Artù Dalla storia alla letteratura Le fonti della leggenda 08-13 08. Le fonti della leggenda La nascita del romanzo Re Artù entra davvero nella letteratura, quando, nel 1155, l’anglonormanno Robert Wace, poeta alla corte di Eleonora d'Aquitania e Enrico II Plantageneto, sviluppa gli aspetti più romanzeschi della leggenda nel romanzo in versi, il Roman de Brut. Bruto sbarca sull'isola di Albion [Gran Bretagna] Robert Wace (1110-v.1170), Roman de Brut Romanzo scritto verso il 1155 Manoscritto copiato nel XIV sec. BnF, Manuscrits, Français 1454 fol. 1 Intorno 1155, un canonico di Bayeux, Robert Wace, adatta l’Historia Regum Britanniae (Storia dei re di Britannia) di Goffredo di Monmouth, in francese nel suo Roman de Brut. Egli racconta che il primo conquistatore della Britannia fu l’eroe eponimo Bruto, un discendente del troiano Enea, a sua volta antenato di Romolo. Bruto avrebbe trovato in Inghilterra soltanto giganti che avrebbe combattuto con successo e dato, quindi, il nome ai Britannici, diventando così l'isola di Albion la Gran Bretagna. Re Artù combatte contro Frollo, guardiano di Parigi Robert Wace (1110-v.1170), Roman de Brut Romanzo scritto verso il 1155 Manoscritto copiato nel XIV sec. BnF, Manuscrits, Français 1454 fol.72 Primo a parlare della Tavola Rotonda, Wace racconta la vita di Artù, ma attenua la violenza del testo originale, facendo di Artù il modello del re cristiano, generoso e circondato da cavalieri coraggiosi. Questa figura ideale si ritrova quindi in tutti i testi storici che la rievocano, come il Brut (in anglosassone) di Layamon, o le compilazioni di Jean de Wavrin, di Boccaccio o di Vincenzo di Beauvais. Inizio della storia di Uther Pendragon Brut en prose ou Chroniques d'Angleterre XV secolo Provenienza: Henry Lowe, figlio di Whittington, conte di Derby; Thomas Bultheley; Samuel Pegg (1773); acquisita dalla BnF nel 1836 (RB n. 1931) BnF, Manuscrits, anglais 30 (p. 25) Inizio della storia di Uther Pendragon • • Scritto poco prima del 1400, il Brut inglese è una traduzione rimaneggiata del Brut anglonormanno in prosa, una raccolta di testi storici scritti dopo il 1272, che prende spunto da numerose fonti, tra cui il Brut di Wace. La versione in medio-inglese ha avuto tre continuazioni successive per i periodi 1333-1377, 1377-1419 e 1419-1461, che ne attestano il grande successo. Nel 1480, William Caxton, il padre della stampa inglese ed editore di Le Morte DArtù di Thomas Malory, ne ha dato una edizione con il titolo di The Chronicles of England. Questo manoscritto, comincia con il racconto di Bruto, il leggendario fondatore dell'Inghilterra, e finisce con il regno di Enrico V (1413-1422). La storia di Artù occupa una buona parte del manoscritto e vi si narrano soprattutto le avventure di Uther Pendragon, padre di Artù. Dopo aver fornito una breve spiegazione dell’origine del suo nome, il cronista racconta che Uther Pendragon, durante una festa a Londra, si innamorò di Ygerne, moglie del duca di Cornovaglia, Gorlois, e che quest’ultimo, furioso, rinchiuse Ygerne nella sua fortezza di Tintagel. Con l’aiuto di Merlino, Uther s’introduce nel castello, assume le sembianze di Gorlois, e ha un figlio da Ygerne, Artù. Poco dopo, morto Gorlois, Uther sposa Ygerne, dalla quale ha pure una figlia; poi Uther muore, avendo bevuto dell’acqua avvelenata dai Sassoni. Artù e il gigante di MontSaint-Michel Wace, Roman de Brut. Destruction de Rome. Fierabras Inghilterra (Gloucester?) o Galles del Sud, verso il 1338-1340 Provenienza: Narciso Luttrell, verso il 1693, acquistato nel 1920 da W. C. Pendarves The British Library, ms. Egerton 3028 (f. 49) Artù e il gigante di Mont-Saint-Michel • Il manoscritto Egerton 3028 occupa un posto speciale nell’illustrazione inglese a causa dell’eccezionale numero di miniature (53 per il Brut, 65 per gli altri due testi). Coprendo una mezza pagina, esse conferiscono un aspetto molto particolare allo svolgimento della storia d'Inghilterra. Il manoscritto contiene una versione condensata del Brut di Wace, seguita dalle continuazioni, fino al regno di Edoardo III e all'inizio della guerra dei Cent'anni. Questo manoscritto è legato alle leggende continentali, grazie alla presenza della Destruction de Rome e di Fierabras. L’assemblaggio di questi testi sembra esprimere il desiderio, quando inizia la guerra dei Cent'anni, nel 1338, di mantenere una presenza inglese in Francia. La storia di Artù si occupa i fogli 24-53. Artù e il gigante di Mont-Saint-Michel 2 • I disegni a inchiostro, con un leggero acquerello di colore, si trovano difficilmente nella pittura inglese dell’inizio del XIV secolo, a causa del loro aspetto rustico e della mancanza di raffinatezza che contrasta con la pittura della corte di Londra o delle istituzioni ecclesiastiche nell’East Anglia. Tuttavia, la presenza di molte scene insolite presentate vividamente, fa di questo raccolta un libro a modo suo interessante. Il confronto tra Artù e il gigante di MontSaint-Michel, che ha rapito la figlia del duca di Bretagna, Helen (che ha dato il nome all'isolotto di Tombelaine, dove sarebbe stata sepolta), inizia alla miniatura del folio 49, che costituisce una sorta di preambolo. Arthur arriva davanti all’enorme gigante, visto di profilo e mezzo nascosto dalla collina, mentre cerca di arrostire un cinghiale. Il mostro è spaventoso per la sua smisurata grandezza, per le folte sopracciglia, barba e capelli rossi, per le orecchie a punta e pelose, per la sua lingua come quella di un serpente e per gli occhi gonfi: tutti attributi diabolici. La battaglia del re e del gigante è un classico tema folklorico, che fa riferimento ai più antichi racconti gallesi dedicata ad Artù. Esso è comune nei manoscritti della Suite du Merlin del Lancelot-Graal e appare anche nella Historia di Goffredo di Monmouth, dove le immagini sono rare: nella famosa copia conservata a Douai, viene rappresentato proprio il combattimento, mentre nel manoscritto di Bonn ULB 526 il gigante fugge davanti ad Artù. Il manoscritto di Londra BL, Add. 10292, mostra il trionfo di Artù davanti al gigante che sta per uccidere. 09. Le fonti della leggenda Con il Roman de Brut compare la Tavola Rotonda e la regola che tutte le feste iniziano solo dopo il racconto di un'avventura. Il Roman de Brut Robert Wace (1110-1170) Roman de Brut Romanzo scritto verso il 1155 Manoscritto copiato verso il XIII sec. BnF, Manuscrits, Français 1450 ,fol. 112v Il Roman de Brut • Intorno al 1155, un canonico di Bayeux, Robert Wace, adatta la storia dei re di Bretagna di Goffredo di Monmouth, in francese nel suo Roman de Brut. Primo a parlare della Tavola Rotonda, Wace racconta la vita di Artù, facendo di lui il modello di re cristiano, generoso e circondato di cavalieri coraggiosi. Questa figura ideale è stata poi trovata in tutti i testi storici che evocano, come il Brut (in anglo-sassone) di Layamon, o le compilazioni di Jean de Wavrin, di Boccaccio o di Vincenzo di Beauvais. Wace racconta tutta la vita di Artù, della sua infanzia nella foresta al trasporto nell'Isola di Avalon, dopo la sua lotta nella piana di Salisbury contro suo figlio illegittimo Mordred. Ma egli attenua la violenza del testo originale, presenta la figura della regina Ginevra (probabilmente per compiacere Eleonora d'Aquitania) e fa di Artù un modello di sovrano cortese, come il re Enrico II. Apparizione del Graal Compilation Artùienne de Micheau Gonnot Francia centrale, tra il 1466 e il 1470 Provenienza: Jacques d'Armagnac, duca di Nemours, le cui arme raschiate (f. 1) sono stati sostituite da quelle della famiglia Montejehan BnF, Manuscrits, Français 112 (3), f. 5 Apparizione del Graal • Questo volume della compilazione arturiana di Micheau Gonnot per Giacomo V d'Armagnac è riccamente illustrato e si apre con la Ricerca del Graal. L'inizio della storia, partendo dall'arrivo di Galaad alla corte di Artù, è sintetizzato dai quattro quadri del frontespizio e da tre miniature. Si continua nel folio 5 con una grande composizione dedicata all'evento soprannaturale che si verifica in Camelot, la notte della festa di Pentecoste, e sarà il punto di partenza della Quête. Dopo il vespro, durante la cena, il re e i suoi cavalieri a tavola, sono sorpresi dal suono di un tuono e da una luce celeste che invade la stanza, mentre appare il Santo Graal, rappresentato nella forma di un calice portato da due angeli. La leggenda narra che il vaso prezioso, simbolo dell'Eucarestia, passa davanti a ogni convitato per fornirgli un nutrimento sostanzioso e abbondante. L'artista ha designato i convitati con iscrizioni in caratteri d'oro. 10. Le fonti della leggenda Re Artù diventa un re prestigioso dotato di tutte le virtù della cavalleria, sovrano ideale di una corte ideale, ma anche un personaggio messianico, il ritorno del quale viene predetto da Merlino: non è morto, semplicemente attende in Avalon di tornare a regnare su di una Bretagna unificata. Artù estrae la spada dalla roccia Histoire de Merlin Romanzo del XIII sec. Manoscritto copiato a Parigi all’inizo del XV sec. BnF, Manuscrits, Français 117 fol. 72 Artù estrae la spada dalla roccia • Figlio dell’unione soprannaturale e extraconiugale tra Uterpandragon e Yguerne, la duchessa di Tintagel, il giovane Artù viene allevato all’oscuro della sua paternità. Così, morto Uterpandragon apparentemente senza eredi, si pone la questione della sua successione. Il miracolo di una spada conficcata in un incudine deve consentire a Dio la designazione del successore. Mentre nessuno dei baroni del regno sembra in grado di venirne a capo, Artù è l'unico in grado di estrarre la spada. Solo Merlino conosce la sua vera identità, ed i nobili, non volendo accettare questo sconosciuto come il loro nuovo sovrano, differiscono a più riprese l'investitura del nuovo re. Battaglia di Artù contro i Romani La Mort du roi Artù Francia centrale (Ahun), tra il 1466 e il 1470, scriptorium di Evrard Espinques Compilazione arturiana di Micheau Gonnot in tre volumi, realizzati per Jacques d'Armagnac, duca di Nemours BnF, Manuscrits, Français 112 (3) f. 221v Comment le roy Artus desconfit l'empereur et les rommains et y fut navre à mort messire Gauvain [Come Re Artù sconfisse l'imperatore dei Romani e venne in angustie per la morte di Sir Gauvain.] Artù getta Excalibur Boccaccio, De casibus virorum illustrium, Tradotti in francese da Laurent de Premierfait Lione, verso il 1435-1440 Provenienza: copiato da Bonifacio Remen per Jean Paumier, ricevitore delle finanze a Lione. BnF, Manuscrits, Français 229 (f. 342 v°) Artù si libera di Excalibur • • • «Nulla è certo in questo mondo se non ciò che è costruito sull’umiltà». Così Boccaccio conclude il suo De casibus virorum illustrium («I casi degli uomini illustri»), la storia del destino straordinario, ma anche tragico di Artù, re dei Bretoni. Perché, se l'organizzazione della Tavola Rotonda e la prodezza dei suoi Cavalieri gli hanno portato grande gloria, il suo orgoglio di conquistatore e il suo odio contro Mordred, suo figlio traditore, ne hanno causato la perdita. L'illustratore di questo esemplare, chiamato Maestro del Roman de la Rose di Vienne, non ha rappresentato la Tavola Rotonda o la battaglia tra Artù e Mordred, come è usuale in questo tipo di opere, ma la misteriosa morte di Artù, dando al racconto un alone mitico. Infatti, la miniatura riassume in una sola immagine diversi momenti della storia della morte di Artù ne La Mort le Roi Artù. Ferito a morte, Artù esclama: «La sorte ha fatto del rimanente della mia vita un momento di dolore!». Artù si libera della sua spada Excalibur, mandando il suo compagno Girflet a gettarla nel lago. Quando scopre che una mano misteriosa l’ha ripresa, comprende che la sua ultima ora è giunta. Una nave si avvicina, allora, per condurlo nell’Aldilà, nell’isola di Avalon. Croce della tomba di Artù a Glastonbury Camden's Britannia, newly translated into English, with large additions and improvements, publish'd by Edmund Gibson Londres, printed by F. Collins for A. Swalle and A. & J. Churchil, 1695 BnF, Réserve des livres rares, FOL-N-11 (t. 1, col. 65) Croce della tomba di Artù a Glastonebury • • L’abbazia di Glastonbury (Ynys Witrin, “isola di Vetro”, in bretone) è al centro di una serie di leggende su Re Artù. Un trattato sull’antichità della sua chiesa, composto da Geoffroy de Monmouth dopo il 1129, racconta di avervi scoperto la tomba di Gauvain. Nella sua Vita di san Gilda, Caradoc de Llancarfan spiega che il re del Somerset, Melwas (il Meleagant del Chevalier de la Charrette) vi rinchiuse Ginevra. Ma è nel 1191 che, per ordine del re Enrico II, recentemente scomparso, i monaci di Glastonbury "ritrovano" (come si fa con un tesoro), molte tombe e una croce di piombo con il nome di Artù, e riesumano i corpi di Artù e Ginevra. Il contesto ideologico di questa scoperta non lascia dubbi: i re Plantageneti avevano ogni interesse ad esaltare la figura del loro antenato, Re Artù, al quale dicevano di risalire. Quanto alla ricca abbazia, essa aumenta il suo prestigio, proprio in un momento in cui le grandi abbazie benedettine del regno sono in concorrenza tra loro per attirare le donazioni dei fedeli. Diversi autori medievali hanno riportato questa scoperta e un erudito inglese, William Camden (1551-1623), ha composto un rilievo di quella croce, ora scomparsa. La forma delle lettere, però, non può essere datata al V-VI secolo, ma piuttosto al X. Con ogni probabilità, si tratta di un falso creato nel XII secolo, che avrebbe voluto far credere alla sua autenticità. 11. Le fonti della leggenda La cristianizzazione della storia Con Chrétien de Troyes, il re passa in secondo piano, oscurato dai suoi cavalieri. Gauvain e Lancillotto divengono gli eroi di avventure meravigliose. Con Perceval le Gallois, compare per la prima volta un oggetto misterioso, il Graal: prezioso calice in grado di saziare la fame e curare ogni male. Ritratto della contessa Marie di Champagne e prologo del Chevalier de la Charrette Chrétien de Troyes, Érec et Énide, Le Chevalier de la Charrette, Cligès, Le Chevalier au Lion. Alexandre de Bernay, Athis et Prophilias. Benoît de Sainte-Maure, Le Roman de Troie. Wace, Le Roman de Brut, Les Empereurs de Rome. Chrétien de Troyes, Le Conte du Graal Provins, 1230-1240 Provenienza: probabilmente Thibaud IV di Champagne; acquistato da Châtre de Cangé alla vendita di Charles Jerome Cisternay Du Fay nel 1725; acquistato dalla Biblioteca del re nel 1733 BnF, Manuscrits, français 794 (f. 27) Ritratto della contessa Marie di Champagne e prologo del Chevalier de la Charrette • • Questo manoscritto è il più famoso di quelli che conservano i romanzi di Chrétien de Troyes. Bel libro dalla mise en page accurata, dalla scrittura regolare, è uscito dall’atelier del copista Guiot, di Provins, residenza abituale del conte Tebaldo IV di Champagne, per il quale probabilmente è stato realizzato. Insieme al manoscritto BnF fr. 1450, è l'unica raccolta completa delle opere di Chrétien de Troyes. L'ordine dei testi, tuttavia, è diverso dal BnF fr. 1450 e il manoscritto comprende diverse altre opere, tra le quali solo una (il Roman de Brut di Wace) si riferisce alla materia di Bretagna. Un indice in versi si riferisce ai segnalibri cuciti sul foglio iniziale di ogni libro, per facilitare la consultazione: prova di una particolare attenzione nella realizzazione di questa raccolta, questa pratica, inusuale per le opere letterarie, è normalmente riservata ai libri liturgici. Il testo, con alcune sfumature dialettali caratteristiche della Champagne, è stato probabilmente oggetto di un lavoro editoriale che lo ha in qualche modo distanziato dalla versione originale di Chrétien de Troyes.Una miniatura sola orna il manoscritto. Si trova all'inizio del Cavaliere della carretta, e rappresenta una dama vestita di una tunica rossa e un mantello blu, stilisticamente simile a un’immagine di David in un commento ai Salmi, anch’esso della Champagne (BnF fr. 22892). Si tratta della Contessa Maria di Champagne, moglie di Enrico I il Liberale, che Chrétien nel suo prologo designa come committente e ispiratrice del romanzo. Processione del Graal Chrétien de Troyes, Conte du Graal, suivi des trois premières continuations Parigi, verso il 1330 Provenienza: Condé BnF, Manuscrits, français 12577 (f. 18v) Processione del Graal • L’incompletezza del Conte du Graal lascia aperta la questione delle intenzioni finali di Chrétien e, relativamente, il significato dei tre oggetti portati in processione al castello del Re Pescatore: la lancia che sanguina, il Graal e il piatto d'argento. Questo mistero produce nel nord della Francia, diverse continuazioni, composte tra il 1200 e il 1230. Chretien aveva scritto il Conte du Graal per Filippo d'Alsazia, conte di Fiandra, probabilmente quando questi sperava di sposare la contessa Maria di Champagne, e due continuatori hanno lavorato per la sua pronipote, la contessa Giovanna di Fiandra: Wauchier Denain, al quale è attribuita la Seconde Continuation, e Manessier, che le dedica il suo lavoro. Gerbert de Montreuil, il quale scrive che i discendenti di Perceval conquistarono Gerusalemme (ovviamente riferendosi a Goffredo di Buglione e ai suoi fratelli) potrebbe aver composto la sua continuazione per i conti di Boulogne. Processione del Graal 2 • • Chretien de Troyes, che morì prima di completare il suo romanzo, ha lasciato due indici: il titolo, in primo luogo (ce est li contes del Graal, v. 66), chiara indicazione del tema della narrazione; l’altra informazione importante, data a Perceval da suo zio l'eremita, è che il Graal contiene un’ostia che tiene in vita il padre del Re Pescatore. Su questa base, che dà al Graal una funzione sacra, i continuatori di Chrétien e di Robert de Boron elaboreranno la leggenda del Santo Graal, la coppa in cui Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue di Cristo sulla croce e che ricopre con il piatto d’argento. Anche se i testi non lo dicono esplicitamente, il Graal e il piatto sono descritti in modo da suggerire un calice sormontato dalla sua patena. Quanto alla lancia che sanguina, è stata identificata con quella di Longino che trafisse il costato del Cristo. Il manoscritto BnF fr. 12577 semplifica un po’, rispetto al testo, la processione che illustra il romanzo di Chrétien, dal momento che non si vede il piatto e che una regina, non menzionata dall'autore, ha preso per errore il posto di Perceval. Coerentemente con la sua funzione, il Graal è raffigurato come un ciborio. 12. Le fonti della leggenda In Chrétien de Troyes, il Graal è un piatto d'oro ornato di pietre preziose per il nutrimento di una personaggio invisibile, portato da una damigella e conservato in un castello incantato: Perceval non osa fare domande e questo silenzio lo perderà. Giuseppe d'Arimatea ed i suoi compagni portano il Graal dalla Palestina Estoire del Saint Graal, roman du cycle Lancelot-Graal Romanzo del ciclo Lancelot-Graal composto nel XIII sec. Manoscritto composto nella Champagne o nella Francia centrale verso il 1220-1230 Rennes, Les Champs Libres, Bibliothèque de Rennes-Métropole, Ms. 255 fol. 76v – IRHT CNRS Questo è considerato uno dei più antichi codici miniati della storia dei testi arturiani. Esso riunisce tre dei cinque romanzi del ciclo LancelotGraal. Si riconosce in questa miniatura il Graal portato da Giuseppe d’Arimatea. che prende la sua forma più antica, quella di un piatto. Processione del Santo Graal Le Conte du Graal Première Continuation du Conte du Graal Romanzo scritto verso il XII sec. Manoscritto copiato a Parigi verso il 1330 BnF, Manuscrits, Français 12577 fol. 74v Davanti alla tavola del Re Pescatore, coperta di stoviglie e cibi, passa la processione del Graal. In testa, una fanciulla innalza con le mani il sacro vaso. Dietro di lei, un giovane tiene la «lancia che sanguina»: è la lancia che trafisse il costato di Cristo sulla Croce. Seguono quattro giovani che portano una bara in cui riposa il corpo del re, colpito da un “colpo traditore”, e la cui spada spezzata è adagiata sul panno rosso. Processione del Santo Graal Le Conte du Graal Deuxième Continuation du Conte du Graal, attribuito a Wauchier de Denain (attivo all’inizio del XIII sec.) Romanzo scritto verso il 1205-1210; manoscritto copiato a Parigi verso il 1330 BnF, Manuscrits, Français 12577 fol. 213 Processione del Santo Graal • Chrétien de Troyes ha lasciato incompiute le avventure del Conte du Graal. Quattro Continuations, scritte da Wauchier di Denain, Manessier e Gerbert de Montreuil tra la fine del XII secolo e il 1230, hanno tentato di condurlo a termine. Cercano di spiegare i misteri lasciati irrisolti da Chrétien (la lancia che sanguina, la spada spezzata, il re ferito), sviluppando il carattere cristiano e miracoloso del Santo Graal, e trasformando le avventure cavalleresche in ricerca mistica. Questi romanzi che succedono all’opera del maestro, mettendo in scena i personaggi di Gauvain e Perceval, sembrano testimoniare un rinnovato sforzo di concludere il romanzo, pur suggerendo l'impossibilità del suo completamento. 13. Le fonti della leggenda Avventura interiore e spirituale, la ricerca del Graal diventa, dopo Chrétien de Troyes, uno dei temi principali del romanzo arturiano. Inizio della ricerca del Graal Lancelot-Graal Poitiers, verso il 1480 Provenienza: Yvon du Fou, gran cacciatore di Francia, siniscalco del Poitou; Du Chesne; Colbert; entrò nella Biblioteca del re nel 1732 BnF, Manuscrits, français 111 (f. 236) Inizio della ricerca del Graal • • La fortunata carriera politica di Yvon du Fou († 1488) gli ha offerto i mezzi per soddisfare i suoi gusti di bibliofilo. Siniscalco del Poitou, commissionò a librai e miniatori la produzione di diversi libri, tra cui questo manoscritto. La “Quête du Graal” si apre con una grande illustrazione disposta nella metà inferiore della pagina, sopra le arme del destinatario. Vestiti alla moda del regno di Luigi XI (1423-1483), infagottati nelle loro giacche e e cappucci, gli eroi arturiani hanno guadagnato in bonomia quanto hanno perso in eleganza. La composizione segue il filo della narrazione. Inizio della ricerca del Graal 2 • A sinistra, nel suo castello di Camelot, Artù ha raccolto i Cavalieri della Tavola Rotonda, alla vigilia di Pentecoste. Arriva un messaggero del re Pellés (re del castello del Graal, a Corbenic) che richiede a Lancillotto di seguirlo. Partono subito e raggiungono un monastero (raffigurato a destra), dove Galahad – figlio di Lancillotto e della figlia di Pellès – ha trascorso la sua infanzia. Nella cappella, alla presenza delle monache e dei suoi cugini Bors e Lyonel, Lancillotto riveste l'adolescente, che sarà condotto il giorno successivo alla corte di Artù dall'eremita Nascien. Nel frattempo, Lancillotto e i suoi compagni fanno ritorno a Camelot. In primo piano a destra, si svolge la prima avventura meravigliosa della Quête. Sul fiume, lungo il palazzo è apparsa una roccia vermiglia dove è conficcata una spada preziosa, promessa al miglior cavaliere del mondo. Mentre Lancillotto si rifiuta di mettervi mano e Gauvain, obbedendo al comando di Artù, tenta inutilmente, solo Galahad avrà successo – così riproducendo il gesto con cui Artù era stato nominato re legittimo, alla fine, da Merlino.