Il finalismo aziendale e le scelte strategiche Il finalismo in economia aziendale L'azienda di produzione mira al soddisfacimento indiretto dei bisogni umani, predisponendo per lo scambio tutti quei beni e servizi che, solo una volta acquisiti e consumati da altri soggetti, potranno soddisfare direttamente i bisogni medesimi. Quindi chi attua un’attività produttiva lo fa per un proprio tornaconto, reputando di poter realizzare ricavi maggiori dei costi sostenuti, conseguendo un reddito. 2 Come scrive Zappa … «La produzione del reddito (…) è carattere comune alla più gran parte delle imprese di ogni fatta», ma non si deve dimenticare che anche in quelle «esercitate per scopo di lucro, la convenienza economica non è mai il solo criterio, e non è talora nemmeno il criterio dominante, dal quale la gestione è retta nelle sue particolari operazioni e nelle sue complesse coordinazioni». «La produzione d’impresa non può dirsi giunta al suo termine, quando il reddito già conseguito e determinato non sia anche distribuito con saggezza ed equità tra coloro che collaborano alla produzione come organi d’impresa» Concezioni di impresa Impresa in posizione "soggettiva" = strumento di creazione di ricchezza a vantaggio del suo soggetto economico e dei portatori di capitale di rischio in genere Impresa in posizione "oggettiva" = ruolo che essa ricopre nel contesto economico e sociale, ossia attitudine a generare ricchezza a vantaggio di partecipanti all’attività economicoproduttiva 4 La dottrina economica ed aziendale … …ha focalizzato l'attenzione sulle diverse finalità dei comportamenti imprenditoriali, investendo aspetti posti sul confine (non sempre ben demarcato) che divide (o unisce) l'economia con l'etica. 5 Il profitto, come fine aziendale … … ha ricevuto diverse interpretazioni: remunerazione che spetta all'imprenditore per l'organizzazione dei fattori produttivi (teoria economica classica); premio che spetta a colui che promuove l'innovazione (Schumpeter); compenso che ripaga il rischio subito dall'investimento del capitale nell'attività aziendale; frutto di imperfezioni nella concorrenza. 6 Il profitto Non è discutibile la ragione di essere del profitto, elemento qualificante dello stesso concetto di impresa, quanto piuttosto la sua più corretta misura e la sua destinazione. 7 Nel ragionare sul profitto come fine aziendale occorre considerare … … la dissociazione tra proprietà e governo dell'impresa. Mentre i proprietari possono essere interessati al massimo profitto, i manager sono più preoccupati della sopravvivenza e continuità dell'organismo aziendale. 8 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Nella concezione circolare le diverse dimensioni del finalismo d'impresa vengono viste come composte e collegate fra loro, in modo da innescare un circolo virtuoso che ne esalta e rafforza il corretto perseguimento. 9 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Dimensioni istituzionali del finalismo dell'impresa: risultati economici, competitivi e sociali. La dimensione economica ha un ruolo critico in quanto l'impresa è, e deve restare, un istituto creato per produrre ricchezza. 10 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Principi alla base di una corretta impostazione del finalismo: l'impresa può perseguire anche altri fini oltre al risultato economico, senza che ciò conduca al declassamento di quest'ultimo; una capacità di reddito solida e duratura dipende dall'attitudine nel competere sui mercati e nel godere di un elevato grado di consenso dagli interlocutori sociali. 11 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Il risultato economico è un elemento essenziale inserito in un movimento circolare di fini e obiettivi altrettanto importanti, espressi nell’ambito del quadro competitivo e di quello sociale, con i quali deve coniugarsi sinergicamente. 12 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Il risultato economico non è solo “fine”, ma in primo luogo “mezzo” per assicurare duratura prosperità all'impresa ed ai soggetti che vi partecipano; la tensione verso la sua realizzazione deve elevarsi rispetto a logiche di profitto di breve termine, lesive di adeguati risultati futuri; la sua destinazione deve essere tale da garantire il consolidamento e potenziamento dell’impresa. 13 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Un fondato giudizio sulla legittimità del profitto non può basarsi solo sulla sua entità, ma anche (e soprattutto) sulla sua qualità (modalità di formazione e distribuzione). Esso è "di qualità" se non deriva dallo sfruttamento opportunistico di contingenze favorevoli, ma da una superiore capacità di competere e di soddisfare le attese degli interlocutori sociali. 14 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Gli obiettivi nel quadro competitivo Ogni impresa che voglia assicurarsi durature condizioni di prosperità deve ricercare un vantaggio competitivo difendibile risultato della sua attitudine a sviluppare e mantenere competenze e caratteristiche che la distinguano positivamente dalla concorrenza. 15 La concezione circolare del finalismo dell’impresa La ricerca del VCD è una strategia orientata alla affermazione di una specifica e peculiare identità: insita nel tipo di offerta messa a disposizione della clientela ma, in caso di sostanziale parità con i concorrenti su prezzo, qualità, promozione e distribuzione, consistente nei profili che differenziano essa stessa, come soggetto, dai concorrenti: convinto orientamento al servizio del cliente sincera attenzione per le attese degli interlocutori sociali. 16 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Le finalità nel profilo sociale La superiore capacità di competere e la duratura redditività si connettono sinergicamente ad un corretto rapporto con gli interlocutori sociali lavoratori, istituzioni pubbliche e, più in generale, collettività. 17 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Essenziale è la ricerca del consenso circa il disegno imprenditoriale: avvicinare quanto più possibile il consenso reale, di cui l'impresa gode presso gli interlocutori sociali, al consenso necessario per realizzare tale disegno. 18 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Il consenso reale dipende dall'attrattività percepita del rapporto di partecipazione all'impresa, il quale a sua volta si connette a: attese degli interlocutori sociali; capacità percepita dell'impresa nel soddisfare tali attese. Le attese sono influenzate dalla cultura e razionalità economica degli interlocutori La capacità percepita di soddisfare le attese dipende da: correttezza dei rapporti intercorsi in passato; informazioni a disposizione circa il futuro andamento dell'impresa 19 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Il consenso necessario per la realizzazione del disegno imprenditoriale è obiettivo tanto più difficile da raggiungere quanto più detto disegno comporta impegno e rischio per gli interlocutori. Impegno e rischio sono, a loro volta, funzione di: • ambizione del progetto strategico; • difficoltà di realizzazione dello stesso; • attuale situazione dell'impresa. 20 La concezione circolare del finalismo dell’impresa Come innalzare la soglia del consenso reale, fino a raggiungere quello necessario? Lo strumento più efficace è la trasparente comunicazione del disegno strategico, così da ottenere l'adesione convinta e matura degli interlocutori. 21 La definizione di strategia In letteratura manca una definizione generale e condivisa unanimemente di strategia. La definizione accolta in questo scritto poggia su tre elementi fondamentali: l’individuazione delle finalità perseguite dall’azienda, l’analisi dell’ambiente esterno e la valutazione delle risorse aziendali. La strategia, elaborata tenendo in considerazione le opportunità e le minacce ambientali, nonché i punti di forza e debolezza interni all’azienda, ha lo scopo di realizzare gli obiettivi aziendali ricercando l’allineamento tra lo stato aziendale ad un dato tempo e l’obiettivo aziendale da perseguire. Corso di Economia Aziendale 22 La definizione di strategia Rappresentazione grafica Analisi ambiente esterno (dover essere) Stato ad un dato tempo Valutazione risorse interne (poter essere) Obiettivi aziendali (voler essere) Dissonanza percepita Elaborazione delle strategie e scelta Implementazione della strategia Corso di Economia Aziendale 23 La definizione di strategia Considerazioni preliminari Due le considerazioni di fondo da effettuare: • perché la strategia possa pienamente realizzarsi, tali elementi devono legarsi in modo coerente tra loro ed aderire all’identità più profonda dell’azienda, definita anche orientamento strategico di fondo (OSF); • la strategia di successo non comprende esclusivamente una strategia competitiva, ma anche una strategia sociale, che riguarda le modalità di ricerca e mantenimento di una positiva relazione tra l’azienda e i suoi stakeholder (portatori di interesse nei confronti dell’azienda). Corso di Economia Aziendale 24 La classificazione delle strategie Considerazioni preliminari Posto che la strategia si occupa della realizzabilità degli obiettivi aziendali strategici (o di lungo termine), essi possono essere distinti in obiettivi di: • sviluppo dimensionale; • mantenimento delle posizioni di mercato e reddituali raggiunte; • disinvestimento (totale o parziale) ed uscita dal mercato. Corso di Economia Aziendale 25 La classificazione delle strategie Le strategie di sviluppo dimensionale (1/2) Si distinguono in: • strategie di sviluppo monosettoriale (integrazione); • strategie di sviluppo multisettoriale (diversificazione); • strategie di sviluppo internazionale. Con le strategie di sviluppo monosettoriale, la crescita è perseguita nello stesso settore in cui l’azienda esercita la sua attività principale. Esso conduce ad un processo di concentrazione che può avere luogo allo stesso stadio in cui opera l’impresa (integrazione orizzontale) o in stadi adiacenti (integrazione verticale). Corso di Economia Aziendale 26 La classificazione delle strategie Le strategie di sviluppo dimensionale (2/2) Quando l’azienda si estende rivolgendosi a settori diversi, attua una strategia di diversificazione, che viene definita laterale quando esiste un collegamento, tecnologico o di marketing tra produzioni vecchie e nuove, conglomerale quando non esiste alcun legame. Per le imprese di grandi dimensioni, un’alternativa possibile è rappresentata dalle strategie di espansione internazionale, il cui fine è assicurarsi in maniera sistematica nuovi sbocchi all’estero. Corso di Economia Aziendale 27 La classificazione delle strategie Le strategie competitive Una volta definita la strategia di sviluppo dimensionale, l’azienda ha necessità di definire la propria strategia competitiva, ossia la linea di condotta tesa a creare un risultato economico mediamente superiore a quello dei concorrenti in un determinato settore. Nelle aziende che perseguono una strategia di diversificazione, le decisioni strategiche possono essere articolate su tre livelli: strategie globali (a livello corporate) strategie competitive (a livello di business); strategie funzionali (a livello di singola funzione). Corso di Economia Aziendale 28 La classificazione delle strategie Le strategie competitive nelle imprese diversificate Impresa corporate di business ASA 1 funzionale Pdz ASA 2 ASA 3 Mktg R&S …. … Per ASA (Area Strategica di Affari) si intende una combinazione prodotto/mercato/tecnologia tale da configurare un sistema competitivo autonomo Corso di Economia Aziendale 29 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di tipo corporate Le decisioni strategiche di natura globale (corporate), di competenza della Direzione Generale, riguardano l’individuazione dei settori in cui competere e delle unità di business (ASA) in cui si deve articolare l’impresa, sulla base delle risorse strategiche aziendali (decisioni di portafoglio) Tali decisioni possono essere di due tipi: o decisioni inerenti il bilanciamento del portafoglio o decisioni circa l’allocazione dei flussi finanziari tra le diverse unità di business Corso di Economia Aziendale 30 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di tipo corporate: la matrice BCG La matrice BCG rappresenta il posizionamento delle differenti unità di business di cui si compone un’impresa utilizzando due variabili: l’attrattività del settore (misurata dal suo tasso di crescita) la forza competitiva dell’impresa (misurata dalla quota di mercato relativa, data dal rapporto tra il fatturato dell’impresa nell’unità di business sul fatturato dell’impresa leader). Per commentare (sotto il profilo competitivo e finanziario) i quattro quadranti della BCG occorre introdurre la nozione di ciclo di vita del prodotto. Corso di Economia Aziendale 31 La classificazione delle strategie ? Alto Star Alto Alto Question mark ALTO Basso Tasso di crescita del mercato Le strategie competitive di tipo corporate: la matrice BCG Dog disastro Cash cow successo Bassa Alta Quota di mercato relativa Corso di Economia Aziendale 32 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di tipo corporate: il ciclo di vita del prodotto Vendite e profitti Vendite Introduzione Profitti Sviluppo Maturità Declino Tempo Corso di Economia Aziendale 33 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di tipo corporate: la matrice BCG Un portafoglio si definisce ben bilanciato, e quindi solido in termini economico-finanziari, quando contiene: un buon numero di “Cash cow” in grado di garantire profittabilità nel breve periodo e di fornire adeguati flussi finanziari; un certo numero di “Question mark”, che rappresentano le basi per la profittabilità futura (fermo restando che non tutti i business nascenti si riveleranno effettivamente redditizi); un certo numero di “Star” che, se ben sviluppate, diverranno in futuro “Cash cow”. Corso di Economia Aziendale 34 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di business Le decisioni strategiche di business, di competenza dei dirigenti delle unità di business, hanno ad oggetto la definizione delle strategie competitive e si traducono nella definizione delle modalità secondo le quali affrontare la competizione nel settore, fronteggiando le forze che vi operano (fornitori, clienti, potenziali nuovi entranti, prodotti sostitutivi, altre imprese direttamente concorrenti), con l’obiettivo di ottenere una posizione di vantaggio competitivo, ossia la più vantaggiosa possibile nei confronti di concorrenti, clienti e fornitori e poco vulnerabile nei confronti di potenziali nuovi entranti e dei prodotti sostitutivi Corso di Economia Aziendale 35 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di business Nel definire la strategia competitiva tuttavia non basta analizzare il mercato e perseguire il migliore posizionamento possibile al suo interno; è parimenti necessario impiegare efficacemente il patrimonio aziendale di capacità, conoscenze e risorse strategiche. Alla base del vantaggio dell’azienda sta un set unico ed inimitabile di risorse strategiche e competenze distintive e la strategia competitiva ha il compito di allineare tale patrimonio con i fattori critici di successo richiesti dal settore in cui l’azienda si trova ad operare Corso di Economia Aziendale 36 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di business Alle radici del vantaggio competitivo Corso di Economia Aziendale 37 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di business Le risorse sono i fattori produttivi a disposizione dell’azienda, dotati di una identità specifica rispetto all’azienda in cui sono impiegate, sia tangibili che intangibili Solo le risorse strategiche (di valore in quanto rare, inimitabili e non sostituibili) originano competenze distintive, ossia capacità specifiche dell’azienda di combinare le risorse strategiche meglio dei concorrenti, contribuendo così a generare il vantaggio competitivo sul mercato; I fattori critici di successo rappresentano quelle competenze distintive che sono critiche per il mercato, considerate cioè critiche dai clienti di un settore Un vantaggio competitivo è definito quindi dalla capacità distintiva di un’impresa di presidiare, sviluppare e difendere nel tempo, con maggiore intensità e competenza di un rivale, un fattore critico di successo in un settore. 38 Corso di Economia Aziendale La classificazione delle strategie Le risorse strategiche aziendali: un approfondimento Con il termine risorse tangibili si identificano le risorse finanziarie e fisiche dell’azienda; con il termine risorse intangibili i fattori basati sulla conoscenza. Il sistema di risorse ed attività basate sulla conoscenza in letteratura prende il nome di capitale intellettuale e viene idealmente essere scomposto in capitale umano, costituito dalle conoscenze, dalle capacità, dalle competenze e dalle esperienze possedute dai lavoratori di una azienda; capitale organizzativo, costituito dalle conoscenze strutturate possedute dall’azienda e condivisibili; capitale relazionale, costituito dall’insieme delle relazioni tra l’azienda e i suoi stakeholder. Corso di Economia Aziendale 39 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di business Il vantaggio competitivo può aversi in due modi: - come vantaggio di costo: l’impresa offre lo stesso prodotto ma ad un prezzo più basso; - come vantaggio di differenziazione: insieme di differenze significative in grado di rendere distinguibile per l’acquirente l’offerta dell’impresa rispetto a quella dei concorrenti L’impresa può inoltre decidere di competere in un ambito ampio (tutto il mercato) o in un ambito ristretto (rivolgersi cioè a pochi selezionati segmenti di mercato). Incrociando le due dimensioni possiamo individuare quattro tipi di strategie competitive Corso di Economia Aziendale 40 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di business Tutto Un segmento Ampiezza del mercato Le tipologie di strategie competitive (Porter) Leadership sul costo Leadership sulla differenziazione Focalizzazione Focalizzazione sul costo sulla differenziazione Costo Differenziazione Vantaggio competitivo Corso di Economia Aziendale 41 La classificazione delle strategie Le strategie competitive di business Le tipologie di strategie competitive (Miles and Snow) Miles and Snow propongono una differente classificazione delle opzioni strategiche per le imprese, basate sull’atteggiamento che chi governa l’azienda può adottare rispetto all’evoluzione del contesto ambientale di riferimento, e che si qualificano come atteggiamento adattivo (passivo) quando l’azienda attende che si verifichi il cambiamento per reagire, anticipatorio (attivo) quando l’azienda non solo monitora l’ambiente in termini previsionali ma promuove attivamente azioni tese ad influenzare l'evoluzione dei fenomeni. Declinando il concetto in termini di strategie competitive, nel primo caso le aziende seguono strategie imitative, nel secondo caso strategie innovative. Corso di Economia Aziendale 42 La classificazione delle strategie Le strategie competitive funzionali Le decisioni strategiche funzionali, di competenza dei responsabili di funzione all’interno di ogni ASA, sono relative al come svolgere le specifiche attività funzionali perché si possano concretizzare le decisioni prese a livello superiore e dipendono dalle competenze che l’azienda è riuscita ad accumulare nel tempo, sia attraverso l’apprendimento interno che mediante l’acquisizione di risorse esterne. Esempi Funzione Marketing Produzione R&S Decisione Quali politiche di prezzo, prodotto, distribuzione e comunicazione utilizzare Produrre all’interno o esternalizzare; produrre per il magazzino o su commessa Quali strategie di R&S utilizzare Corso di Economia Aziendale 43 Grazie per l’attenzione! Corso di Economia Aziendale 44