TESTI CONSIGLIATI
C.B.P Finn,
Thermal Physics, Second edition,
Chapman & Hall, London, (1993).
Ilya Prigogine, Dulip Kondepudi,
Termodinamica,
Bollati Boringhieri, Torino, (2002).
Judith A. McGovern
Thermal and Statistical Physics
http://theory.ph.man.ac.uk/%7Ejudith/stat_therm.html
Leggi della Termodinamica in breve
I a) L’energia di un sistema isolato si conserva sempre.
b) La variazione di energia di un sistema non isolato è
uguale all’energia fornita al sistema dall’ambiente.
(l’ambiente è tutto ciò che interagisce con il sistema;
l’unione del sistema e dell’ambiente è l’universo).
II a) L’entropia di un sistema isolato aumenta fino a quando
viene raggiunto uno stato di equilibrio completo
(meccanico, termico, diffusivo, chimico, nucleare, ecc).
In tale stato l’energia è inutilizzabile.
b) La variazione di entropia di un sistema non isolato è la
somma di due termini: l’entropia fornita dall’ambiente
e l’entropia prodotta entro il sistema; il primo può
essere negativo, il secondo è sempre positivo.
III
L’entropia di un qualunque sistema in equilibrio tende
a zero quando tende a zero la temperatura assoluta.
Gli scogli
 Capire che l’entropia, come l’energia, è una funzione
di stato: dipende solo dallo stato termodinamico del
sistema, non dal processo che lo ha prodotto.
 Avere ben chiaro che le variazioni delle funzioni di
stato di un sistema che passa da uno stato di equilibrio
ad un altro stato di equilibrio con un processo
qualunque, anche violento, possono essere calcolate
pensando che il sistema sia passato dallo stato
iniziale a quello finale in modo reversibile.
 Imparare a descrivere le sorgenti di entropia ed
i flussi di entropia nei sistemi in equilibrio locale.
Cap 1: Termodinamica del gas perfetto
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Termometro a gas rarefatto a volume costante.
Scala di temperature Kelvin (K).
Equazione di stato dei gas rarefatti.
Temperatura ed energia cinetica media molecolare.
Modello “gas perfetto”.
Trasformazioni (reversibili).
Lavoro fatto nelle trasformazioni.
Calore assorbito nelle trasformazioni.
Entropia del gas perfetto.
Espansione libera del gas perfetto.
Entropia di diffusione, paradosso di Gibbs.
Ciclo di Carnot per un gas perfetto.
Da Galileo ad Avogadro
 Le sensazioni di caldo e freddo non dipendono solo dalla temperatura.
 Il giovane Galileo sfrutta la dilatazione termica dell’aria in uno dei
primi strumenti di misura della temperatura, il termoscopio fiorentino.
 Nel 1641, in Toscana, entrano in uso i primi termometri ad alcol.
 Nel 1643 Torricelli introduce il manometro a mercurio.
 Nel 1651 Otto von Gueriche introduce la prima pompa da vuoto.
 Nel 1660 Boyle osserva che, a temperatura costante, il volume di
una data massa d’aria è inversamente proporzionale alla pressione.
 Nel 1714 Daniel Fahrenheit introduce i termometri a mercurio
e la scala di temperatura che porta il suo nome.
 Nel 1745, a Stoccolma, Daniel Ekstrom introduce i primi termometri
a mercurio tarati con scala in gradi Celsius: t=0 °C per il ghiaccio fondente,
t=100 °C per l’acqua bollente a livello del mare.
 Nel 1788 Watt corona un secolo di ricerche sulle macchine a vapore
mettendo sul mercato una macchina termica affidabile e di buon rendimento.
 Nel 1789, nel “Traité élémentaire de Chimie”, Lavoisier tiene conto delle
masse dei reagenti e dei prodotti di reazione gassosi ed enuncia la
legge di conservazione della massa nelle reazioni chimiche.
 Nei primi anni dell’800 Gay-Lussac, Dalton ed Avogadro mostrano
che gas diversi hanno comportamenti molto simili e stabiliscono le
leggi dei gas rarefatti e delle miscele di gas rarefatti.
Termometro a gas rarefatto a volume costante
Nel 1802 Gay-Lussac osserva che, a volume costante, la
pressione p di un gas rarefatto è legata alla temperatura t,
misurata in gradi Celsius (°C), dalla legge
p  p0 (1  αt)
a)
dove p0 è la pressione misurata a t=0 °C e a è una costante
indipendente dal gas considerato. Dicendo che il gas è rarefatto si
intende che occupa un volume almeno cento volte maggiore di
quello che occuperebbe se le molecole fossero a contatto come nel
liquido. Posto a=1/T0, l’equazione a) diventa
p  p0 (T0  t )/T0
Ciò suggerisce di introdurre la scala di temperature T  T0  t
e di misurare la temperatura T misurando la pressione di un gas
rarefatto a volume costante. Dalle misure di p0 e di p si ottiene
T  T0
p
p0
dove T0  273.15 K
Il termometro a gas rarefatto a volume costante è uno strumento
primario del Sistema Internazionale ed è usato nei laboratori
metrologici per la taratura di altri termometri.
LEGGE DEI GAS RAREFATTI
Un gas rarefatto, inizialmente in equilibrio a temperatura T0,
volume V0 e pressione p0, può essere portato in uno stato di
equilibrio a temperatura T, volume V e pressione p in due tappe:
dapprima scaldando o raffreddando a volume costante sino alla
temperatura T, poi facendo variare il volume a temperatura
costante. Al termine della prima tappa la pressione raggiunge il
valore p1=p0 T/T0 , alla fine il prodotto pV è uguale a p1V0 , quindi
pV p0 V0

T
T0
Nel 1808 Gay-Lussac osserva che nelle reazioni chimiche gassose i
volumi dei gas che entrano in reazione ed i volumi degli eventuali
gas prodotti, misurati nelle stesse condizioni di temperatura e
pressione, stanno in rapporti ancor più semplici dei rapporti tra i
pesi. Ad esempio le quantità di idrogeno e di ossigeno che
reagiscono producendo acqua, hanno pesi nel rapporto 2:16 ed
hanno volumi nel rapporto 2:1. Da osservazioni di questo tipo, nel
1811, Avogadro intuisce che volumi uguali di gas diversi nelle
stesse condizioni di pressione e temperatura contengono lo stesso
numero di molecole. Ciò comporta che pV/T è proporzionale al
numero di molecole, come precisiamo nella prossima trasparenza.
Da Avogadro alla definizione
moderna di mole (mol)
 Una mole è costituita da un numero di particelle uguale al numero di atomi
contenuti in 12 g dell’isotopo 12 del carbonio. Tale numero vale
Ν
A
= 6.0221415 1023
Ad esempio si può parlare di una mole di neutroni, di elettroni, di ioni sodio,
di atomi di idrogeno, di idrogeno (molecolare), d’acqua, d’oro, di zucchero,..
 Per una mole di un qualunque gas rarefatto il valore di pV/T risulta
R  8.31447 J/mol K
 Per N moli la legge dei gas rarefatti prende l’una o l’altra delle forme
pV  NRT , p  nRT , p  ρ
RT
M
dove n=N/V è la densità molare, M la massa molare e r la consueta densità.
 Per una miscela di gas rarefatti in equilibrio vale la legge di Dalton
pk = n k RT
dove pk ed nk sono pressione parziale e densità molare del k-esimo componente.
Teoria cinetica elementare
Pensiamo che una molecola di massa m sia confinata in una scatola cubica di lato L
e si muova rimbalzando elasticamente sulle pareti. Orientiamo gli assi come gli
spigoli del cubo, indichiamo con vx, vy, vz i valori assoluti delle componenti della
velocità e notiamo che la molecola urta una delle pareti normale all’asse x con
periodo Δt  2L/vx cedendole ogni volta l’impulso 2mv x . Il valor medio temporale
della forza esercita dalla molecola sulla parete vale mv 2x /L , quindi la molecola
contribuisce alla pressione con mv 2x /V. Quando la scatola contiene NNA molecole
la pressione risulta p  NN A mv2x /V, dove v2x è il valor medio di v2x preso su tutte
le molecole. Confrontando il risultato con la legge dei gas rarefatti, vediamo che
NA mv2x  RT
Ripetendo il discorso per le pareti normali agli assi y e z, ed ammettendo che il
valor medio di v 2 sia la somma dei valori medi di v 2x , v2y e v2z , concludiamo che
N A mv2  3RT
Insomma, per una mole di un qualunque gas rarefatto l’energia
associata alle traslazioni caotiche delle molecole risulta
u trasl
1
3
2
 N A m v  RT
2
2
Convenzione sui simboli
Temperatura a parte, si usa indicare con lettere minuscole le
grandezze intensive e con lettere maiuscole le grandezze
estensive. Ad esempio V, U ed S sono il volume, l’energia
e l’entropia del sistema, mentre v è il volume molare, u
l’energia molare, s l’entropia molare e così via.
Naturalmente il volume, l’energia e l’entropia di N
moli si ottengono moltiplicando per N i
corrispondenti valori molari. Si noti anche che
dividendo i valori molari per il numero d’Avogadro
si ottengono i valori medi delle corrispondenti
grandezze molecolari.
Legge barometrica
Pensiamo che un’altissima torre contenga un gas perfetto in
equilibrio a temperatura T, indichiamo con M la massa molare e
fissiamo l’attenzione su un cubetto di spigolo d centrato a quota z.
La risultante delle forze agenti sul cubetto è nulla perché il cubetto
è in equilibrio, quindi la stessa pressione deve agire sulle quattro
facce laterali, ma la pressione sulla faccia inferiore deve essere
maggiore di quella sulla faccia superiore per assicurare che il
cubetto non cada, precisamente
d 2
d 2
d3
p(z - )d  p(z  )d  gM
2
2
v( z )
dove v(z) è il volume molare alla quota del cubetto. Facendo tendere
a zero d, e sostituendo v(z) con RT/p(z), otteniamo la condizione di
dp(z)
Mg
equilibrio

p(z)
dz
RT
A questo punto, indicata con p(0) la pressione a livello del suolo,
possiamo concludere che la pressione dipende dalla quota con la
legge barometrica
p(z)  p(0) e

Mgz
RT
Modello “gas perfetto”
Il modello teorico “gas perfetto” descrive un gas come un insieme di molecole
puntiformi e non interagenti. Per tale gas la fisica classica prevede che la
pressione, il volume molare e la temperatura degli stati di equilibrio siano
legati dalla legge dei gas perfetti
pv  RT
1)
e prevede che l’energia molare u sia proporzionale alla temperatura ed
indipendente dal volume molare (le molecole del gas perfetto non hanno
volume proprio e non interagiscono). In particolare l’energia molare del gas
perfetto monoatomico classico si riduce all’energia cinetica di traslazione e
vale u= (3/2)RT. Ma le previsioni classiche sono ben rispettate solo per
particelle pesanti; ad esempio un gas perfetto monoatomico con la massa
dell’elio manifesta effetti quantistici importanti a temperature di alcuni K;
inoltre le rotazioni e le vibrazioni molecolari non sono mai ben descritte con
approccio classico. Tuttavia, in intervalli di temperatura centrati intorno alla
temperatura standard T°=298.15 K, l’energia molare del gas perfetto dipende
linearmente dalla temperatura e può essere scritta nella forma
u  u  cv (T - T)
2)
dove u° è l’energia molare (alla temperatura) standard. Naturalmente cv è la
derivata dell’energia molare rispetto alla temperatura valutata a T=T°. Per
gas monoatomici cv =(3/2)R, per gas biatomici cv è poco diverso da (5/2)R .
Legge di conservazione dell’energia
per sistemi isolati
Dalla meccanica sappiamo che l’energia di un sistema
isolato, somma delle energie cinetiche e potenziali di
tutte le particelle che lo compongono, si conserva
qualunque cosa avvenga al suo interno. Ad esempio può
avvenire che un pendolo smorzi le sue oscillazioni, un
pezzo di ghiaccio fonda, una pallina dielettrica si sposti
nelle regioni di campo elettrico intenso, un magnete si
smagnetizzi, una reazione chimica o nucleare avanzi
impetuosa, e così via. Insomma, il sistema isolato può
evolvere trasformando energia di un tipo in energia di
altro tipo, ma la sua energia totale è certamente costante
nel tempo, proprio come è costante la sua massa.
Primo principio della Termodinamica
per sistemi chiusi
Pensiamo ad un sistema chiuso in un cilindro con pistone e diciamo ambiente il resto
dell’universo (con la u minuscola). La legge di conservazione dell’energia assicura che, in
qualunque processo, l’energia U del sistema aumenta tanto quanto diminuisce l’energia
dell’ambiente. Dunque, per valutare DU dobbiamo valutare l’energia trasferita dall’ambiente
al sistema. Questa può essere scomposta in due parti, il calore Q ed il work W, ma spesso
tale scomposizione è ambigua. Ad esempio: è calore o work l’energia fornita ad un solido
strofinandone la superficie? E l’energia ceduta all’acqua dal mulinello di Joule ? E l’energia
fornita facendo passare corrente elettrica nel sistema? Comunque possiamo scrivere
ΔU = Q  W  Q - L
3)
dove L=-W è il lavoro fatto dal sistema. Nel caso che stiamo considerando possiamo
valutare il lavoro senza ambiguità se il pistone non si muove (L=0), oppure se si
muove senza attrito e con estrema lentezza, tanto da poter ammettere che il sistema
passi attraverso una successione di stati di equilibrio. In tal caso il lavoro L fatto dal
sistema è l’integrale di pdV dal volume iniziale al volume finale. Si noti che le ipotesi
di assenza d’attrito e di estrema lentezza sono compatibili solo se le forze esercitate sul
pistone dal gas e dall’ambiente hanno risultante trascurabile, ovvero se il sistema, oltre
ad essere in equilibrio interno, è in equilibrio con l’ambiente. Insomma, il lavoro L può
essere valutato senza ambiguità solo se è nullo oppure se è fatto in modo reversibile,
come precisiamo nella prossima trasparenza. Ma sia ben chiaro, l’equazione 3) vale in
generale: per calcolare la variazione di energia non è necessario che Q e W siano
valutate senza ambiguità, è sufficiente che sia valutata senza ambiguità la loro somma.
Trasformazioni
Pensiamo che un sistema, inizialmente in uno stato di equilibrio, sia portato in un
nuovo stato di equilibrio con un processo qualunque, eventualmente violento, e
domandiamo: quanto vale la differenza DU tra l’energia dello stato finale e
quella dello stato iniziale? Per rispondere non è necessario considerare il
processo reale, possiamo pensare che il sistema evolva dall’uno all’altro stato di
equilibrio con infinita lentezza, senza attrito e rimanendo sempre in equilibrio
con l’ambiente. Ad esempio possiamo pensare che l’espansione di un gas
avvenga nelle condizioni ideali schematizzate in figura.
Si pensi che p+ sia maggiore di p di un
infinitesimo, che T + sia maggiore di T
di un infinitesimo e che il pistone scorra
senza attrito. La risultante delle forze
agenti sul pistone è infinitesima, quindi
l’espansione avviene in un tempo infinito e l’energia cinetica del pistone è sempre
trascurabile. Il gas assorbe calore e fa lavoro, ma basta cambiare le condizioni di
infinitesimi, sostituendo + con –, per far avvenire la trasformazione in senso inverso
e riportare allo stato iniziale sia il sistema, sia l’ambiente. I processi ideali di questo
tipo prendono il nome di trasformazioni (reversibili) e sono strumenti logici di
straordinaria importanza. La ragione è che per valutare la differenza di energia del
sistema tra due stati di equilibrio possiamo dimenticare il processo reale che ha
portato dall’uno all’altro e sostituirlo con una trasformazione.
Il potere della mente consente di “vedere” in un istante il filmato di una
trasformazione che avviene in un tempo infinito.
CONVENZIONE DI LINGUAGGIO
Nella letteratura corrente non vi è accordo sui
significati delle parole “processo” e “trasformazione”.
Alcuni autori le considerano intercambiabili e ne
precisano il significato con gli aggettivi: “reale”,
“sudden (improvviso)”, “quasistatico”, “reversibile”,
“irreversibile”, ecc. Altri usano tali aggettivi solo per
i “processi”, ed usano la parola “trasformazione” ad
intendere “processo reversibile”. Quest’ultimo
linguaggio è preferibile, a mio parere: è più preciso e
consente di evitare alcuni malintesi comuni. Pertanto
conveniamo che:
 i processi possono essere di qualunque tipo,
 le trasformazioni sono sempre reversibili.
ESEMPIO
Come esempio pensiamo che un cilindro con pistone contenga una
mole di gas perfetto in equilibrio a temperatura TA nel volume vA.
Al tempo zero, con azione repentina, comprimiamo il gas portando
il volume a vB, aspettiamo che il gas raggiunga un nuovo stato di
equilibrio a temperatura TB e domandiamo:
a) Quanta energia abbiamo fornito complessivamente al gas?
b) Quale parte dell’energia è stata fornita come lavoro meccanico?
c) Quale parte dell’energia è stata fornita come calore?
Alla domanda a) possiamo rispondere immediatamente: l’energia
fornita alla mole di gas è uguale alla variazione della sua energia e
vale Du=cV(TB-TA). Alle altre domande non possiamo rispondere.
Ora pensiamo ad una trasformazione che porti dallo stato A allo
stato B e poniamo nuovamente le domande a), b) e c). Anche in
questo caso possiamo rispondere alla domanda a), ma non alle
domande b) e c): il calore ed il lavoro forniti dipendono dalla
trasformazione, per valutarli dobbiamo descrivere la trasformazione,
come vedremo nelle prossime trasparenze.
Lavoro nelle trasformazioni
Indichiamo con A e B due stati di equilibrio di un generico sistema
chiuso in un cilindro con pistone, scegliamo una ben definita
trasformazione tra i due stati e pensiamo di scomporla in elementi
infinitesimi. Il lavoro elementare fatto dal sistema vale dL=pdV,
quindi il lavoro fatto nell’intera trasformazione risulta
Evidentemente L dipende dalla scelta della
trasformazione, ad esempio è ben diverso
per le tre trasformazioni considerate in
figura. Quindi in una trasformazione
ciclica (ad esempio da A ad A) il lavoro
fatto può prendere qualunque valore.
La notazione dL sta a ricordare che questa
grandezza è un lavoro infinitesimo, ma non
è una variazione di lavoro. In altre parole:
L non è una funzione di stato, quindi
dL non è un differenziale (esatto).
VB
L   pdV
VA
Calore nelle trasformazioni
Ora pensiamo che il cilindro con pistone contenga una mole di gas
perfetto, consideriamo una ben definita trasformazione tra due stati
di equilibrio, la scomponiamo in elementi infinitesimi, ricordiamo
l’equazione 2) e notiamo che il calore elementare assorbito vale
dv
δQ  du  δL  cV dT  pdv  cVdT  RT
v
Anche la notazione dQ sta a ricordare che questa grandezza è
infinitesima, ma non è il differenziale di una funzione di stato: il suo
integrale esteso ad una trasformazione
ciclica è tutt’altro che nullo in generale
ed è uguale al lavoro fatto. Ad esempio
nella trasformazione ciclica considerata in
figura il calore assorbito è rappresentato
dall’area del ciclo, proprio come il lavoro
fatto. Quando il ciclo viene percorso in
verso antiorario il calore assorbito ed il
lavoro fatto sono negativi.
Calori molari del gas perfetto a volume
costante ed a pressione costante
Continuiamo a pensare che il cilindro con pistone contenga una
mole di gas perfetto, scegliamo una trasformazione, la
scomponiamo in elementi infinitesimi e ricordiamo che
δQ = cVdT + pdv
Vediamo così che cV è il calore molare a volume costante, ovvero il
rapporto tra il calore assorbito da una mole di gas e l’incremento di
temperatura per trasformazioni infinitesime a volume costante.
Poiché pdv= RdT-vdp, possiamo anche scrivere
δQ = (cV  R)dT - vdp
Ciò mostra che il gas perfetto ha calore molare a pressione costante
legato al calore molare a volume costante dalla relazione di Mayer
cp  cV  R
4)
Si noti che il rapporto g = cp /cV vale 5/3 per gas monoatomici ed è
ben approssimato da 7/5 per gas biatomici .
Entropia molare del gas perfetto
Continuiamo a pensare che il cilindro con pistone contenga una mole
di gas perfetto e pensiamo che lo stato iniziale sia lo stato standard.
Per convenzione lo stato standard di una sostanza è lo stato a
pressione p°=1 bar e temperatura T°=298.15 K.
Ora scegliamo una qualunque trasformazione dallo stato standard ad
uno stato di equilibrio, la scomponiamo in elementi infinitesimi e
notiamo che
δQ
dT
dv
ds =
= cV
+R
è un differenziale esatto.
T
T
v
Infatti i due termini sono esattamente integrabili e ciò consente di
definire la funzione di stato entropia del gas perfetto. Indicata con
s° l’entropia molare (dello stato) standard, l’entropia molare del gas
perfetto a temperatura T, pressione p e volume molare v=RT/p vale
T
v
T
p
s  s  cV ln  R ln  s  cp ln  R ln
T
v
T
p
5)
Trasformazioni adiabatiche
L’aggettivo adiabatico ha significati diversi a seconda del contesto.
Le pareti adiabatiche sono impermeabili al calore, i processi
adiabatici non comportano scambi di calore, ma possono comportare
aumenti di entropia, le trasformazioni adiabatiche sono isoentropiche.
In particolare, le trasformazioni adiabatiche del gas perfetto
soddisfano la condizione
dT
dv
dT
dv
dT dv γ 1
ds  cV  R  0 
 ( γ  1)  0 
 γ 1  0  d(Tv γ 1)  0
T
v
T
v
T v
quindi hanno temperatura e volume molare legati dalla relazione
Tv γ -1  costante
Sostituendo T con pv/R si vede che, nel piano pv, le trasformazioni
adiabatiche del gas perfetto soddisfano la relazione di Poisson
γ
pv  costante
Espansione libera del gas perfetto
Pensiamo che una scatola rigida con pareti
adiabatiche sia divisa in due scomparti. Il primo ha
volume vA e contiene una mole di gas perfetto, il
secondo è vuoto. Tutto il sistema è inizialmente in
equilibrio a temperatura T, ma al tempo zero un
martelletto rompe la parete divisoria ed in pochi
secondi il gas si distribuisce nel volume vB dell’intera
scatola. Il sistema è isolato perché le pareti sono
adiabatiche e la scatola è rigida, quindi l’energia non
è variata. E poiché l’energia del gas perfetto dipende
solo dalla temperatura, possiamo essere certi che la
temperatura finale è uguale a quella iniziale. Ma il
gas non è passato attraverso stati di equilibrio, è ciò
ha creato entropia. Quanta? Per rispondere basta
ricordare che l’entropia è una funzione di stato e
calcolarne la variazione per una qualunque
trasformazione che porti il gas dallo stato iniziale a
quello finale. Nel nostro caso la temperatura finale è
uguale a quella iniziale, quindi possiamo scegliere
una trasformazione isoterma e concludere che
vB
Δs  s B  s A  R ln
vA
Paradosso di Gibbs
Ora, per semplicità, pensiamo che la scatola rigida
sia divisa in due parti di ugual volume. Ad esempio
pensiamo che una parte contenga una mole di elio,
l’altra una mole di idrogeno. Al tempo zero il solito
martelletto rompe la parete divisoria ed i due gas
prendono a diffondere l’uno nell’altro senza
violenza (nelle condizioni precisate non vi sono
gradienti di pressione). Dopo un tempo più o meno
lungo si forma una miscela di Dalton con i due gas
distribuiti in tutto il volume, ignari l’uno della
presenza dell’altro perché non interagenti. Di
conseguenza la variazione di entropia del sistema
dallo stato iniziale alle stato finale è la somma delle
variazioni di entropia dei due gas e risulta
ΔS  s1  s2  2R ln 2
Questo risultato vale sia quando i due gas sono
diversissimi, sia quando differiscono per un minimo
particolare, ad esempio lo spin nucleare. Ma la
variazione di entropia crolla a zero quando i due gas
sono identici (paradosso di Gibbs).
ESERCIZIO
Un cilindro con pistone contiene 3 moli di He in equilibrio
a 0 °C e alla pressione di 10 bar. Al tempo zero il fermo
che trattiene il pistone viene rimosso, il pistone parte in
avanti, il cilindro rincula, le due parti oscillano un po’, ma
gli attriti smorzano gradualmente le oscillazioni ed il
sistema si porta in equilibrio con l’ambiente a 0 °C e ad
1 bar. Di quanto è variata l’energia del gas ? E l’entropia ?
Certamente il processo è irreversibile, ma gli stati iniziale
e finale sono di equilibrio, quindi possiamo calcolare le
variazioni di energia ed entropia del gas pensando ad una
trasformazione tra i due stati di equilibrio. Nelle
condizioni precisate l’elio si comporta come un gas
perfetto e la temperatura finale è uguale a quella iniziale,
quindi DU è nulla e la variazione di entropia risulta
V2
p1
J
ΔS  NR ln
 NR ln  57.43
V1
p2
K
Ciclo di Carnot del gas perfetto
Per una generica sostanza il ciclo di Carnot è costituito da due
trasformazioni isoterme a temperature TL e TH> TL e da due
trasformazioni adiabatiche. Nel piano pV può avere l’aspetto mostrato in
figura a). Indicato con QH il calore assorbito dal sistema alla temperatura
TH e con QL il calore ceduto dal sistema alla temperatura TL, basta
ricordare che dopo un ciclo l’energia del sistema riprende il valore
iniziale per concludere che il lavoro complessivo fatto dal sistema in un
ciclo vale L= QH– QL , qualunque sia la sostanza che compie il ciclo.
Torneremo estesamente su questo punto nel prossimo capitolo, qui
pensiamo che il ciclo in figura b) sia percorso da una mole di gas
perfetto. In tal caso le isoterme sono anche isoenergetiche, quindi il
lavoro fatto nell’isoterma a temperatura TH vale
L H  QH  R TH ln
vB
vA
ed il lavoro ricevuto nell’isoterma a temperatura TL vale
L L  QL  R TL ln
vC
vD
A questo punto basta ricordare che le temperature ed i volumi degli stati
A, B, C e D sono legati dalle relazioni
TH v Aγ -1  TL v Dγ -1 , TH v Bγ -1  TL vCγ -1 , per vedere che
e per giungere al risultato importantissimo
QH QL

TH
TL
v B vC

vA vD
6)
H sta per High
L sta per Low
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capitolo1 - Dipartimento di Fisica