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Un’ antica leggenda narra di un nobile re che aveva
dedicato la sua vita a edificare un paese in cui
regnassero pace e giustizia, una terra chiamata Camelot,
divenuta patria di cavalleria, onore, valore ma anche
paese d'elezione per amore, romanzo e cortesia.
Dal ragazzo che estrasse la spada dalla roccia, alle
avventurose ricerche del Santo Graal, le nobili gesta e le
antiche passioni rivivono nel nostro spirito .
La leggenda di RE
ARTU’
Avalon
IL GRAAL
La Cornovaglia
Narrativa cavalleresca del XII sec
Gli autori
GLI AUTORI
• WOLFRAM VON ESCHENBACH,
CHRETIEN DE TROYES,
MARION ZIMMER BRADLEY
La definizione di cavaliere si è
modificata nel corso dei secoli,
trasformandosi da rude
guerriero, e via via crescendo
con la societa' fino a diventare
ufficiale e gentiluomo, e piu'
recentemente assumendo l'idea
originale di cercatore di virtù e
difensore dei
deboli.
La chiesa confidava che i cavalieri dovessero diventare "cavalieri di Cristo",
usando la loro forza considerevole per difendere la fede e gli ideali della
chiesa. Molti cavalieri si schierarono con la chiesa e cio' contribui' a
sviluppare virtu' come la fede, la temperanza e l'umiltà. Tre virtu' che
costituirono il fulcro per cio' che era destinato a divenire il cavaliere
Le dame e le esigenze della corte contribuirono anche a
delineare il quadro di cavaliere che si stava profilando. Esse
domandavano che il cavaliere agisse con la forza in una
mano, e con cortesia e rispetto nell'altra. Un cavaliere
dovrebbe rispettare le dame, egli dovrebbe difenderle nei
momenti di bisogno, evitando la forza magnetica della
seduzione. L'amore ha una forte influenza sul cavaliere, è
una forza potenziante che puo' muovere il cavaliere verso
l'eccellenza oltre i propri limiti. L'amore fu cosi' introdotto
tra gli elementi della cavalleria, dal momento che è una
motivazione che spinge a nobilitarsi.
Noi crediamo che ci sia qualcosa di magico nell' ideale
cavalleresco. I modelli di riferimento sono Lancelot,
Galvano, Galahad, Parsifal, ecc.
Un cavaliere della Tavola Rotonda possedeva al piu' alto
livello le qualita' che si attendono da un cavaliere :
franchezza, bonta' e nobilta' di cuore, pieta' e
temperanza; coraggio e forza fisica; disprezzo della
fatica, della sofferenza e della morte; coscienza del
proprio valore; fierezza di appartenere ad una casata, di
essere uomo di un signore, di rispettare la fedelta' giurata
...
I cavalieri della tavola rotonda, inoltre, hanno da sempre
costituito un punto di riferimento per la loro cortesia. Una
virtu' che comprende qualita' come la bellezza fisica,
l'eleganza e il desiderio di piacere, la dolcezza e la
freschezza d'animo, la delicatezza del cuore e dei modi,
l'umorismo, l'intelligenza e la squisita educazione.
Ma per essere cortesi non basta certo la nobilta' di
nascita : i doni naturali devono essere affinati da una
speciale educazione e mantenuti in esercizio dalla pratica
quotidiana ...
Ritorna ad Artù
"...La spada, Artú. Excalibur. Stringila e lanciala lontano
nelle acque del Lago [...] Lascia che le nebbie di Avalon
l'inghiottano per sempre...
Il castello di Montségur, sembra sia il castello in cui i Catari conservassero il
Graal.
Dopo la caduta di Montségur, alcuni trovatori Catari rifugiatisi in Italia, si
unirono alla setta dei ghibellini militanti dei “Fedeli d’Amore”.
Il simbolismo del loro linguaggio non aveva solo lo scopo di difendersi
dall’inquisizione, ma faceva parte dell’ascesi dell’adepto.
A sostegno di questa tesi si è cercato di dare una interpretazione a questo
antichissimo canto Occitano, intitolato Au roc d’Anglars
Al masso d’Anglars
E`una chiara fontana
Jeanne d’Aimè
Và a cercare la sua acqua
Il figlio del re
Un giorno vi incontrò
Jeanne d’Aimè
Di buon mattino ti sei alzata!
Bel cavaliere,
La luna mi ha ingannato!
Jeanne d’Aimè, Dammi della tua acqua!
Bel cavaliere Non ho né bicchiere né tazza!
Jeanne d’Aimè,
Dammene nell’acquamanile!
Bel cavaliere
Non l’ho pulito!
Jeanne d’Aimè, Dammene senza cura!
Bel cavaliere Non ho tempo, attento!
Jeanne d’Aimè,
Sono delle scappatoie!
Bel cavaliere
Così mi è stato insegnato
SU
GIU'
La leggenda del Sacro Graal ha inizio nell'anno 63 d.C. quando Giuseppe
d’Arimatea, discepolo di Gesù, lasciò la Terra Santa per una missione
segreta; dopo un lungo e pericoloso viaggio raggiunse attraverso uno
stretto estuario ad est dell'Inghilterra la sua destinazione, Glastonbury
Tor, l'isola di Vetro, con sé aveva portato un prezioso tesoro: una coppa
contenente il sangue di Gesù Cristo, il Santo Graal.
Per alcuni secoli la coppa restò in Inghilterra, coloro che la custodirono erano
protetti dalla magica coppa, placava la loro sete, saziava i loro appetiti, guariva
le loro ferite mortali.
Durante il regno del leggendario re Artù, il Sacro Graal veniva custodito in una
grande fortezza da un valoroso cavaliere. Egli venne meno al suo Sacro dovere
per amore di una donna, e un giorno, durante un duello venne ferito
gravemente.
Tutto intorno alla fortezza che ospitava il Sacro Graal, la terra si fece arida e
deserta, il cavaliere ferito a morte, e tuttavia incapace di morire, vedeva
spegnersi poco a poco il suo potere.Solo pescando era in grado di
dimenticare la sua condizione. Da quel momento lo chiamarono Re
pescatore, così quella che doveva essere la benedizione del Santo Graal,
divenne una maledizione.
La leggenda narrava di un cavaliere innocente, Parsifal che un giorno
avrebbe posto al Re pescatore una precisa domanda, e la terra sarebbe
rifiorita.
L’eroe e la ricerca
Le origini della
leggenda di re Artù
sono oscure, tanto che
alcuni dubitano che
questo personaggio sia
realmente esistito.
Probabilmente visse
all'inizio del VI secolo
e fu un capo militare
britannico che si
oppose agli Angli
conquistatori in difesa
dei Celti locali.
Le prime notizie su di lui ci
vengono fornite da
frammenti di poesia, da
storie eroiche gallesi e da
cronache e vite dei santi
gallesi e latini
Tra il 1136 e il 1138 Goffredo di
Monmouth, un chierico normanno,
pubblicò la "Historia regnum
Britanniae". Egli basandosi sulle
tradizioni celtiche scrisse del re Artù
che più ci è familiare. Situò la sua
reggia a Camelot o a Caerleon nel
Galles del sud descrivendolo con i
tratti tipici del re dei poemi epici
cavallereschi, circondato dai suoi
cavalieri.
La figura di Artù viene idealmente contrapposta
a quella di Carlo Magno
Per saperne di più
• Il filone bretone è ampliato
con altre storie , in Francia
da Chretièn de Troyes che tra
il 1155 e 1137 compose molti
poemi quali il Lancelot,
Perceval, Il Conte del Graal,
Ivan o Il Cavaliere del Leone
Le opere del ciclo bretone sono ricche di
spunti romanzeschi ed invenzioni
fantastiche. Con la tecnica dell’intreccio
vengono presentate le gesta dei cavalieri
creando notevoli effetti di suspence.
Spiccano fra tutti alcuni nuclei
narrativi:
LA STORIA DI RE ARTU
LA VICENDA DI LANCILLOTTO
TRISTANO ED ISOTTA
PERCEVAL
IL SANTO GRAAL
MAGO MERLINO
ARTU’, figlio segreto
di RE Pendragon,
affidato al Mago
Merlino, cresce come
un ragazzo
qualunque in un
villaggio sino a
quando giovinetto
estrae la spada
Excalibur dalla
roccia in cui era
conficcata
L’impresa lo
consacra re del suo
popolo e gli assicura
la fedeltà dei
cavalieri
Excalibur
Lancillotto è il perfetto cavaliere valente nelle
armi e innamorato senza speranza della regina
Ginevra , moglie di Artù
In seguito alla morte del re , Ginevra si ritira in
convento e Lancillotto diventa eremita
Per saperne di più
Tristano, insieme ad Isotta , beve per errore
un filtro che farà nascere tra loro un amore
invincibile , nonostante Isotta sia promessa a
Re Marco. Per un tragico equivoco il loro
amore li cpondurrà alla morte
Per saperne di più
Merlino è protagonista
di storie dell’incanto e
del mistero. In possesso
di arti magiche e di
virtù profetiche, Merlino
è artefice della
grandezza di Artù.
Nonostante i suoi
poteri sarà vittima
della maga Viviana di
cui è perdutamente
innamorato
Perceval è un giovane
ingenuo che la madre
vuole tenere lontano
dalla cavalleria. Parte
comunque per le sue
avventure alla ricerca del
Graal, il calice in cui
Cristo bevve il vino nell’
Ultima Cena e che
raccolse una goccia del
suo sangue caduta dalla
Croce
La Cornovaglia è l'estrema lingua occidentale
dell'Inghilterra. 300 miglia di coste, tra le più belle in
Europa, una miriade di porticcioli nascosti, dove
sono ancora attraccate modeste barche da pesca. Piccoli paesi
dove il tempo, se non si è fermato, ha preso tuttavia a scorrere
assai più lento
consegnandoci quasi intatte le case dei pescatori di un tempo.
La Cornovaglia è antica e magica, attraversata da castelli,
tombe preistoriche, dolmen e menhirs. Ma soprattutto la
Cornovaglia è Re Artù;
la
Cornovaglia del nord è da sempre
considerata il "suo" paese. Un ideale
percorso arturiano non può prescindere
da questa terra soleggiata e nebbiosa,
mediterranea e celtica ad un tempo, e da
là deve partire.
Una tappa fondamentale è Tintagel
paese natale (almeno secondo Geoffrey
di Monmouth) di questa storica figura di
re guerriero che, all'incirca
nel 600 dopo Cristo, condusse i Britanni
nella guerra contro i Sassoni, articolata in
tredici leggendarie battaglie.
Oggi Tintangel è un delizioso paese, dominato dalle rovine di un
castello risalente al 1200. Troppo tardi per Artù, ma sotto a queste
rovine pare giacciano rovine molto più antiche. E' da questo
imprendibile castello, situato su una roccia a strapiombo sul mare,
che il futuro re del "regno di Logres" se n'è andato, piccolissimo, per
essere allevato da Merlino? Forse. E secondo storici e poeti è a
Camlann che ha combattuto l'ultima battaglia. L'attuale Camelford,
dove esiste ancora un ponte antichissimo, lo Slaughter Bridge, il
ponte del massacro, vicino al quale Artù fu colpito mortalmente per il
tradimento di Mordred. Morì? Quel che è certo - certo secondo
leggenda - è che fu portato ad Avalon, dove - forse - fu sepolto o
dove - come narrano antiche leggende - dorme di un magico sonno,
Ma, per
restare vicini alla Cornovaglia, ecco un altro sito misterioso, collocato
nel bel mezzo di una brughiera selvaggia: lo stagno di Dozmary, dove il
braccio
candido della Dama del Lago, l'incantatrice, fece emergere dalle acque
la bellissima spada nominata Excalibur. Nel lago la spada ritornerà,
gettata da sir Bedivere, dopo l'ultima, perduta battaglia del suo signore.
Che dire poi del luogo più favoloso di tutti, la mitica Camelot (forse
l'attuale South Cadbury, poco lontana da Glastonbury) capitale del
regno di
Artù. Camelot non è mai stata localizzata con certezza, ma sir Thomas
Malory la descrive, poeticamente, come una reggia meravigliosa,
situata sulla riva di un fiume, così alta che dagli spalti si vedono le
imbarcazioni scendere seguendo la corrente.
A South Cadbury adesso esiste solo una collina, piatta sulla sommità,
che degrada a terrazze verso il fiume. Ma un castello fatto "della
materia di cui
sono fatti i sogni" non fatica a profilarsi davanti ai nostri occhi, e quasi
vediamo re Artù, circondato dalla sua corte, che dagli spalti, la faccia
aggrottata, osserva il prode Perceval partire, con una delle sue navi per
la conquista del Graal.
Ma Camelot potrebbe anche essere Winchester, dove nella sala
grande dell'antico castello Normanno è conservato un enorme tavolo di
cinque metri
di diametro, appeso ad una ciclopica parete (le gambe, che dovevano
essere dodici, sono scomparse). Forse è la Tavola Rotonda, la Tavola
dei cavalieri di Artù, nella quale rimaneva sempre uno spazio vuoto, il
posto che spettava di diritto a colui che avesse riportato il sacro calice.
Ma questo viaggio, nutrito dalla visione di
questi e altri luoghi (Lyonesse, fantastico
avamposto di un'Atlantide britannica, patria di
Tristano, Mont
Badon, sito di una battaglia tra le più famose,
Stonehenge, costruita, secondo la leggenda,
da Merlino, che portò dal Galles alla piana di
Salisbury, magicamente, le "pietre blu" del
circolo interno) è, più ancora di un viaggio
"fisico", un viaggio della memoria, nel
rimpianto per un passato mitico e
inesorabilmente perduto.
Come esemplarmente nota un ignoto
commentatore: "Nelle nebbie di Cornovaglia
e nelle foreste di Bretagna, cavalcano ancora
oggi i fantasmi di Artù e dei suoi cavalieri.
Sono là, dappertutto e in nessun luogo - ma
sono, soprattutto, in noi".
La
Narrativa cavalleresca nel XII secolo
• Con il termine di letteratura cavalleresca si
indica un complesso di poemi e romanzi in prosa
che narrano le gesta eroiche e amorose dei
cavalieri feudali. Nell'ambito della più generica
produzione epica, si distingue per la molteplicità
e varietà delle azioni, per gli interventi soggettivi
dell'autore, per l'alternanza dei toni
propriamente epici con quelli satirici, burleschi,
grotteschi.
• Secondo la classificazione di Jean Bodel (XIII
secolo), si sviluppò in tre cicli: carolingio,
bretone, "classico" cioè greco-latino.
Il ciclo carolongio è quello più spiccatamente
epico, formato dalle chansons de gestes che
celebrano le imprese collettive dei paladini di
Karolus Magnus contro i nemici della fede. Ha
nella "Chanson di Roland" la sua opera più
celebre.
• Il Ciclo bretone ha carattere più amoroso e
romanzesco, ha come tema le avventure di re
Artù e dei suoi cavalieri della Tavola Rotonda. Il
testo più antico che possediamo è il "Roman di
Brut" di Wace(1155).
Il terzo ciclo comprende una serie di
rielaborazioni di leggende provenienti dal mondo
greco-latino tratte da tarde compilazioni
romanzesche greco- bizantine e adattate al
gusto cortese e cavalleresco del tempo.
Il ciclo bretone
• Esiste un altro gruppo, avente come tema
le crociate ( ciclo delle crociate ), esaltante
le imprese dei crociati in Terrasanta e che
continua per tutto il XIII secolo con poemi
fortemente influenzati dal ciclo arturiano.
Carlo Magno e la rinascita spirituale carolingia
Il re barbaro che più di ogni altro ha lasciato la sua impronta
nell'immaginario collettivo europeo è senza ombra di dubbio
Carlo, detto Magno per la grandezza della sua visione politica,
militare, legislativa ed anche spirituale. Dopo i secoli bui
dell'antichità tardo romana e delle invasioni, ecco un grande
sovrano, paragonabile per larghezza di idee ai grandi imperatori
bizantini, come Teodosio o come Costantino I. Egli perseguì una
politica di stretta collaborazione con i pontefici romani,
sottomettendo e convertendo al cristianesimo i popoli germanici,
come costrinse a fare ai Sassoni. La sua opera mira ad uniformare
e pianificare sotto tutti i punti di vista (compreso quello religioso)
i territori dell'ex Impero Romano d'Occidente. Unità politica,
religiosa, legislativa, monetaria (l'ultima volta, prima dell'euro),
culturale, sociale. Il suo fu un sogno così grande e così importante
per i nuovi popoli romano germanici, che a lungo egli rimase
come punto di riferimento per i sovrani che si succedettero sul
trono dell'Impero. Fu il primo imperatore del Sacro Romano
Impero, fondato da lui e dal papa esattamente 1200 anni fa, la
notte di Natale dell'800, quando fu incoronato a Roma dal papa
Leone III.
Questo e' il mio regno, il mio castello, Joyous Gard.
Sono figlio di Re Ban di Benwick, uno dei primi
alleati di Re Artu', e della regina Elaine.
Un giorno Ban entro' in guerra col regno vicino di Re
Claudus. Claudus batte' mio padre e lo costrinse a
scappare. Durante la fuga, Ban si volto' indietro e la
vista della sua Reggia in fiamme lo fece cadere in un
fosso che lo inghiotti' per sempre.
Correndo in suo soccorso, la mia madre naturale mi
lascio' sulle sponde di un lago. Li' la Dama del Lago,
Colei che considero la mia vera madre, mi rapi' e mi
porto' nel suo palazzo sommerso, dove molto presto fui
conosciuto col nome di Lancillotto del Lago.
Uno dei miei primi compiti in qualita' di Cavaliere fu quello di
scortare la promessa sposa di Artu', Ginevra, a Camelot per le loro
nozze. Fu durante questo viaggio che inizio' tutto, Ginevra ed io
ci innamorammo.
Quando tornai a Camelot fui elevato al rango di
Cavaliere della Tavola Rotonda e divenni il piu'
intimo amico di Artu', oltreche' suo Campione.
Ripresi la mia ricerca del Graal, aiutato da mio figlio
Galahad, e seppi anche mettere per una volta in secondo piano
il mio amore per Ginevra. Forse avevo trovato la Pace, il Graal
era ritrovato!.
Ma quando tornai a Camelot i fili dei nostri sentimenti si
intreccarono nuovamente. Fummo scoperti insieme, proprio
quando eravamo sul punto di interrompere la nostra relazione,
e di li' a poco fu guerra tra me ed Artu'.Tuttavia qualcosa di piu'
grande dei rancori personali stava per accadere: Mordred
attacco' col suo esercito Camelot, mettendo in serio pericolo la
stessa esistenza della Tavola Rotonda e dei suoi ideali. Appena
seppi questo corsi verso il campo di battaglia per portare il mio
aiuto al mio Re, purtroppo non riuscii ad evitare che fosse ferito
mortalmente. Dopo la guerra rividi Ginevra un'ultima volta. Lei
era in un convento a Amesbury
Il romanzo più celebre e più bello della letteratura cortese, di
matrice celtica, appartenente al ciclo arturiano, è sicuramente
la leggenda di Tristano e Isotta, pervenutoci in versione
frammentaria e, successivamente, imitato e rielaborato.
Le versioni più famose del romanzo sono quella scritta poco dopo
il 1150 da Thomas, troviere anglonormanno, romanziere e
probabilmente chierico, vissuto alla corte di Enrico II
Plantageneto, della cui versione ci restano circa 3000 versi, e
quella di Béroul, poeta normanno dalla vena più popolare,
vissuto lontano dalle corti, che scrive alla fine del XII secolo, e di
cui restano 5000 versi
Tristano e Isotta, legati dal potere d’un filtro che hanno bevuto
per sbaglio, si amano con dolorosa fedeltà, anche quando sono
lontani, e contro la loro stessa coscienza, fino a morirne.
L’amore qui celebrato è quello invincibile, che supera le
convenzioni e le leggi degli uomini ed oltrepassa persino la morte,
fatale, giacché gli amanti per errore bevono insieme il filtro,
impossibile, dal momento che Isotta è sposa d’un altro, ed anche
illegittimo perché adulterino, proprio per questo maggiormente
drammatico e causa di sofferenze e lacerazioni
In linea con la nuova morale cortese del tempo, che non
vedeva coincidenti amore e matrimonio, giacché il
matrimonio veniva contratto per ragioni politiche o
economiche, mai per amore, il loro sentimento, vissuto fuori
dal legame convenuto, regala solo brevi attimi di gioia, per
il resto è passione totale, tormento e dolore, per i sensi di
colpa che reca, per i rimorsi, e per l’impossibilità di essere
vissuto, e, fatalmente, conduce alla morte.
Questo romanzo di altissima poesia, che si può considerare
ancora oggi tra i più belli della letteratura universale, ha
trasceso i limiti temporali e spaziali, travalicando il tempo
e il luogo in cui nacque, per arrivare con intatto fascino
fino ai giorni nostri, e si deve a Wagner, il grande
musicista tedesco dell’800, il merito d’aver immortalato
anche in musica, facendone il suo capolavoro, il mito di
Tristano ed Isotta.
...Un giorno di primavera, nel settimo anno del regno di Uter
Pendragon, a Caerlon, Viviana, sacerdotessa di Avalon e
Dama Del Lago, uscì al crepuscolo per guardare nello specchio
magico. Sebbene la tradizione di cui la Dama era
sacerdotessa fosse più antica dei druidi, aveva con loro in
comune una credenza fondamentale: le grandi forze
creatrici dell'universo non potevano essere adorate
degnamente in un edificio costruito da mani umane e
l'Infinito non poteva essere contenuto in un oggetto
artificiale. Perciò lo specchio della Dama non era nè di
bronzo nè di argento. Dietro di lei si ergevano le mura grigie
dell’antico Tempio del sole, costruito dagli Splendenti giunti
da Atlantide molti secoli prima. Davanti a lei stava il grande
lago circondato da canne ondeggianti e avvolto nella nebbia
che ormai, anche nei giorni più belli, avvolgeva la tera di
Avalon. Ma oltre il Lago c’erano isole e altri laghi, in quello
che veniva chiamato il Territorio dell’Estate
Era in gran parte sommerso da paludi salmastre; ma al culmine
dell’estate gli acquitrini si prosciugavano e le terre si
estendevano fertili. Lì il mare interno si ritraeva, cedendo ogni
anno nuovo spazio alla terra ferma. Un giorno quelli sarebbero
diventati ricchi campi… ma non in Avalon. Avalon era
eternamente circondata dalle nebbie,nascosta a tutti eccettuati
i fedeli; e quando gli uomini andavano in pellegrinaggio al
monastero cristiano, il tempio del sole era per loro invisibile.
Quando impiegava la Vista, Viviana riusciva a scorgere la
chiesa che i monaci avevano costruito. Era là da molto tempo.
Secoli prima, così diceva Merlino, un piccolo gruppo di preti era
venuto dal sud, e con loro era giunto il profeta nazareno. La
storia diceva che lo stesso Gesù aveva studiato là nella dimora
dei druidi dove un tempo sorgeva il tempio del sole, e aveva
appreso il loro sapere. Anni dopo quando il Cristo era stato
sacrificato, ripetendo il Mistero più antico della stessa
Britannia, uno dei suoi parenti era ritornato, e aveva piantato
il bastone nel suolo della collina sacra, ed il bastone era fiorito
trasformandosi nel roveto che fioriva non soltanto d’estate ma
anche nel cuore dell’inverno.
Ed i druidi in ricordo del mite profeta che avevano
conosciuto, avevano consentito a Giuseppe d’Arimantea
di erigere, sull’Isola Sacra, una cappella e un monastero
in onore del suo Dio, perché tutti gli Dei sono uno
solo. Ma era trascorso molto tempo. A lungo i cristiani e
i druidi avevano vissuto fianco a fianco; ma poi erano
arrivati i romani e avevano sradicato i sacri boschi dei
druidi, accusandoli di praticare il sacrificio umano. La
loro vera colpa era stata quella di esortare il popolo a
non accettare le leggi romane. Allora, per proteggere
l’ultimo rifugio della loro scuola, i druidi avevano
operato l’ultimo grande cambiamento rimovendo l’isola
di Avalon dal mondo dell’umanità. Adesso Avalon era
celata nella nebbia. Le genti delle Tribù sapevano
dov’era e là andavano a ad adorare. I romani, divenuti
cristiani dal tempo di Costantino, credevano che i druidi
fossero stati sconfitti dal Cristo, e non sapevano che erano
ancora vivi e si tramandavano il loro sapere nella terra
nascosta.
Se voleva, Viviana poteva vedere
con la vista duplice, perché era
la grande sacerdotessa di
Avalon. Quando voleva, vedeva
la torre che avevano costruito su
Tor, il Monte Sacro
dell’iniziazione: una torre
dedicata a Michele, uno degli
angeli ebraici la cui antica
funzione era domare il mondo
inferiore dei demoni…
“ Da “Le nebbie di Avalon” di
Marion Zimmer Bradley
Il ciclo Arturiano ha come sfondo geografico un'isola
imprecisata chiamata Avalon.
Un tempo considerata solo un parto della fantasia degli
autori di saghe e leggende, e' stato invece scoperto che
effettivamente esiste un luogo e precisamente l'abbazia di
Glastonbury, in Inghilterra, che gli storici sono concordi
nell'associare con la leggendaria isola di Avalon (questo
perché in epoca paleocristina tutta le regione era paludosa e
quindi paragonabile ad una vera e propria isola).
Avalon e' considerata la dimora dei tre incantatori cardine del
ciclo arturiano: Viviana,la dama del lago e custode di
Excalibur; Merlino il mago, o il taliesin (questo nome e' spesso
inteso all'interno della saga arturiana come titolo onorifico per
un bardo), colui che ha donato la spada a Uther di Pendragon il
padre del futuro Re Artù; Morgana la fata, figlia di Igraine e
sorellastra di Artù; e madre di Mordred il cavaliere rinnegato che
metterà fine alla vita del grande sovrano.
L'isola e' perennemente circondata dalle nebbie ed e'
impossibile trovarla oppure raggiungerla a meno che
gli abitanti dell'isola non "aprano le nebbie"
permettendo alle persone di approdare .L'isola e'
raggiungibile solo tramite una barca; in alcune
leggende si dice senza rematori, in altre con esseri
non umani che conducono la barca.
Avalon e' considerata come l'ultima dimora delle
spoglie terrene di Artù.La leggenda infatti vuole che
il re venne ferito da Mordred durante una battaglia,
abbia chiesto ai cavalieri ancora fedeli di gettare
Excalibur nel lago da cui Uther suo padre l'aveva
tratta. Quando i cavalieri tornarono ,videro una
barca che, trasportando il corpo in fin di vita di Artù
veniva avvolta dalle nebbie.
La morte di Artù è variamente collegata al personaggio del
nipote Mordred che, pur giocando ruoli diversi a seconda
della versione che si prende in considerazione, si configura
comunque come un traditore. Nella battaglia in cui si
affrontano , a Camlann , nella piana di Salisbury, restano
entrambi mortalmente feriti. Nelle versioni in cui Artù non
muore sul campo, viene prelevato da mani femminili ( due o
tre donne , oppure la fata Morgana ) perché possa essere curato
e condotto nell’isola di Avalon.
Questo luogo , nonostante l’identificazione con
Glastonbury ( luogo dove si pensa fossero sepolti Ginevra e
Artù), nella maggior parte dei racconti ha le
caratteristiche spiccate di un altro mondo. Alcuni
ritengono che il nome derivi da Glass Island ( l’isola di
vetro) , altri da Isle of Apple , l’isola delle mele, dato che
aball, afall, avallen e avallo sono nelle varie lingue del
gruppo celtico i termini che definiscono la mela.
Avalon richiama anche il nome di un’antica divinità
celtica, Avalloch, che nella leggenda confluì in Evelake. Di
lui si dice che fu battezzato da Giuseppe di Arimatea e che ,
nonostante fosse gravemente ferito, sopravviveva nutrendosi
esclusivamente dell’Ostia consacrata. Per i Celti luogo di
incontro di uomini e dei, eroi ed esseri fatati,
nell’immagine di Avallon c’è anche una reminiscenza
dell’Eden biblico, in cui la Terra dona i suoi frutti senza
bisogno di essere coltivata e regna, con l’abbondanza, la
beatitudine. E’ significativa anche l’associazione dell’isola
con il Femminile. Nella “Vita di Merlino” l’isola è posta
sotto la giurisdizione di nove sorelle, capeggiate da
Morgana che ricordano la comunità di sacerdotesse
descritta dallo storico latino Pomponio Mela come residenti
nell’isola gallica di Sena, capaci di guarire malattie
incurabili e dotate di straordinari poteri profetici
LE NEBBIE DI AVALON
PERCEVAL
• All’ideologia trobadorica sembra accostarsi il
“Lancelot, dove però il tema dell’amore adultero
pare in secondo piano di fronte al tema della
ricerca perseguita con abnegazione eroica e
fervore mistico. E’ un tema che si ritrova in
“Perceval”, in cui una vocazione cavalleresca
scopre gradualmente il significato spirituale.
Scritto in ottonari a rima baciata, dopo il 1181, è
la storia di Perceval, adolescente, semplice e
ignaro del mondo, allevato nella solitudine e nel
silenzio della selva della madre che
L'eroe e la ricerca
Il termine Quest non è assolutamente casuale in questo
caso, visto che quel diavolone di uno scozzese nello
svolgimento della saga " The rock of ages"(NdR: JLA 1015 [late sept 1997-feb 1998], in Italia JLA 5-9) richiama
in maniera evidente non solo la mitologia legata alla
ricerca del Santo Graal ma anche quella parte dei miti
arturiani ad essa collegata.
ricerca del Graal da parte dei cavalieri della Tavola
Rotonda, infatti, anche nei miti arturiani (e nelle
inevitabili interpretazioni successive) gran parte dei
cavalieri di Artù si impegnano nella ricerca del Graal
lasciando senza difese Camelot
PHOTOS FROM THE CAMLANN BATTLE 2001
INGHILTERRA
Tintagel
Il castello, leggendario luogo natio di re Artù
L’etimologia della parola Graal , è il
termine “gradalis” che significa
recipiente, , vaso , coppa o piatto cavo.
In alcune versioni della ricerca del Graal,
un giovane cavaliere di nome Parsifal o
Gawain, si imbatte in un uomo intento a
pescare.
Il cavaliere scopre che si tratta del RE
PESCATORE sofferente per una ferita alla
coscia. Una sorta di incantesimo vuole che ,
fino a quando la ferita non sarà guarita,
la terra intorno resterà sterile.
Mentre l’ospite intrattiene il
cavaliere, compare una
processione rituale con una
fanciulla che reca, in una luce
abbagliante, il Graal.
Il Graal venne collegato all’ultima cena di Cristo come
il calice in cui Cristo consacrò il vino e il piatto da
cui venne mangiato l’ agnello pasquale.
Il forte impatto della predicaziuone cristiana
sulle culture tradizionali locali
s’innesta
Una delle opere più importanti e fortunate del ciclo del
Graal è senz’altro il Parzival del poeta tedesco
WOLFRAM VON ESCHENBACH,comparsa attorno al
1210.
Egli,parlando del Graal non come una coppa,ma di
una pietra,ne fa spostare l’origine ben più indietro
rispetto all’Incarnazione di Cristo,e addirittura più
indietro rispetto alla creazione dell’uomo.
Von Eschenbach parla anche del luogo
segreto in cui è custodito il Graal,definito
come un Tempio.
Ecco perché la leggenda del Graal viene
posta in relazione con l’ordine religioso
dei Templari
Attorno al 1182 infatti CHRETIEN DE TROYES,che
frequentava la corte di Maria di Champagne,figlia di
Eleonora di Aquitania e di Luigi VII di Francia,compose il
poema Perceval il Gallese o Il racconto del Graal.
Chrétien (Khristianus) fu attivo tra il 1160 e il 1190.
Della sua vita non sappiamo molto, solo ciò che si
ricava dalle sue opere. Originario della Champagne,
come attestano i tratti regionali della lingua usata,
svolse la maggior parte della sua attività alla corte
comitale di Troies. Da ultimo si legò al conte di
Fiandra, cui dedicò il “ Perceval ”. Si sono fatte varie
ipotesi sulla sua posizione di giurista, araldo d’ armi.
Dalle qualità della sua cultura si può
dedurre che doveva aver compiuto le arti
del trivio e del quadrivio. L’arte di
Chrétien è molto matura.
Dà alla
materia bretone ampiezza, respiro
fantastico e risonanza profonda. “Erec e
Eneide” hanno per tema la concilia tra
perfetto valore cavalleresco e il perfetto
valore cavalleresco e il perfetto amore
identificato con l’ amore coniugale.
“Cligés” conferma concezione anti –
trovandoresca,
Nel XIII° secolo la cavalleria raggiunge la sua forma
matura. Sul piano militare domina le battaglie
malgrado l’apparizione della temibile balestra; sul
piano sociale è ormai una casta chiusa riservata
esclusivamente alla nobiltà. I lavori del cavaliere si
uniscono agli ideali dell’ aristocrazia dando luogo ad
un codice di comportamento che esalta da un lato la
prodezza, il coraggio, la sete di gloria, il rispetto della
parola data, la munificenza e la cortesia.
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