Il Convivio
Trimestrale di Poesia Arte e Cultura del circolo culturale “Il Convivio”
Via Pietramarina – Verzella 66
Anno I
numero 2
95012 Castiglione di Sicilia(CT) Italia
Luglio-settembre 2000
Distribuzione gratuita
Roberto Fradale, Paesaggio Caraibico, olio su tela, 50x70
A Martin Luther King
Per tutto c'è una macchina, ma la macchina
[non è l'uomo.
L'ansia e la stanchezza si raccolgono in rosse
incubatrici. Il benessere materiale non è tutto,
non è l'uomo. L'assenza di dolore è atarassica
evoluzione di barlumi trapunti di dolcezza.
Il monopolio dei pensieri è un fastidioso tanfo
di legno, ma non è l'uomo. I burocrati arginano
montagne di petizioni perché le carte vengano
divorate dai tarli. «Chi accumula tesori
in cielo non li perde» dice il Vangelo.
Ma lì l'uomo non c'è. Il povero che cerchi,
emarginato nelle catapecchie, smorfiato per il colore
della pelle, vinto per la sua umiltà, franto
per l'arroganza, è invece qui, ma non lo vedi:
[disintegrato
dalle ritorte sociali, dai pregiudizi morali,
dalle impossibili risonanze magmatiche d'una politica
deforme. Non è un'utopica mistificazione del reale
che gli uomini siano fratelli, ma un pizzico
di melanina in più è già tragedia: violenza
bruta d'insaziabili quartieri bianchi.
Angelo Manitta
Critica
della letteratura romantica è profondamente
risorgimentale. Il cosiddetto romanzo “storico”
ha, in Italia, un indirizzo spiccamente
nazionale, e pone in evidenza i “fatti” della
storia (come li chiamava Leopardi), che
esaltano e mitizzano le imprese e il coraggio
degli eroi del Risorgimento: pensiamo a
Mazzini, a D’Azeglio, a Pellico, a Settembrini,
a Gioberti, a tanti altri.
Il conflitto tra scienza e fede, cioè tra
sapere e immaginare, si agita nell’animo e
nelle opere del religiosissimo Antonio
Fogazzaro, sicché il romanticismo del
Fogazzaro ebbe un carattere fantastico e
tragico. L’anno di nascita di Malombra è lo
stesso di quello dei Malavoglia (1881), ma il
Verga rivela un mondo vivo e vissuto, mentre
il Fogazzaro vuole mostrare l'invisibile. Il
Fogazzaro dipinge la vita, espone quadretti di
famiglia, affettuosi e sentimentali (“Ombretta
sdegnosa del Mississipì”). Il romanticismo del
Fogazzaro è talvolta misterioso e procelloso,
ma si tratta di un mondo sognato, che l’autore
è incapace di dominare.
Il Romanticismo religioso, proposto dal
Momigliano, come si vede, occupa un posto
ben preciso nella letteratura italiana.
Momigliano
e il romanticismo religioso
di Carmelo Musumarra
Attilio Momigliano, critico di raffinata
sensibilità, attribuisce al Romanticismo un
aspetto religioso, perché “la religiosità
romantica esalta la passione e le forze istintive
ed oscure dell’anima, contro le forze
moderatrici dell’intelletto”. È dunque una
religiosità sospetta, della quale la Chiesa
cattolica non può che diffidare, perché
potrebbe portare al satanismo di Baudelaire e
di Rimbaud.
Il Romanticismo, come è noto, ha
origine in Germania, come fenomeno di
rottura (“Sturm und Drang”) cioè come un
vento di tempesta che vuole abbattere i
preconcetti annidati nella cristianità, come
accade nel Manzoni. Anche in Francia il
Romanticismo acquista aspetti certamente
poco ortodossi, e basti pensare alla “Profession
de foi du vicaire Savonard” di Rousseau e a
“Paulet Virginie” di Bernardin de Saint-Pierre,
ma con questi autori siamo già immersi in un
sentimentalismo che interpreta gli aspetti più
deteriori del Romanticismo.
La domanda più insidiosa la pone
proprio il Manzoni nei Promessi Sposi: don
Abbondio, l’Innominato, frate Cristoforo,
Renzo e Lucia, quelli del lazzaretto, cosa ci
dicono? Ogni personaggio pone al lettore
acuto e arguto un problema, che è filosofico e,
nello stesso tempo, morale, religioso,
letterario, psicologico. Che il Manzoni voglia
contrapporre fede e ragione è un effetto che, a
nostro avviso, non emerge mai dal romanzo. Il
Manzoni non vuole porre problemi, anche se
talvolta può sembrare il contrario, perché è un
autore assai vicino al verismo, niente affatto
romantico nel senso tradizionale. La sua
spiritualità è priva di trascendenza e di dogmi.
E la politica? La letteratura romantica
ebbe certamente risvolti storici e patriottici.
Anzi il Romanticismo italiano, quello meglio
caratterizzato, offre un supporto notevole alla
unità d’Italia. Si può dire che questo aspetto
Il Convivio
Trimestrale di Poesia Arte e Cultura
fondato da Angelo Manitta
Stampato in proprio
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2000
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La collaborazione alla rivista, organo informativo del
circolo culturale “Il Convivio”, è gratuita. Ogni autore
comunque si assume la responsabilità dei propri scritti.
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vengono restituiti.
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acquattato nell’ombra. Tace la parola
bugiarda, tace la voce inerte che sfolgora al
sole e l’uomo è solo nella notte. E il vento non
ha senso e l’aria non ha corpo e la luna…
lontana non ha volto. Tutto sa di metallo, tutto
è nulla e il nulla è la paura, è la vita che
decelera il suo palpito. E questo caos
metafisico ed esistenziale è come il
leopardiano istante di morte che la luce fuga
spingendo la vita al di là della morte, verso la
trasparenza del sole che stigmatizza l’arrivo
della morte mediante l’ordine che governa il
giorno. Solo il poeta continua a morire, solo il
poeta scopre il rosso del sangue e il verde e
l’indaco e il giallo e il nero che è il bianco
perché solo il poeta vede la morte e sorride
con essa della paura dell’uomo che “inventa”
la vita. Il poeta cammina nel giardino di
Adamo e dorme con la sua creta vicino al
fuoco dello sguardo divino e a notte scioglie il
suo corpo nell’occhio di Dio e penetra nel
grembo della Grande Madre e coglie e gusta
l’umore della morte, di tutta la morte. E la vita
e la morte sono in lui ed il sogno e il reale
sono in lui: tutto è il poeta, poiché tutto al
poeta si svela. E il poeta è uomo, uomo con
un’anima e la parola. Il poeta è sospiro, pianto
e follia: il poeta è paura. Nasce dalla notte col
sole la parola del poeta e con essa nasce
l’universo dell’uomo e il reale scolora nel
sogno e nasce l’amore che è poesia.
Genio e follia nei poeti
di Angela Barbagallo
L’uomo è un essere artificiale nel senso
che per essere ha bisogno, metafisicamente
parlando, di costruirsi con arte. Trascendente
ed estetico sono, dunque, due termini che per
lui evocano il placarsi dell’ansia di
puntualizzazione
aperta
sempre
alla
problematica di ciò che deve intendersi per
“forma” veramente compiuta. Da lui il gioco
delle “forme”, l’intreccio dei colori, la
tramatura in cui l’ordito si complica
gonfiandosi morbidamente per poi scendere,
pian piano, a distendersi in una linea che, per
essere retta, mostra di non potersi
definitivamente staccare dal piano orizzontale
per ascendere lungo la verticale dell’estasi
dell’infinito. Sono, questi, almeno per certi
“tipi” di poeti, giochi di linee e di volumi, di
sensi e di percorsi in cui il cammino a spirale
compiace l’intelligenza e torce l’anima che si
svaga armoniosamente negli anelli concentrici
e si inquieta, ma per il suo travaglio il sogno
viene e rampolla di immagini che il senno
tenta: la vita scolora le tinte quadrate del
calcolo con le vaganti sfumature del tenero
senso che turba. Nella notte, giù sulla terra dei
viventi mortali, tace nei boschi l’arsura golosa
di vita che suona canzoni e tacita la parola
ingorda di radici umorose di senso. E Aurora,
di turgido seno, dorme con Erebo per istanti
divini e appena premia che il suo rosato
impallidisca, dilata le pupille celestiali del
figlio prediletto all’eterno infinito, ove non più
sono la terra e il cielo, l’occhio e il senso, la
paura e la luce, la vita e il sogno e tutto è
perché è poesia, perché notte e morte, sogno e
vita, nel poeta sono solo “genio e follia”. Il
poeta è l’anima, seppure esiste, il poeta è il
sogno, la vaghezza della memoria, il pianto
dell’uomo.
A sera, quando la luce dorme e gli
“uomini” si smarriscono nella solitudine e
cercano una compagna per l’amplesso della
carne per non avere paura, a sera gli uomini
“inventano” la vita: qualcuno di essi crea
l’amore, un altro alita di un soffio le mani
vuote per scaldarle ed un altro che non ha fiato
vince col pianto il freddo del silenzio
Pomeriggio d’estate a Milano
di Matteo Brugnoni
Milano, tardo pomeriggio d’estate;
quella prima, precoce estate.
Clacson lontani,
portati dal vento;
sussurri di prodigioso silenzio.
Nebulose di luce,
poca gente nei giardinetti
dell’università:
impercettibile tramonto
oltre la cerchia delle turrite
mura di vetro smagrite.
Un colore nuovo,
di lacrime al tocco.
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Il mondo neolatino
Storia di Michelplacido
Historia de Maiquelplácido
Michelplacido è la copia dell’uomo
pusillanime. Da bambino lo spaventavano i tuoni, i
racconti delle streghe e le storie del West. Se
qualche topo attraversava la stanza esigeva che
tutti i suoi vestiti venissero bruciati. Se nella
campagna durante le scampagnate domenicali
qualche serpente mezzo addormentato usciva a
prendere il sole, il ragazzo non voleva mangiare.
Anche la pioggia – pur essendo tanto bella – gli
causava un grande terrore; l’acqua che scivolava
per le strade gli sembravano fiumi straripati che
volevano affogarlo. A suo padre – uomo normale,
è chiaro - tutte le paure di Michelpalcido
sembravano sciocchezze. «Quando crescerà sarà
un grande uomo» si diceva, idea per niente strana,
d’altra parte. Crescendo però non diminuì la viltà
di Michelplacido. Nel collegio si nascondeva sotto
la tavola, incapace di contrastare i fanfaroni.
Benché leggesse racconti di Salgari e ammirasse le
scorrerie di Robin Hood, non sapeva alzare la
mano per difendersi dagli avversari. Preferiva
offrire da buon cristiano le sue guance. La pubertà
fu un disastro. Si innamorò molte volte, ma la
paura di essere respinto gli impedì una vita
sessuale normale e così non conobbe l’amore. Lo
stesso timore però di essere accettato – poteva
darsene bene il caso che avveniva – lo sprofondava
pure nel silenzio. La possibilità che qualche bionda
gli dicesse di sì lo atterriva. Non sapeva vedersi
come marito, formando una numerosa famiglia,
con cognati suoceri e affini. Non aveva per niente
fegato, il nostro sfortunato amico, e perciò preferì
dimenticarsi che al mondo esisteva l’amore.
Di fronte a tanta viltà pensò di nascondersi
in un monastero per gustare la vita contemplativa
come i santi. Quale strana maniera di pensare
dell'infelice!
Quando gli notificarono la chiamata alle
armi il mondo gli cascò addosso; venne preso da
un terrore tanto forte da dover essere ricoverato
con una depressione da cavallo, in una clinica di
Yuta, si suppone. Siccome non gli valevano scuse
per sottrarsi al sacrificio, lo tolsero dalla caserma,
dove aveva ricevuto l’onore di alcuni schiaffi. Un
sergente alto, grosso e baffuto, conoscendo il suo
problema, lo chiamò figlio di buona donna,
mammone e biscazziere. E altre bellezze
grammaticali. Michelpalcido capì che il sergente
esagerava, ma accettò ugualmente i suoi scherzi. E
si disse che persone come lui non meritavano
trattamento migliore. Perciò in uno slancio di
valentia prese il fucile, se lo mise a spalla e – da
buon intenditore – cominciò a dare il passo di
trad. di Angelo Di Mauro
di Julián Gustems
Maiquelplácido es la estampa del hombre
cobarde. De niño le aterraban los truenos, los
cuentos de hadas y las historias del Oeste. Si algún
ratón andaba por el cuarto exigía que quemasen
todos sus vestidos; si en el campo, en domingos de
asueto, una serpiente salía medio dormida a tomar
el aire, el muchacho se negaba a comer. Incluso la
lluvia – con ser tan bella - , le causaba un infinito
terror; el agua que se deslizaba por las calles
parecíanle ríos desbordados que querían ahogarle.
A su padre - hombre normal si cabe – todos los
miedos de Maiquelplácido le parecían niñerías.
<Cuando crezca se hará mayor> se decía, teoría
nada extraña, por otra parte. Pero ni creciendo
mermaror las cobardías en Maiquelplácido. En el
colegio se escordía debajo de las mesas, incapaz de
plantar cara a los bravucones. Aunque leía novelas
de Salgari y admiraba las correrías de Robinjoud,
era incapaz de alzar su manu para defenderse del
enemigo. Prefería ofrecer, como buen cristiano las
dos mejillas. La pubertad fue un desastre. Se
enamoró infinitas veces pero el temor a ser
rechazado le impidió una vida sexual normal. Y así
quedo, sin conocer el amor. Pero el mismo temor a
ser aceptado – que bien pudiera darse el caso –
tabién le sumió en silencio. La posibilidad de que
alguna rubida le dijese que sí le aterraba. No se
veía como marido, formando una extensa familia,
con cuñados y suegros y todo esto. No tenía agallas
para nada nuestro infortunado amigo. Y prefirió
olvidarse de que en el mundo existía a el amor.
Ante tantas cobardías pensó en esconderse
en un monasterio para gustar la vida
contemplativa, como la de los santos. ¡Qué extraña
forma de pensar la del infeliz!
Cuando le notificaron su ingreso en el
ejército el mundo se la cayó encima; le entró un
terror tan fuerte que tuvo que ser internado con una
depresión de caballo. En una clínica de Yuta, por
supuesto. Pero como no le valían historias para
rehuir el sacrificio le llevaron al cuartel donde
recibió los honores de algunos bofetones. Un
sargento grandullón y bigotudo al saber de su
problema le llamó hijo de la chingada, mamón y
putica.
Y
otras
lindeces
gramaticales.
Maiquelplácido entendió que el sargento se
propasaba pero aceptó sus bromas. Y se dijo que
personas como él no marecían mejor trato. Y en un
arranque de valentía tomó el fusil, se lo colocó al
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marcia. Se ne andò – devo dirlo – e appena a casa
scrisse una lettera al Signor Presidente di
Washington per chiedergli di avere compassione e
destinarlo ad altri compiti, perché egli voleva
servire la sua patria, ma le armi e le grida non si
confacevano al suo carattere. Allora il Signor
Presidente di Washington, che vegliava su di lui
come su un proprio figlio, gli rispose
positivamente e se lo prese per i suoi affari politici,
cosa che entusiasmò il nostro amico, ben disposto
per un lavoro come quello. Il padre di
Michelplacido, compiaciuto per il fortunato destino
di suo figlio, ripensò all’espressione: «Quando
crescerà sarà grande».
E quando a Michelpalcido toccò il turno di
essere Presidente di Washington (in quel paese per
tutti arrivava il turno di essere Presidente), decise
di abolire tutte le guerre.
E all’età di oltre centodue anni, cominciò a
scrivere le sue memorie, libro che fu un best-seller
e venne letto nelle scuole e nelle Università come
esempio di umanità e di valore civico.
hombro y – como buen entendido – empezó a dar
los pasos de la marcha. Y se marchó – quiero decir
– y ya en casa escribió una carta al señor
Presidente de Vásington, para pedirle que tuviera
compasión y le destinara a otros menesteres.
Porque Maiquelplácido quería servir a su patria,
pero eso de las armas y los gritos no iban con su
persona. Y el señor Presiedente de Vásington que
velaba por él como si fuese su propio hijo dijo que
bien y se lo llevó para sus mítines políticos, tema
que entusiasmó a nuestro amigo, bien dispuesto
para una tarea como aquella. El padre de
Maiquelplácido, complacido del afortunado
destino de su hijo seguía pensado que <Cuando
crezca será mayor>.
Cuando a Maiquelplácido le tocó el turno
de ser Presidente de Vásington (en aquel pais todo
el mundo llegaba ser Presidente de Vásington),
decidió anular las guerras.
Y con cien y dos años más, empezó a
escribir sus memorias, libro que fue beseller y anda
en escuelas y Universidades como ejemplo de
hombría y valor cívico.
Aquelarre 2000
Trad. di Carlos Vitale
Sabba 2000
di Francesco De Napoli
Sobre las cenizas de un pasado
miserable y fabuloso
resurgen las estirpes demoníacas
del bárbaro mundo de los antepasados.
Es la metropolis…
Sólo vampiros y murciélagos
resisten a la victoria del cemento.
Tú, juglar de mil ficciones,
te has engullido la última nota.
¡El hombre está en la luna!
Fabrica arsenales
de terror e hachís
con presuntuosa ingratitud.
Correrá, correrá, asqueado,
hacia un futuro sin amor.
Pero la esperanza queda.
Sulle ceneri di un passato
miserabile e favoloso
risorgono le stirpi demoniche
del barbarico mondo degli avi.
È la metropoli…
Solo vampiri e pipistrelli
resistono alla vittoria del cemento.
Tu, menestrello di mille funzioni,
hai ingoiato l’ultima nota.
L’uomo è sulla luna!
Fabbrica arsenali
di terrore e di hashish
con boriosa ingratitudine.
Correrà, correrà, scoglionato,
verso un futuro senza amore.
Ma la speranza resta.
Questa sezione è riservata a Spagna, Portogallo, America latina e Francia. Se
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nel tuo Paese, la rivista “Il Convivio” te ne dà la possibilità pubblicando i
tuoi scritti sia in italiano che nel testo originale. Non devi far altro che
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testi non si restituiscono.
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ai dubbi
agli istinti
alla rabbia
al corpo
ed agli eccessi
iniqui.
Poesia
Ricordi (a Nicola)
di Giovanna M. Muzzu
Il tuo nome vuol dire:
non poterti mai dimenticare.
Tra pena e desolazione
di Alberto Artoni
Cercare la tua mano nel buio
e trovare quella di tuo figlio.
Ardisce la bell’età seguir la scia
d’un momento.
Quei ricordi parvero che vita
lambissero,
la mia dolce visione che fuggì al mirabile
giorno,
una taciturna ostilità.
Ascoltar la tua voce
e non sentire
che il mormorio del vento
fra le fronde.
Ricordare il tuo sorriso
e incontrar gli occhi tristi
dei tuoi bimbi.
E ricorda la caduca rabbia, un rimpianto!
Uno di quei volti bagnati dalla pioggia
riconosce
quando nel sussurrare dei segreti,
si fa strada nei suoi pensieri
la luce d’un sogno che vede
ma non tocca.
Cercare in casa
la tua presenza
e ritrovarla
fra un fiore e un cero.
Ricordare il tuo volto
e vederlo in un sogno
caro e lontano.
Ricordarti
e sentir calde lacrime
solcare il mio volto.
Rimpiangere
ciò che poteva essere
e non è stato.
Dov’eri
di Andrea Bottino
E Dio dov’era
quando inesperto
cadevo
quando innocente
godevo
quando stremato
gridavo
quando obbligato eseguivo.
Ed ho creduto
ai baci
alle carezze
ai pensieri
Il primo. L’ultimo.
di Paola Ravelli
Tra il primo amore
e l’ultimo, dicevano,
si va per tentativi.
In mezzo,
un campo di papaveri,
spighe schiacciate,
lucciole vaganti.
E tanti errori, tanti..
Del primo si affermava
che non si può scordare
con ciò sottintendendo
che rimanga, fra tutti,
il più importante.
Nessuno infatti
l’ha dimenticato,
siamo tutti dei sopravvissuti
a quel morbo infantile
terribile
dalla prognosi fausta:
per passare, passa.
Ma è l’ultimo, spaurivano,
il più pericoloso,
quello che colpisce
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inaspettato e duro.
Vedrai, avvertivano,
un attimo prima
ti leccherai annoiata
le tue antiche ferite,
con la guardia
momentaneamente abbassata.
subito dopo
ti troverai contagiata.
Senza anticorpi, sguarnita,
come se le ricadute precedenti
non ti avessero immunizzata
e i tanti errori
nulla
t’avessero insegnato.
E i papaveri
non daranno più l’oblio,
le spighe pungeranno,
di lucciole nemmeno una scia.
Questa volta saprai
che la malattia è mortale.
È l’ultimo amore:
se sbagli rimedio,
se non indovini la cura,
fai incidere il suo nome
sulla tua pietra tombale.
Il giorno
di Baldassarre Turco
Recensioni
Già all’alba
ci affliggerà il pensiero
del tramonto:
le poche ore del sole,
vissute nell’affanno,
nient’altro saranno
che tristezza e dolore.
Misticismo e realtà in Anna Maria Bertola (I
sentieri della vita, Libroitaliano 1997, pp.88,
L.18.000)
La silloge di poesie “I sentieri della vita” di
Anna Maria Bertola, poetessa bergamasca dal
soave sentire umano, si apre con una dedica del
tutto particolare: «A Colui da cui ogni cosa deriva
e alla fine ritorna». Questa espressione diventa
quasi un programma per la poetessa. Una profonda
sensibilità religiosa e mistica, infatti, pervade ogni
poesia, benché la sua non sia una poesia
esclusivamente religiosa, sensibilità espressa
attraverso l’introspezione personale, ma a volte
anche attraverso il contatto con la natura, con gli
altri uomini e con il creato in genere: «Se vuoi
cercare Dio / devi uscire nelle strade, / solo lì lo
puoi trovare. / Lo devi cercare nelle sembianze /
delle persone che ami, / nel volto della gente che
incontri, / nel povero che ti tende la mano». E in
senso mistico-religioso può essere interpretata
anche l’ultima poesia della silloge, dal titolo “La
triade”, un piccolo poemetto in cui una Signora, il
Cuore e la Coscienza discutono davanti alla morte
sulla pace, sull’amore, sul dolore.
La poesia della Bertola sfiora tematiche e
toni diversi. Passa dalla problematica esistenziale
ad accenti più pacati, dalle espressioni elegiache
alla negatività dell’essere, dalla trascendenza
filosofica e spirituale all’intimità più cocente:
concetti che spesso riaffiorano attraverso il ricordo;
e in tal senso la propria terra di origine, la
campagna bergamasca, assume un valore
straordinario, evidenziando una tensione tra uomo
e natura che a volte si tramuta in una introspezione
accorata o in una contemplazione mistica.
Nella silloge “I sentieri della vita” si nota
pure un tono narrativo ed epico fin dalla prima
lirica, forse una delle più belle, in cui il fiume e il
ruscello, parlando tra di loro del bene e del male
che entrambi possono recare, concludono che
«sovente è meglio essere piccoli e far del bene, che
essere grandi e far del male». In effetti l’acqua,
quale elemento vitale, nella poesia della Bertola
assume un valore emblematico e simbolico, e non
poteva essere diversamente dal momento in cui il
suo paese di nascita, Ciserano, è posto tra due dei
più grandi fiumi della Lombardia: il Brembo e il
Serio.
Molta poesia della Bertola scaturisce in
effetti dall’amore per la sua terra, lei che ama
definirsi contadina, e con la sua semplicità e
genuinità riesce a conquistare il lettore. Forte è la
presenza della natura e dell’ambiente familiare: la
Paese
di Baldassarre Turco
Quattro stradette in croce,
da dove si partiva
in cerca di fortuna:
lasciavi un cielo azzurro
e tanto caldo sole
per un pezzo di pane
sicuro di domani in domani.
Stato d’animo
di Maria Grazia Falsone
La brezza marina è il mio
[entusiasmo,
lo sciabordio delle acque la mia ossessione.
La scogliera nera possente e scoscesa riflette
[il mio animo
ora profondamente nero, ora colmo di gioia e
[di allegria.
L’infinito all’orizzonte mi scuote e mi rende
[l’animo leggero,
capace di vibrarsi come un gabbiano,
scrollandosi di dosso tutte le preoccupazioni
[che lo attanagliano.
Quest’attimo di serenità, voglio respirarlo
[fino in fondo,
voglio che il mio animo nei momenti più bui,
possa ritornare a respirare quest’attimo e
[rifocillarsi
ricordandosi che dopo ogni tempesta ritorna
[sempre il sereno.
Sento che ogni poro della mia pelle vibra
quando viene accarezzato da quest’aria
[salubre del mare
e che lo sguardo cerca di fondersi con
l’immensità dell’azzurro
per placare il mio spirito battagliero,
facendomi respirare la vera felicità e
assaporare l’infinito!…
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di attenzione». Ma il potere degli uomini diventa
spesso simbolo dei concetti che ruotano attorno
alla sua esistenza: religiosità, misticismo, politica,
filosofia, emozione, poesia, sensualità, ragione:
concetti astratti che formano il nucleo essenziale
della poetica del Nesti, attento conoscitore e
scandagliatore dell’animo umano. La poesia di
questa silloge, infatti, può definirsi lirica e
filosofica insieme, perché per mezzo di essa
l’uomo acquisisce speranze ed evade dal suo
mondo contingente, pur attraverso il dolore e la
sofferenza: «Fu inutile forse saperlo ma intanto la
rosa / evadeva dal tono ristretto assegnato al suo
ruolo / il cardo effondeva lamenti per l’arida terra /
toccata da un getto improvviso di un fiume di
luce».
La poesia del Nesti corre su un filo molto
sottile, attraverso una criptica scrittura che alla fine
manifesta comunque un profondo senso emotivo e
lirico. Il lirismo, che a mio avviso è molto poco
distante dall’estasi e dalla catarsi, pervade per
intero la silloge. «Ho provato l’aroma di una
libertà acquistata / con l’esercizio della mente e le
membra sciolte / in fontane di azzurro dove pesci
di giada / inviavano teneri segni oltre il cristallo /
opaco dell’ultimo muro che divide il mio regno». Il
lirismo non è comunque fine a se stesso. È l’uomo,
con le sue capacità intellettive e creative, ad essere
il centro dell’attenzione. Anche quando una
descrizione paesaggistica raggiunge il culmine
dell’espressività e della delicatezza, la figura
umana appare con la sua personale coscienza e il
suo «grido imploso che non dà vittoria».
Chiara spesso appare la mitizzazione dei
concetti. Il sesso, ad esempio, diventa simbolo
dell’esistenza: il fallo, datore di vita, assomiglia al
campanile del paese che raccoglie i fedeli. La
sensualità è quindi un elemento che pervade la
poesia del Nesti, sensualità intesa in senso fisico ed
emotivo. «E il sesso – oh ecco il sesso! – pratica
dimenticata in fondo allo stanzino». Ma è la
giovinezza ad esprimere la sensualità più profonda,
sia attraverso il corpo fantastico dell’adolescente,
sia attraverso il cuore aperto all’incontro, sia
attraverso l’odore del muschio, cioè attraverso
tutto ciò che circonda l’essere umano. Se la
sofferenza è parte essenziale dell’esistenza, come
emerge a chiare lettere dalla silloge di Walter
Nesti, la felicità che pervade l’animo spesso
sprizza dai suoi versi. Il poeta con questa breve
silloge raggiunge forse l’apice della sua
espressività e della sua poeticità, quasi in una
inappagata aspettativa. «Tu mi imponi l’attesa / ai
districati refoli spumeggi / e pigro si dibatte /
impertinente il pesce nell’anfratto».
Angelo Manitta
luna, il vento, la primavera, la luce, la terra, il
fiume, la città, la casa…, ma la realtà contingente
non è elemento avulso e a sé stante, bensì sempre
in continuo rapporto con l’uomo, quasi in una
comunicazione biunivoca. Significativa è la poesia
“Bergamo”, la bella città, la città dei giardini, la
città che vive in un’aura festosa e allegra, la città
che si è tramutata da contadina in una fiera
Signora; ma… «quando mi attardo e scende la sera
/ lascia che io torni, / o madre, col cuore al mio
amato paese / dove sempre mi attende / umile e
silente / la paterna mia casa».
L’intento della poetessa è quello di penetrare
l’animo umano e voler capire il perché delle cose
attraverso un’espressione pacata e discorsiva,
senza intoppi e senza esagerazioni lessicali, frutto
di una conquista linguistica non indifferente, come
si nota anche nei suoi scritti in prosa. La Bertola,
infatti, è pure narratrice. Ha al suo attivo due
romanzi: “Planta alta” e “La valle della speranza”.
Quest’ultimo è un viaggio fino al centro della terra,
nelle inquietanti e insieme affascinanti vastità
africane, dove tutto il dolore sembra purificarsi
nella saggezza dei vecchi.
Angelo Manitta
Il lirismo nella poesia di Walter Nesti (Antes del
poder, Save As, Barcellona 2000)
“Antes del Poder” (Prima del potere) è
l’ultima silloge di liriche pubblicata da Walter
Nesti, poeta e scrittore, oltre che studioso di storia
locale. L’universalità del libretto, agile e snello, si
nota innanzitutto nel bilinguismo: italianospagnolo. La traduzione, che ripropone la
musicalità e l’espressività del testo originale, è
curata da Teresa Albasini Legaz, in copertina un
disegno di Oscar Astromujoff, la pubblicazione è a
cura della “Save As”, in una collana diretta da
Carlos Vitale. La più parte delle poesie, escluse
alcune pubblicate su riviste italiane, erano inedite.
La silloge si apre con una epigrafe, quasi
una presentazione programmatica, tratta dal “Canto
di me stesso” di Walt Whitman: «I giovani
fluttuano sul dorso, il bianco ventre si aderge sotto
il sole / e non si chiedono chi s’è afferrato a essi, /
ignorano chi ansima e cede in pendulo arco
ricurvo, / non pensano chi stanno irrorando di
spruzzi». Il poeta americano, il cantore della nuova
America, dell’America forte e potente, delle
conquiste e dei genocidi, è pure il poeta della gente
comune. Il suo canto si tramuta in canto per gli
altri e degli altri, quasi in un sistema filosofico e
sociale, in un raffronto continuo con chi incontra.
E in “Antes del poder” è il potere, quale funzione
sociale, a diventare il centro dell’attenzione: «Il
potere potrebbe sorprenderci / in un attimo stupito
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Libri ricevuti
(La più parte dei seguenti volumi saranno
recensiti nei prossimi numeri)
Baldassarre Turco, Così la vita, Poeti nella
società, 1999 (Silloge di poesie con prefazione di
Pasquale Francischetti, in copertina tela di
William Turner)
Paola Ravelli, Stato di Grazia, Edizioni Bertato,
1999
(silloge di poesie)
Anna Aiello, Vita in versi, (Silloge di poesie con
presentazione di Emilia Macera)
Pinella Musmeci, Due saggi, Acireale Luglio
1999, (I saggi sono: De Roberto e Catania e Storia
di Aci-il cuore medievale della città)
Giovanna M. Muzzu, Il passato allo specchio
Ed. Pomezia Notizie 1999 (silloge di prosa e
poesia: quasi un diario)
Anna Maria Bertola, Per chi canta l’allodola?,
L’Autore Libri Firenze (silloge di poesie)
Anna Maria Bertola, La Valle della speranza,
L’Autore Libri Firenze (Romanzo ambientato in
Africa e incentrato tra avventura e spiritualità)
Il Pianeta dell’Amore e Le più belle del 2000
(Antologia di poeti contemporanei a cura di
Gilberto Paraschiva)
Leonardo Selvaggi, Noi e il terzo millennio, Il
Croco, I quaderni letterari di Pomezia-Notizie
Ferruccio Gemmellaro, Omologismo, Piazza
Editore (Silloge di poesie con prefazione di
Pasquale Francischetti)
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