Il termine deriva dal monte Sion, uno dei colli su cui sorge Gerusalemme. Nella Bibbia la nazione ebraica è detta “figlia di Sion “ per cui questo colle venne scelto come simbolo della volontà degli Ebrei di ritornare nella terra dei loro padri al fine di fondare la loro nazione. Nel 1862 il socialista Hess invitò gli Ebrei soggetti alle discriminazioni antisemite a organizzare una colonizzazione della Palestina ma il vero fondatore del sionismo fu Herzl, un giornalista viennese di origine ebrea. Nel 1896 nel libro “ Lo Stato degli Ebrei “ espresse il suo progetto di riunificazione degli Ebrei della diaspora in una nazione ispirata agli ideali democratici. Theodor Herzl fu l’esponente più importante del primo movimento sionista di inizio secolo. Gli Ebrei si consideravano un popolo in esilio da quando, nel 135 d.C. l’imperatore romano Adriano vietò loro di risiedere a Gerusalemme e in tutta la Palestina. Da allora iniziò la diaspora, cioè la dispersione degli Ebrei in tutto il mondo. In seguito, nonostante le persecuzioni, gli Ebrei mantennero viva la loro identità nazionale attorno alla sinagoga. Alla fine dell’800 iniziarono le prime migrazioni per la colonizzazione della Palestina, finanziate dal banchiere E. Rotschild. Nel 1901 fu istituito il Fondo nazionale ebraico che aveva il compito di finanziare l’acquisto di terreni in Palestina. Nacquero le prime cooperative agricole e nel 1910 il primo Kibbutz, un villaggio nel quale la terra e i mezzi di produzione erano patrimonio comune secondo una concezione collettivistica della proprietà. Dopo la Prima guerra mondiale vi fu una prima fase di decolonizazzione, per cui l’Inghilterra dovette operare una forma di ristrutturazione del suo impero coloniale: dovette rinunciare a parte del controllo politico per garantirsi il dominio economico. Le colonie con forte componente bianca ottennero una crescente autonomia politica fino a diventare Stati sovrani (dominions). Il kibbutz era un villaggio nel quale la terra e i mezzi di produzione erano patrimonio comune secondo una concezione collettivistica della proprietà. Altri territori furono controllati attraverso protettorati o mandati (Istituto giuridico internazionale che affida a uno Stato protettore la tutela territoriale di un altro Stato), con un controllo economico, trattandosi spesso di aree commerciali privilegiate. In Egitto nacque un regno autonomo, ma la Gran Bretagna controllava il Canale di Suez e in Arabia Saudita si assicurò il controllo dei pozzi petroliferi. Tra i territori che la Gran Bretagna ottenne in mandato rientrava anche il territorio della Palestina, dove era cresciuto dopo la guerra il numero di coloni ebrei con l’obiettivo di fondarvi uno Stato ebraico. Fu questa la prima divisione del territorio palestinese, affidato alle competenze inglesi. Il 2 Novembre 1917 il ministro degli Esteri britannico James Belfour, in nome del governo inglese, rilasciò una dichiarazione in favore della costituzione dello Stato ebraico in Palestina, nella quale il governo britannico si impegnava al raggiungimento di tale obiettivo pur affermando che nulla doveva essere fatto contro i diritti religiosi o civili delle popolazioni non ebraiche residenti nell’area. Il 14 Agosto 1929 alcuni gruppi di sionisti marciarono sul Muro del pianto di Gerusalemme, rivendicando l’esclusiva proprietà della Città Santa. Come risposta gli Islamici fecero una contromarcia e bruciarono i libri di preghiere ebraiche. Da quel momento molti furono gli scontri. Nei primi decenni del ‘900 si sviluppò nel Medio Oriente un movimento nazionale arabo che si rivolse contro la Turchia prima e poi contro le potenze coloniali. Francia e Gran Bretagna si erano accordate per spartirsi i territori mediorientali : la Francia aveva ottenuto il mandato in Siria e Libano , la Gran Bretagna in Iraq e Palestina. Primo ministro inglese che per primo si occupò della questione palestinese, rivendicando uno stato per la popolazione ebraica. Il Medio Oriente assunse un grande valore strategico a partire dal 1869, anno nel quale fu aperto il Canale di Suez e nel XX sec. per la scoperta di immensi giacimenti petroliferi. Il nazionalismo palestinese provocò rivolte contro il sionismo. Il movimento si alleò addirittura con Hitler e Mussolini contro Francia e Inghilterra e iniziò anche la guerriglia con gruppi finanziati dallo sceicco Al–din–al–Qassen. Dopo la Seconda guerra mondiale le due potenze europee non furono più in grado di mantenere il controllo. Nel 1946 si resero indipendenti Libano, Siria, Giordania. Il 22 Marzo 1945 nacque la Lega Araba che raggruppava Libano, Siria, Iraq, Egitto, Arabia Saudita, Transgiordania e Yemen.Unita da scopi di cooperazione economica e politica, la Lega Araba si pose come obiettivo la nascita di un nuovo Stato arabo in Palestina, contro la volontà internazionale di creare uno Stato ebraico. Il primo nemico del neonato stato ebreo fu la Lega Araba, alleanza delle principali nazioni contrarie alla presenza araba in Palestina. Nel 1945 vivevano in Palestina ( sotto mandato britannico ) 500.000 Ebrei e 1.500.000 Arabi. La scoperta degli orrori dei campi di sterminio nazisti aveva creato a livello internazionale un movimento di opinione pubblica favorevole alla nascita di uno Stato ebraico, che fosse anche rifugio per i sopravvissuti. La causa sionista aveva forti alleati negli Stati Uniti dove viveva una numerosa comunità ebraica, ma veniva ostacolata dalla Gran Bretagna (preoccupata di inimicarsi gli Stati arabi) e dalla Lega Araba. Incitate dal leader David Ben Gurion, iniziò una fase di lotta armata tra organizzazioni militari ebraiche e Inglesi. Nel 1946 a Gerusalemme saltò in aria il King David Hotel, sede del quartier generale britannico, provocando decine di vittime. L’attentato era stato organizzato dai futuri primi ministri Begin e Ben Gurion. Dopo 30 anni di controllo la Gran Bretagna annunciò che avrebbe ritirato le truppe dalla Palestina e affidò all’ONU la risoluzione della questione ebraica. Il 22 Novembre 1947 l’ONU propose di dividere la Palestina in due Stati, uno ebraico e uno arabo, con Gerusalemme come zona internazionale. Il fiume Giordano e il Mar Morto segnavano il confine con la “Terra promessa”,. Israele avrebbe posseduto i territori del Neghev, della Galilea, e la striscia costiera da Tel Aviv al Libano. I Palestinesi avrebbero avuto la striscia di Gaza, la Giudea, la Samaria. L’annuncio della nascita dello Stato di Israele avviene il 29 Novembre 1947, grazie alla mediazione delle forze dell’ONU. Gli Ebrei accettarono la spartizione, ma la Lega Araba rifiutò e si dichiarò pronta a combattere. Lo Stato arabo non avrebbe avuto sbocchi sul Mar Rosso e sul Mar di Galilea che era la maggiore risorsa idrica della zona. Inoltre una minoranza (quella ebraica) otteneva la maggioranza del territorio. In realtà l’ONU teneva conto del fatto che ci sarebbe stato un esodo verso Israele da parte degli ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento. Inizialmente, Israele non aveva sbocchi sul Mar Rosso ed era accerchiata da potenze nemiche. Il 14 Maggio del 1948 Ben Gurion proclamò la nascita dello Stato d’Israele. Il giorno dopo la Lega Araba lo attaccò. La Prima guerra arabo–israeliana (Maggio 1948 – Gennaio 1949) si concluse con la sconfitta delle truppe arabe e la definitiva affermazione dello Stato d’Israele. Cisgiordania (parte della giudea e della Samaria) fu annessa dalla Giordania. La situazione degenerò subito dopo l’annuncio della creazione dello stato di Israele, che fu attaccato da molte potenze. Fu Ben Gurion a proclamare l’indipendenza israeliana. Alla fine del conflitto, i confini dello Stato d’Israele si ingrandirono del 40% rispetto a quelli assegnati dall’ONU. Lo Stato arabo della Palestina non poté vedere la luce e la questione palestinese emerse in tutta la sua gravità. Un milione di profughi arabi fuggirono dai territori conquistati dagli israeliani per rifugiarsi nei paesi vicini, spesso in squallidi campi profughi soprattutto in Giordania. Da allora la situazione dei palestinesi non è mai stata normalizzata. Gli ebrei che vivevano nelle zone arabi furono costretti a ritirarsi nei confini israeliani. In questo frangente, la situazione più difficile era vissuta dai profughi arabi che furono costretti a lasciare le terre di Israele. Per gli storici palestinesi e arabi si trattò di una vera e propria espulsione, contrassegnata da un piano politico–militare israeliano. Per gli storici israeliani la maggior parte dei rifugiati fuggirono volontariamente, invitati a fuggire dagli Stati Arabi. Già negli anni ’50 questa versione è contestata da alcune personalità israeliane. L’obiettivo di questi intellettuali è quello di rivedere il mito della storia d’Israele e ristabilire la verità sull’esodo dei Palestinesi. Secondo questi intellettuali la società palestinese era divisa, non aveva forza militare, tutto il mondo arabo era inferiore alle forza israeliane che erano appoggiate da Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, inoltre Israele aveva la simpatia dell’opinione pubblica mondiale. Lo storico Morris giunge alla conclusione che gli ebrei condussero in modo premeditato e sistematico una campagna che mirava all’espulsione completa della popolazione palestinese autoctona. La questione della Palestina è un tema attuale ancora oggi, nonostante le mediazioni internazionali. Il governo israeliano sviluppò una politica inflessibile per impedire il ritorno dei rifugiati, cosa che l’ONU esigeva dal 1949. I villaggi furono distrutti e occupati da emigranti ebrei, le terre divise tra i nomadi Kibboutzim, una legge sulle proprietà abbandonate legalizzò questa confisca di terre, case abbandonate, terre, botteghe, negozi, conti in banca. Questi intellettuali israeliano parlano del “peccato originale”d’Israele. Queste tesi dividono Israele in due. Le terre furono divise tra i nomadi Kibboutzim, nativi ebrei. Nel 1952 in Egitto giunse al potere Gamal Abdel Nasser rovesciando la monarchia di re Faruk. La nuova repubblica guidata da Nasser decise di assumere la guida dei paesi arabi contro Israele. Nasser strinse accordi con la Russia per ottenere aiuti economici. Egli chiama a raccolta i popoli musulmani contro Israele e l’occidente, forte della potenza economica dell’area mediorientale dopo la scoperta del petrolio. Nasser prese il controllo della guerra contro Israele da parte dei paesi arabi. Gli Stati Uniti reagirono alla politica filosovietica del presidente Nasser e nel 1956 bloccarono i finanziamenti per la grande diga di Assuan, fondamentale per fornire energia elettrica all’Egitto. Come risposta Nasser decise di nazionalizzare il Canale di Suez, su cui Inglesi e Francesi avevano grandi interessi. Il Canale di Suez era la più importante fonte di reddito per l’Egitto, dopo che fu nazionalizzato da Nasser. In accordo con Francia e Inghilterra, Israele attaccò l’Egitto (Guerra del Sinai), mentre Francia e Inghilterra occupavano il canale. L’impresa fallì perché non ebbe l’appoggio degli Stati Uniti. Così Nasser acquistò un’immensa popolarità nel mondo arabo, come simbolo della rivoluzione anticolonialista e ispiratore dell’unità fra i popoli arabi. Le conseguenze del conflitto trasformarono l’area in teatro di guerra. Nel 1964 nacque l’OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina), fondato da Yasser Arafat con lo scopo di addestrare i Palestinesi a combattere Israele per la nascita di uno Stato palestinese. L’OLP si organizzò come una formazione paramilitare volta alla instaurazione dello Stato palestinese. Arafat fu il fondatore dell’OLP, il primo passo verso l’indipendenza del popolo palestinese non solo in ambito politico ma anche in ambito militare. Nel giugno del 1967 l’Egitto decise di impedire il commercio israeliano nel golfo di Aqaba.Il 5 giugno Israele attaccò l’Egitto e reagì poi agli attacchi portati da Siria e Giordania. Gli USA appoggiarono Israele, l’URSS si schierò con i paesi arabi. La guerra durò sei giorni e si concluse con un grosso successo israeliano, in termini di rafforzamento della propria sicurezza e di acquisti territoriali. Israele conquistò anche la Cisgiordania, occupò le alture del Golan, la penisola del Sinai, la striscia di Gaza, favorendo in queste zone la creazione di comunità agricole israeliane con l’intento di annessione. L’ONU si pronunciò prospettando il ritiro di Israele dai territori occupati, ma la situazione era difficile da risolvere perché in Israele in quegli anni vi era una prevaleva la linea politica nazionalista, che rifiutava qualunque dialogo con la parte araba. Con la guerra dei sei giorni la questione palestinese si evolve ed entra nel contesto dello scontro tra USA e URSS. Nell’autunno del 1973 si riaccese un nuovo conflitto tra Israele e i paesi arabi. Il presidente egiziano Sadat (succeduto a Nasser nel 1970), forte dell’appoggio sovietico attaccò Israele il 6 Ottobre, festività ebraica di Yom Kippur (festa di espiazione dei peccati). Solo a fatica gli israeliani riuscirono a ricacciare i nemici occupando il territorio siriano del Golan. Le ostilità cessarono il 23 Ottobre. Israele uscì più fragile dalla guerra, mentre Egitto e Siria fecero blocco col mondo arabo. Dopo la guerra del Kippur i paesi produttori di petrolio arabi aumentarono il prezzo del greggio mettendo in grande difficoltà gli occidentali, tradizionali amici di Israele. Dopo la guerra Sadat rafforzò l’idea del negoziato con Israele. Da qui la svolta degli anni successivi con il progressivo allontanamento dall’URSS e l’inizio dei lavori per l’accordo di Camp David (1978). Sadat succede a Nasser alla guida dell’Egitto e attaccherà Israele con l’appoggio sovietico. L’accordo di Camp David tra il premier israeliano Begin e il Presidente egiziano Sadat fu fatto anche grazie al grande impegno del presidente americano Jimmi Carter. Il Trattato di pace tra Begin e Sadat fu firmato a Washington nel 1979. Nel 1980 la città di Gerusalemme fu proclamata capitale d’Israele. Il Sinai tornò all’Egitto. Il Presidente Sadat che dopo l’accordo vinse il Premio Nobel per la pace, il 6 Ottobre del 1981 fu assassinato al Cairo mentre assisteva a una parata militare. Sadat fu vincitore anche del premio Nobel per la pace, in merito agli accordi stipulati a Washington, ma venne assassinato al Cairo nel 1981. Nel 1982 Israele avviò l’operazione “pace in Galilea “ che prevedeva la creazione di una zona priva di insediamenti palestinesi attorno ai confini settentrionali israeliani. Israele invase il Libano spingendosi fino a Beirut, costringendo l’OLP a spostare la propria sede in Tunisia. Nel quadro di questa azione militare si ebbero massacri nei campi profughi di Sabra e Shatila perpetrati da forze filo–israeliane. All’interno di Israele vi fu un processo contro i responsabili del massacro da parte della Corte suprema e Sharon, ministro della guerra dovette dimettersi. I campi profughi erano la base di reclutamento e di appoggio dapprima dei Feddayin dell’OLP, guidati da Arafat, che dapprima operarono in Giordania dove crearono un doppio governo, per cui il re Hussein nel 1970 sterminò diecimila palestinesi nei campi diventati “santuari del terrorismo”. Successivamente, dopo la morte di Arafat, il terrorismo palestinese ha come leader Hamas. Hamas succede ad Arafat alla guida dell’OLP, ma proporrà una politica molto più aggressiva, che sfocerà nelle azioni terroristiche tipiche del movimento. Il 9 Dicembre 1987, dei ragazzi palestinesi, dai 12 ai 15 anni, cominciarono a lanciare pietre contro l’esercito israeliano nei territori occupati della Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Questa rivolta prende il nome di Intifada. Nel 1991, gli USA organizzarono, sotto l’egida dell’ONU, una Conferenza di pace a Madrid. Dapprincipio entrambi gli schieramenti furono recalcitranti, sia il ministro israeliano Shamir, conservatore, sia il mondo arabo nel quale prevalse la posizione fondamentalista. Successivamente Shamir fu sostituito da Rabin e i colloqui furono spostati a Washington. La Conferenza di pace di Madrid del 1991, dopo la Prima Intifada. Nel 1993 l’OLP e Israele si accordarono sul rispettivo riconoscimento. Da un lato l’OLP si impegnava a cancellare l’articolo del suo Statuto che prevedeva la distruzione di Israele; dall’altra Israele accettava l’OLP quale legittimo rappresentante dei palestinesi e concedeva l’autonomia ai territori occupati nella guerra del 1967, la striscia di Gaza e Gerico. Fu prevista la creazione di un’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), embrione di un futuro Stato palestinese confederato con la Giordania. Il 13 settembre 1993, insieme con il presidente americano Clinton i due ministri degli esteri Abbas e Peres firmarono il trattato di pace a Washington e vi fu la storica stretta di mano tra Arafat e Rabin. Nel 1993 terminava anche la prima intifada con un bilancio di 1164 morti. Nel 1994 sia Rabin che Arafat furono insigniti del Premio Nobel. Rabin il 4 Novembre 1995 fu assassinato a Tel Aviv da un estremista ebreo. Rabin e Arafat, con la mediazione di Clinton, stringono il primo patto di alleanza. Nel 1998 si ebbe di nuovo una rottura tra Israele e Palestina. Netanyahu e Arafat ruppero l’accordo. Riprese l’intifada, combattuta da kamikaze terroristi che si fanno saltare in aria e provocano stragi di civili. Sharon nel 2002 decise di fare costruire un muro per separare Israele dai territori palestinesi per evitare l’infiltrazione di terroristi. Nel 1998 comincia la Seconda Intifada, non più ad opera solo dei ragazzi, ma anche animata dall’azione terroristica. Nel 2004 muore Arafat, leader e simbolo della lotta palestinese. Nel 2005 fu nominato, dopo libere elezioni presidente palestinese Abu Mazen. Nello stesso anno Sharon decise di ritirare l’esercito israeliano dalla striscia di Gaza e contestualmente di smantellare le colonie presenti in quell’area. L’ostilità dei paesi arabi nei confronti di Israele non è cessata, infatti l’Iran finanzia l’organizzazione libanese Hezbollah. Tra il 12 Luglio e il 15 Luglio 2006 Israele e Hezbollah si sono affrontati in un sanguinoso conflitto che ha coinvolto il sud del Libano e Israele settentrionale. Nei combattimenti sono morti circa 1200 persone. L’ONU è riuscita a imporre una tregua, mandando un contingente di caschi blu. Negli ultimi anni in Palestina si è affermato il movimento di Hamas che rifiuta il riconoscimento di Israele. Sono ripresi lanci di missili contro Israele e la offensiva violenta di Israele. Alla morte di Arafat nel 2004, Abu Mazen vince le prime elezioni libere palestinesi.