8
Periodico
di aggiornamento
professionale
per il Ginecologo
Epidemiologia
Riflessioni sul tasso globale
di taglio cesareo
Ginecologia pediatrica
Cisti ovariche
dall’epoca fetale all’adolescenza
Farmacologia clinica
Gli inibitori dell’aromatasi
nel trattamento dell’endometriosi
Prurito intimo?
MITOLENE
Latte Spray Intimo
NUO
FORM VA
LATTE ULA
SP
INTIM RAY
O
Lenisce, previene e protegge
Trattamento complementare
alle terapie del prurito anale e vulvare
www.finderm.it
N
O
G
S
8
Periodico
di aggiornamento
professionale
per il Ginecologo
Epidemiologia
Riflessioni sul tasso globale
di taglio cesareo
ommario
Periodico di aggiornamento professionale
per il Ginecologo n. 8
Registrazione N. 125 del 28 febbraio 2007
presso il Tribunale di Milano
Editore
Ginecologia pediatrica
Cisti ovariche
dall’epoca fetale all’adolescenza
Farmacologia clinica
Gli inibitori dell’aromatasi
nel trattamento dell’endometriosi
Clinica
Epidemiologia
Hippocrates Edizioni Medico Scientifiche srl
via Vittor Pisani 22 - 20124 Milano
telefono 02.67101248 fax 02.67074286
e-mail: [email protected]
sito: www.hippocrates.it
Riflessioni sul tasso globale di taglio cesareo
4
di Francesco Maneschi, Michele Sarno, Antonio La Rocca, Irene Ceccacci,
Marisa Algieri, Cristina Pane, Seila Perrone
Direttore editoriale
Manlio Neri
Direttore responsabile
Susan Redwood
Redazione scientifica
Lella Cusin, Simona Regondi,
Andrea Ridolfi, Rossella Traldi
Ginecologia pediatrica
Cisti ovariche dall’epoca fetale all’adolescenza
10
di Mariangela Cisternino, Patrizia Sampaolo, Paola Coi, Arianna Zaroli
Progettazione e impaginazione grafica
Giovanni Carella,
Daniela De Martin, Vittorio Resmi
Segreteria di redazione
Isabella Monza
Coordinamento scientifico
Giovanni Scambia
Hanno collaborato a questo numero
Marisa Algieri, Irene Ceccacci, Mariangela Cisternino,
Paola Coi, Enrico Colosi, Alma Fabbo, Simone Ferrero,
Gilda R. Filardi, Antonio La Rocca, Umberto Leone
Roberti Maggiore, A. Gabriele Macaluso,
Francesco Maneschi, Marta Mazzi, Rosalia Musone,
Cristina Pane, Seila Perrone, Valentino Remorgida,
Patrizia Sampaolo, Michele Sarno, Angelo Selicorni,
Pier Luigi Venturini, Arianna Zaroli.
Stampa
Pirovano Srl - San Giuliano Milanese (MI)
Chiuso in tipografia
6 maggio 2011
Referenze fotografiche
in copertina, Fotolia.com
pagine interne (immagini astratte), Fotolia.com,
iStockphoto.com
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione
e di adattamento, totale o parziale con qualsiasi mezzo, compresi
i microfilm e le copie fotostatiche, sono riservati per tutti i Paesi.
Manoscritti e foto non si restituiscono. Per le immagini di cui,
nonostante le ricerche eseguite, non è stato possibile rintracciare
gli aventi diritto, l’editore si dichiara pienamente disponibile ad
assolvere i propri doveri. Informativa sulla legge 675/96 (tutela dei
dati personali). Si informa che i dati personali che verranno forniti
saranno oggetto di trattamento a mezzo di sistemi informatici.
L’Editore garantisce la riservatezza dei dati forniti.
Farmacologia clinica
Gli inibitori dell’aromatasi
nel trattamento dell’endometriosi
17
di Umberto Leone Roberti Maggiore, Valentino Remorgida,
Pier Luigi Venturini, Simone Ferrero
Malattie rare
Inquadramento clinico della sindrome
feto-alcolica
22
di Angelo Selicorni
Prevenzione
Il Test Combinato, efficace screening
per le cromosomopatie
26
di Enrico Colosi, Rosalia Musone, Gilda R. Filardi, A. Gabriele Macaluso,
Alma Fabbo, Marta Mazzi
3
EPIDEMIOLOGIA
R
N
O
G
iflessioni sul tasso globale
di taglio cesareo
Il tasso globale di taglio cesareo non può essere definito in maniera
aprioristica: l’impiego della classificazione di Robson per l’analisi dei suoi
determinanti permette di definire la popolazione ostetrica e di identificare
le classi di rischio sulle quali effettuare l’intervento teso a modificarlo.
di Francesco Maneschi, Michele Sarno, Antonio La Rocca, Irene Ceccacci, Marisa Algieri,
Cristina Pane, Seila Perrone
UOC Ostetricia e Ginecologia, Ospedale “S. Maria Goretti” - Latina
N
4
el 2009, il tasso di taglio cesareo (TC) in Italia è stato pari al 38,43%1 con un’ampia variabilità interregionale che passa
dal 23% del Friuli-Venezia Giulia
al 61,89% della Campania1. Queste ampie oscillazioni sono documentabili anche a livello mondiale, con tassi che nei paesi industrializzati vanno dal 12% dei Paesi Bassi al 40% della Cina2.
È stata osservata l’esistenza di una
correlazione inversa tra mortalità
materna e frequenza di TC: un
tasso globale di TC superiore al
15% è infatti associato a una
mortalità materna inferiore a
10/100.000 donne2. Quindi, stiamo parlando di un intervento capace di modificare significativamente la storia naturale della gravidanza sia per la madre che per
il feto. Il riscontro di un tasso globale di TC superiore al 35% in alcuni paesi come la Cina, il Messico e l’Italia2, ha portato a valutare se questa condotta ostetrica sia
efficace nel controllare la salute
materno-fetale. Nelle nazioni in
cui il tasso di TC supera il 15%,
la mortalità materna si attesta su
un valore pari a 3,2/100.000 donne, che arriva a 10/100.000 donne quando il tasso globale di TC
supera il 25%2. Le osservazioni
sulla maggiore mortalità materna
nei paesi con più alto tasso globale di TC e la correlazione tra TC
e aumento della morbilità e mortalità materna3,4 hanno amplificato il dibattito su quale sia il tasso globale di TC da considerare
adeguato.
Nel nostro Paese la questione ha
raggiunto le sfere del potere legislativo e, tra le iniziative proposte dal governo per tutelare la salute della donna durante il parto
figura “Promuovere la naturalità
del parto fisiologico e diminuire
il ricorso al parto cesareo”, con
l’obiettivo di ridurre le forti differenze regionali esistenti, arrivando entro 3 anni a un valore nazionale pari al 20%, obiettivo fissato nel Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 5. La definizione
aprioristica di questo valore, basata sull’idea di adeguare la situazione italiana a quella dei Paesi europei con il minor tasso di
TC, non sembra tenere in considerazione le differenze sociali e
culturali che esistono tra il nostro
Paese e quelli di riferimento, né
le condizioni attuali dell’assisten-
EPIDEMIOLOGIA
za ostetrica in Italia. In particolare, appare assai problematico ridurre in tempi brevi la frequenza
di TC nelle zone con i valori più
alti.
Quest’ultima osservazione impone una profonda riflessione sul significato del tasso globale di TC.
Un punto che riteniamo centrale
nel definire il tasso di TC adeguato alla realtà operativa è conoscere i fattori che concorrono alla
produzione del dato globale. Abbiamo dimostrato che il tasso globale di TC dipende da due deter-
minanti principali: la popolazione
ostetrica e la condotta ostetrica
della singola unità operativa6.
La possibilità di riconoscere questi determinanti è stata offerta dalla suddivisione della popolazione
ostetrica in classi di rischio clinico
come proposto da Robson7, con
l’identificazione di 10 classi totalmente inclusive e mutualmente
esclusive (tabella 1). Utilizzando
questa classificazione è possibile
conoscere le caratteristiche della
popolazione ostetrica e calcolare
la frequenza di TC nelle situazioni ostetriche più consuete.
Questo approccio permette di
tratteggiare il quadro relativo alla popolazione ostetrica e alla condotta ostetrica di ogni area di riferimento sino alla singola unità
operativa. Il tasso globale di TC
viene così scomposto nei suoi determinanti, per identificare le azioni da intraprendere e stabilire gli
obiettivi da raggiungere. Scopo
del presente studio è dimostrare
come attraverso l’applicazione della classificazione di Robson sia
possibile calcolare un tasso di TC
globale ideale più adeguato alla
realtà operativa in esame.
N
O
G
Materiali e metodi
Una ricerca effettuata in Internet tramite Google, utilizzando
le parole-chiave “cesarean section rate, Robson” e “taglio cesareo, Robson”, ha consentito
di identificare 15 pubblicazioni.
Di queste, sono state prese in
considerazione quelle con i livelli più alti di TC e che riportavano il numero delle pazienti e dei
TC effettuati per le 10 classi di
Robson. Tra queste è stata selezionata una pubblicazione8, che
riporta le nascite osservate nel-
Tabella 1 Le classi di rischio clinico
Classe Definizione
1
2a
2b
3
4a
4b
5
6
7
8
9
10
xxxxxxxxxx
Nullipara, gravidanza singola, presentazione cefalica, età gestazionale ≥37 settimane, travaglio spontaneo.
Nullipara, gravidanza singola, presentazione cefalica, età gestazionale ≥37 settimane, travaglio indotto.
Nullipara, gravidanza singola, presentazione cefalica, età gestazionale ≥37 settimane, cesareo elettivo.
Multipara, gravidanza singola, presentazione cefalica, età gestazionale ≥37 settimane, no pregresso
taglio cesareo, travaglio spontaneo.
Multipara, gravidanza singola, presentazione cefalica, età gestazionale ≥37 settimane, no pregresso
taglio cesareo, travaglio indotto.
Multipara, gravidanza singola, presentazione cefalica, età gestazionale ≥37 settimane, no pregresso
taglio cesareo, cesareo elettivo.
Multipara, gravidanza singola, presentazione cefalica, pregresso taglio cesareo.
Nullipara, gravidanza singola, presentazione podalica.
Multipara, gravidanza singola, presentazione podalica, include pregresso taglio cesareo.
Gravidanza multipla (include pregresso taglio cesareo)
Gravidanza singola, presentazione trasversa, obliqua (include pregresso taglio cesareo).
Gravidanza singola, presentazione cefalica, età gestazionale <37 settimane, include pregresso
taglio cesareo.
Robson MS, Fetal and Maternal Medicine Review 2001
5
EPIDEMIOLOGIA
N
O
G
l’AUSL2 di Bari e nella quale mediante l’impiego dell’analisi secondo le classi di Robson, è stata definita la popolazione ostetrica attraverso la valutazione
del contributo percentuale di
ogni classe, nonché la condotta ostetrica attraverso la definizione del tasso di TC per singola classe di Robson. A questa popolazione, per ogni singola classe di rischio clinico, sono stati
applicati i tassi di TC osservati
nell’UOC di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Latina nell’anno 2009 e poi ricalcolati i TC
che sarebbero stati effettuati
nell’AUSL2 di Bari e il tasso globale scaturito da questa simulazione.
L’analisi dei dati relativi ai parti
osservati nell’ospedale di Latina
è stata condotta in maniera retrospettiva. Per ogni paziente
sono stati analizzati i seguenti
parametri: età, numero dei parti, presenza e numero di pregresso TC, modalità del parto, numero di feti, presentazione fetale, età gestazionale, induzione farmacologica. Tutti i dati so-
no stati raccolti in un database.
Le pazienti sono state suddivise
nelle 10 classi di Robson e per
ogni classe è stato indicato il numero totale delle partorienti e
quante tra queste sono state
sottoposte a TC. Questo dato
indica la frequenza di TC per
ogni singola classe di rischio clinico. Per ogni classe è stato calcolato il peso percentuale sull’intera popolazione. Questo dato fornisce indicazioni circa le
caratteristiche ostetriche della
popolazione in studio. Per ogni
classe di rischio clinico è stato
inoltre calcolato il contributo
percentuale dei TC sul totale dei
TC eseguiti sull’intera popolazione in osservazione.
Risultati
Nel 2009, presso l’UOC di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Latina sono stati espletati
2.025 parti con 2.045 nati vivi:
588 (29,2%) sono stati espletati con TC, 10 (0,4%) con l’applicazione della ventosa ostetrica e
1 (0,04%) mediante l’utilizzo di
forcipe. La distribuzione delle gestanti secondo le classi di Robson e la frequenza percentuale
di TC per ogni classe di Robson
è riportata nella tabella 2.
Nell’esperienza relativa all’AUSL
2 di Bari 8, nel 2005 sono stati
espletati 2.277 parti, di cui 1.086
(48,3%) con TC. Nella tabella 3
sono schematizzati i dati riguardanti la distribuzione delle gestanti e la frequenza relativa di
TC per ognuna delle 10 classi di
Robson.
A questa casistica sono stati applicati i tassi di TC osservati nel
2009 nell’ospedale di Latina. Sulla base di queste percentuali è
stato ricalcolato il numero di TC
che sarebbero stati eseguiti per
ogni classe di rischio clinico, ed
è stato ricalcolato un tasso globale di TC. I risultati ottenuti sono riportati nella tabella 4. Nella simulazione effettuata il tasso globale di TC ricalcolato è stato del 36,16%. La contrazione
del tasso globale simulato è stata del 25% rispetto al valore riportato nella pubblicazione.
Tabella 2 Analisi della frequenza di taglio cesareo secondo le classi di Robson nell’Ospedale SM Goretti per l’anno 2009
Classe
di rischio
clinico
1
2*
3
4*
5
6
7
8
9
10
TOTALE
6
Numero
pazienti
% sull’intera
popolazione
Numero
cesarei
% di taglio
cesareo
690
226
644
77
241
61
12
23
1
51
2025
34,23
11,2
31,94
3,82
11,90
3,03
0,6
1,14
0,05
2,53
100
93
105
20
22
231
61
12
23
1
20
598
13,48
46,5
3,11
28,57
100
100
100
100
100
39,22
29,53
*Le classi a e b sono state unificate in un’unica classe.
Contributo %
al totale
dei cesarei
15,55
17,56
3,34
3,64
40,30
10,20
2,01
3,85
0,17
3,34
100
EPIDEMIOLOGIA
Tabella 3 Analisi della frequenza di taglio cesareo secondo le classi di Robson nell’ASL2 di Bari per l’anno 2005
Classe
di rischio
clinico
1
2*
3
4*
5
6
7
8
9
10
TOTALE
Numero
pazienti
% sull’intera
popolazione
Numero
cesarei
% di taglio
cesareo
581
395
588
151
351
49
32
18
11
105
2281
25,5
17,4
25,6
6,7
15,4
2,1
1,4
0,8
0,5
4,6
100
163
296
47
68
351
48
25
16
11
61
1086
28,05
74,9
7,99
45,03
100
97,95
78,12
88,8
100
58,09
47,61
N
O
G
Contributo %
al totale
dei cesarei
15
27,25
4,32
6,26
32,32
4,42
2,3
1,47
1,01
5,61
100
*Le classi a e b sono state unificate in un’unica classe.
Tabella 4 Frequenza di taglio cesareo secondo le classi di Robson nella popolazione dell’ASL2 di Bari8 ricalcolata
con le percentuali osservate in ogni classe di rischio clinico nell’ospedale “SM Goretti” di Latina
Classe
di rischio
clinico
Numero
pazienti
% sull’intera
popolazione
1
581
25,5
2*
395
17,4
3
588
25,6
4*
151
6,7
5
351
15,4
6
49
2,1
7
32
1,4
8
18
0,8
9
11
0,5
10
105
4,6
Totale
2.281
100
*Le classi a e b sono state unificate in un’unica classe.
Discussione
Con la simulazione abbiamo voluto dimostrare come standardizzando i tassi di TC per ogni classe di rischio clinico, mediante l’applicazione di valori osservati nella pratica clinica di un’unità operativa ospedaliera con un tasso
globale di TC del 29%, dato al di
sotto della media italiana, ma comunque distante dal 20%, sia
Numero cesarei
standardizzato
% di taglio
cesareo
SMG 2009
Contributo %
al totale
dei cesarei
78
184
18
43
351
49
32
18
11
41
825
13,48
46,5
3,11
28,57
100
100
100
100
100
39,22
36,16
11,26
20,15
3,75
3,13
43,92
6,13
4,00
2,25
1,38
4,00
100
possibile ricalcolare un valore globale di TC che si adegui alle caratteristiche della popolazione
ostetrica considerata. Pertanto,
simulando di modificare profondamente la condotta ostetrica di
un’area a elevata incidenza di TC,
si ottiene la contrazione del tasso globale di TC, ma la percentuale ottenuta resta comunque
lontano dal valore definito come
obiettivo dal Piano Sanitario Nazionale 2006-2008, ossia quel
20% ritenuto un obiettivo raggiungibile in tre anni 5. Questo
modello permette di comprendere come non sia possibile stabilire aprioristicamente, senza conoscere le caratteristiche della popolazione ostetrica di riferimento, il tasso globale di TC adeguato all’area.
Da questo modello è possibile
estrapolare altre considerazioni.
Il tasso globale ottenuto mediante la simulazione è comunque su-
7
EPIDEMIOLOGIA
N
O
G
periore a quello dell’ospedale utilizzato come standard, a confermare e sottolineare come la composizione della popolazione ostetrica sia un determinante fonda-
Un altro aspetto da tenere in considerazione è quello relativo alla
popolazione ostetrica, che in Italia è costituita per il 45-50% da
donne primipare a termine con
presentazione cefalica6,8,14, contrariamente
a quanto avviene nelle
aree caratterizzate da un
tasso di TC intorno al
20%, dove il 45-50%
delle donne che partoriscono sono pluripare a
termine con presentazione cefalica10. Questa differenza incide sul tasso
globale di TC in quanto la frequenza dei parti cesarei nella primipara cefalica a termine è del
15-20%, mentre nella pluripara
cefalica a termine è compreso tra
il 3 e il 6%6,12-14. Appare quindi
facilmente intuibile come un diverso rapporto tra le due popolazioni possa influenzare il tasso
globale di TC.
Un’ulteriore variabile da considerare è l’età materna al parto: l’associazione tra la maggiore età materna e il progressivo incremento
della frequenza di TC,
è riportata sia nella letteratura anglosassone10,12,15 che in quella
italiana1,8. Da questo
punto di vista, in Italia
si è osservato un progressivo incremento
dell’età delle donne che
partoriscono: nel Lazio,
per esempio, il 70% di
tutte le donne che ha
partorito nel 2009 aveva un’età ≥30 anni e in questo
gruppo rientrava ben il 63% delle primipare16. Nel Rapporto Nazionale sul TC del Regno Unito,
dove il tasso di parti cesarei era
del 21,5%, solo il 46% della popolazione in esame aveva un’età
La percentuale
di pre-cesarizzate
sembra condizionare
il tasso globale di TC.
8
mentale nel definire il tasso globale di TC. In particolare, nelle
aree ad alto tasso di parti cesarei
è presente una quota di donne
con pregresso cesareo, che quasi con certezza partorisce con un
altro TC. Il confronto tra le due
popolazioni ostetriche, ha evidenziato che la quota di pazienti precesarizzate è del 4% più alta nell’area pugliese rispetto all’ospedale del Lazio, e questa disparità
spiega quasi tutta la differenza
osservata tra i tassi di TC dopo
aver standardizzato la condotta
ostetrica. Una considerazione
analoga può essere effettuata per
il dato nazionale: la percentuale
di donne con pregresso cesareo
che ha partorito in Italia nel 2008
è stata del 15,4% 9, mentre la
quota di pazienti precesarizzate
in ambiti che riportano un tasso
globale di TC inferiore al 20% è
costantemente al di sotto del
10%10-12. Se, come dimostrato
nella nostra simulazione, la differente proporzione di pazienti
precesarizzate sembra capace di
condizionare il tasso globale di
TC a livello di unità operativa,
questo dato, verosimilmente,
condiziona anche il tasso di cesarei nazionale.
>30 anni12. Pertanto, nel definire quale sia il tasso globale di TC
atteso come adeguato per una
specifica area di riferimento, occorre considerare le caratteristiche demografiche della popolazione. Un’altra riflessione riguarda la frequenza dei parti operativi vaginali che, secondo il Rapporto Nazionale sul TC12 si attesta sul
10,9%; sommando questo valore al 21,5% di TC, si ottiene in totale un tasso di parti operativi del
32,4%. Nella casistica dell’ospedale di Latina del 2009 i parti operativi vaginali sono stati inferiori
all’1%, portando il tasso cumulato con il cesareo al 29,6%, che rimane inferiore al dato riportato
nella popolazione inglese. È possibile che una quota dei TC effettuata in Italia vada a ridurre la percentuale di parti operativi vaginali. L’insieme di queste osservazioni deve portare a ridimensionare
il significato assoluto del tasso globale di TC che, pur rappresentando un possibile indicatore di adeguatezza dell’assistenza ostetrica,
non può essere considerato alla
Il tasso globale di TC
esprime diverse
componenti che devono
essere valutate
singolarmente per ogni
area operativa.
stregua di un’icona, bensì come
un valore che esprime diverse
componenti, ciascuna delle quali deve essere opportunamente vagliata per definire il tasso globale di TC adeguato a ogni unità
operativa o area di riferimento.
EPIDEMIOLOGIA
Nella realtà italiana, caratterizzata da un tasso di TC superiore al
35% nel 50% delle regioni1, la
riduzione del tasso globale di TC,
per area e per unità operativa, è
ipotizzabile solo formulando un
piano di rientro verso una progressiva riduzione del tasso globale di TC, da calcolare median-
te la definizione di un obiettivo
realistico per ogni unità operativa e area di riferimento. Questo
valore può essere ottenuto, conosciuta la popolazione ostetrica
afferente, attraverso il calcolo del
tasso di TC per le classi di rischio
clinico nel quale si desidera programmare l’intervento e il succes-
sivo calcolo del tasso globale.
Considerando la condotta ostetrica vigente, le realtà culturali, le
attuali condizioni organizzative e
le caratteristiche della popolazione ostetrica è possibile ipotizzare un ritorno a un tasso globale
nazionale inferiore al 30% solo
con un percorso pluriennale.
N
O
G
Bibliografia
1. Rusticali B, Di Virgilio E. Considerazioni sull’appropriatezza del taglio cesareo. La ricerca Agenas. Monitor 2010;
26: 29-50.
2. Betran AP, Merialdi M, Lauer JA et al. Rates of caesarean section: analysis of global, regional and national estimates. Paediat Perinatal Epidemiol 2007; 21: 98-113.
3. Lydon-Rochelle M, Holt VL, Easterling TR et al. Caesarean delivery and postpartum mortality among primiparas in Washington state, 1987-1996. Obstet Gynecol 2001; 97: 169-74.
4. Koroukian SM. Relative risk of postpartum complications in the
Ohio medical population: vaginal versus caesarean delivery.
Med Care Res Rev 2004; 61: 203-24.
5. Ministero della Salute. Piano sanitario nazionale 2006-2008.
Dati disponibili su: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_507_allegato.pdf.
6. Maneschi F, Sarno M, Vicaro V et al. Analisi della frequenza di
taglio cesareo secondo le classi di rischio clinico. Riv It Ost Gin
2009; 21: 13-18.
7. Robson MS. Classification of caesarean sections. Fetal and Maternal Medicine Review 2001; 12: 23-39.
8. Coviello E, Schino F. Analisi della modalità di parto con taglio
cesareo in una AUSL Pugliese, 2005. Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità, inserto BEN 2007; 20: 15-16.
9. Fusco D, Davoli M, Lallo A, Perucci CA. Valutazione nazionale
degli esiti del parto: taglio cesareo. Monitor 2010; 26: 51-59.
10. Trends in cesarean births in Utah 1992–2002, Utah
Department of Health, Salt Lake City, Utah Division of
Community and Family Health Services, 2004. Available at:
http://health.utah.gov/drp/reports/csection_report.pdf
11. Meregalli V, Pintucci A, Cavaliere S. Parto vaginale semplice: è
ancora possibile. Nostra esperienza. It J Gynaecol Obstet 2010;
22: 124-37.
12. Thomas J, Paranjothy S. Royal College of Obstetricians and Gynaecologists Clinical Effectiveness Support Unit. National Sentinel Caesarean Section Audit Report. RCOG Press; 2001.
13. Mc Carthy F, Rigg L, Cady L et al. A New way of looking at caesarean section births. Aus & N Z J of Obstet Gynaecol 2007;
47: 316-20.
14. Baronciani D, Basevi V, Battaglia S et al. Le nascite in Emilia
Romagna. II Rapporto sui dati del CedAP. 2005. Bologna, Centro stampa giunta regionale, 2005.
15. Bragg F, Cromwell DA, Edozien LC. Variation in rates of caesarean section among English NHS trusts after accounting for maternal and clinical risk: cross sectional study. BMJ 2010; 341:
c5065.
16. Di Lallo D, Farchi S, Polo A, Natali A, Guasticchi G. Le nascite
nel Lazio. Rapporto 2009. Laziosanità Agenzia di Sanità Pubblica. Regione Lazio. Gennaio 2011. Disponibile su:
http://www.asplazio.it/asp_online/tut_soggetti_deb/files/files_nascite_lazio/rapp_nascite_lazio_09.pdf.
9
GINECOLOGIA PEDIATRICA
C
N
O
G
isti ovariche
dall’epoca fetale
all’adolescenza
Riscontrabili in qualunque fase della vita, le cisti ovariche hanno
caratteristiche differenti a seconda dell’età della paziente.
Risulta pertanto essenziale una definizione diagnostica rigorosa,
soprattutto delle lesioni complesse e un approccio terapeutico finalizzato
al risparmio del tessuto ovarico per non compromettere la futura fertilità.
di Mariangela Cisternino*, Patrizia Sampaolo**, Paola Coi*, Arianna Zaroli*,
*Clinica Pediatrica, IRCCS Fondazione Policlinico “San Matteo”, Università degli Studi - Pavia
**Clinica Ostetrico-Ginecologica, IRCCS Fondazione Policlinico “San Matteo”, Università degli Studi - Pavia
L
10
a gonade indifferenziata, destinata a diventare ovaio, inizia
la propria differenziazione a partire dall’11ª settimana di gestazione; al 4° mese gli ovociti vengono circondati da uno strato di
cellule della granulosa a formare
il follicolo primordiale. In seguito,
con l’aumento degli strati della
granulosa e l’organizzazione della teca, procede la maturazione
fino ai follicoli primari e secondari preantrali e al follicolo antrale.
Alla nascita lo sviluppo dei follicoli ovarici è completo (figura 1).
L’ovaio è un organo dinamico, in
quanto caratterizzato da processi di sviluppo e atresia dei follicoli fin dalla vita fetale; pertanto,
data la presenza di attività follicolare (sotto il controllo gonadotropinico ipofisario), la formazione
di cisti può essere osservata in tut-
te le fasce d’età, dall’epoca fetale fino all’adolescenza.
Classificazione
morfologica
L’indagine ecografica permette di
distinguere, sul piano morfologico, cisti semplici e complesse (tabella 1).
Le cisti semplici hanno pareti sot-
tili non vascolarizzate, contenuto liquido transonico, assenza di
setti e concamerazioni e possono essere:
• follicolari o funzionali (figura 2),
di dimensioni inferiori a 5 cm e
con parenchima ovarico d’origine sempre dimostrabile;
• sierose, di dimensioni maggiori
e con parenchima ovarico d’origine difficilmente visualizzabile;
Tabella 1 Classificazione morfologica delle cisti ovariche
Cisti semplici
Pareti
Cisti complesse
Sottili non vascolarizzate Ispessite (> 4 mm),
spesso vascolarizzate
Contenuto
Liquido transonico
Misto solido-liquido
Setti
Assenti
Presenza di gettoni solidi
e concamerazioni
endoluminali e di sepimenti
Tipo di cisti
Follicolari o funzionali,
Disontogeniche, cistoma,
sierose, paraovariche
endometriosiche, da corpo
luteo emorragico, tumori
GINECOLOGIA
MALATTIE
PEDIATRICA
RARE
N
O
G
Figura 1
Lamina basale
Cellule della granulosa
Follicolo primordiale
Lamina basale
Cellule della granulosa
Oocita
Zona pellucida
Follicolo primario
Lamina basale
Cellule della granulosa
Oocita
Zona pellucida
Teca
Follicolo secondario
• paraovariche (figura 3), collocate tra ovaio e tuba (più spesso in prossimità del margine
distale del legamento largo),
originano di solito dal sistema
paramesonefrico e sono insensibili all’attività ormonale fisiologica e farmacologica.
Le cisti complesse presentano,
invece, pareti ispessite (con spessore superiore a 4 mm) e spesso
vascolarizzate, contenuto misto
solido-liquido, sepimenti (figura
4) e gettoni endoluminali e possono essere:
• disontogeniche (figura 5 ), di
solito scarsamente vascolariz-
Teca esterna
Teca interna
Lamina basale
Zona pellucida
Oocita maturo
Antro
Strati di cellule
della granulosa
Follicolo terziario
Antro (liquido follicolare)
Teca interna
Zona pellucida
Follicolo di Graaf
Membrana
cellule della granulosa
Lamina basale
Cumulo ooforo
cellule della granulosa
Oocita maturo
Teca esterna
Fasi di sviluppo del follicolo ovarico (Bulun SE & Adashi EY, WB
Saunders Company 2003).
Figura 2 Cisti follicolare
Figura 3 Cisti paraovarica
Figura 4 Cisti complessa plurisepimentata
Figura 5 Cisti disontogenica con abbozzo
dentario
11
GINECOLOGIA PEDIATRICA
N
O
G
Figura 6 Cisti endometriosica
Figura 7 Corpo luteo
emorragico
Figura 9 Cisti fetale semplice
Figura 10 Cisti fetale gigante
Figura 8 Teratoma cistico
maturo
Figura 11 Cisti fetale con setti
multipli
zate, possono contenere abbozzi dentari, componenti adipose e liquide, a varia ecogenicità;
• cistoma, caratterizzato da pareti spesse e grossolana componente solida;
• endometriosiche (figura 6), di
dimensioni comprese tra 2 e 15
cm, spesso bilaterali, hanno pareti ispessite e contenuto liquido corpuscolato;
• cisti da corpo luteo emorragico
(figura 7), di dimensioni inferiori a 5 cm, presentano contenuto liquido corpuscolato e di nor-
ma regrediscono con la fase
mestruale del ciclo; in esse è
sempre dimostrabile il parenchima ovarico d’origine;
• tumori ovarici, in termini istogenetici, è necessario distinguere le forme derivanti dai tessuti ovarici da quelle derivanti da
tessuti paraovarici o secondarie
ad altre neoplasie (rabdomiosarcoma, linfoma, emopatie); le
prime originano dall’epitelio celomatico, dai cordoni sessuali e
dalle cellule germinali; le seconde derivano, invece, da endometrio ectopico o da residui paramesonefrici. Il rischio
di malignità per una
neoformazione ovarica
riscontrata ecograficamente prima della pubertà è di poco inferiore al 6%. Il tumore benigno più frequente è il
teratoma maturo (figura 8), la cui incidenza è
stimata attorno al 18%;
Le cisti ovariche fetali,
evidenziabili in corso
di gravidanza, sono
perlopiù di tipo follicolare.
12
tumori maligni sono riportati
nel 10% circa dei casi (tumori
a cellule germinali).
Trattazione per età
• Cisti ovariche fetali (figure 9, 10
e 11): vengono in genere evidenziate già durante la gravidanza, in occasione delle ecografie ostetriche. Sono più spesso di tipo follicolare, da probabile stimolo sui follicoli da parte dell’HCG placentare e delle
gonadotropine fetali. Vanno distinte da altri tipi di masse pelviche ed addominali: cisti mesenteriche, ostruzione o duplicazione intestinale, teratoma cistico; la diagnosi differenziale in
utero spesso non è possibile.
• Cisti ovariche neonatali (figura
12): sono molto frequenti (fino
al 70% delle neonate), in genere monolaterali, semplici o complesse. Le cisti semplici sono perlopiù di tipo follicolare; quelle
GINECOLOGIA PEDIATRICA
N
O
G
Figura 12 Cisti ovarica neonatale in necrosi
A. Massa eterogenea.
complesse rappresentano l’esito di una torsione dell’ovaio o
di un’emorragia all’interno della cisti verificatesi in epoca prenatale o neonatale.
• Cisti ovariche dell’infanzia: meno frequenti rispetto all’età neonatale, sembrano causate dalla
mancata involuzione dei follicoli e sono rilevate in circa il 35%
delle bambine tra i 2 e i 9 anni.
In genere si tratta di cisti follicolari che possono essere transitorie o persistenti; di solito sono cisti autonome isolate o parte di una sindrome di McCuneAlbright e causano pseudopubertà precoce con telarca e piccoli sanguinamenti; più raramente sono secondarie a iperstimolazione gonadotropinica
nel quadro di una pubertà precoce vera. In caso di cisti complesse o di grandi dimensioni o
B. Sedimenti declivi intracistici.
C. Massa pseudo-solida omogenea.
che non regrediscono, è d’obbligo sospettare una neoplasia ovarica.
• Cisti ovariche dell’adolescenza: sono
spesso la conseguenza di anovulatorietà o
di persistenza del corpo luteo; si tratta più
spesso di cisti follicolari (figura
13), cisti a partenza dal corpo
luteo o cisti endometriosiche. Si
accompagnano a irregolarità
mestruali e dismenorrea. Le neoplasie maligne rappresentano il
4,5% dei casi. È importante la
diagnosi differenziale nei confronti delle seguenti condizioni:
gravidanza, sequele di malattie
sessualmente trasmesse, alterazioni tubariche, anomalie dell’utero, cisti peritoneali e ascessi peri-appendicolari.
In circa il 35%
delle bambine tra i 2 e
i 9 anni si osservano
cisti ovariche transitorie
o persistenti.
Figura 13 Cisti follicolare dell’adolescenza
A. Prima della terapia.
B. Dopo terapia con estroprogestinici.
Sintomatologia
Le cisti ovariche possono essere
asintomatiche o causare sintomi
e segni clinici legati alla loro eventuale secrezione ormonale (accelerata maturazione sessuale nei
soggetti prepuberi, sanguinamenti anomali o segni di iperandrogenismo in epoca post-menarcale) associati o meno a sintomi correlati alle loro dimensioni e sede
(dolore addominale o sacrale, nausea, vomito, disuria), oppure manifestarsi come massa palpabile;
più raramente possono esordire
con una colica addominale da torsione dell’annesso.
Iter diagnostico
L’esame di primo livello nella diagnostica delle cisti ovariche è rappresentato dall’ecografia pelvica:
la valutazione ecografica per via
sovrapubica (e, in caso di adolescenti sessualmente attive, anche
13
GINECOLOGIA PEDIATRICA
N
O
G
ni irregolari o di anomalie strutturali, s’impone
un approfondimento
diagnostico che comporta il ricorso ad altre
metodiche di imaging:
• l’esame radiologico diretto dell’addome, che
può solo servire come
conferma diagnostica
nel sospetto di cisti dermoide (calcificazioni od inclusi dentari);
• la tomografia computerizzata
(TC) e, di preferenza, la risonanza magnetica (RM) che
possono, invece, contribuire a
una migliore definizione della
natura della cisti, nonché alla
valutazione del retroperitoneo
e dei rapporti della massa con
le strutture circostanti.
Le indagini di secondo livello
comprendono, inoltre, la deter-
L’iter diagnosticoterapeutico delle cisti
ovariche viene calibrato
in base all’età e ai primi
riscontri ecografici.
con sonda endovaginale) evidenzia volume, morfologia e contorno dell’ovaio; lo studio con color Doppler consente di identificare eventuali segni di neovascolarizzazione all’interno della formazione ovarica e un basso indice di resistenza vascolare, marker di sospetto per eventuale patologia maligna. In presenza di
un volume ovarico aumentato,
di una morfologia ovarica rotonda anziché ovoidale, di contor-
minazione dei marker tumorali
(CA 125, CA 72.4, CA 19.9,
CEA, hCG, FP e LDH) quando
si sospetta un’endometriosi o
una patologia ovarica maligna e
l’esecuzione dei dosaggi ormonali (test al GnRH, estradiolo, ormoni tiroidei) se sono presenti
manifestazioni endocrine.
Opzioni terapeutiche
Il corretto approccio terapeutico di fronte al riscontro di una
cisti ovarica con caratteristiche
di benignità deve tener conto
dell’età della paziente, della sintomatologia eventualmente presente, delle caratteristiche ecografiche e della loro evoluzione
nel tempo.
• Cisti ovariche fetali: in considerazione del basso rischio di
complicanze prenatali (com-
Figura 14 Iter diagnostico-terapeutico della cisti ovarica neonatale
Cisti ovarica neonatale
Asintomatica
Cisti semplice
o complessa <5 cm
Cisti semplice
>5 cm
Risoluzione
Cisti complessa
>5 cm
Monitoraggio
ecografico
Monitoraggio
ecografico
Tendenza
alla regressione
Sintomatica
Aumento
di volume
Aspirazione
percutanea
Persistenza
o sviluppo di sintomi
Recidiva
Diagnosi
e terapia chirurgica
14
GINECOLOGIA PEDIATRICA
N
O
G
Figura 15 Iter diagnostico-terapeutico della cisti ovarica dell’infanzia
Cisti ovarica dell’infanzia
Asintomatica
Cisti semplice
o complessa <5 cm
Sintomatica
Cisti semplice
>5 cm
Cisti complessa
>5 cm
Monitoraggio
ecografico
Tendenza
alla regressione
Aumento
di volume
Risoluzione
Aspirazione
percutanea
Marker tumorali
Indagini ormonali
RM addome inferiore
Pseudopubertà
precoce
Recidiva
Diagnosi
e terapia chirurgica
Soppressione
ormonale
Figura 16 Iter diagnostico-terapeutico della cisti ovarica dell’adolescenza
Cisti ovarica dell’adolescenza
Semplice
Asintomatica
Monitoraggio
ecografico
Tendenza
alla regressione
Risoluzione
Complessa >5 cm
Sintomatica
Persistenza
Marker tumorali
Indagini ormonali
RM addome inferiore
Aspirazione
percutanea
o
soppressione
ormonale
Recidiva
Diagnosi
e terapia chirurgica
15
GINECOLOGIA PEDIATRICA
N
O
G
pressione dei visceri, ipoplasia
polmonare, torsione e rottura
con emorragia e conseguente
perdita dell’ovaio), sono solitamente sottoposte a follow-up
ecografico, senza procedere all’aspirazione in utero. La loro
• Cisti ovariche neonatali: spesso
regrediscono spontaneamente
nell’arco di alcuni mesi; in caso
contrario, l’approccio terapeutico (l’aspirazione percutanea o
la chirurgia) (figura 14 a pag.
14) deve essere il più conservativo possibile e finalizzato al risparmio del
tessuto ovarico per non
compromettere la funzionalità e la futura fertilità della paziente.
•
Cisti ovariche
dell’infanzia e dell’adolescenza >5 cm: in assenza di sintomi, di caratteri sospetti di neoformazione o di complicanze,
il follow-up prevede la rivalutazione ecografica a distanza
di un mese; nelle adolescenti
che mestruano l’esame andrà
ripetuto in fase follicolare, cioè
L’approccio chirurgico,
quando necessario,
deve essere il più
conservativo possibile.
presenza rende però necessario valutare l’opportunità di
espletare il parto mediante taglio cesareo per evitare il rischio
di distocia o di complicanze da
compressione.
nel 4°-6° giorno di ciclo (figure 15, 16 a pag. 15). La terapia
medica con farmaci che inducono la soppressione della steroidogenesi (medrossiprogesterone e ciproterone acetato nell’infanzia oppure preparati
estroprogestinici nell’adolescenza) è spesso efficace nell’indurre la totale scomparsa della cisti (figura 13). La terapia chirurgica è rappresentata dall’aspirazione per via percutanea del contenuto della cisti,
se questa presenta un diametro pari o superiore a 5 cm. La
cistectomia e l’ovariectomia
(quest’ultima in presenza di
grave danno a carico del parenchima ovarico) vanno riservate
nell’eventualità di mancata regressione di cisti complesse, anche in soggetti asintomatici, o
di recidiva dopo aspirazione.
Bibliografia
16
1. Bruni V, Dei M. Ginecologia dal periodo neonatale all’età evolutiva. SEE, Firenze 2000.
2. Bulun SE, Adashi EY. The physiology and pathology of the female reproduct ive axis. Larsen PR, Kronenberg HM, Melmed
S, Polonsky KS, editors. In: Williams Textbook of Endocrinology. 10th ed. Philadelphia, WB Saunders Company 2003.
3. de Silva KS, Kanumakala S, Grover SR et al. Ovarian lesions
in children and adolescents: an 11-year review. J Pediatr Endocrinol Metab 2004; 17, 7: 951-7.
4. Deligeoroglou E, Eleftheriades M, Shiadoes V et al. Ovarian
masses during adolescence: clinical, ultrasonographic and
pathologic findings, serum tumor markers and endocrinological profile. Gynecol Endocrinol 2004; 19, 1: 1-8.
5. Piippo S, Mustaniemi L. Surgery for ovarian masses during
childhood and adolescence: a report of 79 cases. J Pediatr
Adolesc Gynecol 1999; 12, 4: 223-7.
6. Puligandla PS, Laberge JM. Lethal outcome after percutaneous aspiration of a presumed ovarian cyst in a neonate. Semin Pediatr Surg 2009; 18, 2: 119-21.
7. Spinelli C, Di Giacomo M et al. Functional ovarian lesions in
children and adolescents: when to remove them. Gynecol Endocrinol 2009; 25, 5: 294-8.
FARMACOLOGIA CLINICA
N
O
G
G
li inibitori dell’aromatasi
nel trattamento
dell’endometriosi
Una terapia che consente di contrastare efficacemente la sintomatologia
dolorosa, ma non le lesioni endometriosiche e che non è scevra da effetti
collaterali. Quindi, al momento, essa va prospettata solo alle pazienti
nelle quali la chirurgia e le altre opzioni terapeutiche non hanno determinato
un miglioramento del dolore.
di Umberto Leone Roberti Maggiore, Valentino Remorgida, Pier Luigi Venturini, Simone Ferrero
Clinica Ostetrica e Ginecologica, Università degli Studi di Genova, Ospedale San Martino - Genova
L’
endometriosi è una patologia
benigna definita dalla presenza di tessuto endometriale al di
fuori della sua sede abituale, ossia l’utero. La malattia, rara in età
adolescenziale e in post-menopausa, è tipica dell’età riproduttiva e si presenta in almeno il 4%
delle donne1. Essa provoca principalmente una sintomatologia algica (dismenorrea, dispareunia
profonda, dischezia e dolore pelvico cronico) e infertilità. Le sue
localizzazioni sono varie e più frequentemente rappresentate dal
peritoneo pelvico, dalle ovaie, dal
setto retto-vaginale, dai legamenti utero-sacrali e dallo spazio vescico-uterino. È noto che il trattamento chirurgico dell’endometriosi determina un miglioramento significativo del dolore e della
qualità di vita, soprattutto nelle
forme severe; il dolore può, però,
recidivare dopo la chirurgia e alcune pazienti non accettano di
sottoporsi a un secondo interven-
to. Inoltre, alcune donne preferiscono evitare o posticipare il trattamento chirurgico optando per
una terapia medica che riduca la
severità della sintomatologia algica. Di conseguenza, il trattamento medico può essere utilizzato come approccio di prima
scelta oppure fare seguito alla chirurgia per la gestione dei sintomi
recidivanti o per prevenire una recidiva della malattia.
Le terapie mediche
dell’endometriosi
Diverse terapie ormonali si sono
dimostrate efficaci e sicure nel migliorare il dolore causato dall’endometriosi. Non c’è invece alcuna evidenza che le terapie mediche determinino un miglioramento dell’infertilità correlata alla malattia. Attualmente, il trattamento farmacologico è basato principalmente sulla somministrazione
di agenti che sopprimono l’attività ovarica (tabella 1).
• Farmaci antinfiammatori non
steroidei (FANS): vengono ampiamente utilizzati nel trattamento del dolore cronico e rappresentano l’unica possibilità terapeutica per le pazienti che sono alla ricerca di una gravidanza. Tuttavia, non esiste una vera e propria evidenza che dimostri la loro efficacia nella gestione del dolore correlato alla presenza di endometriosi e neppure alcuna prova che stabilisca la
maggiore validità di un particolare FANS rispetto a un altro.
• Progestinici: i più comunemente impiegati sono il medrossiprogesterone acetato, il noretisterone acetato, il ciproterone
acetato e il levonorgestrel.
• Associazioni estro-progestiniche: sono state utilizzate empiricamente per anni per alleviare la dismenorrea e oggi costituiscono il trattamento più fre-
17
FARMACOLOGIA CLINICA
N
O
G
Tabella 1 Farmaci comunemente utilizzati nell’endometriosi
Classe terapeutica
Farmaci
Farmaci antinfiammatori non steroidei Acido mefenamico
Ibuprofene
Naproxene
Contraccettivi
• Orali
Combinazioni estroprogestiniche
• Transdermici
Etinilestradiolo e norelgestromina
• Vaginali
Etinilestradiolo ed etonogestrel
Progestinici
Diidrogesterone
Levonorgestrel
Medrossiprogesterone
Noretisterone
Analoghi del GnRH
Buserelina
Goserelina
Leuprolide
Natarelin
Farmaci ad azione androgenizzante
Danazolo
e sostanze similari
Gestrinone
18
quentemente prescritto per l’endometriosi. Essi sono impiegati sia in somministrazioni cicliche che continuative. Oltre alle preparazioni orali, sono disponibili formulazioni in cerotto transdermico e in anello vaginale. Al momento, esistono
prove scientifiche limitate a favore di una maggior efficacia
della somministrazione continuativa rispetto a quella ciclica,
sebbene la prima possa avere
qualche vantaggio nelle pazienti che riportano principalmente
dismenorrea.
• Danazolo: proposto per il trattamento del dolore correlato all’endometriosi a partire dagli
anni Settanta, ha un impiego a
lungo termine limitato dall’insorgenza di effetti avversi di tipo androgenico, come l’incremento ponderale, i crampi muscolari, l’atrofia della mammella, i sintomi vasomotori, l’acne,
l’irsutismo, le modificazioni del
tono della voce e le alterazioni
del profilo lipidico.
• Analoghi del GnRH: rappresentano una delle prime classi terapeutiche utilizzate nel trattamento dell’endometriosi e hanno un effetto molto rapido sul
dolore, ma quando usati a lungo termine possono determinare significative reazioni indesiderate correlate all’ipoestrogenismo, come vampate di calore, insonnia, riduzione della
densità minerale ossea, depressione e dolori articolari.
L’aromatasi
e gli inibitori
dell’aromatasi (IA)
Negli ultimi dieci anni è stato dimostrato che l’aromatasi, membro della famiglia dei citocromi
P450 (CYP) ed enzima chiave nella biosintesi degli estrogeni, può
svolgere un ruolo nella patogene-
si dell’endometriosi in quanto
espresso in maniera aberrante negli impianti endometriosici e nell’endometrio eutopico di pazienti affette da questa malattia2. Al
contrario, nell’endometrio delle
donne sane non è stata evidenziata alcuna attività aromatasica.
L’enzima in questione agisce convertendo gli steroidi C-19 (androgeni) in steroidi C-18 (estrogeni)
e, in particolare, l’androstenedione in estrone e il testosterone in
estradiolo.
L’aromatasi è espressa in numerosi tessuti fra i quali le ovaie, l’encefalo, la placenta, il tessuto adiposo, il muscolo, il fegato e la
mammella. Nelle donne in premenopausa essa risulta espressa principalmente dalle ovaie, ma con
l’avanzare dell’età e della concomitante riduzione della sintesi ovarica di estrogeni, aumenta il contributo periferico alla produzione
di questi ormoni.
Nell’età post-menopausale, l’androstenedione sintetizzato dal surrene è convertito in estrogeni, soprattutto dal tessuto adiposo, ma
anche a livello cutaneo, muscolare ed epatico.
Gli IA bloccano l’ultimo passaggio della sintesi degli estrogeni,
così da diminuirne efficacemente
i livelli circolanti senza interferire
sulle altre vie di produzione steroidea. Disponibili in formulazione orale, sono indicati nel trattamento del carcinoma della mammella in pazienti in età post-menopausale e i principi attivi di terza generazione (letrozolo e anastrozolo) sono stati proposti anche come terapia dell’endometriosi.
Quando utilizzati in età premenopausale, gli IA riducono i livelli circolanti di estrogeni con conseguente aumento della secrezione
FARMACOLOGIA CLINICA
di gonadotropine e quindi della
stimolazione ovarica. Pertanto, la
loro somministrazione continuativa in donne fertili affette da endometriosi deve essere associata
all’uso di farmaci soppressivi della funzionalità ovarica (come contraccettivi orali, progestinici o analoghi del GnRH); in questo modo,
si ottiene la contemporanea inibizione della sintesi di estrogeni
ovarica ed extra-ovarica.
ca resistente alla terapia chirurgica e ormonale4. Entrambe hanno riportato un miglioramento
del dolore durante il trattamento; nello specifico, in una il giovamento è proseguito per 24 mesi dopo l’interruzione della terapia, mentre nell’altra è stato necessario eseguire una laparoscopia per l’insorgenza di algie addomino-pelviche a distanza di 15
mesi dalla cessazione della terapia; durante l’intervento non è
stato evidenziato alcun segno di
endometriosi, ma solo minime
aderenze. Questi risultati preliminari sono stati successivamente
confermati da uno studio prospet-
In letteratura
L’efficacia degli IA in donne in età
premenopausale affette da endometriosi è stata valutata, per
la prima volta, da uno studio pilota non randomizzato condotto
su 10 pazienti che, a dispetto di
precedenti terapie mediche e chirurgiche, lamentavano algie persistenti3. Il trattamento con letrozolo (2,5 mg al giorno) e noretisterone acetato (2,5 mg al giorno) per sei mesi ha determinato
una significativa diminuzione dell’intensità del dolore in 9 pazienti su 10. Inoltre, il second-look laparoscopico, eseguito dopo il
completamento della terapia, ha
documentato una riduzione della severità della malattia e l’esame istologico delle biopsie peritoneali non ha evidenziato la presenza di endometriosi in tutte le
pazienti incluse nello studio.
Shippen et al, invece, hanno valutato l’efficacia dell’anastrozolo
combinato con progesterone orale e rofecoxib in due donne in
premenopausa affette da endometriosi con sintomatologia algi-
con endometriosi retto-vaginale,
evidenziando un miglioramento
della dismenorrea e di alcuni
aspetti della qualità di vita, ma
non del dolore pelvico cronico e
della dispareunia6.
L’efficacia degli IA ha trovato ulteriori conferme in due lavori recenti che hanno riportato anche
il follow-up dopo l’interruzione
della terapia7,8. Il primo, prospettico, ha incluso 12 pazienti in età
riproduttiva e ha valutato l’efficacia di letrozolo combinato con
noretisterone acetato per il trattamento dei sintomi dolorosi associati alla presenza di endometriosi del setto retto-vaginale; durante la terapia l’intensità della dispareunia profonda e del dolore pelvico cronico sono significativamente diminuiti7.
Il follow-up a tre mesi dal
completamento della terapia ha dimostrato una
riacutizzazione del dolore e a sei mesi non si è
osservata alcuna differenza nell’intensità di dismenorrea, dispareunia e dolore pelvico
cronico rispetto al periodo precedente al trattamento. In seguito,
alcune delle pazienti sono state
sottoposte ad asportazione chirurgica delle lesioni endometriosiche e l’esame istologico dei reperti operatori ha documentato
la conservazione delle ghiandole
endometriali e un’intensa attività stromale. Nel secondo studio,
condotto dagli stessi autori del
primo, letrozolo è stato associato alla mini-pillola (desogestrel 75
µg al giorno)8. Questo regime terapeutico ha portato alla rapida
formazione di cisti ovariche funzionali in tutte le pazienti e, pertanto, il trattamento è stato interrotto. Comunque, la terapia
N
O
G
L’efficacia degli IA
sulla sintomatologia
dolorosa è documentata
da numerosi studi-pilota.
tico che ha incluso 18 donne in
età fertile con sintomatologia dolorosa resistente alla terapia chirurgica e ormonale5, tutte trattate con anastrozolo (1 mg al giorno) e contraccettivi orali per un
periodo di sei mesi. Nel corso dello studio si sono verificati 3 casi
di drop-out e 1 di mancata risposta alla terapia. Delle 15 pazienti
che hanno completato i 6 mesi di
terapia, 14 hanno riportato un notevole miglioramento del dolore
con scarsi effetti collaterali. Purtroppo, non è stato effettuato alcun follow-up dei sintomi dopo
l’interruzione della terapia.
Un altro studio pilota ha valutato gli effetti di anastrozolo somministrato per via vaginale in 10
pazienti in età premenopausale
19
FARMACOLOGIA CLINICA
N
O
G
ha determinato una rapida diminuzione dell’intensità della dispareunia e della dismenorrea, sintomi che però sono ricomparsi
subito dopo l’interruzione del
trattamento.
Più recentemente, uno studio prospettico che ha incluso 82 donne con endometriosi del setto retto-vaginale ha confrontato gli effetti di letrozolo (2,5 mg al giorno) combinato con noretisterone
acetato (2,5 mg al giorno) rispetto al noretisterone acetato in monoterapia9. La scelta del tipo di
trattamento è stata fatta in base
alla preferenza delle pazienti.
Questo studio ha dimostrato che
entrambe le terapie sono efficaci nel migliorare la sintomatologia dolorosa, tuttavia il letrozolo
determina una maggiore riduzione della severità del dolore pelvico e della dispareunia profonda.
Ciononostante, con letrozolo si
pazienti sottoposte a chirurgia
conservativa per endometriosi severa successivamente trattate con
anastrozolo (1 mg/die) più goserelina (3,6 mg/mese) per sei mesi oppure con placebo e goserelina per sei mesi10. Rispetto alla
sola goserelina, la terapia con anastrozolo e goserelina ha incrementato l’intervallo libero da dolore e
ridotto il tasso di recidive. Infatti,
durante il periodo di follow-up (24
mesi) post-chirurgico le recidive
sono state 3 su 40 (7,5%) nel
gruppo anastrozolo/goserelina e
14 su 40 (35%) in quello placebo/goserelina.
Endometriosi
intestinale e vescicale
Un recente studio pilota ha valutato gli effetti di letrozolo combinato con noretisterone acetato sul
dolore e sui sintomi intestinali in sei donne affette da endometriosi del
sigma-retto11. Esso ha dimostrato che questo regime terapeutico è in
grado di migliorare sia il
dolore, sia i disturbi intestinali, in particolare nelle pazienti che riportano
sintomi simili a quelli della sindrome dell’intestino irritabile con prevalente diarrea.
Un altro studio pilota ha valutato
l’efficacia di letrozolo in associazione a noretisterone acetato sui
sintomi correlati alla presenza di
endometriosi vescicale (fra i quali disuria e urgenza minzionale)12
evidenziando una riduzione della
sintomatologia dolorosa e urologica che si è mantenuta nel corso dei sei mesi di terapia nonostante l’insorgenza di effetti indesiderati.
La terapia con IA
non determina una
riduzione delle lesioni
endometriosiche.
20
ha una maggiore incidenza di effetti indesiderati, mentre la soddisfazione delle pazienti è simile
per quanto riguarda i due regimi
terapeutici. Inoltre, la recidiva della sintomatologia dopo l’interruzione della terapia ormonale è
stata simile nei due gruppi.
Solo un lavoro ha investigato l’efficacia degli IA nella prevenzione
delle recidive dopo chirurgia conservativa. Si tratta, nello specifico, di uno studio prospettico, randomizzato che ha arruolato 80
Effetti indesiderati
della terapia con IA
Nessuno studio pubblicato ha riportato severi effetti collaterali
correlati alla somministrazione di
IA in donne con endometriosi in
età premenopausale. Alcuni effetti collaterali descritti dalle pazienti sono: vampate di calore, labilità emotiva, cefalea, spotting,
astenia, depressione, vertigini, incremento ponderale, aumento
dell’appetito, intenso sanguinamento vaginale, mialgie e artralgie, insonnia, eruzioni cutanee e
diminuzione della libido3,5-7,12. Numerosi studi hanno stimato gli effetti di questi farmaci sulla densità minerale ossea, dimostrando
che il loro utilizzo per brevi periodi di tempo non provoca riduzioni significative a livello vertebrale
e dell’anca3,5-8.
Conclusioni
Negli ultimi dieci anni l’uso degli
IA nel trattamento del dolore causato da endometriosi è stato oggetto di numerosi case-report e
studi pilota che hanno incluso un
numero limitato di pazienti13. I loro risultati preliminari hanno dimostrato che questi farmaci riducono in modo significativo la severità della sintomatologia algica,
FARMACOLOGIA CLINICA
ma il maggior limite di tali lavori
consiste nel fatto che l’efficacia
degli IA somministrati in associazione a una terapia soppressiva
sulla funzione ovarica (come analoghi del GnRH, contraccettivi orali o progestinici) non è stata confrontata a quella della monoterapia con farmaci che sopprimono
la funzione ovarica. Solo uno studio non randomizzato ha confrontato gli effetti sulla sintomatologia dolorosa di letrozolo combinato con noretisterone acetato rispetto al noretisterone acetato in
monoterapia9; questo lavoro ha
dimostrato per la prima volta che
l’uso degli IA determina una maggiore riduzione della severità del
dolore, ma anche una maggiore
incidenza di effetti indesiderati.
Da numerosi studi è emerso che
la terapia con IA non previene la
recidiva della sintomatologia dolorosa dopo l’interruzione del trattamento ormonale7-9 e non determina la scomparsa delle lesioni endometriosiche7,12. Infine, sebbene gli studi citati in questo articolo suggeriscano una buona
tolleranza degli IA anche in donne in età fertile, non sono ancora disponibili dati definitivi. In particolare, i loro effetti potenziali sull’osso devono essere attentamente valutati nelle pazienti che si sottopongono alla terapia per periodi superiori ai sei mesi.
In definitiva, in base ai riscontri
attualmente disponibili, l’uso degli IA dovrebbe essere proposto
solo a pazienti selezionate con intensa sintomatologia algica resistente a pregressa terapia chirurgica e/o ormonale14.
N
O
G
Bibliografia
1. Ferrero S, Arena E, Morando A et al. Prevalence of newly diagnosed endometriosis in women attending the general practitioner. Int J Gynaecol Obstet 2010; 110, 3: 203-7.
2. Noble LS, Simpson ER, Johns A et al. Aromatase expression in
endometriosis. J Clin Endocrinol Metab 1996; 81: 174-9.
3. Ailawadi RK, Jobanputra S, Kataria M et al. Treatment of endometriosis and chronic pelvic pain with letrozole and norethindrone acetate: a pilot study. Fertil Steril 2004; 81: 290-6.
4. Shippen ER, West WJ Jr. Successful treatment of severe endometriosis in two premenopausal women with an aromatase inhibitor. Fertil Steril 2004; 81: 1395-8.
5. Amsterdam LL, Gentry W, Jobanputra S et al. Anastrazole and
oral contraceptives: a novel treatment for endometriosis. Fertil
Steril 2005; 84: 300-4.
6. Hefler LA, Grimm C, van Trotsenburg M et al. Role of the vaginally administered aromatase inhibitor anastrozole in women
with rectovaginal endometriosis: a pilot study. Fertil Steril 2005;
84: 1033-6.
7. Remorgida V, Abbamonte HL, Ragni N et al. Letrozole and norethisterone acetate in rectovaginal endometriosis. Fertil Steril
2007; 88: 724-6.
8. Remorgida V, Abbamonte LH, Ragni N et al. Letrozole and de-
9.
10.
11.
12.
13.
14.
sogestrel-only contraceptive pill for the treatment of stage IV
endometriosis. Aust N Z J Obstet Gynaecol 2007; 47: 222-5.
Ferrero S, Camerini G, Seracchioli R et al. Letrozole combined
with norethisterone acetate compared with norethisterone acetate alone in the treatment of pain symptoms caused by endometriosis. Hum Reprod 2009; 24: 3033-41.
Soysal S, Soysal ME, Ozer S et al. The effects of post-surgical
administration of goserelin plus anastrozole compared to goserelin alone in patients with severe endometriosis: a prospective randomized trial. Hum Reprod 2004; 19: 160-7.
Ferrero S, Camerini G, Ragni N et al. Letrozole and norethisterone acetate in colorectal endometriosis. Eur J Obstet Gynecol
Reprod Biol 2010; 150: 199-202.
Ferrero S, Biscaldi E, Venturini PL et al. Aromatase inhibitors in
the treatment of bladder endometriosis. Gynecol Endocrinol
2010; (in press).
Ferrero S, Venturini PL, Ragni N et al. Pharmacological treatment of endometriosis: experience with aromatase inhibitors.
Drugs 2009; 69: 943-52.
Ferrero S, Remorgida V, Venturini PL. Current pharmacotherapy for endometriosis. Expert Opin Pharmacother 2010; 11:
1123-34.
21
MALATTIE RARE
I
N
O
G
nquadramento clinico
della sindrome feto-alcolica
Una sindrome che comporta un grosso carico assistenziale, severe
implicazioni sociali e una definizione diagnostica particolarmente accurata,
al fine di quantificare il danno indotto dal consumo di alcol e di elaborare
il percorso terapeutico più indicato nel signolo caso.
di Angelo Selicorni
Ambulatorio di Genetica, Clinica Pediatrica Fondazione MBBM, AO “S. Gerardo” - Monza
L
a sindrome feto-alcolica (FAS) è
una condizione plurimalformativa causata dall’abuso materno di alcol durante la gravidanza. La FAS è
la forma più riconoscibile e severa
di uno spettro di diversi effetti avversi provocati dall’esposizione all’alcol in utero. Questi difetti vengono racchiusi nella generica definizione di “disordini dello spettro fetoalcolico” (FASD) che comprende anche la sindrome feto-alcolica parziale (PFAS), i difetti neonatali alcol-relati (ARBD) e i disordini dello sviluppo neuronale alcol-relati (ARND).
Epidemiologia
La sindrome feto-alcolica si osserva in tutti i gruppi razziali ed etnici: la sua incidenza nella popolazione mondiale è di circa 1-2/1.000
nati vivi. In un recente report statunitense, l’incidenza della patologia risulta pari a 0,3-1,5/1.000, con
maggior prevalenza nelle popola-
22
Sinonimi
• Embriopatia alcolica
• Sindrome alcolica fetale
zioni americane di colore, indioamericane e native dell’Alaska.
L’area geografica più colpita da questa sindrome è il Sudafrica, con
un’incidenza di 39,2-46,5/1.000
nati vivi. È stata riportata anche una
prevalenza della patologia nel sesso femminile.
Eziopatogenesi
L’alcol si comporta come un teratogeno, anche se i reali meccanismi
alla base della sua azione nociva
non sono ancora chiari. Sono state
prese in considerazione numerose
ipotesi, tra cui: un effetto tossico diretto dell’alcol, la tossicità indotta da
suoi cataboliti come
l’acetaldeide, la produzione di radicali liberi, le
dosi, le modalità e la
tempistica di assunzione
delle bevande alcoliche
durante il periodo gestazionale, anche se non esistono vere e proprie
linee guida al riguardo.
Gli effetti dell’alcol sono stati correlati a un’assunzione giornaliera
minima di 1-2 bevande alcoliche.
Kline et al hanno riportato che il rischio di aborto spontaneo raddoppia in donne che consumano 30 ml
di alcol due volte alla settimana. Altri studi hanno dimostrato che i figli di madri che assumono 45 ml di
alcol al giorno in gravidanza presentano un rischio raddoppiato di
anomalie della crescita e dello sviluppo rispetto ai bambini nati da
madri astemie o che consumano
modiche quantità di alcol. Altre evidenze suggeriscono che l’ingestione cronica di circa 90 ml di alcol al
giorno o di 6 drink alcolici risulta associata a un maggior rischio di mal-
Perseguire l’astensione:
la dose minima
di alcol nociva
per il feto non è nota.
formazioni maggiori e ritardo di sviluppo globale. In conclusione, non
è mai stata definita una specifica
dose minima di alcol nociva per il
feto, per cui viene generalmente
raccomandata una completa asti-
MALATTIE RARE
nenza dall’assunzione di bevande
alcoliche durante la gravidanza.
Esistono molte ipotesi per spiegare come mai non tutte le donne alcoliste procreano bambini affetti
da FAS. Diverse evidenze suggeriscono un ruolo del background genetico nel modulare gli effetti dell’esposizione prenatale all’alcol.
Manifestazioni
cliniche
Anomalie neurologiche: i pazienti
affetti da FAS presentano alterazioni strutturali e funzionali del sistema nervoso centrale (SNC). In particolare, si possono manifestare microcefalia, deficit motori, ipotonia,
tremori, ipoacusia neurosensoriale
e anomalie del visus (strabismo, anomalie retiniche vascolari, ipoplasia
del nervo ottico). I bambini esposti
all’alcol nei primi 85 giorni di vita
embrionale possono mostrare alterazioni a carico del corpo calloso e
della commissura anteriore. I difetti strutturali del SNC documentati
con immagini neuroradiologiche o
all’autopsia comprendono l’agenesia del corpo calloso, la riduzione del
volume cerebrale e cerebellare e gangli della base di piccole dimensioni.
Sviluppo psicomotorio e accrescimento staturo-ponderale: l’esposizione all’alcol determina anomalie comportamentali e cognitive.
Lo spettro dei difetti neuropsicologici è ampio e include deficit di
apprendimento verbale e non verbale, del linguaggio e dell’attenzione e problemi che coinvolgono
la funzione esecutiva. Per quanto
chidattilia e sindattilia ai piedi, diriguarda l’accrescimento, varie evifetti vertebrali e scoliosi.
denze mostrano la possibile presenza di un ritardo di crescita sia
Iter diagnostico
pre- sia postnatale.
Nel 2005, Hoyme et al hanno stiAnomalie dei tratti somatici: le
lato un sistema a punteggio che
anomalie minori del volto comviene utilizzato per quantificare i
prendono epicanto, ipertelorismo,
segni clinici minori e maggiori rilefessure palpebrali corte, ptosi,
vabili nei bambini esposti all’alcol
ipoplasia della regione mediana
nella vita fetale (tabella 1). Lo scodel viso, naso corto con narici anre totale calcolato in ogni pazienteverse e ponte nasale piatto, filte non consente, di per sé, di portro lungo e liscio, palato ogivale,
labbro superiore sottile, micrognazia e anTabella 1 Sindrome feto-alcolica: quantificazione
tielice prominente.
del danno alcol-correlato
Anomalie cardiovascolari: il coinvolgimento
Caratteristiche cliniche
Punteggio
cardiovascolare si espriAltezza <10%
1
me con difetti del setPeso <10%
2
to atriale o interventriCirconferenza cranica <10%
3
colare, ipoplasia delle
Distanza intercantale
arterie polmonari e diinterna <10%
0
fetti cardiaci troncocoLunghezza delle fessure
nali. Uno studio di Carpalpebrali <10%
3
michael et al del 2003
Strabismo
0
ha dimostrato come il
Ptosi
2
rischio di concepire
Epicanto
1
progenie con difetti
Ponte nasale piatto
1
cardiaci troncoconali
Narici anteverse
2
sia moderatamente
Filtro lungo
2
aumentato in donne
Filtro liscio
3
che consumano beLabbro superiore sottile
3
vande alcoliche duranIpoplasia della porzione
mediale del volto
2
te la gravidanza e che
Antielice
prominente
1
il rischio cresce con
Prognatismo
0
l’aumento della freSoffio
cardiaco
0
quenza di assunzione
Malformazione
cardiaca
1
o del numero di drink
Ridotta prono-supinazione
assunti.
del gomito
2
Altre anomalie: posIpoplasia
ungueale
0
sono essere riscontraClinodattilia
del
V
dito
1
te alterazioni renali,
Camptodattilia
1
come ematuria, idroPieghe
palmari
a
hockey
stick
1
nefrosi e ipoplasia uniADHD
1
o bilaterale, e/o proDisfunzione
della
motricità
fine
1
blematiche ortopediIrsutismo
1
che, come sinostosi
TOTALE
36
radioulnare, camptoHoyme HE et al, Pediatrics 2005
dattilia alle mani, bra-
N
O
G
23
MALATTIE RARE
N
O
G
Tabella 2 Sindrome feto-alcolica: criteri diagnostici
I. FAS con conferma dell’esposizione materna all’alcol (richieste tutte le caratteristiche da A a D)
A.
B.
C.
D.
Conferma dell’esposizione materna ad alcol
Anomalie minori del volto caratteristiche, incluse 2 o più delle seguenti:
• fessure palpebrali corte (<10%)
• filtro appiattito
• labbro superiore sottile
Ritardo di crescita pre- e/o post-natale
• peso e/o altezza <10%
Ridotta crescita cerebrale e/o anomala morfogenesi, incluse 1 o più delle seguenti:
• anomalie strutturali cerebrali
• circonferenza cranica <10%
II. FAS senza conferma dell’esposizione materna all’alcol
Vedi le caratteristiche elencate nei punti I-B, I-C, I-D
III. FAS parziale con conferma dell’esposizione materna all’alcol (richieste tutte le caratteristiche da A a C)
A.
Conferma dell’esposizione materna all’alcol
B.
Anomalie minori del volto caratteristiche, incluse 2 o più delle seguenti:
• fessure palpebrali corte (<10%)
• filtro liscio
• labbro superiore sottile
C.
Una delle seguenti caratteristiche:
• Ritardo di crescita pre- e/o postnatale: peso e/o altezza <10%
• Ridotta crescita cerebrale e/o anomala morfogenesi, includenti 1 o più di: anomalie strutturali cerebrali,
circonferenza cranica <10%
• Spettro complesso di deficit cognitivi o comportamentali: spettro comprendente anomalie severe di performance,
deficit di linguaggio e alterazioni comportamentali
IV. FAS parziale senza conferma dell’esposizione materna ad alcol
Vedi le caratteristiche elencate nei punti III-B e III-C
V. ARBD (richieste tutte le caratteristiche da A a C)
A.
Conferma dell’esposizione materna ad alcol
B.
Anomalie minori del volto caratteristiche, includenti 2 o più delle seguenti:
• fessure palpebrali corte (<10%)
• filtro liscio
• labbro superiore sottile
C.
Difetti congeniti strutturali, includenti malformazioni e displasie, in uno o più dei seguenti distretti corporei
(se sono presenti solo anomalie minori devono essere >2):
• cuore (difetti del setto atriale, alterazioni dei grossi vasi, difetti del setto interventricolare, difetti troncoconali);
• apparato scheletrico (sinostosi radioulnare, difetti vertebrali, contratture articolari, scoliosi);
• rene (reni aplasici/displasici/ipoplasici, rene a ferro di cavallo, doppio uretere);
• occhi (strabismo, ptosi, anomalie retiniche vascolari, ipoplasia del nervo ottico);
• orecchio (sordità neurosensoriale o trasmissiva);
• anomalie minori (unghie ipoplasiche, brachidattilia e/o clinodattilia del V dito, petto carenato/escavato,
camptodattilia, pieghe palmari a hockey stick, antielice prominente)
VI. ARND (richieste le caratteristiche A a B)
A.
Conferma dell’esposizione materna ad alcol
B.
Almeno 1 dei seguenti:
• ridotta crescita cerebrale e/o anomala morfogenesi, includenti 1 o più di: anomalie strutturali cerebrali,
circonferenza cranica <10%
• spettro complesso di deficit cognitivi o comportamentali: spettro comprendente anomalie severe di performance,
deficit di linguaggio e alterazioni comportamentali
FAS=sindrome feto-alcolica
ARBD=difetti congeniti alcol-relati
ARND=anomalie dello sviluppo alcol-relate
24
Hoyme HE et al, Pediatrics 2005
MALATTIE RARE
re una diagnosi di FAS, ma permette di quantificare in modo oggettivo il danno correlato all’alcol nell’ambito dei diversi possibili fenotipi dello spettro feto-alcolico.
I criteri diagnostici utilizzati per identificare la FAS, inizialmente delineati da Jones e Smith nel 1973, sono
stati rielaborati più volte. L’ultima
revisione di quelli stilati dall’Institute of Medicine (IOM) della National Academy of Science, effettuata da Hoyme et al nel 2005, è schematizzata nella tabella 2.
Diagnosi differenziale
Prima di classificare un bambino
come affetto da un FAS, è necessario escludere la presenza di
sindromi genetiche e plurimalformative.
Qui di seguito vengono riportate le condizioni da considerare
in diagnosi differenziale elencando le sovrapposizioni tra la FAS
e la sindrome in esame.
• Sindrome di Aarskog: ipertelorismo, naso piccolo con narici anteverse, filtro lungo, ipoplasia della porzione mediale
del volto.
• BPSE (sindrome blefarofimosi):
fessure palpebrali corte, ptosi.
• Sindrome di Cornelia de Lange: filtro lungo e liscio, labbro
superiore, radice nasale depressa, narici anteverse, microcefalia.
• Sindrome di Dubowitz: fessure palpebrali corte, ipertelori-
•
•
•
•
•
•
smo, epicanto, ptosi, blefarofimosi, microcefalia.
Sindrome fetale da
anticonvulsivanti:
ipertelorismo, radice
nasale depressa, ipoplasia della porzione
mediale del volto,
epicanto, filtro lungo, labbro superiore sottile.
Fenilchetonuria (PKU) materna: epicanto, fessure palpebrali corte, filtro lungo e liscio,
labbro superiore sottile, microcefalia.
Sindrome di Noonan: ponte
nasale basso, epicanto, ipertelorismo, filtro lungo.
Embriopatia da toluene: fessure palpebrali corte, ipoplasia della porzione mediale del
volto, filtro liscio, labbro superiore sottile, microcefalia.
Sindrome da microdelezione
22q11.2: fessure palpebrali
corte, ipoplasia malare, microcefalia.
Sindrome di Williams: fessure
palpebrali corte, narici anteverse, filtro lungo e liscio, ipoplasia mascellare, radice nasale depressa, epicanto.
N
O
G
Prima di porre diagnosi
di FAS occorre escludere
numerose sindromi
genetiche e malformative.
Counselling genetico
La diagnosi di FAS consente di eliminare la vasta gamma di patologie a eziologia genetica che entrano in diagnosi differenziale permet-
tendo così di escludere una ricorrenza per future gravidanze della
coppia genitoriale, a condizione
che non vi sia più esposizione al teratogeno.
Trattamento
La terapia preventiva è rappresentata dall’astensione dall’alcol
durante la gravidanza.
Il trattamento specifico della FAS
viene impostato in base ai problemi clinici manifestati dal paziente.
Follow-up
Il monitoraggio dei bambini e
degli adolescenti affetti da FAS
prevede un approccio multidisciplinare che comprende la valutazione da parte di un genetista clinico, di un neuropsichiatra infantile, di uno psicologo,
di un educatore e di specialisti
in cardiologia, ortopedia, nefrologia, oculistica e audiologia in
base alle anomalie congenite associate.
Bibliografia
1. Hoyme HE, May PA, Kalberg WO et al. A pratical clinical approach
to diagnosis of Fetal Alcohol Spectrum Disorders: clarification of
the 1996 Institute of Medicine criteria. Pediatrics 2005; 115, 1: 39-47.
2. Itthagarun A, Nair RG, Epstein JB et al. Fetal alcohol syndrome: case report and review of the literature. Oral Surgery, Oral
Medicine, Oral Pathology, Oral Radiology and Endodontology
2007; 103, 3: e20-5.
3. Manning MA, Hoyme HE. Fetal alcohol spectrum disorders: a
practical clinical approach to diagnosis. Neurosci Biobehav Rev
2007; 31, 2: 230-8.
25
PREVENZIONE
I
N
O
G
l Test Combinato,
efficace screening
per le cromosomopatie
Un modello di percorso integrato per il superamento delle criticità
nella diagnostica del rischio di cromosomopatie fetali consente
il miglioramento della qualità e dell’efficienza, favorendo
la consapevolezza dei pazienti.
di Enrico Colosi, Rosalia Musone, Gilda R. Filardi, A. Gabriele Macaluso, Alma Fabbo, Marta Mazzi
Centro di Medicina della Riproduzione e Scuola di Medicina Materno-Fetale, AUSL 9 - Grosseto
D
26
al 1999 presso l’Ospedale di
Grosseto viene eseguito il Test
Combinato attraverso la valutazione della Proteina Plasmatica A
associata alla gravidanza (PAPPA) e della Subunità Beta libera della Gonadotropina Corionica Umana (free-ß-HCG) con dosaggio
Kriptor® ed ecografia utilizzando
la valutazione del rischio di cromosomopatia attraverso il programma FMF.
Dal 2007 la Regione Toscana ha
avviato un progetto per attivare
un programma di valutazione del
rischio attraverso il Test Combinato che coinvolga tutta la Regione.
L’esperienza maturata in questi
anni ci ha permesso di sviluppare
un modello di percorso che mira
al miglioramento della qualità del
servizio, nel tentativo di organizzare un servizio snello, semplice e
in sintonia con i progetti Regiona-
li e dell’Azienda; assicurando che
il test ottenga i risultati migliori
mantenendo un’elevata qualità
degli operatori e della tecnologia;
garantendo alle coppie piena consapevolezza della scelta importante ed eticamente delicata di effettuare o meno esami invasivi quali la villocentesi o l’amniocentesi.
Informazione iniziale
Abbiamo ritenuto necessario dare enfasi particolare all’informazione soprattutto nelle prime settimane della gravidanza per diversi motivi:
• permettere alla coppia di prendere coscienza con ampio anticipo se eseguire o meno un esame invasivo per la determinazione del cariotipo fetale, al fine di non ritrovarsi al momen-
to della decisione senza aver
ben chiaro quali siano le opportunità;
• permettere in tempo utile la datazione corretta della gravidanza, soprattutto nei casi di U.M.
Incerta (circa il 10%);
• permettere di fissare gli appuntamenti nella data ritenuta più
opportuna;
• permettere alla coppia di affrontare eticamente il problema.
A tal fine, sono stati individuati tre
strumenti:
1.un filmato di circa 10 minuti in
cui vengono descritte le varie fasi e il significato del Test Combinato, allegato ad un libretto informativo da consegnare con il libretto della gravidanza (figura 1);
2.inserimento del filmato all’interno del portale dell’Azienda
all’indirizzo www.medicinadellariproduzione.it;
PREVENZIONE
Figura 1 DVD divulgativo
sul Test Combinato
raccoglie il consenso all’esame,
preparato con la Direzione Sanitaria della nostra Azienda.
Prelievo e Test Biochimici
3.formazione delle Ostetriche del
territorio responsabili della consegna del libretto della gravidanza in vigore nella Regione
Toscana, allo scopo di informare adeguatamente le coppie
che eseguono il primo counselling il giorno stesso della consegna del libretto. In tale occasione le coppie sono invitate a
prendere appuntamento al numero dedicato per eseguire il
prelievo per l’esame biochimico che sarà preceduto da un
counselling con un medico accreditato.
Dopo la firma del consenso, il prelievo per la determinazione di
PAPP-A e free-ß-HCG viene eseguito presso il nostro Laboratorio di Genetica Medica (laboratorio con Certificato di Qualità FMF)
tra l’ottava e la tredicesima settimana di gestazione. Occorre tener presente che la finestra temporale ottimale in cui il test biochimico è più attendibile termina
la decima settimana, soprattutto
per quanto riguarda la caratterizzazione del PAPP-A.
Un’infermiera formata raccoglie
nel programma di refertazione
FMF (View Point® VP) i dati anagrafici ed anamnestici necessari
per il calcolo del rischio. Al termine del prelievo viene fissato l’appuntamento per eseguire l’ecografia (tra 11 e 13+6 settimane),
cercando se possibile di effettuarla intorno alla dodicesima settimana, periodo nel quale lo stu-
dio morfologico è già molto accurato e c’è ancora il tempo necessario per un’eventuale interruzione volontaria di gravidanza.
I prelievi vengono analizzati con
Kriptor® e introdotti nel programma di refertazione in rete.
N
O
G
Ecografia e Counselling
per la valutazione
del Rischio
L’ecografia viene effettuata presso il nostro Ambulatorio di Diagnosi Prenatale da un Operatore
accreditato FMF con un ecografo
E8 GE. L’operatore esamina il feto secondo il protocollo FMF che
prevede l’analisi del Crown-Rump
Length (CLR) e della Translucenza Nucale (NT) (figura 2) e studia
l’anatomia fetale visualizzabile all’ecografia.
I dati inviati in rete dall’ecografo
vengono calcolati e individuano il
rischio cromosomopatia. Se il rischio è compreso tra 1:50 e
1:1000 l’operatore prosegue
l’ecografia individuando i segni
addizionali (Osso Nasale - NB, Dotto venoso, Tricuspide, Angolo fa-
Figura 2 Misurazione ecografica della Translucenza Nucale (NT)
Iter diagnostico
Counselling collettivo e
Raccolta del Consenso
Il giorno del prelievo viene eseguito preventivamente un colloquio con tutte le coppie, durante il quale un medico accreditato
FMF affronta le varie problematiche del Test Combinato e degli
esami invasivi, risponde agli eventuali quesiti posti dalle coppie e
27
PREVENZIONE
N
O
G
ciale) (figura 3) e quindi ricalcola
il rischio. Al termine dell’esame
l’operatore esegue il counselling.
Un risultato finale di rischio superiore a 1:250 viene considerato
positivo e dà diritto all’esecuzione gratuita dell’esame invasivo.
Test invasivi
A tutte le coppie il cui test sia risultato positivo viene offerta la
possibilità di effettuare un esame
invasivo che può essere sia villocentesi che amniocentesi.
Una consulenza genetica avrà il
compito di chiarire dubbi sulla
scelta e sugli obiettivi dell’esame
invasivo.
Controllo di qualità:
Audit e Test per
la valutazione
della soddisfazione
del paziente
Per quanto riguarda il controllo di
qualità del laboratorio l’audit viene eseguito secondo le cadenze
previste dalla FMF. Annualmente
viene invece eseguito l’audit per
Figura 3 Segni ecografici addizionali di rischio
28
A Presenza dell’Osso Nasale (NB)
B Dotto venoso
C Tricuspide
D Angolo faciale
ciascun operatore accreditato FMF
per il rinnovo della licenza per le
ecografie. Viene eseguito anche il
follow-up per tutti gli esami invasivi e per tutti i parti e gli aborti.
Semestralmente vengono eseguiti test di valutazione sul livello di
consapevolezza e di soddisfazione dell’utenza.
Conclusioni
Il primo punto da sottolineare è
che i vari livelli di informazione
(DVD e libretto informativo, filmato on-line, informazione dell’oste-
PREVENZIONE
trica alla consegna del libretto,
counselling collettivo) hanno reso possibile una comprensione del
test, valutata attraverso questionari, molto soddisfacente e hanno aumentato la consapevolezza
delle coppie rispetto ai risultati e
l’eventuale scelta di eseguire un
test invasivo. L’unico problema che
abbiamo riscontrato è la difficoltà di comunicazione con le coppie straniere. Per questo motivo
stiamo realizzando il progetto di
traduzione di filmato, DVD, e libretto informativo nelle lingue più
diffuse (Arabo, Cinese, Rumeno,
Albanese, Polacco, Inglese, Spagnolo, Francese).
Il secondo punto che negli anni
ha contribuito a migliorare il servizio è quello di dividere in momenti diversi il prelievo dall’ecografia. Per anni, infatti, avevamo
attuato il progetto OSCAR che
prevedeva l’esecuzione di tutto il
percorso in un solo giorno. Quello che ci sembrava essere un vantaggio per l’utenza risultava però
essere per molti un disagio; molte pazienti si lamentavano, infatti, di passare troppo tempo in at-
tesa del responso finale dopo avere eseguito la mattina presto il prelievo. I nostri dati confermano che
se l’esame biochimico viene eseguito precocemente il test è più
attendibile, mentre è una scelta
ottimale eseguire l’ecografia in un
periodo più tardivo.
L’osservazione che più ci fa credere che il test eseguito in due fasi
sia migliore è che permette l’esecuzione di un test “contingente”,
in cui è possibile utilizzare i vari segni addizionali nel rischio intermedio al fine di ridurre l’incidenza di
falsi positivi e negativi.
Un problema diffuso evidenziato
in questi anni è
stato l’errore di
trascrizione dei
dati anagrafici, di
laboratorio, biometrici e anamnestici. La frequenza di questo
tipo di errore è diminuita solamente con la messa in
rete del programma di refertazione, in modo da utilizzare un unico database per il centro prelievi,
il laboratorio, l’ecografo e l’ambulatorio dove si esegue la refertazione per la risposta.
È sufficiente infatti un piccolo errore, per esempio nell’immissione
della data di nascita della paziente e quindi nell’età, per indurre
elevati cambiamenti nel livello di
rischio; per evitare questo errore
è necessario collegare il programma di refertazione con l’anagrafica aziendale e fare in modo che
la prima persona che immette i dati della paziente utilizzi il programma unico di refertazione. Allo stesso modo sono risultate importanti le interfacce del Kriptor® e dell’ecografo con VP® per evitare tutti gli errori di trascrizione dei dati
di laboratorio e biometrici.
Non sottolineeremo mai abbastanza l’importanza della certificazione FMF sia da parte del laboratorio che degli operatori. Un
N
O
G
Un’accurata valutazione
del rischio durante l’ecografia
consente la corretta diagnosi
di cromosomopatia fetale.
controllo di qualità eseguito da
un’agenzia esterna ha, infatti, un
ruolo fondamentale nel miglioramento di un programma di screening. È infine importante insistere sulla qualità dell’ecografo che
oltre a migliorare la performance
dell’operatore accorcia notevolmente i tempi dell’esame.
Bibliografia
1. Bindra R, Heath V, Liao A et al. One stop clinic for assessment of
risk for trisomy 21 at 11-14 weeks: A prospective study of 15,030
pregnancies. Ultrasound Obstet Gynecol 2002; 20: 219-25.
2. Chasen ST, Skupski DW, McCullough LB, Chervenak FA. Prenatal informed consent for sonogram: the time for first-trime-
ster nuchal translucency has come. J Ultrasound Med 2001;
20: 114-52.
3. Crossley JA, Aitken DA, Cameron AD et al. Combined ultrasound
and biochemical screening for Down’s syndrome in the first trimester: a Scottish multicentre study. BJOG 2002; 109: 667-76.
29
PREVENZIONE
N
O
G
30
4. Down LJ. Observations on an ethnic classification of idiots. Clin
Lectures and Reports, London Hospital 1866; 3: 259-62.
5. Hecht CA, Hook EB. The imprecision in rates of Down syndrome by 1-year maternal age intervals: a critical analysis
of rates used in biochemical screening. Prenat Diagn 1994;
14: 729-38.
6. Kornman LH, Morssink LP, Beekhuis JR et al. Nuchal translucency cannot be used as a screening test for chromosomal abnormalities in the first trimester of pregnancy in a routine ultrasound practice. Prenat Diagn 1996; 16: 797-805.
7. Malone FD, Wald NJ, Canick JA et al. First- and second-trimester evaluation of risk (FASTER) trial: principal results of the
NICHD multicenter Down syndrome screening study. SMFM
2004, Abstract 1.
8. Mulvey S, Wallace EM. Women’s knowledge of and attitudes to
first and second trimester screening for Down’s syndrome. BJOG
2000; 107: 1302-5.
9. Nicolaides KH, Azar G, Byrne D et al. Fetal nuchal translucency: ultrasound screening for chromosomal defects in first trimester of pregnancy. BMJ 1992; 304: 867-9.
10. Nicolaides KH, Brizot ML, Snijders RJM. Fetal nuchal translucency: ultrasound screening for fetal trisomy in the first trimester of pregnancy. BJOG 1994; 101: 782-6.
11. Nicolaides KH. Nuchal translucency and other first-trimester
sonographic markers of chromosomal abnormalities. Am J Obstet Gynecol 2004; 191: 45-67.
12. Pandya PP, Snijders RJM, Johnson SJ et al. Screening for fetal
trisomies by maternal age and fetal nuchal translucency thickness at 10 to 14 weeks of gestation. BJOG 1995; 102: 957-62.
13. Roberts LJ, Bewley S, Mackinson AM, Rodeck CH. First trime-
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
ster fetal nuchal translucency: Problems with screening the general population 1. BJOG 1995; 102: 381-5.
Snijders RJM, Sebire NJ, Cuckle H, Nicolaides KH. Maternal age
and gestational age-specific risks for chromosomal defects.
Fetal Diag Ther 1995; 10: 356-67.
Snijders RJM, Nicolaides KH. Sequential screening. In: Nicolaides KH, editor. Ultrasound markers for fetal chromosomal defects. Carnforth, UK: Parthenon Publishing, 1996; 109-13.
Snijders RJM, Noble P, Sebire N et al. UK multicentre project on
assessment of risk of trisomy 21 by maternal age and fetal nuchal translucency thickness at 10-14 weeks of gestation. Lancet 1998; 351: 343-6.
Snijders RJM, Sundberg K, Holzgreve W et al. Maternal age and
gestation-specific risk for trisomy 21. Ultrasound Obstet Gynecol 1999; 13: 167-70.
Spencer K, Souter V, Tul N et al. A screening program for trisomy 21
at 10-14 weeks using fetal nuchal translucency, maternal serum
free b-human chorionic gonadotropin and pregnancy-associated
plasma protein-A. Ultrasound Obstet Gynecol 1999; 13: 231-7.
Spencer K, Bindra R, Nix ABJ et al. Delta- NT or NT MoM: which
is the most appropriate method for calculating accurate patient-specific risks for trisomy 21 in the first trimester? Ultrasound Obstet GynecoI 2003a; 22: 142-8.
Spencer K, Spencer CE, Power M, et al. Screening for chromosomal abnormalities in the first trimester using ultrasound and
maternal serum biochemistry in a one stop clinic: a review of
three years prospective experience. BJOG 2003b; 110: 281-6.
Tabor A, Philip J, Madsen M, J et al. Randomised controlled trial
of genetic amniocentesis in 4,606 low-risk women. Lancet
1986; 1: 1287-93.
GESTODIOL 20/30
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
1. DENOMINAZIONE DELLA SPECIALITÀ MEDICINALE.
GESTODIOL 20 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite
GESTODIOL 30 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA.
Principi attivi: GESTODIOL 20 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite:
ogni compressa contiene 20 microgrammi di Etinilestradiolo e 75 microgrammi di
Gestodene. GESTODIOL 30 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite:
ogni compressa contiene 30 microgrammi di Etinilestradiolo e 75 microgrammi di
Gestodene. Eccipienti: GESTODIOL 20 microgrammi/75 microgrammi compresse
rivestite contiene 38 mg di lattosio monoidrato e 20 mg di saccarosio. GESTODIOL
30 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite contiene 38 mg di lattosio
monoidrato e 20 mg di saccarosio. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere
paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA. Compressa rivestita: compresse rivestite di zucchero, di colore bianco, arrotondate, biconvesse senza impressioni su entrambi i lati.
4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1. Indicazioni terapeutiche. Contraccezione orale. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Come assumere GESTODIOL.
Le compresse devono essere assunte nell’ordine indicato sulla confezione ogni giorno approssimativamente alla stessa ora. Una compressa al giorno per 21 giorni.
Ogni confezione successiva deve essere iniziata dopo un intervallo di 7 giorni in cui
non verrà assunta alcuna compressa: durante questo lasso di tempo si verificherà
un’emorragia da sospensione. Quest’emorragia inizia solitamente il secondo o terzo giorno dopo aver assunto l’ultima compressa e potrebbe continuare anche dopo l’inizio della confezione successiva. Come cominciare ad assumere GESTODIOL. Nel caso in cui non ci sia stato alcun trattamento contraccettivo ormonale nel mese precedente. È necessario assumere la prima compressa il primo
giorno del ciclo naturale della donna (vale a dire il primo giorno del suo ciclo mestruale). È possibile cominciare ad assumere le pillole dal secondo al quinto giorno
ma in questi casi si raccomanda di usare anche un metodo contraccettivo di barriera per i primi sette giorni d’assunzione delle compresse durante il primo ciclo. In
caso di passaggio da un’altra pillola contraccettiva orale di tipo combinato.
La donna deve cominciare ad assumere GESTODIOL il giorno dopo l’ultima compressa attiva del suo precedente contraccettivo - ma non più tardi del giorno successivo al completamento dell’usuale periodo in cui non assume alcuna pillola oppure assume placebo come previsto dal farmaco contraccettivo precedente. Quando si passa da un contraccettivo solo progestinico (pillola solo al progesterone (mini-pillola, iniezione, impianto) oppure da un sistema intrauterino a
rilascio di ormone progestinico (IUS). La donna può effettuare il passaggio dalla pillola solo al progesterone (POP) in qualsiasi momento del ciclo. La prima compressa deve essere assunta il giorno dopo aver assunto una qualsiasi delle compresse nella confezione di POP. Nel caso di un impianto o di una IUS l’assunzione
di GESTODIOL deve cominciare lo stesso giorno nel quale l’impianto viene rimosso. Nel caso di un iniettabile, GESTODIOL deve essere iniziato nel giorno in cui dovrebbe essere praticata la successiva iniezione. In tutti questi casi si raccomanda
alla donna di usare anche un metodo contraccettivo di barriera per i primi sette giorni di assunzione delle pillole. Dopo un aborto al primo trimestre. La donna può
iniziare immediatamente a prendere le pillole. Se si attiene a queste istruzioni non
sono necessarie ulteriori misure contraccettive. Dopo un parto o un aborto al secondo trimestre. Per l’uso in donne che allattano si veda il paragrafo 4.6. Si raccomanda alla donna di iniziare a prendere le compresse al 21°-28° giorno dopo il
parto, se non allatta al seno, o dopo un aborto al secondo trimestre. Se inizia più
tardi, la donna deve essere avvertita di usare anche un metodo contraccettivo di
barriera per i primi sette giorni di assunzione delle pillole. Se nel frattempo si fossero avuti rapporti sessuali, prima di iniziare effettivamente l’assunzione delle pillole si deve escludere una gravidanza oppure la donna deve attendere la comparsa della sua prima mestruazione. Mancata assunzione di compresse. La mancata assunzione di una compressa entro 12 ore dall’ora consueta non pregiudica
la protezione contraccettiva. La donna deve prendere la compressa appena se ne
ricorda e continuare ad assumere il resto delle compresse come al solito. La man-
cata assunzione di una compressa per più di 12 ore dall’ora consueta può diminuire la protezione contraccettiva. Le due regole seguenti possono essere utili nella
gestione della mancata assunzione di compresse. 1. L’assunzione delle compresse non deve mai essere sospesa per periodi superiori ai 7 giorni. 2. Servono 7 giorni di ingestione ininterrotta di compresse per ottenere una sufficiente soppressione dell’asse ipotalamo-pituitario-gonadale. Pertanto il consiglio che segue può essere dato nella pratica giornaliera: Settimana 1. La donna deve prendere l’ultima
compressa dimenticata non appena se ne ricorda, anche se questo significa che
deve assumere 2 compresse contemporaneamente. Dopodiché deve continuare ad
assumere le compresse alla solita ora. Contemporaneamente deve usare un metodo di barriera, ad es. un preservativo, per i successivi 7 giorni. Se nei 7 giorni precedenti si sono avuti rapporti sessuali la donna deve tenere in considerazione la
possibilità di poter essere incinta. Tante più compresse sono state dimenticate e
tanto più ciò è avvenuto in prossimità del periodo del mese in cui le compresse non
vengono assunte, tanto maggiore è il rischio che si instauri una gravidanza. Settimana 2. La donna deve prendere l’ultima compressa dimenticata non appena se
ne ricorda, anche se questo significa che deve assumere 2 compresse contemporaneamente. Dopodiché deve continuare ad assumere le compresse alla solita ora.
Se le compresse sono state assunte correttamente per 7 giorni prima della dimenticanza non è necessario prendere ulteriori precauzioni contraccettive. In caso contrario o se sono state dimenticate più compresse la donna deve comunque usare
un metodo di barriera, ad es. un preservativo, per i successivi 7 giorni. Settimana
3. Dato l’avvicinarsi del periodo di sospensione il rischio di una ridotta protezione
anticoncezionale è maggiore. È comunque possibile prevenire la riduzione della protezione anticoncezionale regolando l’assunzione delle compresse. Attenendosi a
una qualunque delle due opzioni seguenti non è pertanto necessario prendere alcuna precauzione contraccettiva supplementare, fatto salvo che le compresse siano state assunte correttamente per 7 giorni prima della dimenticanza. In caso contrario è opportuno consigliare alla donna di seguire la prima delle due opzioni e di
usare allo stesso tempo un metodo di barriera, ad es. un preservativo, per i 7 giorni successivi. 1. La donna deve prendere l’ultima compressa dimenticata al più presto, anche se questo significa che deve assumere 2 compresse contemporaneamente. Dopodiché deve continuare ad assumere le compresse alla solita ora. Incomincerà la nuova confezione immediatamente dopo aver assunto l’ultima compressa della confezione in uso; in questo caso non vi sarà il periodo di sospensione tra
le confezioni. È improbabile che si verifichino le mestruazioni fino al termine della
seconda confezione di compresse, tuttavia si potrebbe notare emorragia intermestruale o metrorragia durante l’assunzione delle compresse. 2. È possibile che alla donna venga suggerito di sospendere l’assunzione delle compresse dalla confezione in uso. In qual caso si avrà un periodo di sospensione della durata massima
di 7 giorni, inclusi i giorni in cui la compressa è stata dimenticata, dopodiché la donna inizierà una nuova confezione. Se, dopo che la donna ha dimenticato di assumere delle compresse, non si presentano le mestruazioni nel primo usuale intervallo libero da pillola, si deve considerare la possibilità che la donna sia incinta. Cosa fare in caso di vomito/diarrea. Se si manifesta vomito entro 3-4 ore dall’assunzione di una compressa, quest’ultima potrebbe non venire completamente assorbita. In questo caso ci si attenga alle istruzioni sopra indicate inerenti le compresse dimenticate. A meno che la diarrea non sia estremamente grave, essa non
influisce sull’assorbimento dei contraccettivi orali combinati, per cui non è necessario ricorrere a metodi contraccettivi supplementari. Se la diarrea grave perdura
per 2 o più giorni ci si attenga alle procedure previste per le pillole dimenticate. Se
la donna non desidera variare la consueta assunzione di compresse, deve prendere una compressa (o compresse) extra da un’altra confezione. Come spostare o
ritardare il mestruo. Per ritardare il mestruo, la donna dovrà continuare l’assunzione di GESTODIOL passando da una confezione blister ad un’altra, senza periodo di sospensione. Il mestruo può essere ritardato per quanto si desidera ma non
oltre la fine della seconda confezione. Quando si ritarda il mestruo è possibile che
si verifichino episodi di sanguinamento da sospensione o emorragia intermestruale. L’assunzione di GESTODIOL dovrà essere ripresa regolarmente al termine del
consueto intervallo in cui non viene assunta alcuna compressa. Per spostare il mestruo ad un giorno nella settimana diverso rispetto a quello previsto con le attuali
compresse, si può consigliare alla donna di abbreviare il successivo intervallo libero da pillola di quanti giorni lei desidera. Più breve è questo intervallo e maggiore
sarà il rischio di non avere sanguinamento mestruale ma metrorragia e emorragia
intermestruale durante l’assunzione delle compresse della confezione successiva
(questo si verifica anche quando si ritarda il mestruo). 4.3. Controindicazioni. I
contraccettivi orali combinati (COC) non devono essere usati se una delle condizioni sotto indicate è presente. Se una tale condizione si dovesse manifestare per la
prima volta durante l’impiego dei COC il loro uso deve essere immediatamente sospeso. • Patologia tromboembolica venosa in fase attiva o in anamnesi (trombosi
venosa profonda, embolia polmonare). • Tromboembolia arteriosa in fase attiva o
in anamnesi (infarto del miocardio, patologie cerebrovascolari) oppure sintomi prodromici (angina pectoris e attacco ischemico transitorio) (vedi paragrafo 4.4). • Predisposizione ereditaria o acquisita alla trombosi venosa o arteriosa come carenza
di antitrombina, carenza di proteina C, carenza di proteina S, resistenza alla proteina C attivata (APC), anticorpi antifosfolipidi (anticorpi anticardiolipina, lupus anticoagulante), iperomocisteinemia. • Fattori di rischio multipli o considerevoli per la trombosi arteriosa (vedi paragrafo 4.4). • Grave ipertensione. • Diabete complicato da
micro- o macroangiopatia. • Grave dislipoproteinemia. • Noti o sospetti tumori maligni ormono-dipendenti (ad es. a carico degli organi genitali o della mammella). •
Grave patologia epatica concomitante o in anamnesi fintanto che i valori di funzionalità epatica non sono rientrati nella normalità. • Tumori epatici benigni o maligni
concomitanti o in anamnesi. • Sanguinamento vaginale di natura non accertata. •
Emicrania con sintomatologia neurologica focale. • Ipersensibilità ai principi attivi
o ad uno qualsiasi degli eccipienti. 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego. Valutazione ed esame prima di iniziare l’assunzione dei contraccettivi orali
combinati. Prima dell’inizio o della ripresa del trattamento con contraccettivi orali
combinati è necessario che il medico analizzi l’anamnesi personale e familiare della paziente e che venga esclusa una gravidanza. Sulla base delle controindicazioni
(vedi paragrafo 4.3) e delle avvertenze (vedi “Avvertenze” in questa sezione) è necessario misurare la pressione sanguigna e sottoporre la paziente ad un esame fisico, se clinicamente indicato. Alla donna viene richiesto di leggere attentamente il
foglio illustrativo e di attenersi alle istruzioni fornite. La frequenza e la natura di ulteriori controlli periodici devono basarsi su linee guida di pratica stabilita ed essere adattate alla singola donna. Avvertenze. In generale. Informare le donne che i
contraccettivi ormonali non proteggono dall’HIV (AIDS) o da altre infezioni sessualmente trasmissibili. Se uno qualunque dei fattori di rischio sotto menzionati è presente, valutare caso per caso i benefici connessi all’uso del COC con i possibili rischi per ogni singola donna e discuterne con la donna prima di cominciare l’assunzione del contraccettivo orale combinato. In caso di aggravamento, esacerbazione
o insorgenza di una qualsiasi di queste condizioni o fattori di rischio è opportuno
che la donna prenda contatto con il suo medico. Il medico deciderà se interrompere l’assunzione del COC. 1. Disturbi della circolazione. L’uso di qualsiasi COC aumenta il rischio di tromboembolia venosa (TEV) rispetto al non uso. L’eccesso di rischio di TEV è massimo durante il primo anno in cui una donna fa uso di un COC
per la prima volta. L’aumento di rischio è inferiore rispetto al rischio di TEV associato alla gravidanza, che è stimato in 60 casi ogni 100.000 gravidanze. La TEV risulta fatale nell’1-2% dei casi. In diversi studi epidemiologici è stato riscontrato che
nelle donne che usano contraccettivi orali combinati contenenti etinilestradiolo, per
lo più alla dose di 30 µg, e un progestinico come gestodene il rischio di TEV è aumentato rispetto alle donne che usano contraccettivi orali combinati contenenti meno di 50 µg di etinilestradiolo ed il progestinico levonorgestrel. Relativamente ai contraccettivi orali combinati contenenti 30 µg di etinilestradiolo in combinazione con
desogestrel o gestodene in confronto a quelli contenenti meno di 50 µg di etinilestradiolo e levonorgestrel, è stato stimato che il rischio relativo complessivo di TEV
è compreso tra 1,5 e 2,0. Nel caso di contraccettivi orali combinati contenenti levonorgestrel con meno di 50 µg di etinilestradiolo l’incidenza di TEV è di circa 20
casi su ogni 100.000 anni-donna di utilizzo. Per quanto riguarda GESTODIOL l’incidenza varia da 30 a 40 casi per 100.000 anni-donna di utilizzo, vale a dire 1020 casi aggiuntivi ogni 100.000 anni-donna di utilizzo. L’impatto del rischio relativo sul numero di casi addizionali sarebbe massimo in donne durante il primo anno
di utilizzo del contraccettivo orale combinato quando il rischio di TEV con tutti i contraccettivi orali combinati è massimo. Molto raramente è stata segnalata trombosi
in altri vasi sanguigni, vale a dire di tipo epatico, mesenterico, renale oppure a carico delle vene e delle arterie della retina in utilizzatrici di contraccettivi orali. Non vi
è consenso circa la possibilità che l’insorgenza di questi casi sia correlata all’uso
di COC. Il rischio che si sviluppi tromboembolia venosa aumenta: • con l’avanzamento dell’età; • in caso di anamnesi familiare positiva (ad es. tromboembolia venosa che ha riguardato un parente o un consanguineo più soggetti di età relativamente giovane). In caso di sospetta predisposizione ereditaria, la donna deve essere indirizzata da uno specialista prima che le sia prescritto un contraccettivo orale; • in caso di obesità (indice di massa corporea superiore a 30 Kg/m2); • immobilizzazione prolungata, chirurgia maggiore, intervento chirurgico alle gambe o trauma maggiore. In questi casi è raccomandata la sospensione del trattamento con i
contraccettivi orali (nel caso di un’operazione chirurgica programmata almeno 4
settimane prima) e non deve essere assunto fino a 2 settimane dopo la completa
deambulazione; • non vi è consenso sul possibile ruolo di vene varicose e tromboflebiti superficiali nella tromboembolia venosa. In generale l’uso di COC è stato associato ad un aumento del rischio di infarto acuto del miocardio (AMI) o di ictus, rischio questo fortemente influenzato dalla presenza di altri fattori di rischio (ad es.
fumo, pressione sanguigna alta ed età) (vedi anche sotto). Questi eventi si verificano raramente. Il rischio di eventi tromboembolici aumenta con: • l’avanzamento
dell’età; • fumo (con forti fumatrici e con l’avanzare dell’età il rischio aumenta ulteriormente, soprattutto se si tratta di donne con più di 35 anni di età); • dislipoproteinemia; • obesità (indice di massa corporea superiore a 30 Kg/m2); • ipertensione; • valvulopatia cardiaca; • fibrillazione atriale; • anamnesi familiare positiva
(ad es. trombosi arteriosa che ha riguardato un parente o un consanguineo di età
relativamente giovane). Se si sospetta una predisposizione ereditaria la donna deve essere indirizzata da uno specialista prima che le sia prescritto un contraccettivo orale. Sintomi di trombosi venosa ed arteriosa possono includere: • dolore e/o
gonfiore unilaterale ad una gamba; • improvviso grave dolore toracico, che può o
meno estendersi al braccio sinistro; • fiato corto improvviso; • tosse improvvisa; •
cefalea insolita, grave, prolungata; • improvvisa perdita parziale o completa della
vista; • diplopia; • difficoltà nel parlare o afasia; • vertigini; • collasso accompagnato o meno da crisi epilettiche focali; • debolezza o improvviso intorpidimento
molto marcato di un lato o una parte del corpo; • disturbi motori; • addome “acuto”. Si deve tenere in considerazione l’aumento del rischio di tromboembolia venosa durante il puerperio. Altre condizioni mediche correlate ai disturbi vascolari sono: diabete mellito, lupus eritematoso sistemico, sindrome emolitico-uremica, malattia infiammatoria cronica intestinale (morbo di Crohn oppure colite ulcerosa) e
anemia a cellule falciformi. Un aumento della frequenza e della gravità dell’emicrania (che può essere prodromica in caso di malattia cerebrovascolare) durante l’impiego di contraccettivi orali deve far prendere in considerazione l’immediata sospensione dei contraccettivi orali. Fra i parametri biochimici indicativi della predisposizione ereditaria o acquisita alla trombosi venosa o arteriosa vi sono: resistenza alla proteina C attivata (APC), mutazione del fattore V di Leiden, iperomocisteinemia, carenza di antitrombina-III, carenza di proteina C, carenza di proteina S, anticorpi antifosfolipidi (anticorpi anticardiolipina, lupus anticoagulante). Mentre valuta il rapporto rischio/beneficio il medico deve tenere presente che il trattamento
adeguato di una condizione può ridurre il rischio associato di trombosi e che il rischio associato alla gravidanza è maggiore rispetto a quello connesso all’uso di
COC. 2. Tumori: Cancro della cervice. In alcuni studi epidemiologici si è riferito
un rischio maggiore di cancro cervicale nelle utilizzatrici a lungo termine dei COC
ma non è ancora chiaro fino a che punto questo rilievo possa essere influenzato
dagli effetti aggravanti del comportamento sessuale e di altri fattori quali il papilloma virus umano (HPV). Carcinoma della mammella. Una meta-analisi di 54 studi epidemiologici ha riferito un rischio relativo leggermente superiore (RR=1,24) di
diagnosi di cancro della mammella fra le donne che attualmente usano COC. L’eccedenza di rischio scompare gradualmente nel corso dei 10 anni seguenti all’interruzione dell’uso dei COC. Poiché il cancro della mammella è raro nelle donne di
meno di 40 anni, il numero superiore di diagnosi di tumore alla mammella fra le
utilizzatrici attuali e recenti di COC è limitato in rapporto al rischio globale di cancro
della mammella. Questi studi non forniscono evidenza di causalità. L’andamento
superiore del rischio osservato potrebbe essere dovuto ad una diagnosi precoce del
cancro della mammella nelle utilizzatrici di COC, agli effetti biologici dei COC o a
una combinazione di entrambi i fattori. Il cancro alla mammella diagnosticato nelle donne che hanno usato COC tende ad essere meno avanzato dal punto di vista
clinico rispetto alle forme tumorali riscontrate fra le donne che non hanno mai assunto COC. Tumori epatici. Tra le utilizzatrici di COC si sono riferiti tumori epatici
benigni e maligni. In casi isolati questi tumori hanno portato ad emorragie intra-addominali ad esito potenzialmente fatale. Pertanto, considerare la possibilità di tumore epatico nella diagnosi differenziale, quando un’utilizzatrice di COC presenti
severo dolore all’addome superiore, ingrossamento del fegato (epatomegalia) oppure segni di emorragia intra-addominale. 3. Altre condizioni. Le donne affette da
ipertrigliceridemia, o anamnesi familiare della stessa, possono essere a rischio maggiore di pancreatite mentre usano COC. In caso di disturbi acuti o cronici della funzionalità epatica potrà essere necessaria l’interruzione di GESTODIOL, fino al ripristino ai valori normali dei marker della funzionalità epatica. Gli ormoni steroidei potrebbero essere scarsamente metabolizzati in pazienti con funzionalità epatica compromessa. Malgrado si siano riferiti piccoli innalzamenti della pressione arteriosa in
molte donne che assumono contraccettivi orali combinati, gli innalzamenti clinicamente significativi sono rari. Se, durante l’assunzione di un contraccettivo ormonale combinato si sviluppa un’ipertensione clinica persistente bisogna sospendere
l’assunzione del contraccettivo ormonale combinato e trattare l’ipertensione. L’assunzione del contraccettivo orale combinato potrà riprendere se risulta possibile ottenere valori normotensivi mediante la terapia. Se il medico lo ritiene opportuno,
l’uso della pillola può essere ripreso quando i valori della pressione rientreranno
nella norma in seguito a terapia antiipertensiva. Sia con la gravidanza che con l’uso
di COC possono comparire o peggiorare delle condizioni qui di seguito riportate.
Tuttavia, le prove di un’associazione con l’uso dei COC non sono decisive: ittero e/o
prurito associato a colestasi; sviluppo di calcoli biliari; porfiria; lupus eritematoso sistemico; sindrome emoliticouremica; corea di Sydenham; herpes gestationis; perdita di udito dovuta a otosclerosi. I contraccettivi orali combinati possono avere un
effetto sulla resistenza periferica all’insulina e sulla tolleranza al glucosio. È pertanto necessario che le pazienti diabetiche vengano attentamente monitorate durante
l’impiego dei COC. GESTODIOL contiene lattosio e saccarosio. Le pazienti con rari
problemi ereditari di intolleranza al galattosio, deficit di Lapp-lattasi o malassorbimento di glucosio-galattosio oppure con rari problemi di intolleranza al fruttosio non
devono assumere questo medicinale. Durante l’uso dei COC si è riferito l’aggravamento della depressione endogena, dell’epilessia (vedi paragrafo 4.5 Interazioni),
del morbo di Crohn e della colite ulcerosa. È possibile che si manifesti cloasma,
specialmente nelle utilizzatrici con anamnesi di cloasma gravidarum. Le donne con
tendenza al cloasma devono evitare l’esposizione al sole o alla radiazione ultravioletta mentre assumono i COC. Le preparazioni erboristiche contenenti Iperico o erba di San Giovanni (Hypericum perforatum) non devono essere assunte contemporaneamente a GESTODIOL a causa del rischio di diminuzione delle concentrazioni
plasmatiche e degli effetti clinici di GESTODIOL (vedi paragrafo 4.5). Efficacia ridotta. L’efficacia dei contraccettivi orali può essere ridotta nel caso in cui ci si dimentichi di assumere delle compresse, in presenza di diarrea grave o vomito (vedi
paragrafo 4.2) oppure in caso di uso concomitante di altri medicinali (vedi paragrafo 4.5). Ciclo irregolare. Come con tutti i contraccettivi ormonali combinati, potrà
verificarsi la perdita irregolare di sangue (emorragia intermestruale o metrorragia),
particolarmente nei primi mesi di assunzione. Per questo motivo, un’opinione medica circa la perdita irregolare di sangue avrà utilità solo dopo un periodo di adattamento di tre cicli circa. Se la metrorragia persiste sarà necessario considerare la
possibilità di usare COC con un contenuto ormonale più alto. Se la metrorragia si
verifica dopo precedenti cicli regolari occorre considerare cause non di natura ormonale e prendere adeguate misure diagnostiche per escludere la presenza di una
patologia maligna o di una gravidanza. Occasionalmente potrebbe non esservi alcuna emorragia da sospensione nell’intervallo in cui non vengono assunte le compresse. Se le compresse sono state assunte secondo le istruzioni di cui al paragrafo 4.2, è improbabile che la donna sia incinta. Tuttavia, se le compresse non sono
state assunte in base a dette istruzioni precedentemente alla prima emorragia da
sospensione saltata, oppure se la donna salta consecutivamente due emorragie da
sospensione, è necessario escludere la gravidanza prima di proseguire l’assunzione del COC. 4.5. Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione.
Le interazioni con medicinali in grado di portare ad una elevata clearance degli ormoni sessuali possono comportare metrorragia ed insuccesso della contraccezione orale. Questo effetto è stato stabilito nel caso di idantoine, barbiturici, primidone, carbamazepina e rifampicina, ed è risultato sospetto nel caso di oxcarbazepina, topiramato, griseofulvina, felbamato e ritonavir. Il meccanismo di queste interazioni sembra essere basato sulle proprietà di induzione degli enzimi epatici di questi medicinali. In generale la massima induzione enzimatica non si ha nelle prime
2-3 settimane dopo l’inizio del trattamento, ma l’effetto può essere sostenuto per
almeno 4 settimane dopo l’interruzione della terapia. Si sono riferiti anche casi di
insuccesso della contraccezione con antibiotici quali ampicillina e tetracicline. Il
meccanismo di questo effetto non è stato chiarito. Le donne in trattamento a breClassificazione
sistemica organica
Comune (da=1/100
a <1/10)
Patologie del sistema nervoso
Cefalea
Nervosismo
Irritazione oculare quando
si portano lenti a contatto
Disturbi della vista
Patologie dell’occhio
Patologie dell’orecchio e del labirinto
Patologie gastrointestinali
Patologie della cute
e del tessuto sottocutaneo
Disordini del metabolismo
e della nutrizione
Patologie vascolari
Patologie sistemiche e condizioni
relative alla sede di somministrazione
Disturbi del sistema immunitario
Patologie dell’apparato riproduttivo
e della mammella
Disturbi psichiatrici
Nausea
Acne
Emicrania
ve termine con uno qualsiasi dei gruppi di farmaci sopra citati o con singoli medicinali, devono usare temporaneamente un metodo di barriera oltre alla pillola anticoncezionale, ciò deve avvenire per tutto il tempo in cui questo medicinale viene
assunto contemporaneamente alla pillola come pure nei sette giorni successivi alla sua sospensione. Le donne in trattamento con rifampicina devono usare un metodo di barriera contemporaneamente al contraccettivo orale durante tutto il periodo in cui assumono la rifampicina come pure nei 28 giorni successivi alla sua sospensione. Se la somministrazione concomitante del medicinale continua oltre il
numero di compresse anticoncezionali nella confezione, la donna deve iniziare la
confezione successiva, senza osservare il consueto intervallo di sospensione. Per
le donne in terapia a lungo termine con induttori degli enzimi epatici, è necessario
considerare un altro metodo contraccettivo. Le pazienti che assumono GESTODIOL
non devono usare contemporaneamente preparazioni/prodotti medicinali alternativi contenenti Hypericum perforatum (Iperico o erba di San Giovanni) poiché essi potrebbero causare una perdita dell’effetto contraccettivo. Si sono riferite metrorragia
e gravidanze indesiderate. L’Hypericum perforatum (Iperico o erba di San Giovanni) aumenta, mediante induzione enzimatica, la quantità di enzimi che metabolizzano i prodotti medicinali. L’effetto di induzione enzimatica potrebbe persistere per
almeno 1-2 settimane dalla cessazione del trattamento con Hypericum. Effetti dei
contraccettivi orali combinati su altri farmaci: i contraccettivi orali possono interferire con il metabolismo di altri farmaci. Ne può conseguire un aumento (ad es. ciclosporina) o una diminuzione (lamotrigina) delle concentrazioni plasmatiche e tissutali. Test di laboratorio. L’impiego di steroidi contraccettivi può influenzare i risultati di alcuni esami di laboratorio tra cui i parametri biochimici della funzionalità
epatica, tiroidea, corticosurrenalica e renale, i livelli plasmatici delle proteine (di trasporto), per esempio della globulina legante i corticosteroidi e delle frazioni lipido/lipoproteiche, i parametri del metabolismo dei carboidrati ed i parametri della coagulazione e della fibrinolisi. Le variazioni rientrano, in genere, nei limiti dei valori normali di laboratorio. 4.6. Gravidanza ed allattamento. GESTODIOL è controindicato durante la gravidanza. In caso di gravidanza durante l’assunzione di GESTODIOL
sospendere immediatamente il trattamento. Estesi studi epidemiologici non hanno
evidenziato né un aumento del rischio di difetti congeniti in bambini nati da donne
che hanno assunto contraccettivi orali combinati prima della gravidanza, né effetti
teratogeni a seguito di involontaria assunzione di contraccettivi orali combinati durante la gravidanza. L’allattamento può essere influenzato dagli steroidi contraccettivi in quanto essi possono ridurre il volume ed alterare la composizione del latte
materno. Piccole quantità di steroidi contraccettivi e/o di loro metaboliti possono
essere escreti nel latte materno. Pertanto, l’uso di steroidi contraccettivi non è in
genere raccomandato in madri che allattano fino al termine del completo svezzamento. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari.
GESTODIOL non ha effetti, se non minimi, sulla capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. 4.8. Effetti indesiderati. Gli eventi avversi riferiti con maggior frequenza (>1/10) sono sanguinamento irregolare, nausea, aumento ponderale, tensione mammaria e cefalea. Essi si manifestano solitamente all’inizio della tera-
Non comune (da=1/1000
a <1/100)
Raro (da=1/10000
a <1000)
Corea
Vomito
Iperlipidemia
Ipertensione
Otosclerosi
Colelitiasi
Cloasma
Tromboembolia venosa
Eventi tromboembolici arteriosi
Aumento ponderale
Ritenzione idrica
Sanguinamento irregolare
Amenorrea
Ipomenorrea
Tensione mammaria
Alterazioni della libido
Depressione
Irritabilità
Molto raro
(<1/10000)
Lupus eritematoso
Alterata secrezione vaginale
Pancreatite
pia e sono transitori. I seguenti gravi effetti indesiderati sono stati riportati in
donne che assumono COC, vedi paragrafi 4.3 e 4.4. • Tromboembolia venosa,
vale a dire trombosi venosa profonda in una gamba o alle pelvi ed embolia polmonare. • Eventi tromboembolici arteriosi. • Tumori epatici. • Patologia della
cute e del tessuto sottocutaneo: cloasma. La frequenza di diagnosi di cancro
della mammella fra le donne che assumono COC è leggermente maggiore. Poiché il cancro della mammella è raro nelle donne con meno di 40 anni, il numero superiore è limitato in rapporto al rischio globale di cancro alla mammella.
Non è noto il rapporto di causalità con i COC. Per ulteriori informazioni vedere i
paragrafi 4.3 e 4.4. 4.9. Sovradosaggio. Non sono stati riferiti effetti indesiderati seri in seguito a sovradosaggio. I sintomi che possono manifestarsi in seguito ad un sovradosaggio sono: nausea, vomito e sanguinamento vaginale. Non
c’è antidoto, e il trattamento deve essere sintomatico.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: Contraccettivi ormonali per uso sistemico. Codice
ATC: G03AA10. L’effetto contraccettivo delle pillole anticoncezionali si basa sull’interazione di vari fattori, i più importanti dei quali sono l’inibizione dell’ovulazione e le modifiche dell’endometrio. Oltre a prevenire il concepimento i COC
possiedono diverse caratteristiche positive che, accanto alle proprietà negative
(illustrate al paragrafo 4.8 Avvertenze, Effetti indesiderati), possono aiutare nella scelta del metodo da adottare per il controllo delle nascite. Il ciclo mestruale è più regolare e le mestruazioni stesse sono spesso meno dolorose ed il sanguinamento più leggero. Quest’ultimo aspetto può determinare una diminuzione dei casi di carenza di ferro. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Gestodene.
Assorbimento. Dopo somministrazione orale il gestodene viene rapidamente
e completamente assorbito. Dopo somministrazione di una dose singola la massima concentrazione sierica di 4 ng/ml viene raggiunta dopo circa un’ora. La
biodisponibilità è intorno al 99%. Distribuzione. Gestodene è legato all’albumina sierica ed alle globuline leganti gli ormoni sessuali (SHBG). Solo l’1-2%
del gestodene totale in siero viene ritrovato come steroide libero, mentre il 5070% è specificamente legato alle SHBG. L’aumento delle SHBG indotto dall’etinilestradiolo influenza la distribuzione delle proteine sieriche con conseguente
aumento della frazione legata alle SHBG e diminuzione della frazione legata all’albumina. Il volume di distribuzione apparente del gestodene è di 0,7 l/kg. Metabolismo. Il gestodene viene completamente metabolizzato tramite i noti canali del metabolismo degli steroidi. L’entità della clearance metabolica dal siero è pari a 0,8 ml/min/kg. Non si manifestano interazioni quando il gestodene
viene assunto insieme all’etinilestradiolo. Eliminazione. I livelli sierici del gestodene diminuiscono in modo bifasico. La fase di eliminazione terminale è caratterizzata da un’emivita di 12-15 ore. Il gestodene non viene escreto immodificato. I suoi metaboliti vengono escreti nelle urine e nella bile in un rapporto
di 6:4. L’emivita di escrezione dei metaboliti è pari a circa 1 giorno. Steadystate. La farmacocinetica del gestodene è influenzata dai livelli sierici di SHBG
che aumentano di tre volte con l’etinilestradiolo. In seguito all’assunzione giornaliera i livelli sierici di gestodene aumentano di circa quattro volte il valore della dose singola e raggiungono lo steady-state entro la seconda metà del ciclo
di trattamento. Etinilestradiolo. Assorbimento. Dopo somministrazione orale
l’etinilestradiolo viene rapidamente e completamente assorbito. Il picco dei livelli plasmatici, pari a circa 80 pg/ml, viene raggiunto in 1-2 ore. La biodisponibilità assoluta, dopo coniugazione presistemica e metabolismo di primo passaggio, è all’incirca del 60%. Distribuzione. Durante l’allattamento lo 0,02%
della dose giornaliera della madre passa nel latte. L’etinilestradiolo è largamen-
te, ma non specificamente, legato all’albumina (approssimativamente per il
98,5%) e induce un aumento nelle concentrazioni sieriche dell’SHBG. È stato
determinato un volume di distribuzione apparente di circa 5 l/kg. Metabolismo.
L’etinilestradiolo è soggetto a coniugazione presistemica a livello sia della mucosa dell’intestino tenue sia del fegato. La principale via metabolica dell’etinilestradiolo è l’idrossilazione aromatica ma si forma anche una ampia varietà di
metaboliti idrossilati e metilati, presenti come metaboliti liberi e coniugati con
glucuronidi e solfati. L’entità della clearance metabolica è pari a circa 5 ml/min/kg.
Eliminazione. I livelli sierici dell’etinilestradiolo diminuiscono in modo bifasico,
con una fase di eliminazione terminale con un’emivita di circa 24 ore. L’etinilestradiolo immodificato non viene escreto, ma i suoi metaboliti sono escreti in
un rapporto urina:bile pari a 4:6. L’emivita dell’escrezione dei metaboliti è di circa 1 giorno. Steady-state. Le concentrazioni allo steady-state vengono raggiunte dopo 3-4 giorni ed i livelli sierici dell’etinilestradiolo sono più elevati del
30-40% rispetto alla singola assunzione. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Etinilestradiolo e gestodene non sono genotossici. Gli studi di carcinogenicità con
etinilestradiolo da solo o in associazione con vari progestinici non mostrano alcun pericolo carcinogenico in donne che usano il farmaco come contraccettivo
come indicato. È tuttavia necessario tenere presente che gli ormoni sessuali
possono promuovere la crescita di alcuni tessuti e tumori ormono-dipendenti.
Studi di tossicità riproduttiva su fertilità, sviluppo fetale o performance riproduttiva condotti con etinilestradiolo da solo o in associazione con progestinici non
hanno fornito indicazioni di un rischio di effetti avversi nell’uomo conseguenti
all’impiego del preparato secondo quanto raccomandato.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Nucleo
della compressa: Magnesio stearato, Povidone K-25, Amido di mais, Lattosio
monoidrato. Rivestimento della compressa: Povidone K-90, Macrogol 6000, Talco, Calcio carbonato, Saccarosio, Cera di lignite. 6.2. Incompatibilità. Non pertinente. 6.3. Periodo di validità. Tre anni. 6.4. Speciali precauzioni per la
conservazione. Non conservare a temperatura superiore a 30 °C. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Blister: PVC/Alluminio. Confezioni: 1 X 21
compresse; 3 X 21 compresse; 6 X 21 compresse. È possibile che non tutte le
confezioni siano commercializzate. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Nessuna istruzione particolare.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE PER L’IMMISSIONE IN COMMERCIO.
EG SpA via D. Scarlatti, 31 - 20124 Milano.
8. NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO.
GESTODIOL 20 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite,
1X21 cpr A.I.C. n. 037684014/M
GESTODIOL 20 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite,
3X21 cpr A.I.C. n. 037684026/M
GESTODIOL 20 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite,
6X21 cpr A.I.C. n. 037684038/M
GESTODIOL 30 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite,
1X21 cpr A.I.C. n. 037684040/M
GESTODIOL 30 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite,
3X21 cpr A.I.C. n. 037684053/M
GESTODIOL 30 microgrammi/75 microgrammi compresse rivestite,
6X21 cpr A.I.C. n. 037684065/M
9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE.
2 ottobre 2007
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO. Settembre 2007
Scarica

di taglio cesareo