Regione Autonoma della Sardegna
Assessorato dell’Igiene e Sanità e dell’Assistenza Sociale
Determinazione del direttore generale n. 886/4 dell’8.04.1999
“Approvazione del Piano regionale ‘Programmazione e coordinamento degli
interventi in materia di vigilanza degli alimenti e delle bevande’. Anni 1999/2000.”
(pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Sardegna, supplemento straordinario n.
15 del 18.5.1999
Il Direttore Generale
- visto lo Statuto speciale per la Sardegna e le relative norme di attuazione;
- visto il D.P.R. 14 luglio 1995 "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e province
autonome sui criteri uniformi per l'elaborazione dei programmi di controllo ufficiale degli
alimenti e bevande";
- visto l'art. 1 del succitato D.P.R. che affida alle Regioni il Compito di predisporre i
programmi per definire la natura e la frequenza dei controlli che debbono essere effettuati
nelle fasi della produzione, del confezionamento, della somministrazione e della
commercializzazione;
- vista la L.R. 13 novembre 1998, n. 31;
- visto il Decreto dell'Assessore degli AA.GG., Personale e Riforma della Regione n. 91/P
datato 3 febbraio 1999, adottato in esecuzione della deliberazione della Giunta Regionale
del 1.2.1999, con il quale al Dr. Girolamo Mannoni sono conferite le funzioni di Direttore
Generale dell'Assessorato dell'Igiene e Sanità e dell'Assistenza Sociale;
Determina:
1. di approvare il piano in oggetto ed allegato alla presente determinazione come parte
integrante;
2. di dare ampia diffusione del presente provvedimento attraverso la pubblicazione sul
B.U.R.A.S.
SOMMARIO
1.0 Quadro normativo di riferimento
1.1 Decreto Legislativo 3 marzo 1993, n. 123
1.2 D.P.R. 14 luglio 1995
1.3 D.M. 8 ottobre 1998
1.4 Decreto Legislativo 26 maggio 1997, n. 155
1.5 Decreto Legislativo 26 maggio 1997, n. 156
2.0 Il controllo ufficiale: finalità
3.0 Le attività soggette a vigilanza: consistenza e tipologia
3.1 Controllo alla produzione ed al confezionamento
3.2 Controllo alla somministrazione
3.3 Controllo alla commercializzazione
3.3.1 Commercio all'ingrosso
3.3.2 Commercio al dettaglio
4.0 L'attività ispettiva: il D.P.R. 123/93 e il D.L.vo 155/97
4.1 L'autocontrollo e il controllo 4.2 Il campionamento
5.0 Il personale addetto al controllo: formazione e aggiornamento
6.0 Il Sistema di allerta
6.1 Procedura di attivazione del Sistema di allerta
7.0 Appendice - Ristorazione collettiva e assistenziale
Premessa
Il presente Piano, valido per il 1999/2000, è stato predisposto dal Settore dell'Igiene degli
Alimenti e Bevande del Servizio della Prevenzione col contributo degli Operatori dei Servizi
di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione e dei Presidi Multizonali di Prevenzione delle
Aziende USL.
Durante i lavori preparatori analizzando la situazione dei Servizi e dei P.M.P. si è rilevata
una marcata disomogeneità di atteggiamenti e procedure operative tra i Servizi delle varie
Aziende USL ed, a volte, anche tra i distretti della stessa Azienda.
Pertanto è scaturita la necessità di fornire strumenti utili per pianificare comportamenti e
procedure in tutto il territorio regionale e con l'ausilio di modulistica omogenea, perseguire
l'uniformità operativa dell'attività di controllo.
Con il presente Piano si vogliono fornire, ai Servizi competenti dei Dipartimenti di
Prevenzione ed ai Presidi Multizonali di Prevenzione delle Aziende USL, indirizzi operativi
metodologicamente coerenti con la normativa, vigente, ai quali dovranno conformarsi i
piani di lavoro aziendali al fine di assicurare una più puntuale sistematicità e uniformità
nell'azione di controllo con l'obiettivo prioritario di garantire l'idoneità igienico-sanitaria dei
processi produttivi.
1.0 Quadro normativo di riferimento
Di seguito si vogliono illustrare brevemente i provvedimenti legislativi che hanno contribuito
a delineare l'attuale situazione normativa dalla quale originano i criteri attuativi e le
indicazioni alle Regioni per la predisposizione di appositi programmi per il controllo degli
alimenti. Con l'entrata in vigore del Decreto Legislativo 3 marzo 1993 n. 123 (Attuazione
della Direttiva 89/397/CEE relativa al controllo ufficiale dei prodotti alimentari) e la
successiva emanazione del D.P.R. 14 luglio 1995 (Atto di indirizzo e coordinamento alle
Regioni per la elaborazione dei piani di controllo ufficiale degli alimenti e delle bevande),
sono stati forniti alle Regioni criteri uniformi per la definizione delle modalità del controllo
ufficiale degli alimenti.
1.1 Decreto legislativo 3 marzo 1993 n.123
Esso recepisce la Direttiva 89/397/CEE del 14.06.89 relativa al controllo ufficiale dei
prodotti alimentari precisando che la funzione del controllo consiste principalmente in una
attività di carattere sistematico che viene eseguita secondo programmi preordinati che
definiscono la natura e la frequenza degli interventi in. modo da assicurare che il controllo
stesso sia proporzionato all'obiettivo perseguito. In caso di sospetto il controllo può essere
effettuato fuori dai programmi preordinati ma deve essere motivato, mirato, proporzionato
all'obiettivo specifico e tale da non pregiudicare il controllo ordinario.
Il D.Lg.vo 123/93 introduce nella strategia dell'attività di controllo una innovazione
importante che coinvolge direttamente le aziende come responsabili della qualità igienica
dei loro prodotti (autocontrollo aziendale).
1.2 D.P.R. 14 luglio 1995
Emanato in applicazione dell'art. 8 del D. Lgvo 123/93 stabilisce che le verifiche ufficiali
devono essere dirette ad accertare che le operazioni nelle diverse fasi della produzione,
preparazione, trasformazione, conservazione, commercializzazione e somministrazione
siano eseguite correttamente sotto il profilo igienico sanitario, seguendo le procedure
dell'analisi dei rischi e della individuazione dei punti critici.
Quindi, non solo controllo sul prodotto finito e sugli ambienti in cui avviene la lavorazione
ma anche, e soprattutto, controllo sul processo di lavorazione, sulla sistemazione e
modalità di utilizzazione degli ambienti e delle attrezzature.
1.3 D.M. 8 ottobre 1998.
Emanato in applicazione dell'art.9, comma 1 del D.P.R. 14.7.1995 sostituisce le appendici
2 e 3 del suddetto D.P.R. con nuove schede di rilevazione che si allegano al presente
piano con le lettere M ed N.
1.4 Decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155.
Emanato in attuazione della Direttiva 93/43/CEE (Direttiva igiene) del 29.10.1993 completa
i provvedimenti legislativi che regolamentano il controllo ufficiale con disposizioni tese a
migliorare il livello di igiene dei prodotti alimentari in libera circolazione e fornisce le norme
generali di igiene da rispettare nelle diverse fasi della lavorazione del prodotto, fino alla
vendita o fornitura al consumatore.
L'art. 5 del decreto legislativo individua i compiti che spettano all'organo di vigilanza
precisando che nell'attività di controllo deve essere verificato anche che le aziende
alimentari applichino in maniera adeguata il sistema H.A.C.C.P., tenendo conto, qualora
siano stati elaborati, dei manuali di corretta prassi igienica.
1.5 Decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 156.
Emanato in attuazione della Direttiva 93/99/CEE del 29.10.93 riguarda le misure
supplementari in merito al controllo ufficiale dei prodotti alimentari. Esso prevede che le
strutture deputate al controllo dispongano di personale esperto ed adeguatamente
qualificato particolarmente in settori quali: chimica, chimica alimentare, medicina
veterinaria, medicina, microbiologia alimentare, igiene alimentare, tecnologia alimentare e
legislazione; vengono inoltre fissati i requisiti che devono possedere i laboratori ufficiali che
effettuano gli accertamenti analitici sugli alimenti.
2.0 Il controllo ufficiale: finalità
Obiettivo del presente Piano è quello di far si che l'attività di controllo ufficiale degli alimenti
si svolga in maniera corretta ed omogenea su tutto il territorio regionale, per garantire,
all'interno del globale obiettivo di tutela della salute pubblica l'idoneità igienico sanitaria dei
processi produttivi e la sicurezza dei prodotti alimentari.
Tale obiettivo potrà essere perseguito attraverso:
a. un regolare controllo secondo azioni e frequenze definite con piani di lavoro predisposti
annualmente dalle Aziende USL che dovranno essere elaborati sulla base delle priorità
individuate, delle risorse disponibili, dell'affidabilità dei sistemi di verifica posti in essere
dalle imprese e dei risultati acquisiti, evitando sporadicità e disomogeneicità di
intervento;
b. una maggiore qualificazione dell'operatività e dei contenuti dell'azione sanitaria, in
modo che l'attività di controllo si esplichi secondo procedure e modalità tecnicamente
efficienti finalizzate non solo ad individuare i problemi, ma anche a far adottare le
misure più idonee per la loro rimozione;
c. l'attuazione di programmi di controllo rivolti prioritariamente ai settori maggiormente
rappresentati nelle varie realtà territoriali.
3.0 Le attività soggette a vigilanza: consistenza e tipologia.
Per avere preliminarmente la conoscenza il più possibile precisa e completa delle attività
soggette a controllo sono stati predisposti dall'Assessorato appositi modelli di rilevazione
attraverso i quali, sulla base dei dati forniti dai Servizi, è stata redatta la Tabella 1 che
mostra il quadro generale delle attività maggiormente presenti nella nostra realtà
regionale. Le Aziende USL dovranno quindi predisporre i piani annuali relativi alla propria
attività di controllo nel campo degli alimenti e delle bevande tenendo conto,
principalmente, della realtà produttiva del proprio territorio.
L'attività di controllo sarà effettuata prevedendo, in linea generale, la periodica verifica
della sussistenza dei requisiti igienico-sanitari, del rispetto degli eventuali vincoli posti
nell'atto autorizzativo e della corretta applicazione delle misure di autocontrollo,
programmando i campionamenti in accordo con i rispettivi laboratori di riferimento.
Nell'ambito del controllo ufficiale degli alimenti i P.M.P. e l'I.Z.S. rivestono un ruolo non
secondario con funzioni che certamente non possono essere limitate alla mera erogazione
di prestazioni analitiche e laboratoristiche.
La complessità delle problematiche, infatti, induce a ritenere che è fondamentale, per
l'attuazione di un efficace piano di controllo, coinvolgere tutte le diverse professionalità
presenti in questi Enti, soprattutto nelle fasi di studio dei processi e delle tecnologie
produttive, nella valutazione dei rischi ambientali e sanitari che possono incidere sulla
sicurezza degli alimenti e nella verifica dell'autocontrollo.
È, inoltre, auspicabile che l'attuale distribuzione delle competenze (l'I.Z.S. per gli
accertamenti analitici sugli alimenti di origine animale a supporto dell'attività dei Servizi
Veterinari, i P.M.P. per le analisi sugli alimenti di origine animale e sugli altri prodotti e sulle
bevande a supporto dell'attività dei Servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione) non
sia intesa in maniera assoluta e rigida, nè sia di ostacolo all'esecuzione del piano di
controllo ufficiale o consenta inutili e dannose sovrapposizioni.
3.1 Controllo alla produzione ed al confezionamento
La finalità del controllo ufficiale è la prevenzione che ha senso principalmente a livello di
produzione: a tale proposito si ritiene sia indispensabile il possesso, da parte degli
operatori dei Servizi, di una buona conoscenza dei vari processi del sistema da verificare,
attraverso il controllo delle tecnologie, della documentazione d'approvvigionamento e del
sistema di qualità interno.
Gli stabilimenti di produzione alimentare dovranno essere sottoposti a frequenti controlli
con periodicità superiore rispetto a quella indicata dal DPR 14 Luglio 1995 (vedi Tabella n.
2).
In tali impianti l'attività di controllo dovrà svolgersi con regolarità e con completezza di
contenuti e di tipologia di intervento, al fine della acquisizione di tutti gli elementi di
conoscenza necessari a valutarne il funzionamento e i risultati.
Resta inteso tuttavia che sulla, base delle valutazioni igienico-sanitarie esperite, delle
esperienze fatte, delle dimensioni e delle complessità produttive, nonché dell'efficienza e
affidabilità dei controlli aziendali posti in essere, la natura, il carattere e la frequenza dei
controlli potranno essere ridefiniti in sede di programmazione delle singole Aziende USL.
3.2 Controllo alla somministrazione.
L'attività di controllo in tale settore consisterà in verifiche delle condizioni igieniche dei
locali e del personale addetto e dovrà essere conforme oltre che a quanto previsto dal
D.L.vo 123/93, anche alle procedure indicate all'Art. 5 del DPR 14.7.1995.
Spetta, poi, alla programmazione della Azienda USL, la valutazione del rischio
igienicosanitario derivante dalle conoscenze specifiche delle diverse realtà acquisite
durante l'attività di controllo.
Per quanto riguarda gli aspetti quantitativi del controllo, si ritiene che debba essere
garantito almeno il controllo annuale di tali esercizi, con prelievo di campioni (vedi Tabella
3), fermo restando che questa indicazione rappresenta il livello prestazionale minimo da
garantire e pertanto suscettibile di integrazioni che saranno valutate dai Servizi sulla base
delle specifiche conoscenze delle diverse realtà, delle dimensioni dell'esercizio e della
tipologia degli utenti serviti, nonché della garanzia offerta dal tipo di autocontrollo posto in
essere dai gestori.
Il settore della ristorazione collettiva ed assistenziale sta assumendo ovunque sempre
maggiore rilevanza e pertanto, sia per la vulnerabilità di taluni gruppi cui è rivolto (bambini,
anziani, malati) sia per l'entità dei possibili eventi patologici ad esso connessi, in questo
comparto dovrà essere posta particolare cura nella esecuzione dei controlli.
A tale riguardo, in appendice al presente piano, si ritiene opportuno fornire alcuni
indicazioni che possono costituire una utile base per la attività di controllo.
3.3 Controllo alla commercializzazione.
3.3.1 Commercio all'ingrosso.
L'attività di controllo sui depositi di prodotti alimentari e sui centri di commercializzazione
all'ingrosso riveste una importanza strategica e rappresenta un momento determinante per
la raccolta delle informazioni utili per la definizione esatta dei flussi commerciali dei prodotti
alimentari.
Ciò consente di intervenire tempestivamente nei casi in cui sia necessario bloccare la
distribuzione di un determinato prodotto che presenti dei problemi igienico-sanitari.
Pertanto, ribadendo quanto previsto all'art. 6 del DPR 14 Luglio 1995 sulle priorità dei
controlli, si ritiene che si debba intervenire in" tale comparto con una frequenza maggiore
di interventi ispettivi, così come indicato nella Tabella n. 4, tenendo presente che sarà cura
dei Servizi apportare gli eventuali correttivi a tali frequenze in relazione alle dimensioni
degli impianti, alla natura dei prodotti alimentari trattati ed al bacino d'utenza di riferimento.
3.3.2. Commercio al dettaglio (piccola distribuzione e grande distribuzione).
Oggetto dell'intervento ispettivo è sempre la verifica delle condizioni igieniche dei locali e il
controllo sanitario del personale addetto. Per tali esercizi dovrà essere posta particolare
attenzione alla periodica verifica del puntuale rispetto delle condizioni di temperatura,
umidità ed esposizione previste per la corretta conservazione degli alimenti. Si ritiene che
in base alle risorse attualmente disponibili debba essere garantita almeno una frequenza
annuale di ispezioni (vedi Tabella 4).
4.0 L'attività ispettiva: il D.P.R. 123/93 e il D. L.vo 155/97.
Per il raggiungimento delle finalità previste dall'art. 1 comma 2 del D. L.vo 123/93, l'attività
ispettiva deve essere articolata in modo da ottenere il maggior numero di informazioni utili
ad esprimere giudizi in merito alla salubrità dell'alimento.
L'intervento ispettivo ha inizio in sede di Servizio quando, utilizzando sia gli elementi in
possesso dell'Ufficio dal momento del rilascio dell'autorizzazione sanitaria sia quelli
desumibili dalle informazioni acquisite nel corso di precedenti interventi ispettivi, si giunge
ad una conoscenza "storica" dell'attività da ispezionare.
Al fine di fornire un esempio il più possibile articolato e completo delle fasi in cui si sviluppa
un intervento ispettivo tipo e tenendo conto che l'indagine ispettiva non può prescindere
dalla conoscenza preliminare della filiera produttiva (il momento ispettivo deve seguire il
percorso dell'alimento dalla materia prima al prodotto finito), si può schematicamente
ipotizzare di seguito lo svolgimento dell'ispezione di uno stabilimento di produzione:

PRIMA FASE - analisi della situazione generale dello stabilimento (stato delle
pertinenze esterne, presenza e ubicazione degli uffici e dei locali destinati a servizi e
loro stato di manutenzione, modalità di approvvigionamento idrico, etc.);

SECONDA FASE - conferimento delle materie prime (acquisizione di informazioni
relative ai fornitori, alle materie prime, etc.);

TERZA FASE - immagazzinamento delle materie prime (verifica delle condizioni di
microclima dei locali di deposito verifica della correttezza delle operazioni di
immagazzinaggio, etc.);

QUARTA FASE - lavorazione delle materie prime. Essendo la fase che mostra
maggiore complessità è necessario porre una attenzione particolare:
a. all'igiene dei locali e delle attrezzature (verifica della idoneità dei locali e delle
attrezzature in rapporto al volume di alimenti prodotti e al numero degli addetti
occupati, verifica della corretta esecuzione delle operazioni di pulizia,
disinfezione e sanificazione, etc.);
b. all'igiene del personale (verifica del rispetto dei requisiti di pulizia delle vesti di
lavoro e della persona).

QUINTA FASE - prodotti finiti (verifica delle modalità di conservazione dei prodotti finiti
in attesa della distribuzione, verifica dell'idoneità dei contenitori e dei mezzi utilizzati
per il trasporto e delle operazioni di carico dei mezzi refrigerati, acquisizione delle
notizie relative ai tempi impiegati per il conferimento dei prodotti ai distributori finali,
etc.);

SESTA FASE - audizione del rappresentante legale dell'impresa o altro personale
presente alla ispezione. Questa fase rappresenta un momento fondamentale
dell'attività ispettiva soprattutto in merito alla verifica della applicazione di un sistema di
autocontrollo da parte della Ditta;

SETTIMA FASE - esame dei sistemi di verifica installati dall'impresa e analisi della
efficacia degli stessi (verifica della corretta applicazione del sistema H.A.C.C.P.);

OTTAVA FASE - prelievo di campioni (può essere effettuato un prelievo di campioni
sulle materie prime, sui semilavorati, sui coadiuvanti tecnologici, sui prodotti finiti, sulle
superfici di lavoro, sull'aria dell'ambiente di lavorazione e su altri substrati utili alla
verifica dello stato delle produzioni).
Delle operazioni relative all'ispezione, compresa la parte concernente le prescrizioni
dettate e i correttivi da apportare, dovrà essere redatto apposito verbale che, sottoscritto
anche da colui che ha presenziato all'ispezione, sarà rilasciato in copia alla Ditta (vedi
modello A).
Nel corso dell'ispezione dovrà essere acquisito ogni documento utile a rappresentare la
situazione dell'impresa al momento dell'ispezione stessa.
Tutta la documentazione suddetta verrà archiviata nel fascicolo relativo all'impresa e
costituirà materiale utile alla valutazione della sua evoluzione nel tempo.
4.1 L'autocontrollo e il controllo.
Il Decreto legislativo 26.5.97, n. 155, che recepisce la direttiva CEE 93/43, ha esteso
l'obbligo dell'autocontrollo a tutte le imprese del settore alimentare.
L'autocontrollo dovrà essere parte integrante del sistema aziendale e dovrà comprendere
tutte le misure che il responsabile dell'impresa dovrà mettere in atto per garantire la
sicurezza e la salubrità dei prodotti e per assicurarsi che l'attività svolta sia rispondente agli
obiettivi del D.L.vo 155/97.
L'autocontrollo non dovrà consistere unicamente in "piani di campionamento" e nelle
relative analisi di laboratorio, che invece possono essere utilizzate come strumento di
verifica.
I Servizi preposti al controllo ufficiale dovranno richiedere obbligatoriamente che le
Aziende si dotino di un piano di autocontrollo basato sui principi dell'H.A.C.C.P., che dovrà
essere elaborato in maniera specifica per ogni singola realtà produttiva (preparazione,
trasformazione, deposito, confezionamento, trasporto, vendita etc. di sostanze alimentari)
evitando l'adozione di modelli astratti e precostituiti.
Si sottolinea infatti che il sistema di autocontrollo dovrà rispettare criteri di semplicità ed
economicità, compatili con le dimensioni ed il tipo di attività svolta dall'azienda interessata.
Perchè sia efficace, inoltre esso non potrà prescindere dalla consapevolezzo o da parte
del produttore della responsabilità che l'analisi e la verifica del proprio processo produttivo
comportano, tenuto conto che dovranno essere raggiunte adeguate capacità di intervento
nell'affrontare e risolvere i problemi derivanti dal mancato rispetto delle condizioni
prefissate per ciascun punto critico.
I Servizi competenti dei Dipartimenti di Prevenzione procederanno, nell'ambito dell'attività
di controllo ufficiale ed in base a quanto previsto dal D.L.vo 123/93, alla verifica dei piani
predisposti dalle imprese mediante il loro esame metodologico e documentale.
Nella valutazione dei piani di autocontrollo si terrà conto non solo della individuazione ed
applicazione delle procedure di controllo e di sorveglianza dei punti critici ma anche delle
attività di formazione del personale e delle procedure di registrazione e di archiviazione dei
dati del controllo.
L'autocontrollo, peraltro, non può essere considerato alternativo o sostitutivo del controllo
ufficiale: entrambi debbono concorrere a dare sicurezza al consumatore.
In ogni singola Azienda USL il piano di controllo degli alimenti e bevande, unitamente alla
verifica dei processi di autocontrollo messi in atto dalle imprese alimentari, deve essere
predisposto nell'ambito del Dipartimento di Prevenzione, con il contributo del P.M.P. e
dell'I.Z.S.
4.2 Il campionamento.
Il prelievo dei campioni da sottoporre agli accertamenti di laboratorio è un'importante
azione di controllo complementare all'attività di ispezione e di verifica ed è di norma
utilizzato:
- per la verifica dell'idoneità dei processi produttivi; - nel caso di sospetto di non conformità di un
prodotto alimentare; - per l'esecuzione di piani di vigilanza regionali, nazionali ed europei.
In linea generale il campionamento, per ciò che concerne gli accertamenti chimici e
microbiologici, deve essere effettuato nel rispetto di quanto previsto dal D.L.vo 123/93,
dalla L. 283/62 e dal D.P.R. 327/80.
Il D.L.vo 123/93 che all'art. 2 prescrive il campionamento sulle materie prime, sugli
ingredienti, sui semilavorati e sui prodotti finiti oltrechè sui coadiuvanti tecnologici e sui
materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti, introduce alcune novità
relativamente all'indicazione delle modalità di analisi microbiologiche su particolari tipologie
di alimenti, quali quelli deteriorabili (di cui al Decreto Ministeriale 16/12/93) per i quali, è
prevista la seguente procedura:
si prelevano 4 aliquote di cui 1 deve essere lasciata al proprietario/detentore e 3 vanno al
Laboratorio (1 per la preanalisi, la seconda per l'eventuale ripetizione, la terza a
disposizione dell'Autorità Giudiziaria).
Non è più prevista l'aliquota per il produttore quando il campionamento è effettuato alla
distribuzione. Secondo le procedure previste dalla norma in questione, se l'esame
evidenzia parametri non conformi, esso è ripetuto, presso il Laboratorio che ha svolto la
prima analisi, limitatamente ai parametri non conformi previo avviso all'interessato.In
questi casi non è più prevista quindi l'analisi di revisione presso l'Istituto Superiore di
Sanità.
Se l'alimento campionato è altamente deteriorabile si procede ad una sola analisi non
ripetibile, previo avviso all'interessato, ai sensi dell'art. 223 delle norme di applicazione del
Codice di Procedura Penale.
Per questi stessi prodotti alimentari, e previo accordo con il Laboratorio di riferimento, sarà
cura del tecnico prelevatore indicare sul verbale di prelievo ora, data e luogo dove si
svolgeranno le operazioni analitiche. In allegato al verbale di prelievo verrà consegnata
all'interessato una nota, da compilare in duplice copia, firmata in calce dal tecnico
prelevatore e dall'interessato stesso riportante l'elenco dei parametri analitici che verranno
ricercati sull'alimento campionato.
Trattandosi infatti di alimenti deteriorabili per cui esiste una comprovata esigenza di
urgenza nell'effettuazione dell'analisi microbiologica altrimenti non ripetibile, gli avvisi delle
garanzie difensive all'interessato, di norma effettuati dal Laboratorio competente ai sensi
dell'art. 4, comma 1 del D.L. 3/3/93 n. 123, saranno a carico dell'organo prelevatore e,
pertanto, il verbale di campionamento in quanto sottoscritto dall'interessato, avrà valenza
di atto di notifica.
Il tecnico prelevatore avrà cura anche di riportare precisamente sul suddetto verbale di
prelievo, le specifiche modalità del campionamento e del trasporto, citando gli estremi
legislativi che regolano queste procedure, e cioè l'art. 1, commi 3 e 4 del D.M. 16/12/93 e
l'art. 13 del D.P.R. 26/3/80 n. 327.
Il campionamento degli alimenti non deteriorabili viene effettuato secondo, la seguente
modalità:
si prelevano 4 aliquote di cui 1 per il detentore e 3 per il Laboratorio (destinate
rispettivamente all'analisi di prima istanza, alla revisione, a disposizione dell'Autorità
Giudiziario), oppure 5 (l'aliquota aggiuntiva è destinata al produttore se diverso dal
detentore).
Le previste comunicazioni, relative al giorno ed ora di effettuazione delle analisi, verranno
notificate all'interessato da parte del Laboratorio competente, a meno che si tratti di
alimenti a termine della vita commerciale, nel qual caso si rimanda a quanto previsto per
gli alimenti altamente deteriorabili.
In caso di non conformità all'analisi di prima istanza è prevista, a richiesta dell'interessato,
l'analisi di revisione presso l'Istituto Superiore di Sanità.
Il campionamento in caso di dubbio sulla deteriorabilità si effettua secondo la procedura
stabilita dal comma 2 dell'art. 2 del D.M. 16/12/93.
Gli accertamenti analitici di laboratorio su tutti i campioni prelevati devono essere effettuati
secondo i parametri indicati nel D.P.R. 14/7/95 (Tabelle 6 e 7 del presente Piano).
Le frequenze raccomandate per il campionamento sono quelle minime indicate nelle
tabelle relative alla frequenze d'ispezione dei vari settori precedentemente analizzati,
mentre il numero di campioni minimo è riportato nella Tabella n. 5.
5.0 Il personale addetto al controllo: formazione e aggiornamento.
Il mutamento che comporta l'introduzione nel settore alimentare, a qualsiasi livello, del
sistema di controllo dei punti critici deve necessariamente vedere impegnati la Regione, e
gli organi istituzionalmente preposti al controllo ufficiale degli alimenti, in un attento lavoro
di formazione e aggiornamento rivolto alla preparazione specifica dei propri operatori.
I Servizi dovranno necessariamente prevedere una nuova organizzazione del lavoro: da
una parte è richiesto agli operatori un miglioramento delle conoscenze professionali,
l'acquisizione di nuove capacità di verifica e l'uso di nuovi strumenti di lavoro, dall'altra sarà
necessario integrare l'attività di controllo con gli interventi educativi del personale addetto
alla' manipolazione degli alimenti e dei consumatori.
La preparazione del personale addetto al controllo sarà, quindi, improntata allo sviluppo
della capacità soggettiva di effettuare una valutazione dei rischi potenziali per la salubrità
degli alimenti secondo la metodologia HACCP e dovrà essere favorita l'acquisizione di
competenze tecnico-specialistiche in diversi settori per un approccio interdisciplinare al
problema.
L'art. 13 della direttiva 89/397/CEE (recepita con il D. L.vo 123/93) prevede che, a tale
proposito, siano introdotte a livello comunitario indicazioni più precise e vincolanti "sulla
formazione di base e sul perfezionamento degli agenti incaricati del controllo dei prodotti
alimentari".
La comunicazione 392/90 della Commissione CEE sul controllo dei prodotti alimentari al
Consiglio Europeo raccomanda l'adozione di una direttiva con la quale vengano fissati i
requisiti per la formazione degli "agenti di controllo" tenendo conto che essi devono
possedere una specifica qualifica professionale conseguita dopo apposita formazione, se
del caso a livello universitario.
L'Assessorato Regionale dell'Igiene e Sanità e dell'Assistenza Sociale ha avviato nel 1990
un piano formativo su base regionale che ha coinvolto gli operatori sanitari, che ai diversi
livelli si occupano del controllo ufficiale di alimenti e bevande.
Gli ultimi corsi organizzati in ordine di tempo sono stati quelli sull'applicazione della
metodologia H.A.C.C.P. (1995 e '96) destinati ai medici ed agli ispettori di igiene del
Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione o di Igiene Pubblica.
Il cammino formativo non è certo terminato e l'obiettivo dell'Assessorato è quello di
estendere a tutti gli operatori sanitari dei Servizi Territoriali i contenuti dell'ultima fase
formativa nella convinzione che questa sia la tappa fondamentale che consentirà al
personale delle Aziende USL impegnato nel controllo ufficiale dei prodotti alimentari, di
acquisire quelle conoscenze tecniche e quelle capacità di valutazione che da ora in avanti
saranno alla base di una qualificata preparazione in sintonia con la nuova figura
professionale di moderno "agente del controllo", che la normativa comunitaria va
delineando.
6.0 Il Sistema di allerta
In ottemperanza a quanto previsto dall'art. 11 del D.L.vo 123/93 (sistema di allerta) ed in
attesa che venga formalmente istituito il Sistema di Allerta Nazionale (S.A.N.) che dovrà
operare in accordo con il Sistema di Allerta Comunitario (S.A.C.), si ritiene opportuno fare
alcune puntualizzazioni sulle procedure che devono essere poste in essere in caso di
"riscontro di una frode tossica o di prodotti alimentari nocivi o pericolosi per la salute
pubblica".
Al fine di evitare possibili equivoci e di adottare, invece, comportamenti uniformi, si
forniscono di seguito alcune specificazioni sui termini ricorrenti nel caso dell'attivazione del
sistema di allerta.
Si parla di:
1. FRODE TOSSICA, in riferimento a prodotti alimentari con possibili future conseguenze
dannose per il consumatore; la pericolosità è indiretta nel senso che solo da un uso
continuato di tali sostanze alimentari può derivare, col tempo, un'intossicazione o una
compromissione dello stato di salute del consumatore;
2. PRODOTTO ALIMENTARE NOCIVO, quando sia dimostrato che quel determinato
alimento è in grado di provocare un evento patologico;
3. PRODOTTO ALIMENTARE PERICOLOSO nel caso in cui vi 'sia una potenziale
capacità di un alimento di provocare un evento patologico;
4. RISCHI, per indicare la stima o misura della pericolosità attribuite all'alimento in uno
specifico contesto.
6.1 Procedura di attivazione del sistema di allerta
Nel caso in cui vi sia il riscontro di frode tossica o prodotto alimentare nocivo all'interno del
territori regionale si procederà nel seguente modo:
1. il Responsabile del laboratorio che ha effettuato l'accertamento analitico, ovvero il
Responsabile del Servizio che ha effettuato l'accertamento ispettivo di una frode
tossica o di sostanze alimentari nocive o pericolose, entro 24 ore dal riscontro, ferma
restando l'immediata segnalazione all'autorità giudiziaria, comunica a mezzo telefax,
telegramma o fonogramma (evitando la semplice telefonata per privilegiare metodi di
segnalazione che garantiscano l'avvenuta ricezione):
a. all'Assessorato Regionale dell'Igiene e Sanità,
b. al Sindaco,
c. al Prefetto territorialmente competente,
tutte le informazioni che permettono di identificare il prodotto, ed in particolare:
- natura e denominazione commerciale;
- pezzatura e tipo di confezionamento;
- lotto, data di scadenza o termine minimo di conservazione;
- nome e indirizzo della ditta produttrice, importatrice e/o distributrice;
- rete commerciale;
- parametri analitici, contaminazioni riscontrate e livello di rischio attribuito
provvisoriamente;
- misure preventive adottate.
2. L'Assessorato Regionale dell'Igiene e Sanità provvede a comunicare l'avvenuto
riscontro di frode tossica o di alimento nocivo o pericoloso a tutte le Aziende USL della
Regione, a tutti i P.M.P. della Regione, all'I.Z.S., al Ministero della Sanità, al Ministero
dell'Agricoltura e Foreste, ai NAS e, se la distribuzione è sovra regionale, a tutti gli
Assessorati dell'Igiene e Sanità delle Regioni interessate alla distribuzione.
Nel caso in cui giunga all'Assessorato dell'Igiene e Sanità della RAS una notizia di allerta
alimentare da parte di altra Regione o da parte del Ministero della Sanità, l'Assessorato
stesso provvederà, previo accertamento della commercializzazione nel territorio regionale
del prodotto alimentare oggetto dell'allerta, ad attivare i competenti servizi territoriali delle
Aziende USL, i P.M.P., e i NAS regionali.
Il sistema di allerta sarà tanto più efficace quanto più tempestivo sarà l'intervento e quanto
più si eviteranno, nel flusso informativo, inutili passaggi intermedi, trasmettendo tutte le
notizie necessarie a tutti e solo ai soggetti interessati ai vari livelli.
APPENDICE - Ristorazione collettiva ed assistenziale
A) DEFINIZIONE
Sono considerate attività di ristorazione collettiva la preparazione e/o la somministrazione
di pasti in:
o
mense di ospedali e case di cura;
o
case di riposo, istituti di assistenza;
o
mense scolastiche, colonie, case per ferie;
o
mense aziendali, mense di solidarietà;
o
centri fornitura pasti;
o
esercizi che, anche saltuariamente, producono e forniscono pasti in occasione di
banchetti, ricorrenze e similari.
B) ISPEZIONI.
Per affrontare efficacemente i problemi connessi alla salubrità e alla sicurezza d'uso degli
alimenti nell'ambito della ristorazione collettiva, è necessario che l'attività di controllo
ufficiale sia espletata in maniera coordinata e pluridisciplinare.
L'equipe coordinata dal dirigente del S.I.A.N. (Servizio di Igiene Alimenti e Nutrizione) deve
comprendere, preferibilmente le professionalità elencate all'art. 2 del D.lvo 156/97.
Va presa in considerazione la peculiare realtà territoriale e approfondita la conoscenza
relativa ai cicli tecnologici utilizzati e all'utenza servita.
L'attività di controllo deve venire condotta facendo riferimento alla metodologia di
rilevamento dei punti critici e dei loro sistemi di controllo in modo da evidenziare se:
1. vengano mantenute le condizioni di idoneità e di igiene generale nelle varie fasi della
lavorazione, del magazzinaggio, del trasporto e della distribuzione;
2. le materie prime vengono immagazzinate correttamente e conservate a temperature
idonee;
3. esista separazione dei cicli cotto e crudo;
4. vengano manutenute le temperature idonee dalla preparazione alla somministrazione;
5. gli alimenti vengano riposti e conservati correttamente nei frigoriferi in modo da evitare
promiscuità tra le diverse tipologie.
6. gli scarti seguano vie di allontanamento autonome.
C) LOCALI, CARATTERISTICHE GENERALI.
Tutti i locali devono avere:
1. pareti lavabili fino a 2 metri da terra (per i depositi comunque fino all'altezza raggiunta
dalla merce);
2. pavimenti in materiale impermeabile, facilmente lavabile e disinfettabile;
3. giunti di interconnessione tra pavimenti, pareti e soffitti, possibilmente ad angoli
arrotondati;
4. finestre o altre aperture verso l'esterno provviste di protezione,. antimosche ed insetti,
e comunque rispondenti a quanto previsto dalla vigente normativa.
5. aerazione ed illuminazione secondo quanto previsto dagli artt. 9, 10 ed 11 del D. P. R.
303/56 come sostituiti dal D.L.vo 626/94 modificato dal D.L.vo 242/96;
ed essere dotati di:
1. dispositivi idonei ad evitare la presenza di roditori, di insetti e di altri animali (non si
devono utilizzare spruzzatori, elettroemanatori e nebulizzatori) posizionati in modo tale
da non contaminare gli alimenti;
2. contenitori per i rifiuti in materiale lavabile e disinfettabile con coperchio azionato a
pedale
3. approvvigionamento idrico con acqua conforme alle caratteristiche di cui al D.P.R.
236/88.
D) DISPENSA (deposito materie prime - deposito prodotti finiti)
Oltre alle caratteristiche generali di tutti i locali devono avere
1. scaffali, armadi ecc.. con pareti lisce in materiale lavabile e resistente alla corrosione;
2. frigoriferi di adeguata potenza e capienza divisi in scomparti, con termometro o
termoregistratori;
3. congelatori per la conservazione di alimenti surgelati e congelati alla temperatura
inferiore o uguale a meno 18 .C, muniti di termometro e preferibilmente di registratore
di temperatura;
E) CUCINA (laboratorio di produzione)
Oltre alle caratteristiche generali di tutti i locali deve possedere:
1. Forma il più possibile vicina a quella di un quadrato, evitando le installazioni in senso
longitudinale, che obbligano il personale a spostamenti faticosi e difficili;
2. Altezza minima del locale non inferiore a m. 2,70 e comunque conforme a quanto
stabilito dalla normativa urbanistica vigente;
3. pavimento con inclinazione verso tombino/i sifonato/i dotato/i di griglia a maglie fini, in
materiale liscio, lavabile ed impermeabile (preferibilmente piastrellato con giunto di
interconnessione (o zoccolatura alla base delle pareti) ad angolo arrotondato
anch'esso in materiale facilmente lavabile e di larghezza tale da consentire una facile
pulizia);
4. soffitto in materiale facilmente lavabile e disinfettabile;
5. verniciature a base di resine epossidiche, (non. è ammessa la verniciatura tradizionale
a smalto);
6. piani cottura sufficientemente ampi in relazione all'uso;
7. cappa di aspirazione dei fumi e dei vapori prodotti durante la cottura con immissione in
canna fumaria a sbocco sul tetto;
8. piani di lavoro preferibilmente in acciaio inox, comunque in materiale facilmente,
lavabile e disinfettabile, liscio. impermeabile, resistente alla corrosione e idonei alla
specifica tipologia di lavorazione;
9. lavelli, almeno due o uno a due vasche da utilizzare separatamente per la
preparazione degli alimenti e per la sanificazione degli utensili, possibilmente in acciaio
inox, dotati di acqua con i requisiti previsti dal,. D.P.R. 236/88 calda e fredda, con
scarico sifonato in fognatura o idoneo sistema di smaltimento delle acque reflue;
10. nelle varie aree di lavorazione devono essere disponibili un sufficiente numero di
lavabi, adeguatamente collocati e indicati per lavarsi le mani, con rubinetteria a
comando non manuale nè a leva lunga (pedale, ginocchio, fotocellula), dotati di
asciugamani a perdere;
11. utensili e stoviglie in materiale idoneo a venire a contatto con alimenti e bevande.
Il locale cucina e le attrezzature devono essere organizzate in modo da ottenere spazi
distinti riservati alla:
a. preparazione preliminare di carni
b. preparazione preliminare di verdure
c. preparazione di piatti freddi o pronti (affettatura, guarnizioni, ecc)
d. cottura
e. eventuale congelamento di alimenti (ad esclusione di carne e pesce) se autorizzato
f.
lavaggio stoviglie ed utensili
g. distribuzione piatti pronti
h. ritorno stoviglie sporche (direttamente nella zona lavaggio il SIAN potrà concedere ai
suelencati requisiti deroghe per le cucine al servizio di piccole collettività,( non
superiore a 50 pasti preparati contemporaneamente)
F) SALA RISTORAZIONE.
Oltre alle caratteristiche generali deve possedere:
1. 1. altezza minima del locale non inferiore a m 2,70 e comunque conforme a quanto
stabilito dalla normativa urbanistica vigente;
2. 2. per l'illuminazione ed aerazione si rinvia a quanto stabilito dal D.P.R. 303/56 artt. 6,
9 e io come sostituito dal D.L.vo 626/94, modificato dal D.L.vo 244/96;
3. 3. pavimento: possibilmente in materiale impermeabile e lavabile;
4. 4. pareti preferibilmente in tinte lavabili e chiare;
5. 5. soffitti in materiale facilmente lavabile e disinfettabile.
6. 6. vetrinette espositive ove presenti, del tipo coperto, dotate di sistemi di refrigerazione
per gli alimenti deperibili, o di termostazione per gli alimenti da consumarsi caldi, non
esposte comunque direttamente alla luce solare e posizionate lontano da fonti di calore
(termosifoni, caloriferi, caminetti, ecc..).
G) SERVIZI IGIENICI.
Per il Personale:
1. Servizi igienici costituiti da gabinetti dotati di acqua corrente, forniti di vaso a caduta
d'acqua, lavabi ad acqua corrente fredda e calda con comando di erogazione non
manuale nè a leva lunga (pedale, ginocchio, fotocellula), distributore di sapone liquido
o in polvere e con asciugamani a perdere; in numero adeguato secondo quanto
previsto dal D.P.R. 626/94 e successive integrazioni emodifiche;
2. aerazione naturale oppure artificiale a mezzo di elettroventola in grado di assicurare
almeno 5 ricambi ora;
3. non comunicanti direttamente con cucina e sala ristorante;
4. pareti, pavimenti e finestre secondo quanto riportato al punto 6.1 "Caratteristiche
generali"
5. porta dell'antibagno a ritorno automatico, con apertura verso l'esterno;
6. protezione antimosche ed insetti all'apertura verso l'esterno;
7. possibilità di accedervi direttamente dal laboratorio per evitare uscite all'esterno con
abiti e scarpe di lavoro.
8. Spogliatoio e docce: secondo a quanto previsto dal D.P.R. 626/94 e successive
integrazioni e modifiche.
Per il Pubblico (distinti da quelli per il personale):
1. Idem come al punto 1), 2), 3) e 4) del paragrafo precedente, con possibilità di attenersi
o meno alle prescrizioni relative alla rubinetteria a comando non manuale, agli
erogatori automatici, e alla porta a ritorno automatico; è comunque raccomandabile
l'adozione di tali accorgimenti tecnici.
2. Disponibilità di almeno 2 servizi igienici (distinti per sesso) per i primi cento posti a
sedere, per capacità ricettive superiori a 100 posti a sedere dovrà essere previsto un
servizio igienico aggiuntivo per ulteriori 100 posti o frazione.
H) APPROVVIGIONAMENTI
Materie prime, ingredienti, coadiuvanti tecnologici e altri prodotti utilizzati per la
preparazione e la produzione dei prodotti alimentari.
Si suddividono nelle seguenti categorie:
1. Prodotti sigillati ermeticamente, sterilizzati (frutta in scatola, verdure, carne ecc.)
Prodotti cotti/pastorizzati in confezioni sigillate
2. Prodotti crudi (frutta fresca, verdura, insaccati freschi, carni, prodotti ittici)
3. Prodotti precotti sfusi o confezionati e prodotti pronti (formaggi, affettati, prodotti di
gastronomia)
4. Spezie, aromi ecc.
È importante che il responsabile di impresa conosca le modalità di trattamento cui le
materie prime sono state sottoposte in modo da verificare all'arrivo, la corretta tecnica di
conservazione e provvedere al loro adeguato magazzinaggio (ove non specificato in
etichetta).
Controllo degli approvvigionamenti. Il controllo delle forniture che vengono utilizzate nel
ciclo produttivo è finalizzato alla verifica della qualità delle stesse, al rispetto delle norme in
materia sanitaria e commerciale, alle modalità di trasporto, conservazione,
commercializzazione, protezione dal deterioramento.
Le ditte fornitrici devono possedere i requisiti di cui alla normativa nazionale e comunitaria,
quando previsto; devono possedere requisiti strutturali ed operativi commisurato alla
potenzialità produttiva e devono dimostrare di avere attivato un piano di autocontrollo.
Nel caso di ditta che distribuisca prodotti forniti da terzi dovranno essere documentati
anche tutti i passaggi che la merce subisce nel percorso tra la produzione e la consegna.
Va verificato l'eventuale esercizio della facoltà di risolvere anticipatamente le forniture
qualora i prodotti non rispondano alle caratteristiche concordate o previste da specifiche
normativa.
Documentazione obbligatoria. La documentazione minima obbligatoria è costituita da:
1. elenco aggiornato materie prime, del giorno di ricevimento (limitatamente ai prodotti
sfusi) e del fornitore;
2. schede registrazione fornitore;
3. dichiarazione da parte del fornitore che la -,merce fornita è conforme alle specifiche,
previste nel piano di autocontrollo adottato;
4. risultati delle analisi effettuate dal fornitore;
5. moduli di ricevimento merci;
6. piano delle verifiche analitiche annuali eseguite dal responsabile della impresa;
7. comunicazione alla Azienda U.S.L. delle non conformità, secondo quanto previsto dalla
Circolare del Ministero della Sanità n. 11 del 7.8.1998;
8. attestazione del fornitore sulle modifiche apportate a seguito della segnalazione di non
conformità contestata dal titolare di impresa.
I) PRODOTTI LAVORATI.
Prodotti semilavorati. Evidenziare se:
1. vengono sottoposti a raffreddamento, qualora occorra, subito dopo la cottura in
appositi abbattitori;
2. vengono conservati opportunamente protetti nelle celle frigorifere al fine di evitare
possibili contaminazioni da agenti esterni;
3. vengono incorporati nel prodotto finito nel più breve tempo possibile (non oltre 90
minuti) dal prelievo dalle celle frigorifere.
Prodotti finiti. Evidenziare se:
1. vengono sottoposti a raffreddamento subito dopo la preparazione con appositi sistemi
per il raffreddamento rigido (legame congelato);
2. vengono conservati opportunamente protetti nelle celle frigorifere ad una temperatura
non superiore ai +4.C se trattasi di alimenti con copertura, o farciti con panna e crema
a base di uova e latte (crema pasticcera), di yogurt nei vari tipi, di bibite a base di latte
non sterilizzato, di prodotti di gastronomia con copertura di gelatina alimentare (legame
refrigerato);
3. vengono conservati dopo la cottura qualora non sia previsto un trattamento di
raffreddamento (piatti pronti ecc.), ad una temperatura non inferiore a + 60.C (legame
caldo);
4. vengono conservati dopo la cottura, qualora siano consumati freddi (rost-beef ecc.),a +
4.C, nella fase di distribuzione devono essere mantenuti ad una temperatura non
superiore a + 10 °C.
Materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari - Controllo della
rispondenza alla specifica normativa di settore.
Trasporto pasti pronti e semilavorati. Nel caso particolare delle mense con cucina
centralizzata e con diverse sedi periferiche di somministrazione dei pasti, è indispensabile
che gli alimenti vengano posti in contenitori ermetici isotermici, tali da garantire la
conservazione della temperatura:
1. tra 60 °C ed i 65 °C per gli alimenti deperibili coni da consumarsi caldi;
2. non superiore ai 10 °C per gli alimenti deperibili cotti da consumarsi freddi e le paste
alimentari fresche con ripieno (se si tratta di trasporti brevi, altrimenti sono consigliabili
i 4° - 6°C);
3. non superiore ai 4 °C per gli alimenti deperibili con copertura o farciti con panna e
crema a base di uova e latte, yogurt, bibite a base di latte non sterilizzato e prodotti di
gastronomia con copertura di gelatina alimentare e trasportati su automezzi furgonati
chiusi tenuti in perfetto stato di pulizia ed utilizzati unicamente per il trasporto di
sostanze alimentari.
È opportuno che i locali di spedizione siano fisicamente separati dal laboratorio di
produzione.
Porzionatura di pasti pronti. La porzionatura dei pasti dovrebbe avvenire di norma
all'interno della sede di produzione.
Nel caso non sia stata già effettuata, tale operazione dovrà essere svolta da personale
idoneo presso un locale della struttura periferica che abbia le seguenti caratteristiche:
1. requisiti strutturali rispondenti a quanto previsto al punto 6.1 "Caratteristiche generali"
2. lavello con caratteristiche riportate al punto 6.1.2
3. piatti, bicchieri, posate e contenitori in ceramica, vetro e metallo idonei a venire a
contatto con gli alimenti, da lavarsi con acqua calda e comuni detergenti specifici o,
meglio, con lavastoviglie meccanica. In alternativa è consentito l'uso di materiale a
perdere idoneo a venire a contatto con gli alimenti.
Distribuzione di pasti pronti. Nelle mense self-service la distribuzione potrà avvenire
nello stesso locale della somministrazione, ovviamente in contenitori con le stesse
caratteristiche di cui sopra, protetti da possibili contaminazioni a mezzo di paratie in vetro,
plexiglas ecc. (banchi con protezione rompifiato).
È pure ammessa la distribuzione delle razioni direttamente ai tavoli a mezzo di carrello
termostatato e/o protetto da possibili contaminazioni.
Controllo della documentazione. Evidenziare se:
1. si fa riferimento al manuale volontario di corretta prassi igienica;
2. esiste un piano di sanificazione, disinfestazione e derattizzazione completo dei prodotti
utilizzati, delle modalità di impiego, della frequenza, e del nominativo del responsabile
dell'esecuzione;
3. è stato approntato un piano di autocontrollo che specifichi i punti di verifica, i metodi
utilizzati, i limiti critici, le azioni correttive da intraprendere in caso di valori fuori limite e
se è stato indicato il Responsabile della sua attuazione;
4. vengono registrate le operazioni di controllo (ordinarie e straordinarie).
J) REQUISITI E COMPORTAMENTI DEL PERSONALE DELL'IMPRESA
Il personale che opera nella struttura deve:
1. essere in possesso di libretto di idoneità sanitaria (rinnovo annuale);
2. indossare abiti puliti, di colore chiaro;
3. mantenere un elevato livello di igiene personale;
4. lavarsi adeguatamente mani e unghie con prodotti idonei (sapone disinfettante) prima
di iniziare il lavoro e dopo ogni assenza dal posto di lavoro, anche se temporanea e fra
una fase e l'altra del lavoro (con particolare attenzione dopo aver manipolato uova,
carni fresche ecc., dopo essersi soffiato il naso e dopo aver toccato i rifiuti o i
contenitori della spazzatura; risciacquare abbondantemente con acqua;
5. considerare sempre la pericolosità del contatto con le superfici in comune (lavarsi le
mani uscendo dalla toilette ed asciugarle con asciugamani non riutilizzabili);
6. togliere anelli e bracciali quando si manipolano i prodotti con le mani. Mantenere i
guanti, nel caso vengano usati per manipolare gli alimenti, integri, ben lavati e
disinfettati e sostituirli frequentemente;
7. indossare copricapi o altri mezzi efficaci per contenere i capelli;
8. non tenere oggetti personali od abiti, non consumare cibi e bevande e non fumare
nelle zone di lavorazione del prodotto alimentare e negli ambienti destinati alla pulizia
di attrezzature ed utensili;
9. astenersi dalla manipolazione di alimenti in condizioni di malattia, anche sospetta,
trasmissibile per via orofecale e se presenti ferite e/o infezioni cutanee.
K) FORMAZIONE DIRETTA AL PERSONALE DELLA RISTORAZIONE COLLETTIVA E
ASSISTENZIALE
La formazione del personale in tema di igiene e tecnica di manipolazione degli alimenti è
fondamentale sia per la riduzione dei rischi alimentari di origine microbica, sia per incidere
concretamente sulla reale applicazione di corrette prassi igieniche. Infatti questa va ad
incidere in ogni fase del processo di autocontrollo.
Dovranno dunque essere previsti periodici momenti di formazione condotti su argomenti
relativi alle corrette procedure di preparazione, manipolazione e conservazione degli
alimenti, nonché sugli aspetti dell'igiene personale e delle strutture e verificate, mediante
questionario, le specifiche conoscenze possedute in materia di igiene degli alimenti e delle
bevande.
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Determina RAS N. 886 del 1999