LA SPECIAZIONE La formazione di nuove specie Abbiamo osservato in cosa consiste l’evoluzione e quali siano i suoi meccanismi, in particolare la selezione naturale. Tuttavia non abbiamo analizzato quando si origina la differenza tra un “organismo con mutazioni” e una nuova specie. Inoltre quale è il rapporto tra le mutazioni di piccola entità rispetto a quelle di vasta portata? Ossia il rapporto tra la macroevoluzione e la microevoluzione? Queste discussioni animano ancora oggi la biologia ma prima di analizzarle è utile dare la definizione di “specie”. Prima di parlare di speciazione bisogna definire il concetto di specie. Non basta l’aspetto fisico per distinguere due specie: negli animali infatti esemplari di specie diverse si assomigliano ovvero esemplari della stessa specie sono molto differenti. In base al criterio utilizzato i biologi hanno fornito quattro definizioni di specie: la specie biologica, la specie morfologica, la specie ecologica e la specie filogenetica. Sturnella magna Homo sapiens sapiens Sturnella neglecta Prima di parlare di speciazione bisogna definire il concetto di specie. Non basta l’aspetto fisico per distinguere due specie: negli animali infatti esemplari di specie diverse si assomigliano ovvero esemplari della stessa specie sono molto differenti. In base al criterio utilizzato i biologi hanno fornito quattro definizioni di specie: la specie biologica, la specie morfologica, la specie ecologica e la specie filogenetica. La specie biologica è una popolazione o gruppo di popolazioni i cui membri possono potenzialmente incrociarsi fra loro e produrre individui fertili. La specie morfologica distingue le specie sulla base ai loro caratteri fenotipici. La specie ecologica identifica le specie in base agli habitat che occupano. Infine secondo il concetto di specie filogenetica una specie è un gruppo di organismi con una storia genetica simile. Perché si possa produrre una nuova specie: 1. Le popolazioni devono subire cambiamenti genici tali da impedire l’accoppiamento con altre specie o renderne ibrida la prole. 2. Lo scambio genico (migrazioni) tra esse è impedito e si parla di isolamento delle popolazioni. Se il blocco del flusso genico è dovuto all’insorgere di una barriera geografica tra le popolazioni si parla di speciazione allopatrica. 1. 2. 3. 4. Formazione di una barriera geografica invalicabile Aumento della divergenza genica tra le due popolazioni Quando la barriera viene rimossa le popolazioni si incontrano di nuovo Se le differenze geniche impediscono l’incrocio si può parlare di formazione di due specie separate. Se una le specie cellula appartengono uovo duplicaad i suoi unacromosomi stessa areama geografica, non si divide in questo diventacaso si parlerà di speciazione tetraploide. Gli individui simpatrica. tetraploidi sono più vigorosi e in grado di formare Caratterizza gameti vitali. maggiormente Tuttavia la generazione le piante. successiva è sterile. Il flusso genico è limitato principalmente dall’isolamento ecologico e dalle aberrazioni cromosomiche. Le aberrazioni cromosomiche sono alterazioni nel numero di cromosomi durante la meiosi. Si formano così coppie multiple di cromosomi e si parla di poliploidia. Una volta che la specie si è formata, deve rimanere isolata riproduttivamente. E’ ovvio che una rana non potrà mai accoppiarsi con una mosca o una pianta ma cosa lo impedisce a organismi appartenenti a specie simili? In questo coso interviene qualcosa che impedisce la riproduzione, una barriera riproduttiva. Queste barriere, che isolano i pool genici delle specie, possono essere suddivise in prezigotiche o postzigotiche. Le barriere prezigotiche impediscono l’accoppiamento o la fecondazione: 1. L’isolamento temporale; 2. L’isolamento ambientale; 3. L’isolamento comportamentale; 4. L’isolamento meccanico; 5. L’isolamento gametico. Le barriere post zigotiche agiscono dopo la formazione degli zigoti ibridi: 1. Non-vitalità degli ibridi; 2. Sterilità degli ibridi; 3. Degenerazione degli ibridi. Per spiegare l’aumento della divergenza genica ci sono due modelli: 1. L’accumulo graduale di piccole mutazioni 2. L’improvvisa comparsa di grandi mutazioni. Secondo il primo modello, due popolazioni accumulano numerose piccole mutazioni che coinvolgono geni singoli. Il secondo modello parte dall’idea che avvenga una mutazione ad uno o più geni regolatori o che avvengano mutazioni cromosomiche che coinvolgono molti geni. L’evoluzione è un processo inarrestabile ma non è costante nel tempo e analizzando i fossili si possono notare periodi di speciazione accelerata. Un esempio di questo è la radiazione adattativa. Più popolazioni di una specie invadono habitat differenti svolgendo differenti ruoli in quell’ambiente e rispondendo così a diverse pressioni selettive. La radiazione adattativa ha due cause: 1. Una specie può imbattersi in un’ampia varietà di habitat diversi non occupati e in assenza di competitori esterni; 2. Una specie sviluppa un adattamento migliore che le permette di superare altre meno adattate. Non sempre la selezione naturale porta all’adattamento. Può accadere che conduca alla morte di tutti i membri di una specie e ne comporti quindi l’estinzione. Secondo gli scienziati il 99,9% delle specie è ormai estinto. Sono due i fattore che sembrano portare all’estinzione una specie: la distribuzione localizzata e la superspecializzazione. Altre cause dell’estinzione sono connesse all’interazione con altri organismi: 1. La lotta con altre specie per sfruttare le risorse 2. L’arrivo di nuove malattie o parassiti che portate da una specie resistente 3. La distruzione dell’habitat. Due modelli evoluzionistici: 1. Modello gradualistico: la speciazione si verifica per accumulo di variazioni geniche tra popolazioni, che si differenziano poco per volta diminuendo gli incroci. 2. Modello degli “equilibri intermittenti”: la speciazione è un fenomeno rapido prodotto da pochi mutamenti a carico dei geni regolatori. Fino a questi rapidi mutamenti la specie rimane in equilibrio senza subire mutazioni.