“Metodo Estivill”, nessun valore scientifico e minaccia per lo sviluppo affettivo dei bambini
C’è un enorme equivoco circa l’efficacia e la validità scientifica del cosiddetto “metodo Estivill” illustrato
nel (troppo) famoso libretto “Fate la nanna” edito nel 1999 da Mandragora (1). Gli autori si rifanno ad un
metodo noto da più di un secolo che mira a far estinguere comportamenti ritenuti non desiderabili.
I risvegli notturni dei bambini dai sei mesi in poi rientrerebbero tra questi comportamenti e i genitori
dovrebbero applicare questo metodo per assicurare a se stessi e ai propri neonati notti intere senza
risvegli.
È quantomeno curioso notare come in fondo al libro in questione non ci sia neanche un rigo di
bibliografia e come dalla sua pubblicazione ad oggi gli autori non abbiano pubblicato neanche uno studio
scientifico sull’applicazione del “loro” metodo.
Al contrario, autorevoli associazioni mondiali hanno prodotto documenti ufficiali in cui si mette in guardia dai possibili rischi collegati a questo metodo.
Vediamone alcuni:
Esiste una nota pubblicata dall’Associazione Australiana per la Salute Mentale Infantile (2) (AAIMHI) sugli effetti dannosi del lasciar piangere i bambini
durante l’addormentamento o ai loro risvegli. L’articolo in questione si riferisce al pianto associato al sonno e ai metodi che pretendono di far dormire i
bambini utilizzando l’estinzione graduale, cioè una tecnica comportamentale diretta a modificare i comportamenti considerati patogeni.
Il pianto, quindi, rientrerebbe tra questi comportamenti indesiderati e modificabili attraverso apprendimenti che gradualmente lo renderebbero inutile.
Infatti è proprio questo che i metodi in questione provocano: non che il bambino non si svegli, bensì che non usi più il pianto per richiamare il genitore in
caso di necessità.
La nota dell’AAIMHI afferma che:
- Il pianto dei bambini è sempre un’indicazione di stress o di disagio emotivo. Non rispondere al pianto dei bambini (ovvero evitare di confortarli)
insegna ai bambini a non cercare conforto emotivo quando sono in una situazione di disagio. Questo vuol dire che perdono fiducia nelle figure parentali e
nella relazione che si instaura con loro.
- Intorno ai sei mesi di vita i bambini sperimentano l’ansia da separazione. Questo vuol dire che devono elaborare il concetto che se la madre (o altra
figura parentale di riferimento) si allontana poi ritornerà e loro non verranno lasciati soli. Questo processo di elaborazione può durare diversi mesi, ma è
essenziale per il loro equilibrio anche in età adulta.
- I bambini normalmente hanno bisogno dei genitori per essere confortati di notte fin circa ai tre/quattro anni (alcuni prima, altri dopo, dipenderà dal
bambino) e questo non può essere etichettato come disturbo del sonno.
- I bambini svilupperanno un attaccamento più sicuro quanto più la loro richiesta di conforto e rassicurazione verrà soddisfatta dai genitori, sia di giorno
che di notte.
- Per un genitore sentire il proprio figlio che piange in maniera incontrollata e non intervenire per calmarlo e rassicurarlo è una grossa fonte di stress.
Da un punto di vista psicologico, il pianto ignorato rappresenta una mancanza di efficacia del segnale che i bambini da sempre utilizzano per
comunicare coi propri genitori o con chi si prende cura di loro, e può creare in loro sensazioni di inadeguatezza circa la propria capacità di esprimere
paure e disagi, ricevendone regolazione emotiva dall’adulto.
A questo proposito la psicologa Sue Gerhardt (3) illustra l’effetto che il pianto prolungato dei bambini ha sul loro sistema endocrino: “l’essere
costantemente ignorati quando si piange è particolarmente pericoloso perché alti livelli di cortisolo (un ormone prodotto in situazioni di stress) nei primi
mesi possono anche incidere sullo sviluppo di altri sistemi di neurotrasmettitori i cui percorsi devono ancora essere stabiliti. Essi sono ancora immaturi e
non pienamente sviluppati persino dopo lo svezzamento. Infatti il ritmo normale di produzione di cortisolo ha un picco la mattina al risveglio e ci vuole
quasi tutta la prima infanzia (fino ai 4 anni circa) per stabilire un andamento adulto della quantità di cortisolo, alta la mattina e bassa la sera”.
Inoltre, sempre la stessa autrice fa notare come: “si è scoperto che coloro che hanno avuto un costante contatto fisico, sono stati spesso tenuti in braccio
e hanno ricevuto molta attenzione durante la prima infanzia, da adulti hanno un’abbondanza di recettori del cortisolo. Ciò significa che possono
facilmente gestire lo stress.”
Anche le ricerche di Prescott (4), neuropsicologo americano, effettuate su 49 culture del mondo, hanno dimostrato come esista una correlazione tra
soddisfazione del bisogno del contatto da piccoli e aggressività da adulti. Questo autore evidenzia quanto minori sono le espressioni tattili di un popolo
come abitudine di accudimento dei bambini, maggiori sono i tassi di aggressività degli adulti. Questo dimostra come sia la cultura di appartenenza che
condiziona le modalità di accudimento dei bambini, in quanto i loro bisogni sono sempre gli stessi.
Anche l’ACP (Associazione Culturale Pediatri italiana) si è espressa a sfavore del metodo dell’estinzione graduale (5) concludendo che questo metodo è
efficace a breve ma non a lungo termine. Inoltre concorda con la posizione appena esposta dell’AAIMHI circa le possibili conseguenze psicologiche
negative.
Alcune ricerche americane affermano che stress protratti nei bambini possono addirittura provocare danni cerebrali (6).
Anche la psicologa inglese Margot Sunderland (7) direttrice del Center for Child Mental Health di Londra mette in guardia dai possibili danni neurologici
che possono riscontrarsi in bambini costretti a piangere a lungo. Questa autrice parla proprio del ruolo dell’accudimento genitoriale in relazione alla
crescita e allo sviluppo dell’architettura cerebrale dei neonati e dei bambini.
In conclusione, siamo davanti ad una operazione commerciale molto ben riuscita ma priva di valore scientifico e per giunta non scevra di gravi rischi
per i nostri bambini.
I lettori comprano, regalano e utilizzano questo libro pensando di risolvere un falso problema in quanto i risvegli notturni dei bambini fino circa al terzo
anno di età rientrano nel normale sviluppo fisiologico delle loro cellule nervose (8).
Purtroppo i rischi correlati a questo metodo circa lo sviluppo affettivo dei bambini non sono sufficientemente noti alla maggior parte dei genitori e degli
operatori che lo consigliano.
Il bisogno di contatto e di rassicurazione dei bambini non va mai ignorato né di giorno, né di notte, solo così avremo bambini oggi e adulti domani
capaci di dare valore agli aspetti legati al mondo affettivo degli esseri umani.
Alessandra Bortolotti
1. Estivill E. De Béjar S., Fate la nanna, Mandragora, 1999.
2. AAIMHI, Position Paper 1: Controlled Crying, 2004,
Articolo disponibile al link:http://www.aaimhi.org/documents/position%20papers/controlled_crying.pdf
3. Gerhardt, S., Perchè si devono amare I bambini, Cortina, 2006.
4. Prescott JW., Body pleasure and origins of violence, estratto da: “The Bulletin of The Atomic Scientists”, novembre 1975, pagg. 10-20.
5. Tortorella ML, Moschetti A., D’Erasmo S., L’estinzione graduale risolve i problemi di sonno nei bambini?, Quaderni ACP, Vol.13 n.6, 2006, pagg. 264-266.
6. http://www.drmomma.org/2009/12/crying-it-out-causes-brain-damage.html
7. Sunderland M., The science of parenting, Dk Pub, 2006.
8. Per approfondimenti si consulti il capitolo 5° di E se poi prende il vizio?
Scarica

Studio formato locandina