Piero Doria Raccolta di studi religiosi editi ed inediti Copyright © MMIX ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133 a/b 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978–88–548–2489–8 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: aprile 2009 7 INDICE INDICE p. 7 INTRODUZIONE p. 9 CAPITOLO PRIMO Le nuove frontiere della dottrina sociale p. 11 CAPITOLO SECONDO p. 29 Chiesa e comunicazione sociale: il decreto conciliare Inter mirifica CAPITOLO TERZO p. 37 La «rivoluzione cristiana» di Jacques Maritain e l’Italia Premessa p. 37 Luigi Sturzo (1871-1959) p. 44 Alcide De Gasperi (1881-1954) p. 49 Aldo Moro (1916-1978) p. 54 Giuseppe Dossetti (1913-1996) p. 58 Conclusione p. 61 CAPITOLO QUARTO p. 63 Dal Concilio Vaticano I al Concilio Vaticano II: spunti per alcune riflessioni La Bolla «Aeterni Patris» p. 63 «De Romani Pontificis infallibili magisterio» p. 67 La Bolla «Humanae Salutis» p. 71 8 Indice Vescovi diocesani ed Ordini Religiosi I periti al Concilio Vaticano II La «Nota explicativa praevia» La Bolla «In Spiritu Sancto» p. 75 p. 78 p. 82 p. 85 APPENDICE: Luigi Sturzo Antonio Rosmini p. 89 p. 95 9 INTRODUZIONE Venendo incontro agli stimoli di non pochi amici, di vedere raccolti in un’unica sede alcuni nostri recenti scritti editi ed inediti, redatti su temi e personaggi della storia contemporanea della Chiesa, abbiamo deciso di riunirne alcuni nel presente volume intitolato per l’appunto Raccolta di studi religiosi editi ed inediti. Si tratta, in realtà, di brevi saggi su eventi e personaggi che oramai da anni sono compagni dei nostri studi e che hanno giocato un ruolo decisivo anche nella nostra formazione culturale e scientifica. Pensiamo per esempio, ad Antonio Rosmini, a Luigi Sturzo, a Jacques Maritain, a Paolo VI, a Giovanni Paolo II o ad avvenimenti come il Concilio Ecumenico Vaticano II – vera palestra internazionale di studi e di confronto e vera rivoluzione copernicana per la sua profonda azione di aggiornamento che ha saputo realizzare nella Chiesa ma non solo – che rappresenta ormai da qualche anno il nostro quotidiano impegno di lavoro. Non v’è dubbio che anche altri scritti, soprattutto inediti, potevano trovare spazio in questa sede e pur con i limiti che riconosciamo alla presente collezione, abbiamo preferito privilegiare una certa omogeneità di tempi e di temi, che ci pare ampiamente rispettata. Nel primo capitolo, con il titolo Le nuove frontiere della dottrina sociale, ripubblichiamo il saggio preparato per il numero unico di «Lumsa News», interamente dedicato alla figura di Giovanni Paolo II, edito nel 2005 in occasione della scomparsa del pontefice1. Quindi nel capitolo secondo abbiamo deciso di ripresentare il breve saggio Chiesa e comunicazione sociale: il 1 Le nuove frontiere della dottrina sociale, in «Le sfide di Karol Wojtyla. Riflettere su un Papato», in «Lumsa News», anno 9, num. 4/6, aprile-giugno 2005, pp. 57-67. 10 Introduzione decreto conciliare “Inter mirifica” edito nel 2007 sempre in «Lumsa News»2. Nei capitoli 3 e 4, invece, pubblichiamo due saggi interamente inediti intitolati rispettivamente La «rivoluzione cristiana» di Jacques Maritain e l’Italia e Dal Concilio Vaticano I al Concilio Vaticano II: spunti per alcune riflessioni. Il primo come anticipazione di un lavoro che si spera in futuro di poter approfondire e rendere autonomo; il secondo come frutto spontaneo di alcuni pensieri ancora in fieri. In Appendice, infine, presentiamo due brevi profili inediti di Luigi Sturzo ed Antonio Rosmini, a noi particolarmente cari e vicini. Un sincero pensiero di ringraziamento e di gratitudine, in conclusione, desideriamo rivolgere al Prof. Claudio Vasale e a p. Marcel Chappin SJ per aver voluto accompagnare la stesura delle presenti pagine con i loro consigli. Piero Doria Dal Vaticano, 28 gennaio 2009 2 Chiesa e comunicazione sociale: il decreto conciliare “Inter mirifica”, in «Lumsa News», anno 11, num. 3/5, marzo-maggio 2007, pp. 61-63. CAPITOLO 1 Le nuove frontiere della dottrina sociale Il 15 maggio 1891 Leone XIII pubblicava la lettera enciclica «Rerum novarum» sulla condizione degli operai1. E benchè non fosse la prima volta che la Santa Sede «scendeva sull’arena dei terreni interessi»2, tuttavia, col 1 LEONE XIII, Rerum novarum (Roma, 15 maggio 1891), in «Leonis XIII P.M. Acta (d’ora in poi AL)», 11 (1892), pp. 97-144. La pubblicazione della Rerum novarum non ebbe sempre favorevole accoglienza, soprattutto in certi ambienti cattolici tradizionalisti, ancora legati al vecchio sistema economico, come testimoniano le stesse parole di Pio XI il quale, a questo proposito, scrisse: «Tuttavia la dottrina di Leone XIII, così nobile, così profonda e così inaudita al mondo, non poteva non produrre anche in alcuni cattolici una certa impressione di sgomento, anzi di molestia e per taluno anche di scandalo. Essa infatti affrontava coraggiosamente gli idoli del liberalismo e li rovesciava, non teneva in nessun conto pregiudizi inveterati, preveniva i tempi oltre ogni aspettativa; ond’è che i troppo tenaci sostenitori dell’antico disdegnavano questa nuova filosofia sociale, e i pusillanimi paventavano di ascendere a tanta altezza; taluno anche vi fu che, pure ammirando questa luce, la reputava un ideale chimerico di perfezione più desiderabile che attuabile» [PIO XI, Quadragesimo anno (Roma, 15 maggio 1931), in «Acta Apostolicae Sedis (d’ora in poi AAS)», 23 (1931), pp. 177-228, pp. 180-181]. 2 GIOVANNI XXIII, Mater et magistra (Roma, 15 maggio 1961), in «AAS», 53 (1961), pp. 401-464, p. 405. «Trattammo già questo argomento (questione operaia), - ha scritto Leone XIII – come ce ne venne occasione, più di una volta; ma la coscienza del nostro ministero apostolico ci muove a trattarla ora di proposito e pienamente per mettere in rilievo i principi con cui risolvere la questione secondo giustizia ed equità» (LEONE XIII, Rerum novarum, p. 98). I documenti ai quali fa riferimento Leone XIII nel passo citato sono i seguenti: Quod apostolici muneris (Roma, 28 dicembre 1878), in «AL», 1 (1881), pp. 170183; Arcanum divinae sapientiae (Roma, 10 febbraio 1880), in «AL», 2 (1882), pp. 10-40; Diuturnum illud (Roma, 29 giugno 1881), in «AL», 2 (1882), pp. 269-287; Immortale Dei (Roma, 1° novembre 12 Capitolo 1 documento leoniano, per la prima volta, «venne formulata una sintesi organica dei principi ed una prospettiva storica così ampia che fa della Enciclica Rerum novarum una somma del Cattolicesimo in campo economico sociale»3. Da quel primo documento altri ne seguirono e da Pio XI in poi, passando per il Concilio Vaticano II, ogni pontefice ha contribuito a realizzare quel meraviglioso «corpus dottrinale»4, ancora in fieri, sul magistero sociale della Chiesa5. Una costante opera di aggiornamento che, come ha sottolineato Jacques Maritain, «non è per nulla un adattarsi della Chiesa al mondo, come se fosse il mondo a re1885), in «AL», 5 (1886), pp. 118-150; Libertas (Roma, 20 giugno 1888), in «AL», 8 (1889), pp. 212-246; Sapientiae christianae (Roma, 10 gennaio 1890), in «AL», 10 (1891), pp. 10-41. 3 GIOVANNI XXIII, Mater et magistra, p. 405. 4 GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis (Roma, 30 dicembre 1987), in «AAS», 80/1 (1988), pp. 513-586, p. 514. 5 A testimonianza di quanto fu profetica quell’interiore intuizione di Leone XIII è sufficiente elencare, di seguito, i principali documenti pontifici dei successori di Gioacchino Pecci a partire, per l’appunto, da Achille Ratti. PIO XI, Quadragesimo anno, pp. 177-228; PIO XII, Il Cinquantesimo della «Rerum novarum». Uso dei beni materiali – Il lavoro – La famiglia (Radiomessaggio del 1° giugno 1941), in «AAS», 33 (1941), pp. 195-205; PIO XII, Il Radiomessaggio natalizio al mondo (Radiomessaggio del 24 dicembre 1942), in «AAS», 35 (1943), pp. 9-24; PIO XII, La perenne vitalità della «Rerum novarum» spiegata alle ACLI di Roma (Allocuzione del 14 maggio 1953), in «AAS», 45 (1953), pp. 402-408; GIOVANNI XXIII, Mater et magistra, pp. 401-464; GIOVANNI XXIII, Pacem in terris (Roma, 11 aprile 1963), in «AAS», 55 (1963), pp. 257-304; CONCILIO VATICANO II, Constitutio pastoralis De ecclesia in mundo huius temporis – Gaudium et spes (7 dicembre 1965), in «AAS», 58 (1966), pp. 1025-1120; PAOLO VI, Populorum progressio (Roma, 26 marzo 1967), in «AAS», 59 (1967), pp. 257-299; PAOLO VI, Octogesima adveniens (Roma, 14 maggio 1971), in «AAS», 63 (1971), pp. 401-441; GIOVANNI PAOLO II, Laborem exercens (Castel Gandolfo, 14 settembre 1981), in «AAS», 73/2 (1981), pp. 577-647; GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, pp. 513-586; GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus (Roma, 1° maggio 1991), in «AAS», 83 (1991), pp. 793-867. Le nuove frontiere della dottrina sociale 13 golare la Chiesa; bensì una messa a punto delle posizioni essenziali della Chiesa stessa»6. Di fronte al mondo «la Chiesa non è mossa da alcuna ambizione terrena; essa mira a questo solo: a continuare, sotto la guida dello spirito paraclito, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto sul mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito»7. Pertanto, la Chiesa «non propone sistemi o programmi economici e politici, né manifesta preferenze per gli uni o per gli altri, purchè la dignità dell’uomo sia debitamente rispettata e promossa e a lei stessa (Chiesa) sia lasciato lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo»8, ma, soprattutto, «non spetta alla Chiesa analizzare scientificamente le possibili conseguenze dei cambiamenti (sviluppi nelle condizioni tecnologiche, economiche e politiche) sulla convivenza umana. La Chiesa però ritiene suo compito di richiamare sempre la dignità e i diritti degli uomini del lavoro e di stigmatizzare le situazioni in cui essi vengono violati, e di contribuire a orientare questi cambiamenti perchè si avveri un autentico progresso dell’uomo e della società».9 Di conseguenza, «è 6 J. MARITAIN, Il contadino della Garonna. Un vecchio laico interroga se stesso sul mondo d’oggi, Brescia 1973, p. 82. 7 CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes, n. 3, p. 1027. 8 GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, p. 570. 9 GIOVANNI PAOLO II, Laborem exercens, p. 580. Nel discorso Esta hora, pronunciato da Giovanni Paolo II alla terza Conferenza generale dell’episcopato latino-americano a Puebla (Messico) il 28 gennaio 1979, il papa ha detto, tra l’altro: «Teniamo presente, d’altra parte, che l’azione della Chiesa in campi come quello della promozione umana, dello sviluppo, della giustizia, dei diritti della persona, vuole rimanere sempre al servizio dell’uomo, e dell’uomo così come lo vede nella visione cristiana della sua antropologia. Essa, infatti, non ha bisogno di ricorrere a sistemi e ideologie per amare, difendere e collaborare alla liberazione dell’uomo: è al centro del messaggio, del quale essa è depositaria e banditrice, che trova ispirazione per operare in favore della fraternità, della giustizia, della pace, contro tutte le domi- 14 Capitolo 1 dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo»10, perchè oggetto della cura della Chiesa è l’uomo - «concreta ed irripetibile persona umana11» e «prima e fondamentale via della Chiesa12» - ed i suoi diritti. Diritti che derivano direttamente da Dio, come dono gratuito ad ogni singolo uomo, e che nessun individuo, singolo o collettivo, può violare tra il silenzio generale. Perchè la difesa dei diritti di un solo uomo è la difesa dei diritti dell’intera umanità creata da Dio e perchè «l’essere umano è totalmente libero solo quando è se stesso, nella pienezza dei suoi diritti e doveri: la stessa cosa si deve dire dell’intera società»13. Ho ritenuto opportuno svolgere queste brevi osservazioni introduttive, lasciando volutamente ampio spazio alle parole dei successori di Pietro ed ai documenti del Concilio Vaticano II, prima di analizzare il magistero sociale della Chiesa in Giovanni Paolo II, per sottolineare ancora una volta, qualora ve ne fosse bisogno, che l’insegnamento della Chiesa si situa in un solco di Storia Fede Sacra Scrittura e Tradizione che a partire da Abramo, passa per Cristo (il Dio fatto uomo) e giunge fino a noi per nazioni, schiavitù, discriminazioni, violenze, attentati alla libertà religiosa, aggressioni all’uomo, e quanto attenta alla vita. [...]. Fedele a questo impegno (evangelico), la Chiesa vuole mantenersi libera di fronte agli opposti sistemi, così da optare solo per l’uomo, quali che siano le miserie o le sofferenze che lo affliggono; e questo non per mezzo della violenza, dei giochi di potere, dei sistemi politici, ma bensì per mezzo della verità sull’uomo, in cammino verso un futuro migliore». Cfr. «AAS», 71/1 (1979), pp. 187-205, p. 199. 10 CONCILIO VATICANO II, Gaudium et Spes, n. 4, p. 1027. 11 GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, p. 526. 12 GIOVANNI PAOLO II, Redemptor hominis (Roma, 4 marzo 1979), in «AAS», 71/1 (1979), pp. 257-324, p. 284. 13 GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, p. 579. Le nuove frontiere della dottrina sociale 15 mezzo dei papi e dei padri della Chiesa (in primo luogo, ma non solo, sant’Agostino e san Tommaso)14. 14 «Negli ultimi cento anni – ha scritto Giovanni Paolo II – la Chiesa ha ripetutamente manifestato il suo pensiero, seguendo da vicino la continua evoluzione della questione sociale, e non ha certo fatto questo per recuperare privilegi del passato o per imporre una sua concezione. Suo unico scopo è stata la cura e la responsabilità per l’uomo, a lei affidato da Cristo stesso, per questo uomo che, come il concilio Vaticano II ricorda, è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa e per cui Dio ha il suo progetto, cioè la partecipazione all’eterna salvezza. Non si tratta dell’uomo astratto, ma dell’uomo reale, concreto e storico: si tratta di ciascun uomo, perchè ciascuno è stato compreso nel mistero della redenzione e con ciascuno Cristo si è unito per sempre attraverso questo mistero. Ne consegue che la Chiesa non può abbandonare l’uomo, e che questo uomo è la prima via che la chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione [...], la via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il mistero dell’incarnazione e della redenzione» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 859). La bibliografia sul «magistero sociale» della Chiesa è particolarmente ricca e, in questa sede, fatta eccezione per alcuni testi, ho ritenuto doveroso privilegiare quei contributi e lavori editi successivamente alla pubblicazione della lettera enciclica, Centesimus annus, di Giovanni Paolo II. A questo proposito si rinvia alle seguenti opere: M.-D. CHENU, La dottrina sociale della Chiesa. Origine e sviluppo (1891-1971), Brescia 1977; PH-I. ANDRÉVINCENT, La “Dottrina sociale” di Giovanni Paolo II, Roma 1984; P. DE LAUBIER, Il pensiero sociale della Chiesa Cattolica. Una storia di idee da Leone XIII a Giovanni Paolo II, Milano 1986; J. HÖFFNER, La dottrina sociale cristiana, Cinisello Balsamo (Mi) 1989; Dalla Rerum novarum alla Centesimus annus, a cura di G. GRILLO, Vigodarzere (Padova) 1991; Il principio di sussidiarietà nella dottrina sociale della chiesa. Testi integrali della Rerum novarum e dei documenti pontifici pubblicati per le ricorrenze dell’enciclica leonina con presentazioni di p. Raimondo Spiazzi, a cura di P. MAGAGNOTTI, Bologna 1991; R. A NTONCICH-J.M. MUNÁRRIZ, La dottrina sociale della Chiesa, Assisi 1991; G. B. GUZZETTI, L’insegnamento sociale della Chiesa. L’insegnamento socio-economico, Leumann (Torino) 1991, pp. 232-297; H. CARRIER, Dottrina sociale: nuovo approccio all’insegnamento sociale della Chiesa, Cinisello Balsamo (Milano) 1993; L. NEGRI, Il magistero sociale della chiesa, Milano 1994; Verso una società libera: cento anni di dottrina sociale cattolica, a cura di 16 Capitolo 1 Il bene comune - ha scritto Giovanni Paolo II – «non è la semplice somma degli interessi particolari, ma implica la loro valutazione e composizione fatta in base a un’equilibrata gerarchia di valori e, in ultima analisi, a un’esatta comprensione della dignità e dei diritti della persona»15. Ed è proprio da questa frase, di tipico gusto tomistico, che vuole partire il mio tentativo di approccio agli insegnamenti di Giovanni Paolo II. E più precisamente dalle due fondamentali espressioni equilibrata gerarchia dei valori ed esatta comprensione della dignità e dei diritti della persona che sono i concetti intorno ai quali ruota tutta l’impostazione metodologica ed analitica del pensiero di papa Wojtyla sulla dottrina sociale della Chiesa in funzione del perseguimento del bene comune. Entrambi, infatti, sono facilmente rinvenibili nei tre principali documenti di Giovanni Paolo II, ai quali faccio riferimento in questa sede, vale a dire le encicliche Laborem exercens, Sollicitudo rei socialis e Centesimus annus. Tuttavia, per una migliore comprensione dei testi, i documenti pontifici andrebbero letti e studiati, oserei dire, quasi contemporaneamente integrandoli l’un l’altro sì da realizzare un solo corpo ed unico insegnamento16. G. WEIGEL e R. ROYAL, Milano 1994; F. BIFFI, Convertitevi e lottate per la giustizia e l’equità. Centodieci anni di Magistero Sociale, Casale Monferrato (AL) 2001; U. COLOMBO SACCO DI A LBIANO, Giovanni Paolo II sulla scena del mondo. Magistero sociale, dialogo e diplomazia, Milano 2004, in part. pp. 29-38 e pp. 99 ss.; Compendio della dottrina sociale della Chiesa, a cura del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Città del Vaticano 2004. 15 GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 852. 16 Proprio perchè il metodo che ho indicato è quello che ho seguito, a torto o a ragione, nel preparare il presente contributo mi sembra superfluo dire che nel prosieguo del testo non presenterò, se non nei casi opportuni, alcun apparato critico. Le nuove frontiere della dottrina sociale 17 Il primo valore da cui parte l’analisi di Giovanni Paolo II è indubbiamente l’uomo, creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Un valore assoluto per il quale ogni atto della creazione è destinato e che è, dunque, il fine ultimo della stessa creazione. In conseguenza di ciò anche nelle cose umane il fine deve rimanere sempre l’uomo17. Tuttavia, come appare chiaramente dalla lettura dei documenti pontifici da Leone XIII in poi, che si presentano come una lucida e cristallina analisi dei tempi, il valore uomo è stato sostituito in campo politico, economico, sociale e via dicendo da altri valori, che valori non sono, non essendo utili neppure al soddisfacimento di quei bisogni indispensabili, che in economia vengono identificati con il termine di primari (mangiare, bere, ecc.)18. Per cui in questa gerarchia di valori il capitale, il potere, le ideologie (autoritarismi, totalitarismi, false democrazie), il disprezzo per l’ambiente, gli armamenti, le guerre, il vecchio e nuovo colonialismo, l’odio razziale e religioso, il carrierismo, le sopraffazioni negli ambienti di lavoro, ed altro ancora hanno relegato il valore-uomo ad un ruolo marginale e forse neppure più individuabile come valore. 17 CONCILIO VATICANO II, Gaudium et Spes, n. 12, p. 1034. Anche se, come ha sottolineato il papa, «il dominio accordato dal Creatore all’uomo come immagine di Dio non è potere assoluto, né si può parlare di libertà di usare e abusare, o disporre delle cose come meglio aggrada. La limitazione imposta dallo stesso Creatore fin dal principio, ed espressa simbolicamente con la proibizione di mangiare il frutto dell’albero, mostra con sufficiente chiarezza che, nei confronti della natura visibile, siamo sottomessi a leggi non solo biologiche, ma anche morali, che non si possono impunemente trasgredire» (GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, p. 560). 18 «La natura, per contro, non ha assegnato all’oro e all’argento utilità di sorta di cui non ci sia facile fare a meno, se non fosse la stupidità umana a dar pregio alla loro rarità. Essa, invece, come madre sommamente benigna, ha posto bene in vista tutto il meglio, come l’aria, l’acqua e la terra medesima, e ha nascosto in luoghi remoti le cose vane e del tutto disutili» (TH. MORE, Utopia, Vicenza 1978, p. 131). 18 Capitolo 1 È sufficiente volgere lo sguardo al secolo appena trascorso per ritrovare tutto questo. Un secolo di grandi progressi, certamente, ma anche un secolo ricco di profonde contraddizioni, con sullo sfondo due grandi guerre ed una sempre pronta ad esplodere e che forse solo l’innato spirito di autoconservazione dell’uomo ha evitato19. Un secolo durante il quale l’uomo spesso ha perso il senso della ragione superando limiti inimmaginabili20. A questo proposi19 «Sembrava che l’ordine europeo, uscito dalla seconda guerra mondiale e consacrato dagli Accordi di Yalta, potesse essere scosso soltanto da un’altra guerra. È stato, invece, superato dall’impegno non violento di uomini che, mentre si sono sempre rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo trovare di volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verità. Ciò ha disarmato l’avversario, perchè la violenza ha sempre bisogno di legittimarsi con la menzogna, di assumere, pur se falsamente, l’aspetto della difesa di un diritto o della risposta a una minaccia altrui. Ringrazio ancora Dio che ha sostenuto il cuore degli uomini del tempo della difficile prova, pregando perché un tale esempio possa valere in altri luoghi e in altre circostanze. Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne, coma alla guerra in quelle internazionali» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 821). 20 «Leggendo l’enciclica (Rerum novarum) in connessione con tutto il ricco magistero leoniano, si nota come essa indichi, in fondo, le conseguenze sul terreno economico-sociale di un errore di più vasta portata. L’errore – come si è detto – consiste in una concezione della libertà umana che la sottrae all’obbedienza alla verità e, quindi, anche al dovere di rispettare i diritti degli altri uomini. Contenuto della libertà diventa allora l’amore di sé fino al disprezzo di Dio e del prossimo, amore che conduce all’affermazione illimitata del proprio interesse e non si lascia limitare da alcun obbligo di giustizia. Proprio questo errore giunse alle estreme conseguenze nel tragico ciclo delle guerre che sconvolsero l’Europa e il mondo tra il 1914 e il 1945. Furono guerre derivanti dal militarismo e dal nazionalismo esasperato e dalle forme di totalitarismo, ad essi collegate, e guerre derivanti dalla lotta di classe, guerre civili e ideologiche. Senza la terribile carica di odio e di rancore, accumulata a causa delle tante ingiustizie sia a livello internazionale che a quello interno ai singoli stati, non sarebbero state possibili guerre di tale ferocia, in cui furono investite le energie di grandi Le nuove frontiere della dottrina sociale 19 to, è possibile fare riferimento ad alcuni avvenimenti che hanno caratterizzato il secolo appena passato, come per esempio la rivoluzione russa o, quella più tarda, della Cina, affermatesi sull’onda emotiva di formule violente quali dittatura del proletariato e lotta di classe21 e che hanno registrato sia sul piano legislativo, sia sul piano meramente pratico, vale a dire della vita di tutti i giorni, una violenza inaudita concretizzatasi in persecuzioni, torture (delle più terribili e delle più atroci) ed in esecuzioni singole o di massa22. Per la prima volta apparivano, nascosti tuttavia nazioni, in cui non si esitò davanti alla violazione dei diritti umani più sacri, e fu pianificato ed eseguito lo sterminio di interi popoli e gruppi sociali. Ricordiamo qui, in particolare, il popolo ebreo, il cui terribile destino è divenuto simbolo dell’aberrazione cui può giungere l’uomo, quando si volge contro Dio» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, pp. 814-815). 21 «Ciò che viene condannato nella lotta di classe è, piuttosto, l’idea di un conflitto che non è limitato da considerazioni di carattere etico o giuridico, che si rifiuta di rispettare la dignità della persona nell’altro (e di conseguenza in se stesso), che esclude, perciò, un ragionevole accomodamento e persegue non già il bene generale della società, bensì un interesse di parte che si sostituisce al bene comune e vuol distruggere ciò che gli si oppone. [...]. Lotta di classe in senso marxista e militarismo, dunque, hanno le stesse radici: l’ateismo e il disprezzo della persona umana, che fan prevalere il principio della forza su quello della ragione e del diritto» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 811) 22 «L’uomo tende verso il bene, ma è pure capace di male; può trascendere il suo interesse immediato e, tuttavia, rimanere ad esso legato. L’ordine sociale sarà tanto più solido quanto più terrà conto di questo fatto e non opporrà l’interesse personale a quello della società nel suo insieme, ma cercherà piuttosto i modi della loro fruttuosa collaborazione. Difatti, dove l’interesse individuale è violentemente soppresso, esso è sostituito da un pesante sistema di controllo burocratico, che inaridisce le fonti dell’iniziativa e della creatività. Quando gli uomini ritengono di possedere il segreto di un’organizzazione sociale perfetta che renda impossibile il male, ritengono anche di poter usare tutti i mezzi, anche la violenza o la menzogna, per realizzarla. La politica diventa allora una religione secolare, che si illude di costruire il para- 20 Capitolo 1 agli occhi del mondo – come dire utili ma impresentabili – gli universi concentrazionari o campi di concentramento, nei quali venivano rinchiusi i nemici del popolo, nella maggior parte dei casi oppositori politici, o, tra gli altri, coloro che non ritenevano di dover rinunciare alla propria fede religiosa (ortodossa, cattolica, ebraica, protestante, musulmana, ecc.), o ai valori nei quali fino ad allora avevano creduto. Migliaia, ancora, le vittime della cosiddetta rivoluzione permanente, altrimenti conosciuta con il nome di purghe staliniane, o della rivoluzione culturale cinese, durante la quale, in assenza di qualsiasi rispetto dei diritti dell’uomo e della sua dignità, una moltitudine di donne e di uomini è stata sottoposta ad un processo violento di rieducazione quasi che pensare ed avere delle idee fosse il crimine più odioso di questo mondo. Tuttavia, se è necessario sottolineare la gravità dei fatti appena accennati, è del pari doveroso constatare con tristezza come una parte significativa della popolazione delle democrazie occidentali di quegli anni, forse accecata dallo scontro ideologico, non sia riuscita a cogliere e a comprendere quali orrendi crimini si consumavano al di là dei confini di quelle nazioni stante, per esempio, l’ampia diffusione del Libretto rosso di Mao Tze-tung23 e la loro difesa d’ufficio. In questa triste graduatoria di crimini contro l’umanità un posto, non di secondo piano, spetta anche alla Germania di Hitler. Ho letto e riletto più volte il Mein kampf 24, la sua opera, cercando uno spunto, una idea, un qualche cosa, insomma, che potesse giustificare il suo grande ascendente verso il popolo tedesco. Al di là della sua podiso in questo mondo. Ma qualsiasi società politica, che possiede la sua propria autonomia e le sue proprie leggi, non potrà mai esser confusa col regno di Dio» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, pp. 823-824). 23 MAO TZE-TUNG, Livre rouge de la révolution culturelle, Bruxelles 1971. 24 A. H ITLER, La mia battaglia, Milano 1934. Le nuove frontiere della dottrina sociale 21 chezza intellettuale e politica, non ho trovato assolutamente nulla in questo senso, in compenso, però, ho rinvenuto tanta confusione e non solo nella prosa. Alla follia della superiorità della razza ariana si è associata la follia della persecuzione del popolo ebraico fino al suo sterminio totale, un avvenimento che non ha precedenti nella storia e che associato ai campi di concentramento ed ai forni crematori ha provocato da solo, senza vale a dire tener conto della guerra, milioni di morti. L’incredulità dei primi testimoni, di fronte alle figure dei sopravvissuti ed ai forni crematori, è pari solo alla stoltezza di coloro che ancora oggi dubitano che siano veramenti esistiti. Oggi e per sempre tutti i morti, vittime dell’olocausto, meritano solo tanto rispetto ed il nostro riguardoso silenzio. Come rispetto e silenzio meritano tutte le vittime dei tanti sistemi autoritari passati o tuttora presenti e con i quali le democrazie occidentali hanno tenuto e continuano a tenere non solo relazioni diplomatiche, a volte necessarie ed opportune, ma anche ingiustificabili rapporti economici25. E rispetto e silenzio meritano anche tutte le vittime di Hiroshima e Nagasaki, in gran parte civili inermi massacrati inutilmente a guerra oramai conclusa. Certo, mi si 25 «Nel corso degli anni ottanta crollano progressivamente in alcuni paesi dell’America Latina, ma anche dell’Africa e dell’Asia certi regimi dittatoriali e oppressivi; in altri casi inizia un difficile, ma fecondo cammino di transizione verso forme politiche più partecipative e più giuste. Un contributo importante, anzi decisivo, ha dato l’impegno della chiesa per la difesa e la promozione dei diritti dell’uomo: in ambienti fortemente ideologizzati, in cui lo schieramento di parte offuscava la consapevolezza della comune dignità umana, la chiesa ha affermato con semplicità ed energia che ogni uomo – quali che siano le sue convinzioni personali – porta in sé l’immagine di Dio e, quindi, merita rispetto. In tale affermazione si è spesso riconosciuta la grande maggioranza del popolo, e ciò ha portato alla ricerca di forme di lotta e di soluzioni politiche più rispettose della dignità della persona» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, pp. 819-820). 22 Capitolo 1 può obiettare che è necessario storicizzare. Ebbene, di fronte a migliaia di morti e a tutte le conseguenze sulle generazioni future create da quegli ordigni non riesco proprio a storicizzare. E continuo a considerare quella decisione presa dal presidente Harry S. Truman un crimine contro l’umanità che, purtroppo, nessun tribunale internazionale ha ancora sentito il bisogno di sanzionare come tale26. Come un crimine contro l’umanità sono tutte quelle industrie di armi che assorbono ogni anno miliardi e miliardi di dollari dai bilanci pubblici dei singoli stati, a partire dai più ricchi e civili (Stati Uniti in testa), quando nel mondo milioni di persone non hanno il minimo per so26 «Consideriamo insieme – ha detto Giovanni Paolo II in occasione del suo discorso La guerra è opera dell’uomo pronunciato al «Peace Memorial di Hiroshima» il 25 febbraio 1981 – quella che è una delle tristi imprese dell’umanità e cioè che su tutta la superficie terrestre i nomi di molti – troppi – luoghi vengono ricordati soprattutto perchè hanno testimoniato l’orrore e la sofferenza prodotti dalla guerra; i monumenti ai caduti che, se da un lato ricordano la vittoria, dall’altro rammentano però anche la sofferenza e la morte di innumerevoli esseri umani; i cimiteri in cui riposano coloro che hanno sacrificato la loro vita al servizio del proprio paese o di una nobile causa ed i cimiteri in cui giacciono le innocenti vittime delle furia distruttrice della guerra, i resti dei campi di concentramento e sterminio in cui il disprezzo per l’uomo e per i suoi diritti inviolabili aveva raggiunto la sua espressione più indegna e crudele; i campi di battaglia in cui la natura ha misericordiosamente sanato le ferite della terra, senza riuscire tuttavia a cancellare dalla storia umana del passato l’odio e l’inimicizia. Hiroshima e Nagasaki si distinguono da tutti gli altri luoghi e monumenti come le prime vittime della guerra nucleare. Chino il capo al ricordo di migliaia di uomini, donne e bambini che persero la vita in un momento terribile e di chi per lunghi anni ha riportato nel corpo e nella mente quei giorni di morte che inesorabilmente portarono avanti il loro processo di distruzione. Il bilancio definitivo della sofferenza umana iniziata qui, non è stato ancora interamente steso né è stato ancora calcolato il costo umano complessivo che è stato pagato, soprattutto se si considera ciò che la guerra nucleare ha arrecato – e potrebbe ancora arrecare – alle nostre idee, ai nostri atteggiamenti ed alla nostra civiltà» [cfr. «AAS», 73/1 (1981), pp. 415-420, 415-416]. Le nuove frontiere della dottrina sociale 23 pravvivere. Si può uccidere un uomo sparandogli una pallottola al cuore o facendolo saltare su di una mina oppure in mille altri modi violenti come la storia dell’ultimo secolo ci ha insegnato, ma si può uccidere un bambino anche in maniera silenziosa negandogli, per esempio, un bicchiere d’acqua pulita o un medicinale di poco conto27. E rispetto e silenzio meritano le migliaia di vittime del Vietnam e dell’Afghanistan, del Libano e della Palestina, di Israele e dell’India, della Cina e dell’Iraq, dell’Iran e dei tanti conflitti africani che ogni giorno insanguinano quel continente, e di tutte quelle guerre che giorno dopo giorno si perpetuano nel mondo e che non conosciamo, perchè, come si dice oggi, non fanno notizia. E rispetto e silenzio meritano ancora i tanti militari uccisi in tutto il mondo, nel corso degli esperimenti nucleari, utilizzati come cavie da governanti senza scrupoli per testare direttamente sull’uomo gli effetti delle radiazioni. Un fenomeno che, in situazioni diverse, ha coinvolto, purtroppo, recentemente anche i militari italiani e la stessa popolazione dell’ex-Jugoslavia per l’uso irresponsabile di armi non convenzionali da parte dell’esercito statunitense e nei confronti dei quali, l’allora governo USA, non ha ritenuto di dover assumere una posizione chiara come, una posizione chiara, non ha ritenuto di dover assumere l’attuale amministrazione americana nei confronti del caso di Nicola Calipari. Corsi e ricorsi storici! A questo punto, però, mi sembra utile sottolineare che non è condizione sufficiente e necessaria governare un re27 «Una folle corsa agli armamenti assorbe le risorse necessarie per lo sviluppo delle economie interne e per l’aiuto alle nazioni più sfavorite. Il progresso scientifico e tecnologico, che dovrebbe contribuire al benessere dell’uomo, viene trasformato in uno strumento di guerra: scienza e tecnica sono usate per produrre armi sempre più perfezionate e ditruttive, mentre a un’ideologia, che è perversione dell’autentica filosofia, si chiede di fornire giustificazioni dottrinali per la nuova guerra» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 815) 24 Capitolo 1 gime autoritario o totalitario per essere un criminale di guerra, ma si può essere tale anche governando una democrazia di lunga tradizione se, alla radice dell’azione di quel governo, vien meno il rispetto per l’uomo in quanto tale e se si perseguono obiettivi contrari al bene comune. In questo polverone di follia collettiva la voce della Chiesa, alleggerita finalmente dalla zavorra del potere temporale, ha saputo, in certi momenti, essere l’unica difesa dell’uomo. Il pensiero corre subito a Benedetto XV ed al suo inascoltato grido contro l’«inutile strage»28 e, parimenti, il pensiero corre al suo predecessore Leone XIII ed alla sua profetica denuncia contro il capitalismo ed il socialismo29. E il pensiero corre, ancora una volta, a Gio28 BENEDETTO XV, Dès le debut. Adhortatio ad populorum belligerantium moderatores (Vatican, 1er août 1917), in «AAS», 9 (1917), pp. 417-420, p. 420. Sulla guerra si veda, sempre di Benedetto XV, la lettera enciclica Ad beatissimi Apostolorum Principis (Roma, 1° novembre 1914), in «AAS», 6 (1914), pp. 565-581, in part. le pp. 566567. 29 «[...] con animo invitto (Leone XIII) prende a tutelare personalmente la causa degli operai che le circostanze hanno consegnati soli e indifesi all’inumanità dei padroni e alla sfrenata cupidigia della concorrenza, senza chiedere aiuto alcuno né al liberalismo, né al socialismo dei quali l’uno s’era mostrato affatto incapace di dare soluzione legittima alla questione, l’altro proponeva un rimedio che, di gran lunga peggiore del male, avrebbe gettato in maggiori pericoli la società umana» (PIO XI, Quadragesimo anno, pp. 179-180). A proposito del capitalismo e del socialismo, Giovanni Paolo II, precisando in maniera più chiara l’insegnamento sociale della Chiesa, ha scritto rispettivamente: «Se con capitalismo si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità per i mezzi di produzione della libera creatività umana nel settore dell’economia, la risposta è certamente positiva, anche se forse sarebbe più appropriato parlare di economia d’impresa, o di economia di mercato, o semplicemente di economia libera. Ma se con capitalismo si intende un sistema in cui la libertà del settore dell’economia non è inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà umana integrale e la consideri come una particolare dimensione Le nuove frontiere della dottrina sociale 25 vanni Paolo II e al suo rifiuto, pronunciato in faccia al mondo, di aprire un ennesimo fronte di guerra in Iraq. Un rifiuto disatteso e di cui il presidente George W. Bush, unitamente al suo staff ed ai suoi alleati nel mondo, dovrà assumersene per intero e fino in fondo tutto il peso morale di fronte alla Storia. Passati gli anni i problemi restano ed in qualche caso appaiono anche più gravi perchè dimostrano l’incapacità dell’uomo, cambiati i protagonisti, di elevarsi al di sopra dei tempi. A distanza di quasi un secolo dall’enciclica Rerum novarum Giovanni Paolo II è stato costretto a scrivere: «come giustificare il fatto che ingenti somme di danaro, che potrebbero e dovrebbero essere destinate a incrementare lo sviluppo dei popoli, sono invece utilizzate per l’arricchimento di individui o di gruppi, ovvero assegnate all’ampliamento degli arsenali di armi, sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, sconvolgendo di questa libertà, il cui centro è etico e religioso, allora la risposta è decisamente negativa» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, pp. 845-846). E sul socialismo ha scritto «[...] l’errore fondamentale del socialismo è di carattere antropologico. Esso, infatti, considera il singolo uomo come un semplice elemento e una molecola dell’organismo sociale, di modo che il bene dell’individuo viene del tutto subordinato al funzionamento del meccanismo economico-sociale, mentre ritiene, d’altro canto, che quel medesimo bene possa essere realizzato prescindendo dalla sua autonoma scelta, dalla sua unica ed esclusiva assunzione di responsabilità davanti al bene o al male. L’uomo così è ridotto a una serie di relazioni sociali, e scompare il concetto di persona come soggetto autonomo di decisione morale, il quale costruisce mediante tale decisione l’ordine sociale. Da questa errata concezione della persona discendono la distorsione del diritto che definisce la sfera di esercizio della libertà, nonchè l’opposizione alla proprietà privata. L’uomo, infatti, privo di qualcosa che possa dir suo e della possibilità di guadagnarsi da vivere con la sua iniziativa, viene a dipendere dalla macchina sociale e da coloro che la controllano: il che gli rende molto più difficile riconoscere la sua dignità di persona e inceppa il cammino per la costituzione di un’autentica comunità umana» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 809). 26 Capitolo 1 così le vere priorità»30. E tutto il prosieguo dell’enciclica è una aperta denuncia dei mali del tempo, ai quali una risposta ancora non è stata data dai cosiddetti potenti di turno, i quali nei loro incontri sembrano ricercare più l’autocompiacimento personale che la soluzione dei problemi. I mali denunciati da papa Wojtyla sono: «l’analfabetismo, la difficoltà o impossibilità di accedere ai livelli superiori di istruzione, l’incapacità di partecipare alla costruzione della propria nazione, le diverse forme di sfruttamento e di oppressione economica, sociale, politica e anche religiosa della persona umana e dei suoi diritti, le discriminazioni di ogni tipo, specialmente quella più odiosa fondata sulla differenza razziale»31. E, ancora, il soffocamento del diritto di iniziativa economica di singoli individui o di nazioni, l’urbanizzazzione, la disoccupazione e la sottoccupazione, il debito internazionale dei paesi più poveri, l’interdipendenza economica e politica tra paesi sviluppati e meno sviluppati (particolarmente dannosa per questi ultimi), la tensione tra oriente ed occidente, la produzione ed il commercio di armi, il fenomeno sempre crescente di milioni di rifugiati (perchè crescente è il numero di guerre che si combattono ogni giorno nel mondo), il terrorismo, le differenze tra Nord e Sud del mondo, le campagne sistematiche contro la natalità, il consumismo, i tentativi di imporre agli altri popoli il proprio modo di vivere o la propria fede religiosa, la brama del profitto e la sete di potere ad ogni costo. Unica difesa contro tutto questo per molti popoli è stata la voce e la penna di quel puntino bianco che molti fedeli hanno potuto ammirare da lontano nei suoi viaggi apostolici: il papa. Oggi, lo possiamo dire, la grandezza dei successori di Pietro si ritrova tutta in una duplice spiegazione, vale a dire, per un verso nella loro fedeltà al Vangelo e a 30 31 GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, pp. 523-524. GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, pp. 528-529. Le nuove frontiere della dottrina sociale 27 Cristo e, per altro verso, nella pochezza intellettuale ed umana, sempre fatte salve le dovute eccezioni, degli uomini di stato che nel mondo si sono succeduti. E se oggi c’è ancora bisogno di una dottrina sociale della Chiesa è perchè abbiamo ancora troppi politici più interessati a fare la guerra che a promuovere la pace, non riuscendo ancora a capire che, non le armi, ma «lo sviluppo» - come insegnava Paolo VI - «è il nuovo nome della pace»32. In conclusione, desidero rivolgere un ultimo pensiero ad un altro punto che tanto a cuore stava a papa Wojtyla e che ben si ricollega al magistero sociale della Chiesa, vale a dire il richiamo, nella costituzione europea, alle radici cristiane. Non ho parole nuove da suggerire rispetto a quelle già pronunciate da Giovanni Paolo II, ed è per questo che facendole mie le rinnovo: «Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo»33. 32 PAOLO VI, Populorum progressio, p. 299. Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Per l’inizio del Pontificato. Spalancate le porte a Cristo (22 ottobre 1978), in «AAS», 70 (1978), pp. 944948, p. 947; e GIOVANNI PAOLO II, Discours “Je compte sur vous” aux membres de la Commission pontificale «Iustitia et pax» (11 novembre 1978), in «AAS», 71/1 (1979), pp. 26-29, p. 26. 33