DI GIGLIO LUANA
Nella letteratura classica macroeconomica, un’importante dibattito
riguarda la convergenza-divergenza economica nei redditi pro-capite e
nella produzione, tra paesi e regioni del mondo.
La teoria neoclassica presuppone le seguenti ipotesi di convergenza:
• Concorrenza perfetta nelle economie mondiali
• La tecnologia è data, il cui tasso di crescita è costante
• Il risparmio aggregato cresce ad un tasso costante nel tempo,e tutto il
risparmio viene investito
• La produzione è funzione del capitale e del lavoro, dove la funzione
presenta rendimenti costanti di scala.
Le predizioni di convergenza neoclassiche sono state testate
per mezzo di due differenti ipotesi:
•Ipotesi di σ convergenza
•Ipotesi di β convergenza
Alcuni concetti:
σ convergenza si verifica quando la dispersione del
livello di reddito pro-capite diminuisce nel tempo.
Assoluta β convergenza si verifica quando c’è una sistematica
tendenza per le economie con iniziale basso livello di Pil procapite a crescere più più velocemente di quelle che hanno
un’iniziale livello di reddito più alto. E’ una relazione negativa tra il
reddito pro-capite iniziale e il tasso di crescita.
Richiede la convergenza ad un unico steady-state per tutte le
economie, il ché richiede che la tecnologia, il risparmio, la crescita
della popolazione e il tasso d’ammortamento siano uguale per
tutte le economie, e che pertanto le economie più povere siano
più competitive, crescendo più velocemente di quelle ricche.
Convergenza in Italia
In Italia la differenza nella crescita, in termini di reddito pro-capite e
prodotto, è un problema che risale all’unificazione d’Italia (1860), che
persiste tutt’ora, infatti 8 regioni su 20 rientrano nell’”obiettivo 1”.
Un breve sommario sulla letteratura
DA :
Uneven Regional Development in Italy: Explaining Differences in
Productivity Levels
F. Aiello e V.Scoppa
•
Barro-Sala-i-Martin’s con la pubblicazione del 1991 riaprono il dibattito sulla convergenza….
Il più importante risultato che emerge, nel caso italiano,è completamente in contrasto con i
risultati che sostengono la natura dualistica dell’economia italiana
I due autori dimostrano che nel periodo 1950-1985 si è verificato un processo di
convergenza assoluta, con un tasso annuale del 2%.
DI CONTRO…..
Altri studiosi tendono ad escludere ogni processo di assoluta convergenza,tra i quali:
Mauro-Podrecca(1994) suddivide il periodo 1963-89 in tre sotto-periodi basati sulla
disponibilità di dati omogenei in ogni periodo, portando ad escludere la possibilità di un processo
di assoluta convergenza nei redditi pro-capite anche se quando la produttività del lavoro è usata
per misurare le differenze regionali, si riscontra una crescita convergente negli ‘60 e ’70.
Paci-Saba(1998) dimostrarono che l’assoluta convergenza nel periodo considerato
’51-’93 era dovuta al processo di catching-up che coinvolgeva solo il periodo dal 1960 alla
metà del 1970.
Questi studi empirici forniscono una chiara evidenza dell’assenza di assoluta
convergenza tra le differenti parti del paese…
UNA PROBABILE SPIEGAZIONE….
Le regioni convergono verso differenti livelli steady-state di prodotto pro-capite,pertanto c’è….
CONVERGENZA CONDIZIONATA
La presenza di convergenza condizionata è dimostrata in molti lavori….
(Di Liberto, 1994; Cellini-Scorcu, 1997b; Cosci-Mattesini, 1995; 1997;Fabiani-Pellegrini,
1997; Ferri-Mattesini, 1997, Bianchi-Menegatti, 1997; Di Liberto-Symons, 1998).
In tutti i paper le variabili usate come proxies dei differenziali strutturali tra regioni sono: livello
d’infrastrutture,efficienza del livello finanziario, istituzioni,interventi di governo….
Gli investimenti sono una variabile con un alto potere esplicativo per spiegare le differenze nei tassi di
crescita tra paesi,mentre non è significativa quando si considerano modelli di crescita nell’economia
italiana(Del Monte-Giannola, 1997; Paci-Pigliaru, 1995;Mauro-Podrecca, 1994).
Un altro elemento sul quale vi è molto consenso tra gli autori, riguarda la forte relazione statistica
tra le infrastrutture e il tasso di crescita (Ferri-Mattesini,1997; Paci-Pigliaru, 1995)
Mentre l’evidenza sugli effetti del capitale umano (Paci-Pigliaru, 1995, Bianchi-Menegatti
1997, Mauro-Podrecca, 1994; Cosci-Mattesini, 1995 e 1997) e indicatori finanziari istituzionali
e ambientali sono ambigui e di difficile interpretazione(Fabiani-Pellegrini, 1997; Cellini-Scorcu
1997b; Cosci-Mattesini, 1997; Usai-Vannini,1999)
Partiamo con l’analisi del seguente paper:
The σ and β (absolute) convergence in real per capita income
across Italian regions (1971-1996).
Anna Bonanno*
L’ obiettivo del paper è :Testare empiricamente la validità delle
predizioni neoclassiche sulla σ and β (absolute) convergenza in
termini di reddito procapite durante il periodo 1971-1996 in Italia.
Per tutto il periodo di tempo, viene esaminato il livello di reddito procapite tra le regione e nel tempo, specificatamente, il Pil pro-capite
è la produzione totale divisa per la popolazione.
Strumenti utilizzati:
la stima di σ convergenza è misurata dal coefficiente di
variazione.
plottando il Pil pro-capite reale ,si ottiene la Fig.1 nella quale si
nota un’enorme differenza tra le regioni
dimostra che c’è una significativa differenza tra le regioni e questa
disparità è accentuata in determinati periodi di tempo.
Fig.2
Plottando il coefficiente di variazione del reddito reale pro-capite, sempre tra
le regioni e nel tempo,si nota dopo una leggera caduta in determinati
periodi,la dispersione tende comunque ad aumentare, perciò il periodo tra il
1970 e il 1996 è stato un periodo di avvenimenti σ divergenti.
Per la stima di β convergenza si effettua un’analisi cross-section,
attraverso il seguente modello:
Dove:
AVGR →tasso di crescita medio del Pil pro-capite della i-sima economia e
nel periodo considerato
α→costante
βLn(y i,o)→log. del livello di y nel periodo iniziale
ε→termine di errore
RISULTATI :
Regredendo l’equazione:
I coefficienti α e β non sono significativi ed il secondo ha segno positivo,R( esprime la bontà di
adattamento del modello ai dati ) ha un valore molto basso.
CONCLUSIONI:
In contrasto con il modello di crescita neoclassica,per quel che
riguarda la dispersione del Pil, guardando il coefficiente di
variazione la dispersione aumenta fino alla fine del periodo, dal
quale s’evince una divergenza tra le regioni, come allo stesso
modo nella stima della β convergenza, s’evince una β
divergenza tra le 20 regione e nel periodo considerato, il ché
porta alla conclusione che ciò dipenda dalle diverse
caratteristiche strutturali endogene.
SI ARRIVA………
AI MODELLI DI CRESCITA ENDOGENA
DIFFERENZE TRA TEORIE ESOGENE ED ENDOGENE DI
CRESCITA:
Le prime predicono:
•
la convergenza verso uno stato stazionario
• Correlazione negativa tra livello di produttività iniziale e
tasso di crescita
• Gli investimenti nel periodo di transizione, influenzano
positivamente la dinamica della produttività,ma non hanno
effetto sul tasso di crescita di lungo periodo (catching-up)
Le seconde:
• Negano che la convergenza sia un elemento caratterizzante il
processo della crescita, anzi predicono andamenti divergenti tra le
economie.
• Gli investimenti hanno un effetto positivo sul tasso di crescita
anche nel lungo periodo,infatti l’effetto positivo degli investimenti sul
tasso di crescita viene visto come elemento di conforto alle teorie di
crescita endogena.
In modo generale, il tasso di crescita della produttività (gy) potrebbe
essere espresso come funzione delle seguenti variabili:
gy= f (investimenti,scolarità, crescita forza lavoro,struttura
finanziaria,assetto istituzionale….)
Problema di misurazione:
• le differenze negli indici di assetto
istituzionale sono più marcate tra Paesi di
quanto non lo siano tra Regioni; in altre
parole “l’effetto paese” è più facilmente
identificabile dell’effetto Regione.
Analizziamo il seguente paper:
ISTITUZIONI, STABILITA’ E CRESCITA
NELLE REGIONI ITALIANE
ROBERTO CELLINI - ANTONELLO E. SCORCU
OBIETTIVO PAPER:
evidenziare e misurare la relazione tra la crescita
economica delle regioni italiane, nel periodo 1970-91 e
le caratteristiche di assetto istituzionale e di stabilità
economica e sociale.
VARIABILI CONSIDERATE:
Il processo di crescita è misurato dal livello e dal tasso di crescita della
produttività del lavoro,
definito come:
rapporto tra Pil regionale e numero di unità di lavoro (variabile
dipendente)
Variabili esplicative:
1)dimensione delle regioni, considerando la popolazione residente e la
densità abitativa
2)assetto del mercato del credito(densità degli sportelli bancari e
rapporto impieghi/depositi) interpretata come indicatore della
presenza di vincoli di liquidità
3)funzionamento del mkt del lavoro, scegliendo come indicatore il
numero di partecipanti ai corsi di formazione professionale in
rapporto alla popolazione
4)variabili legati al “clima sociale”:n. di omicidi compiuti e tentati in
rapporto alla popolazione
LEGAME TRA STABILITA’ ECONOMICA E CRESCITA:
Analizziamo la correlazione tra livello medio della produttività regionale nei quinquenni(y), il tasso
di crescita della produttività (gy), con la deviazione standard del tasso di crescita quale misura
dell’irregolarità della crescita.
Predomina(a parte la prima metà degli anni ’70) un rapporto negativo tra livello della produttività e
irregolarità del suo tasso di crescita: alti livelli di produttività si associano a una crescita regolare, mentre
il legame tra tasso di crescita e la sua stabilità è dubbio
LEGAME TRA ASSETTO ISTITUZIONALE E CRESCITA
Esaminiamo la correlazione tra livello(y) e tasso di crescita (gy) della
produttività, con il n. di residenti (pop) e la densità (dens) della regione.
La correlazione tra la popolazione e il livello della produttività è positiva e significativamente
diversa da zero, il ché implica che grandi dimensioni regionali si associano livelli di produttività
elevata.
La medesima evidenza emerge considerando la densità abitativa: la correlazione di essa col
livello della produttività si mantiene sempre intorno a 0,4, mentre la correlazione tra essa e il
tasso di crescita della produttività assume valori in genere non statisticamente diversi da zero
(escluso il quinquennio 1980-85, dove è significativamente positiva).
Per quel che riguarda il secondo gruppo di variabili esplicative,analizziamo la
correlazione tra variabili di natura finanziaria e livello e crescita della
produttività
La correlazione tra il numero di sportelli e ed il livello della produttività è positiva a riprova del
fatto che si tratta di un indicatore di indubbia natura strutturale si evince come il legame tra tale
variabile e il livello della produttività sia piuttosto robusto, mentre è dubbia la correlazione col
tasso di crescita
Mentre le correlazioni con il rapporto impieghi/depositi sono lontane dall’essere statisticamente
significative
.
Per il terzo gruppo di variabili abbiamo le seguenti regressioni:
Il coefficiente di correlazione tra la diffusione della formazione professionale e il livello della
produttività e il tasso di crescita è positivo e stabile per cui le regioni maggiormente
sviluppate sono anche quelle capaci di attivarsi meglio nel campo della formazione
professionale.
Il legame tra stabilità sociale e crescita
Esiste una relazione tra il disagio sociale e lo sviluppo economico?
Emerge una relazione negativa tra livello della produttività e omicidi: un maggior benessere
economico si associa a una riduzione del numero di omicidi compiuti e tentati pro-capite.
Un trend analogo è condiviso dalla relazione tra quoziente di rapine e livello della produttività:
dapprima positiva, tale correlazione si riduce nel corso degli anni Ottanta.
Analisi di causalità.
Il test di casualità di Granger misura la capacità previsiva di una variabile
rispetto ai valori passati di un’altra.
Si è eseguita un’analisi di casualità regione per regione, assumendo come
ipotesi nulla la non-casualità, considerando sia 1 che 2 ritardi.
Yt = a + b yt-1+ c omt-1+ ut
Con ciò abbiamo testato l’ipotesi di un’influenza degli omicidi sulla
produttività
Mediante un test F si è sottoposta a verifica l'ipotesi c=0, rifiutandola
a un livello di
significatività del 5% in un solo caso su 20 regressioni effettuate.
Regressioni cross-section
Il tasso di crescita della produttività del lavoro in ogni regione è stato
regredito contro
una costante (c), il livello della produttività all'inizio del decennio (y0), il
livello di scolarità superiore - ossia la percentuale di iscritti alla secondaria
sulla popolazione compresa tra 14 e 19 anni nell'anno 1960 (sc60) e,
infine, il valore medio nel decennio del rapporto consumo pubblico/PIL (in
log). Inoltre, sono state aggiunte, di volta in volta, le variabili socio
istituzionali oggetto specifico dell’analisi.
La regressione effettuata è quindi:
gy = c + α1 (y0) + α2 (sc60) + α3(cpub) + α4 (altre variabili) + u
circa le altre variabili sono state inserite:la popolazione,l’indice di
criminalità, il numero di sportelli bancari,la deviazione standard dei tassi di
crescita della produttività, quale indice della stabilità della crescita,
ottenendo:
Queste variabili, catturano fenomeni diversi, ma nella logica dei modelli di crescita endogena
dovrebbero avere il medesimo effetto - negativo - sulla crescita della produttività.
l'indice di criminalità, di conflittualità sociale e di variabilità economica si mantengono
generalmente non significativi, la variabile popolazione e la variabile dummy per le regioni a
statuto speciale risultano in diverse specificazioni positive e significative
La considerazione delle variabili istituzionali rende significativa l’evidenza di convergenza condizionata
tra le regioni.
Regressioni panel.
Problema: presenza di radici unitarie, se consideriamo la produttività del
lavoro o il reddito pro-capite nelle singole regioni per ognuna non si può
rifiutare l'ipotesi nulla di presenza di radice unitaria.
Pertanto s’è sottoposto a regressione un modello a meccanismo di
correzione dell'errore
del tipo:
gyt = α (y*-y) t-1 + β Δxt
dove
gy→ è il tasso di crescita annuale della produttività del lavoro,
y*=f(x)→ è il livello di equilibrio della produttività del lavoro, che è funzione
di variabili x, vale a dire: il trend, le propensioni a accumulare capitale fisico
e umano, il tasso di crescita delle forze di lavoro, la spesa pubblica e di una
serie di variabili istituzionali -dimensione regionale, tasso di criminalità,
conflittualità totale sul lavoro.
Δx→sono le differenze prime dei regressori considerati, incluse per catturare
la dinamica di breve periodo della produttività del lavoro.
Test eseguiti: test per valutare la presenza di effetti individuali fissi,
ottenendo:
La tabella riporta le stime con effetti individuali fissi, la presenza di significativi
effetti individuali specifici segnala un'eterogeneità tra le regioni che
naturalmente si presta a essere imputata a effetti istituzionali.
Da notare l'effetto negativo dell'indice di criminalità sul livello della produttività
di ciascuna economia regionale, con segno concorde con quanto suggerito dai
recenti modelli di crescita endogena.
In conclusione
lo studio del processo di convergenza tra le regioni italiane ha ottenuto
come risultato che non c’è una convergenza assoluta,non appare
esserci una tendenza per le regioni meno sviluppate a crescere più
velocemente delle regioni più sviluppate
C’è un certo grado di convergenza condizionata, ogni regione tende ad un
proprio steady state.
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Italia_ Luana - Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza