Il sistema industriale italiano tra
globalizzazione e crisi
Massimo Omiccioli
Banca d’Italia
L’industria italiana e del Mezzogiorno nella crisi economica
Università della Calabria, 19 novembre 2013
Sommario
• Perché
l’industria è importante?
• Quali sono le origini delle difficoltà italiane?
“Non siamo stati capaci di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici,
tecnologici e demografici degli ultimi venticinque anni.”
• I fattori di competitività:
• costo del lavoro, innovazione, struttura industriale, finanza d’impresa, energia
• Quali indicazioni per la politica economica?
Perché è importante occuparsi
del settore industriale
• contributo dell’industria fondamentale
per sviluppo economico dal dopoguerra
• in termini di VA e OCC oggi pesa 20%:
in diminuzione come in tutti i paesi
avanzati, ma settore ancora importante…
Incidenza dell’industria su VA
(valori correnti; in percentuale)
30
28
26
24
22
- 2012: ha prodotto 257 miliardi di VA;
ha occupato 4,7 milioni di addetti
20
18
16
Germania
Spagna
- effettua oltre il 70% delle spese in R&S
del settore privato
14
Francia
Italia
12
Regno Unito
10
93
- contribuisce per quasi 80% all’export:
ruolo decisivo per i conti con l’estero
- traina settore terziario: 40% del valore
dell’export industriale è VA che viene
dai servizi
94
95
96
97
98
99
00
01
02
03
04
05
06
07
08
Fonte: elaborazioni su dati Eurostat
• 2006-07: segnali di ristrutturazione
09
10
11
Difficoltà presenti e passate: esiste
un’unica chiave interpretativa?
La crisi economica più intensa
dalla fine della Seconda Guerra Mondiale
• Rispetto al picco raggiunto nel 2007
il PIL è sceso di quasi 9 punti
percentuali;
Indice generale della produzione industriale
105
100
• a metà 2013 la produzione
industriale risultava inferiore di
circa un quarto al livello pre-crisi
• caduta della produzione molto
intensa anche in settori di
specializzazione
95
90
85
80
Germania
Francia
Italia
Restanti paesi dell'area dell'euro
ge
• performance dell’economia italiana
peggiore di quella di altri
principali paesi europei (Francia e
Germania)
n0
lu 0
gge 00
n0
lu 1
gge 01
n0
lu 2
gge 02
n0
lu 3
gge 03
n0
lu 4
gge 04
n0
lu 5
gge 05
n0
lu 6
gge 06
n0
lu 7
gge 07
n0
lu 8
gge 08
n0
lu 9
gge 09
n1
lu 0
gge 10
n1
lu 1
gge 11
n1
lu 2
gge 12
n1
lu 3
g13
75
Fonte: elaborazioni su dati Eurostat
Le difficoltà dell’economia italiana
vengono da lontano
PIL pro capite
(valore USA=100)
80
• Modesta crescita media annua PIL
pro capite nel periodo 2001-07: 0,7%
75
70
• La flessione produttiva in alcuni
comparti dell’industria è di lungo
periodo
65
Italia
Francia
Germania
Spagna
Regno Unito
60
55
50
90
91
92
93
94
95
96
97
98
99
00
01
02
03
04
05
06
07
04
05
06
08
09
10
11
12
Fonte: Conference Board (2013)
Produzione di elettrodomestici bianchi 1
(migliaia di unità)
Produzione di calzature
(migliaia di paia)
35.000
550.000
500.000
30.000
450.000
400.000
25.000
350.000
300.000
20.000
250.000
200.000
15.000
150.000
100.000
10.000
90
91
92
93
94
95
96
97
98
99
00
01
Fonte: CECED Italia (Rilevazioni statistiche annuali).
Note: (1) Include elettrodomestici per la cottura, il lavaggio, la refrigerazione.
02
03
04
05
06
07
08
09
10
11
90
91
92
93
94
95
96
Fonte: Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani.
97
98
99
00
01
02
03
07
08
09
10
11
Il contesto economico mondiale
è radicalmente cambiato
• Globalizzazione:
- riduzione dazi e restrizioni quantitative al
commercio; smantellamento Accordo
Multifibre
- crescita export cinese: da 1,6% nel 1990 a
11,4% nel 2012 su export mondiale
- effetti quantitativi importanti su
prezzi, profitti e occupazione in Italia
Dazi all’importazione di prodotti manifatturieri
(valori percentuali)
7
6
5
4
3
2
1
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
- forte aumento della domanda di risorse
energetiche dai paesi emergenti
- 2000-2011: prezzo all’import di gas e
petrolio in EU triplicato
1991
• Aumento costi energetici
0
1990
• Integrazione europea/adozione euro:
- maggiore concorrenza nella UE
- impossibilità di recuperare competitività
via svalutazioni
Fonte: Banca mondiale
• Diffusione TIC:
- ha favorito globalizzazione via riduzione costi
di trasporto e comunicazione
- ha sostenuto crescita straordinaria US da fine
anni ‘90
- forte relazione positiva tra investimenti in
TIC e produttività a livello di impresa
Un problema di produttività…
• La produttività è la principale
determinante del PIL pro capite
Scomposizione della crescita del PIL pro capite
6
Variazione del tasso di dipendenza
Crescita del tasso di occupazione
5
• Da metà anni ’90 la produttività ha
segnato il passo
Crescita del PIL per occupato
Crescita del PIL pro capite
4
3
2
• Il peggioramento è evidente in chiave
storica e rispetto ai principali concorrenti…
1
0
-1
• …riflette quello della produttività totale
dei fattori (PTF)
1952-1960
125
120
• Quindi: focus va sui fattori (interni alle
imprese o di contesto) che influenzano
progresso tecnico ed organizzativo
115
1961-1970
1971-1980
1981-1990
1991-2000
2001-2011
Produttività totale dei fattori
France
Germany
Italy
Netherlands
United Kingdom
United States
110
105
100
95
93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11
…e di competitività
6,0
current transfers
income
services
goods
current account
goods net of energy
5,0
4,0
• Perdita quote di mercato mondiale (soprattutto
vs GER): minore capacità di penetrare mercati
asiatici più dinamici
• Perdita quote di mercato interno
5,0
4,0
*
11
10
09
12
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
19
19
19
08
-4,0
07
-3,0
-4,0
06
-3,0
05
-2,0
04
-1,0
-2,0
03
-1,0
02
0,0
01
0,0
00
1,0
99
2,0
1,0
98
2,0
97
3,0
96
3,0
19
• 2000-08: “insoddisfacente” sviluppo del saldo
dei beni non energ. considerando: domanda
mondiale (interna) dinamica (debole); cambio
favorevole (inizio decennio)
6,0
95
deteriorato (in pareggio nel 2000; -3,5% nel
2010)…a causa di (prima) riaggiustamento del
cambio dopo le svalutazioni 1992-95 e (poi)
aumento dei prezzi dell’energia
Conto corrente della bilancia dei pagamenti dell’Italia
19
• Da metà anni ’90 saldo del conto corrente
Fonte: Banca d’Italia e Istat
Quote di mercato mondiale sulle esportazioni di beni
In volumi
120
110
100
• Squilibrio ridotto nel 2011-12 per forte
contrazione importazioni
90
80
70
Italia
Germania
Francia
60
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Fonte: elaborazioni su statistiche nazionali e FMI
2009
2010
2011
Un caveat
• Ai
problemi strutturali di competitività appena descritti occorre
aggiungere gli effetti negativi sul prodotto e sulla produzione
industriale di una perdurante debolezza della domanda
interna
• Nello scorso biennio, l’effetto depressivo derivante dalla
contrazione della domanda interna è stato particolarmente forte a
seguito delle tensioni nel mercato del credito e delle manovre
di finanza pubblica
I fattori di competitività
Il costo del lavoro
• Costo del lavoro: 17% del fatturato dell’industria;
Costo unitario del lavoro
(indice 1998=100)
2/3 del VA
• Aumento CLUP dal 1998: ITA +36%; FRA 31%;
media EA 24%, GER 10% → ridurre i salari per
recuperare competitività?
140
Spain
135
Italy
130
125
• Tuttavia in Italia:
- indicatori di competitività basati sui prezzi:
quadro migliore (riduzione margini di profitto?)
France
120
115
110
105
- redditi da lavoro: si aggiustano al ciclo come in
altri paesi
Germany
100
95
1999
- dal 1998 dinamica dei redditi reali: in linea con
la produttività
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: OECD
- 1/3 del costo del lavoro è per oneri sociali:
- quota dei redditi da lavoro su VA: in linea con
altri paesi (GER: forte riduzione)
- CLUP non tiene conto di altre fonti di costo
(capitale, input intermedi) e del mark-up.
Comunque andamento riflette soprattutto
produttività
retribuzione netta di un lavoratore dip. medio celibe
senza carichi familiari: 52% del costo complessivo
(58% nella EA).
- retribuzione netta in Italia è inferiore del 15% a BE e
FRA, 30% a GER → ridurre costo del lavoro agendo
su cuneo fiscale
2012
Vi è un ritardo nell’innovazione
Spesa in R&S nel 2010
• Letteratura internazionale: legame positivo tra
innovazione/R&S/TIC e produttività
• Ritardo innovativo italiano:
- spesa in R&S: 1,3% in ITA contro 2% UE, 2,8
GER
- molte imprese realizzano innovazioni marginali
senza R&S: meno brevetti e fatturato da prodotti
innovativi per il mercato
• Ritardo anche nell’adozione di TIC:
- Fine anni ‘90: ritardo cospicuo rispetto a USA
nell’adozione TIC di base;
- Oggi: ok per TIC di base…
- … ma ITA sempre lontano da nuova frontiera
tecnologica: % più bassa di individui che usano
Internet, minore diffusione del commercio
elettronico, ritardi nella banda larga
Fonte: Banca d’Italia e Istat
Fonte: OCSE
• Ristrutturazione del sistema produttivo
da indagini sul campo (2006-07):
competizione globale richiede di acquisire
potere di mercato (agendo su: R&S, design,
commercializzazione, assistenza post-vendita)
• Imprese ristrutturate: migliore performance
prima, durante e dopo la crisi
…imputabile alla frammentazione
del sistema produttivo…
Imprese con attività di R&S,
per classe dimensionale, 2007-09
• Dimensione media aziendale (2007): 4
in ITA, 13,3 in GER, 6,4 in UE15
70
• Distribuzione sbilanciata: quota di
occupazione delle imprese con <20 addetti
Italia 2 volte e 1/2 GER; il triplo quella delle
microimprese. Imprese con >250 addetti:
25% occupazione in ITA, 40% in UE, 52%
in GER
Totale
10-49 addetti
60
50-249 addetti
oltre 250 addetti
50
40
30
20
• PMI importanti nel passato per sviluppo
economico ITA grazie a flessibilità
organizzativa e produttiva…
• …oggi però hanno difficoltà a innovare,
adottare TIC, accrescere efficienza,
espandersi su mercati dinamici emergenti
10
0
Francia
Fonte: Eurostat
Germania
Italia
Spagna
…e a una struttura proprietaria e manageriale
incentrata sulla famiglia…
• Nelle economie con più elevata
diffusione di imprese familiari, si
registra minore crescita della
produttività e degli investimenti,
soprattutto nei settori più rischiosi
• Le imprese a gestione
completamente familiare adottano
pratiche gestionali “peggiori”
(gestione accentrata e minor utilizzo di
sistemi di remunerazione individuale
incentivanti)
• Ne risentono negativamente l’attività
innovativa e la capacità di
internazionalizzazione
Quota di imprese a proprietà
e gestione familiare
imprese di
proprietà
familiare
solo imprese familiari:
CEO di
famiglia
management di
famiglia
Francia
80,0
62,2
25,8
Germania
89,8
84,5
28,0
Italia
85,6
83,9
66,3
Spagna
83,0
79,6
35,5
Regno
Unito
80,5
70,8
10,4
Fonte: Bugamelli, Cannari, Lotti e Magri (2012).
Note: “management di famiglia” è una variabile dummy eguale a 1
se il management dell’impresa familiare è costituito per intero da
membri della famiglia proprietaria.
Piccole imprese e distretti industriali
• ITA: vantaggi dei DI a compensare
svantaggi della piccola dimensione: il peso
delle agglomerazioni nell’industria è 3
volte GER e 10 volte FRA
Differenziali di produttività di DI
e aree urbane rispetto agli altri SLL
(valori percentuali)
Intero periodo: 1995-2006
• Globalizzazione e TIC cambiano le regole:
dall’unbundling locale (tipico dei DI)
all’unbundling globale (tipico delle catene
globali del valore)
• Tre effetti: 1) riduzione dei vantaggi di
produttività delle imprese distrettuali;
2) calo del peso del principale comparto
di specializzazione e crescita del peso delle
aziende più grandi; 3) apertura oltre
l’ambito locale
• Vantaggi dell’agglomerazione non sono
scomparsi: aree urbane
Aree urbane
Distretti industriali
Sottoperiodo: 1995-2000
Sottoperiodo: 2001-2006
0,0
2,0
4,0
6,0
8,0
10,0
Fonte: Di Giacinto, Gomellini, Micucci e Pagnini (2012)
12,0
Filiere produttive e catene globali del valore
• La produzione di beni finali è sempre più il risultato di lunghe “catene globali del valore”
(Global Value Chains, GVC): accentuata divisione mondiale del lavoro
• La partecipazione a GVC rappresenta una sfida e un’opportunità per PMI intermedie
italiane:
- accesso a mercato più ampio, diversificazione di committenti e mercati
- forte pressione concorrenziale da paesi a più basso costo del lavoro
• Ampia partecipazione delle imprese italiane alle GVC:
- ampio ricorso a beni intermedi importati dall’estero (simile a GER)
- quota fatturato su committenza elevata (= FRA, superiore a SPA e GER)
• Posizionamento rispetto a GER:
- non eccellente: elevato numero di imprese intermedie (più piccole e meno produttive)
più vulnerabili alle fluttuazioni domanda mondiale
- meno diffuse strategie di internazionaz. e accumulazione capitale umano
- tuttavia elevata eterogeneità: alcune imprese intermedie risultano innovative e
internazionalizzate quanto quelle finali
Problemi del finanziamento d’impresa in Italia
•
Un sistema finanziario “bancocentrico”
- poco mercato (imprese quotate,
obbligazioni)
- molto credito bancario (soprattutto a
breve termine)
- rapporti con le banche molto frammentati
Debiti bancari / debiti finanziari
75
70
2006
2012
65
60
55
50
45
40
35
•
•
Struttura finanziaria delle imprese
- poco capitale di rischio
- scarsa diversificazione delle fonti di
finanziamento
30
25
Italia
Francia
Germania
Spagna
Regno Unito
Fonte: Conti finanziari.
Due problemi rilevanti per la crescita dell’economia:
1. Scarsa capacità di finanziare l’attività di innovazione
2. Elevata vulnerabilità delle imprese nelle fasi congiunturali negative
Stati Uniti (2)
Finanziamento dell’innovazione e vulnerabilità
1.
Le imprese più innovative sono difficili da
finanziare (asimmetrie informative, moral
hazard)
- la scarsa disponibilità di capitale di
rischio è il problema principale
- contribuisce il limitato sviluppo del
venture capital (che potrebbe anche
supportare le capacità manageriali delle
imprese)
Prestiti bancari alle imprese
(variazioni percentuali sui 12 mesi)
15.00
Industria manifatturiera
Totale
10.00
5.00
0.00
-5.00
-10.00
-15.00
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Fonte: Segnalazioni di vigilanza.
2.
L’impatto della crisi ha evidenziato forti rischi di rifinanziamento connessi con la struttura
finanziaria delle imprese (molto debito bancario, scarsa possibilità di diversificazione delle
fonti):
- le difficoltà delle banche si sono riflesse in contrazione del credito a più riprese,
soprattutto per aziende finanziariamente più fragili;
- segnali di razionamento anche tra imprese con prospettive di crescita;
- scarsa capacità di sostituire credito con altre fonti (es. obbligazioni)
L’approvvigionamento di energia
• Costi energetici: difficilmente comprimibili (soprattutto per alcuni settori
manifatturieri: metallurgia e minerali non metalliferi); quelli per energia
elettrica superiori del 30% a media UE (prezzi del gas naturale allineati)
• Tra 2003 e 2008 le spese energetiche delle imprese industriali sono
cresciute: +30% (a 22,1 miliardi di euro; 2% del valore della produzione); +32%
per addetto (5mila euro). Con la crisi si sono contratte del 18% all’anno
• Aumenti nel tempo imputabili a:
- andamento prezzo del petrolio: composizione dell’offerta sbilanciata verso
petrolio e gas; forte dipendenza dall’estero
- imposizione fiscale su energia (180 euro per tep in ITA, superiore del 44% a
media UE)
- oneri di sistema legati al supporto delle fonti rinnovabili (10 miliardi nel
2011)
- imperfetto completamento del processo di liberalizzazione dei mercati di
elettricità e gas…(comunque tra i più avanzati in EU)
Indicazioni per la politica economica
Due quesiti preliminari
• La ripresa dell’economia italiana può prescindere da quella del
settore industriale?
La risposta è NO: da un lato per il contributo del settore industriale a
export, innovazione; dall’altro perché una ampia riallocazione (e
riconversione) di risorse (capitale umano e fisico) da industria a servizi
richiederebbe tempi troppo lunghi, con rischio di perdita definitiva di
capacità produttiva
• Il declino del settore industriale è irreversibile?
La risposta è NO: prima della crisi, il sistema industriale italiano ha dato
prova di sapersi ristrutturare; ancora oggi, vi sono forti segnali di
dinamismo (anche in termini di capacità innovativa), soprattutto da parte
delle imprese (spesso di medie dimensioni) esportatrici
Politiche generali:
migliorare la riallocazione delle risorse
• Sistema di ammortizzatori sociali e politiche attive per
il lavoro: rendere più agevole ed efficace la ricollocazione
della forza lavoro tra unità produttive
• Sistema finanziario: maggiore capacità di spostare
capitale verso i progetti imprenditoriali più promettenti
• Aumentare concorrenza nei comparti dei servizi dove
esistono elevate rendite di posizione
• Intensificare lotta a corruzione e illegalità per evitare
che risorse economiche siano sottratte alle imprese migliori
Politiche generali:
ridurre i costi delle imprese
• Per ridurre il costo del lavoro, occorre agire su cuneo
fiscale e contributivo
• Occorre ridurre il costo dell’energia agendo su oneri di
sistema e tassazione
• L’attività di impresa risente inoltre degli oneri (monetari e
non) derivanti da: i) quadro regolamentare complesso e
oneroso; ii) inefficienze della PA e della giustizia civile; iii)
assetto normativo mutevole o incerto; iv) carenze di taluni
servizi pubblici e di alcune infrastrutture
Una politica industriale?
• Ridurre
discrezionalità del policy-maker pubblico su
scelta settori e progetti da finanziare (limitata informazione
e rischio di essere preda di interessi corporativi)
• Lasciare che sia il mercato ad allocare le risorse pubbliche
(es: Fondo Italiano di Investimento)
• Definire insieme ristretto di misure di sostegno alle
imprese industriali: mirate, ben definite, attentamente
monitorate e valutate, e, possibilmente, automatiche…
• …rivolte al sostegno dell’attività di ricerca e sviluppo e
dell’internazionalizzazione
BANCA D’ITALIA
EUROSISTEMA
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Massimo Omiccioli - Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza