Umberto Poli (in arte Saba)
(1883-1957)
La vita come la poesia:
insolita, semplice e
sofferta
L’infanzia e i genitori
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1883: nasce a Trieste
Madre ebrea e padre veneziano
Abbandono paterno
Peppa Sabaz (fino a 3 anni)
A Padova dalle cugine Elvira e Stellina
Studi fino al ginnasio
Città vecchia
Letture autobiografiche
Mio padre
L’assassino
Mia madre
Mio padre è stato per me "l'assassino";
fino ai vent'anni che l'ho conosciuto.
Allora ho visto ch'egli era un bambino,
e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto.
Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
un sorriso, in miseria, dolce e astuto.
Andò sempre pel mondo pellegrino;
più d'una donna che l'ha amato e pasciuto.
Egli era gaio e leggero; mia madre
tutti sentiva della vita i pesi.
Di mano ei gli sfuggì come un pallone.
"Non somigliare - ammoniva - a tuo padre":
ed io più tardi in me stesso lo intesi:
Eran due razze in antica tenzone.
Madre che ho fatto
soffrire
(cantava un merlo alla finestra,il giorno
abbassava, sì acuta era la pena
che morte a entrambi io mi invocavo)
madre
ieri in tomba obliata, oggi rinata
presenza,
che dal fondo dilaga quasi vena
d’ acqua, cui dura forza reprimeva,
e una mano le toglie abile o incauta
l’ impedimento;
presaga gioia io sento
il tuo ritorno, madre mia che ho fatto,
come un buon figlio amoroso, soffrire.
Pacificata in me ripeti antichi
moniti vani. E il tuo soggiorno un verde
giardino io penso, ove con te riprendere
può a conversare l’ anima fanciulla,
inebriatasi del tuo mesto viso,
sì che l’ ali vi perda come al lume
una farfalla. E’ un sogno
un mesto sogno; ed io lo so. Ma giungere
vorrei dove sei giunta, entrare dove
tu sei entrata
--ho tanta
gioia e tanta stanchezza!—
farmi, o madre,
come una macchia della terra nata,
che in sé la terra riassorbe ed annulla.
Insonne
mi levo all' alba. Che farà la mia
vecchia nutrice? Posso forse ancora
là ritrovarla, nel suo negozietto?
Come vive, se vive? E a lei m'affretto,
pure una volta, con il cuore ansante.
Eccola : è viva; in piedi dopo tante
vicende e tante stagioni. Un sorriso
illumina, a vedermi, il volto ancora
bello per me, misterioso. E' l'ora
a lei d'aprire. Ad aiutarla accorso
scalzo fanciullo, del nativo colle tutto
improntato, la persona china
leggera, ed alza la saracinesca.
Nella rosata in cielo e in terra fresca
mattina io ben la ritrovavo. E sono
a lei d'allora. Quel fanciullo io sono
che a lei spontaneo soccorreva; immagine
di me, d' uno di me perduto...
Il negotium e l’otium
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Mozzo su una nave mercantile
Praticante presso ditta commerciale
Le sterminate letture
Lo studio del violino
1903: Il mio primo libro di poesie
1906: incontro con D’Annunzio
1908: servizio di leva a Salerno
La famiglia e il lavoro
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1909: sposa Lina
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A mia moglie
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Abita a Montebello, vicino
Trieste
Rapporti culturali con La Voce
Chiamata sotto le armi
Inabile al fronte (retrovie)
La Libreria antica e moderna
1921: Canzoniere (I)
La malattia e la persecuzione
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Malattia nervosa e oppio
1928: psicanalisi (Weiss)
Fuga da Trieste dopo leggi razziali
Parigi, Roma, Firenze (Montale)
1945: il Canzoniere (II)
1944-47: Storia e cronistoria del Canzoniere
Lo spegnersi della poesia
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1951: Il Canzoniere (III)
1953: clinica (Roma, Trieste, Gorizia)
Ernesto (omosessualità)
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Scorciatoie e raccontini
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1956: morte di Lina
1957: morte per infarto
Una poetica in controtendenza
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autobiografismo e realismo (VS ermetismo)
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Narrazione (l’infanzia, il padre, gli studi, la guerra, la moglie, la figlia )
Tradizionalismo metrico
Quotidianità lessicale
Triestinità come matrice di arretratezza letteraria
No alla poesia come
– Espressione di crisi (crepuscolarismo)
– Impegno formale di conoscenza (Pascoli e D’Annunzio)
– Rivoluzione “totalitaria” (futurismo)
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Sì alla poesia come
– Completamento di sé
– Consolazione
– Autoanalisi
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No al poeta vate
Sì al poeta onesto
No alla bellezza e alla verità assoluta
Sì all’amore per la vita, alla solidarietà, alla fratellanza con il
genere umano
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Umberto Saba (1883-1957)