LA FIGURA DEL CAVALIERE NEL CORSO DEI SECOLI Percorso storico – letterario – artistico sulla figura del cavaliere come “uomo di valore” L’EVOLUZIONE DELLA FIGURA DEL CAVALIERE CAVALIERE: DAL LATINO CABALLARIUS, ADDESTRATORE DI CAVALLI IL CICLO CAROLINGIO Inizialmente, il cavaliere era un guerriero professionista che considerava la violenza come unica e basilare forma di vita; gli unici valori che egli considerava validi erano legati alla carriera militare come la destrezza, la sete di gloria o la superiorità in battaglia. A volte, si lasciava andare anche ad atti di tracotanza, trasformandosi in un vero brigante o fuorilegge. Con l’avvento della società feudale e della Chiesa nell’XI secolo, e dunque con l’indebolimento del potere centrale, il cavaliere mutò radicalmente la sua funzione, andando a costituire mano a mano una casta chiusa ed elitaria. Pertanto, il termine “cavaliere” da costituire inizialmente un’esigenza di ordine sociale, diviene un titolo onorifico, espressione di uno status privilegiato. Egli è innanzitutto un 1. 2. VASSALLO 3. 4. 5. IDENTIKIT: Uomo senza macchia e senza paura Uomo dotato di virtù come la lealtà, il coraggio e il servizio verso il prossimo Spera nella gloria del suo nome Rispetto dell’avversario In cambio di privilegi sociali e materiali assicura al sovrano il suo servizio militare; tale patto detto omaggio viene sancito durante l’investitura Tuttavia, i valori del cavaliere vennero poi rivalutati in chiave etico - religiosa, divenendo di conseguenza anche un PALADINO, anticipando quindi quelle che sarebbe stata l’importanza del cavaliere durante le crociate. 1.Difensore della cristianità 2. Restauratore di pace 3. Protettore delle popolazioni inermi e della giustizia 4. Pronto a combattere sino alla morte, scevro di debolezze o rinunce 5. Era disonorevole perdere la spada o fuggire dalla battaglia Chansons de geste Una chanson de geste è una narrazione in versi decasillabi o in alessandrini che descrive le epopee leggendarie e eroiche delle imprese guerriere dei re e dei loro cavalieri, nelle quali la comunità si riconosce e fonda su di esse la propria identità. Questo significa che i cavalieri divengono i nuovi eroi greci come Ulisse. I versi sono assonati e non rimanti e sono raggruppati in lasse. Le chansons de geste erano divulgate oralmente e cantate dai giullari in lingua d’oïl. Ne sono esempi Beowulf, il Cantare del Nibelunghi e il Cantar de mio Cid. Per quanto concerne, la Chanson de Roland ancora incerta rimane la sua origine che lascia pensare per di più ad una trascrizione di narrazioni popolari. È in tale esempio classico che si esaltano i valori della cavalleria, della feudalità e della fede cristiana; il testo si ispira ad un evento storico, quale il massacro a Ronceveaux nel 778 della retroguardia dell’armata di Carlomagno. Tuttavia, sono stati inseriti anche altri elementi che costituiscono pura inventiva della fantasia: ad esempio, i Saraceni in realtà altro non erano che delle truppe basche. Roland jure sa fidélité à Charlemagne (enluminure d'un manuscrit de chanson de geste). “ROLAND SENT QUE LA MORT LE SAISIT” Jean Fouquet, Bataille de Roncevaux Roland sent que la mort le saisit, Que de la tête sur le cœur elle lui descend. (…)Il bat sa coulpe à petits coups, souvent Pour ses péchés tendit à Dieu son gant. Roland le sent, sa vie est épuisée. Vers l’Espagne il est sur un mont aigu, Et d’une main il bat sa poitrine. (…)Il bat sa coulpe, demande à Dieu merci. (…) Son dextre gant à Dieu il tendit; Saint Gabriel de sa main l’a pris. (…) L’âme du compte ils portent en paradis. MORTE DI ORLANDO E PASSIONE DI CRISTO Angoulême - Cathédrale Saint-Pierre - Chanson de Roland “In Francia scoppia una gran tempesta: Un uragano c’è di tuono e di vento, Di pioggia e grandine che senza fine scende: Cadon le folgori ininterrottamente, C’è il terremoto: questo accade davvero. (…) A mezzogiorno vi son grandi tenebre. Non v’è chiarore, se il cielo non si fende. Nessuno assiste senza averne spavento. Dicono i più <<Certo la fine è questa: Certo del mondo venuto è ora il termine!>> Essi non sanno , né dicon proprio il vero, Ché questo è il lutto perché Orlando si spegne.” Il terremoto, le tenebre in pieno giorno, il terrore suscitato dai segni inequivocabili di un evento straordinario, sono tutti elementi tratti direttamente dalla narrazione evangelica della morte di Cristo. E questa analogia mira a trasmettere l’immagine immediata nella mente del lettore di un’aristocrazia guerriera depositaria di una missione religiosa, alludendo alla figura di quello che sarà il cavaliere-crociato, la cui morte in Terrasanta per la salvezza della cristianità ripeteva quella del Redentore sulla croce. IL ROMANZO CAVALLERESCO: IL GENERE LETTERARIO PER ECCELLENZA IN LINGUA VOLGARE Il romanzo cavalleresco (XII secolo), tipo di narrazione in lingua d’oïl sviluppatasi nella Francia del Nord e destinata alla lettura privata, non presenta più al pubblico un’impresa militare collettiva, bensì si fossilizza sull’avventura di singoli individui o piccoli gruppo di cavalieri, che costituisce un esempio per il resto della comunità. Si diffonde la figura del cavaliere come: CAVALIERE ERRANTE Egli viaggia alla ricerca di un’ aventure (dal latino advenio: destino, sorte, casualità) che solitamente consiste nel ritrovamento di un oggetto o di una donna, guadagnandosi così la riconoscenza da parte del signore e dimostrando di essere degno di una dama. Il tema centrale è dunque: L’ ESPERIENZA FORMATIVA del cavaliere, il suo PERCORSO CONOSCITIVO che gli consente di raggiungere una certa MATURAZIONE SPRITUALE e una certa gnoseologia di SE STESSO e del mondo. Il romanzo cavalleresco si distingue, quindi, per tre elementi principali: 1. 2. Imprese meravigliose Elemento magico 3. La vicenda amorosa Il romanzo cavalleresco, in versi di otto sillabe legate da una rima baciata consentendo così una forma scorrevole di narrazione che rompe la frammentarietà e la ripetitività delle chansons de geste. Esso recupera sia il mito classico che il materiale celtico, spesso contaminato però da una serie di interpretazioni cristiane. Ad esempio, i cavalieri della Tavola Rotonda alludono palesemente alla rappresentazione di Cristo e degli apostoli nell’Ultima Cena oppure il Graal, anticamente simbolo mitico legato alla sapienza, viene spesso associato al calice da cui bevve Cristo. L’inventore del romanzo cavalleresco rimane l’indiscusso Chrétien de Troyes, il quale utilizzò come fonte di inspirazione il mito del re Artù per dar vita al famoso ciclo bretone. Nelle sue opere, il cavaliere deve rispettare tre tipi di autorità: del signore, della donna e di Dio. TRISTAN ET ISEUT: L’ANTICO ROMEO E GIULIETTA “Tristano si lamenta, spesso sospira per il vivo desiderio che ha di Isottta, piange, il suo cuore si dispera, quasi muore di desiderio.” “Il prode, nobile Tristano è morto. Era il conforto di tutti gli abitanti del regno: generoso verso i bisognosi, pronto nell’aiutare gli afflitti.” “Isotta si avvicina al corpo, si gira verso oriente e pietosamente prega per Tristano: << Siete morto per amor mio ed io muoio per la tenerezza che provo per voi; (…) se fossi arrivata in tempo, amico mio, vi avrei ridato la vita e vi avrei teneramente parlato del nostro amore. (…) Voglio morire per voi, come voi>>. “Tristano morì per il suo amore, e la bella Isotta muore per tenerezza.” http://www.youtube.com/watch?v=OvyAbT9J5Es LANCELOT OU LE CHEVALIER DE LA CHARRETTE “Il cavaliere della carretta è immerso nei propri pensieri, come colui che non ha forza né difesa di fronte ad Amore, che gli è sovrano. (…) Non ha memoria di nulla, se non di una sola cosa, per la quale egli ha posto ogni altra in oblio. (…) Intanto il suo cavallo lo portava veloce per la via migliore e più diritta, e certo non prendeva strade tortuose.” In questo passo, Chrétien non mette in luce i tradizionali legati al valore militare e al coraggio, bensì il totale asservimento del cavaliere alla dama, anzi è completamente assorto nella sua meditazione amorosa che perde addirittura il controllo del suo cavallo. Il cavaliere è presentato come un servitore sottomesso al potere di Amore, stessa figura che poi verrà ripresa da Cervantes nel suo Don Chisciotte. http://www.youtube.com/watch?v=X HnDxo97iJ0 Ultimo incontro di Lancillotto e Ginevra sulla tomba di Artù, dipinto di Dante Gabriel Rossetti PERCEVAL In Perceval viene narrato il tortuoso percorso conoscitivo e di formazione che conduce il protagonista ad acquisire lentamente una piena consapevolezza della propria identità e dei propri doveri. In realtà. Il romanzo è rimasto incompiuto, interrompendosi prima che Perceval svelasse il mistero di tale oggetto, la cui origine va ricercata nelle antiche saghe celtiche. Quindi, l’opera di Chrètien non solo si caratterizza per l’avventura, l’iniziazione e la conoscenza ma soprattutto per il mistero. http://www.youtube.com/watch?v=r2Z93v UmN6M IL CAVALIERE - POETA A partire dal XIII secolo, si assiste alla crisi del ceto guerriero per cui molti cavalieri senza né terra né signore cominciano a chiedere asilo all’interno delle corti; in pratica, si abbandono il culto della guerra che lascia ampio spazio al culto dell’amore cortese. Le nuove virtù del cavaliere divengono la NOBILTÁ D’ANIMO e la CORTESIA . Egli si trasforma nel CAVALIERE – POETA. La fin’amor diviene un gioco educativo: innanzitutto, serve per perfezionarsi, per crescere spiritualmente e poi, l’amore cortese insegna a servire la dama, come d’altronde il servire costituiva il dovere di ogni vassallo. Solitamente, si tratta di un amore non corrisposto dato che la donna apparteneva ad una rango elevato oppure era già spostata; tuttavia, il cavaliere gioiva di tale condizione di non – possesso poiché lo aiutava ad elevarsi moralmente. GUGLIELMO IX PRIMO TROVATORE Chiara allusione sia al desiderio sessuale che alla cerimonia dell’investitura “Ancor mi ricordo d’un mattino Quando facemmo la pace tra noi due E mi diede un dono così grande, Il suo amore e il suo anello; Dio mi faccia vivere ancora tanto Da avere le mani sotto il suo mantello. Io non mi curo di discordi altrui Che mi possano separare dal mio Buon Vicino Perché io so come succede per le chiacchiere; Per una frase che si pronuncia Certuni si vanno vantando d’amore: Noi ne abbiamo la carne e il coltello”. Ricordo dell’investitura; parallelismo tra patto feudale e patto amoroso: entrambi implicano una promessa di fedeltà Donna-schermo: uso dei senhal (pseudonimi) per tutelare l’integrità morale della donna NOVELLE DI BOCCACCIO Nel suo campionario di personaggi, Boccaccio inserisce nel Decameron anche la figura del cavaliere, come in NASTAGIO DEGLI ONESTI. “Il cavaliere allora disse: <<(…) io era troppo più innamorato di costei che tu ora non se’ di quella de’ Trasversari; e per la sua fierezza e crudeltà andò la mia sciagura, che io un dì con questo stocco, il quale tu mi vedi in mano, come disperato m’uccisi, e sono alla pene eternali condannato.>>” Incentrata su una consueta tematica amorosa, l’orgoglio eccessivo della donna nei confronti dell’amante spinto a divenire terribilmente crudele, la novella di Boccaccio offre una straordinaria rappresentazione infernale della vicenda, su ispirazione del canto XIII dell’Inferno di Dante. MADONNA ORETTA Questa novella non solo si distingue per la presenza del cavaliere ma anche per la scelta dell’accurata metafora, oltre che sulla capacità di narrazione, ma proprio sul racconto visto come “viaggio” che non sempre risulta piacevole come in tal caso. Anzi, il cavaliere che ci propone Boccaccio è alquanto inetto. GUIDO CAVALCANTI “Tralle quali n’era una cotale, che in diversi luoghi per Firenze si ragunavano insieme i gentili uomini delle contrade e facevano lor brigate di certo numero. (…) E similmente si vestivano almeno una volta all’anno, e insieme i dì più notabili cavalcavano per la città e talora armeggiavano (…) “. In questa novella, vengono esaltate in maniera alquanto negativi le abitudini di questa sorta di cavalieri. Anzi, è proprio il motto arguto di Cavalcanti che sottolinea la loro inferiorità morale ed intellettuale; essi sono quasi come morti, dato che spendono la loro vita esclusivamente nell’ozio. XV-XVI SECOLO: RIPRESA DEL POEMA EPICO Il Rinascimento si caratterizza per la ripresa del poema epico, volgendo lo sguardo sia verso le opere classiche, specialmente virgiliane, che al ciclo carolingio e bretone, tentando di conferire al volgare una dignità letteraria pari a quella del latino. Inizialmente, si assiste alle prime composizioni di cantari in ottave, nei quali si mescolano aspetti epici e romanzeschi e si impiega l’ottava rima, di invenzione tutta boccacciana, che presto diventerò la forma scelta per le narrazioni lunghe in versi. Principalmente, il poema epico si riprende per due motivi: esso ben si congegna ad accogliere il motivo encomiastico – celebrativo, vale a dire far risalire l’origine del signore presso cui l’intellettuale era ospitato, ad un paladino illustre; e chiaramente, scelta migliore non avrebbe potuto che essere un vassallo della corte di Carlo Magno; una questione di intrattenimento; si ripristinano gli ideali di gentilezza e virtù cavalleresche tipiche delle corte, come la gloria, il coraggio, la lealtà e l’audacia. L’ORLANDO INNAMORATO Matteo Maria Boiardo, sempre per questioni di intrattenimento della corte, inserisce nel suo eccelso poema, oltre che l’elemento cavalleresco, l’elemento amoroso, il quale viene visto come la forza dominante, come il principale motore delle azioni umane a cui tutti sono soggetti. Quindi, la figura dell’Orlando cavaliere si sposa con quella di orlando uomo. Signori e cavallier che ve adunati Per odir cose dilettose e nove, Stati attenti e quieti, ed ascoltati La bella istoria che il mio canto muove; (…) Non vi par già , signor, meraviglioso Odir cantar d’Orlando innamorato, ché qualunque nel mondo è più orgoglioso è da Amor vinto, al tutto subiugato; Né forte braccio, né ardire animoso, Né scudo o maglia, né brando affilato, Né altra possanza può mai far diffesa Ché al fin non sia d’Amor battuta e persa. Questa novella è nota a poca gente, Perché Turpino istesso la nascose, Credendo fosse a quel conte valente Esser le sue scritture dispettose, Poi che contra ad Amor pur fu perdente Colui che vinse tutte le altre cose; Dico d’Orlando, il cavaliere adatto. Non più parole ormai, veniamo al fatto. Boiardo avverte il suo pubblico che la sua opera contiene nuovi contenuti, comunque dilettevoli. Tutti gli uomini sono soggetti alla forza di Amore, perfino il valoroso paladino Orlando e il titolo dell’opera lo esprime a caratteri cubitali. Giustificazione di Boiardo (tecnica simile a quella di Manzoni): egli ha ritrovato il poema scritto da Turpino. Il motivo encomiastico è presente nel II canto. ORLANDO FURIOSO Ariosto, come Boiardo, inserisce nel suo poema non solo l’elemento amoroso, ma anche la follia, un tema tipicamente rinascimentale; Ariosto, è vero sì che considera alcuni valori del mondo cavalleresco ancora validi, però comunque guarda mediante un distacco ironico a quelle virtù proprio per invitare lo stesso lettore a tenere costantemente distinto il piano della realtà da quello dell’idealizzazione. Egli inserisce pure eventi storici contemporanei al suo tempo e le valutazioni del nuovo, come il giudizio negativo sulle armi da fuoco. L’opera si caratterizza per la presenza di molteplici storie, nonostante rimanga come “canovaccio” la guerra tra saraceni e cristiani (allusione alla Chanson de Roland). Oh gran bontà de’ cavallieri antiqui! Strofa 22, canto I Tale frase deve essere considerata o come un commento della frase precedente e quindi, come una sorta di nostalgia verso quegli ideali cavallereschi ormai perduti oppure come anticipazione di quanto detto successivamente. I due cavalieri, Ferraù e Ruggiero, nonostante siano di religione e culture differenti, non si temono, in quanto sono entrambi consapevoli che l’altro rispetterà il patto, vale a dire non lo colpirà alle spalle. Pertanto, viene esaltata in questo senso, la fiducia, la lealtà nel nemico. 1 Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto, (…) 2 Dirò d'Orlando in un medesmo tratto cosa non detta in prosa mai, né in rima: che per amor venne in furore e matto, d'uom che sì saggio era stimato prima; se da colei che tal quasi m'ha fatto, che 'l poco ingegno ad or ad or mi lima, me ne sarà però tanto concesso, che mi basti a finir quanto ho promesso. 3 Piacciavi, generosa Erculea prole, ornamento e splendor del secol nostro, Ippolito, aggradir questo che vuole e darvi sol può l'umil servo vostro. Quel ch'io vi debbo, posso di parole pagare in parte e d'opera d'inchiostro; né che poco io vi dia da imputar sono, che quanto io posso dar, tutto vi dono. 4 Voi sentirete fra i più degni eroi, che nominar con laude m'apparecchio, ricordar quel Ruggier, che fu di voi e de' vostri avi illustri il ceppo vecchio. (…) Ariosto non comincia con alcuna introduzione rispetto a Boiardo; i contenuti sono i medesimi e le donne occupano il primo posto. Paragone tra la follia di Ariosto e quella di Orlando. Dedica e ringraziamento al cardinale Ippolito d’Este che ha ospitato Ariosto presso la sua corte a Ferrara. Motivo encomiastico: origine degli Estensi attribuita al valoroso guerriero Ruggiero. FOLLIA DI ORLANDO: “ Angelica e Medor con cento nodi Legati insieme, e in cento lochi vede. Quante lettere son, tanti son chiodi Coi quali Amore il cor gli punge e fiede. Va col pensier cercando in mille modi Non creder quel ch’al suo dispetto crede: Ch’Altra Angelica sia, creder si sforza, Ch’abbia scritto il suo nome in quella scorza”. LA FINE DEL LIBRO: “ Oh di che belle e sagge donne veggio, Oh di che cavallieri il lito adorno!” “(…) così falla al pagano ogni pensiero D’uscir di sotto al vincitor Ruggiero. (…) E due e tre volte ne l’orribil fronte, Alzando, più ch’alzar si possa, il braccio, Il ferro del pugnale a Rodomonte Tutto nascose, e si levò d’impaccio.” Anche alla fine del libro come nel proemio le donne occupano una posizione di rilievo rispetto agli uomini. Chiaramente, dato che da Ruggiero discende il ceppo vecchio della dinastia degli Estensi spetta a lui l’ultima vittoria e per di più, innamorato di Bradamante, decide di convertirsi al cristianesimo. TASSO E CERVANTES Anche Tasso, nella sua Gerusalemme Liberata, riprende la figura del cavaliere rifacendosi ad un evento storico accertato, vale a dire le crociate; in questo modo, non solo diletta il suo pubblico ma gli fornisce anche giovamento, un insegnamento, insomma, alimenta nei lettori un desiderio di maggiore fede verso la religione cattolica. D’altronde, Tasso utilizza proprio l’espediente del meraviglioso cristiano per ribadire il primato della Chiesa, dato che lo stesso autore si ritrova a vivere nel periodo della Controriforma. Il "Don Chisciotte" si colloca nel "siglo de oro" della letteratura spagnola ed è una delle più alte espressioni di un’epoca, che include una straordinaria varietà di generi letterari. Nel Don Chisciotte lo scrittore usa il dissolvimento dell’antico mondo cavalleresco e la contraddittorietà del presente come materia di trasformazione parodistico- fantastica. Il primo fine, dichiarato esplicitamente nel Prologo dallo stesso Cervantes, è quello di ridicolizzare i libri di cavalleria e di satireggiare con il mondo medioevale, tramite il "folle" personaggio di Don Chisciotte; infatti in Spagna la letteratura cavalleresca, importata dalla Francia, aveva avuto nel cinquecento grande successo, dando luogo al fenomeno dei "lettori impazziti". Inoltrandosi nella lettura, subito dopo le prime avventure, Don Chisciotte perde gradualmente la connotazione di personaggio "comico" e acquista uno spessore più complesso. Lo stesso romanzo diventa ben presto ben più che una parodia o un romanzo eroicomico. Il "folle" cavaliere ci mostra il problema di fondo dell’esistenza, cioè la delusione che l’uomo subisce di fronte alla realtà, la quale annulla l’immaginazione, la fantasia, le proprie aspettative, la realizzazione di un progetto di esistenza con cui l’uomo si identifica. Il "disinganno", cioè il tema dello scontro struggente tra ideale e reale, che ritroviamo nel romanzo, fu per Cervantes, non solo un motivo poetico, ma anche un’esperienza personale. ALFRED DE VIGNY: LE COR DE ROLAND Alfred de Vigny utilizza il corno di Orlando per farne un simbolo grazie al quale egli abborda temi filosofici come la solitudine del genio, i rapporti tra Dio e l’umanità e l’ingiustizia. Âmes des Chevaliers, revenez- vous encor? Est-ce vous qui parlez avec la voix du Cor? Roncevaux! Roncevaux! Dans ta sombre vallée L’ombre du grand Roland n’est donc pas consolée! LA LÉGENDE DES SIÈCLES: VICTOR HUGO Victor Hugo non solo riprende la forma epica, offrendo alla letteratura francese la sua epopea più bella dopo la Chanson de Roland, ma restituisce proprio la vita al personaggio mitico di Orlando. La citazione successiva riguarda il combattimento tra Orlando e Oliviero. “ Ils se battent – combat terrible!- corps à corps. Voilà déjà longtemps que leurs chevaux sont morts; Ils sont là seuls tous deux dans une île du Rhône. Le fleuve à grand bruit roule un folt rapide et jaune (…)” ITALO CALVINO: IL CAVALIERE INESISTENTE In questo romanzo l'autore ha trasportato alcuni "aspetti tipici" della società moderna nei tempi passati. Calvino ha scritto questo testo in modo che possa essere letto su due livelli di interpretazione: come un semplice romanzo fantastico ambientato nel medioevo, oppure come una trasposizione della società moderna ambientata al tempo di Carlo Magno. Il cavaliere inesistente riflette la condizione dell’uomo contemporaneo che molto spesso tende a seguire l’opinione pubblico, rifugiandosi dalla sua stessa identità. http://www.youtube.com/watch?v=yqcDB dk8wpo Tutt’oggi, anche in film come “Batman” e “Il signore degli anelli” il cavaliere viene visto come restauratore di pace e difensore del bene nella lotta contro il male.