Università di Urbino Dipartimento di Economia, Società, Politica Scuola di Economia sede di Fano A.A. 2014/2015 DIRITTO DEL LAVORO Natalia Paci CORSO ESTIVO 2015 LEZIONE 1 Sintesi diritto sindacale 1 IL DIRITTO DEL LAVORO Il diritto sindacale: una partizione del diritto del lavoro Partizioni del diritto del lavoro 1. Rapporto individuale di lavoro (diritto del lavoro in senso stretto) 2. Diritto sindacale 3. Previdenza sociale 2 LO SVILUPPO DEL DIRITTO SINDACALE IN ITALIA Sviluppo tardivo. Rivoluzione industriale in Italia: dalla seconda metà del 1800. Nel nord Italia primi grossi nuclei industriali ed agglomerati urbani, con persone che vivono in stato di miseria e lavorano in condizioni penose. La c.d. Questione sociale. Il neonato Stato italiano (1861) si limitò ad estendere lo Statuto albertino (codice penale sardo) che prevedeva come reato ogni forma di coalizione degli operai (come dei datori). Ciò non ha impedito l'inarrestabile crescere del c.d. Quarto Stato, dotandosi di rappresentanza sindacale e politica. Società di mutuo soccorso (L. n. 3818/1886), leghe di resistenza, Camere del Lavoro (1891): prime forme di organizzazione collettiva degli operai (questi si dotano anche di propri partiti: partito operaio italiano -1885- partito dei lavoratori italiani -1892poi partito socialista italiano-1895-). In questa fase si radica il sindacato (1901 nasce la FIOM, nel 1906 la Cgil) e si afferma il contratto collettivo. Legislazione sociale è la preistoria del diritto del lavoro. L. n. 3 3657/1886: legge sul lavoro dei fanciulli. Codice Zanardelli (1889) mette fine alla repressione penale (non civile). IL PERIODO CORPORATIVO FINE DELLA LIBERTA' DI ORGANIZZAZIONE FINE DELLA LICEITA' DELLO SCIOPERO SISTEMA PUBBLICISTICO CONTROLLATO DALLO STATO ISTITUZIONE DELLE CORPORAZIONI E DEL CONTRATTO COLLETTIVO CORPORATIVO 4 IL CONTRATTO COLLETTIVO CORPORATIVO La funzione: Nel contratto collettivo (nazionale) corporativo trova espressione la solidarietà tra i vari fattori della produzione (capitale e lavoro) mediante la conciliazione di opposti interessi dei datori e dei lavoratori e la loro subordinazione agli interessi superiori della produzione nazionale Natura: Contratto di diritto pubblico, fonte del diritto come la legge, tipico e nominato, disciplinato dalle norme del libro V del codice civile Efficacia: Erga omnes come la legge (art. 2070 c.c.) Inderogabile con efficacia reale (art. 2077 c.c.) 5 LA COSTITUZIONE DIRITTO DI SCIOPERO ART. 40 COST. Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano 6 LA LIBERTA' SINDACALE ART. 39 COST. L’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. E’ condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. 7 CONTENUTO DELLA LIBERTA’ SINDACALE: ART. 39, 1° COMMA, COST. I profili individuali: I profili collettivi Libertà sindacale positiva Libertà di organizzazione Libertà sindacale negativa Libertà di azione 8 LA MULTIDIREZIONALITA’ DELLA LIBERTA’ SINDACALE La libertà sindacale nei La libertà sindacale nei confronti dei pubblici confronti del datore di poteri lavoro 9 LO STATUTO DEI LAVORATORI E' il più importante intervento legislativo, a garanzia delle libertà individuali e collettive dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Legislazione di sostegno e non di regolamentazione del sindacato, in un’ottica di attuazione (titolo II) e sviluppo (titolo III) dell’art. 39, 1° co., Cost. Titolo II: la libertà sindacale nei luoghi di lavoro; Titolo III: l’attività sindacale nei luoghi di lavoro. 10 LIBERTA’ SINDACALE (Titolo II St. lav.) Artt. 14-18 Della libertà sindacale Art. 14 Diritto di associazione e di attività sindacale • Trasposizione dell’art. 39, primo comma, Cost. nei luoghi di lavoro. • Previsione di un plafond garantistico per qualsiasi momento organizzativo collettivo. • Il limite della salvaguardia del normale svolgimento dell’attività aziendale. • Contenuti individuali e collettivi del diritto: impossibilità del datore di ingerirsi nella vita interna dei sindacati (v. P. Macerata, 10.02.1995, in FI, 1996, I, 724). • Libertà sindacale nei luoghi di lavoro e pluralismo sindacale con l’unico limite dell’art. 18 Cost. (liceità; non segretezza). Art. 15 Atti discriminatori • I motivi discriminatori vietati: tassativi o esemplificativi? Per molto tempo ha prevalso la prima opinione, ma in senso diverso Cass. 1.02.1988, n. 868, in RGL, 1988, II, 354; P. Nola, 5 agosto 1994, in OGL, 1995, 716. Divieto di discriminazione non equivale a parità di trattamento Atti e patti vietati: • fattispecie aperta e solo teleologicamente determinata • Deve tuttavia trattarsi di atti dotati di rilevanza giuridica (non ad es. una minaccia) Scarsa utilizzazione della norma (vedi infra, slides successiva). Art. 16 Trattamenti economici collettivi discriminatori Trattamenti economici collettivi: vietati ad es. i premi antisciopero Artt. 15 e 16: Atti omissivi: rifiuto di assumere, di promuovere, di concedere trattamenti economici La scarsa utilizzazione degli artt. 15 e 16: Preferito l’art. 28. Motivi? Maggiore ampiezza (comportamenti e non solo atti) Azione collettiva (sindacato e non singolo lavoratore) Sanzione più efficace (cessazione del comportamento e non nullità dell’atto) Art. 17 Sindacati di comodo Il fenomeno vietato • La condotta datoriale: atti di favoritismo, corruzione, collusione, finanziamento • La sanzione: Ricorso ex art. 28 St. lav., ma non allo scopo di ottenere una radicale eliminazione dell’organizzazione sindacale illegittimamente sovvenzionata. Art. 18 Reintegrazione nel posto di lavoro E’ la norma di tutela contro il licenziamento illegittimo: Rinvio (v. seconda parte del programma: il rapporto di lavoro subordinato) LA MANCATA ATTUAZIONE DELL’ART. 39,SECONDA PARTE, COST. Le ragioni storiche La contrarietà della CISL e della UIL che sarebbero risultate minoritarie nella rappresentanza unitaria. L’estrema complessità e rigidità del meccanismo La diffidenza per un controllo statale del sindacato in sede di registrazione (soprattutto dopo il d.d.l. Rubinacci, che ingabbiava il sindacato, la contrattazione collettiva e lo sciopero in un rigido sistema di regolamentazione e controllo statuale) La contrarietà della stessa Confindustria preoccupata di veder scardinato il sistema accentrato di relazioni sindacali che era andato sviluppandosi fino a quel momento sulla base dei reali rapporti di forza I governi dei primi anni ‘50 capirono che l’assenza di una legge sindacale non avrebbe impedito il controllo sul movimento sindacale. In quegli anni alla repressione dei conflitti e dell’attività sindacali corrispose, sul piano giudiziario, l’orientamento restrittivo dei giudici in tema di sciopero (divieto di sciopero politico e delle forme anomale di lotta sindacale) La stessa dottrina giuslavoristica cominciò a mettere definitivamente da parte le vecchie categorie corporative, valorizzando l’inquadramento privatistico ed il sistema sindacale di fatto che andava ormai consolidandosi in quegli anni 17 IL C.D. SISTEMA SINDACALE DI FATTO Data l’assenza di una legge ad hoc in materia di sindacato e contrattazione collettiva, attuativa dell’art. 39, seconda parte, Cost., se si eccettua il settore pubblico (v. D.Lgs. n. 165/2001), il nostro sistema sindacale si regge su: l’art. 39, c. 1, Cost. e, quindi, sul principio del pluralismo sindacale (fermo restando, naturalmente in tema di conflitto, l’art. 40 Cost. e la L. n. 146/1990 per lo specifico ambito dei servizi pubblici essenziali); le norme del codice civile (libro IV, tit. II e alcune norme del libro V, tit. I, capo III sul contratto collettivo corporativo, debitamente rilette e adattate dalla giurisprudenza); l’art. 19 St. lav. (sulla rappresentanza e la rappresentatività nei luoghi di lavoro ai fini del godimento dei diritti sindacali); vari accordi sindacali (Protocolli triangolari, Accordi interconfederali stipulati dalle maggiori confederazioni e associazioni sindacali unitariamente, salvo alcune eccezioni): Protocollo del 23 luglio 1993; Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993; Accordo quadro del 22 gennaio 2009 (senza la firma della CGIL); Accordo interconfederale del 15 aprile 2009 (senza la firma della CGIL); Accordo interconfederale del 28 giugno 2011; Accordo 21 settembre 2011. LA “PRIVATIZZAZIONE” DEL DIRITTO SINDACALE LE CONSEGUENZE: IL DIRITTO SINDACALE ITALIANO TROVA FONDAMENTO NELL’ART. 39, 1° COMMA, Cost. e NELLE NORME DEL CODICE CIVILE IL SINDACATO E’ UN’ASSOCIAZIONE NON RICOSCIUTA IL CONTRATTO COLLETTIVO E’ UN CONTRATTO C.D. DI DIRITTO COMUNE 19 RAPPRESENTANZA E RAPPRESENTATIVITA’ SINDACALE RAPPRESENTANZA: Tutti i sindacati hanno la rappresentanza sindacale dei loro iscritti. Grazie al mandato che ricevono dal lavoratore con l’iscrizione. RAPPRESENTATIVITA’:Solo taluni sindacati hanno la rappresentatività sindacale. La rappresentatività sindacale è, infatti, la capacità del sindacato di essere rappresentativo della generalità dei lavoratori (iscritti e non). Tale rappresentatività è data dalla forza, consistenza ed “affidabilità” del sindacato nel panorama nazionale. Utilizzo di tale criterio per: nell’art. 19 st. selezionare i sindacati a cui attribuire i diritti sindacali in azienda (ex titolo III Statuto); nella legislazione c.d. deregolativa o di rinvio o nella legislazione che ha attribuito a questo sindacato poteri di partecipazione e controllo su alcune scelte aziendali che hanno ricadute gravi sui lavoratori (es: licenziamenti collettivi, cassa 20integrazione, IL SINDACATO MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVO Il legislatore ha a lungo scelto come esclusivo destinatario delle norme di sostegno sindacale, in particolare dalla vecchia versione dell’art. 19 Statuto (ma anche da altre leggi), il sindacato definito “maggiormente rappresentativo”. Il concetto di maggiore rappresentatività è stato così specificato dalla giurisprudenza: 1) criteri quantitativi: numero iscritti 2) criteri qualitativi: nazionalità intercategorialità esercizio continuativo di attività di autotutela (sciopero) capacità di influenzare l’assetto politico economico e sociale del Paese. In pratica: criteri che identificavano il sindacalismo 21 confederale (CGIL, CISL e UIL). Statuto Lav. Titolo III - Artt. 19-27 Diritti sindacali e RSA Introduzione di specifici “diritti” allo svolgimento di determinate attività sindacali in azienda da parte di sindacati particolarmente qualificati, cui corrisponde un “sacrificio” del datore. Obbligo datoriale di collaborare alla riuscita di talune iniziative del sindacato (es. diritto di assemblea), in quanto ritenute dall’ordinamento meritevoli di particolare sostegno. Inapplicabilità del criterio del normale svolgimento dell’attività aziendale: solo principi di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 cod. civ.), garanzia della sicurezza e dell’incolumità delle persone, nonché della capacità produttiva dell’impresa. I soggetti titolari dei diritti del tit. III: solo RSA (e RSU) Limiti all’applicazione del tit. III: ne resta fuori la piccola impresa (art. 35 St. lav.), dove pertanto il sindacato fatica ad entrare, organizzare i lavoratori e contrattare. 22 ART. 19 – Costituzione delle RSA Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito: a) (delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale); b) delle associazioni sindacali (non affiliate alle predette confederazioni), che siano firmatarie di contratti collettivi (nazionali o provinciali) di lavoro applicati nell’unità produttiva. Modifiche con referendum rappresentatività presunta a valorizzando la forza contrattuale. del 1995: Passaggio da rappresentatività effettiva: 23 LE RAPPRESENTANZE SINDACALI AZIENDALI Le RSA sono rappresentanze dei lavoratori nel luogo di lavoro e sono le uniche titolari dei diritti sindacali previsti dal titolo III dello Statuto dei lavoratori. Sono costituite a iniziativa dei lavoratori: per questo sono organismi di rappresentanza di tutti i lavoratori (iscritti e non al sindacato). Devono però necessariamente essere collegate con il sindacato, cioè formate nel suo ambito. Ciò perché i diritti di cui sono titolari limitano i poteri dell’imprenditore e quindi devono essere limitati i soggetti che ne possono godere e, soprattutto, devono essere considerati soggetti affidabili, cioè rappresentativi (associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, ex art. 19 St.). Campo applicazione Titolo III Statuto: a) soggettivo: no piccola impresa (art. 35 St.); b) oggettivo: i diritti sindacali del titolo III non riguardano sciopero e cont coll: riconosciuti a tutti i soggetti sindacali indipendentemente dalla rappresentatività ex art. 19 St. 24 Nuovo art. 19 St. lav. Abrogazione della lett. a): espunzione della formula del smr dall’art. 19 Abrogazione delle parole “nazionali e provinciali” della lett. b). Muta così il filtro selettivo utilizzato ai fini del raccordo tra RSA e sindacato esterno: diventa quello della sottoscrizione di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva Si esprime un orientamento del tutto opposto a quello del vecchio art. 19, che privilegiava il sindacato confederale o quantomeno quello proiettato sul piano nazionale e provinciale, ma emerge il problema di una rappresentatività condizionata al POTERE DI ACCREDITAMENTO DEL DATORE DI LAVORO. Infatti, con il nuovo art. 19:la rappresentatività si misura sulla base dei rapporti di forza. Ma siamo sicuri che un sindacato, solo per non aver voluto firmare il contratto collettivo, può dirsi non rappresentativo? (V. vicenda FIAT-FIOM e C. Cost. n. 231/2013) Inoltre, poiché l’esercizio dei diritti sindacali segue l’attività negoziale e la sua buona riuscita, l’art. 19 St. lav. esclude la presenza di RSA in tutte quelle unità produttive ove non sia applicato un contratto collettivo. 25 L’art. 19 St. lav. dopo Corte Cost. n. 231 del 2013 La Corte, con pronuncia additiva, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, 1° comma, lett. b), St. lav., nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda. 26 RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE (RSU) Nate con il Protocollo del Luglio 1993 (nel P.I. con il D. Lgs. 165/2001). Carattere elettivo: elezioni aperte a tutti i lavoratori (iscritti e non) sulla base di liste sindacali. Possono presentare liste anche sindacati non rappresentativi ex art. 19 St. purché la propria lista abbia raccolto un minimo di 5% di firme tra i lavoratori dell’unità produttiva. Riserve del terzo: solo 2/3 dei seggi è costituito da membri eletti, il restante terzo è attribuito alle liste dei sindacati firmatari del CCNL applicato nell’unità produttiva, in proporzione ai voti ricevuti. Canale unico di rappresentanza (come RSA): tipico del nostro sistema, per cui confluiscono in una sola struttura i rappresentanti dei lavoratori e quelli del sindacato (sistema misto: elettivo/associativo). Poteri: subentrano alle RSA nell’esercizio dei diritti sindacali ed hanno anche potere di stipulare contratti collettivi 27 aziendali. RAPPRESENTANZA SINDACALE NEI LUOGHI DI LAVORO RSA: strutture (non necessariamente elettive e, quindi, in teoria, anche plurime) disciplinate dalla legge (ma ora anche dall’Accordo interconfederale del 28.06.2011 per quanto riguarda la legittimazione a contrattare e stipulare contratti collettivi aziendali) RSU: strutture (elettive e, quindi, unitarie) disciplinate da Protocolli triangolari e Accordi interconfederali 28 POTERI DELLE RSU • Subentrano alle RSA nell’esercizio dei diritti sindacali, dei diritti di informazione e consultazione (una quota di diritti sindacali resta comunque anche in capo ai sindacati stipulanti il CCNL). • Per l’AI 28.06.2011 le RSU hanno anche il potere di negoziare e stipulare contratti collettivi aziendali. 29 IL CONTRATTO COLLETTIVO DI DIRITTO COMUNE 30 Nozione di contratto collettivo di lavoro Il contratto collettivo costituisce il prodotto dell’attività negoziale E’ il contratto con cui i soggetti collettivi (organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro o singolo datore di lavoro): A. predeterminano la disciplina dei rapporti individuali (c.d. parte normativa) e B. regolano taluni tratti dei loro rapporti reciproci (c.d. parte obbligatoria). 31 Tipi di contratto collettivo Nel nostro ordinamento si sono succeduti, nel tempo, vari tipi di contratto collettivo: Il contratto collettivo corporativo; Il contratto collettivo previsto all’art. 39, comma 2 e ss., Cost. Il contratto collettivo recepito in decreto legislativo ai sensi della legge n. 741/1959 (c.d. legge Vigorelli) Il contratto collettivo di diritto comune (Il contratto collettivo di prossimità ex art. 8 L. n. 148/2011) 32 Il contratto collettivo di diritto comune E’ l’unico oggi vitale. Atipicità del contratto collettivo Mancando una legge attuativa dell’art. 39 Cost., il contratto collettivo di diritto comune è privo di una propria disciplina legislativa. La regolamentazione di questo contratto deriva dalle norme codicistiche sui contratti in generale (artt. 1321 ss. cod. civ.), nonché da alcune norme codicistiche sul contratto corporativo, reinterpretate dalla giurisprudenza ed adattate a questo tipo di contratto. 33 Le problematiche principali del contratto collettivo di diritto comune Riguardano la parte normativa del contratto collettivo: Ambito di efficacia : a chi si applica il contratto collettivo sul piano dei rapporti individuali; Tipo di efficacia : con quale intensità il contratto collettivo espleta la sua funzione regolativa dei rapporti 34 individuali di lavoro L'AMBITO DI EFFICACIA DEL CONTRATTO COLLETTIVO 35 Il problema In assenza di una legislazione attuativa dell’art. 39, seconda parte, Cost., i sindacati non acquistano personalità giuridica: sono liberi di individuare l’ambito delle categorie che intendono rappresentare e, correlativamente, l’ambito di efficacia del contratto collettivo, ma perdono il potere di rappresentanza istituzionale degli appartenenti a tali categorie. In linea di stretto diritto, solo il DATORE DI LAVORO ISCRITTO è tenuto all’applicazione del contratto collettivo nei confronti dei soli LAVORATORI ISCRITTI ai sindacati stipulanti il contratto stesso. 36 La giurisprudenza I giudici hanno cercato di dilatare indirettamente l’ambito di applicazione del contratto collettivo a tutti i datori e lavoratori della categoria produttiva cui si riferisce il contratto stesso. 37 La giurisprudenza (1) Adesione esplicita o implicita Quando le parti nel contratto individuale abbiano esplicitamente rinviato alla disciplina collettiva o ne applichino spontaneamente numerose e significative clausole (Cass.4070/99,NGL,1999, 495). 38 La giurisprudenza (2) Applicabilità ai lavoratori non iscritti Il datore di lavoro iscritto è tenuto ad applicare il contratto collettivo anche ai lavoratori non iscritti che lo richiedano. Egli è ben consapevole che i contratti collettivi, sia nella lettera, sia nella struttura, sia nelle loro finalità pacificatorie “rivelano la chiara intenzione delle parti contraenti di considerarli come norma generale di disciplina dei rapporti di lavoro”, in quanto tali “aperti alla generalità dei dipendenti”. 39 La giurisprudenza (3) Art. 2070 cod. civ. Dopo una vivace disputa, è prevalso l’orientamento secondo cui l’art. 2070, comma 1, cod. civ. non opera con riguardo al contratto collettivo di diritto comune e l’individuazione della normativa negoziale applicabile va compiuta attraverso un’indagine sulla volontà delle parti (Cass., S.U., n. 2665/97, GC, 1997, I, 1199). Pertanto, datore e lavoratore ben possono accordarsi per l’applicazione di un contratto collettivo diverso da quello della categoria di appartenenza, purché non ne derivi un trattamento più sfavorevole. L’art. 2070 cod. civ. manterrebbe, così, una funzione residuale, di orientare l’interpretazione, quando il contratto individuale o l’accordo aziendale operino un rinvio solo generico alla contrattazione collettiva senza specificare espressamente a quale contratto le parti abbiano inteso riferirsi. 40 La giurisprudenza (4) Artt. 36 Cost. e 2099 cod. civ. A partire dalla metà degli anni ’50, la giurisprudenza è andata applicando i “minimi tariffari” del contratto collettivo anche ai lavoratori dipendenti da datori di lavoro non iscritti al sindacato stipulante. Lo ha fatto indirettamente, tramite applicazione degli artt. 36 Cost. e 2099 cod. civ. (C. Cost., n. 156/1971, FI, 1971, I, 2113) pur avvertendo che siffatti parametri non sono vincolanti e la decisione può essere fondata su criteri diversi, ad esempio, la particolare natura del lavoro svolto (Cass., n. 7383/96, FI, 1998, I, 3228). 41 La legislazione Vari interventi settoriali si sono succeduti a partire dagli anni ’40, per cercare di estendere l’ambito di efficacia del contratto collettivo oltre i limiti derivanti dall’applicazione dello schema della rappresentanza. Tutti gli interventi legislativi lo hanno fatto indirettamente e, quando ciò non è avvenuto, la Corte Cost. ha provveduto a sancire l’incostituzionalità di quelle leggi per contrasto con l’art. 39, seconda parte, Cost. (v. L. n. 1027/1960). 42 TIPO DI EFFICACIA DEL CONTRATTO COLLETTIVO 43 Il problema • Posto che il contratto collettivo si applica ad un certo lavoratore e ad un certo datore, legati da un contratto individuale di lavoro, c’è da chiedersi con quale intensità la disciplina collettiva operi su queste parti; in quale misura cioè ne vincoli l’autonomia negoziale. • Parlare del tipo di efficacia significa allora occuparsi dei rapporti tra contratto collettivo e contratto individuale. 44 I limiti della teoria della rappresentanza Per diritto comune, il contratto collettivo non potrebbe affatto imporsi sulle parti individuali vincolandole: gli artt. 1723 e 1726 c.c. stabiliscono l’irrevocabilità del mandato collettivo, ma non affermano certo che il mandante debba poi restare fedele alla disciplina pattuita dal mandatario, ben potendo derogarvi. 45 L’art. 2077 c.c. (riferito al contratto corporativo) Si è allora cercato di affermare la vincolatività del contratto collettivo nei confronti delle parti individuali, utilizzando l’art. 2077 c.c., che sancisce l’inderogabilità in peius del contratto in parola ad opera delle parti individuali, con conseguente principio della sostituzione automatica delle clausole peggiorative (c.d. efficacia reale o normativa del contratto collettivo corporativo). Tale contratto collettivo opera, pertanto, nei confronti delle parti individuali “dall’esterno”, alla stessa stregua della legge. Critiche: inapplicabilità dell’art. 2077 c.c. al contratto collettivo di diritto comune, che non può operare come fosse una fonte del diritto, alla stessa stregua del contratto corporativo, cui, infatti, la norma in parola si riferisce. 46 L’art. 2113 c.c. Oggi la regola di inderogabilità in peius dei contratti collettivi è desumibile dall’art. 2113 c.c. (come riformato dalla L. n. 533/1973 sul processo del lavoro), il quale sancisce l’invalidità delle rinunzie e delle transazioni che abbiano “per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi”. 47 Confronto tra contratto collettivo e individuale • Per applicare il principio della inderogabilità in peius, è necessario confrontare contratto collettivo e contratto individuale, sì da verificare se quest’ultimo contenga previsioni peggiorative (pertanto illegittime) rispetto al primo. • Il confronto, però, non va operato clausola per clausola (criterio del cumulo) secondo i giudici, ma deve essere compiuto per istituti (criterio del conglobamento). 48