Intervento Pubblico e Economia
della Conoscenza
Ugo Pagano
Caratteristiche della economia della
conoscenza e crisi italiana
• E’ noto che la conoscenza ha delle caratteristiche di
bene pubblico che richiedono un qualificato e
pervasivo intervento dello Stato. Per esempio, come
ha sottolineato recentemente anche il capo del
governo, non vi può essere sviluppo economico senza
un patto educativo.
• Il punto su cui vorrei concentrarmi è tuttavia un altro.
L’economia ad alta intensità di conoscenza si è venuta
affermando a livello globale con delle specifiche
caratteristiche che hanno portati a una profonda crisi
dell’economia italiana. Da questa crisi possiamo uscire
solo con un intervento pubblico adeguato al nuovo
quadro dell’economia mondiale.
Tre fasi dell’economia italiana
1) Dal dopoguerra alla crisi degli anni 70.
(Grande industria, intervento pubblico e rapido sviluppo economico
fino alla crisi degli anni 70 legata alle lotte operaie e agli shock
petroliferi)
2) Il modello degli anni 80
(Distretti industriali e flessibilità produttiva: il modello italiano di
piccolo e bello come nuovo paradigma di organizzazione della
produttiva)
3) La crisi degli anni 90 (ancora in corso)
(Privatizzazioni e palese svantaggio italiano dell’economia italiana
dovuto all’assenza di grandi imprese)
Il mito del modello italiano degli anni 80
• Negli anni 80 il modello italiano basato su piccole imprese e
distrette sembra essere la risposta ideale alla fine del
fordismo.
• La flessibilità delle macchine a controllo numerico e la
conoscenza diffusa esistenti nei distretti industriali italiani
sembrano assicurare un forte vantaggio competitivo.
• In altre parole il modello italiano sembra essere uno di
quelli che meglio risponde alla nuova economia a alta
intensità di conoscenza.
• Per comprendere i motivi della crisi di questo modello
italiano dobbiamo risalire alla mutazione del capitalismo
che parte dagli Stati Uniti negli anni 80 e si estende a tutta
l’economia mondiale negli anni 90.
La privatizzazione della conoscenza.
• Proprio nel 1980 viene emanato il Bayh Dole Act che
disciplina lo sfruttamento commerciale privato della ricerca
pubblica.
• Contrariamente ai miti neo-liberisti gli Usa hanno sempre
avuto una politica industriale pubblica molto attiva. Essa è al
di sopra di ogni discussione solo perché essa si identifica
con la politica di sicurezza nazionale.
• Con il Bayh Dole Act la politica industriale americana porta a
una privatizzazione della conoscenza a tutto vantaggio delle
imprese nazionali che, spesso con un loro minimo
cofinanziamento, vengono dotate di cospicue entità di diritti
di proprietà intellettuale.
• Nel 1994 con la costituzione del WTO e gli annessi TRIPS si
dà la possibilità di applicare a livello internazionale sanzioni
commerciali contro le violazione dei diritti di proprietà
intellettuale.
1982-1999:
La grande mutazione del capitalismo
Una nuova specie di capitalismo
• Dal 1982 al 1999 i nuovi asset legati alla privatizzazione
della conoscenza diventano la parte più cospicua del
patrimonio delle 500 più grandi imprese S&P.
• In soli 17 anni gli intangible asset, che includono questo
tipo di beni (mentre escludono i beni capitali
tradizionali), sono passati dal 38% allo 84% del valore
complessivo delle imprese.
• L’economia della conoscenza, che sembrava favorire le
piccole imprese del modello italiano degli anni 80,
diventa il contesto in cui prosperano imprese capitaliste
di enormi dimensioni (anche se più per valore dei loro
asset che per il numero di persone che direttamente
impiegano).
Il paradosso della conoscenza
• La conoscenza è un bene non-rivale.
• Se viene prodotta come bene pubblico da Stati o da
comunità, l’economia ad alta intensità di conoscenza
costituisce un ambiente ideale per piccole imprese. Esse
possono usare simultaneamente il capitale intellettuale
nella forma di bene pubblico e risparmiare sugli alti costi
fissi che comporterebbe un uso intensivo di capitali
tangibili.
• Invece l’appropriazione privata della conoscenza rende il
capitale intangibile una fonte praticamente inesauribile di
economie di scala e di scopo e genera monopoli
intellettuali di grande dimensione. Una singola unità di
conoscenza può essere usata, spesso in sinergia con altre
unità di conoscenza, senza deteriorarsi. Nemmeno
l’impianto tangibile più grande e duraturo del mondo
potrebbe mai avere queste caratteristiche!
Circoli virtuosi e viziosi
• Più importanti ancora sono le conseguenze dinamiche della
privatizzazione della conoscenza.
• Le imprese che si trovano ad avere un nutrito portafoglio di
diritti di diritti di proprietà intellettuale hanno un elevato
livello di garanzia di appropriazione delle innovazioni che
richiedono come input queste conoscenze private.
• Esse hanno quindi un elevato incentivo a investire in capacità
innovative che, in un circolo virtuoso, permettono
l’acquisizione di nuovi diritti di proprietà intellettuali.
Un corrispondente circolo vizioso si determina per le economie
che sono prive di diritti di proprietà intellettuali; la loro assenza,
rendendo rischioso l’apprendimento di capacità innovative, ne
limita lo sviluppo e porta proprio a una bassa acquisizione di
diritti di proprietà intellettuale.
L’Italia in un circolo vizioso?
• Mentre agli albori dell’economia ad alta intensità
conoscenza le piccole imprese italiane sembravano
proporsi come un modello da imitare, il rafforzamento dei
diritti di proprietà intellettuale privati ha favorito il
successo di paesi che sono riusciti a coniugare intervento
pubblico nella ricerca e un numero elevato di grandi
imprese innovative.
• Le piccole imprese italiane si sono venute a trovare in un
circolo vizioso in cui l’assenza di proprietà intellettuale
inibisce lo sviluppo di capacità innovative e viceversa le
ridotte capacità innovative limitano l’acquisizione di diritti
di proprietà intellettuale.
• Se il “Sistema Italia” è diventato il fanalino di coda nella
crescita della produttività ciò può essere facilmente
spiegato dalle figure che seguono:
Poche imprese sopra i 250 addetti
Pochi brevetti “triadici”nel 2011 per
abitante (Source OECD 2014)
Bassa spesa lorda in R&D come
percentuale del GDP
Un triangolo vizioso
Due aspetti di un cambiamento possibile
La crisi italiana va quindi vista come la crisi di una economia
inadeguata al contesto globale in cui si muove. Vi sono due
strade per un possibile cambiamento:
1) Agire sul contesto globale.
Naturalmente in questo caso un governo nazionale come quello
italiano ha un potere limitato ma inizieremo da questo punto
anche per chiarire come, essendo la conoscenza un global
common, le politiche nazionali devono necessariamente fare
riferimento a un contesto globale.
2) Modificare le istituzioni nazionali di produzione della
conoscenza.
In questo caso si prende come dato il quadro internazionale e si
cerca di capire come è possibile formulare delle politiche
nazionali che arrestino il declino relativo della economia italiana.
Partiremo dal primo punto………..
Effetti (dis)incentivanti sugli investimenti
• Il rafforzamento dei monopoli intellettuali presenta effetti
incentivanti e disincentivanti sugli investimenti.
• L’effetto incentivante è dovuto alla corsa per assicurarsi le
accresciute rendite monopolistiche.
• L’effetto disincentivante è dovuto ai mancati investimenti
dei concorrenti non solo nella tecnologia monopolizzata
ma anche in innovazioni che richiedono un accesso
complementare a tale tecnologia.
• Mentre l’effetto incentivante è immediato quello
disincentivante si accumula nel tempo mano a mano che
le strade di sviluppo tecnologico vengono (parzialmente)
bloccate.
1970
1980
1990
Year
Global Investments
2000
Global Patents
2010
0
4
Global Patents
5
5.5
6
6.5
500000 1000000 1500000 2000000
4.5
Crisi e monopolizzazione della conoscenza
• L’iniziale effetto incentivante e il successivo effetto
disincentivante del rafforzamento dei diritti di proprietà
intellettuale possono contribuire a spiegare sia il boom degli
investimenti globali negli anni 80 e 90 che il loro declino a partire
dal primo decennio del nuovo secolo.
• La grande depressione è stata spesso spiegata facendo
riferimento a una indigestione di risparmi (saving glut) ma
l’eccesso di risparmi è stato dovuto a una caduta degli
investimenti e non un aumento della propensione al risparmio.
• La monopolizzazione della conoscenza ha determinato delle
quasi-tariffe protezionistiche su alcuni settori e ha spinto verso
una specializzazione delle economie in aree in cui le rispettive
imprese detenevano dei diritti di proprietà intellettuale o in aree
scarsamente redditizie in cui tali diritti erano assenti.
• Al di là del diverso grado di protezione delle diverse economie
l’effetto complessivo della eccessiva protezione dei diritti di
proprietà intellettuale ha comportato una caduta degli
investimenti globali.
Closed Science e Unfair Competition
• Non solo gli USA ma ogni paese ha interesse a
sviluppare una produzione eccessiva di closed science
che rafforzi i monopoli intellettuali detenuti dal
proprio paese.
• Per ogni paese sarebbe conveniente sfruttare la open
science prodotta dagli altri paesi e concentrarsi sulla
produzione di conoscenze appropriabili dal paese
stesso.
• Questo problema di free-riding di ogni paese a danno
dell’altro può essere visto anche come una forma di
unfair competition nel senso che che ogni paese cerca
di ottenere un vantaggio competitivo ai danni d un
altro.
Politiche globali di rilancio degli investimenti
• La open science costituisce il più importante global common della nostra
specie. Visto che una eccessiva monopolizzazione delle conoscenza può
essere anche vista come una forma di unfair competition, istituzioni
come il WTO dovrebbero prevedere delle soglie minime di investimenti
in open science per la partecipazione agli scambi internazionali.
• Gli investimenti pubblici in conoscenza hanno effetti moltiplicativi
maggiori di quelli associati alle politiche keynesiane in situazioni di
disoccupazione delle risorse.
•
E’ anche opportuno intervenire nei casi in cui monopoli intellettuali
pregressi bloccano numerosi investimenti innovativi. Un esproprio che
sblocchi le vie della conoscenza in modo simile a quanto si fa per la
costruzione di strade ordinarie avrebbe effetti moltiplicativi molto forti:
stimolerebbe gli investimenti dell’espropriato che si troverebbe con più
soldi e più concorrenza mentre darebbe un forte incentivo agli investimenti
dei suoi concorrenti.
Politiche nazionali: il caso tedesco
• Diversamente dalle altre istituzioni di ricerca "the
Fraunhofer-Gesellschaft" core purpose is to pursue
knowledge of practical utility" (Fraunhofer 2010, p. 15).
• Il Fraunhofer non é solo attivo in contratti con l’industria
(che sono di solito concentrate su immediate strategie
concorrenziali). Le sue attività riguardano anche "precompetitive research projects delivering future benefit to
industry and society" (Fraunhofer 2010, p. 15).
• Nel rapporto del 2010 si spiega come "The increasing
importance of intellectual property was the trigger for
establishing the Fraunhofer Future Foundation
(Fraunhofer Zukunftsstiftung)" (Fraunhofer 2010, p. 35).
(Vedi anche: http://www.fraunhofer.de/en.html )
Il Fraunhofer….
………svolge dei compiti per le piccole e medie imprese tedesche che
sarebbero impossibili per organizzazioni di queste dimensioni.
Centralizzando parte delle spese di ricerca e condividendo licenze per i
diritti di proprietà intellettuale il Fraunhofer:
• a) mette insieme diverse conoscenze in un singolo portafoglio di
diritti di proprietà intellettuale e evita gli effetti di blocco reciproco
fra proprietari diversi
• b) incoraggia ogni impresa a sviluppare e usare brevetti
• c) sfrutta, a beneficio delle aziende tedesche, i rendimenti di scala e
di scopo delle diverse unità di conoscenza
• d) grazie alla sua strategia pre-concorrenziale, colonizza con largo
anticipo dei campi di ricerca che promettono di generare proprietà
intellettuale per le imprese tedesche.
• e) grazie al suo largo portafoglio di diritti di proprietà intellettuale
permette di evitare blocchi di imprese straniere alle traiettorie
innovative delle imprese tedesche.
• f) condividendo le spese (e ora anche grazie al tribunale europeo di
Monaco!) difende i diritti proprietari delle imprese tedesche a un
costo unitario legale molto basso.
Una politica industriale italiana
• Grazie alle loro grandi Università (che brevettano sempre di
più), alla loro politica industriale (che va sotto il nome
indiscusso sia a destra che a sinistra di “national security”) e
infine grazie alla elevata dimensione delle loro imprese gli
USA sono il paese meglio attrezzato a competere nel nuovo
capitalismo dei monopoli intellettuali.
• Ciò nonostante per quanto riguarda le piccole imprese anche
gli USA hanno cercato di imitare il Fraunhofer tedesco.
• L’Italia ha poche grandi imprese e poche Università che
brevettano. Il nostro paese deve costruire con urgenza delle
istituzioni che le permettano di competere nel presente
contesto dell’economia globale. Occorre quanto prima
formulare una politica industriale che permetta al nostro
paese di uscire dal triangolo vizioso in cui si trova prigioniera.
Intervento pubblico e monopoli intellettuali
• In un mondo di monopoli intellettuali globali l’intervento
pubblico è necessario per:
(1) Agire sul contesto globale per attenuare il loro crescente
effetto negativo su tutte le economie e
(2) Modificare le istituzioni nazionali di produzione della
conoscenza per assicurare una traiettoria di sviluppo
tecnologico che non sia bloccata dai grandi detentori di
monopoli intellettuali.
• Questo nuovo tipo di intervento pubblico è importante per
ogni economia. Ma per l’Italia esso si pone con particolare
urgenza. Il modello degli anni 80 si basava su una conoscenza
informale non proprietaria prodotta anche gratuitamente dai
vari Stati nazionali. Questo modo di produzione della
conoscenza è da tempo in crisi. E’ bene che l’Italia ne prenda
atto anche con adeguati interventi dello Stato.
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Presentazione di PowerPoint - Ripensare la cultura politica della