USCIRE DALLA
CRISI
combattendo l'evasione fiscale e la microcriminalità
Luca BONOLLO
www.tobegin.it
Indice
Intervento del Ministro dell'Economia
e delle Finanze_____________________ pag. 3
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Evasione: un male da sconfiggere______ pag. 8
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Studio di Visa Europe e A.T. Kearney___ pag. 9
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Sviluppo dei pagamenti tracciabili______pag.11
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Decreto Visco/Bersani_______________ pag.13

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Intervento del Ministro dell’Economia e delle
Finanze
Riporto di seguito l'intervento dell'ex Ministro dell'Economia e delle
Finanze On. Tommaso Padoa-Schioppa, tenuto a L'Aquila in occasione
della festa della Guardia di Finanza, in data 21 giugno 2007.
-------------------------------------------Tommaso Padoa-Schioppa
L’Aquila, 21 giugno 2007
Per le brevi parole che oggi vi rivolgo ho scelto il tema del pagamento dei
tributi, un tema che in questi giorni infiamma le discussioni, talvolta con
accenti che dovrebbero preoccupare chiunque abbia a cuore la vita civile,
accenti che possono rendere particolarmente arduo il lavoro di chi, come
voi, abbia proprio il compito di vegliare sul regolare pagamento dei
tributi.
L’evasione fiscale ha, nel nostro Paese, livelli ben superiori a quelli
prevalenti nei paesi europei e nelle economie avanzate del cui novero
siamo parte: è quasi doppia rispetto a quelle di Francia, Germania e
Regno Unito e fino a quattro volte superiore a quelle di Austria, Irlanda e
Olanda. Se prendiamo a riferimento i paesi dell’OCSE, l’Italia sembra
avere un sommerso di almeno il sessanta per cento più elevato della
media.
Diversamente da quanto alcuni ritengono, l’evasione è diffusa su tutto il
territorio nazionale; le differenze tra aree geografiche sono infinitesimali.
I dati del sommerso relativi a Campania e Lombardia sono assai simili,
come simili sono per il Veneto e la Puglia, per città come Napoli e Torino.
Tanto nel nord d’Italia come nel sud esistono province in cui l’evasione
supera la base imponibile dichiarata.
Dobbiamo purtroppo constatare che l’evasione fiscale in Italia non è
malattia di alcuni: è vera e propria pandemia. L’evasione è spesso un
fenomeno regressivo: là dove il reddito è più alto essa è maggiore.
Secondo le più recenti stime del nostro Istituto Nazionale di Statistica il
valore aggiunto dell’economia sommersa in Italia sarebbe compreso tra il
16,6 e il 17,7 per cento dell’intero prodotto interno lordo: circa 230-245
miliardi di euro di valore aggiunto non dichiarati.
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Dopo una leggera diminuzione tra il 1998 e il 2000 vi è stata
recentemente una inversione di tendenza con una crescita complessiva del
sommerso fino a quasi mezzo punto percentuale in più del PIL in soli due
anni, tra il 2002 e il 2004. Si tratta di circa 7 punti percentuali di PIL di
mancate entrate per l’erario; ai livelli attuali del PIL una perdita di oltre
100 miliardi l’anno. Ripeto, oltre 100 miliardi l’anno; tra il 15 e il 20 per
cento di tutte le entrate fiscali oggi raccolte.
Proviamo a immaginare che succederebbe se l’evasione fiscale
scomparisse, se quei 100 miliardi l’anno, dovuti e non pagati, affluissero
alle casse dello Stato, delle Regioni, dei Comuni.
L’Italia cambierebbe volto. Le imprese, i professionisti, gli artigiani che
oggi compiono coscienziosamente il loro dovere cesserebbero di subire la
concorrenza sleale di chi, operando nello stesso settore, carpisce un
sussidio nella forma di un tributo sottratto al fisco. L’intero sistema
economico diverrebbe per questo solo fatto più efficiente e più
competitivo. Si reciderebbero i legami tra attività legali ed attività illegali
o addirittura criminali, una delle grandi piaghe della società. L’economia
crescerebbe di più, creerebbe nuovi posti di lavoro. E che fare di quelle
risorse aggiuntive che verrebbero alle pubbliche Amministrazioni dalla
scomparsa dell’evasione, di quell’immenso extragettito, come oggi si
suole chiamarlo? Verrebbero alleggeriti i carichi fiscali a tutti i
contribuenti, e in special modo a quelli che non evadevano.
Sarebbero possibili maggiori investimenti in infrastrutture, ricerca,
istruzione, case; potrebbe migliorare la tutela del territorio; si potrebbero
destinare maggiori risorse allo sviluppo del turismo, della cultura, al
sostegno della famiglia, dei più bisognosi. Ecco: la Guardia di Finanza
opera ogni giorno per rendere possibili questi progressi nella nostra vita
economica e civile. Per questo ha la nostra gratitudine.
Perché vi è tanta evasione fiscale in Italia? Le cause sono economiche,
organizzative, ma soprattutto etiche e sociali. Si evade perché è
conveniente, perché il rischio di un accertamento e di una sanzione è
limitato; la pratica ricorrente dei condoni ha rafforzato tale percezione,
trasformandola in una quasi certezza. Si evade di più là dove vi sono
apparati produttivi frammentati in cui opera una miriade di piccole
imprese.
Soprattutto, però, si evade allorché il senso civico, l’impulso a partecipare
al benessere comune si infiacchisce;
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l’evasione fiscale rivela un atteggiamento mentale secondo il quale ciò
che appartiene alla collettività non è considerato patrimonio comune
bisognoso di cura, ma patrimonio di nessuno, res nullius. E quando
supera determinate soglie di diffusione e si associa a un senso di impunità,
l’evasione innesca effetti imitativi.
Secondo recenti indagini, l’opinione della maggioranza degli italiani
sull’evasione sarebbe questa: le imposte non si pagano perché si ritiene
che molti non le paghino e che le Amministrazioni pubbliche usino male i
fondi ottenuti col prelievo.
Ciò che più deve preoccupare è un senso di accettazione, quasi di
rassegnazione che l’evasione sia un male cronico dal quale non si può
guarire; un atteggiamento pericoloso perché rivela una tolleranza sociale
per la violazione delle regole dello Stato e delle norme della convivenza
civile. Un atteggiamento verso il quale non si può essere indulgenti.
Urge allora ristabilire quella forza di attrazione dello Stato che discende
dalla partecipazione del cittadino nella gestione della cosa pubblica e che
si differenzia dal potere coercitivo derivante dalla forza di legge.
Dobbiamo persuaderci che le tasse sono un modo civilissimo ed efficiente
di far fronte alle spese comuni, che sono tra le più alte espressioni di una
pacifica convivenza tra persone. Che non le si paghino volentieri è ovvio;
ma chi non preferirebbe prendersi gratuitamente anche cibo e vesti nei
negozi? E invece le imposte servono per procurarci quei beni che nessuno
di noi sarebbe in grado di produrre da solo, neanche quando rispondono a
bisogni prettamente individuali: strade, giustizia nei tribunali, sicurezza ai
confini, ordine interno, istruzione, cure mediche.
Un Governo responsabile ha dunque l’obbligo di agire per ridurre
l’evasione e portarla ai livelli minimi fisiologici che osserviamo in altri
paesi. Un’Italia a “evasione zero”, dove i tributi sono regolarmente
pagati, è possibile, è addirittura a portata di mano. Per realizzarla
occorrono un atto di fiducia e una sorta di riconciliazione, forse una sorta
di patto, oltre che “tolleranza zero” verso il reato fiscale.
Chi evade il fisco deve capire quanto sia profondo – in chi non può o non
vuole evadere – il senso dell’ingiustizia subita, addirittura il risentimento.
Il cittadino in regola deve a sua volta capire che l’evasione è una mala
abitudine spesso praticata senza sensi di colpa da persone per altri versi
integerrime, proprio come nelle nostre scuole copiare dal vicino di banco
è, purtroppo, pratica tollerata perfino da qualche insegnante. Può essere
difficile cogliere il nesso tra costume e moralità personale.
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Eppure quel nesso lo dobbiamo stabilire, educandoci ad assumere il
cattivo costume come parte della nostra coscienza individuale, prendendo
esempio dai molti che già lo fanno.
Voi delle Fiamme Gialle avete, potete avere, un compito entusiasmante per
il progresso della nostra vita civile; un compito che non è solo
investigativo e repressivo, ma di vera pedagogia sociale. Man mano che ci
avvicineremo alla meta dell’evasione zero, sarà possibile una riduzione
sostanziale del prelievo sui contribuenti che non avevano mancato di fare
il loro dovere.
Il Governo non ha infatti alcuna intenzione di inasprire il carico tributario
attraverso la lotta all’evasione: al contrario, con la Legge finanziaria, ha
preso l’impegno di destinare progressivamente i proventi derivanti da
quella lotta alla riduzione della fiscalità, nel rispetto degli equilibri di
bilancio. Ci stiamo adoperando, non senza difficoltà, affinché il denaro
raccolto sia bene usato. Da molti mesi il mio Ministero ha intrapreso, a tal
fine, una riclassificazione del bilancio che troverà applicazione già dalla
prossima Legge finanziaria. Essa servirà a restituire alla politica, nel
Governo e in Parlamento, le decisioni sulle priorità dell’azione pubblica,
a individuare inefficienze, a informare il cittadino di come viene impiegato
il suo denaro, a consentire alle Amministrazioni di controllare la spesa.
Sono passi necessari verso l’obiettivo di spendere meglio, presupposto – a
sua volta – perché si diffonda la consapevolezza che le imposte sono il
giusto prezzo che si paga per ottenere dallo Stato beni e servizi
indispensabili.
Ci sono forti motivi per nutrire fiducia. La lotta all’evasione iniziata un
anno fa ha dato primi risultati. Circa un terzo delle maggiori entrate
tributarie incassate nel 2006 rispetto all’anno precedente sono derivate da
un miglioramento dell’adempimento spontaneo dei contribuenti.
E’ affluito un extra-gettito, quello di cui tanto si parla in questi giorni:
esso ha dato un contributo determinante al risanamento dei conti pubblici
e consentirà di iniziare a soddisfare gradualmente, a partire dai prossimi
mesi, richieste nel campo delle politiche sociali per la casa, per la
famiglia, nel campo delle infrastrutture, della ricerca, della sicurezza.
La scelta di servire gli altri nella Guardia di Finanza viene onorata
quotidianamente con l’impegno operoso, con la gentilezza e la fermezza
nello stile di lavoro e di vita, con la limpidezza dei comportamenti e la
fedeltà al giuramento prestato.
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La vostra fatica quotidiana potete affrontarla nella consapevolezza che è
condizione fortunata quella di chi appartiene a un corpo scelto, gode di
una condizione di vita sicura, svolge una missione al servizio del bene
comune.
Rinnovo al Corpo della Guardia di Finanza la mia più grande stima e
considerazione. Auguro a tutti voi un proficuo lavoro e vi assicuro il mio
impegno affinché non vi manchino mai l’attenzione e il sostegno del
Governo.
Viva la Guardia di Finanza.
Viva l’Italia.
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Evasione: un male da sconfiggere
(dall’intervento dell’ex Ministro dell’Economia e delle Finanze On. Tommaso
Padoa Schioppa- L’Aquila 21 Giugno 2007)
Come si evince dall’intervento del Ministro On. Padoa Schioppa,
l’evasione fiscale nel nostro Paese è una vera e propria piaga, che si
ripercuote a tutti i livelli nella nostra società, sottraendo al Paese
importanti risorse finanziarie.
In Italia, l'evasione è doppia rispetto a quella di Francia, Germania e
Regno Unito, persino quadrupla rispetto ad Austria, Irlanda ed Olanda, ed
è diffusa su tutto il territorio nazionale con differenze tra aree geografiche
infinitesimali.
Secondo le più recenti stime del nostro Istituto Nazionale di Statistica, il
valore dell’economia sommersa in Italia sarebbe quantificabile in oltre
100 miliardi di euro l’anno. Proviamo a immaginare cosa succederebbe se
l’evasione fiscale scomparisse, se quei 100 miliardi l’anno, dovuti e non
pagati, affluissero alle casse dello Stato, delle Regioni, dei Comuni e
fossero disponibili. L’Italia cambierebbe volto: ne gioverebbero le imprese,
i professionisti, gli artigiani e tutti i contribuenti, che vedrebbero
diminuirsi la pressione fiscale, e l’intero sistema economico diverrebbe più
efficiente e più competitivo; l’economia sarebbe stimolata a crescere di
più, creando nuovi posti di lavoro.
Le risorse aggiuntive verrebbero utilizzate per compiere maggiori
investimenti in infrastrutture, ricerca, istruzione, case. Si avrebbe una
miglior tutela del territorio, un maggiore sviluppo del turismo, della
cultura e dello sport, senza dimenticare un importante sostegno alle
famiglie e alle fasce di reddito più bisognose, che genererebbe una
distribuzione più equa delle risorse, diminuendo così il divario sociale.
Ciò che più deve preoccupare è il senso di accettazione, quasi di
rassegnazione, che l’evasione sia un male cronico dal quale non si possa
guarire. Questo atteggiamento è pericoloso, perché rivela una tolleranza
sociale per la violazione delle regole dello Stato e delle norme della
convivenza civile: verso di esso, pertanto, non si può essere indulgenti.
Dobbiamo creare già dalle scuole la cultura di una fiscalità giusta, con il
sostegno di una pedagogia sociale, e imparare che le tasse sono un modo
civilissimo ed efficiente di far fronte alle spese comuni (infrastrutture,
giustizia, sicurezza, ordine interno, istruzione, cure mediche), che sono
necessità primarie per una pacifica convivenza tra le persone.
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Un Governo responsabile, dunque, ha l’obbligo di agire per combattere
l’evasione, perché un’Italia a “evasione zero” è possibile e dobbiamo
raggiungerla.
Studio di Visa Europe e A.T. Kearney
Secondo uno studio su cinque Paesi europei (Italia, Germania, Spagna,
Polonia e Turchia), a cura di Visa Europe e A.T. Kearney, i sistemi di
pagamento elettronico potrebbero ridurre il fenomeno dell’economia
sommersa del 10%, per un totale di 100 miliardi di euro. Questa indagine
si è avvalsa anche della collaborazione del Prof. Friederich Schneider
dell’Università di Linz, uno dei massimi esperti accademici europei, per
l’analisi scientifica dei dati macro-economici del fenomeno. In particolare,
tale ricerca ha esaminato, per la prima volta in assoluto, il rapporto che
intercorre tra l’evasione fiscale ed i sistemi di pagamento elettronici e ha
messo in luce i vantaggi di questi strumenti nella lotta contro la pandemia
del sommerso.
I risultati di questo studio, che ha esplorato l’ambito del non dichiarato
(tipicamente connesso a transazioni fortemente legate all’uso del
contante), sono stati presentati recentemente a Milano e hanno evidenziato
che, se in tutti i Paesi europei venisse implementato o incrementato l’uso
dei sistemi di pagamento elettronico, ci sarebbe una riduzione sensibile di
tale fenomeno.
La presenza del sommerso comporta l’evasione fiscale, sottrae risorse al
bilancio pubblico e distorce la concorrenza e, sebbene gli organismi
regolatori in tutta Europa siano impegnati a contrastare l’economia
sommersa, la ricerca rileva enormi difficoltà nel reprimerla. Una maggiore
penetrazione dei sistemi di pagamento elettronici aiuterebbe ad arginare il
problema: l’analisi, infatti, mette in luce che l’introduzione e diffusione in
Europa di questi strumenti in almeno 3 settori (trasporti pubblici, negozi al
dettaglio, bar e ristoranti) potrebbe portare, come minimo, alla riduzione
del 10% del sommerso, per un valore che si stima intorno ai 180/200
miliardi di euro in tutta Europa.
E’ questo uno dei motivi per cui Visa Europe è impegnata in campagne di
informazione a favore di quella che viene chiamata “lotta al contante”.
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L’utilizzo delle carte di pagamento, infatti, non ha solamente un risvolto
positivo per il singolo consumatore, per la comodità, sicurezza e
convenienza dello strumento carta, ma ha grossi vantaggi in un’ottica più
ampia.
“Per sua stessa natura, il contante è uno dei principali elementi per lo
sviluppo dell’economia sommersa – ha dichiarato Davide Steffanini,
Direttore Generale di Visa Europe in Italia – perché è semplice da usare e
difficile da rintracciare. Lo studio infatti evidenzia che quanto più sono
diffusi i pagamenti elettronici all’interno di un Paese, minore è la
dimensione dell’economia sommersa. La pluriennale esperienza di Visa in
Europa ci fa affermare con certezza che se l'uso del contante fosse ridotto
al livello dei Paesi che ne fanno l'uso più limitato, si realizzerebbe un
risparmio di alcuni miliardi di euro, con un beneficio per il sistema Paese e
per l’economia europea in generale”.
In Italia questo è a maggior ragione vero, se si considera che il fenomeno
dell’economia sommersa si stima essere il 24% del PIL (per un valore del
sommerso stimato in circa 350 miliardi di euro), contro il 16% della media
europea.
Un’approfondita analisi evidenzia inoltre che gli ambiti principali in cui
lavorare, per favorire la riduzione dell’uso del contante a favore dei sistemi
di pagamento elettronico, sono i pagamenti da persona a persona (i
cosiddetti low value payments, ossia le transazioni di piccolo importo), la
diffusione delle tecnologie che permettono l’accettazione delle carte di
pagamento e l’inclusione bancaria.
“La sfida – ha proseguito Steffanini – è certamente impegnativa per le
autorità pubbliche, ma anche per le banche e per chi, come Visa Europe,
gestisce i sistemi di pagamento elettronico. Per quanto ci riguarda, stiamo
implementando soluzioni sempre più user friendly e sicure, come ad
esempio la carta V PAY combinata con la tecnologia contactless, che
permettano ai consumatori di scegliere di utilizzare le carte di pagamento
per le spese di tutti i giorni, e ci stiamo impegnando affinché esistano le
condizioni perché le carte siano favorevolmente accettate in tutti i settori
commerciali.
Ai governi vorremmo suggerire di prendere misure per incentivare quanto
più possibile l’utilizzo dei sistemi di pagamento elettronico, ad esempio
attraverso una maggior diffusione di terminali per i pagamenti anche
presso la pubblica amministrazione, al fine di ottenere importanti benefici,
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non solo per le casse dello Stato, ma anche in termini di riduzione di
complessità e burocrazia. In Italia poi le possibilità di recupero sono ancor
più rilevanti perché nel nostro Paese, l’utilizzo della moneta elettronica e
delle carte in particolare è inferiore a molti altri Paesi europei”.
Sviluppo dei pagamenti tracciabili
Incentivare lo sviluppo e la diffusione dei sistemi di pagamento tracciabili,
come abbiamo visto, porterebbe notevoli vantaggi. Di seguito riportiamo
una possibile applicazione di una politica radicale di lotta al denaro
contante, estremizzata nel divieto alla sua circolazione.
Punto 1 Sostegno alle banche
Dopo l'esposizione finanziaria in strumenti cosiddetti “spazzatura”, si è
sentito a lungo parlare di interventismo statale a favore del sistema
bancario in difficoltà. Ebbene, l'aiuto economico da parte dello Stato alle
banche dev’essere attuato: esse dovranno utilizzare i fondi statali per
ideare un conto corrente standardizzato semplice, trasparente e gratuito,
che ogni cittadino avrà l’obbligo di possedere. Dovranno inoltre fornire
servizi quali bonifici, carta di credito, bancomat e libretto assegni,
avranno una polizza assicurativa che garantirà il cliente da clonazioni o
utilizzi fraudolenti dei sistemi di pagamento elettronici e dovranno
investire nella ricerca, implementando soluzioni sempre più user friendly e
sicure.
Grazie a questa operazione, i bilanci delle banche potranno beneficiare di
una quantità enorme di denaro liquido, proveniente dalla disponibilità della
valuta dei conti correnti, e con questa liquidità le banche potranno
continuare a svolgere il loro compito sociale ed economico, finanziando in
modo sempre più agevolato sia i privati che le piccole-medie imprese,
dando così nuovo impulso all'economia e ad una nuova forma di
produttività.
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Punto 2 Eliminazione totale del denaro contante
Come visto in precedenza, il denaro contante è alla base dell'economia
sommersa perché, essendo difficilmente rintracciabile, ostacola
notevolmente le indagini da parte degli organi competenti ed accertatori:
una sua completa eliminazione, quindi, comporterebbe una sensibile
diminuzione del sommerso e dell’evasione fiscale.
Questo non costituirebbe, però, l’unico vantaggio dell’eliminazione totale
del denaro contante: è importante infatti osservare che l’abolizione del
denaro contante determinerebbe anche una diminuzione della
microcriminalità.
Pensiamo, per esempio, alle rapine presso tabaccherie, distributori di
carburante, farmacie: non essendoci più contante in cassa, queste
verrebbero meno, come tutte le altre fattispecie di illeciti legati al fine di
procurarsi denaro. Anche la ricettazione diverrebbe facilmente
controllabile e comunque qualsiasi attività proveniente da illeciti di
qualsiasi natura sarebbe assoggettata al fisco, dunque anche la mafia, la
prostituzione su strada e lo spaccio di stupefacenti verrebbero messi in
seria difficoltà.
Per quanto riguarda la mafia, Confesercenti ha diffuso recentemente i dati
relativi al “fatturato” di un anno. Il giro di affari frutto di attività illecite si
aggira intorno ai 90 miliardi di euro pari al 7% del Pil o a cinque manovre
finanziarie.
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Il decreto Bersani/Visco
Il tentativo in Italia per sviluppare i pagamenti tracciabili fu introdotto per
la prima volta con il Decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, conosciuto come
decreto Bersani/Visco, convertito nella Legge 4 agosto 2006, n.248 di
seguito riportato.
Decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito nella Legge 4 agosto 2006, n.248
"Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di
contrasto all'evasione fiscale"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 4 luglio 2006
TITOLO III
MISURE IN MATERIA DI CONTRASTO ALL'EVASIONE ED ELUSIONE FISCALE, DI
RECUPERO DELLA BASE IMPONIBILE, DI POTENZIAMENTO DEI POTERI DI
CONTROLLO DELL'AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA, DI SEMPLIFICAZIONE DEGLI
ADEMPIMENTI TRIBUTARI E IN MATERIA DI GIOCHI
Art. 35.
Misure di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale
---------Omissis--------12. All'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo il
secondo comma sono aggiunti i seguenti: «I soggetti di cui al primo comma sono obbligati a tenere
uno o più conti correnti bancari o postali ai quali affluiscono, obbligatoriamente, le somme riscosse
nell'esercizio dell'attività e dai quali sono effettuati i prelevamenti per il pagamento delle spese.
I compensi in denaro per l'esercizio di arti e professioni sono riscossi esclusivamente mediante
assegni non trasferibili o bonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o postale nonché
mediante sistemi di pagamento elettronico, salvo per importi unitari inferiori a 100 euro.».
12-bis. Il limite di 100 euro di cui al quarto comma dell'articolo 19 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dal comma 12 del presente articolo, si applica a
decorrere dal 1° luglio 2008. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto e sino al 30 giugno 2007 il limite e' stabilito in 1.000 euro. Dal 1° luglio 2007 al 30 giugno
2008 il limite e' stabilito in 500 euro.
---------Omissis---------
Questo decreto prevedeva l'obbligo di pagamento attraverso bancomat,
carte di credito, assegni e bonifici per le prestazioni dei liberi professionisti
superiori a 100 euro.
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Questa misura era voluta dall'ex viceministro dell’Economia Visco per
limitare l’evasione da parte dei contribuenti che non percepivano
esclusivamente redditi da lavoro dipendente e tassati quindi mediante
ritenuta.
Spesso, infatti, i soggetti che erogano servizi di vario tipo, invece di
rilasciare fattura per il servizio/consulenza offerta al cliente, suggeriscono
un accordo tra le parti in base al quale il prezzo della transazione, invece
che essere fatturato con l'inclusione dell’Iva, viene erogato “in nero”, di
solito con una riduzione pari all’Iva non fatturata. Per contro, siffatta
somma non è di solito deducibile fiscalmente dal contribuente persona
fisica che la paga (mentre di solito le imprese e società con regolare
contabilità possono dedurre i costi inerenti alle proprie attività). Ne deriva
che in tali situazioni, non si determina il “virtuoso” conflitto d’interessi tra
chi paga (che esige la fattura per dedurre) e chi incassa il compenso.
L'emendamento prevedeva delle tempistiche per entrare a regime. In
particolare fissava la data del 30 giugno 2007 come termine entro il quale
i pagamenti “tracciabili” dovevano avvenire per gli importi superiori i
1.000 euro. Un secondo step era il 30 giugno 2008, dove l'applicazione
della norma avveniva per importi superiori alla soglia dei 500 euro. Oltre
questa data la soglia scendeva ancora a 100 euro.
Questo percorso verso una tranciabilità dei pagamenti è stato sospeso dal
Decreto-legge 25 giugno 2008 , n. 112 convertito nella Legge 6 agosto
2006, n.133, di seguito riportato che ha abrogato le disposizioni normative
precedenti.
DECRETO-LEGGE 25 giugno 2008 , n. 112 convertito nella Legge 6 agosto 2006, n.133
Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione,
la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione Tributaria.
Capo VII
Semplificazioni
Art. 32.
Strumenti di pagamento
-------Omissis-----comma 3
Le disposizioni di cui ai commi 12 e 12-bis dell'articolo 35 del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono abrogate.
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