E forse, la cosa
più grave nel
corso di
un’esistenza è
l’assenza di crisi, il
restare alla
superficie delle
cose, il non
andare mai in
profondo, e
dunque, anche un
po’ a fondo.
La crisi, in verità, è
occasione di
intelligenza e di
verità. Essa ci
obbliga a passare
dalle risposte alle
domande, a
formulare nuove
domande per
impostare nuove
risposte.
Ci chiede di uscire dalla tirannia delle abitudini, dalla
ripetitività del percorrere sempre lo stesso sentiero più
breve al punto che è il sentiero che porta noi e non noi che
decidiamo la strada.
Cambiare strada per raggiungere lo stesso posto
può richiedere un tempo più lungo ma anche
riservare sorprese, aprire nuovi orizzonti,
consentire di vedere cose che altrimenti non
vedremmo mai.
Una crisi deve
essere gestita,
addomesticata,
assunta: spesso
essa ci
riconduce
all’essenziale
da cui ci
eravamo
allontanati.
La scoperta poi delle proprie carenze e lacune ci aiuta
a entrare nella nostra verità personale, che sempre
coincide con la nostra unicità; che è, al tempo stesso,
la nostra povertà e la nostra inestimabile ricchezza.
- Non temere la propria molteplicità.
Noi non siamo a una
sola dimensione:
occorre credere alla
propria molteplicità
e uscire dallo
sguardo
unidimensionale su
di sé.
Per questo abbiamo bisogno di
specchi, cioè di strumenti e persone
che riflettendo un’immagine di noi ci
portino a riflettere su di noi.
Ed è importante, una vera grazia, incontrare uno
sguardo che, amandoci, ci sveli la nostra bellezza,
che è sempre «bellezza agli occhi di qualcuno».
Questo sguardo ci dice che l’unico nostro compito, in
cui nessuno può sostituirsi a noi, è quello di diventare
noi stessi. Imitare altri, o diventare cloni di altri non
farebbe la nostra felicità, ma ci sprofonderebbe
nell’infelicità.
Simile sguardo può
aiutare il giovane a uscire
dall’indecisione. Le
patologie dell’indecisione
sono anzitutto
l’astensione dalla scelta,
restando nell’illusione
dell’indefinito delle
possibilità, e scoprendo
poi troppo tardi che in
realtà una scelta la si è
fatta, ma di morte: la
scelta di non scegliere.
Quindi l’attivismo,
ovvero il passare da
una scelta all’altra, il
moltiplicare cose e
situazioni per perdere
il meno possibile.
Anche in questa
azione si rifiuta
illusoriamente la
perdita connessa alla
scelta.
Infine il volontarismo, che ha il limite
dell’azione fatta per dovere, eludendo il
proprio desiderio profondo.
Ma la legge, il dovere non ha la capacità di
unificare, raccogliere e orientare tutte le
energie di una persona, che dunque resterà
frustrata e infelice.
- Non restare prigionieri del ruolo.
Terribile è il restare prigionieri del ruolo,
quasi che il ruolo che si riveste eserciti
una funzione di protezione.
Chi si rifugia nel ruolo,
nella posizione di potere
o semplicemente nella
funzione che svolge, si
impedisce di accedere
al proprio sé, si preclude
la via della crescita
umana, chiudendosi in
posizioni di potere o
comunque in una
parvenza di sé.
Rifugiarsi nel ruolo è come indossare una maschera,
nascondendo se stessi a sé e agli altri e chiudendosi al
dispiegarsi della propria umanità.
- Osare la solidarietà e l’amore.
La capacità di
condividere, di non
fare riserve di sé, di
trovare la propria
realizzazione
personale e la
propria gioia nel
donare è il vertice di
ogni cammino
formativo ed è il
culmine della
maturità umana.
Maturità che ha sempre a che fare con la capacità
adulta di amare e con la capacità di lavorare
efficacemente, il che significa anche la capacità di
soffrire.
La crescita umanospirituale della
persona raggiunge il
suo fine nella
capacità di amare.
Nel diventare uomini
e donne di passione,
che conoscono la
passione e la
sofferenza
dell’amore.
Per giungere a questo fine è essenziale la fiducia. La
fiducia è la matrice della vita ed è la forza che
consente alla persona di non farsi vincere dalla paura,
anzi, dalle tante paure che possono abitarla.
Questa fiducia consentirà anche lo svilupparsi di una
relazione con il tempo equilibrata e non patologica:
 assumere serenamente il proprio passato senza
restarne ostaggio, senza continuare a vivere sotto la
sua ombra lunga;
 aderire all’oggi, al presente senza nutrire sterili
fughe in avanti o regressioni all’indietro,
 proiettarsi verso il futuro senza paure, ma anche
senza evasioni e fughe in avanti.
Signore misericordioso e compassionevole, autore e
perfezionatore della fede, ma anche della nostra
umanità.
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Parte II - parrocchia maria ss. addolorata