Attività di tutoraggio Corsi di Laurea in Scienze Politiche Coorte 2014/2015 Materia: Istituzioni di Diritto Pubblico Tutor: Greta Massa Gallerano Lezione del 23 novembre 2015 Ore 9.00 Aula L2 La Corte Costituzionale - Giustizia Costituzionale Libro di testo: R. BIN – G. PITRUZELLA pp. 497-527 DEFINIZIONI GIUSTIZIA COSTITUZIONALE: il controllo giurisdizionale del rispetto della Costituzione. Consente di reagire a determinate infrazioni della Costituzione rivolgendosi in determinati modi ad un determinato giudice. I Sistemi con Costituzione rigida sviluppano naturalmente controlli di legittimità costituzionale delle leggi, ossia affidano alla giustizia costituzionale il rispetto della Costituzione da parte del legislatore ordinario. NB: Se non fosse possibile agire davanti ad un giudice per denunciare la legge che contrasta la Costituzione, la Costituzione perderebbe il suo significato giuridico e a nulla servirebbero le norme che prescrivono particolari procedure per la sua revisione: perderebbe cioè la sua prevalenza gerarchica rispetto alle altre fonti. Il modello italiano Il modello italiano di giustizia costituzionale è così strutturato: -Un giudizio successivo: perché il giudizio investe leggi già in vigore (fa eccezione il sindacato preventivo, su impugnazione del governo, degli Statuti Regionali -Un giudizio accentrato: perché è svolto da un unico organo, la Corte Costituzionale -Un giudizio indiretto: perché i cittadini non possono ricorrere direttamente alla Corte Costituzionale, ma quest’ultima può essere investita solo da un giudice. Le funzioni della Corte Costituzionale – art. 134 Cost. La Corte è competente a giudicare: -Sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni -Sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato - Sui conflitti di attribuzione tra lo Stato e tra le Regioni - Sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica a norma della Costituzione, cioè per le uniche due ipotesi di responsabilità presidenziale, alto tradimento e attentato alla Costituzione - Il giudizio di ammissibilità del referendum (art. 2 legge cost. n.1/1953) La composizione della Corte Costituzionale La Costituzione rigida ha bisogno di un organo “neutro”, chiamato ad usare la Costituzione come un testo normativo e a giudicare del suo rispetto con gli strumenti e le tecniche che sono proprie del giudice. La Corte Costituzionale ha 15 giudice così nominati: -5 sono eletti dal Parlamento in seduta comune. L’elezione è scrutinio segreto e avviene con la maggioranza dei 2/3. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei 3/5 dei componenti. La scelta parlamentare è caduta per lo più su giuristi “di appartenenza”, ossia più o meno direttamente impegnati nella vita politica -5 sono nominati dal Presidente della Repubblica. La scelta è del Capo dello Stato senza alcuna proposta governativa. La controfirma apposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri esprime in questo caso un semplice controllo esterno -5 sono nominati dalle supreme magistrature ordinarie e amministrativa: 3 sono eletti dai magistrati di cassazione, ed uno ciascuno dai magistrati del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti. I giudici durano in carica 9 anni e il loro mandato non è rinnovabile (art. 135.3 Cost.). Vige un severe regime di incompatibilità, che riguarda non solo l cariche politiche “elettive” (membro del Parlamento o dei Consigli Regionali), ma anche la professione. L’incompatibilità è cioè estesa a qualsiasi ufficio, impiego o professione: se sono magistrati o professori universitari, vengono collocati fuori dal ruolo per tutto il periodo in cui durano in carica CHI SONO I GIUDICI DELLA CORTE COST. : I giudici della Corte Cost. sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrativa, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gi avvocati dopo venti anni d’esercizio (art. 135 Cost.). Status del giudice costituzionale e prerogative della Corte Garanzie attraverso le quali la Costituzione e le leggi cercano di assicurare la neutralità della Corte Costituzionale: -Immunità e improcedibilità: I giudici costituzionali non sono sindacabili e non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. -Inamovibilità, se non a seguito di una deliberazione della stessa Corte, presa a maggioranza dei 2/3 dei presenti -Convalida delle nomine. Spetta alla stessa Corte Costituzionale che delibera a maggioranza assoluta -Trattamento economico. Non può essere inferiore a quello di un magistrato ordinario investito delle più alte funzioni -Autonomia finanziaria e normativa. La Corte amministra il proprio bilancio -Autodichia. Così com’è per le Camere, anche la Corte cost. gode di competenza esclusiva per giudicare i ricorsi in materia di impiego dei propri dipendente. Funzionamento I Giudici costituzionali durano in carica 9 anni. Il rinnovo della Corte è graduale: i giudici non scadono tutti insieme, ma uno alla volta. Il periodo del mandato ha inizio il giorno del giuramento. Non è previsto il regime della prorogatio, alla scadenza il giudice cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni. Il Presidente è un giudice della Corte, eletto dalla Corte a scrutinio segreto e maggioranza assoluta e il suo mandato è di 3 anni ed è rinnovabile. Le decisioni che la Corte Costituzionale emana sono di due tipi: SENTENZE ORDINANZE NB: La Corte giudica in via definitiva con sentenza. Tutti gli altri provvedimenti di sua competenza sono adottati con ordinanza (art. 18, l. n. 87/53). Differenza tra Sentenze e Ordinanze Questa distinzione rispecchia gli usi processuali comuni. Sentenze e ordinanze sono atti tipici del potere giudiziario. SENTENZA: definisce il giudizio, ossia è l’atto con cui il giudice chiude il processo ORDINANZA: è uno strumento interlocutorio che non esaurisce il rapporto processuale, ma serve per risolvere le questioni che sorgono nel corso del processo (es. con ordinanza si sollevano questioni incidentali come la questione pregiudiziale alle Corte di Giustizia dell’UE). Le SENTENZE devono essere esaurientemente motivate, sia in “fatto” che in “diritto”, mentre per le ordinanze basta che siano succintamente motivate. Le decisioni della Corte Cost. hanno una particolarità: esse non possono essere mai impugnate (art. 137.3 Cost). IL CONTROLLO DI COSTITUIONALITÀ DELLE LEGGI ATTI SINDACABILI: la Corte giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi fora di legge, dello Stato e delle Regioni PARAMENTRO DI GIUDIZIO: il parametro di giudizio è il termine di confronto impiegato nel giudicare la legittimità degli atti legislativi. Il parametro è dato in primo luogo dalle disposizioni costituzionali e dalle leggi costituzionali PARAMENTRO INTERPOSTO: è un’espressione che designa quelle norme che non hanno un rango costituzionale ma la cui violazione da parte delle leggi comporta una indiretta violazione di norme costituzionali. Es. Il decreto delegato che viola i principi e criteri direttivi fissati dalla legge di delega viola, indirettamente, l’art. 76 Cost. IL GIUDIZIO INCIDENTALE La questione di legittimità costituzionale sorge nel corso di un procedimento giudiziario (detto giudizio principale o a quo), come “incidente processuale”, che comporta la sospensione del giudizio e la remissione della questione di legittimità costituzionale alla Corte Cost. La questione di legittimità costituzionale deve essere sollevata “nel corso di un giudizio” e “dinanzi ad una autorità giurisdizionale”: LA DEVE SOLLEVARE IL GIUDICE, d’ufficio o su richiesta delle parti. Il giudice deve formulare l’atto introduttivo e verificare la sussistenza di 2 requisiti: 1. Che la questione sia RILEVANTE per la risoluzione del giudizio in corso. Ci deve essere un legame di strumentalità tra la questione di legittimità costituzionale e il giudizio in corso: il giudizio principale non può proseguire senza che venga risolta la questione di legittimità costituzionale. 2. Che la questione NON SIA MANIFESTAMENTE INFONDATA. La questione di legittimità deve avere un minimo di fondamento giuridico. Per poter rimettere la questione alla Corte è sufficiente avere anche un minimo dubbio sulla costituzionalità della legge o dell’atto avente forza di legge da applicare al giudizio in corso. È questo ‘ragionevole dubbio’ che impedisce al giudice di proseguire il processo principale. Se esistono questi due requisiti il giudice emette una ordinanza di rinvio, necessariamente motivata, che produce l’effetto di introdurre il giudizio di costituzionalità e di sospendere il giudizio principale fino alla pronuncia della Corte Cost. (l’ordinanza di rinvio è chiamata anche ordinanza di remissione). IL GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE Il giudizio in via principale può essere proposto con ricorso da parte dello Stato contro leggi regionali o da parte della Regione contro leggi statali o di altre Regioni. La questione viene proposta direttamente con una procedura ad hoc e non nel corso di un “giudizio” Dopo la riforma del Titoli V della Cost. le differenze tra il ricorso statale e il ricorso regionale si sono attenuate molto. L’impugnazione statale avverso leggi regionali può essere promossa dal Governo quando ritiene che una legge approvata dal Consiglio regionale violi qualsiasi disposizione costituzionale. Lo Stato quindi agisce a tutela dell’interesse generale alla legalità e non deve dimostrare l’interesse a ricorrere. Il ricorso della Regione nei confronti della legge statale può fondarsi solo sulla invasione della sfera di competenza attribuita dalla Costituzione: la Regione perciò deve dimostrare di avere un interesse concreto al ricorso che deriva dalla lesione delle proprie attribuzioni. L’atto introduttivo del giudizio in via principale è il RICORSO. Esso deve essere deliberato dal Consiglio dei Ministri, se agisce lo Stato, o dalla Giunta regionale per la Regione, nel termine di 60 giorni dalla pubblicazione della legge che si vuole impugnare. TIPOLOGIA DELLE DECISIONI DELLA CORTE: Le decisioni della Corte cost. nei giudizi di legittimità, siano essi promossi in via incidentale e in via diretta, possono essere suddivisi in tre famiglie: a. DECISIONI DI INAMMISSIBILITÀ b. DECISIONI DI RIGETTO c. DECISIONI DI ACCOGLIMENTO A. DECISIONI DI INAMMISSIBILITÀ: quando mancano i presupposti per procedere ad un giudizio di merito. Se mancano quindi i requisiti soggettivi e oggettivi per sollevare la questione di legittimità; quando sia carente l’oggetto del giudizio ossia quando l’atto impugnato non rientri tra quelli indicati nell’art. 134 Cost. (manifesta inammissibilità); quando manchi il requisito della rilevanza; quando l’ordinanza di remissione o il ricorso manchi di indicazioni sufficienti ed univoche per definire la questione di legittimità; quando siano stati compiuti errori procedurali; quando la questione sottoposta alla Corte comporti una valutazione di natura politica o un sindacato sull’uso del potere del Parlamento. SENTENZE DI RIGETTO (E ORDINANZE DI MANIFESTA INFONDATEZZA) Con la sentenza di rigetto la Corte cost. dichiara “non fondata” la questione prospettata dal’ordinanza di remissione (o nei ricorso). La sentenza di rigetto non ha effetti erga omnes. Il suo unico effetto giuridico è di precludere la riproposizione della stessa questione da parte dello stesso giudice nello stato e grado dello stesso giudizio. La preclusione non colpisce gli altri giudici perciò opera solo inter partes. Può però capitare che se un altro giudice risolleva la stessa questione senza argomentazioni nuove, la Corte non entra neppure nel merito e con una ordinanza deliberata in camera di consiglio e pronuncia la manifesta infondatezza della questione. C. SENTENZE DI ACCOGLIMENTO Con queste sentenze la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata. Questa sentenza, quindi, agisce erga omnes , con un effetto assimilabile a quello dell’annullamento. La sentenza ha valore costitutivo, nel senso che, benché il contrasto con la Costituzione sia certamente sorto in precedenza, è solo con la sentenza che esso è accertato e la legge viene invalidata. Gli effetti sella sentenza di accoglimento operano ex tunc, ossia sono retroattivi. La dichiarazione di illegittimità si traduce, infatti, in un ordine rivolto ai soggetti dell’applicazione (giudici e amministrazioni) di non applicare più la norma illegittima. Ci significa che gli effetti della sentenza di accoglimento non riguardano solo i rapporti che sorgono in futuro, ma anche quelli che sono sorti in passato, purché non si tratti di rapporti giuridici ormai chiusi, esaurirti. NB ricordare l’eccezione dei reati penali, vedi p.514. -SENTENZE “INTERPRETATIVE” DI RIGETTO: sono le decisioni con cui la Corte dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale, non perché il dubbio di legittimità costituzionale sollevato dal giudice non sia giustificato, ma perché esso si basa su una cattiva interpretazione della disposizione impugnata. L’elemento che caratterizza il dispositivo delle sentenze di rigetto è il richiamo alla motivazione. -SENTENZE MANIPOLATIVE DI ACCOGLIMENTO: le sentenze di accoglimento sono dette anche manipolative, interpretative o anche normative, quando il giudice costituzionale non si limita alla semplice dichiarazione di illegittimità della legge o delle singole disposizioni, ma la illegittimità è dichiarata “nella parete in cui” la disposizione significa o non significa qualcosa. Le principiali sentenze di questo tipo sono: A. SENTENZA DI ACCOGLIMENTO PARZIALE B. SENTENZE ADDITIVE C. SENTENZE SOSTITUTIVE Leggerle a pp. 516/518 I CONFLITTI DI ATRIBUZIONE TRA I POTERI DELLO STATO Sono lo strumento con cui un potere dello Stato può agire davanti alla Corte per difendere le proprie “attribuzioni costituzionali” compromesse dal comportamento di un altro potere dello Stato. Si veda l’esempio del caso Mancuso a pag. 519. Il conflitto può sorgere sia da un atto di “usurpazione” di potere, con cui un organo svolge una attribuzione spettante ad un altro organo, sia dal comportamento di un organo che intralci il corretto esercizio delle competenze altrui. Il giudizio viene introdotto dal ricorso presentato dalla parte che si ritiene lesa. La Corte decide sulla ammissibilità del conflitto con una semplice deliberazione. La sentenza che chiude il giudizio stabilisce a chi spetta la competenza. Essendo un giudizio tra le parti non ha efficacia erga omnes. I COLFLITTI DI ATTRIBUZIONE TRA STATO E REGIONI Sono lo strumento con cui vengono risole le controversie che sorgono tra lo Stato e le Regioni o tra le Regioni. Sono quindi conflitti tra enti mentre i conflitti tra i poteri dello Stato sono conflitti tra organi dello stesso ente. L’atto di qualsiasi organo dello Stato o della Regione può provocare il conflitto con esclusione degli atti legislativi, per i quali c’è il giudizio di legittimità in via principale. Gli atti idonei a provocare conflitti possono dunque essere atti amministrativi (anche di natura normativa e quindi regolamenti) e atti giurisdizionali (in questo caso è sempre la Regione a ricorrere contro l’atto del giudice, che è necessariamente un organo dello Stato). Il conflitto è introdotto da un ricorso. Condizioni di ammissibilità del ricorso è l’interesse a ricorrere e cioè il ricorrente deve dimostrare di avere subito una lesione attuale e concreta della sua competenza. In giudizio sono legittimati a stare solo il Presidente del Consiglio dei Ministri e il presidente della Giunta regionale. La sentenza dichiara a chi spetta la competenza. IL GIUDIZIO DI AMMISSIBILITÀ DEL REFERENDUM ABROGATIVO Tale giudizio è introdotto con l’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum che dichiara la legittimità della richiesta di referendum . I delegati dei Consigli regionali, i presentatori delle 500.000 firme, nonché il Presidente del Consiglio dei Ministri possono presentare memorie e prendere parte alla discussione orale in camera di consiglio. La Corte decide sempre con sentenza, che deve essere pubblicata entro il 10 febbraio successivo. DA RICORDARE: l’art. 75 della Costituzione stabilisce che non è ammesso referendum abrogativo per: -Leggi tributarie -Leggi di bilancio -Leggi di amnistia e indulto - Leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali. LA GIUSTIZIA POLITICA Responsabilità penale del Presidente della Repubblica La Corte costituzionale giudice sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica (PDR). I reati per cui può essere attivata la Corte sono alto tradimento e attentato alla Costituzione (art. 90.1 Cost.). Il PDR non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni eccetto che per i reati sopraccitati. In questo caso è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei suoi membri e giudicato dalla Corte Cost. in composizione integrata da sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore che il Parlamento compila ogni nove anni. Questi giudici aggregati godono dello stesso status dei membri togati della Corte. Questa competenza della Corte, fin’èra mai attivata, può essere letta come una forma di garanzia ulteriore dell’ordinamento costituzionale. Il processo si conclude con sentenza non soggetta a impugnazione. Per questi reati possono essere comminate le sanzioni penali nei limiti del massimo della pena stabilito dalle leggi vigenti, nonché sanzioni costituzionali, amministrative e civili adeguate al fatto.