Misurare e valutare
Presentazione 2 La misurazione
Letture su questa UD (da Benvenuto /
Giacomantonio, testo scaricabile sul sito)
1) A. Visalberghi, Misurazione e
valutazione, pp. 24-28
2) M. Gattullo, Le funzioni del controllo
scolastico, pp. 60-68
3) B. Vertecchi, Funzioni della valutazione,
pp. 69-77
Qualche considerazione introduttiva
La misurazione ci consente di attribuire a concetti astratti (come la
preparazione di Caio in matematica al termine del primo quadrimestre)
alcune proprietà del sistema numerico
Come abbiamo visto questa riduzione empirica svolge una preziosa funzione
all’interno del più generale processo di valutazione (anche se non va confusa
con esso)
Legare concetti astratti a indicatori empirici è un’operazione complessa e
richiede l’osservazione di determinati passaggi. Spesso tale complessità non
viene colta e i passaggi non vengono tenuti in considerazione. In tal caso
abbiamo misure inaccurate, che compromettono l’intero processo di
valutazione con pesanti ripercussioni sull’apprendimento dei soggetti coinvolti
Prima di affrontare i passaggi da seguire nella misurazione, vorrei ripartire dai
problemi affrontati da Visalberghi in “Misurazione e valutazione”. Rileggiamo
con attenzione il passaggio seguente…
A. Visalberghi, Misurazione e valutazione nel processo educativo, 1955
«Non c’è nessuna ragione di fondo per cui la misura
intesa come operazione di conteggio o confronto non
debba accompagnarsi con la misura intesa come abito di
equilibrio e discrezione.
Si potrebbero fare, è vero, sottili analisi circa l’origine
classica dei due significati ed il loro uso rinascimentale,
ma non crediamo che i risultati sarebbero in contrasto
con la semplice osservazione di buon senso che l’abito
stesso del misurare, implicando l’attitudine a vedere un
più ed un meno dove il giudizio affrettato scorge qualità
assolute è esso stesso un abito di riflessività, di
moderazione e di prudenza».
Tre considerazioni sulle parole di Visalberghi
Queste parole ci mettono in guardia contro un uso
squilibrato della misurazione in educazione.
E lo fanno all’interno di un lavoro che, nel complesso,
difende le ragioni di un uso (misurato) del testing.
Ci ricordano che una buona misura costituisce, al
massimo, una buona approssimazione, ma non esaurisce
quel che intendiamo misurare.
Tre considerazioni sulle parole di Visalberghi
Il richiamo al “vedere un più e un meno” da parte di chi
misura rovescia il luogo comune che assegna a chi propone
un approccio scientifico o quantitativo la tendenza a operare
eccessive semplificazioni della realtà.
Per Visalberghi, al contrario, affrontare scientificamente le
questioni educative equivale a farsi carico delle loro
complessità e la misura è chiamata ad arricchire e a rendere
più ricco il nostro giudizio di valore.
Tre considerazioni sulle parole di Visalberghi
Si tratta di un approccio che rispecchia una visione della
scienza in linea con il tramonto dell’idea che riteneva
possibile considerare i dati indipendentemente dalle
teorie e dai valori.
Da questo punto di vista appare evidente la distanza tra
questa visione matura e quella pseudoscientifica
proposta (oltre mezzo secolo dopo!) da Tremonti (cfr.
Presentazione precedente, slide 4) improntata a un
induttivismo ingenuo.
Purtroppo, come vedremo nel corso di altre unità
didattiche, negli ultimi anni è la visione pseudoscientifica
a guidare le politiche relative alla valutazione educativa.
Il ruolo della misurazione
VISALBERGHI
Nonché sopprimere la valutazione, la
misurazione nasce dalla valutazione e nella
valutazione confluisce. Essa mantiene però
una provvisoria ma nettissima autonomia
che le permette di raggiungere una
precisione ed un'attendibilità altrimenti
impossibili.
GATTULLO
1) Definizione dell’oggetto della
valutazione.
2) Misurazione / accertamento.
3) Valutazione (interpretazione della
misurazione / accertamento)
Il ruolo della misurazione
• Come visto (cfr. Visalberghi, Gattullo) la misurazione assume una
posizione intermedia nel processo di valutazione educativa.
• Essa lo sostiene attraverso la raccolta di informazioni affidabili sulla
distanza che intercorre tra uno stato di cose osservato (per
esempio: le conoscenze di uno studente in un dato momento del
corso) e uno auspicato (per esempio: le conoscenze che a quel
punto del corso dovrebbe possedere)
• Questo significa che prima di misurare dobbiamo avere idee chiare
rispetto a quel che ci interessa conoscere.
Prima il perché
“Troppo spesso ci chiediamo di misurare qualcosa senza affrontare la questione
di che cosa potremmo fare con le misure una volta ottenute.
Noi vogliamo sapere come, senza porci il problema del perché. Io spero di poter
dire, senza irriverenza, cercate prima ciò che serve ai vostri bisogni e tutte le
altre cose vi saranno date di conseguenza”.
A. Kaplan, The Conduct of Inquiry, 1964.
Cit. in P. Lucisano, Misurare perché e come, in P. Lucisano (a cura di), Lettura e
comprensione, 1989
A. Visalberghi, Misurazione e valutazione nel processo educativo, 1955
Noi dobbiamo domandarci non già quali tipi di
prove siano più «calde» ed umane, ma quali tipi
di prove servano meglio ai fini di un giudizio
impegnativo e motivato ricco di conseguenze
pratiche importanti. E che deve perciò essere
giusto ed obiettivo quant’è possibile.
Prima il perché
In poche parole, prima di scegliere o
costruire uno strumento di misura
dobbiamo avere chiaro a quale scopo ci
serve.
In quale tipo di processo di valutazione
impiegheremo le misure rilevate?
Si tratta di valutazione diagnostica,
formativa o sommativa?
In quale momento del percorso stiamo
valutando?
Le misure che usiamo come docenti
Come docenti, spesso diamo i numeri.
Le nostre valutazioni si esprimono come misure che di
solito hanno un’espressione numerica (18… 30
all’università o 6… 10 a scuola), talvolta sono
rappresentate da una lettera (C…A). Altre volte da un
giudizio (sufficiente… ottimo).
Di solito queste forme sono intercambiabili, cosa che
sanno benissimo le migliaia di docenti della scuola
primaria che hanno convertito facilmente i loro giudizi
in voti, annullando così buona parte degli effetti
deleteri che avrebbe avuto la pretesa rivoluzione
gelminiana sostenuta da Tremonti.
Le misure che usiamo come docenti
Questa intercambiabilità dovrebbe
metterci in guardia dal credere che
per il sol fatto di esprimere
numericamente un concetto si stia
operando quantitativamente. O,
viceversa, dal ritenere che per il
sol fatto di esprimere giudizi si
operi con delle qualità.
Così, la questione tra quantitativo
e qualitativo è mal posta. D’ora in
poi parliamo di misurazione
quando quando classifichiamo
individui e/o fenomeni.
Le qualità, se esistono, sono da noi
conoscibili (aggredibili, comprensibili)
soltanto mediante l’utilizzazione di
procedure e categorie di tipo quantitativo.
Gattullo, M. (1989), «Quantitativo e
qualitativo in educazione e nella ricerca
educativa», Scuola e Città, n. 4, 158-162.
Proseguiamo definendo il processo di misurazione
e descrivendo sinteticamente le scale di misura…
P. Lucisano, A. Salerni, Metodologia della ricerca in
educazione e formazione, 2003
La misurazione ha l’obiettivo di consentire una stima sulla base
di un sistema di riferimento condiviso delle informazioni sulle
quali si intende operare o che debbono essere considerate ai
fini di formulare un giudizio.
Definiamo misura diretta quella operazione che si effettua
confrontando la grandezza da misurare con un’altra grandezza
ad essa omogenea, presa come campione.
Carmines e Zeller (1979) ritengono più appropriato definire la
misurazione come un processo nel quale vengono collegati
concetti astratti ad indicatori empirici, cioè un processo che
comporta un esplicito e organizzato piano per classificare e/o
per quantificare.
Carmines, Edward G., and Richard A. Zeller (1979). Reliability and
Validity Assessment.
P. Lucisano, A. Salerni, Metodologia della ricerca in
educazione e formazione, 2003
Le scale di misura
Nella misurazione, attribuiamo dei valori numerici a oggetti o ad
eventi secondo regole che permettono di rappresentare caratteri
degli oggetti o eventi in questione con proprietà del sistema
numerico.
In teoria, alle variabili di tipo qualitativo possiamo assegnare solo
nomi e non numeri, tuttavia nella pratica è comune etichettare
variabili qualitative con numeri.
E' necessario ricordare però che in questi casi i numeri non hanno le
proprietà del sistema numerico.
Una distinzione comunemente adottata è quella che divide le scale
di misura in quattro categorie.
NOMINALI
ORDINALI
DI RAPPORTI
A INTERVALLI
Le scale nominali
Il tipo di misura più elementare è quello basato su scale
nominali. Gli elementi che sono oggetto della misurazione
possono essere solo raggruppati in categorie, distinguibili ma
non ordinabili gerarchicamente.
Un esempio di scala nominale è quella basata sulla nazionalità
o sul credo religioso (nessuna persona sana di mente
pretenderebbe di ordinare gerarchicamente gli individui sulla
base della nazionalità o del credo religioso)
Le scale ordinali
In una scala ordinale gli elementi sono raggruppabili in categorie tra cui è possibile
stabilire una relazione di ordinamento gerarchico
Così, a differenza delle scale nominali, quelle ordinali consentono di ordinare
gerarchicamente gli individui in relazione al fatto che possiedano in certa misura una
caratteristica
C
B
A
Tuttavia la scala non definisce quanto un elemento dista dall'altro. Sappiamo che A è
maggiore di B ma non sappiamo quantificare la distanza tra A e B né quella tra B e C.
La relazione viene indicata con l’espressione “maggiore di” e con la notazione ‘>’ .
Un esempio di scala ordinale è quella basata sui titoli di studio: sappiamo che una Laurea
è gerarchicamente sovraordinata rispetto a un diploma di scuola secondaria di secondo
grado. Ma non siamo in grado di stabilire la differenza tra i due titoli, né se la distanza tra
essi è maggiore o minore rispetto a quella esistente tra il diploma e una licenza di scuola
secondaria di primo grado.
Le scale a intervalli
Quando una scala ha tutte le caratteristiche di una
scala ordinale ed è inoltre possibile stabilire la distanza
tra ciascuna coppia di elementi si parla di scala a
intervalli.
Questo richiede che venga definita una unità di
misura come riferimento comune con cui esprimere
gli intervalli e che questa misura sia replicabile, cioè
ripetibile ottenendo lo stesso risultato. L’unità di
misura e lo zero di tale scala sono arbitrari.
Un esempio di scala a intervalli è la temperatura
misurata coi gradi centigradi
Con queste scale è possibile calcolare media e
deviazione standard.
Le scale di rapporti
Le scale di rapporti oltre alle caratteristiche delle scale ad
intervalli hanno un punto zero assoluto, cioè fisso, non
arbitrario.
Un modo di accertare se stiamo utilizzando una scala di
rapporti è dunque provare a pensare se possiamo usare lo
zero. Di norma queste scale non hanno numeri negativi.
Operazioni ammissibili: tutte!
Un esempio classico di scala di rapporti è l'età di una
persona o il suo peso: non si può essere più giovane di zero
o pesare meno di zero.
Concludiamo qui la lezione (ma riprenderemo più avanti a
parlare di misurazione!) con una domanda alla quale vi
chiedo di rispondere, argomentando, nel forum.
Secondo voi, le misure che da docenti potete utilizzare (dopo
un’interrogazione, un tema, un test, ecc.) in quali delle
quattro scale rientrano?
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La misurazione - Cristiano Corsini