CAPITALE UMANO:
benessere fisico e
istruzione
Laurea Magistrale in
Sociologia
Negrelli
10/2009
Il capitale umano
secondo il “modello” economico
Le disparità di reddito spiegate dalle differenti qualità dei
lavoratori, ovvero dalle qualità del loro “capitale umano”:
•
capacità umane “produttive”;
•
qualità umane “prodotte” (spesa/investimento);
•
“return to education”, o ritorni del capitale investito: paghe migliori
(ma: con presenza del proprietario!);
•
deprezzamento del capitale umano…
•
“Crescita economica” e “capitale umano”: a) benessere fisico;
b) istruzione
(Weil, 2005)
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Capitale umano
di benessere fisico


La migliore alimentazione contribuisce alla crescita
economica:
•
ingresso nelle “forze di lavoro”;
•
incremento capacità fisica di lavoro
Es. Regno Unito 1780-1980: calorie giornaliere per adulto da
2.944 a 3.701. Secondo Fogel (1997), in UK nel 1780 il 20%
più povero degli adulti così malnutrito da essere privo
dell’energia necessaria ad un’ora giornaliera di lavoro manuale:
la migliore alimentazione in 200 anni avrebbe prodotto poco
meno di un terzo della crescita complessiva del reddito.
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Capitale umano
di benessere fisico
correlazione tra pil pro-capite e calorie
giornaliere:
paesi più ricchi con 3/3.500 calorie; paesi più poveri
con meno di 2.000 (considera anche differenze interne
ai paesi!); nel mondo 774 milioni malnutriti; (Faostat);
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Capitale umano
di benessere fisico
correlazione tra salute e pil procapite:
l’aspettativa di vita nei paesi più poveri meno
di 60 anni, nei paesi più ricchi 75-80.
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Capitale umano
di benessere fisico

La migliore alimentazione contribuisce a, ma è
anche il prodotto di, un reddito più elevato:
paesi più ricchi con maggiori investimenti in
vaccini, igiene, sicurezza sul lavoro...: 2,2
dottori in media ogni mille persone nei paesi
Ocse contro 0,8 nei paesi in via di sviluppo e
0,3 nell’Africa sub-sahariana;

Salute e reddito sono “variabili endogene”
interattive del modello economico:
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Le nozioni di equilibrio economico e di
equilibrio sociale
Per punto di equilibrio si intende uno stato in cui:
• i progetti delle persone sono tra loro coerenti;
• non si producono conseguenze non intenzionali.
Nel punto di equilibrio, ciascuna persona ritiene che,
considerato come si sono comportate le altre, non avrebbe
potuto fare di meglio agendo in modo diverso.
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Perchè l'equilibrio è
importante?
L'equilibrio è importante per due ordini di ragioni:
1. per una ragione d'ordine teorico: se un sistema
tende all'equilibrio siamo in grado di prevedere
i suoi comportamenti;
2. per una ragione d'ordine pratico: se un sistema
è in o tende all'equilibrio, esso ci appare "ordinato", dotato di senso, tale da garantire coerenza tra i comportamenti individuali e quelli
collettivi.
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EQUILIBRI DI CONVENZIONE:
NORME SOCIALI
ORDINE SOCIALE

È importante avere una regola ma non quale sia:

guidare a destra;

chi richiama se cade la linea telefonica;

norme giuridiche e norme sociali (motivazione che può
non essere ricondotta alla scelta razionale).
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LE NORME SOCIALI (1)
(Elster “Il cemento della società”)

Homo oeconomicus (A. Smith): azione guidata dalla razionalità
strumentale; attore sociale in sé autonomo.

Homo sociologicus (Durkheim): azione guidata dalle norme
sociali; attore sociale esecutore di modelli ereditati.

Tesi eclettica, superiore al riduzionismo dei due paradigmi
dell’attore ipo- o iper-socializzato (Granovetter): tra le
determinanti della maggior parte delle azioni rientrano sia la
razionalità sia le norme;
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LE NORME SOCIALI (2)
•

"se vuoi raggiungere Y, fai X”
(orientata ai risultati; condizionale e orientata al futuro).
•




L'azione razionale:
Le norme sociali:
"fai X" o "non fare X";
"se fai Y, allora fai X” (condizionale, ma non orientata al futuro);
"se gli altri fanno Y, allora fai X";
"fai X se è bene che lo facciano tutti".
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LE NORME SOCIALI (3)

Perchè siano sociali, le norme devono essere:
a) condivise da alcuni (es. norme su cannibalismo e incesto
condivise da tutti; norme riguardanti gruppi particolari: es.,
differente visione di “equa retribuzione”
tra imprese e
lavoratori);
b) sostenute dalla loro approvazione e disapprovazione (punizioni,
codici d'onore, ostracismo).

Le norme sociali hanno una forte presa sul modo di pensare
della gente proprio perché la loro violazione può innescare
violente emozioni. L'aspetto emotivo delle norme è centrale,
ancora più importante degli aspetti cognitivi.
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LE NORME SOCIALI (4)

Le norme sociali si distinguono dalle:
1) norme morali
le norme sociali sono interdizioni e obbligazioni non
consequenzialistiche (es. il “kantismo di ogni giorno”), da cui è
possibile derivare i permessi.
Alcune teorie morali, come l'utilitarismo, sono basate su
obbligazioni e interdizioni consequenzialiste. Il libertarismo si
basa su permessi non consequenzialistici, da cui derivano
interdizioni assolute. Attribuiscono diritti agli individui e
ingiungono agli altri di non violarli.
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Devo andare o no
all'appuntamento?
Mi interessa?
SI
Ma viola qualche
mio principio?
Forse sì
Che non è
appropriato
Cosa diranno gli
altri (genitori,amici)?
Posso giustificarlo o sono
disposto a passare sopra?
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NO
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Azione consequenziale o
azione appropriata?
Azione consequenziale
Azione appropriata
1. Che alternative ho?
1. Che tipo di situazione è questa?
2. Che desideri o obiettivi ho?
2. Chi sono io?
3. Le alternative di cui dispongo che
conseguenze hanno sui miei
desideri o obiettivi?
3. In questa situazione quanto sono
appropriate per me le diverse
azioni?
4. Scegli l'alternativa che presenta le
conseguenze migliori.
4. Fa ciò che è più appropriato.
Le nostre decisioni tengono quasi sempre conto di entrambe queste
prospettive: esse sono inestricabilmente intrecciate anche se possono avere
un peso diverso a seconda del tipo di decisione e del contesto sociale.
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LE NORME SOCIALI (5)

Le norme sociali si distinguono dalle:
2) norme giuridiche
(a) l'obbedienza alla legge è razionale, su basi puramente
orientate al risultato: la pena è come il “cartellino del prezzo
attaccato al reato”;
(b) l'ordinamento giuridico prevede sanzioni formali ;
(c) per le persone incaricate di fare rispettare la legge, applicare
le punizioni è razionale: perderebbero il posto se non lo
facessero.
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LE NORME SOCIALI (6)

Le norme sociali si distinguono dalle:
3. norme professionali
regolano i rapporti tra avvocato e assistito o tra medico e
paziente.
4. equilibri di convenzione
le norme previste dal codice della strada (differenti dal modo di
vestire, dall’etichetta, dall’educazione).
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LE NORME SOCIALI (7)

Le norme sociali si distinguono dalle:
5. norme private
le regole che le persone elaborano e si autoimpongono per
superare la debolezza della volontà. Non sono condivise dagli
altri e non ricevono appoggio da approvazione/disapprovazione.
6. abitudini
o nevrosi compulsiva (abitudine di lavarsi le mani dopo cena v.
bisogno nevrotico di farlo mille volte al giorno), comunque
private.
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LE NORME SOCIALI (8)

Le norme sociali si distinguono da:
7. tradizione
ripetizione o imitazione in modo irriflesso di ciò che i propri
antenati hanno fatto negli anni passati: distinto dal
tradizionalismo (deliberata imitazione di qualche modello
originale).
8. fenomeni cognitivi o psicologici
quando ci perdiamo in una città sconosciuta, nessuna norma
ci impone di trovarci all’albergo, ma ci sembra ovvio
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LE NORME SOCIALI (9)
osservazioni metodologiche
1. la distinzione tra razionalità e norme sociali non coincide con
quella tra individualismo metodologico e approcci olistici (es.,
una norma rappresenta la propensione a provare vergogna e a
prevedere punizioni da parte degli altri al pensiero di
comportarsi in un certo modo vietato; tale atteggiamento diventa
una norma sociale quando è condiviso da altre persone);
2. le norme sociali possono operare a livello inconscio (es.,
norme sulla distanza minima da tenere nelle conversazioni
informali);
3. norme e interesse personale possono coesistere; il secondo
può porre un limite all’invadenza delle prime.
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Le norme servono ad un
qualche scopo?
Prescrizioni sociali che sembrano non avere nessuno
scopo ulteriore, utile per l'individuo o la società.
Prescrizioni superate,
che non corrispondono
più alle esigenze della
interazione sociale
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Prescrizioni frutto di
effetti non-intenzionali
selezionati socialmente
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Le norme possono essere
usate strumentalmente?
Norme e i princìpi possono essere usati come mezzi di
manipolazione di una relazione, impiegati cioè per
giustificare (o razionalizzare a sè stessi) azioni ispirate dal
puro egoismo. Purtuttavia:
1. L'affermazione di un princìpio
ci vincola ad essere coerenti
per non perdere di credibilità;
2. I princìpi non solo ci vincolano verso gli altri ma anche
verso noi stessi (costituiscono
la nostra identità).
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LE NORME SOCIALI (10)
Che cosa sono? Esempi:
1. NORME CHE REGOLANO IL CONSUMO
Tra regole prescrittive (il modo adeguato di stare a tavola; snob: andare
sempre controcorrente; la duchessa di Guermantes “fissa” le norme,
altri le seguono; Bourdieu: La distinzione, norme di consumo estese al
comportamento culturale) e preferenze individuali.
2. NORME CHE DEFINISCONO IL COMPORTAMENTO "CONTRO
NATURA"
Contro il cannibalismo (eccezione incidente aereo sulle Ande nel 1972),
l’incesto, l’omosessualità nell’Inghilterra vittoriana (vicende di O. Wilde
e ipocrisia sociale).
3. NORME CHE REGOLANO L'USO DEL DENARO
“Non sta bene" tagliare l'erba del prato del vicino per soldi; oppure
acquistare il posto della persona davanti nella coda.
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LE NORME SOCIALI (11)
esempi
4. NORME DI RECIPROCITA'
Ricambiare i favori ricevuti (ma potlach, “dono avvelenato”,
altruismo ambiguo)
5. DEONTOLOGIA MEDICA
I casi più gravi curati prima di quelli più lievi, ma in contrasto con
criteri razionali orientati ai risultati
6. CODICI D'ONORE
Dignitas dei romani (vendetta approvata); accordo verbale; i
banchieri City; i mafiosi.
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LE NORME SOCIALI (12)
esempi
7. NORME CHE REGOLANO LA PUNIZIONE
Atti di vendetta e faide.
8. NORME CHE REGOLANO IL LAVORO
Il ruolo delle norme sociali sul posto di lavoro e nella
contrattazione salariale; le norme informali (es., Hawthorne).
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LE NORME SOCIALI (13)
esempi
9. NORME CHE REGOLANO LA COOPERAZIONE
 Utilitarista: "coopera se e solo se il tuo contributo aumenta
l'utilità media dei membri del gruppo ". E' attento ai risultati e alle
circostanze.
 "Kantiano di ogni giorno": "coopera se e solo se sarebbe
meglio per tutti che ognuno lo facesse rispetto al caso in cui non
cooperasse nessuno". Trascura risultati e circostanze.
 "Imparziale": "coopera se e solo se lo fa la maggior parte degli
altri". Attento alle circostanze ( i comportamenti altrui), ma non ai
risultati.
10. NORME CHE REGOLANO LA DISTRIBUZIONE
"Regole di giustizia", eguaglianza ed equità. Tocqueville
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Motivazioni non egoistiche
all'azione collettiva
Numero
partecipanti
Utilitaristi
Imparziali
Imparziali
Utilitaristi
Kantiani
Tempo
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LE NORME SOCIALI (14)

REALI
Hanno un potere motivazionale indipendente, sono fonti
dell'azione ex ante (non sono razionalizzazioni dell’interesse
personale); domanda per l’analisi delle norme sociali: in quale
misura hanno efficacia realmente indipendente e fino a che
punto non si riducano a semplici razionalizzazioni dell’interesse
personale?

AUTONOME
Non sono riducibili alla ottimizzazione: non esiste sempre un
fine in grado di spiegarle.
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LE NORME SOCIALI (15)
La questione dell’autonomia delle norme sociali:
approccio sociologico e approccio economico.
A)
Norme riconducibili direttamente alla razionalità individuale?
(incentivo ad evitare le punizioni per i trasgressori)
Ma le norme non hanno bisogno di punizioni esterne per
essere efficaci: il meccanismo della interiorizzazione, alla
base di una maggiore “flessibilità” nel comportamento
(quando sono “interiorizzate”, le norme sono seguite anche
se la loro violazione non sarebbe osservata o punita: non
butto i rifiuti nel parco anche se nessuno mi vede…);
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LE NORME SOCIALI (16)
B)
Norme riconducibili alla razionalità in modo indiretto?
perché sono individualmente vantaggiose (non bere alcolici,
non mangiare troppo; aiutano ad economizzare sui costi della
decisione; accrescono la credibilità di promesse e minacce)
o perché sono “collettivamente vantaggiose” (“socialmente
utili” in quanto consentono ad esempio di “compensare gli
insuccessi del mercato”: Arrow, 1971, “accordi volti ad
aumentare l’efficienza del sistema economico, fornendo beni
per i quali il sistema dei prezzi è inapplicabile”.
Ma non tutte le norme offrono “miglioramenti paretiani” (anzi
possono dare svantaggi a tutti); a volte norme vantaggiose
per tutti non sono realmente seguite; e anche se la norma
migliora la situazione di tutti, ciò non spiega perché esista.
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Princìpi, norme e istituzioni
I princìpi sono l'interpretazione personale delle norme, consuetudini o
modelli di comportamento che caratterizzano una società.
I princìpi che regolano le nostre
decisioni servono a dare continuità e prevedibilità ai nostri
corsi di azione.
Le istituzioni sono l'insieme delle
norme che regolano un sottoinsieme della società e ne rafforzano l'applicazione.
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Le istituzioni e la
cooperazione sociale
Incendio in un
teatro affollato
Paura
Corsa verso
l'uscita
Razionalità
individuale
Trasferimento
del controllo
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Panico
Uscita
ordinata
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Le "risorse" istituzionali
Le istituzioni intervengono rendendo una attività socialmente indesiderabile più penalizzante per coloro che
potrebbero essere tentati di intraprenderla. Per fare ciò
ricorrono a:
1. minaccia di sanzioni
2. promessa di incentivi
3. rafforzamento di accordi vincolanti
4. modifica del contesto negoziale
5. definizione di consuetudini di azione
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La "ruggine" delle istituzioni
Vincoli alle azioni
individuali per produrre beni collettivi
Istituzioni
Individui
Ma le istituzioni sono
a loro volta il prodotto
dell'azione collettiva
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Istituzioni e modello della
scelta razionale
Se l'unanimità si dà eccezionalmente, non si può pensare
che possa essere il voto della maggioranza a costituire la
volontà collettiva che opera nelle istituzioni?
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Uomini d'affari
Lavoratori
Campo da golf
1
2
3
Orchestra
2
3
1
Piscina
3
1
2
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Professionisti
40
Istituzioni e modello della
razionalità limitata
Abitudini e routine
di azione codificate
Abitudini idiosincratiche
e/o capacità critiche
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Azione
Effetti
dell'azione
Istituzioni o
procedure organizzative
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Istituzioni e significato
dell'azione
Le istituzioni allora non sono semplicemente il risultato
dell'azione di individui i cui desideri e credenze vengono
prima e non hanno nulla a che fare con le istituzioni medesime.
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Desideri, opportunità,
credenze e istituzioni
Desideri
Azione
individuale
Credenze e
principi codificati
Effetti
aggregati
Opportunità
Sanzioni, incentivi
Definizione
della realtà
Istituzioni
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Aspettative
insoddisfatte
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Gli equilibri stabili
Esistono degli equilibri, detti equilibri delle convenzioni,
che risultano particolarmente stabili perchè in situazioni
siffatte il soggetto:
1. non ha nessun interesse ad agire diversamente;
2. nè vorrebbe che qualcun altro lo facesse.
Giochi di coordinamento semplici:
basta l'informazione o un qualche
indizio del comportamento altrui.
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Capitale umano di istruzione nei principali paesi Ocse

La spesa per istruzione: 6,1% Pil dei principali paesi Ocse; ma 4,7%
Irlanda e 7,3% Danimarca, 6,3% Svezia; spesa privata 13,5% di quella
pubblica, ma Usa 32%, Finlandia 1,8%;

I livelli di istruzione: 70% popolazione in età di lavoro con diploma scuola
superiore ; 34% con livelli più alti;

La durata dell’istruzione: tra 6,5 e 9,5 anni; ma Usa 12,5 mentre
Portogallo 4,9 ; tra i 7 e i 14 anni in media 6862 ore, più di 8000 in Italia

I risultati sul mercato del lavoro: i salari crescono al crescere del livello di
istruzione in tutti i paesi; il salario di un lavoratore senza diploma è l’78% di
chi ha un diploma; tasso medio di disoccupazione di chi ha istruzione più
alta 3,3%, contro il 9% per chi non ha almeno un diploma (fig. 2.6).
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Capitale umano
di istruzione

Livelli di istruzione molto differenti tra i paesi (tab. 6.1);

Dati i livelli iniziali più bassi nei paesi in via di sviluppo,
maggior crescita nel periodo recente;

Un investimento costoso, come per il capitale fisico: nel
2000, negli Usa, 443 miliardi di dollari la spesa pubblica e 164
spesa privata (6,2% del Pil); se si considera anche gli
“opportunity cost” (che gli studenti pagano sotto forma di
salario non guadagnato), il costo totale dell’investimento era
doppio: il 12,4% del Pil.
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Istruzione e salari

Capitale umano come capitale fisico: ad investimenti per crearlo corrispondono
ritorni economici;

Difficoltà maggiori di misurazione dei ritorni, in quanto il capitale umano è
attaccato al suo proprietario: come si fa a tenere distinta la parte relativa
all’istruzione dal resto della persona nel considerare la rendita?

Gli economisti risolvono questo problema, calcolando i ritorni del capitale
umano in base solo ai dati dei salari. Il fatto che chi possiede livelli più elevati di
istruzione guadagni salari più alti costituisce l’evidenza del valore di mercato
assegnato al capitale umano: il “ritorno dell’istruzione” è definito quindi come
la crescita di salario che un lavoratore riceverebbe da un anno in più di
istruzione;

Es.Fig. 6.6.: i ritorni dell’istruzione sono il 13,4% per anno nei primi 4 anni di
scuola (1-4); 10,1% per anno per i successivi 4 anni (5-8); e 6,8% per anno
dopo l’ottavo anno (Hall, Jones, 1999)
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La quota salariale
del capitale umano

2/3 del Pil non vanno al capitale fisico, ma al lavoro;

Quanto di questa quota va al capitale umano in possesso
del lavoratore e quanto al lavoro “senza istruzione”?

Tab.6.2 come base dati di calcolo per due gruppi di paesi
e 7 livelli di istruzione;

Fig. 6.9 (paesi in via di sviluppo) e fig. 6.10 (paesi
avanzati) illustrano come da tale calcolo si possa stimare
la quota di salario che costituisce il “ritorno del capitale
umano”: 49% per i primi; 65% per i secondi.
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53
Lavoratori capitalisti?

Si può calcolare quindi la quota di reddito nazionale del capitale
umano sulla base della quota salariale del capitale umano:
moltiplicando i 2/3 del reddito nazionale dato ai salari per la quota
salariale del capitale umano derivano il 33% per i paesi in via di
sviluppo (49%x2/3) e il 43% (65%x2/3) per i paesi avanzati;

Ciò significa che nei paesi in via di sviluppo, la quota del reddito
nazionale che va al capitale umano è uguale a quella data al
capitale fisico; mentre nei paesi più avanzati, tale quota è addirittura
superiore: “i lavoratori sono realmente capitalisti”;

Anzi per alcuni economisti, questo mixing tra “lavoratori” e
“capitalisti” derivante dalla crescita di importanza del capitale umano
sarebbe all’origine del declino delle classi sociali e della lotta di
classe a livello globale (Galor, Moav, 2000).
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Quanto delle variazioni di reddito tra paesi
è spiegato dal capitale umano?

La correlazione tra anni medi di scuola e
livelli di reddito pro capite è forte (fig. 6.11);

Ma si potrebbe anche sostenere che i paesi
più ricchi possono investire di più
nell’istruzione;
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56
Una spiegazione solo parziale …

Fig. 6.12: i differenti livelli di istruzione
contribuiscono a spiegare in parte, ma non del
tutto, i differenti livelli di reddito delle nazioni (il
caso di Singapore più ricco del previsto in base
all’istruzione; i casi di Nuova Zelanda, Corea
del Sud e Polonia più potenzialmente che
realmente ricchi!);

Meglio considerare in maniera combinata sia il
capitale umano che il capitale fisico nel
determinare la ricchezza di un paese.
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Elementi trascurati che complicano il calcolo del
capitale umano …
qualità dell’istruzione:
i paesi più ricchi possono più bassi rapporti tra
studenti/docenti, insegnanti più preparati, testi migliori,
minor problemi di salute. I paesi ricchi non solo hanno
“maggiore” ma anche “migliore” istruzione (con
eccezioni: Usa-Cina test score fig. 6.13);
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Elementi trascurati che complicano il calcolo del
capitale umano …
esternalità:
l’istruzione di una persona accresce non solo la sua
produttività ma anche quella di chi gli sta attorno (ad
esempio gli agricoltori istruiti sono i primi ad adottare
tecnologie innovative a livello locale, ma queste
innovazioni sono adottate anche dai loro amici o dai
vicini; nei paesi più avanzati, è probabile che a cittadini
più istruiti corrisponda un sistema politico e di governo
più onesto ed efficiente …)
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ESTERNALITA’
ORDINE SOCIALE

Generate dall’azione del singolo.

Atti di cooperazione individuali: ripulire il prato dai rifiuti;
ridurre la produzione negli accordi di cartello; votare;
pagare le tasse; donare il sangue; ISTRUIRSI.

Ciascun atto di cooperazione produce un piccolo vantaggio
per tutti, incluso il cooperatore.

E’ meglio per tutti se tutti (o almeno alcuni) cooperano,
piuttosto che nessuno lo faccia.
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Il concetto di "esternalità"
Ego
Vantaggio primario
intenzionale
Azione
Esternalità
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Alter
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CAPITALE UMANO 1-2009 - Dipartimento di Sociologia