I MERCATI
DEI FATTORI PRODUTTIVI
Marchionatti/Mornati, Parte II.A, Cap.3 & Parte II.B, Cap.1
Approcci alla teoria della distribuzione
• Distribuzione funzionale: spiega la natura e l’origine delle
categorie di reddito collegandole alle funzioni economiche
svolte da coloro che le ottengono.
• Distribuzione personale: determina l’entità dei redditi
complessivi percepiti dai vari agenti economici a
prescindere dalla funzione svolta nel processo produttivo.
• Approccio marginalista (neoclassico): è un approccio
funzionale; i redditi sono pari al prezzo (o remunerazione)
per i servizi resi dai singoli fattori di produzione
moltiplicato per il numero di unità del fattore impiegate.
 Le remunerazioni dipendono dalla “solita” regola marginalista.
 Quindi la distribuzione è determinata interamente nella sfera dello
scambio come semplice applicazione della teoria dei prezzi.
I fattori di produzione
• I fattori di produzione (o input) sono necessari per produrre
beni e servizi. Anch’essi sono scambiati sul mercato in base
alla rispettiva domanda ed offerta.
• La domanda dei fattori viene dalle imprese, l’offerta dalle
famiglie (proprietarie dei fattori di produzione).
• Si noti che la domanda per un input è una domanda
derivata. Essa deriva infatti dalla decisione dell’impresa di
produrre un certo bene o servizio.
• Cosa determina la quantità che viene scambiata (cioè
acquistata dalle imprese) di ciascun fattore? Cosa determina
il prezzo (detto, in questo caso, remunerazione)?
L’acquisto dei fattori da parte delle imprese
• Premessa: le imprese acquistino i servizi - non la proprietà (la
schiavitù è stata abolita!) - dei fattori produttivi.
• Ipotizziamo che l’impresa sia PC sia nel mercato del prodotto finale
che in quello degli input (questa seconda ipotesi è cruciale per
considerare l’impresa price-taker anche sul mercato dei fattori).
• Per perseguire l’obiettivo della massimizzazione del profitto l’impresa
deve acquistare fattori in modo “razionale”, cioè seguendo la solita
regola marginalista.
• Il punto di partenza è la relazione tra quantità di input e quantità di
output, cioè la funzione di produzione.
• Il prodotto marginale di un input è l’incremento di output che si
ottiene impiegando un’unità addizionale di quell’input, a parità di tutti
gli altri fattori.
• Per esempio, nel caso dell’input lavoro il prodotto marginale del
lavoro è: PML = Q /L
La domanda di lavoro (1)
• Per il principio del prodotto marginale decrescente, anche
PML diminuisce al crescere del numero di lavoratori (o del
numero di ore di lavoro) utilizzati dall’impresa.
• Per massimizzare i profitti l’impresa considera se e quanto
profitto ricava dall’utilizzazione di ciascun lavoratore (o di
ciascuna ora di lavoro) addizionale.
• L’impresa non è interessata solo a quanto produce il
lavoratore marginale, ma anche (anzi, soprattutto!) a quanto
vale ciò che tale lavoratore produce. Deve quindi tenere
conto anche del prezzo del prodotto finale.
• Serve pertanto una misura monetaria, il valore del prodotto
marginale, pari al prodotto tra PML ed il prezzo di mercato
del bene finale: VPML = P  PML
• VPML non è altro che la domanda di lavoro dell’impresa.
La regola marginalista: quanti lavoratori assumere?
Problema: devo raccogliere della frutta dagli alberi. Ho a disposizione una cesta ed una
scala. Quanti raccoglitori devo assumere, posto che il prezzo della frutta è 10€ al kg?
Prodotto Prodotto
Unità Prodotto
medio del marginale
di
totale
lavoro del lavoro
lavoro
(kg)
(kg)
(kg)*
L
Q
0
1
2
3
4
5
0
100
180
240
280
300
PMeL =
Q/L
0
100
90
80
70
60
PML =
Q/L
—
100
80
60
40
20
Valore del
prodotto
marginale in €
(= beneficio
marginale)
BM = p × PML
—
€1000
800
600
400
200
Profitto
Salario
marginale
unitario €
in €
(= costo
marginale)
CM
BM – CM
€500
500
500
500
500
500
—
€500
300
100
–100
–300
* Prodotto marginale del lavoro: incremento del prodotto totale ottenuto assumendo un lavoratore
in più, dati tutti gli altri fattori di produzione.
La domanda di lavoro (2)
VPML,
salario
800
A
VPML è decrescente
perché PML diminuisce
al crescere di L
(mentre P è dato)
B
600
VPML
(= curva di domanda di lavoro)
0
2
3
Quantità di lavoro
La domanda di lavoro (3)
• Per massimizzare il profitto l’impresa segue la regola
marginalista in tutte le sue decisioni. Quindi assume
lavoratori fino a che il beneficio marginale (cioè VPML)
che ottiene da un lavoratore in più uguaglia il costo
marginale (cioè il salario che deve pagare a tale lavoratore).
• La regola di scelta ottimale del fattore lavoro è quindi:
impiegare L* t.c. VPML = w.
• Il salario è dato al livello stabilito dal mercato (l’impresa è
wage-taker), quindi la curva di domanda di lavoro - cioè
l’insieme delle coppie (L*,w) scelte dall’impresa - coincide
con la curva VPML.
 E’ lo stesso ragionamento della curva di offerta dell’impresa PC.
• Questo dimostra che la domanda di lavoro deriva
dall’obiettivo dell’impresa di massimizzare il profitto.
La scelta ottimale del fattore lavoro
VPML,
salario
E
W
(costo marginale
del lavoro)
Domanda di lavoro
(beneficio marginale del lavoro)
0
L* di max profitto
Quantità di lavoro
Come si costruisce la domanda di lavoro
Scheda di domanda
VPML,
salario
E0
E1
E2
VPML = Domanda di lavoro
W2
E2
L
w0
w1
w2
L0
L1
L2
E1
W1
E0
W0
0
w
L2
L1
L0
Quantità di lavoro
L’equilibrio sul mercato del lavoro
• L’offerta e la domanda di lavoro di mercato (ottenute per
aggregazione – cioè somma – di quelle individuali) determinano il
livello di equilibrio del salario e dell’occupazione.
• Quindi la massimizzazione del profitto da parte delle imprese
garantisce che all’equilibrio il salario sarà sempre pari a VPML. In
pratica, i lavoratori ricevono un salario pari esattamente al valore di
ciò che producono.
• Questo vale per tutti i fattori produttivi, la cui remunerazione di
equilibrio sarà sempre pari al valore del loro prodotto marginale.
• Ma allora, possiamo concludere che se le imprese sono PC, ciascun
fattore ottiene sul mercato la “giusta” remunerazione
 “giusta” = pari al valore del suo contributo marginale al processo produttivo.
• Questo risultato, da cui segue che non esiste sfruttamento (p.e. del
lavoro), è il cardine della teoria neoclassica della distribuzione.
 La teoria data al 1890 circa; Das Kapital di Marx è del 1867  un caso?
Salario
Offerta di lavoro
(Ls)
E
W*
Domanda di lavoro
(Ld)
L*
Quantità
di lavoro
Statica comparata: spostamenti
dell’offerta e della domanda di lavoro
• Possibili cause di spostamento della domanda Ld:
 Variazioni nel prezzo del prodotto.
 Cambiamento tecnologico.
 Variazioni nell’offerta di altri fattori.
• Possibili cause di spostamento dell’offerta Ls:
 Cambiamento delle preferenze nella scelta tra lavoro
e tempo libero.
 Nuove opportunità in altri mercati del lavoro.
 Immigrazione.
Un aumento dell’offerta di lavoro
Salario
Ls1
Ls2
E
W1
E’
W2
Ld
0
L1
L2
Quantità di
lavoro
Un aumento della domanda di lavoro
Salario
Ls
E’
W2
E
W1
Ld2
Ld1
0
L1
L2
Lavoro
• Abbiamo visto che l’impresa razionale assume
lavoratori fino a che non ottiene:
w = P  PML
ovvero:
w/P = PML
• La formula ci dice che i salari devono essere
commisurati alla produttività.
• Ciò è ancor più vero quando il prezzo P del
prodotto è dato (perché l’impresa è PC oppure
per via della competizione internazionale).
Salario nominale e reale
• Distinguiamo tra salario nominale, w, e salario reale, w/P.
 Il salario reale è una misura del potere di acquisto del reddito dei
lavoratori, cioè della loro capacità di comprare beni e servizi.
 N.b.: P non è più il prezzo del bene prodotto dall’impresa, ma
l’indice generale dei prezzi (concetto macroeconomico  vedi)
• Gli agenti razionali (imprese e lavoratori) non considerano
il salario nominale, ma quello reale.
 Le imprese, come abbiamo visto, usano il prezzo del loro
prodotto P; mentre i lavoratori usano invece l’indice generale P
 Esempio: se w raddoppia, ma anche P raddoppia, il lavoratore è
più ricco o più povero in termini di potere d’acquisto?
 Illusione monetaria: fenomeno per cui gli agenti (specie i
lavoratori) basano le loro decisioni sulle grandezze nominali
invece che su quelle reali.
• Il salario fissato nei contratti di lavoro è quello nominale,
ma la negoziazione del salario considera quello reale (in
genere atteso, cioè data l’aspettativa sul livello futuro di P).
L’effetto delle tasse sul mercato del lavoro
Salario
Le tasse sul lavoro generano una DWL
ed una riduzione delle assunzioni
A
Salario pagato dai
datori di lavoro
Salario di equilibrio
Salario incassato
dai lavoratori
Offerta di lavoro
E
GF
AB = cuneo fiscale
B
Domanda di lavoro
0
L’
L*
Quantità di lavoro
L’effetto di una legge sul salario minimo
Salario
Un salario minimo vincolante
genera disoccupazione
Offerta di lavoro
Disoccupazione
€4
Salario minimo
Salario di equilibrio €3
Domanda di lavoro
0
80
120
Quantità
Quantità
domandata offerta
Quantità di
lavoro
Gli altri fattori di produzione: terra e capitale
• Le imprese acquistano sul mercato i servizi dei beni capitale o del
fattore “terra”. In entrambi i casi vale lo stesso meccanismo del
mercato del lavoro  la teoria neoclassica è unica per tutti i fattori!
• Il capitale è l’insieme delle attrezzature e delle strutture utilizzate per
la produzione. Esso rappresenta il frutto dell’accumulazione di beni
prodotti nel passato che vengono usati nel presente per produrre nuovi
beni e servizi.
• Il capitale è il “ponte” che lega tra loro processi economici che si
svolgono in momenti diversi del tempo.
• Con il termine “terra” intendiamo tutti i fattori ad offerta fissa (o quasi
fissa), cioè tutti quelli la cui offerta non dipende, almeno nel breve
periodo, dalle decisioni degli agenti economici (come, appunto, la
terra vera e propria, ma anche un brevetto è un caso di “terra”).
• L’offerta del fattore “terra” è quindi tipicamente o perfettamente
verticale o comunque poco elastica. in particolare nel breve periodo.
E’ quindi il tipico fattore che gode di rendita o quasi-rendita.
Vari tipi di rendita
• Rendita: differenza tra reddito percepito da un fattore produttivo e costo opportunità
del suo impiego. Esiste ogni volta che l’offerta del fattore non è perfettamente
elastica. Essa dipende dal fatto che unità successive del fattore vengono offerte sul
mercato ad un prezzo crescente.
• Nel caso di offerta rigida (= verticale), tutta la remunerazione del fattore è rendita.
• Quasi-rendita (= surplus del produttore, PS)  quando è fenomeno di breve periodo
• Rendita differenziale: remunerazione addizionale ottenuta dalle unità più efficienti
di un fattore (= aventi un minore costo opportunità) rispetto a quelle meno efficienti.
 La sua esistenza dipende dalla legge del prezzo unico: al prezzo necessario per
acquistare le unità meno efficienti, quelle più efficienti ottengono un surplus.
• La rendita differenziale può essere intensiva (= deriva dalla PM decrescente di un
fattore variabile, a parità di dotazione degli altri fattori) oppure estensiva (= deriva
dalla diversa efficienza delle unità successive di un certo fattore)
 Esempio: dato un certo terreno per coltivazione, aumentare le ore di lavoro su
quel terreno dà luogo a rendita intensiva sulle prime, e più produttive, ore di
lavoro; mettere a coltura terreni diversi, aventi qualità via via minore, dà luogo a
rendita estensiva a favore dei primi terreni.
• Rendita assoluta: remunerazione addizionale ottenuta a causa della limitazione
dell’offerta (= offerta verticale) rispetto alla domanda di un certo fattore. La sua
esistenza ed entità dipende quindi dall’intensità della domanda.
La rendita assoluta
P
Offerta ad elasticità nulla
P*
RENDITA
ASSOLUTA
Domanda
Q°
Q
Nel caso di un fattore ad offerta assolutamente rigida (p.e. la terra), si ha rendita
assoluta. Infatti la disponibilità a vendere il fattore (= il suo costo opportunità) è pari a
zero (= il fattore non ha usi alternativi). Quindi lo si potrebbe impiegare pagando un
prezzo nullo (o basso). Il fatto che P* sia > 0 dipende dalla concorrenza tra compratori.
Profitto e rendita
• Che relazione esiste tra profitto e rendita?
• In un mercato PC il profitto puro, o extra-profitto, può esistere solo
nel breve periodo.
• E’ quindi un caso di quasi-rendita, che può avere due spiegazioni:
 Deriva dalla capacità dell’impresa di innovare oppure di produrre a costo più
basso delle rivali; tale capacità viene però rapidamente imitata dalle imprese
esistenti o entranti nel mercato; nel lungo periodo  si annulla.
 Oppure deriva da un aumento della domanda; esso dura finché il numero di
imprese operanti sul mercato (e quindi l’offerta totale del prodotto) è dato;
l’ingresso di nuove imprese annulla  nel lungo periodo.
• In un mercato non-PC (p.e. monopolio) l’extra-profitto può esistere
anche nel lungo periodo a causa delle barriere all’entrata che
impediscono l’aumento dell’offerta. In questo caso si può parlare di
vera e proprio rendita, nel senso di extra-remunerazione legata alla
limitazione dell’offerta (= del numero delle imprese)
 A rigore, però, dato che la rendita è legata alla proprietà di uno specifico
fattore ad offerta fissa o quasi fissa, mentre il profitto è legato alla proprietà
dell’impresa, è più corretto tenere separati i due concetti.
Affitto ed acquisto di un fattore
• Per i fattori capitale e “terra” è importante distinguere tra:
 prezzo di acquisto: ciò che si paga per entrare in possesso
definitivo di un certo input del tipo capitale o “terra”.
 prezzo di affitto: ciò che si paga per usufruire dei servizi di quello
stesso input per un periodo limitato di tempo.
 Nel caso del lavoro la distinzione è meno importante perché il
lavoro non può mai essere acquistato (salvo appunto la schiavitù!)
• Come detto, nella nostra teoria le imprese affittano i soli
servizi (non la proprietà) del capitale e della “terra”, per cui
le rispettive remunerazioni (dette appunto prezzi di affitto)
saranno determinate come quella del lavoro:
remunerazione del fattore = VPM di quel fattore
• Anche la “terra” ed il capitale ricevono quindi un
corrispettivo pari al rispettivo VPM.
 N.b.: non stiamo dicendo che le imprese non acquistano mai i
fattori capitale e “terra”, ma solo che, anche quando lo fanno,
analizziamo la loro decisione come se affittassero il fattore per un
tempo molto lungo (potenzialmente infinito).
I mercati di “terra” e capitale
Il mercato della “terra”
Prezzo
di affitto
Il mercato del capitale
Prezzo
di affitto
Offerta
P
Offerta
P
Domanda
Domanda
0
Q
Terra
N.b.: l’offerta è quasi rigida
0
Q
Capitale
Il nesso tra i fattori
• Finora abbiamo studiato i fattori isolatamente (cioè in base
alla clausola ceteris paribus).
• In realtà gli input sono usati tutti assieme, quindi il
prodotto marginale di ciascun fattore dipende dalla
quantità disponibile degli altri fattori.
• Per esempio, una variazione nell’offerta di mercato di un
certo fattore modifica anche la remunerazione di equilibrio
di tutti gli altri fattori. Questo perché…
1. cambia l’equilibrio sul mercato del fattore la cui offerta è mutata;
2. quindi varia la quantità acquistata dalle imprese di quel fattore;
3. quindi varia anche il prodotto marginale ed il rispettivo VPM
degli altri fattori;
4. quindi varia anche la remunerazione degli altri fattori.
Monopsonio nel mercato del lavoro
• Monopsonio: mercato in cui esiste un solo compratore e molti venditori.
 P.e. alcuni mercati del lavoro hanno tale caratteristica (piloti di aereo, ingegneri
automobilistici, prof. universitari, ecc.)
• L’analisi è analoga a quella del monopolio.
• La curva di domanda coincide con la curva del beneficio marginale che l’impresa
ottiene assumendo lavoratori, ovvero la curva VPML.
• La curva di offerta di lavoro è quella usuale, cioè crescente. Essa rappresenta anche
il costo unitario (o medio) del lavoro per l’impresa.
• Sopra tale curva troviamo la curva del costo (o spesa) marginale dell’impresa che
assume lavoratori.
• Come nel monopolio, infatti, per assumere un lavoratore in più l’impresa deve
offrire un salario più elevato, ma tale salario deve essere pagato anche a tutti i
lavoratori già assunti. Questo fa sì che il costo marginale dell’assumere un
lavoratore in più sia sempre superiore al costo unitario.
• La quantità ottima di lavoratori per l’impresa si trova, al solito, quando il costo
marginale uguaglia il beneficio marginale, cioè nel punto E, ma il salario di
monopsonio si legge sulla curva di offerta, cioè nel punto M.
• L’equilibrio in M è caratterizzato da una quantità ed un salario minori rispetto
all’equilibrio nel caso di mercato perfettamente concorrenziale (punto C).
Salario
Costo marginale
del lavoro
Offerta di
lavoro
E
C
Wc
Wm
M
Domanda di
lavoro (= VPML)
Lmax
Leff
Quantità di
lavoro
Monopolio bilaterale
• Monopolio bilaterale: mercato in cui esistono un unico compratore ed
un unico venditore.
• Un esempio è un mercato del lavoro in cui si fronteggiano un unico
compratore (= associazione delle imprese) ed un unico venditore
(= sindacato unico).
• Combiniamo l’analisi del monopolio e quella del monopsonio.
• Il sindacato monopolista si comporta come una qualsiasi impresa
monopolista e quindi massimizza la propria utilità uguagliando il
proprio costo marginale (= offerta di lavoro) ed il proprio ricavo
marginale (inferiore alla domanda di lavoro).
• Il sindacato monopolista vorrebbe “vendere” una quantità di lavoro Ls
al prezzo Ws (punto S); l’associazione delle imprese monopsonista
vorrebbe “acquistare” Lm pagando Wm (punto M).
• L’equilibrio è dunque indeterminato: il salario sarà compreso tra Wm e
Ws e la quantità di lavoro tra Lm ed Ls.
• Dove esattamente si colloca l’equilibrio? La risposta dipende dalla
forza contrattuale delle due parti. Se prevale la forza del sindacato,
ecco che il salario sarà più vicino a Ws e quindi strutturalmente
superiore al salario di equilibrio Wc  esisterà sempre disoccupazione
Salario
CM impresa
Offerta di lavoro
(= CM sindacato)
E
S
Ws
C
Wc
Wm
M
F
Domanda di lavoro
(= RM impresa)
RM sindacato
Lm Ls
Leff
Quantità di
lavoro
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Lezione 18