La metafora e l’agudeza Da Aristotele a Baltasar Gracián Aristotele si occupa della metafora in due opere • Poetica • Retorica (Libro III) In un passo della Poetica (21, 1457b, 1-10) Aristotele definisce la metafora come “il trasferimento ad una cosa di un nome proprio di un’altra o dal genere alla specie o dalla specie al genere o dalla specie alla specie o per analogia.” Per Aristotele la metafora è αλλότριον ονομα In un passo della Retorica (III, 1041ob, 6 ss) Aristotele sottolinea la maggiore capacità mimetica della metafora rispetto alla similitudine “Noi apprendiamo soprattutto dalle metafore. Quando infatti il poeta chiama la vecchiaia “stoppia”, realizza un apprendimento attraverso il genere ; entrambe le cose sono infatti sfiorite. Anche le similitudini dei poeti ottengono lo stesso effetto : se quindi esse sono buone, appaiono spiritose. La similitudine è infatti, come abbiamo detto prima, una metafora che differisce perché vi è aggiunto qualcosa ; perciò essa è meno piacevole, perché ha maggior lunghezza: essa non identifica i due termini, quindi la mente non esamina la relazione.” (trad. Valgimigli) anche Quintiliano nella sua Institutio Oratoria (VIII, 6, 8-9) afferma che “In totum autem metaphora brevior est similitudo, eoque distat quod illa comparatur rei quam volumus exprimere, haec pro ipsa re dicitur. Comparatio est cum dico fecisse quid hominem "ut leonem", tralatio cum dico de homine "leo est.” Nel corso 1600 l’idea aristotelica dell’arte come μίμησις cede il posto ad una nuova riflessione Ne Il Cannocchiale aristotelico (1654-70) Emanuele Tesauro afferma che “ligare insieme le remote e separate notioni degli propositi obietti; questo appunto è l’officio della Metafora, e non di alcun’altra figura: percioché trahendo la mente, non men che la parola, da un genere all’altro, esprime un concetto per mezzo di un altro molto diverso: trovando in cose dissimiglianti la somiglianza” Nel 1648 viene pubblicato in Spagna il testo del gesuita Baltasar Gracián intitolato Agudeza y Arte de Ingenio nel quale lo studioso espone il rivoluzionario concetto di “acutezza” che tanto influenzerà le arti del ‘600 e dei secoli successivi per Gracián l’acutezza deve essere la prerogativa del nuovo intellettuale e deve sottendere tutte le arti, non solo la retorica. L’idea stessa di metafora viene reinterpretato “La principal eminencia desta agudeza de misterio está en dar una razón sutil, por lo exquisito y proporcionado, que arguye vivacidad de ingenio. Esta ha de estar escondida, para que, acrecentando la dificultad, despierte más la atención y solicite la curiosidad. Luego lo extravagante de la solución desempeña gustosamente el discurso. Tiene su especial arte el dar salida a la duda.” (Discurso VI) “Il merito principale di questa acutezza di mistero sta nel dare un messaggio sottile, mediante la squisitezza e la proporzione, che rivela vivacità d’ingegno. Costei deve restare nascosta, cosicché aumentando la difficoltà, risvegli maggiormente l’attenzione e solleciti la curiosità. In seguito la stravaganza della soluzione rivela gustosamente il tema. Il suo maggior talento è quello di sprigionare il dubbio.” e ancora sulla concettosità della metafora “Il vero è tanto più gradito, quanto più irta di difficoltà e più stimata è quella conoscenza cui si arriva pagando dei costi. Sono le nozioni tribolate, più di quelle pacifiche, a soddisfare maggiormente la curiosità e a dare, una volta ottenute, il maggior grado di godimento. È qui che fonda le sue vittorie il discorrere e l'ingegno i suoi trofei” (Discurso VII) mentre Aristotele nella Poetica si era così espresso “l’artificio concettoso consiste in una speciale concordanza, in un'armonica correlazione fra due o tre dati conoscibili espressa da un atto dell'intelletto [...] iI concetto è un atto dell'intelletto che esprime la corrispondenza che si può instaurare tra gli oggetti” (1412 a, 10 ss) gli antichi per Gracián non seppero proporre una riflessione approfondita sull’acutezza “Hallaron los antiguos método al sylogismo, arte al tropo ; sellaron la agudeza, o por no ofenderla, o por desauciarla, remitiéndola a sola la valentía del ingenio. Contentáronse con admirarla, no passaron a observarla, con que no se le halla reflexión, quanto menos difinición.” “Gli antichi trovarono un metodo al sillogismo, arte al tropo; bollarono l’acutezza, o per non offenderla, o per abbandonarla, affidandola solamente alla capacità ingegnosa. Si accontentarono di ammirarla, non si spinsero a osservarla, per cui non c’è una riflessione su di le, quanto meno una definizione.” L’acutezza dell’ingegno per il gesuita si manifesta quindi nella necessità di oltrepassare la semplicità della rappresentazione mimetica “Es la agudeza pasto del alma, ambrosia del espíritu, y hállanse algunos tan cebados en la delicadeza, tan hechos a las delicias del concepto, que no passan otro que sutilezas.” “L’acutezza è cibo per l’anima, ambrosia dello spirito, e se ne trovano alcuni (di pensieri, ndr) così nutriti nella delicatezza, così abituati alle delizie del concetto, che non ne deriva altro che sottigliezze” Il Barocco propone una nuova visione estetica dell’arte, destinata a segnare le epoche successive “L'acutezza si esprime egualmente nella metafora oscuramente concettosa, in un detto pungente, in una favola o romanzo (mithos, narratio) sottilmente allegorici, in un emblema concisamente significativo, in una immagine fermata pittoricamente nel suo momento di massima pienezza semantica, o in un'azione, o semplice gesto, che lascia a bocca aperta, vuoi gli spettatori a teatro (la cui architettura è nel Seicento quasi allusiva del mondo, o della corte, che è poi lo stesso), vuoi quelli che osservano, e cercano di imparare, dal mondo (dal canto suo, sempre più simile a un enorme teatro). E la caratterizzazione della bellezza stessa parte da questa perspicua acuità dell'espressione [..] L'estetica barocca del dilettevole e del non noioso, anticipa e preforma la modernità. Se è vero che il poeta coglie una relazione, ora questa relazione è incerta, insicura, mutevole; e proprio ciò è la garanzia del suo perpetuo ed infinito rinnovarsi. L'espressione acuta, come quella poetica in genere nella modernità, non sarà mai definitiva né stabilita per sempre (il che vorrebbe anche dire divenire facile), non coglie alcunché di permanente: essa sta tutta nel suo illuminare e passare.” (A. Allegra, L’agudeza di Gracian tra metaforica e pragmatica, in G.M. Latini, S. Baldoncini, G.A. Ciotti, Studi in memoria di Giovanni Allegra, 1992)