, e cioè ai ff. 1-70, che furono copiati nel 1569 a Padova da Sofiano Melisseno. m) Il Miller non conosceva il nome del possessore di tale codice. n) Il manoscritto qui menzionato dal Patrizi con un titolo generico, conteneva THEODOSII Spbaerica lib. I e lib. II di mano non identificata, e corrisponde al testo n. 5 contenuto nell'attuale escurialense. o) Più precisamente, il manoscritto contiene De caelesti dispositionc et alia astrologica di mano dello scrittore Diassorino. Gli altri tre scritti che costituiscono l'attuale escurialense furono copiati da Andrea Darmario. Maria Muccillo 86 27. Eiusdem orationum volumen 2m. Vnici ambo.P REVILLA, I, 154. - T. II. 15. - Inventario 160a, 7, 8: Libanii orationes duobus tomis. - Pinax 165. Theologici in 4to literis antiquis. 28. Variae multorum auctorum tractationes in membrana. V nicus. q DE ANDRÉS, m, 455. - 'P. II. 20. -Inventario 138, 77. 29. Alius in membrana imperfectus. Inventario 138, 77? 30. Ephraim Syri de Ascesi. In quo vitae quaedam sanctorum. r DE ANDRÉS, II, 271. - Y. m. 1. - Inventario 138, 71. - Pinax 808. 31. Simeonis Sethi homeliae. In quo Eph[r]aim Syri, de his, qui in passionibus animi degunt . Et eiusdem de Judicio et eiusdem de Ascesi . Et Judaei cuiusdam confessio, de virginitate beatae Mariae post partum. Athanasij ad Antiochum de reconditis quaesitis. Et abbatis Esaiae Sermones . Et Dubitationes ad Anastasium . Et Ezechielis visio . Et Diadochi sermo de asceticis . Et Basilij de vsuris . et eiusdem de Jeiunio Et eiusdem de Auaritia . Et vita Xenophontis et uxoris et filiorum. s DE ANDRÉS, III, 582- Q. IV. 30. -Inventario 138, 80.- Pinax 804. 32. Acta Apostolorum. In quo etiam Bessarionis de Eucharistia . imperfectus, sed vnicus. Et interrogationes ad Graecos. Et Chrysostomi ex pseudodidascalia de potestate papae vnicus. Hyppolyti Thebani de beata virgine. Astrologica quaedam. Et Aristotelis de virtutibus. Et Methodus inueniendi Pascha. 1 DE ANDRÉS, m, 574. - Q. IV. 22. -Inventario 138, 79. - Pinax 445. 33. Nicephori Gregorae contra Palamicos tomos libri V. Inventario 138, 81. - Pinax 767. 34. Sermones varii. 35. Demetrij Cydonis in euangelium. In quo etiam Incerti de Prosodia. Georgij Curteseti in euangelium . vnicus. Theodori Gazae contra Platonem pro Aristotele, vnicus. Et Andronici Callisti contra eundem ad Bessarionem . vnicus. Et Bessarionis responsio . vnicus. Et quaestiones de Trinitate. Et Socratis Scholastici de differentijs apparentibus in libris scripturae sanctae. vnicus. Et epistola Innocentij Papae ad Archadium pro Jo. Chrysostomo. Et Epistola Honorii ad Archadium. Et Nicephori Blemedae ad Teodorem Lascarem. Et Libanij Monodia ad Nicomedeos. Procopij Sophistae Gazaei. vnicus. Diui Augustini de cognitione verae vitae. Et Epitaphium in p) È da notare che questo codice, sicuramente appartenuto a non è ""~'~·"'"'"v nell'Jndex possessorum del catalogo del Revilla, evidentemente per una semplice omissione. q) Codice del secolo XIII. Comprende brevi scritti di argomento per lo più teologico e ascetico. Miller non lo dava come posseduto da Patrizi. r) Codice del secolo XIII. s) Codice del secolo XIV. Miller non lo indica come posseduto da Patrizi. t) Codice dei secoli XV-XVI. Il Miller non sapeva che era appartenuto a Patrizi. La biblioteca greca di Francesco Patrizj 87 Theodorum Paleologum de Anima. Et Jo. Argyropyli solutio quarundam questionum ad medicos Cyprios. vnicus. 11 DE ANDRÉS, II, 234. - <P. III. 15. -Inventario 138, 78. - Pinax 7. 36. Vita Constantini. In quo etiam Basilij de Imagine Christi. Et de Adoratione imaginum. Et de Constantino a Syluestro baptizato. De Agareno in imagines sacras impio. Et Reuelatio Andréae Christu Salus. Inventario 138, 83. - Pinax, 807. Philosophici in 410 literis antiquis. 37. Commentaria in 3 de anima libros Aristotelis. Puto esse Ammonij . vnicus. Inventario 144, 5 - Pinax 288. 38. Damasceni Philosophia. • ANDRÉS, III, 256. - IJI. III. 1. -Inventario 144, 13. DE 39. Catonis carmina cum scholijs. In quo Boetij de consolatione cum commentarijs Planudae. Phocylidis poema. Pythagorae aurea carmina. Hesiodi opera et dies, cum commentarijs. Theocriti quaedam cum commentarijs. Pyndari Olympionicae, cum commentarijs. Epicteti Enchiridion. Orphei Teletae. Homerocentra. vnicus. Inventario 144, 15. - Pinax 362. 40. Somnium Scipionis cum Macrobij commentariis. In quo etiam Dionysij De orbe . et Theodori de mensibus. Et Theophrasti characteres. Et Dionysij Alicarnasei de nominum compositione. Et Problemata Rhetorica. Et quinque Dialecti. Et Philostrati vitae Sophistarum. Et Declamationes quaedam. Et Manuelis Raul ad Imperatorem Cantacusenum . V nicus. Epistolae Gregorij, Basilij, Juliani, Libanij et aliorum. Basilij Regis hortationes ad filium, et ad Josaphat Cantacusenum . vnicus. Epistolae Raul . vnicus. Et Marci Pyri responsio ad Michaelem Bochalem 126 . vnicus. Batracomyomachia, et hymni, et epigrammata, et epistolae quaedam. Laudes virginis matris. Galeomyomachia. Themistij Paraphrasis in 5 libros Phisicos Aristotelis. z DE ANDRÉS, III, 475. - 'P. IV. 1. -Inventario 145, 28. Pinax 229. Mathematici in 410 literis antiquis. 41. Arithmetica Nicomachi. In quo Basilij contra Eunomium. Pselli De magno anno Platonico. Nigrini Philosophia. aa DE ANDRÉS, II, 282. - Y. m. 12. -Inventario 144, 11. Pinax 207. 11) Codice scritto da vari copisti. Si conosce il nome soltanto di quello, Menoicos, che ha trascritto i ff. 1-50. v) L'attuale escurialense è costituito da fogli trascritti in epoche diverse (secc. XII, XV). La parte contenente la Dialectica di Giovanni Damasceno sembra provenisse dalla collezione Dandolo e non da quella di Diego Hurtado de Mendoza. Il Miller non conosceva il nome del possessore del codice. z) Codice in gran parte del secolo XV e in piccola parte del secolo successivo. Da una nota in greco si rileva che appartenne dapprima a un tale Giovanni Sinditico di Cipro e poi ad Alessandro Lascaris, quindi arrivò nelle mani del Patrizi. aa) Codice del secolo XIV. 88 Maria Muccillo 42. Ptolemei Pelusiotae Canones Astrologici . vnicus. In quo etiam Nicephori Gregorae de Astrolabio. Isaaci Argyrae canones solares et lunares . vnicus. Euclidis liber primus. Y. III. 21. Parte I. -Inventario 151, 10. - Pinax 229. Medici in 410 literis antiquis. 43. Capita curativa 250 . vnicus. Inventario 154, 12. 44. Actuarij de vteri positione et alia. Inventario 154, 11. - Pinax 332. 45. Capita curatiua ex diuersis collectus . vnicus. Inventario 154, 10.- Pinax 332. 46. Cyrani Persarum Regis multa medica. In quo etiam Simeonis magistri medica quaedam. Pythagorae . et Brontologium mensium. Astrologica multa. De duodecim lapidibus. De Balaam. De Herbis. De furiosis. De anima. De 4or virtutibus in tribus animae partibus. De climatibus. De pelagis. De mensibus Aegyptiorum et Graecorum. De Iride. De mundi aeternitate. De vita in Paradiso et ligno vitae. De principijs naturae. De Horoscopo et planetis. Jo. Grammatici de Astrolabio. Alia Astrologica. Pythagorae scepterium. Horum pleraque singularia sunt. Inventario 144, 14. - Pinax 349. 4 7. Pauli medici Protaxis. Hippocratis Juramentum. Item aliud iuramentum. Et collectio Theorematum medicorum. Xenonis curatiuae medicationes. Amerumni antidota. Jacobi Spatharij quaedam. Liber vnicus. Non figura né in Inventario né in Pinax. Philologici in 410 literis antiquis. 48. Libanij epistolae multae. In quo Platonis Phaedrus. Aristotelis de anima cum scholijs. Philoponi commentarla in 14 libros Metaphysicos . Vnicus. Aristotelis libri metaphysici cum scholijs. Planudis synagmata . vnicus. Euclidis libri 5 priores. In quibus apparet falsa esse, quae de Theonis commentarijs dicuntur . vnicus. Phocii Patriarchae homeliae XI . vnicus . liber plurimi aestimandus. Inventario 144, 7. - Pinax 183. 49. Liber variarum homiliarum, Oratìonum, tractatuum numero 118. auctorum variorum: quorum index illic reperietur . liber vnicus, et plurimi faciendus. bb DE ANoRÉs, n, 265.- r: n. 10. 50. Aristophanis nebulae. Inventario 165a, 2. - Pinax 52. bb) È un codice del secolo XIII, secondo alcuni paleografi scritto da Eustachio di Tessalonica. Il Miller non indicava Patrizi come suo proprietario. La biblioteca greca di Francesco Patrizj 89 Theologici in 4ro literis recentioribus. 51. Cyparissioti de symbolica et demonstratiua Theologia. Eiusdem Eneas 4ra ex Diuinis libris, de sublimibus passionibus. Eiusdem ex Graecorum Demonstrationibus, quod non oporteat putare mundum Deo coeternum . omnes tres libri vnici. Inventario 139, 20.- Pinax 744. 52. Jo. Damasceni de sacris imaginibus. In quo etiam Photij Patriarchae Paratitlus de septem synodis . vnicus. Pselli expositio Assyriorum dogmatum et Epiphanij de 12 Capillis. Et Nili Rhodii de lapidibus . vnicus. De praeparatione vnguenti Mosaici. Aphricani de muliere foecunda et sterili efficienda . vnicus. De anno bisextili . et duae epistolae Gregorìj papae ad Leonem Isaurum . et Alia quaedam de Idolis. Inventario 139, 23. - Pinax 740. 53. Gregorij varia carmina . videlicet Hypothecae, Leges, Threni, Hymni, Macarismi et Sententiae . vnicus. Inventario 139, 21. - Pinax 56. 54 Basilij Exhameron. cc DE ANDRÉS, III, 477. - 'P. IV. 32. -Inventario 139, 22. - Pinax 533 o 534. 55. Incerti Contra Palomicos tomos libri 8 . non sunt autem Gregorae, longe eruditissimi. Inventario 139, 24. - Pinax 763. Philosophici in 4to literis recentioribus. 56. Jo. Stobaei Ethica, aliqua integra ab diversa impressis. Inventario 145, 21. - Pinax 265. 57. Pselli de magno anno. In quo etiam Plethonis de terrae figuris. Rarus. Fabulae incerti. Destructio quorundam Aristotelicorum Dogmatum. Vnicus. Simeonis magistri Synopsis Physicorum. Et Pselli Phisica epitome. Rari. Inventario 151, 6. Pinax 232. 58. Zachariae Scholasticì dialogus. Ammonìus . in quo etiam de stoica philosophia . et Theophilacti Antistenes. Vnicus. Inventario 145, 24. Pinax 150. 59. Pediasmi commentaria in Cleomedem. Rarus. d4 DE ANDRÉS, II, 291 ?. - Y. III, 21. Mathematici in 4ro literis recentioribus. 60. Nicomachi Arithmetica, cum commentarijs Procli Laodicensis . vnicus. Inventario 151, 8.- Pinax 206. 61. Jo. Camateri, de astrorum dispositione. Gregorij De anima ad Tatianum. Isaaci Argyrae de triangulis, et aliis figuris. Inventario 151, 9.- Pinax 231. cc) Il Miller non sapeva che Patrizi era stato il possessore del codice. dd) Di questo codice non è sicura l'identificazine. Il Miller non lo indicava come posseduto da Patrizi. Maria Muccillo 90 Philologici in 410 literis recentioribus. 62. Herodiani de figuris . Et eiusdem de Rhetorica. Et epitome Idearum Hermogenis. Et de 14 statibus et Matthei Macarij epitoma progymnasmatum. Et Hypothesis oratìonum Demosthenis. Gregorij logica. V nicus. Inventario 160b, 7.- Pinax 163. 63. Ichnilatis apologi . liber apud Indos conscriptus vnicus. In quo Pselli de animae generatione in Timeo. Eiusdem de animae potentiis. Palladij de Bragmanorum historia . vnicus. Pselli apophtegmata. Rarus. De Francis et reliquis Latinis . Et Basilij de anìmalìbus . vnicus. Simeonis Sethi translatio ex Agarenorum lingua . vnicus ee DE ANDRÉS, II, 276. - Y. III. 6. -Inventario 145, 23.- Pinax 32. 64. Abbatis Nonni de fabulis Graecorum. Inventario 160b, 8. - Pinax 123. 65. Libanij declamationum 3m volumen . vnicusff DE ANnRÉs, n, 238. - f/J. m. 19. 66. Michaelis Antipati Epitome digestorum. Inventario 148, 3. In 8° literis antiquis. 67. Medica quaedam . .&? DE ANDRÉS, III, 501.- 'P. IV. 27. -Inventario 155, 1 ?: De re medica, liber acephalus. - Pinax 350? 68. Logistica quaedam. Inventario 144, 10. 69. Epistolae Patriarchae cuiusdam. Et Libanii orationes aliquot. Inventario 160c, 3. - Pinax 185. In 8° literis recentioribus. 70. Theonis Alexandrini canones Astrologici. Inventario 152, 1. - Pinax 349. 71. Nicephori Blemmidae Logica ante Syllogismos. bh DE ANDRÉS, III, 583. - m. IV. 31. ee) Da una nota in greco nel testo si rileva che il codice fu copiato nel 1564, in parte da1 sacerdote Gregorio a spese del Patrizi. Jf) Il Miller non sapeva che tale codice fosse appartenuto a Patrizi. gg) Codice del secolo XIII contenente solo in piccola parte scritti di argomento e per il resto, testi di carattere matematico e fisico. Il Miller non lo considerava possesso del Patrizi. bb) Lo scritto contenuto nel codice reca il titolo preciso NICEPHORI BLEMMIDAE Epitome logica. Il Miller non lo indicava come appartenente a Patrizi. La biblioteca greca di Francesco Patrizi 91 72. Eiusdem Perihermenias et Syllogismi. ii DE ANDRÉs, m, 494. - 'P. IV. 20. 73. Scholia in tres Aeschili tragedias. Inventario 165a, 3. - Pinax 72. 74. Jo. Monachi philosophia. Inventario 144, 12. Latini. 75. Tibullus . Catullus . et Propertius. Sunt. Volumina 75. Auctores 183. Tractatus 378. Singulares 50. Antiqui codices 33. Qui in regia bibliotheca non reperiuntur Tractatus 356. Dalle osservazioni appunto sulla rarità, unicità e antichità dei vari 'pezzi' descritti, non risulta difficile capire che l'originale di cui questo catalogo pubblicato dallo Jacobs è copia, era stato scritto direttamente dal Patrizi che lo aveva composto in modo da mettere in evidenza il valore dei libri da lui proposti per la vendita. Anzi, prima di stenderlo, egli si era preoccupato di esaminare il fondo librario della biblioteca reale, rilevando come in essa mancassero di fatto circa il 98 per cento dei libri da lui offerti. Forse fu proprio questa sapiente descrizione del suo patrimonio di manoscritti, che indusse il re a comprare tutti i 75 'pezzi' della collezione patriziana, nonostante la nota avversione del sovrano all'acquisto di 'doppiette'. Patrizi ricevette la cifra di mille reali in contanti, più un 'dispaccio' di 660 ducati da riscuotersi a Milano. Dell'avvenuta vendita riferisce il Gracian all'ambasciatore spagnolo a Venezia, Don Diego Guzman de Silva, 1'11 maggio 1575, sottolineando che furono pagati che nella citamolto bene 41, in questo certamente di parere diverso dal ta lettera autobiografica afferma al contrario: «Hebbe del prezzo de' libri mille ii) Il titolo esatto dello scritto contenuto nel codice è NICEPHORI BLEMMIDAE Epitomes iogicae cc. 26-40. Il Miller non sapeva che Patrizi ne era stato il possessore. 41 Cfr. «Carta de Antonio Gracian al Embajador D. Diego Guzman de 11 de mayo de 1575», conservata nell'Archivio de Simancas. Estado- Legajo 1515. Nello stesso archivio (Estado- Legajo 1547, f. 332) si trova anche un riassunto del catalogo del Patrizi dal titolo « Catalogus graecorum aliquot librorum quos F. Patricius, partim ipse Cypro partim ab aliis ex Insulae direptione Venetias allatos, ibi coemit», che raccoglie 143 titoli di opere distinti in 9 gruppi per materia, al margine di alcuni dei quali viene indicato se erano stati pubblicati in latino o in greco. Il Revilla (cfr. P. A. REVILLA, op. cit., p. LXXXIII, nota 3), da cui sì ricava l'indicazione, non afferma nulla sull'indentità dell'autore del riassunto. Il documento che abbiamo esaminato in fotocopia, non è in ogni caso di mano del Patrizi. Maria Muccillo 92 reali soli, e de gli altri un despacchio per Milano di ducati seicentosessanta» 42. Tali ducati poi, come si rileva dalla lettera scritta dal filosofo ad Alfonso II d'Este, duca di Ferrara, da Ferrara il 27 agosto 1579, egli poté veramente riscuoterli soltanto cinque anni dopo, allorché finalmente il promesso «dispaccio» reale arrivò alla 'camera' di Milano 43. In effetti, come si rileva dai calcoli dello Jacobs, aveva piuttosto ragione Patrizi quando considerava mal pagati i suoi manoscritti che vennero valutati meno di un reale a pagina, cifra che costituiva appunto all'epoca il prezzo medio di una pagina di codice sul mercato. Dall'esame dei circa 33 manoscritti che, secondo il Catalogo di Revilla-De Andrés, sono attualmente presenti all'Escurial, e che sicuramente facevano parte del fondo patriziano, si desumono interessanti indicazioni non solo sul luogo di provenienza, ma anche sui loro precedenti proprietari e sull'epoca della loro trascrizione. In generale sulla base di tali dati è possibile affermare che la collezione venduta dal filosofo al re di Spagna, fu in gran parte di origine cipriota e solo alcuni codici vennero fatti trascrivere a Venezia dal Patrizi stesso dopo il suo ritorno in patria. Cosi ad esempio, il manoscritto indicato nel Catalogo dello Jacobs sopra riportato con il numero 13, contenente la Elementatio tbeologica di Proda e i commenti di quest'ultimo al Crati/o e all'Alcibiade di Platone, risulta copiato nel 1569 da Sofiano di Creta sulla base di un codice della biblioteca di Gian Vincenzo Pinelli 44; il manoscritto indicato con il numero 19 e contenente le opere di Niceforo Blemmida e Gregorio Pachymeres reca la data del 1564, epoca in cui Patrizi si trovava a Cipro, e fu forse proprio fatto trascrivere per suo incarico 45; la stessa data reca anche il manoscritto n° 63, copiato in parte da un certo Gregorio sicuramente per conto del filosofo e contenente opere di Psello ed altri scritti rari 46; il manoscritto col numero di catalogo 40, contenente il Somnium Scipionis con il commento di Macrobio, i Caratteri di Teofrasto e opere di vari altri autori, era appartenuto dapprima a un senatore cipriota di nome Jean, poi a un membro dell'illustre famiglia Lascaris a nome Alessandro, e infine era passato nelle mani del Patri- 42 43 Cfr. F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 50. Cfr. ivi, p. 24. Patrizi chiedeva al duca <<licenza per venticinque over trenta giorni» per andarli a riscuotere. 44 Se ne veda la descrizione in E. MILLER, op. cit., p. 97, n. 104 (E.-III.-8.); P. A. REVILLA, op. cit., I, p. 354, n. 107. Il copista qui menzionato come Sofiano di Creta sembra doversi identificare con quello stesso personaggio, nativo di quell'isola, che svolse la sua attività a Padova tra il 1566 e il 1571 (collaboratore di Andrea Darmario e di Nicola Turriano), che nel 1585 lavorò al servizio di Antonio Agustin (Cfr. Repertorium der griescbiscbcn Kopisten 800-1600, I, a cura di E. Gamìllscheg e D. Harlfinger, p. 182, n. 362). 45 Cfr., per la sua descrizione, E. MILLER, op.cit., p. 156, n. 201 (.P.-II.-7.); P. A. REVILLA, op. cit., II, pp. 33-34, n. 204. 46 Cfr., per la descrizione, E. MILLER, op. cit., p. 228, n. 273 (Y.-III.-6.)1; P. A. REvrLLA, op. cit., I, pp. 151-152, n. 276. Su questo copista Gregorio non siamo riusciti ad appurare nulla. La biblioteca greca di Francesco Patrizj 93 zi 47. Il contenuto dei suoi manoscritti ci autorizza a pensare che Patrizi non si sia lanciato a raccogliere tutto quanto gli fosse capitato tra le mani, ma che avesse appositamente selezionato i vari 'pezzi' della propria collezione, facendo appunto fare copia di quelli che rivestivano per lui maggiore interesse. Alcuni di essi era andato personalmente ricercando nei monasteri ciprioti. Ci è noto il caso del Commento alla Metafisica di Aristotele attribuito a Filopono, che fu in seguito da lui pubblicato presso l'editore Mammarelli 48. Secondo quanto riferisce l'editore nella Epistola al lettore, esso fu da Patrizi trovato in un monastero di monaci basiliani a nome Flattri (in realtà tale sarebbe il nome di Platrai, una località in prossimità della quale era situato il chiostro di Aghia Maura 49). Ma, come si diceva, non tutta la collezione patriziana venduta a Filippo II proveniva da Cipro. Alcuni dei manoscritti furono acquistati a Venezia, dopo la caduta dell'isola, forse presso profughi in difficoltà, e fatti trascrivere a Padova su incarico del filosofo. Ciò è dimostrato dai codici catalogati coi nn. 13 e 22, entrambi copiati da Sofiano Melisseno so a Padova nel maggio-giugno del 1569, poco dopo il ritorno di Patrizi da Cipro. Andando ora ad esaminare gli autori e le opere contenute nei codici patriziani, si deve rilevare innanzi tutto la presenza di scritti inediti e di autori poco conosciuti in Occidente. Come si è detto, Patrizi stesso aveva raggruppato nel catalogo di vendita i suoi manoscritti secondo il carattere del contenuto, distinguendo libri teologici, filosofici, storici, medici, matematici e filologici. I libri teologici sono circa un terzo dell'intera raccolta ed offrono vario materiale relativo alla storia dei concili della Chiesa d'Oriente, una documentazione 47 Cfr. E. MILLER, op. cit., pp. 439-444, n. 471 ('P.-IV.-1.); P. A. REVILLA, op. cit., III, pp. 81-85, n. 475. 48 Cfr. IoANNIS PHILOPONI breves sed apprime doctae et utiles expositiones in omnes XIII Aristotelis libros eos qui vocantur metaphysici, quas Franciscus Patricius de Graecis Latinas fecit, nunc primo typis excussae in lucem prodeunt, Ferrariae, apud Dominicum Mammarellum, 1583. Interessante è quanto l'editore premetteva alla traduzione patriziana: «Eas [scii. expositiones] Franciscus Patricius [... ], dum in Cypro commoratur, in monasterio quodam Basilianorum Monachorum, quod Flattri dicebatur, reperit, membrana ac charactere, satis ut apparebat, antiquis, exaratus ac titulo hoc simplici Graeco, Jo. Philoponi. Eas, simul cum aliis multis libris Graecis, omni scientiarum genere refertis, quos magna ille diligentia, labore ac sumptibus conquìsierat, manuscriptis, pattim, ut vetustiore manu scripti erant, coemptis, secum ante Turcìcam eius insulae devastationem in Italiam auuexerat». Il manoscritto in questione sembra ora perduto e il chiostro in cui Patrizi lo trovò è probabilmente quello dì 'Ayiu Maupa, a un'ora circa di distanza dalla località di m.a1:pat, forse il Flattri cui si riferisce Mammarellì (cfr. E. JACOBS, op. cit., pp. 25-26). Cfr. C. B. ScHMITT, Philoponus' Commentary on Aristotie's Physics in the Sixteenth century, in Philoponus and the Rejection of Aristotelian Science, a cura di R. Sorabji, Ithaca, New York 1987, pp. 210-230. 49 Cfr. E. JAcons, op. cit., p. 26. 50 E. MILLER, op. cit., p. 97, n. 104 (1:.-III.-8.). È da notare che il secondo dì questi manoscritti non è ricordato dal Miller fra quelli di Patrizì; è segnalato invece da P. A. REviLLA, op. cit., p. 354, n. 107 e p. 337, n. 100. 94 Maria Muccillo che Patrizi definisce in alcuni casi, 'unica'; opere teologiche e mistiche di autori per lo più bizantini come Niceta Entello, Eumolpo di Filo, Niceta Serreo, Matteo Blasteo, Teodoro Balsamone, Sinesio, di cui considera 'unici' alcuni Inni da lui trovati, Efraim Siro, Simeone Seth, Attanasio, Abate Isaia, Basilio, Bessarione, di cui possedeva un De cucbarestia da lui anche definito 'unicus', Ippolito Tebano, Niceforo Gregora, Demetrio Cidonio, Giorgio Curteseto, Teodoro di Gaza di cui indica come 'unicus' un testo contro Pletone da lui posseduto, Andronico Callisto, Socrate scolastico, Niceforo Blemmida, Libanio, Procopio di Gaza, Giovanni Argiropulo, Giovanni Ciparissiota, Giovanni Damasceno, Fozio, Psello, Epifanio, Nilo Rodio. Si trattava dunque, come si può rilevare anche solo da questo semplice elenco, di esponenti della filosofia bizantina st di varia epoca, dall'età patristica fino all'ultima fase della speculazione teologica precedente l'invasione turca, e di opere ancora in gran parte al dibatsconosciute in Occidente, comunque sempre, in qualche modo, tito religioso-teologico dell'epoca del Patrizi, impegnata, come è noto, nella ridefinizione della tradizione cattolica in funzione antiprotestante e nello sforzo di ricostruire, su più sicure basi documentarie, la storia stessa della Chiesa. E se i manoscritti di carattere teologico, nella loro gran parte, erano destinati ad arricchire una problematica assai viva negli ambienti cattolici dell'epoca, i libri da Patrizi stesso definiti 'filosofici' sembrano più direttamente collegarsi con la sua specifica ricerca filosofica. Il gruppo dei codici 'filosofici', di numero solo di poco inferiore a quello dei manoscritti di argomento teologico, presenta anch'esso la caratteristica di riguardare autori bizantini: da Giovanni Elachisti e Giovanni Stobeo, da Niceforo Blemmida a Giovanni Damasceno, da Michele Raul a Marco Piro, autori su cui pochissimo si sapeva all'epoca del Patrizi e di cui quasi nulla era stato tradotto o pubblicato (su cui ancora oggi è difficile reperire notizie) 52, Ma nel gruppo, testimonianza di una problematica 51 Non è possibile in questa sede soffermarsi, come sarebbe opportuno, su ciascuno degli autori qui menzionati perché si tratterebbe di ripercorrere la storia della diffusione della filosofia bizantina nel Rinascimento, indagine quanto mai interessante ed importante che permetterebbe di chiarire le fonti di una gran parte del pensiero teologico e filosofico del periodo. Ci si limita pertanto a rinviare a una serie dì lavori nei quali è possibile trovare una prima, essenziale informazione sul tema: K KRuMBACHER, Geschichtc der ~tinischen litteratur Z/0!1 Justinian bis 211m Ende des ostromischen Reiches (527-1453), Munchen 18972 (ristampa New York 1970); G. MoNTELATICI, Storia della letteratura /;cymtina (324-1453), Milano 1916; S. IMPELLIZZERI, La letteratura bizt,mtina da Costantino a Frxdo, Milano 1975, con ampia bibliografia (pp. 369-448); S. RuNCIMAN, The fast Bft1111ti!1e Rmaissance, Cambridge 1970; D. J. GEANAKOPLOS, Bftlllllium and the Renaissance. Groek Scholars in Vtmice. Studies in the dissemination oJgroek Jearning.from Bpntium to Western Europe, Hamden 1973. 52 Scarsissima è la bibliografia specifica sulla storia della filosofia bizantina, per la quale resta ancora essenziale B. TATAKJS, La philosophie byztmtine, in E. BREHIER, Histoiro de la philosophic. Fascimle supplémentairo 11' II, Paris 1949. La biblioteca greca di Francesco Patrizi 95 filosofica che si veniva sempre più precisando ed arricchendo con lo studio della tradizione platonico-neoplatonica, figuravano anche tutta una serie di autori, in parte già noti, ma con commenti sconosciuti, le cui opere Patrizi andava raccogliendo con assiduità e forse già con l'intento di proporle all'attenzione della cultura occidentale. In particolare, ci sembra significativa la presenza di tutte le opere di Plotino accompagnate dalla Vita scritta da Porfirio 53; un De materia, definito 'unicus', di Numenio Pitagorico; il De AsfJriorum dogmatibus di Psello, la Theoiogia Platonica di Proclo con la Vita del filosofo scritta da Marino; dello stesso autore la Eiementatio theoiogica, i commenti al Crati/o, all'Aicibiade, e al Parmenide (quest'ultimo «integen>!) 54; i commenti di Ermia al Fedro, al Fiiebo e al Gorgia, il De rerum principiis di Damascio («liber rarissimus et plurimi facièndus»); e ancora, tutta una serie di scritti che, se non potevano considerarsi rari o sconosciuti come alcuni dei precedenti, erano tuttavia di grande interesse per il filosofo che a contatto di queste letture veniva definendo la sua violenta polemica antiperipatetica esposta poi nel primo tomo (e più tardi negli altri tre tomi) delle Discussiones peripateticae. E proprio di quest'opera si riesce forse, alla luce di questo grande interesse di Patrizi per la tradizione del pensiero bizantino, a capire adesso meglio il significato: si trattava infatti di 'chiudere', attraverso una critica 'definitiva', con la tradizione peripatetica che per vari secoli aveva monopolizzato il campo della filosofia, gettando ombra non solo sulla filosofia greca precedente Aristotele, ma anche in qual- 53 Sulla rinascita del pensiero di Plotino e sul suo significato tra Quattrocento e Cinquecento, cfr. E. GARIN, La rinascita di Plotino, in In., Rinascite e rivoluzioni. Movimenti culturali dal XIV al XVIII secolo, Bari 1975, pp. 89-112. 54 A proposito del commento procliano al Parmenide di Platone si può presumere che Patrizi credesse di possederne il testo integrale completo di sette libri. Dell'importanza storica e filologica di questo suo manoscritto egli sembra anche cosciente visto che, come si può rilevare dal catalogo di vendita pubblicato dallo Jacobs, sottolineava il fatto di avere 'integra' l'importante opera di Proclo. Il codice escurialense a cui Patrizi fa qui riferimento è sparito, bruciato forse nell'incendio del 1671. Ma, come si vedrà, egli fece in modo di recuperare negli anni successivi l'importante testo e soprattutto l'ultima parte. Ancora oggi, a quanto ci risulta, questa parte del commento è considerata perduta ed è stata pubblicata soltanto la traduzione latina curata da Guglielmo di Moerbeke (cfr. Plato latinus III: Parmcnides usque ad finem primae hypothesis nec non Procli Commentarium in Parmcnidem, pars ultima adhuc inedita, interprete Guillelmo de Moerbeka, edd. R. Klibansky-C. Labowsky, London 1953; G. REALE, Saggio introduttivo a PROCLO LIGIO DIADOCO, I Manuali[ ... ], Milano 1985, pp. XXXIII-XXXIv). Ora, in base a questa nostra ricerca sulla biblioteca greca di Patrizi, si sarebbe indotti a supporre che questa ultima parte del testo greco del commento al Parmenide esista e sia disponibile in un manoscritto della Biblioteca Ambrosiana appartenuto a Patrizi (v. injra, p. 114, nota e). L'impossibilità tuttavia di consultare il manoscritto in questione per la prolungata chiusura della Biblioteca Ambrosiana ci ha impedito finora di verificare la corrispondenza del frammento del codice ambrosiano con la traduzione latina del testo procliano di Guglielmo di Moerbeke. Non possiamo per il momento dunque stabilire se esso corrisponda effettivamente alla parte perduta di questo importante testo. Maria Muccillo 96 che modo su quella successiva, a partire dalla filosofia neoplatonica, che tuttavia aveva continuato a vivere nella filosofia bizantina, mentre il mondo occidentale veniva 'occupato' da qualla arabo-aristotelica. Di qui si spiega anche il progetto di un «thesaurus sapientiae» che conservasse quanto restava della filosofia più antica, caldea, egizia e greca, e il piano di una completa 'rinascita' della filosofia platonica, che doveva perfezionare l'opera, già intrapresa da Ficino, con la ricerca, edizione e traduzione delle opere ancora sconosciute della scuola neoplatonica, quelle appunto dei tardo-neoplatonici, Damascio, Proclo, Ermia, Olimpiodoro ss. Né può stupire che nella raccolta patriziana figurassero anche opere di carattere poetico e letterario come raccolte di carmi, poemi, scolii come i Carmina di Catone, gli Aurea Carmina di Pitagora, le opere di Esiodo, Teocrito e Pindaro, le Telctae di Orfeo, se si pensa all'importanza della riflessione del filosofo sulla poesia e sul suo significato filosofico s6. E se è certo che a Patrizi fin da questi anni sta molto più a cuore la filosofia neoplatonica, ermetica e caldea, non poca importanza rivestiva per lui anche la tradizione aristotelica, sia pure per motivi polemici. Ciò spiega la presenza nella sua biblioteca di tutta una serie di testi appartenenti alla scuola peripatetica come il commento al De anima di Aristotele che egli riteneva di Ammonio, i Caratteri di Teofrasto, alcune opere filosofiche di Dionigi di Alicarnasso, le Vite dei sofisti di Filostrato, le parafrasi di Temistio ai cinque libri fisici di Aristotele, una anonima Destructio quorundam Aristotelicorum dogmatum, ed altri testi o frammenti di testi aristotelici, scritti che egli utilizzò poi nelle sue opere originali e, in particolare, nelle Discussiones peripatcticac. Il catalogo dei libri venduti da Patrizi al re di Spagna si presenta dunque come uno specchio fedele di quegli interessi culturali che egli ebbe poi, solo in seguito, modo di coltivare e sviluppare. Cosl non mancano nella collezione 55 Ficino conosceva alcune delle opere di questi autori poiché ne possedeva o ne aveva consultato i manoscritti (cfr. Marsi/io Ficino e il ritorno di Platone. Manoscritti, stampe e documenti, a cura di S. Gentile, S. Niccoli e P. Viti, Firenze 1984, pp. 34-35,36-37, 58-59, 109-110, 126-128, 129, 151-152, 110-111). Anche dal punto di vista della raccolta dei codici, l'attività del Patrizi si presenta tuttavia come una integrazione di quella ficiniana, dato che la sua collezione di manoscritti registra la presenza di opere che Ficino non sembra possedesse, come ad es. il Commento al Crati/o di Proclo, il De principiis di Damascio, ìl Commento al Gorgia di Olimpiodoro. Di qui l'interesse di Patrizi ad arricchire attraverso il reperimento di nuove opere la conoscenza della filosofia greca che egli considerava come l'unica e vera tradizione filosofica del mondo cristianooccidentale, includendo in essa anche la filosofia bizantina. 56 Basterà qui soltanto ricordare il Discorso della diversità dci furori poetici e la Lettura sopra il sonetto del Petrarca La gola e'i sonno e l'oeiose piume, pubblicati insieme con La città felice. Il Barignano, in Venetia, Per Giovan Griffio, 1553. Sulla concezione patriziana della poesia e del furore nei suoi scritti giovanili, si veda soprattutto L. BoLZONI, L'universo dei poemi possibili. Studi su Francesco Patrizi da Cberso, Roma 1980, pp. 26-61, e la bibliografia ivi segnalata. La biblioteca greca di Francesco Patrizi neppure libri di medicina (bisognerà ricordare che Patrizi per volere del padre aveva iniziato a Padova studi di medicina, studi che abbandonò per l'erompere prepotente di interessi filosofici, ai quali tuttavia continuò a dedicare una certa attenzione), come le raccolte di 'rimedi' di medici antichi come Sorano, Archigene e Filagrio, Cirano re dei Persiani, Paolo Egineta, Ippocrate, Amerumno, Jacobus Spatharius; di matematica, per la quale Patrizi ebbe sempre grande interesse e verso la quale lo spingevano anche l'amore per la filosofia e la musica. Si trovano qui infatti opere di numerologia e di musica come gli Harmonica di Briennio, i testi di Aristosseno, Anatolio, Nicomaco, accanto ai Thcologoumcna dell'aritmetica di Pitagora, all'opera di Teone di Smirne sull'aritmetica e sulla musica di Platone, ai commenti di Porfirio alla musica di Tolomeo e a quella di Alipio. Notevole e significativa anche la presenza di scritti di carattere astrologico, da quelli di Paolo Alessandrino a quelli di Teodosio e Zoroastro, ai Canones astrologici di Tolomeo Pelusiota e a quelli solarcs e lunares di Isacco di Argira, allo scritto sulla disposizione degli astri di Giovanni Camatero. Interessante infine anche il gruppo dei libri definiti 'philologici' dove si incontrano opere sulla retorica, sulla memoria, sulla logica, scritti di Psello sulla generazione dell'anima nel Timco di Platone, uno scritto di Palladio sulla storia dei Brachmani definito 'unico', un altro scritto sulle favole dei Greci di Abbate Nonno, un terzo volume delle Declamazioni di Libanio di cui si mette in evidenza la 'unicità', ed altre ancora. Dei vari volumi elencati nel catalogo patriziano, uno solo è in latino e contiene opere di Tibullo, Catullo e Properzio. Nella biblioteca del Patrizi si raccoglie dunque un patrimonio di sapere 'enciclopedico' che si caratterizza per la sua 'rarità' ed 'unicità' oltre che per la sua ampiezza cronologica e tematica, verso cui spingeva altresì la cultura varia e complessa dell'epoca, alla ricerca di un rinnovamento che si profilava allora soprattutto come migliore conoscenza dell'antico, un antico che per Patrizi è, nella sua più genuina ispirazione, essenzialmente platonico. E non è forse azzardato affermare che anche dalla sua biblioteca è dato osservare il delinearsi del disegno patriziano di portare alla luce, per contrapporla a quella aristotelica, l" enciclopedia' delle scienze platoniche, nella quale un posto centrale occupano appunto, accanto alla teologia e alla filosofia, la musica, la matematica, la poesia, la retorica, l'arte della memoria. Nella biblioteca del Patrizi, cosl come essa risulta costituita dal catalogo fin qui illustrato, sono dunque rappresentati i suoi più vivi interessi che coincidono, per molti con le più profonde esigenze di rinnovamento della sua epoca: l'interesse teologico per la patristica greca conforme allo spirito della teologia umanistica; l'interesse filosofico per il neoplatonismo e la polemica antiaristotelica; resse per la matematica e per la musica, strettamente connessi con l'orientamento platonico; infine, l'attenzione alla poesia come espressione della 'prisca theologia ', che, come è noto, porterà il filosofo ad occuparsi in modo assai 98 Maria Muccillo originale di poetica 57. Era questo dunque per Patrizi un vero 'tesoro' di 'nuovo' sapere alla cui diffusione affidava la speranza di un rinnovamento della filosofia, svincolata finalmente dal peso della tradizione peripatetica. E in effetti molti di questi autori e molte di queste opere accompagnarono l'iniziale particolare, l'eco di queste letture si coglie riflessione filosofica del Patrizi. nella prima delle sue opere filosofiche, le Discussiones peripateticae di cui uscì il primo tomo nel 1571 a Venezia, solo pochissimo tempo dopo la sua esperienza cipriota e il suo primo viaggio in Spagna. Dedicato alla ricostruzione della vita e delle opere di Aristotele, il tomo I delle Discussiones peripateticae rivela non solo nella grande massa dell'erudizione e delle citazioni in lingua originale, ma anche nelle esplicite affermazioni dell'autore, l'uso di questo prezioso materiale. Ad esempio, parlando nel libro X dei discepoli, seguaci ed espositori di Aristotele, Patrizi fa riferimento ai quattro libri del De musica di Aristosseno citati da Ateneo nel libro XIV e, dopo avere riportato la traduzione latina di un passo del Suida, aggiunge: dnter quos libros [scilicet i 453 libri ricordati dal Suida] quatuor Musica citat Athenaeus libro XIV qui nondum Graece impressi, apud nos sunt» 58. Ancora, cita i commenti di Olimpiodoro a Platone parlando di un Olimpiodoro aristotelico da distinguersi da quello platonico, autore dei commenti: «Fuit autem alius hic Olympiodorus, ab eo Olympiodoro, qui commentarla in Platonis Phaedonem, Philaebum, et Gorgiam, longe aliam philosophiam redolentia scripsit, quae adhuc extant, et apud nos sunt» 59. Parlando di Giovanni Filopono, condiscepolo più anziano di Ammonio Ermia, scrive: «Scripsit multa ut Suida refert, ac praeter ea quae publicata sunt, Aristotelem, et contra clum, in omnes quos vocarunt metaphysicos libros, brevis commentarla, quae 57 Patrizi pubblicò a Ferrara nel 1586 la Deca istoriale e la Deca disputata che costituivano le prime due parti della sua Poetica, opera poderosa a cui lavorò fino all'aprile del 1588 e che non pubblicò integralmente (se ne veda ora l'edizione critica a cura di D. Aguzzi Barbagli, F. PATR!ZI DA CHERSO, Della Poetica, 3 voli., Firenze 1969-1971; cfr. L. BoLZONI, op.cit., pp. 97-155). 58 Si cita dall'edizione completa FRANCISCI PATRJCII DisctiSsionum peripatcticarum tomi IV, Basileae, Ad Perneam Lecythum, 1581, t. I, L X, p. 130. Suggerimenti circa l'esistenza di opere dell'antichità Patrizi ricavava dalla ricchissima dossografia bizantina Snida, che gli forniva pertanto verosimilmente un orientamento nella ricerca. Cosi, ad esempio, appreso dal Suida dell'attribuzione ad Aristocle Messenio di dieci libri De Philosophia, ricordando di averli visti citati dallo Stefano nelle sue annotazioni alle Ipotiposi Pirronianc di Sesto Empirico, ne la "~"""n"~ qualche biblioteca francese: « Priores illi de philosophia videntur extare saepe citantur in annotationibus in Sexti Pyrronias Hypotheses ab Henrico :Ster>harlo p. 138). 59 Cfr. ivi, p. 141. Un altro riferimento a Olimpiodoro e ai commenti da lui posseduti si incontra ivi, t. I, L VII, p. 94: «Olympiodorus vero, non is qui in Aristotelis Meteoros. commentaria edidit, sed iunior alius Platonicus (cuius apud nos sunt commentaria, in Platonis Phaedonem, Philebum et Gorgiam.)». La biblioteca greca di Francesco Patrizi 99 in Cypro inveni, mecumque abstuli, nec non libellum de astrolabii constructione. Fuit Christianus, Haereseos Tritheitarum caput, ut supra ex Nicephoro retulimus. » 60, Inoltre, elencando nel libro XI le «Aristotelicorum interpretum variae interpretandi rationes», a proposito del metodo di scrivere epitomi e compendi, Patrizi fa un altro chiaro riferimento a testi della sua biblioteca: «Finitimum est huius tertium expositionis genus quo integros libros in Epitomas et compendia redigimus. Quod multis est usitatum non equidem antiquiorum et recentiorum Pselli, namque est apud me epitome naturalis Aristotelicae philosophiae, et Ioannis Damasceni, et Nicephori Blemmidae. » 61. Ancora, illustrando il libero atteggiamento filosofico di Proclo, scrive: «Huius vero, et Syriani discipulus Proclus Lycius utrisque his hypothesibus sese opposuit. Neque enim omnia vere ab Aristotele docta asseruit, neque etiam in omnibus, eum cum Platone sentire docuit, quod saepe tum in Theologia sua, et commentariis in Cratylum, Alcibiadem, et Parmenidem, quae apud nos sunt omnia, tum etiam iis quae in Timaeum extant clarissime apparet» 62. Analogamente si compiace di citare i commenti di Ermia da lui posseduti: « Quod etiam condiscipulus eius, et Syriani auditor Hermias secutus videtur, ut apparet ex commentario eo quod in Platonis Phaedrum edidit quod itidem est apud nos» 63. Nel primo tomo delle Discussiones si menzionano ancora le Nuvole di Aristofane, di cui, come si è visto, Patrizi possedeva un manoscritto; i Sermoni di Epitteto, i manoscritti di Proclo utilizzati per ricostruire la storia della matematica prearistotelica, e infine i commenti di Filopono alla Metafisica di Aristoiis comtele che dice scoperti e portati con sé da Cipro: «Et Philoponus mentariis quos in Metaphysicos omnes scripsit, quos nos ex Cypro nobiscum attulimus, ad hunc locum ita scribit» 64. 60 Cfr. FRANCISCI PATRICII Discuss. perip. cit., t. I, L X, p. 142. Patrizi cita anche il manoscritto di quel commento alla Metafisica di Aristotele, attribuito a Giovanni Filopono, che egli nel 1583 pubblicherà (v. supra, nota 48): «Pasicrates quoque Eudemi Rhodii frater, cuius esse primum minorem metaphysicorum librorum, ex quorundam opinione Philoponus testatur initio in eum librum commentariorum suorum, quem nos ex cyprica calamitate eripuimus» (cfr. ivi, p. 129). 61 Cfr. ivi, p. 148. In quest'opera Patrizi pubblicò e tradusse anche un frammento dal llspi ÙJCoucrlòv (De audibilibus) di Aristotele (cfr. ivi, pp. 85-94) che, fino ad allora inedito, si era conservato nel Commentario di Porfirio agli Harmonica di Tolomeo, opera di cui possedeva il manoscritto, che pose a base della sua edizione, e che corrisponde allo scritto che figura al n. 23 della lista dello Jacobs (ct>.-II.-3. del Catalogo del Miller). Della rarità del frammento il filosofo era pienamente consapevole, come dimostrano le sue parole introduttive alla citazione: «Sed Porphyrius in commentarijs quae in Ptolemaei musicen scribit prolixum satis fragmentum ex Aristotelis libro lt&pì ÙKoucrlòv De audibilibus. Quem librum nemo alius, quod ego sciam, nominauit. id fragmentum, ne quìcquam desit, huc adscribam [... ])) (cfr. ivi, p. 85). 62 Cfr. ivi, t. I, l. XI, p. 162. 63 Cfr. ibid. 64 Cfr. ivi, t. III, l. III, p. 309. Maria Muccillo 100 Ma è chiaro che, al di là dei puntuali riferimenti che si sono qui indicati, l'enorme erudizione, la varietà degli autori e dei testi citati in quest'opera, e in particolare nel primo tomo, non poteva sussistere senza l'ampia utilizzazione di questo ricco materiale documentario e, in particolare, senza l'armamentario di notizie trasmesse dalle varie dossografie e dai commenti e testi degli autori bizantini. D'altro canto Patrizi non manca di mettere in evidenza l'importanza della storia e della cultura bizantina che egli apprezzava e considerava come la genuina prosecuzione della storia e della cultura greca. Valga quanto egli afferma nell'ultima parte del libro X sulla storia della filosofia bizantina, ripercorrendone, sulle orme di Zonara, autore che ebbe peraltro immensa fortuna tra gli storiografi rinascimentali e specialmente nel mondo protestante, l'alterna vicenda di splendori e miserie, di decadenze e rinascite fino alla definitiva eclissi seguita all'invasione turca. Alla base del processo di progressiva decadenza della civiltà bizantina è per Patrizi l'invasione dei Saraceni che provocò la «Philosophiae ad Saracenos et Arabas migrati o» 65. La 'filosofica desolazione' durò fino all'epoca di Barda, e solo sotto l'imperatore Michele, nel secolo X, gli studi filosofici furono ripresi ad opera di personaggi di grande valore come Leone 'filosofo', Eustazio, Eustrazio, Sisinnio e, infine, P sello « philosophorum princeps». Da allora non mancarono in Grecia «viri, et in Aristotelis, et Platonis doctrina doctissimi, usque ad Constantinopolitanam direptionem: qual es fuerunt Nicephorus Blemmidas qui sub Io. Duca floruit. huius compendia habemus 66 in Logicam et naturalem philosophiam. Sub annos 1260 Michaele Paleologo, et Andronico floruerunt multi: inter quos Georgius Pachymerius, Theodorus Metochita, quorum epitomae etiam habentur: nec non Iohannes Bechus, Georgius Cyprius, Chilas Ephesinus, Daniel Cyzicenus, Io. Glucys, Nicephorus Gregoras et post hos Maximus Planudes, Bessarion, Georgius Gemistus, Theodorus Gaza, Io. Argyropylus, Georgius Trapezuntius et alii eius generis viri illustres» 67. Sulla frenetica attività con la quale Patrizi costituiva la sua raccolta di codici offre interessanti indicazioni anche l'epistolario. In particolare esso permette di seguire l'evolversi di un progetto che Patrizi sembra aver concepito assai presto e a cui rimase poi legato per vari anni, senza poterlo peraltro rea- Cfr. ivi, p. 144. Non sappiamo se usando la dizione 'habemus' Patrizi intenda qui riferirsi alla collezione da lui posseduta o se, più in generale, indichi che tali opere di Blemmida siano in circolazione e disponibili. In realtà, come risulta dall'elenco dei manoscritti patriziani pubblicato dallo Jacobs, Patrizi possedeva la Logica, un «ante Syllogismos» e un «Perihermeneias et Syllogismi», ma non la Pl!Jsica. 67 Cfr. F. PATRICII Discuss. perip. cit., t. I, L X, p. 144. Di Giorgio Pachimere Patrizi possedeva la Pl!Jsica, una «Logica quaedam» e un De anima; non sembra invece possedesse le Epitomi di Teodoro Metochita. 65 66 La biblioteca greca di Francesco Patrizj 101 lizzare: il progetto cioè di raccogliere materiale documentario per un 'thesaurus' dell'antica sapienza, una raccolta di frammenti di autori ritenuti all'epoca antichissimi, che veniva scovando nelle opere che raccoglieva e faceva trascrivere. Dalle lettere si apprende infatti che, fin dagli anni di Cipro, egli era in contatto con una importante figura di bibliofilo ed erudito padovano, Gian Vincenzo Pinelli, a cui procurava materiale geografico-storico sull'isola. A sua volta Pinelli forniva a Patrizi (o gli procurava) i manoscritti che gli servivano e che poi il filosofo si faceva copiare. Ci resta, ad esempio, la testimonianza relativa al manoscritto dell'Hermes che Patrizi fece copiare nel maggio del 1571 da un certo «Camillo scrittore», quasi con certezza da identificare con il famoso Camillo Veneto 68. Il codice dell'Hermes serviva al filosofo appunto per il suo 'thesaurus' che egli, in una lettera del 27 maggio 1571 all'erudito padovano, definiva «raccolta di molti frammenti et cosette e dogmi de gli antichissimi philosophi gentili e greci, qui ante Platonem et Aristotelem scripserunt, li quali tutti in volume voglio stampare tra li quali cade bene la vita di Pitagora, che vostra Signoria mi accommodò, e quelle cosette di Empedocle, le quali posso 68 Cfr. la lettera di Patrizi a Pinelli, scritta da Venezia il 27 maggio 1571 (cfr. F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 7), da cui apprendiamo appunto che il filosofo aveva ricevuto il manoscritto dell'Hmnes e che lo aveva già consegnato allo scrittore Camillo Veneto per farlo copiare. Sulla identificazione di questo famoso copista del '500 si è a lungo discusso. E. Mattini (cfr. E. MARTIN!, Chi era il copista Camillo Veneto?, «Atti della R. Accademia di Architettura, Letteratura e Belle Arti», II (1910), Napoli 1913, pp. 269-277), ricordando che nella Biblioteca Ambrosiana esistono 76 codici di sua mano (sei, aggiungiamo noi, appartenevano al Patrizi), lo identificava con il bresciano Camillo Bartolomeo Zanetti, detto anche Camillo Bartolomeo da Castrezzato o Casterzago, tipografo e stampatore, che ebbe fama di eretico e fu in rapporti dapprima amichevoli, e poi di contrasto, con Anton Francesco Doni. Sarebbe nato attorno al 1490 e avrebbe copiato il suo ultimo codice nel 1562. Contro questa identificazione, con convincenti argomenti, ai quali aggiungiamo da parte nostra anche la considerazione che i codici patriziani di sua mano furono tutti trascritti posteriormente al 1562!, si pone il Cessi (cfr. R. CESSI, Bartolomeo e Camillo Zanetti tipografi e calligrafi del '500, «Archivio Veneto Tridentino», VIII (1925), pp. 174-182), che scinde la figura di Bartolomeo da quella del figlio Camillo. Camillo era ancora vivo nel 1587 perché presentò una supplica al Senato Veneto dalla quale si desume che all'epoca fosse ancora in grado di lavorare. Eminentemente copista, Camillo tra il 1539 e il 1541 prese la guida della tipografia paterna e prosegui poi l'attività a Roma nel 1552 e in Spagna al servizio della corte, presentato forse dal cardinale di Burgos. Lavorò moltissimo per Pinelli e anche, come restauratore, per i Medici. Su questo scrittore si vedano inoltre: P. LuGANO, Del tipografo bresciano Bartolomeo de Zanettis al servi~o di Camaldoli e della «Regula Vite Eremitice ll stampata a Fontelmono nel 1520, «La Bibliofilia», XIV (1913), pp. 38-44; A. CALDERINI, Per la storia del codice greco Xl4 (= 652) della Marciana di Venezia, «Atti del Reale Istituto veneto di Scienze, Lettere ed Arti», t. LXX, p.te II (1910-11), p. 768 sgg.; PETAR KOLENDIC, Mletaiki Kaligraf Kamilo Zancti kao Stampar Jednog Dubrovackog katekiZJlla, Dubrovnik 1931, pp. 1-5; M. VoGEL-V. GARDTHAUSEN, Die griechische Scbreiber des Mittelalters und der Renaissance, Leipzig 1909, p. 228; E. GAMILLSCHEG-D. HARLFINGER, Repertorium der griecbiscben Kopistcn 800-1000, Wien 1891, I A, p. 119, n. 212; II B, a cura di H. Hunger, p. 91. Maria Muccillo 102 se vostra Signoria me ne dà licentia, che altrimenti non lo farei» 69, Patrizi pregava inoltre il Pinelli di mandargli altro materiale: «Et quando sarà il tempo le piacerà di mandarmi il testo greco stampato di Trismegisto et acdò che manco si passi con l'inquisitore che vedrà il libro essere stato stampato altre volte» 70, In un'altra lettera scritta sempre al Pinelli da Venezia del 31 maggio 1571 Patrizi faceva di nuovo menzione della sua raccolta di frammenti: «Et però mando a Vostra Signoria la lista delle cose da me raccolte, così di frammenti, come anco di dogmi, se ben scritto da Posteriori di Aristotele, poiché il titolo del libro se non mi muto sarà: Antiquissimorum sapientum, tam Gentilium quam Graecorum, qui ante Platonem atque Aristate/cm philosophati sunt, libelli, fragmenta, dogmata a F. P. collecta: Aoyza Zoroastri, stampato con commento e uno scritto che ho da Gemisto. Caldeorum collecta ex Platonicis. Dogmata As.ryriorum: Pselli, ex Laertio aliisque. Brachmanorum: ex Apollonia atque aliis. Aegyptiorum: ex Mercurio, Jamblicho, Plutarcho, Palephato ut puto autore, Mysticae Aegyptiorum Theologiae Aristate/i ascriptae atque aliis. Fragmenta multa Orphei: ex Platonicis Carmina Pythagorae Vita eiusdem ex Laertio, Porphyrio. Dogmata ex Jamblicho, él< rwv fJeoAoyovpévwv arithmetices, aliis. Libelli Pythagoreorum: Ocelli, Timei, Architae praecepta et fragmenta, Empedoclis Sphaera et multa fragmenta multorum Pythagoreorum ex Stobeo. Fragmenta: Xenocratis et Parmenidis, ex diversis; Zenonis Eleatis Dialectica, ex Procli Theologia; Democriti, ex Stobeo, ex antiquis epistolis; Anaxagorae ex diversis [... ] e ciò per istituire quanto si può quella antica filosofia» 71, Come si vede, la fonte patriziana di questa raccolta di frammenti antichi «per istituire l'antica filosofia» è costituita in gran parte da opere e autori che facevano parte della sua collezione di manoscritti greci e alcuni di questi, fatti trascrivere alla vigilia del suo secondo viaggio in Spagna, derivavano proprio da codici della biblioteca pinelliana. Appare da tutto ciò chiaro dunque che la biblioteca greca del Patrizi non nasceva soltanto con finalità di carattere commerciale, ma obbediva a uno scopo scientifico, quello di raccogliere i documenti di una 'nuova', inedita storia della filosofia antica, ancora in qualche modo ignota alla cultura occidentale, 'occupata' dalla filosofia di Aristotele e dei suoi commentatori arabi e latini. Non era dunque un caso che certe opere e certi autori fossero nella collezione del filosofo. La disponibilità di questo notevole patrimonio di libri greci è senz'altro un elemento determinante dell'attività filosofica del Patrizi nel decennio 1570-1581 e, in particolare, della stesura integrale delle Discussiones peripateticae che furono pubblicate in quattro tomi a Basilea nel 1581 per i tipi di Perna. Esse vennero in qualche modo a prendere il posto del progettato 'thesaurus' i cui frammenti furono così utiliz- 69 Cfr. F. 7 7. Cfr. ivi, pp. 8-9. PATRIZI DA ° Cfr. ivi, p. 71 CHERso, Lettere cit., p. 7. La biblioteca greca di Francesco Patrizi 103 zati per una rigorosa e incisiva critica della concezione aristotelica, sia sotto il profilo della ricostruzione della storia della filosofia precedente, che sotto quello dell'intima coerenza dei principi stessi della filosofia peripatetica. Testimonianza di questo mutamento dell'iniziale progetto del 'thesaurus' è offerta da due interessanti lettere, una di Antonio Persio, filosofo telesiano e amico personale del Patrizi fin dagli anni '70, diretta al Pinelli che gli chiedeva ragguagli sui progetti filosofici del Patrizi, e in particolare sullo scopo delle Discussiones peripateticae, di cui era apparso fino ad allora solo il primo tomo n; ed un'altra di Patrizi scritta da Padova il 9 febbraio 1580 e diretta a Gerolamo Mercuriale. In essa esplicitamente il filosofo affermava di avere rinunciato alla pubblicazione della sua raccolta di frammenti, per far posto invece nel tomo IV delle Discussiones a una 'censura' dei dogmi fisici aristotelici che meglio, a suo avviso, si adattava al carattere dell'opera, polemico e critico piuttosto che 'costruttivo', rimanendo cosi peraltro fedele all'originario piano come Persio lo aveva illustrato al Pinelli sulla base di conversazioni dirette con Patrizi 73. Appare dunque chiaro che il ricchissimo materiale documentario su cui sono costruite le Discussiones patriziane, soprattutto con riguardo ai numerosi frammenti di autori presocratici citati in lingua originale e alle notizie relative alla biografia 'alternativa' di Aristotele e alla ricostruzione del suo corpus di opere e della sua scuola, sono ricavate in larga parte dai manoscritti che Patrizi aveva scoperto a Cipro e a cui attribuiva un eccezionale valore per la loro 'rarità' e talora 'unicità'. Tuttavia, ricordando le vicende della vendita della raccolta patriziana di manoscritti greci al re di Spagna, si può congetturare che nel 1577, anno in cui può dirsi definitivamente conclusa l'esperienza spagnola del Patrizi 74, egli fosse rimasto sostanzialmente senza libri e, oltre a ciò, anche 72 Si veda l'interessante lettera di Antonio Persio al Pinelli del 28 novembre 1571, pubblicata da L. Attese (cfr. L. ARTESE, Una lettera di Antonio Persio al Pine/li. Noti~e intorno all'edi~one del primo tomo delle <<DiscussionesJJ del Patri~, «Rinascimento», s. II, XXVI (1986), pp. 339-348). 73 F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 25; per la lettera di Persio al Pinelli, cfr. L. ARTESE, op. cìt., p. 348. Grazie all'aiuto di Girolamo Mercuriale che prese contatto con Theodor Zwinger di Basilea, Patrizi poté stampare presso Pietro Perna le sue Discussiones i cui primi tre tomi inviò al dotto svizzero nei primi mesi del 1579 (cfr. lettera dell'agosto 1579 del Mercuriale allo Zwinger, pubblicata per la prima volta da A. ROTONDÒ, Studi e ricerche di storia ereticale del '500, Torino 1974, pp. 546-548), e l'ultimo nei primi mesi del 1580, come documenta la lettera qui citata. 74 Portata a compimento la vendita dei suoi manoscritti, Patrizi da Madrid tornò a Barcellona dove intentò nuovamente causa al suo socio di Reggio, ma, dopo un'attesa di circa tredici mesi, vista la sentenza che imponeva di chiamare in giudizio anche l'altro dei suoi soci rimasto in Italia, stanco ed amareggiato rinunciò del tutto ad avere giustizia e riprese definitivamente la via dell'Italia. Cfr. su ciò, oltre la più volte citata lettera autobiografica a Baccio Valori (F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 50), l'epistola dedicatoria a La Militia Romana di Polibio, di Tito Livio e di Dionigi Alicamasseo. Da Francesco Patricìi dichiarata, e con varie figure illustrata, in Ferrara, per Domenico Mammarelli, 1583: «Ma rapito da fiero vento delle mie disauenture, fui portato un 104 Maria Muccillo senza una occupazione, visto che, come sembra, del commercio dei manoscritti e della loro pubblicazione egli era, almeno inizialmente, orientato a vivere. Di ritorno dalla Spagna, come è noto, Patrizi trovò dapprima ospitalità alla corte modenese, e nel 15 78, presso quella di Ferrara nella quale iniziò uno dei periodi più felici e culturalmente, se non economicamente, fecondi della sua vita. Della sua fallita esperienza commerciai-culturale consumatasi negli anni spagnoli, Patrizi non amerà molto parlare e preferirà piuttosto, a proposito del suo secondo viaggio in Spagna, accennare alla sua proposta di carattere militare, non accolta dal sovrano spagnolo 75; e, al massimo, con molto rimpianto, alla perdita dei suoi preziosi manoscritti 76. Con la vendita della sua biblioteca greca può considerarsi anche definitivamente chiusa la fase editoriai-commerciale e storiografica dell'attività del Patrizi. Da questo momento si apre per il filosofo un periodo di intensa attività creativa e di grande impegno culturale nel quale la ricerca di libri e di antichi codici obbedisce ormai al solo scopo della indagine filosofica personale ed è intimamente connessa con la sua nuova situazione professionale e sociale di professore di filosofia platonica nell'Ateneo ferrarese, e di ascoltato consigliere e cortigiano nella vivacissima congerie culturale della corte di quella città. Non è forse azzardato affermare che se Patrizi ricomincia ora di nuovo a raccogliere materiale documentario, scritti ed opere rare dell'antichità, ciò accade esclusivamente in vista di un ben preciso programma scientifico-filosofico. Tale programma trova il suo perno nel disegno di ridare vita alla tradizione platonica e neoplatonica, ermetica e caldea, sviluppando e completando il progetto di rinnovamento filosofico e religioso messo in atto dai platonici quattrocenteschi, soprattutto da Fidno 77, e di arrivare ad una 'nuova' ed insieme 'antichissima', e perciò stesso 'rinata ', altra fiata in Ispagna: d'onde dopo tre anni di continui travagli, privo di un tesoro di antichi libri Greci scritti, ritornato in Italia, sono stato chiamato, sotto la sua magnanima protettione)). 75 Anche ne L'Amorosa Filosofia, scritta a Modena nel 1577, troviamo un riferimento al suo viaggio in Spagna, ma in esso Patrizi racconta soltanto del suo progetto di riarmo di galere sottoposto al sovrano spagnolo con scarso successo e non fa cenno alla vicenda dei suoi manoscritti: « Partitici poi, il Patritio condottomi seco, mi venne primieramente narrando i suoi travagli havuti in Spagna et il negotio suo tenuto col Re Catolico in servitio di tutto il Christianesimo. Giul(io Carrato). E quale negotio fu egli? Quar(enghi). La somma è stata da mostrare a quel potentissimo Re più maniere di far armate in mare tanto potente che potesse non solo pareggiare, ma superare ancora le forze del Turco, con che veniva non solo a conservare gli stati e regni suoi, ma si faceva atto a nuovi e grandi acquisti con assicurare dal commune nemico la Italia e per conseguenti di tutta la Christianith (cfr. FRANCESCO PATRlZI, L'amorosa filosofia, pubblicata per la prima volta a cura di J. C. Nelson, Firenze 1963, pp. 8-9). 76 Cfr. F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 50. 77 Mi sia consentito rinviare, per un esame di questo aspetto dell'attività di Patrizi, a M. MuccrLLO, Marsi/io Ficino e Frfl!lcesco Patrizi da Cherso, in Marsi/io Ficino e il ritorno di Platone. Studi e documenti, a cura di G. C. Garfagnini, II, Firenze 1986, p. 657 sgg. La biblioteca greca di Francesco Patrizi 105 concezione dell'universo, fisico e metafisica. In sostanza la possibilità di elaborare la sua 'nova philosophia' platonica, neoplatonica, ermetica e caldea, insieme anche presocratica e naturale, scaturente dall'armonica cooperazione e sintesi di ragione ed esperienza, e sbocco coerente e genuino di quella millenaria tradizione che aveva ricostruito sia attraverso la critica e la consapevole emarginazione della filosofia aristotelico-scolastica, che con l'utilizzazione della filosofia greco-bizantina, più di quella erede e depositaria della tradizione classica, costituisce ora lo scopo della 'nuova' biblioteca che Patrizi ricomincia a raccogliere. Le lettere costituiscono ancora una volta la fonte più diretta per l'individuazione di alcuni dei tratti più significativi della sua nuova collezione. Tra le prime testimonianze di questa rinnovata attività di ricerca di testi, è una lettera scritta il 27 luglio 1577 da Modena al grande bibliofilo ed erudito romano Fulvio Orsini a Roma, nella quale Patrizi fa riferimento a un testo di Stobeo e di Damascio che il nobiluomo romano gli aveva «comunicato», non si sa se perché lo assumesse a base di una trascrizione, o se per semplice consultazione: «[... ] et io la supplico quanto posso (in relazione alla richiesta di Tarquinia Molza Porrina di ottenere dall'archivio dei Farnese custodito appunto dall'Orsini, documenti relativi al suo avo Francesco Maria Molza dei cui scritti intendeva fare una edizione), confidando che non meno mi sarà cortese per questa meritevolissima signora, di quello che fu già a me in communicarmi lo Stobeo e il Damascim> 78. In realtà, come si vedrà dall'elenco dei manoscritti greci di Patrizi acquistati dal cardinale Federico Borromeo per la Biblioteca Ambrosiana di Milano, il filosofo possedeva un codice di Damascio del quale aveva steso un Indice (Pinax) e che sembra avesse in parte egli stesso copiato, lasciando l'altra parte a Camillo Veneto, che è il copista di molti dei manoscritti finiti alla morte del filosofo all'Ambrosiana 79. Che il codice patriziano sia stato ricopiato da quello fattogli avere dall'Orsini, non si è in grado di stabilirlo; ma la cosa, tenuto conto della lettera del 1577 sopra citata, potrebbe essere plausibile. Vero è che al f. 1033 del codice, in una nota marginale, si trova: «finito di vedere adi 11 giugno 1589», ma ciò non esclude necessariamente che Patrizi possedesse il manoscritto già prima, anche se tuttavia, date le scarse possibilità economiche del filosofo, non sembra tanto probabile che egli abbia potuto pagare un copista per far trascrivere, seppure in parte, un codice cosl imponente. Vero è che Patrizi in questi anni, e cioè all'inizio del suo insegnamento ferrarese, soffriva di una grande penuria di libri. c1o s1 lamentava in una lettera al duca Alfonso II d'Este, scritta da Ferrara il 27 Cfr. F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 12. Cfr. supra, nota 69. A. MARTIN!-D. BASSI, Catalogus Codicum Graecorum Bibliothecae Ambrosianae, cit., II, p. 854, n. 743 (T 113 sup.). 78 79 106 Maria Muccillo agosto 1579, rilevando di non avere ancora ricevuto il pagamento dello stipendio di due anni di lettura all'Università, per la quale, egli sottolinea, riceveva «una miseria», e questa miseria tuttavia non riusciva neppure a farsi pagare, mentre «tutti gli altri forestieri, che hanno letto in questo Studio, sono stati pagati prontamente di grossissimi salari»so. E aggiungeva: «A me mancano tutte queste cose (cioè altre fonti di reddito che invece gli altri Lettori dello Studio avevano), né posso comprare libri a maggior servitio di Vostra Altezza e per la historia et per altro; et in queste scritture di Po per avventura haverei fatto cosa migliore, se havessi havuto alcuni libri, e haverei fatto stampare il Polibio, già dedicato a Vostra Altezza» st. Per le sue ricerche Patrizi si industriava come poteva, facendosi prestare libri e manoscritti da suoi amici, come il Pinelli ad esempio, che, come già negli anni '70, lo assisteva fornendogli materiale per la sua biblioteca, o ricevendo da Patrizi stesso manoscritti che gli chiedeva di procurargli. La lettera inviata dal filosofo il 1 gennaio 1582 all'insigne erudito padovano indica significativamente il tipo di scambio librario che si verificava fra i due. Patrizi inviava, su sua richiesta, al Pinelli un manoscritto in folio di 262 carte contenente opere di Teodoro Metochite, importante autore bizantino morto nel 1332 e principale esponente del movimento di rinascita della cultura greca classica promosso dall'imperatore Andronico II Paleologo; e da parte sua lo pregava di comunicargli «che musici ha», e cioè quali manoscritti musicali avesse, nonché l'incipit e l'explicit del Commento di Porfirio alla Musica di Tolomeo sz. Patrizi conosceva quest'opera di Porfirio perché faceva parte della sua collezione cipriota, e di essa sembra avesse spesso bisogno data la sua costante riflessione sulla musica, strettamente congiunta alle sue ricerche nel campo della matematica e della geometria. Nel decennio 1580-1590 non si hanno notizie precise sul processo di formazione della 'nuova' biblioteca greca del Patrizi. E probabile che egli molto attingesse a quelle dei suoi amici. In questi anni, impegnato nell'insegnamento universitario e coinvolto in tutta una serie di polemiche di carattere letterario, che poi sfociarono nell'imponente lavoro di stesura della Poetica 83, ed anche filosofico, come quella con l'Angelucci 84, Patrizi si adoperò per portare a compimento progetti disegnati Cfr. F. PATRIZI DA CHERso, Lettere cit., p. 23. Cfr. ibid. Il Polibio di cui parla qui Patrizi è La Militia Romana cit., che, come sì è detto, egli aveva già cercato di pubblicare nel 1573 senza successo (cfr. supra, nota 22). az Cfr. E. )ACOBS, op. cit., p. 18. 83 Patrizi fu impegnato nella stesura di quest'opera tra il 1586 e il 1588 in questo stesso periodo si svolsero le polemiche con il Mazzoni e con il Tasso. 84 Gli aristotelici attaccarono le Discussiones peripateticae soprattutto con Teodoro Angelucci che scrisse due opuscoli (THEODORI ANGELUTII Quod methaphysìca sint, eadem quam physit:a, nol/4 [... ] sententia. Qua multo obiter obscuriora Aristotelis, et magis recondita dogmata explicatur, Venetiis 1584 e 80 81 La biblioteca greca di Francesco Patrizj 107 precedentemente al suo ritorno dalla Spagna. In primo luogo riuscì a pubblicare un'opera che, a quanto sembra dalle lettere, gli stava grandemente a cuore e che aveva già preparato molti anni prima, all'epoca della sua collaborazione editoriale con il nipote Giovanni Franco. Infatti egli potè finalmente, nel 1583, pubblicare la sua Militia Romana di Polibio, per la quale già in precedenza si era raccomandato al Pigna, segretario del duca di Ferrara ss. Inizia in questo periodo anche la feconda collaborazione con lo stampatore Mammarelli di Ferrara che pubblicò la traduzione patriziana degli Elementa theologica e degli Elementa physica di Proclo, traduzione che Patrizi aveva effettuato nel 1581 su un manoscritto da lui stesso copi·ato da un esemplare del secolo quindicesimo, come risulta da una nota da lui apposta sul f. nv: «fu tratta questa copia da uno esemplare scritto già 112 anni», e che fa parte appunto del gruppo dei manoscritti fatti acquistare dal cardinale Borromeo per la Biblioteca Ambrosiana 86. È interessante, perché rivela con chiarezza il programma patriziano relativo alla diffusione della filosofia tardo neoplatonica e quindi anche l'orientamento delle sue acquisizioni bibliografiche, quanto si afferma nella Dedica al medico Antonio Maria Parolario. Qui egli cita la serie dei commenti di Prodo, da quelli a Euclide e a Tolomeo, a quelli a Platone, e cioè al Timeo, al Primo Alcibiade, al Crati/o, al Parmenide, alla Repubblica, nonché i sei libri della Teologia Platonica, commenti nella gran parte non ancora editi e nessuno ancora tradotto in latino. Egli ricorda, «in hoc platonicae philosophiae genere», gli 'elegantissimi' commenti al Fedro, gli estratti 'dottissimi' provenienti da commenti al Pedone e al Filebo e l'intero commento al Gorgia di Olimpiodoro. Ma «omnium eminentissimae» egli considera le Quaestiones de principiis rerum di Damascio, opere tutte che «Si pubblice viserentur», infiammerebbero gli animi all'amore del sapere 87. Di queste opere, all'epoca in cui scriveva la citata epistola dedicatoria, e cioè il 10 maggio 1583, egli afferma soltanto che «extant», ma non dice di averle, anche se le conosceva perché erano, in parte, nella sua Exercìtationum T.A. cum Francisco Patritio liber primus. In quo de methaphysicomm authore appella/ione et dispositione disputatur, Venetiis 1585, suscitando la reazione di Francesco Muti da Cosenza, telesiano (FRANCISCI MuTI CosENTINI Disceptationum libri V contra calumuias Theodori Angelutii in maximum philosophum Francìscum Patricìum in quibus pene universa Aristotelis philosophia in examen adducitur, Ferrariae 1587). Sull'atteggiamento di Patrizi nei confronti della filosofia telesiana cfr. F. FIORENTINO, Bernardino Telesio, ossia studi storici su l'idea della natura nel Risorgimento italiano, II, Firenze 1874, pp. 119, 375-399. 85 Cfr. la lettera a Giovan Battista Pigna, segretario ducale, del 12 settembre 1573 (F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 10). Su quest'opera si veda ora C. VAsou, Il «platonico machiavellico>>: gli scritti «militari>>, in ID., Francesco Patrizj da Cherso, Roma 1989, pp. 229-234. 86 Cfr. A. MARTINr-D. BAssr, Catalogus cit., I, p. 39, n. 38 (A 112 sup.). 87 Cfr. PROCLI LYCII DIADOCHI Elementa Theologica et Physica, quae Franciscus Patricius de Graecis, fecit latina, Ferrariae, apud Dominicum Mammarellum, 1583, Dedica. 108 Maria Muccillo collezione di manoscritti raccolta a Cipro 88. Allo stato attuale delle ricerche, non si può dire nulla di sicuro sulla datazione dei manoscritti che poi andarono ad arricchire la collezione dell'Ambrosiana, ad eccezione di alcuni che puntualmente indicheremo. Tuttavia si ha l'impressione che, ad eccezione di quello già segnalato che venne appunto trascritto da Patrizi stesso nel 1581, tutti gli altri siano da ascriversi agli anni successivi al 1589. È probabile che il filosofo tra 1'83, data di stesura della traduzione latina degli Elementi teologici e degli Elementi fisici di Proclo, e 1'87, anno di pubblicazione di un suo testo dedicato alla geometria, oltre che della composizione delle sue Deche sulla poetica e delle sue sortite in tema di polemiche letterarie ed erudite, attendesse alla riflessione su problemi di carattere filosofico-matematico, è in particolare tentasse una sua elaborazione del metodo geometrico, che, completando l'opera di Euclide e di Proclo, soddisfacesse meglio al concetto di scienza. Ci riferiamo al Della nova geometria 89, nella quale egli afferma di offrire quella 'via regia' per l'apprendimento di questa disciplina che geometri antichi come Euclide e Prodo avevano negato poter esistere. In particolare bisogna ricordare che Patrizi era in questi anni in rapporto con Gianbattista Benedetti, matematico di corte del duca Carlo Emanuele a Torino, che sosteneva posizioni antiperipatetiche. Da un accenno contenuto in una delle lettere dal Patrizi a lui dirette del 5 dicembre 1586 90, sembra potersi arguire che egli pensasse di proseguire la sua opera innovativa proprio nel campo delle matematiche. Non a caso in questi stessi anni è in contatto anche con il Bottrigari, anch'egli matematico, poeta e disegnatore e uno degli autori che contribuirono allo sviluppo delle teorie musicali del tardo Rinascimento. A prova di quanto qui ipotizzato si può addurre la pubblicazione, avvenuta nel 1587, dei due libri De spacio 91, che 88 89 Cfr. supra, p. 19; E.JACOBS, op.cit., pp. 17-18. Cfr. DeJ/a nuova geometria di Frane. Patrici libri X V Ne' quali con mirabile ordine, e con dimostra- zioni à marauìglia più facili, e più forti delle usate si vede che le Matematiche per via regia, e più piana che da gli antichi fotto non si è, si possono trattare. Al Serenissimo Carlo Emanuele Duca di Savoia, In Ferrara, Per Vittorio Baldini Stampator Ducale, 1587. L'assunto perseguito dal Patrizi in quest'opera è di indicare una 'via' più breve e più facile per comprendere la geometria di quella proposta da Euclide. Egli sosteneva che vi può essere una dimostrazione chiara di quelle proposizioni che dagli antichi geometri vennero considerate in dimostrabili. E infatti, se per «scienza» deve intendersi «quel sapere, che o per diffinizione della essenza, o per dimostrazione delle proprietà essenziali si acquista, e per deduzione degli effetti dalle lor cagioni, in tutti e tre i modi scienza vi è del punto, delle linee [... ]» (cfr. ivi, Dedica). Una parte di quest'opera, tradotta in latino, sarà stampata da Patrizi nel l. III della Pancosmia (FRANcrscr PATRICII Nova de universis philosophia cit., Pancosmias liber tertius De pl?Jsici ac mathematici spacii, affectionibus, ff. 69'-73'). 9 Cfr. la lettera del 5 dicembre 1586 in F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 44. 91 Cfr. FRANCISCI PATRICII Philosophiae, De rerum natura libri li priores, alter de spacio pl?Jsico, alter de spacio mathematico, Ferrariae, Victor. Baldinus, 1587 (anche quest'opera venne ripubblicata nella Nova de universis philosophia cit., Pancosmias liber primus (De spacio pl?Jsico), ff. 61'-65"; l. II (De spacio mathematico), ff. 66'-68"). ° La biblioteca greca di Francesco Patrizi 109 dovevano essere, come Patrizi stesso afferma in una lettera a Lorenzo Giacomini Tebalducci, il «principio della sua filosofia»: «ben dirà vostra signoria che io ho disviato dietro ad un folle pensiero di non più valida filosofia» 92, Questi tentativi di elaborazione di una 'nuova matematica' e di una 'nuova geometria' non sembrano avere avuto un particolare seguito. Dalle lettere che riguardano gli anni successivi al 1587, risulta soltanto che Patrizi si orientò soprattutto verso la pubblicazione del materiale che aveva pronto, in particolare il suo 'thesaurus', che doveva abbracciare dieci libri 93, i suoi quattro libri 'in materia platonica', stesi tra la fine di settembre e la fine di novembre del1588 (De Piatonicae pbiiosophiae scopo et praestantia; Cur Piato diaiogos scripserit; De ordine Platonicorum diaiogorum e De Piatonicae pbiiosopbiac cum Christiana consonantia et Aristotelicae ab utraque dissonantia) libri che non erano però ancora la sua 'filosofia', da lui ripresa solo in quello stesso mese di novembre 1588 e che doveva 'trovare' la «causa prima» con metodo aristotelico, ma non per via del moto, bensì per via del lume e della luce (Panaugia), e dedurre poi con 'metodo platonico' i prodotti della luce (Pancosmo). In quello stesso periodo era prossimo a finire De iis quae in mare ftunt, De iis quae ftunt in terra et sub terra, De iis quae in mare et aquis ftunt; dopo di che doveva stendere il De bumana pbiiosopbia, con cui si chiudeva il circolo della creazione, con il ritorno dell'uomo 'in paradiso' 94, Per richiamare l'attenzione su questi suoi studi su Platone e sulla sua 'filosofia', egli si rivolgeva appunto al circolo degli amici fiorentini 9s, cultori di filosofia platonica, cosl come per 'piazzare' i suoi studi matematico-musicologici si era rivolto agli amici di Torino. Le lettere di questo periodo non contengono cenni all'acquisto o alla trascrizione di manoscritti greci. È tuttavia evidente, dai tredici codici a lui appartenuti presenti nella Biblioteca Ambrosiana, che essi erano stati trascritti in funzione di questi suoi studi, sia di quelli di carattere matematico-musicale, sia di quelli relativi alla sua 'filosofia' nella quale egli faceva proprie, in modo originale, alcune posizioni di quegli autori delle cui opere, come si è visto, egli lamentava la mancata pubblicazione, traduzione e diffusione, e cioè quelle di Proda, di Ermia, di Olimpiodoro e di Damascio. Già infatti nelle quattro operette ricordate, che vennero poi in parte pubblicate in calce alla sua Nova de universis pbiiosopbia nel 1591, anche se non sono presenti riferimenti a manoscritti da lui posseduti, si trova comunque menzione di alcune delle opere contenute nei codici che possedeva. Ad esempio, nell'opu- 92 Cfr. lettera del 29 giugno 1587, in F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 57. Cfr. lettera di Sigismondo Snizer (forse Sigmund Schnitzer medico a Bamberg) del 22 maggio 1588 da Ferrara in F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., pp. 61-62. 94 Cfr. lettera del 27 novembre 1589 a Baccio Valori da Ferrara in F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 70. 95 Cfr. ivi, pp. 70-7l. 93 110 Maria Muccillo scolo Dell'ordine de' libri di Platone 96, esponendo il significato del Crati/o nella filosofia di Platone, cita il Commento di Proclo, dal quale riprende appunto l'idea che lo scopo del dialogo fosse «mostrare che l'anima humana porta nell'essenza sua certa forza assomigliatrice», e poco oltre cita l'Alcibiade I «sopra il quale habbiamo di Proclo altissimi e nobilissimi questioni»; a proposito del Timeo ricorda i commenti di Proclo, di Calcidio e Ficino, e riferendosi alle difficoltà di questo testo platonico, aggiunge: «Ma la oscurità ci vien levata dà commentari di Proclo, dal Libro de' principii di Damascio e dal Ficino» 97. A proposito del Pedone, ricorda il commento di Olimpiodoro 98. Ancora, nello scritto che figura in appendice alla Nova de universis philosophia con il titolo Plato exotericus egli riporta, in greco, un brano dal Commento di Proclo al Parmenide99, e a proposito del 'vero' ordine dei libri di Platone 1oo cita il Commento dello stesso autore all'Alcibiade Il Nella Nova de universis philosophia figura inoltre un brano testuale dal Commento procliano al Timeo 101 e una lunga citazione in greco dal «tertio suo [scil. Procli] in Parmenidem commentario», contenente un frammento di Orfeo 102. Va osservato che nella Nova de universis philosophia le citazioni dei commenti neoplatonici riguardano soprattutto l'antichissima sapienza, più rara e meno nota, e perciò più significativa. Cosi anche Damascio, Siriano, insieme a Proclo, sono qui importanti soprattutto come tramiti di quell'antichissima 'theologia' 103. Interessante, per la tematica qui trattata, è anche un accenno a Giorgio Gemisto Pletone da lui 'trovato' in Cipro: «Sed alius quidam author, quem in Cypro invenimus, et forte fuerit, Georgius Pletho: qui et ipse, uti Psellus, aliquot Zoroastri oracula exposuit, paulo aliter, rem hanc triadarum refert» 104, ma anche in questo luogo egli è ricordato 96 Pubblicato dall'Aguzzi Barbagli in F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., pp. 178-188, dal ms. P. 224 sup., fascicolo IX, ff. 2'-9' della Biblioteca Ambrosiana. L'opuscolo era dedicato al cardinale Borromeo. 97 Cfr. ivi, p. 187. 98 Cfr. ibid. 99 Cfr. FRANCrscr PATRICII Nova de universis philosophia cit., Plato cxoteriros, f. 42'. 100 Cfr. ivi, f. 44•. 101 Cfr. FRANCrscr PATRICII Nova de rmiversis philosophia, Panaugiae liber decimus (De fonte ac Patre luminum), ff. 22'·•. Su questo trattato della Nova si vedano, tra gli studi più recenti, A. A. SPEDICATI, Sulla teoria della luce in F. Patriv, «Bollettino di Storia della filosofia dell'Università degli studi di Lecce», V (1977), pp. 244-263; A. L. PuGLIAFITO, Per uno studio della <<Nova de universis phiiosophia!> di Francesco Patriv da Cherso. Note alla <<Panaugia!>, «Atti e Memorie dell'Accademia toscana di Scienze e Lettere 'La Colombaria'», n.s., XXXVIII (1987), pp. 159-199. 102 Cfr. F. P ATRI CII Nova de universis phiiosophia cit., Panarchias liber duodecimus (De divinis unitatibus sive de ideis), f. 25'. Sulla Panarchia si veda A. L. PuGLIAFITO, «Principio primo!> e «principi principiati!! nella Nova de universis philosophia di Francesco Patriv, «Giornale critico della filosofia italiana», LXVII (LXIX), 1988, pp. 154-201. 103 Cfr. FRANcrscr PATRICII Nova de universis phiiosophia cit., Panarchias Jibcr sextusdecimus, f. 38' e 34•. 104 Cfr. ivi, l. XVI, f. 38r. La biblioteca greca di Francesco Patrizj 111 soprattutto come espositore di oracoli. Nello stesso testo Proclo e Damascio sono ancora citati nella Panarchia 105, mentre una menzione del Commento procliano al Parmenide figura nello Zoroaster 106, Per la sua edizione dei testi ermetici in appendice alla Nova de universis philosophia sappiamo, per sua stessa dichiarazione, che Patrizi aveva utilizzato manoscritti che aveva trovato a Cipro, nel monastero Enclistra, e come per lo Zoroaster, aveva presumibilmente utilizzato materiale già raccolto negli anni '70 e che aveva appunto dovuto aspettare venti anni prima di poter vedere pubblicato. E infatti, tanto I'Hermes che lo Zoroastcr contengono frammenti derivanti da opere e autori che facevano parte della prima collezione del Patrizi nella quale figuravano appunto non solo i commenti neoplatonici, ma anche i testi eremetici, il Suida, il testo del Contra Iulianum di Cirillo, da lui ricordati 107. Ma più ancora che la Nova de universis philosophia, un testo soprattutto rivela l'uso della 'seconda biblioteca' patriziana per l'elaborazione della sua 'filosofia', un testo che non fu mai pubblicato e che avrebbe dovuto far parte della redazione 'completa' della Nova. Ci si riferisce al De humana philosophia, trattato rimasto incompiuto, contenuto nel ms. Barberiniano greco 180 della Biblioteca Apostolica Vaticana, in parte steso in latino, e in gran parte in greco, nel quale Patrizi aveva iniziato a trattare dell'anima umana, della sua natura e facoltà, basandosi quasi totalmente su testi tardo-neoplatonici 1os. Egli aveva qui trascritto, o parafrasato, in lingua greca, sotto specifici lemmi, passi tratti da vari autori antichi: Platone, talora lo stesso Aristotele, Ermete, Zoroastro; ma, più frequentemente ed ampiamente, talvolta per interi fogli, brani da Porfirio, dai commenti platonici di Prodo, e Olimpiodoro e dal De principiis ws Cfr. ivi, L XIX, f. 40•. 106 Cfr. FRANCISCI PATRICII Zoroaster, in Nova de universis philosopbia cit., ff. 4•-s• e, soprattutto, il passo a f. 7', nel quale Patrizi lamenta la perdita del commento di Pico agli Oracoli zoroastriani, e ancora, dei XL libri di Amelio, i quattro libri di Porfirio, i commenti di Giamblico citati da Damascio, quelli di Siriano il Grande. Tali opere egli non aveva potuto rintracciare nelle sue ricerche cipriote e non figuravano fra quelle in suo possesso vendute a Filippo II. 107 «Sed extat, et alius titulo sacri libri, quem nos in Cypro in monasterio cui nomen Endistra, simul cum reliquis invenimus. Et quem Ioan. Stobaeus Edogis suis Physicis inseruit, cum Fragmentis aliis, et libellis etiam non paucis, partim extantium, partim etiam non extantium. Quae omnia nos in unum contulimus volumen, simul cum iis pauculis, quae tum apud Cyrillum, libris contra Iulianum, tum apud Suidam reperimus, et iuxta nostra illa exemplaria, plusquam mille quadraginta loca, tum in Ficinianis tum in Stobaeanis, et Candallianis emendavimus». Tale manoscritto di Ermete non sembra figurare né nella lista dei manoscritti patriziani escurialensi, né in quella degli ambrosiani. Lo stesso Jacobs si chiedeva dove fosse andato a finire (cfr. E. JACOilS, op. cit., p. 28 nota 5). Per i libelli ermetici già raccolti, cfr. la lettera citata in nota 94 a Sigismondo Snizer in F. PATRIZI DA CHERSO, Lettere cit., p. 62. 108 Mi sia consentito rinviare, a proposito di questo testo, a M. MucCILLO, Il «De bumana philosophia)> di Francesco Patri!(j nel ms. Barbcriniano greco 180, «Miscellanea Vaticana», IV (1990), pp. 281-307. Maria Mucci/lo 112 di Damascio. Questi ultimi autori, delle cui opere egli possedeva i manoscritti, sono, come si è detto, citati nell'originale greco, accompagnati da numeri che forse corrispondevano al numero del foglio e a quello dei capitoli in cui egli aveva suddiviso il testo greco. La schedatura dei passi in greco che costituisce la maggior parte del trattato, parte che Patrizi non aveva ancora riesposto in latino, offre una panoramica dei luoghi paralleli di questi autori sullo stesso tema, e mira in qualche modo ad integrare, appunto con l'apporto dei commenti tardo-neoplatonici, la dottrina platonica là dove essa si presentava oscura o carente nello svolgimento di argomenti che, se erano forse irrilevanti in Platone, erano però diventati assai importanti nella sua scuola. Ci si riferisce in particolare al tentativo di delineare intorno all'anima una dottrina completa che esponesse non solo la sua natura e il modo in cui essa si unisce al corpo, ma ne esaminasse più da presso il meccanismo di funzionamento nell'esplicazione delle varie attività conoscitive e psicologiche, come, ad esempio, le 'potenze dell'anima', la 'reminiscenza' e la 'dimenticanza', il significato della sua 'razionalità' o 'irrazionalità', di 'opinione' e 'scienza', 'fantasia', 'senso' e via di seguito. Ora, sembra probabile (e qualche saggio di verifica da noi effettuato lo conferma), che Patrizi abbia usato per la stesura di quest'opera, proprio quei manoscritti che aveva raccolto nei quindici anni successivi alla vendita della sua collezione cipriota, e che ci sono pervenuti tra quelli della Biblioteca Ambrosiana di Milano. In una delle ultime opere filosofiche del Patrizi, posteriore alla pubblicazione della Nova de universis philosophia e alla stesura del De humana philosophia avvenuta tra la fine del 1591 e l'inizio del 1592, nel De numerorum mysteriis, inedito nel ms. H 180 inf. della Biblioteca Ambrosiana, di cui chi scrive sta preparando una edizione, si trovano ancora ricordate opere della sua 'seconda biblioteca'. Patrizi cita infatti il Commento di Proclo al Parmenide e la sua Elementatio theologica: «Proclus in commentarijs in Parmen. l et eadem unorum et multorum diuisione est usus. sed l in Theologids suis elementis, statim primo, validissima l demonstrauit demonstratione, scil. quod l Omnis multitudo quadam tenus particeps est unius. l» 109, Tra gli autori utilizzati nella stesura di questo testo, un posto di grande rilievo occupano Anatolio e Nicomaco di Gerasa dai cui Arithmetices theologumena egli cita estratti in latino 110. Questo scritto faceva parte della collezione cipriota del filosofo, ma non figura tra i manoscritti venduti ali' Ambrosiana. Il De numerorum mysteriis reca la data del VII febbraio 1594 e costituisce, se si eccettuano i Paralleli militari che Patrizi stava già scrivendo e che usciranno nell'anno successivo, e i vari rimaneggia- 109 Cfr. ms. H 180 Inf. ddla Biblioteca Ambrosiana di Milano: numerorum mysteriis, f. 153'. 11o Cfr. FRANcrscr PATRITIJ De numerorum mysteriis cit., passim. FRANCiscr PATRITIJ De La biblioteca greca di Francesco Patrizj 113 menti della Nova de universis philosophia di cui testimonia il ms. Palatino 650 della Biblioteca Palatina di Parma, l'ultima sua opera a noi nota. A questa data la 'nuova biblioteca' del Patrizi può dirsi tutta costituita nella forma in cui ci è pervenuta nei cataloghi della Biblioteca Ambrosiana di Milano 111. Si tratta di tredici codici, tutti, eccetto due, venduti dal nipote del filosofo a Roma nel 1600 a un inviato del cardinale Federico Borromeo, tre anni dopo la morte del filosofo 112. Tutti i manoscritti sono cartacei e di scrittura recente, del secolo XVI. Di alcuni di essi è indicata con precisione la data di scrittura e lo scrittore, che in qualche caso è lo stesso Patrizi, ma più spesso il celebre Camillo Veneto, che si è già avuto modo di menzionare. Gli autori di cui i manoscritti contengono le opere, salvo qualche eccezione, sono filosofi della tarda scuola neoplatonica: in primo luogo Proclo, di cui Patrizi possedeva la Elementatio theologica in un codice da lui stesso copiato da un esemplare assai più antico 113, la Theologia Platonica, i Commenti all'Alcibiade I, il libro VII ed ultimo del Commento al Parmenide, ancora oggi dato, ma forse a torto, dagli studiosi per perduto, parti degli Sco/ii al Crati/o; Olimpiodoro di cui aveva gli Sco/ii al Filebo, al Gorgia, al Pedone; Ermia, con gli Sco/ii al Fedro; gli Sco/ii all'Iliade di Omero e le Allegorie sulla stessa opera di Tzetze; la Periegesis di Dionisio. Era questo un materiale su cui Patrizi direttamente lavorava e che gli era servito appunto per l'elaborazione della sua 'filosofia' platonica, come si è cercato di dimostrare attraverso l'individuazione dei riferimenti nelle lettere e nelle opere, e come risulta altresi dalle numerose note, schemi e glosse di suo pugno in margine ai codici. Di tali manoscritti si dà qui l'elenco come risulta dal Catalogus Codicum Graecorum Bibliothecae Ambrosianae, a cura di A. Martini e D. Bassi: (A 112 sup.) a Procli Diadochi Platonici Institutio theologica. (M 84 sup.) h 1 Procli Diadochi in primum Platonis Alcibiadem, cum lemmatis margin. nonnullis ab initio et hic illic variis lectionibus; ( Michaelis) P selli epistulae ad Caesarem (133)'), ad Aemilianum Antioch. patriarch. (138"); (142•) ad Leonem à.auKE)). (i. e. protosyncellum), (143") ad Xiphilinum. Cfr. A. MARTINI-D. BASSI, Catalogus cit., I, p. 39, n. 38 (A 112 sup.); II, p. 643, n. 530 (M 84 sup.); p. 718, n. 636 (P 110 sup.); p. 854, n. 743 (T 113 sup.); p. 908, n. 812 (A 171 inf.); pp. 910-911, n. 816 (A 193 inf.); p. 949, n. 853 (C 79 inf.); p. 973, n. 871 (C 173 inf.); p. 1047, n. 954 (D 285 inf.); p. 1059, n. 978 (D 472 inf.); pp. 1104-1105, n. 1035 (H 27 inf.); p. 1107, 111 n. 1040 (H 252 inf.); p. 1125, n. 1052 (I 86 inf.). 112 Cfr. le nostre osservazioni, supra, nota 1. 113 Cfr. A. MARTINI-D. BASSI, Catalogus cit., I, p. 39. a) Trascritto nel 1581 da Patrizi da un esemplare antico di 112 anni. b) Venduto a Roma dal 'figlio' del Patrizi nel 1600. IO Maria Muccillo 114 (P 110 sup.) c Heronis Alexandrini Pneumatica. (T 113 sup.)d Damascii philosophi Dubitationes et solutiones de primis principiis. (A 171 inf.)' 1 Marini Neapolitani Proclus sive de felicitate, fine mut; 11 Ex Proclo Diadocho (Oi nepì trov Osirov ÀÒyot, cruvi)pl)vtUl J.LSV &v toìç Ò.pXlJrtKrotÉpotç ahiotç. otòn 'tÒ Kpòqnov SK&ivrov 'tOÙ q>avoù,- on mina tà à.Ua 'tOÙ évòç OEÒtepa, Otà 'tOÒtrov oiJ.LUl rsroVÉVUl Kataq>avtç-); 31 Procli Diadochi Institutio theologica; 85 Ex Procli (Diadochi) philosophi scholiis in Platonis Cratylum eclogae utiles; 138 Theonis Smyrnaei de iis quae in mathematicis ad Platonis lectionem utilia sunt. (A 193 inf. olim N 299)! 1 Stephani Alexandrini de arte chemica; 35' Heliodori philosophi ad Theodosium imp. de mystica philosophorum arte; 40 Theophrasti philosophi de eadem divina arte; 44• Hierothei philosophi de eadem divina et sacra arte; 48 Arche! ai philosophi de eadem sacra arte; 54 Pel agii philosophi de eadem divina et sacra arte; 57• Ostani philosophi ad Petasium de eadem sacra et divina arte; 58 Democriti physica et mystica; 64 Synesii philosophi ad Dioscorum in librum Democriti etc.; (70") de auri confectione Mox (74•1. 16) (Zosimus) et (83' l. 11 a f.) (Iohannes archipresb.); 85 Zosimi divini de virtute; 88• on cr6v0&t0V etc.; 93 'tOÙ aòtoù xp t cr t t a v o ù de divina aqua etc.; Ò.J.L~Àày ÒJ.Loiroç etc. 96r l. 7 a f.; delineati o labyrinti Salomonis 94•, (versus) 95r 96•nspì ~aq>fjç moijpou; 98T nepi ltOtijcreroç Ò.crTJJ.LOU; 98• (nspì 'tOÙ rooù); 99" (Zosimi) ùopapyt)pou 1t0tl)crtç; 100• SK trov KÀ&OltUtpaç lt&pì J.LÉtprov Kaì crtaOJ.Lrov cum additamento ol\ov ytvrocrKetv etc.; 102 toù xptcrtta voù nepì sùcrtaOeiaç toù xpucroù et (103" l. 8 a f.) 'Onijv &xst etc.; (Zosimi) (104) nspì &çatJ.LiJcrsroç uoatoç Osiou; (105) nspì toil aùtoù Osiou ìloawç; (106~ nepì cruvOI\crsroç ùMtrov et nspì q>rotrov; (107') napatvl\cr&tç crucrtU'ttKUÌ 'tWV srxetpOÒVtf.OV tijV 'tÉXVl)V; 107" 1t0tl)crtç KpUO''tUMtrov; (Zosimi) (108) (nspì aiOaì..rov); (109•) nspì Àemcrocrsroç; 109• Philippi ~aq>ij 'tOÙ napò. 1tÉpcratç &çsupl)J.LÉVOU XUÀKOÙ etc.; 11 o• ~aq>ij 'tOÙ LVOlKOÙ crtoijpou etc. tro nat&Miro tÉq>pa l. 8; 111 à.vti9&crtç ÀÉyoucra (m etc.; 112"-118' 'tOÙ Xptcrna voù (capita V); 118' nòcroç ò trov ~antoJ.LÉvrov &piro v crtaOJ.Lòç etc.; 118• De moribus philosophi; 119 ÒpKoç; 119-121" si 01\ì..stç notfjcrat etc. 121• Lexicon alphabeticum de auri confectione, usque ad v.i]ì..iouoimcoçècrdv· etc.; (Zosimi) (123-130) (capita V), a v. (cap.nspì crta0J.LOil çavOrocrsroç) à.nò tfjç nsipaç on KUIÌcravtsç; (130) 1t&pì Ò.q>OpJ.LWV cruvOI\crsroç; 130• c) Venduto a Roma dal 'figlio' del Patrizi nel 1600. d) Copiato in parte da Camillo Veneto e in parte da Patrizi. Contiene anche un estratto del Suida su Damascio ed alcune note su Giamblico e Damascio. In margine al f. 1033 si legge la scritta di mano del Patrizi: «finito dì vedere adì 11 giugno 1589». Fu venduto a Roma dal 'figlio' del filosofo nel 1600. e) Copiato da Camillo Veneto e venduto a Roma nel 1600 dal 'figlio' del Patrizi. Alla fine del zo testo di questo manoscritto, contenente appunto il frammento di Prodo, troviamo la seguente nota (di mano del Patrizi ?) : « Videtur comentariorum in Parmenidem liber VII. qui in vulgatis deest fol. 594 »). f) Venduto a Roma dal 'figlio' del Patrizi nel 1600. La biblioteca greca di Francesco Patrizi 115 n:epì Z69rov n:m~creroç et cr'tUK'tl]ç n:oil]crtç; 131 Olympiodori philosophi Alexandrini eiç 'tÒ KU't8VÉpyew.v ZrocriJ.LOU ocra etc.; 148 Zosimi ad Theodorum capita; 150 àvemypa<pou <ptÀocr6<pou Verba KUÌ rocrn:ep 't8'tpUJ.18Pfi - 'tfjç 'ttÀeiaç Àemcrocreroç f. 151 v H. 8-3 a f. 154' Pappi philosophi (iusiurandum); 154• J.Lrocrtroç oin:Àrocrtç et eòyeviou; 155 1:où aÒ'tOiJ ZrocrtJ.LOU n:epì 6pylivrov Kaì KaJ.Livrov Mcrta 6n:oJ.L~J.lU'ta· etc., usque ad v. 1:ffiv 9eirov 1:1òv àva9uJ.LtroJ.LÉVrov; 159' Hierothei de sacra arte; 159• Zosimi n:spi 6pyavrov lCUÌ KUJ.lÌVrov; 162 (Khon:a'tpl]ç XPUO"OJtOtta). (C 79 inf.)g Olympiodori magni philosophi scholia in Platonis Philebum; (65) Gorgiam; (289) Phaedonem. (C 173 inf. olim N 307) h Hermiae philosophi in Platonis Phaedrum scholiorum libri III. (D 285 inf.) i Procli Lycii Diadochi in primum Platonis Alcibiadem. (D 472 [olim 296] inf.) 1 Olympiodori philosophi (scholia) in Platonis Phaedonem; 104v Philebum. (H 27 inf.) m 50 Argumenta (et scholia) in Homeri Iliadem; 38• (Enarratio Iliadis I, inde a vs. 571); 41 Argumm. alia et 'historiae' in Iliadem, a l. m ad xv; 52 . :. 'tÒ n:pooiJ.LtoV n:pòç 1:ò KeÀeilcrav n:p6crron:ov liwacram 1:òv 'tSÉ'tSlJV 'tUU'tl]ç 1:i'jç cruyypa<pfjç ·: · (se. Iohannis Tzetzae Allegoriae in Iliadem, praevio prooemio); 48 Dionysii Periegesis, vss. 1-36; 95" (Dionysii vita), usque ad v. McrtOV Kai 'tà Àt9taKii. (H 252 inf.)" Procli Diadochi Platonici in Platonis Parmenidem commentarius. (I 86 inf.) • Procli Diadochi Platonici in Platonis theologiam libri I-VI. g) Copiato da Camillo Veneto. Sul codice sì rilevano le date « 1591 18 9..,.» e « 1592 14 feb.» scritte di mano del Patrizì. Anche questo codice fu venduto a Roma nel 1600 dal 'figlio'. h) Copiato da tre mani diverse, tra cui quella dì Camillo Veneto. Contiene altresi estratti dal Suida sul filosofo Ermia, su Ammoniano (sic !), su Siriano e Isidoro dì mano del Patrizì. Fu venduto a Roma nel 1600 dal 'figlio' del filosofo. i) Tutto di mano del Patrizì, il codice fu venduto a Roma nel 1600 dal 'figlio'. i) Fu venduto a Roma ne11600 dal 'figlio' del Patrizì. m) Venduto a Roma nel 1600 dal 'figlio' del Patrizì. n) Copiato da Camillo Veneto. Fu venduto a Roma nel 1600 dal 'figlio' di Patrizi. Questo manoscritto contiene il testo greco del commento procliano cosi come lo possediamo oggi, e cioè fino alla fine della I Ipotesi, e inoltre i commenti alle ipotesi successive che però Patrizì aveva ben capito non poter essere di Proclo. o) Copiato da Camillo Veneto e venduto a Roma dal 'figlio' del filosofo nel 1600. 116 Maria Muccillo Ma prima di concludere questo esame della biblioteca greca di Francesco Patrizi, non si può tralsciare di accennare a un altro gruppo di manoscritti a lui appartenuti ed acquistati, dopo la sua morte, per la Biblioteca Barberina. Si tratta in realtà di codici che contengono opere del Patrizi stesso o sue raccolte di passi tratti da varie fonti antiche da lui utilizzate nella stesura di alcuni suoi scritti. Si trova qui il testo del già citato De humana philosophia, una raccolta di Aoyw. zoroastriani trascritti dallo stesso Patrizi da opere diverse e soprattutto dai commenti dei filosofi tardoneoplatonici e dalla raccolta pletoniana con la traduzione latina di Ficino. Tale fondo di manoscritti patriziani presenti nella Biblioteca Barberina fu per la prima volta segnalato da Seymour De Ricci 114 e figura ora nel tomo II del Catalogo dei codici Barberiniani greci recentemente pubblicato da J. Mogenet, L Leroy e P. Canart 11s da cui appunto si riporta la lista: 168. (Francisci Patricii) (Patrizi) adversaria, quibus titulus Tù wù Zropoucrtpou (Kaì tffiv aùtoù jlayrov cancellata) ì..oyia (!), in 10 sectiones distincta: 1 (f. 1) Movuç, Suùç Kaì tptuç inc. "01tou JtatptX'ÌJ jlovàç &crti (sic); 2 (f. 1") Tiat'ÌJp Kaì voùç; 3 (f. 2~'-") Noùç, VOTJtÙ Kaì voepu; 4 (f. 3~'-•) 'IS&at, ìurreç; 5 (f. 4) EKatTJ, cruvoxetç (!) Kaì teÀBtapxat; 6 (f. 4•) 'Pux'ÌJ KOO"jllK~; 7 (f. 5) Kòcrjloç; 8 (ff. 5•-6) oupavoç (!); 9 (ff. 6•-7") 'Pux~. O"Wjlll, livflproJtoç; 10 (f. 8) ~llljlOVBç (!), teÀB'tllt a 179. 1. Typis impressum: MaytKà ì..òyta trov à1tò l toù Zropolicrtpou l jlayrov l Parisiis l Apud loannem Lodoicum Tiletanum l via ad D. Hilarium, sub D. V. Maria l M.D.XXXVIJJ: 1 (ff. 2-3) Magica eloquia; 2 (ff. 3-8) 'Y1tÒjlVTJjlll, id est (Gemisti Plethonis) commentarius. 2. Eadem opera a graeco in latinum conversa ab eodem Patricio, scilicet: 1 (ff. 91O) Magica cloquia, magorum Zoroastri sectatorum cod.; 2 (ff. 10-1 SV) Commentarium (incerti authoris vel forte Pselli, cancell.) Plethonis Gemisti ex Steuco 1• 9. 3. Gemisti Plethonis Explicatio brevis magicorum eloquiorum: (f. 16r-v) textus graecus, (ff. 16"-17•) traslatio latina. 4. (ff. 18•-21•. 23•-24. 25") Excerpta varia de magicis eloquiis ex Procli, Olympiodori et Plotini operibus, graece et latine, necnon Ficini et Pici. 5. (ff. 22r-v) Plutarchi De Iside et Osiride fragmentum. In imo f. 22•, breve excerptum Sympos. 4, id est eiusdem Plutarchi Quaest. Conviv. IV, 5, 2. 6. (ff. 26-28) Michaelis Pselli Expositio brevis dogmatum Assyriorum tam graece, [... ] quam latine. 11 4 Cfr. SEYMOUR DE Riccr, Liste sommaire des Manuscrits grecs de la Bibliothèque Barberina, Faris 1907, p. 14. 115 Cfr. I. MoGENET-I. LEROY-F. CANART, Codices Barberiniani Graeci, II: CodiCI!s 164-281 [... ],Città del Vaticano 1989, p. 5, n. 168; p. 15, n. 179; p. 16, n. 180; p. 51, n. 211. a) Di mano del Fatrizi, il testo del codice fu pubblicato, ma con molte modifiche, dal filosofo nel suo Zoroaster et eius CCCXX oracula chaldaica, Ferrariae 1591, ff. 8'-11'. Sono premessi al testo estratti da Suida, Damascio, Didimo, Ficino e Frodo; lo seguono estratti dal commento al Parmenide di Frodo. . La biblioteca greca di Francesco Patrizi 117 7. (ff. 28•-29•) Diogenis Laertii excerptum e prooemio, in versione latina. Subicitur (f. 29•) index operum edendorum a (Patricio) b. 180. Francisci Patricii (Patrizi) adversaria philosophica tam graece quam latine, quibus titulus inscribitur (f. 1): ·Av9pronoç. Insunt multa capitula, quorum prooemium (ff. 2-3•) inc. De bumana pbilosopbia. Lib. l Summe Deus Opt(ime) Max(ime), omnes bomines a te vennere (!)et veniunt. Inscribuntur capitula sequentia: 1 (ff. 4-5) Homo; 2 (ff. 5-7) Anima; 3 (ff. 7-8) Anima incorporea; 4 (ff. 8-9") Contra Aristotelem; 5 (ff. 9'-10) Metemsomatosis; 6 (ff. 10,...) Animarum differentia; 7 (ff. 10•-12•) Anima an corpori praifuerit; 8 (ff. 12•) Cur anima descendat; 9 (ff. 13-15") Quid sit anima; 10 (f. 17) 'Pux~ iiloyoç; 11 (ff. 17q8) Coniunctionem animae cum corpore quae sequantur; 12 (f. 18") De animae cognitione; 13 (ff. 18'-22•) llepi voii, De mente; 14 (f. 22") llepì Àoyou et ratione; 15 (f. 23) Aoytcr116ç; !6 (ff. 23•-24) A6yot èv 1JIIlXft; 17 (ff. 24•-26) On ev 'tft vuxft Àoym evet<Jt; 18 (f. 26'-") Avli11VT]mç, reminiscentia, AT]9TJ, Mv~!lT]; 19 (ff. 27-28) Avli!lVT]mç; 20 (f. 28'·") Aol;a, opinio, opinatio; 21 (ff. 28'-29") <Panacria; 22 (ff. 29'-32") Aicr9T]crtç, sensus; 23 (ff. 33-35) fviì>crtç, cognitio; 24 (ff. 35-3 7) 'Aì.~9eta, nÀT]9éç; 25 (ff. 37-40•) Laq>àç iinopov; 26 (ff. 42-43) en9usiasmus; 27 (ff. 43•-46) Mavia, 11av'teia; 28 (ff. 46•-47) llepì 'toii oat11oviou wii LroKp(i'touç; 29 (f. 48'-") Ka9oooç 'ti]ç 1JIIlXflç; 30 (ff. 48•-49) vuxrocrat; 31 (ff. 49-51) llveii11a; 32 (f. 51r-:( 'E111JIIlXia; 33 (ff. 51'-52) llveii11a; 34 (f. 52) 8u116ç, È1tt9ullia; 35 (ff. 52-53) Aii1tl], itlìo~; 3 (ff. 54-56) "Opel;tç, 6peK't6v; 37 (ff. 56-57) 'Aì.oyia, 7tn9oç; 38 (ff. 57-58") 'E111t6otu; 39 (f. 58") 'EMu9epiu 1JIIlxflç; 40 (ff. 59-67) MoÀt<J!lÒ<;, JCu9up!16ç; 41 (f. 67r-") To JCu96ì.ou; 42 (ff. 71-72") titulus abest; 43 (ff. 72•-73) 'OpeKnKa. c 211. (Francisci Patricii) (Patrizi) adversaria, h.e. sententiae tam graecae quam latinae necnon italicae ordine alphabetico dispositae et opera a quibus excerptae sunt; inc. (f. 1) littera A, Aì.e!;uvlìpoç (!) ~umÀ&iouç 1to.ilìuç (! ), des. littera Y (f. 55•): oùlìev ècrn Keplìuì.ero'tepov (!) wii vtK~v. d Questa dunque la biblioteca greca del Patrizi, almeno come risulta allo stato attuale delle ricerche; ma non è da escludere che ulteriori indagini sulle biblioteche e raccolte di libri dei vari personaggi spagnoli e italiani con cui Patrizi fu in contatto, possano portare alla luce altri codici di sua proprietà. Sulla base comunque delle conoscenze in nostro possesso e dell'analisi biobibliografica che si è cercato di svolgere in queste pagine, si possono individuare nella storia della sua formazione due fondamentali momenti, da un lato diversi, per la quantità delle opere raccolte e per le finalità della loro utilizzazione, ma dall'altro fondamentalmente omogenei, come espressione di un preciso orientamento di studio e di ricerca. Se infatti la notevole raccolta cipriota non può far escludere, accanto a quelle culturali, finalità di carattere commerciale in un momento in cui la professione e l'attività stessa del filosofo non era in qualche modo neppure a lui stesso chiara e definita; il secondo momento b) Di mano del Patrizi. c) Sono qui trascritti brani tratti dalle opere di filosofi neoplatonici. Alcuni passi dal Commento al Timeo di Proclo sono copiati dalla edizione di Basilea del 1534 (In Platonis Timaeon Commentariorum Procli [... ], Basileae 1534, p. 341, riga 20 e sgg.); altri derivano dai suoi stessi manoscritti che si conservano all'Ambrosiana. d) Scritto da Patrizi. 118 Maria Muccillo della formazione della sua biblioteca, iniziatosi con la vendita dei codici ciprioti e con l'ingresso del filosofo nell'attività universitaria e cortigiana, sembra obbedire quasi esclusivamente all'esigenza della composizione delle sue opere e dello sviluppo della sua attività scientifica e filosofica. Ma entrambi i momenti, e quindi tutta l'attività di ricerca bibliografica del Patrizi, oltre a rivelare la sua irresistibile vocazione di bibliofilo ed erudito, denota altresì la fedeltà ad un orientamento filosofico platonico-neoplatonico scelto fin dagli anni giovanili e coerentemente sviluppato nel corso dell'intera vita, non solo attraverso la critica alla tradizione aristotelica e l'originale approfondimento della problematica platonica, bensì anche con una appassionata attività di ricerca di codici volta ad arricchire e perfezionare la conoscenza del pensiero neoplatonico con la scoperta, edizione e traduzione di tutte quelle opere del neoplatonismo ancora ignote all'Occidente e capaci, a suo avviso, una volta diffuse e conosciute, di promuovere quella svolta culturale e religiosa che Patrizi auspicava e a cui aveva dedicato la sua attività di professore e filosofo.