Le istituzioni politiche in Italia La Corte Costituzionale Patrizia Pederzoli Per tentare qualche generalizzazione sul ruolo della Corte , saranno percorse tre strade : 1) un’analisi quantitativa che utilizza un indicatore sufficientemente affidabile del <<grado>> di autonomia delle corti costituzionali, la frequenza con cui dichiarano l’illegittimità degli atti normativi sottoposti al loro controllo. 2) osservazione dei giudizi di ammissibilità dei referendum sulle leggi elettorali (materia politicamente tra le più sensibili). 3) il processo penale. LA CORTE NEL SISTEMA POLITICO Delineare il ruolo che la Corte gioca nello scacchiere istituzionale e politico : attraverso l’analisi – del prodotto delle decisioni (quante, di che tipo , con quali esiti) . - delle decisioni che differiscono tra loro per gli attori che le richiedono e ai quali principalmente si rivolgono. - dell’ambiente in cui la giustizia costituzionale si è mossa . 1. Potere di veto e maggioranze legislative La funzione più importante della corte è il controllo sugli atti legislativi. La frequenza delle dichiarazioni di illegittimità serve a valutare il carattere non maggioritario della Corte, che è stata strutturata anche per incorporare una robusta dose di influenza politica. Si è visto infatti che i loro componenti sono per lo più nominati o eletti con un mandato a termine dagli stessi apparati sottoposti al loro controllo Attivismo o moderazione? Per far luce sul concreto funzionamento della corte e collocarla entro questi due poli : attivismo (la Corte si pone come agente del legislatore) e moderazione (la Corte privilegia la propria funzione istituzionale), possiamo vedere quando la Corte esercita un veto sulle deliberazioni. Fattore tempo L’utilità di non trascurare il fattore tempo : L’ incostituzionalità può colpire: Maggioranze del passato il giudice potrebbe conformarsi a risultati elettorali più recenti Maggioranze ancora in essere il giudice sfida le forze di governo I tempi e le frequenze delle censure indicano l’effettivo grado di autonomia delle Corti dal legislatore Limiti Analisi così congegnate comportano tuttavia alcune forzature : 1. Il trattamento quantitativo delle pronunce non si presta a rendere conto della loro complessità. 2. La Corte potrebbe avere un ruolo maggioritario o antimaggioritario, in realtà c’è un’ area grigia, quella delle sentenze interpretative, che rappresenta una via di mezzo. 1.1 Le dichiarazioni di illegittimità costituzionale nei giudizi in via principale e incidentale Periodo 1956-2007 Giudizio in via principale è un procedimento diretto in quanto è data la possibilità a determinati soggetti di chiamare in causa la Corte Costituzionale (direttamente con un ricorso, senza che sia necessario l'intervento di un giudice, come avviene, invece, nel caso di giudizio in via incidentale), per tutelare le proprie competenze legislative. Il giudizio in via principale è riservato a stato e regioni e non a qualsiasi cittadino, che però ha la possibilità di sollevare questione incidentale (riguarda un singolo cittadino leso in un proprio diritto fondamentale da un atto incostituzionale) nel corso del giudizio. Anno Giudizi incidentali Di cui censure N. Di cui censure % Giudizi principali Di cui censure N. Di cui censure % Di cui sconfitte governo 1956 20 3 15,00 14 5 35,71 2 1957 96 10 10,41 19 16 84,21 1 1958 57 8 14,03 16 10 62,50 0 1959 49 12 12,84 12 7 58,33 0 1960 59 14 23,78 5 4 80,00 0 1961 55 18 32,72 16 13 81,25 1 1962 112 25 22,32 3 2 66,66 0 1963 162 33 20,37 8 5 62,50 0 1964 111 16 14,41 6 2 33,33 0 1965 87 21 24,13 6 4 66,66 0 1966 95 33 34,73 24 5 20,83 0 1967 119 32 26,89 29 4 18,18 0 1968 118 30 25,42 11 7 63,63 1 1969 148 42 28,37 4 3 75,00 0 1970 192 35 18,22 5 3 60,00 1 Anno Giudizi incidentali Di cui censure N. Di cui censure % Giudizi principali Di cui censure N. Di cui censure % Di cui sconfitte governo 1971 191 38 18,89 6 1 16,66 0 1972 182 43 23,62 19 8 42,10 2 1973 175 30 17,14 3 2 66,66 0 1974 275 50 18,18 14 3 21,42 0 1975 155 37 23,87 12 2 16,66 0 1976 225 44 19,55 29 11 37,93 2 1977 139 19 13,66 10 1 10,00 0 1978 69 7 10,14 3 2 66,66 0 1979 137 22 16,05 4 2 50,00 1 1980 176 23 13,06 10 3 30,00 1 1981 172 27 15,69 9 2 22,22 1 1982 252 28 11,11 9 1 11,11 1 Anno Giudizi incidentali Di cui censure N. Di cui censure % Giudizi principali Di cui censure N. Di cui censure % Di cui sconfitte governo 1983 335 25 7,46 27 5 18,51 4 1984 295 24 8,13 9 2 22,22 2 1985 325 33 10,15 29 4 13,79 3 1986 271 45 16,60 27 7 25,92 2 1987 580 66 11,39 35 10 28,57 6 1988 896 106 11,83 129 24 18,60 6 1989 521 74 14,20 43 12 27,90 5 1990 512 65 12,69 51 20 39,21 3 1991 451 79 17,51 29 13 44,82 9 1992 422 67 15,15 37 15 40,54 10 1993 401 66 16,45 42 11 26,19 4 1994 409 61 14,91 51 23 45,09 8 Anno Giudizi incidentali Di cui censure N. Di cui censure % Giudizi principali Di cui censure N. Di cui censure % Di cui sconfitte governo 1995 434 75 17,28 47 22 46,80 8 1996 383 55 14,36 27 13 48,14 3 1997 380 44 11,57 27 13 48,14 2 1998 412 45 10,92 13 6 46,15 3 1999 384 34 8,85 27 6 22,22 0 2000 471 41 8,70 33 9 27,27 6 2001 349 28 8,02 34 12 35,29 8 2002 451 38 8,42 30 6 20,00 1 2003 250 20 8,00 57 21 36,84 4 2004 289 23 8,04 97 29 29,89 16 2005 314 30 9,55 101 48 47,52 23 2006 277 29 10,46 112 50 44,64 7 2007 319 35 10,97 76 27 35,52 14 Nei primi 15 anni di attività della Corte , energico intervento sulla legislazione postbellica , per lo più di epoca fascista ma anche liberale (bonifica) raccogliendo consensi nell’opinione pubblica e negli ambienti dottrinali , senza peraltro indurre reazioni apprezzabili in quelli politici = attivismo rivolto al passato. Anni ’70 le censure si assestano al 20%, la percentuale delle pronunce sfavorevoli al legislatore tende a diminuire , non altrettanto può dirsi della propensione all’attivismo. Anni ’80 – IX legislatura, maggiore stabilità rispetto al passato, la scena politica si è ricomposta attorno alla formula del pentapartito , la sola maggioranza possibile, con cui si inaugura la rotazione alla guida dell’esecutivo, picco negativo delle pronunce. Seconda metà anni ’90 – XIII legislatura, diminuiscono le censure per via dell’alternanza. 2007 le dichiarazioni di incostituzionalità conoscono un qualche incremento. Rapporto tra assetti politici e ruolo del giudice A parità di altre condizioni , sistemi instabili e caratterizzati da frammentazione del potere tendono a dilatare l’autonomia delle corti anche se in contrasto con la maggioranza di governo. Due ragioni : - esecutivi deboli , avranno meno risorse per reagire ad una giurisprudenza dissonante ; e la loro stessa capacità decisionale sarà menomata, incoraggiando gli interessi insoddisfatti a percorrere i circuiti giudiziari ;casi politicamente sensibili potranno facilmente affluire all’agenda del giudice , che avrà pochi motivi di temere una risposta ostile della maggioranza (opportunità per un ruolo incisivo) - non così , per ragioni diametralmente opposte , laddove il potere politico sia scarsamente frammentato e disperso. All’affermarsi di una tendenza maggioritaria corrisponda una minore disponibilità delle corti a sfidare il governo e la sua base parlamentare. IL FATTORE TEMPO All’affermarsi di una tendenza maggioritaria corrisponde una minor disponibilità delle corti a sfidare il governo e la sua base parlamentare. Questa ipotesi acquista spessore introducendo la dimensione temporale nell’analisi delle dichiarazioni di incostituzionalità. Il modo per farlo consiste nell’intercettare , all’interno dei pacchetti annuali di censure sin qui considerati , le sole decisioni che hanno colpito maggioranze ancora in essere , rispettivamente di centrosinistra e di centrodestra. -il calcolo include tutte le decisioni con cui la corte ha esercitato un veto nell’ambito dei suoi poteri. -si sono contate ovviamente le sole pronunce sfavorevoli al governo in carica. -le percentuali non possono essere indicate ad inizio e fine legislatura , in quanto il numero totale dei procedimenti è sempre riferito all’anno solare. Depurando i dati nella maniera appena descritta , il numero di pronunce sfavorevoli alle maggioranze del momento scivola a poche unità autorizzando una conclusione : le decisioni del giudice tendono , prima o poi , a seguire i risultati elettorali. Discorso diverso è quello che riguarda l’entità o l’impatto dell’intervento giudiziario. I dati statistici infatti nulla dicono sul peso specifico delle singole decisioni. Nel decennio che va dal 1996 al 2006 ciò che si può definire il “rendimento costituzionale” dei due poli risente , sia pure in maniera diversa , di un’elevata incidenza di decisioni sfavorevoli. Se si guarda alle percentuali , il primato negativo spetta al centrosinistra , fermato nel 1998 tre volte su tredici. Il centrodestra viene però sconfitto , nel confronto con le regioni , ben sedici volte nel 2004 e ben ventidue nel 2005. Al di là della diversa performance dei due schieramenti è abbastanza chiara la più spiccata propensione della Corte ad esercitare il proprio potere di veto nei casi in cui il governo si confronta direttamente con una o più regioni. E’ bene quindi soffermarsi sui possibili motivi di questo modo di atteggiarsi. -in primo luogo ci si imbatte in uno dei tanti effetti collaterali della riforma del titolo V. Questa ha infatti esaltato il ruolo arbitrale della Corte , la cui credibilità di terzo al di sopra delle parti si correla al suo “distacco” dal governo centrale. -in secondo luogo , una maggior sensibilità alle istanze politiche decentrate si manifesta già prima della riforma e tende ad assecondare il rafforzarsi delle autonomie. -infine , alcune pronunce paiono dirette , più che alla maggioranza del momento , alla classe politica nel suo complesso. Per concludere su questo argomento , le statistiche indicano uno scarto non irrilevante nella tenuta costituzionale del centrodestra e del centrosinistra : il primo viene fermato con maggior frequenza del secondo. Va anche rammentato che lo spirito antimaggioritario delle nomine presidenziali tra il 2000 ed il 2005 sposta il baricentro del collegio verso l’area progressista. Ravvisare una relazione con la deludente performance costituzionale del centrodestra sarebbe comunque temerario , tanto più che nel lungo periodo la composizione del collegio non sarebbe determinante per chiarire l’andamento delle censure. Ma nel breve periodo , prevale l’impressione che questa fase abbia risentito anche di un non allineamento tra struttura del collegio e consistenza delle forze politiche. POTERE DI FILTRO E MINORANZE: I GIUDIZI SULL’AMMISSIBILITA’ DEI REFERENDUM Nell’ambito di questa competenza la Corte estende rapidamente le proprie prerogative , rilevando caso per caso leggi o materie escluse dalle consultazioni referendarie , ragionando sul modo in cui le richieste sono formulate e sugli obiettivi perseguiti dai comitati promotori. La gamma dei criteri di ammissibilità si è così progressivamente ampliata ed arricchita , al punto che gli specialisti sono arrivati a contarne non meno di una decina. E’ una proliferazione che tenta di arginare la deriva referendaria cui si assiste a partire dagli anni ottanta quando i Radicali lo eleggono a strumento di azione politica. Le tecniche messe a punto dai comitati promotori per formulare i quesiti referendari si fanno nel tempo più complesse e sofisticate. Fonte di immaginabili patemi per il collegio sono le finalità cui questo istituto si presta e le valenze che di volta in volta assume. In molti casi dà effettivamente voce a pretese con poche possibilità di influire sul circuito legislativo ; in altri casi invece la consultazione popolare si configura da subito come prova di forza tra maggioranza ed opposizione. Si può allora comprendere perché la batteria di criteri costruiti dalla Corte risponda anche a valutazioni di opportunità e le offra un serbatoio cui attingere a seconda delle contingenze. Di tutti i 148 quesiti sui quali si è fin qui pronunciata solo 83 , pari al 56 % , superano il suo vaglio. Il loro folto catalogo allarga i margini di apprezzamento ma induce anche delle rigidità e costringe la Corte a sottili distinguo che fanno affiorare l’intervento di valutazioni non strettamente giuridiche. I REFERENDUM ELETTORALI PER INIZIARE… Con il termine referendum facciamo riferimento ad un istituto di democrazia diretta. Con questa espressione si vuole intendere che attraverso questo strumento i cittadini possono esprimere il loro parere in merito ad una legge direttamente, senza cioè la normale mediazione dei parlamentari. 1. 2. 3. 4. Di tutti i casi che la Corte Costituzionale ha trattato nella sua storia, cinque sono le tornate rilevanti, dal 1991 al 2008, che hanno portato complessivamente a dieci sentenze. Sullo sfondo di questi avvenimenti si collocano : Il fallimento delle riforme istituzionali; Il collasso del vecchio sistema partitico che aveva dominato il periodo della Prima Repubblica e il successivo emergere di una competizione bipolare; Il rinnovo della classe politica; L’alternanza al governo. Tre sono le richieste di referendum elettorali nel 1991. Di queste tre richieste, solo una supera il vaglio del collegio. Le altre due vengono rifiutate in quanto contrastano con i principi di chiarezza, omogeneità ed univocità, perché presentano aspetti incerti e ambigui e dunque suscitano dubbi sull’operato dei promotori, ponendone altrettanti sugli elettori. L’unica iniziativa superstite non può essere considerata una sentenza filogovernativa, dal momento che di fatto critica comportamenti praticati anche dal pentapartito, ma scongiura pur sempre una transizione al maggioritario. 1. 2. Il 1993 è un anno caratterizzato da uno scenario politico ben diverso: Il referendum sulla preferenza unica aveva fatto registrare un afflusso alle urne tale da garantire il quorum, e quindi il successo; Nel gennaio dello stesso anno, i leader politici dei partiti di governo sono stati oggetto di un attacco da parte dell’azione giudiziaria, per rispondere dei reati di finanziamento illegale e di corruzione (Mani Pulite). La Corte Costituzionale accoglie le iniziative in senso maggioritario che erano state bocciate due anni prima: - con la s.32/1993 ammette il referendum sul senato; - con la s.33/1993 ammette il referendum sul sistema elettorale dei comuni. Un’altra richiesta di referendum si ha nel 1995, quando la Corte dichiara inammissibili due proposte destinate a manomettere quelle riforme che avevano introdotto un sistema misto. Stessa sorte tocca ad altri due quesiti nel 1997 che ripropongono lo stesso obiettivo, vale a dire quello di espandere il principio maggioritario (s. 26). I sostenitori del maggioritario riescono a superare il giudizio di ammissibilità verso la fine degli anni Novanta, grazie al cambiamento della sua formulazione. Infine, particolarmente sofferte sembrano invece le tre sentenze del gennaio 2008. Ad essere presa di mira è la riforma voluta tre anni prima dal governo Berlusconi, avversata dall’opposizione. LA PROCEDURA PENALE : IL GIUSTO PROCESSO L’ambito della procedura penale è un settore poco maneggevole per il suo tecnicismo, in ambito politico è un settore “freddo”. Tra il 1992 e il 1998 scontro tra la Corte e il parlamento, censurando diversi articoli del codice di procedura, attraverso decisioni manipolative, in una materia che fissa le regole tra stato e cittadini sottoposti ad accusa penale. 1997 : viene approvata una legge ordinaria per indurre la Corte a più miti consigli. 1999 : con voto bipartisan, porta ad inserire nell’art 111 cost. i principi del giusto processo. Revisione costituzionale (2/1999), con scopo di sovvertire la giurisprudenza della corte, in pratica sanzionandone l’attivismo. LE NUOVE REGOLE E IL RETAGGIO DELLA TRADIZIONE Archiviato il Codice Rocco, di matrice inquisitoria, si passa al Codice Vassalli, nel quale subentrano principi di chiara estrazione anglosassone e dunque di impianto accusatorio. - Fenomeni criminali. - Diversa allocazione del potere nel sistema giudiziario. Con il nuovo codice si tutelano i diritti individuali degli indagati, ed aumentano le garanzie della difesa. Maggiori poteri al pubblico ministero. L’assunzione delle prove è problematico. Separazione tra le indagini e il processo. Pubblico ministero viene definito come un organo imparziale. Il Codice Vassalli per la magistratura è definito troppo “GARANTISTA”, colpevole di depotenziare il ruolo dell’accusa pubblica e compromettere l’azione di contrasto verso la criminalità organizzata. LA CONTESA CON IL PARLAMENTO Inizio dello scontro nel 1992. Tre sentenze di incostituzionalità: - Due sono additive: omissioni del legislatore, e ripristinano o aggiungono regole da questi <<tralasciate>>. Insistono sulla necessità di meglio bilanciare tra loro la difesa sociale dal crimine e la tutela dei diritti. Contaminazione tra fase preliminare e dibattimento. A collegare le pronunce sono due principi: - Ricerca della verità. - Non dispersione degli elementi di prova. Scontro col parlamento (1998): la Corte risponde a 10 ordinanze di rinvio e pone mano alle regole di procedura con una pronuncia additiva s. 361. Viene colpita una riforma del codice, che ripristinava una norma già dichiarata incostituzionale. Ricorso ad una norma del 1992. ALCUNE IPOTESI - L’attivismo e la sintonia con la magistratura impone due interrogativi: Quali fattori spingono a questa collaborazione? Cosa spinge la Corte a protrarre questa armonia? Recrudescenza della criminalità organizzata. Deteriorarsi del quadro politico (declino sistema partitico tradizionale, dimissioni del Capo dello Stato e indagini giudiziarie che premono sui palazzi della politica). Questi fattori portano rispettivamente alle seguenti conseguenze: Una sterzata in chiave inquisitoria del codice nei processi penali. L’apertura di spazi di intervento a specifici organi e alla magistratura. Tutte queste considerazioni possono essere catalizzate dalla vulnerabilità del sistema politico. In generale, si ritiene, nel presupposto che agiscano in modo razionale, che le corti costituzionali non si spingano oltre il punto in cui stimano probabile la reazione del parlamento; la loro autonomia è maggiore quanto è più è difficile per il parlamento annullare gli effetti di una decisione sgradita. Cambia il quadro politico La XIII legislatura realizza l’alternanza di governo, l’esecutivo ha maggior potere decisionale; la tolleranza, quando non l’arrendevolezza della classe politica nei confronti della magistratura, lascia il posto a una ripresa di iniziativa. Bersaglio delle critiche dell’esecutivo è il rito penale e la sua deriva inquisitoria. L’oggetto dello scontro Nonostante le premesse, la Corte mantiene un atteggiamento ostile. La contesa con il parlamento riguarda il modo di concepire il ruolo della mano pubblica di chi la personifica nel processo. I motivi che spingono in questa direzione possono essere il profilo professionale dei membri del collegio (giuridico) e il discorso normativo costruito dalla Corte tramite i precedenti. “SIMUL STABUNT SIMUL CADENT” La Corte sfrutta i cedimenti del sistema per aumentare la propria autonomia e in questo orientamento non è isolata. Aderisce alle richieste del corpo giudiziario e del suo sindacato, muove verso una forte magistratura piuttosto che una debole politica. La ritrovata deferenza verso il potere politico, coincide con le crescenti critiche alla magistratura, già in difficoltà per il rendimento della giustizia ordinaria. Al giudice comune viene così a mancare il sostegno del giudice costituzionale. ATTIVISMO E MODERAZIONE Se valutassimo la traiettoria seguita dalle censure di costituzionalità si osserverebbe una flessione complessiva di pronunce sfavorevoli al parlamento. Escludendo un confronto con il periodo anteriore, occorre focalizzare l’attenzione con il trend seguito dalla Corte nel corso della XIII e XIV legislatura. Si verifica una tendenza alla stabilità, maggioranze meglio delineate, inclini più allo scontro che allo scambio con l’opposizione. Cambia lo scenario e si possono fare due considerazioni: Non viene compressa l’area di intervento della corte. Sembra ridotta la la disponibilità a sfidare il governo e il Parlamento. Vale la stessa relazione per quanto riguarda i giudizi di ammissibilità dei referendum? Il collegio della Corte è stato sempre molto parco sui referendum, ma il passaggio tra Prima e Seconda Repubblica modifica il suo atteggiamento. Maggioranze deboli, esecutivi incerti portano il giudice costituzionale a dar ascolto alle minoranze e a determinare il prevalere di verdetti favorevoli in materia elettorale. Nuova inversione di tendenza L’accordo raggiunto sul sistema elettorale misto da una supermaggioranza porta la Corte ad assumere una nuova predisposizione conservativa. Queste analisi corroborano l’ipotesi che la debolezza politica sistemica apra spazi alla giustizia costituzionale. Un ultimo aspetto da considerare riguarda la valutazione della posizione della Corte nei conflitti tra Stato e regioni. In questi contenziosi legislativi il collegio teme di incorrere nel rischio del gioco “due contro uno” e di mostrarsi dalla parte di uno solo dei contendenti e di compromettere la propria credibilità di terzo imparziale. In questi casi è più facile che l’arbitro costituzionale arrivi allo scontro con il governo e la sua maggioranza, anche se solida.