Le seconde generazioni: definizione e dati statistici Valentina Di Cesare Mediatrice culturale e linguistica • E’ innanzitutto importante dare una definizione di seconda generazione di immigrazione e fare un riferimento al dibattito sorto nel tempo attorno a questa terminologia. Se parliamo di seconda generazione di immigrazione facciamo riferimento ai figli degli immigrati, ragazzi nati in Italia, oppure arrivati nel Paese in tenera età o già in fase adolescenziale. • Fanno parte della seconda generazione di immigrazione anche i figli di coppie miste (lui immigrato lei no o viceversa), o altri che rientrano nella sfera dei minorenni immigrati non accompagnati. E’ facile notare quindi la vasta casistica attribuibile a questo aspetto dell’ immenso mondo legato all’ immigrazione. La terminologia attinente a questo tema nasce negli Stati Uniti agli inizi del Novecento, quando iniziano ad acquisire organicità gli studi sull’immigrazione proveniente dal continente europeo. Successivamente questa terminologia è entrata in uso anche in Paesi europei come Francia, Gran Bretagna, Spagna, Italia e altri. C’è da precisare subito però, che il dibattito sulle seconde generazioni è controverso tra gli studiosi: ognuno rileva il proprio punto di vista sull’argomento e di conseguenza sono numerose le sfumature di significato e le interpretazioni soggettive. • Una sorta di classificazione ‘decimale’ delle fasce di etaà dei ragazzi figli di immigrati emerge con Rumbaut nel 1997. Lo studioso infatti, divide la seconda generazione in • · GENERAZIONE PROPRIAMENTE DETTA (i nati in Italia da genitori immigrati) • · GENERAZIONE 1,5 (figli giunti in Italia dopo la nascita), • · GENERAZIONE 1 (individui immigrati arrivati in Italia in maniera indipendente e non prima dei 15 anni). • I ragazzi delle seconde generazioni sono, a seconda del periodo storico a cui appartengono, sono esponenti della loro provenienza e la loro presenza funziona quasi da punto di riferimento “statistico” per gli studiosi. Ovviamente nel momento storico attuale negli Stati Uniti ad esempio, vediamo che le seconde generazioni non sono rappresentate più da figli degli europei ma quelli degli ispanici o degli asiatici. • In Francia la seconda generazione è prevalentemente formata da figli dei maghrebini. In Italia è un fenomeno ancora “in fieri”, in divenire: nei vari contesti cittadini esistono le diverse specificità ma non avendo ancora una visione uniforme di questo fenomeno sociale, si fa riferimento alle diverse realtà locali. • La terminologia di Rumbaut è stata anche arricchita nel tempo dal concetto di “metissage”, la teoria degli elementi di ibridazione culturale, che provengono dall’educazione e dalla cultura di origine assorbita fin dalla nascita. Questi elementi vengono forniti dai processi di incontro tra differenti culture, che portano il giovane immigrato (o figlio di coppia mista) a ricercare una propria identità all’interno della società dove nascono o che li ospita, per stabilire un approccio con gli abitanti autoctoni della città. • Al giorno d’oggi la questione delle cosiddette SECONDE GENERAZIONI in molti Paesi non è più percepita come un particolare aspetto della migrazione, rientra invece nella sfera di elementi che compongono la società moderna. • In Italia però è un fenomeno in evoluzione. Dagli inizi dell’osservazione sociologica, visto che solo recentemente i processi di stabilizzazione e regolarizzazione degli immigrati hanno iniziato ad aumentare e ad essere magg. visibili all’interno della società, i figli degli immigrati hanno trovato una loro definizione di status non solo dal punto di vista sociale, ma anche legale e amministrativo. • Si cerca quindi di dare attenzione alla questione perché i figli degli immigrati sono in aumento ( secondo le fonti Istat sono circa quattrocentomila oggi in Italia e meno di un milione tra dodici anni) e perché rappresentano una delle fasi di evoluzione della società moderna. • Inoltre questi ragazzi, ognuno con la propria storia, hanno in comune con chi nasce e vive sempre in una società, determinate caratteristiche, aspirazioni e malesseri (che specificatamente sono poco più accentuati nei ragazzi della seconda generazione, per via del fatto che essi non appartengono pienamente alla cultura della società dove nascono, ma che allo stesso tempo vivono la fase adolescenziale nella identica maniera dei loro coetanei di nazionalità italiana e questo lo potremo rilevare anche nelle verifiche empiriche di cui si parlerà in seguito). Il caso di Genova A Genova circa 50.700 immigrati (Dicembre 2012), e circa un terzo sono ecuadoriani. A Genova secondo le stime di Paolo Arvati le seconde generazioni sono presenti in un numero pari quasi a 6.130 persone. L’ Ecuador registra la maggioranza di presenze sia a livello di comunità complessiva sia per quanto riguarda la seconda generazione. . • Per i ragazzi appena arrivati in Italia, c’è l’impatto con la lingua italiana, attutito dai corsi di grammatica, dalla scuola per chi la frequenta e dal seguire programmi di studio di ragazzi più piccoli. • La fascia di età nell’età scolare va dagli zero ai circa 18 anni, e sia maschi che femmine presentano aspirazioni di studio e lavoro. • Appena arrivati quasi nessuno di loro ha avuto grossi traumi iniziali perché l’impatto è stato ammortizzato dal fatto che le famiglie risultano quasi sempre presenti e attente alle necessità dei figli. Dal punto di vista scolastico le ragazze hanno aspirazioni diverse dai ragazzi, desiderano dare più spazio allo studio e alla formazione di tipo universitario: i ragazzi invece pensano più frequentemente alle scuole professionali per introdursi in tempi brevi nel mondo del lavoro. Questo aspetto è tipico di molte culture ispanoamericane. • Più adulti sono i ragazzi , più è difficile per loro trovare un canale di apertura verso la città: l’emigrazione post adolescenziale è vissuta come un fatto negativo e si rifiuta anche in maniera quasi involontaria l’integrazione col nuovo Paese (molti gli episodi legati al cibo). • Le aspirazioni per il futuro sono quelle legate in alcuni casi, ad un possibile ritorno al proprio Paese di origine nello stabilirsi in Italia o in un altro Paese Europeo e in altri sistemarsi economicamente. • E’ interessante sapere che chi vuole tornare al proprio Paese non ha necessità di vivere propriamente a casa sua, ma in particolare nella sua “area geografica”, per capire e migliorare la società da cui è andato via grazie ai mezzi ed alle capacità acquisite in un altro Paese di cultura totalmente diversa. • Questo esempio ci dimostra che anche in Italia stiamo assistendo al processo di familizzazione della presenza immigrata, tant’è vero che coloro che inizialmente giungevano in Italia per motivi esclusivamente lavorativi, stanno ricongiungendo la famiglia nel nostro Paese. In questo contesto, la famiglia immigrata comincia ad essere oggetto di studio da parte della comunità di studiosi, la quale per molto tempo e per motivazioni diverse, ha trascurato il fenomeno, considerandolo secondario rispetto alle migrazioni da lavoro • Un’altra tesi sociologica interessante sulle seconde generazioni è quella dell’assimilazione lineare, secondo la quale gli immigrati dovevano abbandonare la propria cultura di origine e inserirsi nel contesto di ricezione, acquisendone anche i tratti culturali. Con la ripresa delle nuove migrazioni si assiste in Europa e negli Usa ad una ripresa del dibattito sull’integrazione degli immigrati, incentrato da un lato sul recupero, almeno parziale, del concetto di assimilazione, attraverso lo sviluppo della prospettiva neoassimilazionista. • Secondo questa prospettiva l’assimilazione continua ad avvenire sempre e comunque, in un contesto diverso e con modalità differenti rispetto al passato. Dall’altro lato, il dibattito è stato anche centrato nello sviluppo di teorie più articolate, che vanno al di là del determinismo e del linearismo proprio della prospettiva assimilazionista. Tra queste teorie ricordiamo i contributi più importanti, quali quelli di A. Portes7, che ha avanzato il concetto di « assimilazione segmentata »8 e di « acculturazione selettiva » • I sostenitori dell’ assimilazione segmentata si concentrano sull’integrazione dei giovani stranieri a partire dalle caratteristiche dei singoli gruppi etnici, sottolineando che l’integrazione è strettamente correlata alla dotazione individuale, ovvero alle proprie competenze e al capitale sociale a disposizione di ogni individuo. Secondo i teorici dell’assimilazione segmentata infatti, le persone dotate di scarse capacità individuali (scarse competenze linguistiche, formative, professionali e relazionali) hanno sicuramente maggiori difficoltà di inserimento. • La seconda prospettiva, quella dell’acculturazione selettiva, prevede invece che l’apprendimento delle abilità necessarie per inserirsi nel nuovo contesto non entra in contrasto con il mantenimento della propria cultura. Genitori e figli dunque, si muovono di comune accordo sui due binari, riducendo il rischio di conflitti, salvaguardando l’autorità genitoriale e promuovendo un efficace bilinguismo nelle nuove generazioni. (ESEMPI) • In tempi più recenti i processi di globalizzazione e le trasformazioni economiche rimettono in discussione questi modelli. La possibilità di trasporto a basso costo, lo sviluppo tecnologico che rende più semplici le comunicazioni, l’inserimento nel mercato del lavoro connotato da maggiore precarietà, infatti, portano molti studiosi a formulare una serie di contributi che hanno analizzato i processi migratori in un contesto globale, provando in questo modo a superare l’idea che l’integrazione possa risolversi esclusivamente nel binomio assimilazione/non assimilazione. • In questo scenario maturano la prospettiva transnazionale e quella del cosmopolitismo . Nella prima prospettiva i migranti diventano “trans-migranti”, ovvero persone che mantengono relazioni sociali ed affettive che travalicano i confini nazionali. Tale teoria prevede appunto una dimensione relazionale che tende a tenere congiunti elementi appartenenti ad un tempo (il passato) ed un luogo (il paese di origine) con altri elementi appartenenti ad un altro tempo (il presente) ed un altro luogo (il paese di destinazione). In questa prospettiva i giovani figli dei migranti assumono forme di identificazione indipendenti sia dalla propria dimensione etnica sia dal modello proposto dal contesto d’accoglienza. • La prospettiva cosmopolita sottolinea invece come la molteplicità di esperienze, di luoghi e di culture che appartiene a questi giovani, in virtù del loro essere migranti, rinforzi la loro capacità di adeguare le conoscenze accumulate precedentemente ai contesti che vivono nel presente e ai loro progetti futuri11. Le identità personali e collettive sarebbero quindi frutto di mescolamento di identità ed esperienze che forgiano la personalità cosmopolita. • La sociologa italiana Luisa Leonini in una importante ricerca empirica svolta tra gli adolescenti figli di immigrati nelle scuole superiori a Milano, giunge ad individuare quattro differenti strategie identitarie. • La prima è il “mimetismo”, che caratterizza coloro che aderiscono totalmente ai modelli culturali e agli stili di vita della società ospitante. • La seconda strategia è quella del “ritorno alle origini”, dove i ragazzi sono contrassegnati dal rifiuto della cultura della società ricevente e si rinchiudono nelle comunità di appartenenza, frequentando esclusivamente giovani connazionali e seguendo le pratiche culturali del paese di origine. • L’“isolamento” invece è la terza strategia e riguarda coloro che si sentono estranei sia alla famiglia di origine che al contesto di ricezione, per questo motivo vivono la maggior parte del loro tempo soli in casa e hanno rapporti sociali molto limitati. • La quarta ed ultima strategia, quella del “cosmopolitismo”, connota quei ragazzi che esprimono il desiderio di vivere in un contesto diverso, dove siano superati i nazionalismi e le appartenenze etniche ; per questo motivo, coloro che adottano questa strategia vivono una situazione che, la stessa Leonini, ha definito di incertezza identitaria. E’ necessario però considerare in questo contesto il rapporto che viene a stabilirsi tra seconde generazioni e contesto di ricezione. (ESEMPI) L’ultima teoria che andremo a conoscere è quella di Berry, sociologo americano che rispetto alle seconde generazioni ha elaborato quattro traiettorie : l’integrazione, la separazione, l’assimilazione e la marginalizzazione. • La traiettoria di “integrazione” è caratterizzata dalla tendenza a mantenere la cultura del paese di origine ma, nello stesso tempo, ad entrare in contatto con la cultura e con i membri del paese di accoglienza. A livello generale questa traiettoria interesserebbe i cittadini orientati ad inserirsi nel contesto ospitante, ma senza tralasciare la cultura di origine. (Esempi) • Quando i membri del gruppo etnico scelgono di mantenere la propria cultura di origine e di avere relazioni esclusivamente all’interno del proprio gruppo etnico, rifiutando qualsiasi contatto con la società di accoglienza, si configura poi una traiettoria di “separazione”. (ESEMPI) • La traiettoria di “assimilazione” viene invece perseguita quando gli immigrati decidono di uniformarsi completamente alla cultura del paese di origine, rifiutando i contatti con il gruppo etnico di riferimento e allontanandosi dalla cultura di origine. • Infine, la traiettoria di “marginalizzazione” è caratterizzata dalla mancanza di contatto sia con il gruppo di origine che con il gruppo ospitante e dal rifiuto della cultura del paese di arrivo, ma anche di quella di origine. (ESEMPI) Tutti questi esempi dipendono a loro volta da alcuni elementi cruciali : il primo elemento fa riferimento alle politiche in materia di immigrazione adottate nella società ricevente, che in molti casi incidono in maniera decisiva sul processo di inclusione degli immigrati ; il secondo elemento riguarda le caratteristiche della società di origine e del contesto sociale di provenienza degli immigrati, dal momento che gli immigrati provenienti da culture molto diverse da quella del paese di arrivo saranno più propensi a scegliere le strategie di separazione. Il terzo ed ultimo elemento riguarda infine le motivazioni personali che inducono un soggetto a emigrare, tenendo ben presente che alcune persone possono essere emigrate volontariamente oppure costrette da eventi drammatici .