la Loggetta Dai centri vicini novembre 2002 PIANSANO Ischia di Castro di Giuseppe Talucci IL SS. CROCIFISSO DI CASTRO NELLE “MEMORIE STORICHE DELLA DISTRUTTA CITTA’ DI CASTRO” DI DON ERACLIO STENDARDI “L’amore per la mia maremma mi spinse nel passato a raccogliere la devozione dei miei antenati Non lontano da quelle macerie da essi a me inculcata, per il SS.Crocifisso di Castro; mi spinge ora della città di Castro in gran parte delle notizie storiche raccolte a farne omaggio a Gesù Crocifisso”. sepolte e sopraffatte dalla vegetazione, sorge il tempio del SS.Crocifisso, ultimo e solo ricordo della scomparsa città di maremma, nascosto nel fondo di un’insenatura al di sotto della vasta necropoli etrusca dove ancora oggi regna silenzio e oblio. Nel tempio nulla vi è di pregevole dal punto di vista artistico; non marmi, non decorazioni, ma solo un’effigie del Crocifisso priva di qualsiasi pregio e in gran parte sbiadita dal tempo; una pittura grossolana, rozza, smorta nelle tinte, e nella parte inferiore rattoppata con gesso e calcina. Una tradizione popolare, della quale ci manca un vero documento per confermarla, dice che in tempo remoto si tentò di smantellare l’intonaco per togliere l’effigie, forse per farne una migliore. Altri dicono che durante la distruzione della città di Castro si voleva distruggere anche quell’immagine. Alla prima tradizione si dà la spiegazione che, tolto dagli operai l’intonaco, il dì appresso lo trovarono a posto coll’immagine che avevano cancellata. Alla seconda, legata alla distruzione della città di Castro, lo smacco di chi tentò di distruggerla ma non vi riuscì; e nell’intonaco rovinato e rattoppato si volle vedere una prova miracolosa del fatto sostenuto dalla tradizione. Comunque sia questa è la realtà delle cose; il Crocifisso di Castro sparse copiose grazie e per i continui miracoli operati chiamò e chiama ancora da paesi vicini e lontani una schiera sempre più numerosa di pellegrini che si portano a visitarlo. L’Annibali, oltre cento anni orsono, scriveva che l’immagine del Crocifisso si era resa tanto celebre per i miracoli che, sebbene in mezzo ad una selva, in particolare nel periodo di primavera, vi accorreva moltissima gente e non solo dai paesi vicini. In un piccolo libro manoscritto della prima metà del ‘700 si legge una “divota preghiera al SS.Crocifisso che si venera nella diruta città di Castro”. In essa, dopo aver ringraziato il SS.Crocifisso di aver concesso a noi il privilegio di di essere rimasti in questa zona “ad onta Giancarlo dei replicati colpi e prove fatte dalBreccola l’armata e furibonda soldatesca per demolire la città di Castro”, soggiunge: “Ma quali e quante maggiori graQuando, nel 1687, il cardinale Marco Antonio Barbarigo prese possesso della sua diocesi e visitò il piccolo seminario di Montefiascone, dislocato presso la ex-casa parrocchiale di S. Bartolomeo, si rese immediatamente conto del gran zie non ve le dobbiamo oggi che dopo lavoro che lo attendeva. Venti anni prima, il vescovo Paluzzo Paluzzi Albertoni Altieri aveva eretto quel minuscolo due secoli dalla distruzione della città seminario accogliendovi cinque alunni sotto la direzione di un prefetto, ma a causa delle scarse rendite, che non persi è ottenuto dal vicario di Cristo il mettevano di finanziare scuole e maestri propri, i chierici erano costretti a frequentare la scuola di grammatica della Papa Pio IX le opportune facoltà onde città. Oltre a ciò, i cinque o sei seminaristi erano materialmente accuditi da una donna. Una volta aperto il nuovo poter erigere una cappella e un altare seminario, il Barbarigo stabilì regole più rigorose, direttamente derivate da quella “Ratio Studiorum” che, ispirata alle per aumentarvi e perpetuare il culto direttive di Carlo Borromeo, da circa venti anni si stava perfezionando presso il seminario di Padova. Ancora pochi mesi prima della sua morte, il cardinale Barbarigo così scriveva, al rettore del seminario di Montefiascone coll’incruento Sacrificio”. La preghieMazzinelli, al riguardo delle Regole: “Nella sua scuola, come in quella de gl’altri faccia osservare quel tanto viene disposto nel ra prosegue invocando grazie e benelibretto intitolato Ratio Studiorum stampato in Padova com’ella sa [...] Roma, 13, Gennaio 1706”. A questo proposito il rettore dizioni per la persona benefattrice e doveva far sì che ognuno degli studenti avesse il libretto delle regole ed inoltre, nelle camerate “de’ mezzani e dei piccoli per il popolo di Ischia “erede e posche non hanno senno bastantemente maturo [...] sessore di sì gran tesoro”. La persoogni 8. giorni per lo spazio di mezz’ora” i prefetti na cui allude fu Pio Baldeschi, tanto avevano l’incarico di leggergliele e spiegarben visto presso il Pontefice perché gliele. Dai capitoli che compongono le diverse edizioni del regolamento, dalla Sacra visita tanto di adoperò per il tempio di eseguita dallo stesso Vescovo nel 1703-1704 e Castro. da altri documenti esistenti presso l’archivio Il 3 giugno 1928 segnò l’alba radiosa del seminario, oltre alle note di carattere relidi un auspicato avvenire. gioso e didattico che in questo contesto non Numerosissimi pellegrini discesero vengono considerate, si rilevano numerose dalla montana regione dell’Amiata, informazioni sui particolari aspetti del vivere quotidiano di quei tempi e, specialmente, del accorsero dai ridenti paesi vulsini, vivere in seminario. dalla valle del Paglia e dalle valle L’ammissione. Erano ammessi al seminario, Ontana. Spettacolo grandioso, suggecome alunni o convittori, soltanto i ragazzi stivo, mistico fu quello che ci offriroche avevano compiuto dodici anni o che li no le serene dominicali notti del bel stavano per compiere. Gli alunni erano i veri giugno. Migliaia di pellegrini oranti e seminaristi, mentre i convittori - cittadini di osannanti a Gesù Sacramentato proambedue la città e diocesi; in maggior parte, però, stranieri ed i più anche ultra montani ed ultra cessionalmente accompagnarono dal marini, tra i quali illustrissimi per sangue - entraprincipio alle rovine della fu città di vano in seminario principalmente per riceveCastro. Furono spettacoli di entusiare una buona istruzione. Sedici adolescenti, stica fede il ricordo dei quali rese più meritevoli e provenienti dai vari paesi della numerosi e fervorosi i pellegrinaggi diocesi, erano mantenuti dalla munificenza degli anni successivi. Il territorio della diocesi di Montefiascone del Vescovo. Nell’istrumento d’erezione del seminario questa presenza è prevista e stabiliIn questi anni tanti avvenimenti hanno ai tempi del vescovo cardinal Marco Antonio Barbarigo (1687-1706) ta con precisione dallo stesso Barbarigo; due mutato aspetto ed esistenza alla silenragazzi dovevano provenire da ziosa zona presso il Santuario. Il Montefiascone, due da Taquinia ed uno da ognuno degli altri paesi della circoscrizione vescovile: Marta, Capodimonte, petroso Lamone e l’assolato altipiano Valentano, Bisenzo, Piansano, Tessennano, Arlena, Latera, Gradoli, Grotte di Castro, San Lorenzo e Celleno. La retta di del Pianetto hanno aperto una comoda altri quattro ragazzi di Montefiascone era a carico dell’ospedale della città; alcuni, specie di nazionalità straniera, venie spaziosa strada in diretta comunicavano finanziati dalle elemosine pontificie; tutti gli altri, che si mantenevano a proprie spese, al momento dell’ingresso zione con Pitigliano e con la regione in seminario dovevano presentare un fideiussore a garanzia del regolare pagamento della retta. Il vestiario. Gli aspiranti seminaristi, che si distinguevano dai convittori per il vestiario esterno color paonazamiatina. Recentemente altra strada, zo, dovevano essere forniti di due vesti talari di lana, usate per uscire dal seminario e nelle occasioni imporattraversando il ponte S.Pietro sul tanti e di altri due vestiti comuni, uno per l'estate e uno per l'inverno, da usare esclusivamente all’interno del Fiora per Manciano, apre la comuniseminario. Dovevano poi possedere un ampio mantello a ruota, o ferraiolo, un cappello regolamentare e un cazione con la sorella maremma berretto internamente nero, una cintura, almeno sei camicie, dodici colletti, calzoni corti neri, due o tre asciutoscana. E sì facile comunicazione, e gamani, fazzoletti ed altra biancheria a seconda delle necessità. Ai convittori, che indossavano vesti di colore più la facilità dei mezzi che con nero più corte, o zimarre, era concesso anche l'uso di guanti e soltanto agli stessi, che a parte l’abbigliamento in nulla differivano per gli studi e per il trattamento, venivano impartite lezioni di scherma. Le scarpe erano risparmio di tempo abbreviano le nere per tutti. Non erano tollerati gli indumenti di cattiva qualità né, tantomeno, quelli eccessivamente elegandistanze, il Santuario di Castro ha ti; erano pertanto proibiti i colletti troppo elaborati, le guarnizioni di pelliccia, le camicie con le maniche veduto accrescere ogni anno il numeabbondanti, i vestiti con il collo troppo largo. (continua) ro dei pellegrini e del pellegrinaggi. LA VITA QUOTIDIANA NEL SEMINARIO DI MONTEFIASCONE (XVIII-XIX sec.) 18 Dai centri vicini PIANSANO la Loggetta INIZIATIVE CULTURALI di E MUSICALI PER Emanuele Germani FESTEGGIARE IL NATALE Latera Sono state numerose le iniziative a carattere religioso e musico-culturali promosse dall’associazione socio-culturale “Card. Girolamo Farnese” di Latera e dalla parrocchia San Clemente. Un programma denso di appuntamenti che ha avuto inizio sabato 21 dicembre con l’inaugurazione presso il centro polivalente della mostra mercato dei presepi realizzati dai bambini e ragazzi delle scuole, il cui ricavato, ammontato complessivamente a 400 euro, è stato devoluto in beneficenza ai paesi terremotati del Molise. Domenica 22, invece, una conferenza e una mostra su Celestino V, il papa del “gran rifiuto”. La mostra e la conferenza sono state realizzate grazie al contributo della Regione Abruzzo e della Provincia di Viterbo. Alla manifestazione inaugurale erano presenti numerosi ospiti e persone di riguardo, come la dott.sa Stefania di Carlo dell’università di Bordeaux in Francia, del vicario generale della diocesi di Viterbo, del prof. Izzo assessore alla cultura del comune di Marta, del col. Nucci Piero comandante dell’aeroporto militare di Viterbo e di altri autorevoli personaggi del nostro territorio. Lunedì 23 presso la chiesa collegiata è stata la volta della TusciaBand di Piansano in concerto. In una chiesa gremita di amanti della musica si è svolto il tradizionale concerto di Natale, quest’anno reso prezioso dalla celebre orchestra giovanile composta da circa 50 elementi. Appuntamento straordinario il pomeriggio di Natale con la rappresentazione del presepe vivente per le vie del centro storico (nella foto il gruppo dei giovani che ha partecipato al presepe vivente). All’interno delle antiche cantine e dei vecchi sotterranei del castello ducale sono stati fedelmente interpretati numerose scene di vita quotidiana del tempo, dal bottaio al falegname, all’arrotino, al cestaio, fino a realizzare un vero e proprio mercato presso la piazza antistante il castello. La rappresentazione ha visto la partecipazione di oltre 80 figuranti, quasi tutti giovani. La sera del 26 alle ore 18, invece, si è esibita presso la chiesa collegiata la Corale polifonica “L. Perosi” di Latera e la Corale “S. Francesco” di Canino, entrambi dirette dal M° Stefano Calandrelli, proponendo un vasto repertorio natalizio, e al termine del quale i ragazzi partecipanti al corso di musica avviato dall’associazione hanno potuto ricevere gli attestati di frequenza e la nomina di un tutor. Alle 16 di sabato 28, attraverso piazze e vie affollatissime di curiosi, si è svolta la prima uscita del Corteo Storico “Card.Girolamo Farnese” di Latera con oltre 60 figuranti (nella foto la sezione dei tamburisti: da sinistra Luca Ginanneschi, Marco Procenesi, Andrea Freddiani, Luca Baglioni, Marco Dinarelli). I costumi, realizzati con stoffe pregiate, sono state cucite e confezionate dalle nonne e dai sarti del paese e serviranno per la realizzazione del bivacco medievale 2003 previsto ad agosto prossimo. Il cenone di fine anno presso le scuole elementari con oltre 120 partecipanti e la befanata per le vie del paese hanno concluso le festività natalizie. Un bilancio positivo per l’associazione culturale e per la parrocchia, che in pochi giorni è riuscita a mettere in programma interessanti manifestazioni, che, a differenza degli altri anni, hanno entusiasmato bambini, giovani e adulti. 16 gennaio 2003 LA VITA QUOTIDIANA NEL SEMINARIO DI MONTEFIASCONE (XVIII-XIX sec.) (dal numero precedente) di Giancarlo Breccola Igiene e salute L’igiene personale dei ragazzi era quella contemplata dai tempi e quindi - ai nostri occhi di persone abituate agli attuali livelli di asetticità e di comfort - piuttosto carente. Essa consisteva nell’obbligo di lavarsi mani e viso ogni mattina, ma anche di tanto in tanto nel corso dell’estate i piedi, dovendo anticipatamente prevenire perché il rispettivo Cameriere porti a tale effetto l’acqua tepida, e un recipiente atto a tal lozione. Per il taglio della barba e dei capelli, gli studenti dovevano ricorrere al personale addetto in quanto era severamente vietato il tener [...] rasoj e forbici, non potendo alcuno radersi la barba da se stesso, o tagliarsi i Capelli; tra l’altro, sui capelli, non tagliati alla moda, i chierici avevano l’obbligo di radere una chierica ben visibile. Le unghie dovevano essere senza lordura e tagliate frequentemente. La biancheria, che si voleva monda d’ogni sozzura, e quindi andava cambiata spesso, veniva lavata da alcune lavandaie del paese e riportata in seminario il sabato sera. In quanto allo sputare in terra, usanza molto comune all’epoca, non bisognava farlo alla presenza di persone ragguardevoli, e dove il pavimento sia mondo ed oliato, o coperto di tappeti. Se un conoscente o un amico avesse avuto l’alito cattivo, era buona norma informarlo del problema, dato che il cattivo odore non si avverte da chi lo spira, e [...] moltissimo infastidisce tutti coloro, ai quali tocca ragionarvi. L’avvertito doveva sciacquarsi spesso, e molto bene la bocca, e farsi pulire i denti e quando questo non fosse stato sufficiente avrebbe dovuto farsi estrarre i denti guasti, e cavernosi. Per i bisogni corporali vi erano delle latrine, le cui chiavi erano custodite dai portinai; una di queste era collocata in fondo al corridoio delle scuole. Singolare risulta il capitoletto ove si segnala come tra le precipue sorgenti delle malattie nel Seminario e Collegio [vi fossero] le indigestioni, mangiandosi cioè frutta ed altri cibi che si mandano ai Convittori e Alunni dalle proprie Case, come pure li riscaldamenti ed infreddagioni che si contraggono da’ giovani a cagion delle lunghe passeggiate, o del soverchio abuso del fuoco nell’inverno. Nello stesso paragrafo viene quindi previsto che le passeggiate estive dovevano effettuarsi due ore prima del tramonto e viene proibito l’uso del focone (braciere) in camera quando il carbone non fosse stato bene acceso. PRIMO PREMIO LETTERARIO “CITTA’ DI GROTTE DI CASTRO” Grotte di Castro Domenica 22 dicembre si è svolta presso la sala considi Adelio liare del comune la cerimonia di premiazione riguardanMarziantonio te il 1° PREMIO LETTERARIO “CITTÀ DI GROTTE DI CASTRO”. Il concorso, realizzato con il contributo dell’Assessorato alla Cultura della Regione Lazio e della Comunità Montana Alta Tuscia Laziale, si articolava in quattro sezioni: poesia, narrativa, ricerca storiografica e saggistica, poesia e narrativa riservata ai ragazzi delle scuole dell’obbligo. La commissione esaminatrice, costituita da cinque membri e presieduta dal prof. Vincenzo De Caprio, docente di letteratura italiana all’Università della Tuscia, ha assegnato i seguenti premi: 1a sezione: sorella Agnese (al secolo Enza Berlingozzi, per Il silenzio di Maria); Umberto De Vergori (Plenilunio sul lago); Giuseppe Prosperini (Carezzando un ricordo). 2a sezione: Pietro Paris (Natale); Patrizia Cimarra (O vicolo do pidocchio), Barbara Eramo (Non avevo gli occhi per vedere). 3a sezione: d.Angelo Maria Patrizi (S.Maria dei Monaci o delle Colonne); Rosa Maria Gallelli (Grotte di Castro, storia urbanistica e recupero); Bruno Del Papa (Note romantiche e risorgimentali nella lirica di Maria Bonaparte Valentini). 4a sezione: Simone Recato Vacca (La guerra di Piero); Fabrizio Faziani (Lago di Bolsena); Eleonora Brinchi (Il mio paese). A tutti i concorrenti è stato rilasciato un attestato di partecipazione. Nel complesso, considerato l’elevato numero dei partecipanti ed il livello ottimo degli elaborati, si può affermare che è stato un successo culturale che speriamo possa essere ripetuto negli anni futuri. Dai centri vicini la Loggetta marzo 2003 PIANSANO LA VITA QUOTIDIANA NEL SEMINARIO DI MONTEFIASCONE (XVIII-XIX sec.) Il vitto I ragazzi ospiti del seminario dovevano mangiare con civiltà e creanza ed a questo proposito il rettore aveva l’incarico di andar girando pel Refettorio [...] per meglio osservarli. I posti del refettorio erano assegnati; agli studenti più piccoli erano riservati quelli al centro della stanza. Durante i pasti, a turno, uno studente leggeva ad alta voce, e non stentatamente, testi di carattere spirituale; chi leggeva male, oltre ad essere corretto pubblicamente, poteva essere punito. Il refettoriere, responsabile della pulizia del refettorio, tra i vari incarichi aveva quello di nettare settimanalmente col polverino bottiglie, bicchieri e posate; di collocare una bottiglia grande d’acqua ogni due piccole di vino; di controllare che venisse usato un piccolo piatto, o tondino, per la frutta e tutt’altro. Il vino era una bevanda sempre presente durante i pasti e la sua assenza aveva il significato di penitenza o di punizione. Nessuno poteva spiegare la salvietta né, tantomeno, cominciare a mangiare prima che l’avesse fatto il rettore. Al di fuori dei pasti previsti, era proibito mangiare o bere alcunché. A salvaguardia della qualità del cibo, ai cuochi non era permesso cuocere la mattina le pietanze della sera, pietanze che, inoltre, dovevano essere ben condite e variate ogni giorno. Il brodo - di cui i cuochi erano particolarmente responsabili e che doveva essere conservato in un vaso di creta ben chiuso e, in tempo d’estate, riposto in cantina poteva essere somministrato ai malati solo su ordine del medico. Con il brodo veniva abitualmente preparata una zuppa serale destinata ai superiori, disponibile anche per i ragazzi che l’avessero scelta in alternativa all’insalata. di Giancarlo Breccola per esigere da medesimi il dovere, e per corregere de gl’errori, che non devono passare impuniti [...] Io lodo sopramodo, (dai numeri precedenti) che quando giovi, e si possa reggere la gioventù almeno più adulta con la ragione, non s’adoperi Ai cuochi - oltre ad essere richiesta la massigiamai la forza; et è gran prudenza di fare in ma pulizia in cucina con l’obbligo di lavare i questo modo; perché all’incontro farebbesi pegvasi della medesima [...] con tutti i piatti ogni gior il male”. giorno, e spesso purgandoli colla E così i professori dovelessiva, la quale verrà fatta una vano richiamare al volta la settimana - era proibito dovere i delinquenti appropriarsi degli avanzi, allo piuttosto coll’amore e scopo di evitare facili frodi: E coll’onor del premio perché i giovani abbiano le giuste piuttosto che coll’aporzioni di quanto passa loro il sprezza e col timor del Seminario [...] resta severamente castigo; e quando si proibito al 1° cuoco di appropriarsi fosse resa necessaria qualsiasi cosa sotto pretesto d’inuna punizione sarebbe certi. dovuta consistere nelFrammenti di alcuni piatti commissionati dal l’aumento delle fatiche La disciplina Barbarigo per il seminario. Sulle tese compare, in scolastiche. La sferza Ai tempi in cui venne eretto il bruno manganese, la sigla S.D.M.F., (Seminarium doveva essere l’ultimo e seminario, l’educazione dei col- Diocesanum Montis Falisci). raro castigo. Anche il legi e delle scuole religiose offrirettore doveva usare nel va, pur con tutti i suoi limiti, riprendere o castigare una indiscutibile serietà e solidità, distincoloro che mancavano la severità contempeguendosi da quella privata, generalmente rata con paterno amore mostrando ai giovascadente. Ciò che accomunava le due istituni la ragione del castigo. zioni, però, era lo spietato rigore del metodo Le ragioni del castigo potevano essere, tra educativo. Frusta e bastone erano gli strul’altro, molteplici. Tra i tanti divieti vi menti normali coi quali si imponeva all’alerano quelli relativi al fumo e all’uso di lievo la disciplina dello studio. soprannomi; era proibito il possesso di Il Barbarigo, pur conformandosi agli intranlibri, di denaro, di coltelli, di temperini sigenti criteri didattici dell’epoca, in diverse appuntiti e, comunque, di armi di qualunoccasioni sottolineò la necessità di mitigarne que tipo. I ragazzi non potevano dare confila rigidità con prudenti suggerimenti rivolti denza ai servitori, né scendere in intimità ai superiori: “Si esiga da ciascheduno l’esatta fisica con i compagni: “Né per giuoco, o disciplina, e modestia nella chiesa, e nel Choro burla, o scherzo in qualsiasi modo, né sotto particolarmente come la prego; e non allentare qualsivoglia pretesto, ardirà l’uno toccar l’alper niente, anzi tener forte le redine in mano, tro”. Ogni quindici giorni i ragazzi potevaperché le cose a dovere camminino, e tutti stiano no ricevere una visita dei parenti, pur rimain timore, et osservanza [...] si tenghino in timonendo severamente vietato far entrare nelre, e tremore codesti giovani studenti col mezzo l’interno del Seminario le donne, anche se delle penitenze, cosa onnimamente necessaria, madri degli alunni. to), nonché uno spazioso ambiente polifunzionale da destinare a concerti, mostre, festeggiamenti e, quando necessario, consigli comunali. Contemporaneamente si dava corso alla domanda di finanziamento presso il competente assessorato della Regione Lazio, il quale, valutata l’importanza del progetto, ne finanziava l’esecuzione per l’80%, ossia per un importo di circa 280 milioni di vecchie lire. Si è proceduto quindi ad una gara d’appalto che, per la dimensione economica dell’intervento previsto, ha importo una licitazione privata di natura europea. Vi hanno partecipato 56 imprese, e alla fine l’apposita commissione ha attribuito l’incarico allo Studio Montuori di Roma, associato, nel caso di specie, alla facoltà di architettura dell’università di Napoli. (A titolo di cronaca, lo studio Montuori ha realizzato progetti di altissimo livello, quali la stazione Termini di Roma, il piano di ricostruzione di Camerino, il recupero-restauro del convento di S. Antonio di Ferentino, ecc.). Il progetto complessivo, completato nel luglio scorso, prevede un fabbisogno finanziario di un milione di euro, per il quale è stata presentata domanda di finanziamento alla Regione Lazio attraverso i capitoli di copertura da questa stabiliti: SAT (Sviluppo Alta Tuscia), DOCUP, ecc. Nel frattempo, tramite finanziamenti provinciali, abbiamo avviato interventi di recupero degli ambienti del piano terra, che in parte sono stati eseguiti e per altra parte sono in corso di appalto. Si può ragionevolmente ritenere che entro il 2004 i lavori saranno completati, consentendo la fruizione pubblica ad indirizzo culturale del bene architettonico. La Rocca di Cellere diventa quindi testimonianza di una possibile svolta culturale per la comunità intera. Le potenzialità racchiuse nelle qualità formali e spaziali dell’edificio, infatti, rappresentano l’occasione per dotare il comune di quei servizi culturali essenziali per una vita civile, e costituire uno stimolo per i giovani al recupero delle proprie radici. E’ un processo che può far da traino anche per una svolta urbanistica. Fino a quando, infatti, l’edificio continuerà a restare una presenza muta, priva di funzioni, tutto il contesto del centro storico risentirà della memoria negativa suggerita dal suo degrado. La riqualificazione e il riuso, invece, possono innescare meccanismi rigenerativi e stimoli per il recupero dell’intero nucleo storico. In tale ambito appare doveroso informare il nostro lettore che il comune di Cellere ha vinto un progetto-concorso per il recupero, appunto, del centro storico, sulla base di una proposta elaborata dallo Studio dell’architetto Carla Pasqualini, il cui obiettivo è quello di collegare il centro abitato alla chiesa di S. Egidio (in fase di completamento del restauro), attraverso un percorso che arrivi fino alla piazza Castelfidardo, dove appunto si affaccia la Rocca. Tale intervento, del valore di circa 600.000 euro, riguarderà l’adeguamento di una parte del percorso stradale, il restauro della torre dell’orologio e forse anche la pavimentazione della piazza stessa. Nella prospettiva di sviluppo turistico e culturale dell’intero territorio dell’Alta Tuscia, Cellere potrà offrire così, fra le risorse più significative, un centro storico recuperato alle sue piene funzioni urbane ed al suo valore artistico e culturale, come premessa per il recupero integrale della sua memoria. 14 San Lorenzo Nuovo GUAI A LORO! di Silvio Verrucci Chiesa di S. Giovanni in Val di Lago Era pomeriggio inoltrato quello del 5 giugno 1563, quando Nicola Pellegrini, col suo passo distratto di ragazzo, stava ritornando a casa dai “prati renari” verso il lago dove era stato fino allora. Al braccio portava un canestrello pieno di erbe buone per l’acquacotta che la madre avrebbe preparato per la cena. Il suo sguardo ed i suoi pensieri vagavano per la piana nel silenzio interrotto solo dai versi degli uccelli e dal mormorio dell’acqua del fiume della vena, diviso in quel tratto in mille canali di irrigazione dei campi. Ormai mancava meno di un miglio al paese e Nicola stava attraversando un posto che tutti chiamavano col nome di S.Giovanni. Da sempre la voce popolare indicava questa con- Dai centri vicini Era vacanza ogni giorno di festa ed ogni giovedì; se però fosse stato festivo un martedì, un mercoledì, o un venerdì, la vacanza del giovedì sarebbe stata soppressa. Nei giorni di riposo era possibile dilettarsi al gioco della palla, o “pila minori”, senza comunque “oltrepassare la misura”; a lanciare un globo di legno attraverso un cerchio di ferro; al gioco detto dell’ossi, “pyramidulis pila iacendis”; al “trucco maggiore detto volgarmente di terra”. Si potevano poi eseguire esercizi ginnici e comunque “alio eiusmodi non indecoro exercitationis”. Erano invece proibiti tutti i giochi di carte e quelli indicati nel Sinodo come giochi proibiti. Le vacanze di Natale iniziavano dal 24 dicembre e terminavano il primo giorno dell’anno; quelle di carnevale andavano dal giovedì precedente la domenica di quinquagesima al mercoledì delle ceneri; quelle di Pasqua dal venerdì santo al martedì dopo Pasqua; le vacanze annuali, che non erano estive ma autunnali, dal 9 settembre al 3 novembre. Mediamente, nel corso dell’anno, ad ogni giorno di scuola ne corrispondeva uno di riposo. In realtà questa tregua era solo apparente poiché, durante i giorni di vacanza, “non s’intende che si debba cessare dallo studio nelle ore stabilite [ma] dopo l’officiatura in Chiesa, tutto il rimanente tempo della mattina s’impieghi nello studio...”. Anche le ferie autunnali, presso la famiglia, non erano propriamente rilassanti: non era lecito, ai chierici, uscire senza abito talare e senza tonsura; non potevano parlare con ragazze, donne o giovani scapestrati; non avevano il permesso di fare giochi proibiti, né andare in locali pubblici e luoghi profani. Una nota particolare meritano le rappresentazioni teatrali che, al tempo del Barbarigo, si tenevano in tutti i collegi e seminari di Roma in occasione del carnevale. Il Barbarigo, pur non amando molto questo tipo di diversivo, si uniformò, per alcuni anni, alla volontà del pontefice, concedendo ai seminaristi di mettere in scena dei piccoli spettacoli:“Quando la rappresentazione morale Cellere la Loggetta luglio 2003 LA VITA QUOTIDIANA NEL SEMINARIO DI MONTEFIASCONE (XVIII-XIX sec.) di Giancarlo Breccola (ultima parte) Prima pagina dell’edizione originale delle Regole stabilite dal cardinale Barbarigo, pubblicate in appendice ai decreti del Sinodo diocesano del 1692. da farsi il prossimo Carnevale habbia da servire per sollievo de giovani, senza pregiudizio dello spirito, et della buona disciplina, non posso desiderar di vantaggio, e se i giovani medesimi osserveranno la modestia dovuta; potranno star sicuri di ritrovarmi sempre disposto, e propenso a procurar loro sempre nuovi modi per ricreare l’animo nel Signore; ma altrimenti facendo non più rappresentazioni, nè dispotitione in me cercare il sollievo che per altro conosco utile, e necessario alla studiosa gioventù...”. Ma appena Clemente XI proibì simili rappresentazioni, il Barbarigo immediatamente si adeguò alle nuove disposizioni: “...non conviene nemmeno pensare al Seminario di Montefiascone a simile ricreatione; ma a qualche altro sollievo lecito, che possa prendersi con tutta modestia da giovani convittori...”. “Cose necessarie” Questa essenziale digressione sui vari aspetti della vita quotidiana nel seminario mi sembra trovi adeguato completamento nella puntigliosa, ma eloquente lista delle “Cose necessarie” alla vita del seminarista. COSE NECESSARIE. Da provedersi per li Chierici, che sono, o devono entrare nel Seminario di Montefiascone, secondo le Regole, e Costituzioni del medesimo, per ordine di Sua Eminenza. Un letto consistente in tre cavalletti di ferro con tavole segate a traverso per metà, in modo che unite riesca di palmi nove di lunghezza, e palmi cinque di larghezza, due Matarazzi, due Coperte di lana, una Copertina di saja verde, all’uso del Seminario, un Capezzale, ed un Guancialetto. Una scanzia con chi ve sotto, e sopra, la quale serve per Armario, e per Tavolino da scrivere. Una Sedia per uso di Stanza. Una Lucerna d’Ottone. Biancherie, cioè Salviette, Tovaglie, e Sciucatori per uso di Tavola. Oglio per lo Studio. Il Seminario soministrarà tutte le sudette robbe al Giovine, che per una sol volta nell’ingresso pagherà scudi quindici. Una Posata per uso di Tavola. Libri necessari per le Scuole, alle quali sono destinati. Il Breviario, Diurno, la Corona, ed Uffizio della Beata Vergine. Un Quadretto di Divozione, ed il vaso per l’Acqua Benedetta. Una Cotta, le Regole del Seminario. Un Libro Spirituale, quale sarà l’introduzione alla Vita di vota di S. Francesco di Sales, o altro simile. Due vesti talari lunghe fino al collo del piede, cioè Sottana, e Soprana, o di Stametto, o Sarzetta, di color pavonazzo, ambedue alla forma del Seminario. Tutti li Abiti sotto le vesti siano di color nero, e non fatti ad opera, ne con soverchi ornamenti, ma umili, e modesti: così ancora le calzette, che non dovranno essere, se non di color nero. Abbiano almeno sei Camicie, e altrettanti Fazzoletti, e dieci Collari, e due para di Lenzoli per il Letto, e una veste di saja lunga nera, per portare per casa. Una Berretta da Prete, le Scarpe, e il Cappello di forma modesta, senza verun ornamento. Pagheranno anticipatamente ogni sei mesi la loro Dozzina al Economo del Seminario, che sarano scudi venti ogni sei mesi. E per offerta alla Chiesa nell’ingresso del Chierico per una sol volta libre sei di Cera. IN MONTEFIASCONE, nella Stamparia del Seminario 1754. Il recupero e la valorizzazione del centro storico. Un progetto di interesse artistico, ambientale ed economico Tra le iniziative assunte dal comune di Cellere nell’ambito delle attività di recupero e valorizzazione del proprio patrimonio storicoarchitettonico, vi è quello certamente prioritario dell’antico borgo che attraverso la torre dell’orologio si configura tutto intorno alla piazza Castelfidardo. Cellere, come è noto, è un paese la cui orografia è caratterizzata dalla rupe tufacea su cui sorge e presso il cui più antico insediamento abitativo la vita si svolgeva un tempo in ogni sua esigenza: residenziale, commerciale, produttiva, ecc. Con lo sviluppo avvenuto in tempi recenti del nuovo centro urbano e lo spostamento della chiesa parrocchiale nella parte nuova del paese, il borgo antico ha perso definitivamente il suo peso nella vita sociale. Tuttavia, la presenza di un gioiello d’arte come la chiesa di S.Egidio, di Antonio da Sangallo il Giovane (attualmente in fase di ultimazione del restauro), la Rocca Farnesiana (in corso do appalto per il primo stralcio dei lavori di recupero), l’habitat naturale del costituendo Parco del Timone, che comprende al suo interno il borgo medioevale di Pianiano, uni- 20 di Paolo De Rocchi tamente al vecchio molino ad acqua (il cui progetto di recupero è in fase di finanziamento), rappresentano elementi sufficienti per far rivivere il vecchio centro storico attraverso la sua riqualificazione con finalità turistiche, storiche, ambientali. E’ con tale proposito che l’amministrazione comunale presentò una articolata proposta tecnico-economica, elaborata dall’arch. Carla Pasqualini, in risposta ad un progetto concorso bandito dalla Regione Lazio finalizzato alla rivitalizzazione dei centri storici minori, con particolare riferimento ai parametri della qualità della vita. L’obiettivo della proposta di valorizzazione del borgo è quello di mettere in evidenza gli elementi presenti di rilevanza storico-architettonica, di viabilità interna, di miglioramento dell’arredo urbano ecc., con l’individuazione di percorsi attrezzati, evidenziati da adeguata pavimentazione, illuminazione, sistemazione a verde, punti informativi che