Tratto da un testo originale di Tommaso Mattei
Interpretato da
Alessandro Preziosi
Colonna sonora di Raffaele Di Fenza e Francesco Lampitelli
Che vigliacco, miserabile
schiavo sono! Non è
mostruoso che questo
attore, fingendo una
passione inesistente,
possa tanto forzare la sua
anima quanto immaginava,
che tutto il suo volto
impallidito, lacrime nei
suoi occhi disperazione
nel suo aspetto la voce
rotta, e tutto in lui dava
forza alla sua idea, la
incarnava. E tutto per
niente.
Fin qui tutto bene. È buio. Quando il canto
del cigno si avvicina saremo morti. Siamo
un unico ma … io … io … io! Il mio
pensiero forse è altro ma posso farlo
passare solo attraverso queste parole per
quanto contraddittorie, parallele,
equivoche possano essere. Pena adesso,
in questo stesso istante il cessare di
pensare. Sei paralizzato, paralizzato dalle
tue parole che continuano a susseguirsi
inesorabili. Dio mio, niente altro che il
corpo come lo si vede. Questo corpo è un
fatto. Un corpo che non smette di essere
anche quando cade l’occhio che vede.
Deve esserci qualcosa che distrugge il
pensiero e che ti lascia così, come si
può dire, in sospeso. Qualcosa di
furtivo che ti toglie le parole che hai
trovato. Che fa diminuire la tensione
della mente, sta distruggendo la
massa del pensiero. La poesia. Si è la
poesia questa molteplicità triturata che
restituisce fuoco ed io sono il
condannato al rogo che fa segni
attraverso le fiamme. E queste grida
che lancio sono sogni, ma sogni che
mangiano i sogni. Antonino: il mio
nome. E l’agonia che ritraggo, se lo
dico non appena saprò come dirlo,
immediatamente vedrete il mio corpo
presente volare in pezzi e in cento mila
noti aspetti un nuovo corpo verrà
assemblato nel quale non riuscirete
più a dimenticarmi.
Ma non ci sono solo io qui.
Siamo tutti noi, con i nostri
sguardi catturati dall’immobilità
e dal silenzio.
Allora io vorrei dire semplicemente: ognun
deve raccogliere questo sguardo e poi … e
poi devo restare ad ascoltare, devo
rassegnarmi alla nostra odiosa ed inutile
resistenza. Alla vostra fierezza, io che sono
così umile ed innocuo. Mi difendo. Mi
difendo. Lascio scorrere, lascio scorrere via,
ma come sento che la voce di un altro mi sta
catturando, un altro che io ho osservato da
uno specchio e mi stupisco quanto … con
quanta naturalezza devo fermarmi. Devo
raggiungere me stesso in quella immobilità.
Accettare che solo per me questo
spettacolo, solo per la mia attrazione è in
atto e per la mia resistenza
… ma … dove sono io? Con quali parole ho parlato fino ad ora?
Dove risiede il significato del mio silenzio? Ed ora dove lo
nascondo? Dove riesco a ricacciarlo ogni volta che sono qui?
Perché non lo capite anche voi e non lo scoprite dietro le mie
parole, dietro ognuna delle pause? Non temete, dopo che sarò
andato via tutto questo non avrà più significato. Dopo che sarò
andato via non resterà nulla da guardare e tutto sarà finito.
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