••06CENTOMANI copia 14-06-2010 17:33 Pagina 16 FISCO UN PROBLEMA DI COSCIENZA COLLETTIVA Evadere... da un altro punto di vista Il sommerso in Italia analizzato secondo una diversa (e forse più reale) prospettiva: chi sente veramente il problema e perché non viene risolto Giovanni Corti Il fenomeno dell’evasione fiscale oggi si verifica su di una scala preoccupante e compromette un’equa distribuzione di carichi tributari. In una simile situazione la pressione tributaria diviene vessatoria e veramente insopportabile per gli onesti e per le categorie dei contribuenti che non possono sfuggire all’esatta determinazione dell’imposta per motivi tecnici. [EZIO VANONI, 1949] tito così anche dalla nostra collettività nazionale. Per affrontare il problema ad ampio raggio occorre però scardinare alcune impostazioni seguite finora e sancite anche dal nostro ordinamento, ma non si potrebbe fare altrimenti: si tratta di un fenomeno complesso e che non può prescindere dal considerare una pluralità indefinita di variabili che provengono dal contesto economico, sociale, politico, territoriale e psicologico stesso degli italiani. os’è realmente l’evasione fiscale? Tutti ne parlano, tutti cercano di quantificarla, tutti sono sempre pronti a offrire soluzioni di vario tipo (anche se a volte basterebbe studiare un po’ di più, o un po’ meglio forse, la storia del nostro paese per notare che nessuna soluzione può essere considerata assolutamente nuova o, comunque, innovativa) ma il problema resta sempre lo stesso: l’evasione fiscale esiste, non diminuisce e non è facile combatterla. Prima di delinearne le (vere) cause, sarebbe opportuno chiedersi, però, se quello qui definito come il problema sia tale solo per gli economisti oppure se sia sen- Evasione di massa C Giovanni Corti, esperto in materie economiche e fiscali. 16 䡵 DIRIGENTE 6|2010 L’Italia, contrariamente a quanto i media fanno oggi apparire più che altro per motivi di propaganda politica, non sente il problema dell’evasione. Non è mai stato individuato come un problema che potesse realmente minare l’istituzione stessa della Repubblica, tanto è vero che nemmeno i padri costituenti hanno avvertito la necessità di individuare un articolo più esplicito di tutela della finanza pubblica, oltre al 53 della Costituzione, così come integrato (dalla dottrina costituzionale) dagli articoli 3, 23, 75 e 81 della stessa. Al riguardo si potrebbe obiettare che già ciò sia sufficiente a sostenere un ••06CENTOMANI copia 11-06-2010 14:35 Pagina 17 sistema fiscale valido e al passo con i tempi ma la realtà di oggi, non prevedibile all’epoca della costituente, depone al contrario. L’evasione è un “fenomeno di massa” particolarmente diffuso e presente in ogni contesto economicosociale. Il problema di base dell’evasione è da ricercare nella mancanza di una coscienza collettiva che abbia presente l’importanza della spesa pubblica e, quindi, la necessità dello Stato sovrano di reperire le necessarie risorse per far fronte ai costi della sua stessa esistenza. Come fa uno Stato a essere sovrano se non ha la possibilità di tenere sotto controllo le entrate e le uscite, quando l’evasione, non accertata ma conclamata, è di gran lunga superiore a quella accertata e contestata? Lo Stato è fragile e per questo è necessario che si ritorni a parlare di Costituzione e di leggi fondamentali che tutelino i diritti dei cittadini, cittadini che formano lo Stato e che sono lo Stato. Si dovrebbe insomma ripartire dalla Costituzione prevedendo una norma più incisiva e attuale che ripristini l’importanza del ruolo fondamentale dello Stato e il suo diritto a esigere le imposte. A tal proposito, infatti, l’argomento dell’evasione è utilizzato solo come bandiera di un manifesto politico, per pura propaganda, senza che venga mosso un dito nella realtà per contenerla o quanto meno ridurla almeno a livelli fisiologici (dato che oggi ha assunto dimensioni patologiche). Questo perché non interessa e perché stanno prevalendo a livello politico altri interessi. È un problema cioè di coscienza collettiva, che induce a riflettere seriamente su chi siamo e cosa vogliamo dal nostro futuro. Tentativi falliti… o frenati? Sin dalla costituzione della Repubblica ci sono stati innumerevoli tentativi di riforma e ammodernamento del sistema fiscale, tutti miserevolmente naufragati contro il conservatorismo e l’inadeguatezza di una Pubblica amministrazione anco- rata a metodi non al passo con i tempi. Lo Stato ha dovuto cedere di fronte all’impossibilità di esercitare un’attività di accertamento capillare e quindi di controllo fiscale del proprio territorio, determinati doveri pubblici sono stati affidati ai privati come ad esempio in materia di autoliquidazione delle imposte, versamenti spontanei e acconti d’imposta (nel tempo sempre più consistenti e da effettuare tramite intermediari abilitati alla riscossione, quali banche, poste). Una sconfitta che è passata “in sordina”, l’inizio del collasso del sistema, che da un lato non trova riscontro in alcun principio costituzionale, e che deroga lo spirito stesso della volontà della Costituzione. D’altronde di fronte a un’evasione dilagante il problema non poteva che essere affrontato adottando un sistema che permettesse di far cassa, con contestuale accettazione implicita di non riuscire a controllare il fenomeno evasivo. Dagli anni Settanta ad oggi nulla è cambiato, se non i soggetti. Infatti vengono adottati ancora criteri selettivi, accertamento del reddito in forma più o meno induttiva, tramite coefficienti, parametri ecc. camuffati con altri nomi ma con lo stesso effetto, ossia la caduta dei verbali nella maggior parte delle volte in sede contenziosa, per mancanza di prove, fino ad arrivare ai noti studi di settore, anch’essi “specchietto per le allodole” per far credere che si stia combattendo l’evasione con sistemi più evoluti e meno dispendiosi per lo Stato (già ci sono sentenze al riguardo che minano la base stessa dell’attendibilità di questo strumento di accertamento). Proprio su quest’ultimo punto è bene soffermarsi un momento. Quanto costa l’accertamento dell’evasione allo Stato? Considerando l’enorme macchina pubblica messa in moto (Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza, organi deputati a gestire il contenzioso, tribunali e così via), costa più dell’evasione stessa, per non parlare della mancanza di formazione del personale della stessa Pubblica amministrazione (costi䊳 DIRIGENTE 6|2010 䡵 17 ••06CENTOMANI copia 11-06-2010 14:35 Pagina 18 FISCO Normativa tributaria tuita spesso da dirigenti che occupano posti d’oro solo grazie alla tipica italianica “raccomandazione”) e della normativa poco chiara, contorta, sovrapposta ad altre nel tempo e ricca di lacune e di riferimenti a leggi e regolamenti ormai vetusti. A dire il vero lo Statuto dei diritti del contribuente è venuto in soccorso, ma ad oggi nulla è cambiato. D’altronde si parla di diritti del contribuente, non si parla di diritto dello Stato alla riscossione delle imposte. L’ottica del problema è stata totalmente capovolta, con questo non si vuole negare l’importanza della legge 212/2000, che ha sancito dei principi fondamentali a cui si deve ispirare e uniformare la normazione tributaria (ad esempio chiarezza delle norme tributarie, non utilizzo del decreto legge come strumento di introduzione di nuovi tributi ecc.), ma ciò che si rileva è che parallelamente dovrebbe essere contemplato un corpo di norme che garantiscano allo Stato l’incasso certo e immediato di quanto è dovuto per legge (la velocità di incasso delle imposte dovute dai pubblici dipendenti allo Stato dovrebbe ad esempio essere uguale a quella dovuta anche dai professionisti e delle imprese). Continua però a persistere da un lato l’oscurità e la complessità dei testi legislativi tributari interni e la lacunosità degli stessi in alcuni settori (come ad esempio nel caso dell’elusione e dell’abuso del diritto ecc.) e dall’altro addirittura si ricorre (come in materia contabile) a fonti non normative (ad esempio Ifrs International financial reporting standards), non riconosciute legi- La Repubblica di San Marino prevede leggi che tutelano rigorosamente il segreto bancario, con disposizioni che disciplinano la segretezza e la confidenzialità dei rapporti dei clienti con gli istituti di credito e le società fiduciarie sammarinesi. Queste leggi sono applicate ai cittadini del luogo come a quelli di qualunque altro stato. Cos’è l’evasione fiscale? In linea con le esemplificazioni scolastiche e partendo dal complesso delle attività economiche esistenti in un paese, potremmo dividere queste ultime in due grosse categorie, quelle rientranti nella cosiddetta “economia ufficiale” (o formale), a loro volta di mercato e non, e quelle appartenenti alla cosiddetta “economia sommersa”, più difficilmente quantificabili e a loro volta ulteriormente divisibili in “evasione fiscale” in senso stretto e in attività criminali. Diverse risultano essere, poi, le tipologie di evasione. Dal punto di vista soggettivo, variano a seconda che riguardino le singole persone fisiche o le imprese individuali, le società di persone o di capitali e il tipo di cessioni o di prestazioni (a loro volta effettuate a operatori o a consumatori finali). Dal punto di vista oggettivo o, potremmo dire, strutturale, l’evasione può essere semplice (mancata registrazione di corrispettivi/ricavi, annotazione di costi non inerenti o fittizi e così via) o complessa (costituzione di società in paesi a bassa fiscalità, attribuendo in capo a queste la titolarità di beni materiali o immateriali, sovrafatturazione e contemporaneamente sottofatturazione di beni oggetto di scambi internazionali, triangolazioni per acquisti/cessioni da paesi terzi in esenzione di Iva e così via). 18 䡵 DIRIGENTE 6|2010 slativamente ma tollerate e giustificate a seconda della convenienza del momento e così via. È evidente che tali comportamenti e sistemi eludono, nel loro complesso, i principi costituzionali sopra illustrati creando, di conseguenza, malcontento e discriminazioni sociali gravissime che si ripercuotono sull’intero sistema provocando la cosiddetta evasione da parte dei più furbi, a tutti i livelli economici, anche se in forma e in quantità diverse. Si deve prendere atto che l’evasione è dunque un “atteggiamento sociale”, forse giustificabile, ma di sicuro un male che porta alla disgregazione dell’istituzione stessa dello Stato. In questi casi, di con䊳 ••06CENTOMANI copia 11-06-2010 14:35 FISCO sueto si ricerca il colpevole, ma la responsabilità non può che essere associata da un lato a una classe politica che nel tempo ha preferito sonnecchiare sul problema, badando ai propri interessi di partito piuttosto che al bene nazionale, e scaricando il costo del “non far nulla” (o del “finto far qualcosa”) sulla collettività; dall’altro alla collettività stessa che ha preferito badare al proprio interesse immediato piuttosto che all’investimento per il futuro. Futuro in bilico Oggi le nostre generazioni si ritrovano a pagare, in termini di sacrifici economici, non solo il capitale perduto nel tempo e non investito ma anche gli interessi. Ma la logica è sempre la stessa e così si assiste, ad esempio, a politiche di bilancio consistenti per lo più in indiscriminati tagli alla spesa pubblica, “togliendo la benzina al motore della macchina”. Si vendono cioè i gioielli dello Stato “per far cassa” invece che farli rendere, si privatizzano amministrazioni e attività pubbliche, si diminuiscono le pensioni ecc. Una politica dilapidatoria a spese della collettività che non usufruisce dei benefici di tali iniziative (tramite ad esempio un abbassamento delle aliquote delle imposte) e a cui si accompagna un aumento del costo della vita e quindi l’impossibilità per una famiglia tradizionale di arrivare a fine mese. Si assiste a fenomeni di cambiamento di abitudini sociali come ad esempio meno capacità di risparmio, meno vacanze, aumento dell’indebitamento medio pro capite, diminuzione della formazione delle famiglie e così via. Insomma, sta prevalendo un’ottica egoistica di pura sopravvivenza. Si cerca di mettere al riparo il salvabile, da qui il trasferimento di capitali all’estero, forme di pianificazione fiscale da parte delle grandi imprese per il più delle volte elusive, costituzione di residenze fittizie all’estero ecc. Pagina 21 Vi è una forma di implosione del sistema, un caos, in cui l’evasione trova campo fertile e prolifera indisturbata posta in essere da chi in modo criminale intende sovvertire l’ordinamento costituzionale. È un crimine di Stato, da punire con norme più severe e con carcere certo oltre che con molti più magistrati inquirenti e giudicanti che si occupino però degli aspetti penali tributari contestualmente a quelli amministrativi, senza rinvii o appelli infiniti. Allinearsi all’Ue Di questa problematica se ne sta prendendo coscienza da pochi anni, soprattutto a seguito dell’entrata dell’Italia nell’Unione europea, con la conseguente necessità di adeguarsi agli accordi raggiunti in materia di politica fiscale ed economica comune. Gli obblighi internazionali però, se da un lato garantiscono la sopravvivenza del paese a livello monetario ed economico, dall’altro non favoriscono l’adozione di sistemi che permettano di combattere con “pugno duro” l’evasione interna. Questo è dato da una serie di principi costitutivi della comunità (libera circolazione delle merci, delle persone e dei capitali ecc.) che si scontrano con i rimedi che potrebbero trovare applicazione interna per arginare il fenomeno evasivo e ciò riguarda sia gli strumenti di legislazione fiscale che giudiziaria. Inoltre le stesse differenti politiche fiscali interne ai vari paesi componenti l’Unione europea accentuano le dimensioni del problema, in quanto consentono l’adozione di sistemi per raggirare la normativa nazionale, laddove la norma di un altro paese dell’Unione sia più favorevole. Insomma, col tempo, la gravità del fenomeno ha assunto dimensioni internazionali e dunque sarebbe opportuno lasciare da parte sentimenti egoistici e ipocriti e prendere coscienza dei diversi comportamenti evasivi ed elusivi, utilizzando tutti gli strumenti che si hanno a di- sposizione per combattere seriamente e concretamente tale male. Manca però la volontà di farlo: al contrario oggi per pura propaganda, si pubblicano i numeri degli accertamenti effettuati e non i risultati degli stessi a seguito di un eventuale contenzioso, il debito che aumenta ogni anno a dismisura e non i dati delle entrate dello Stato. Che fare? Bisognerebbe pertanto cambiare la visione della realtà, per esempio pretendendo maggiore serietà da parte della classe politica e degli alti funzionari della Pubblica amministrazione, un bilancio dello Stato più chiaro Gli studi di settore sono uno degli ultimi strumenti introdotti per l’accertamento fiscale, ma già dalla dubbia attendibilità. e intellegibile, eliminando i benefici e i privilegi di chi vive in certi palazzi e riducendo le spese di funzionamento degli stessi, ingiustificabili se si rapportano a quelle di omologhi palazzi di altre nazioni anche più grandi (territorialmente e in termini di popolazione). Essere (almeno un po’ più) onesti e seri insomma, in modo che tutti i cittadini abbiano le stesse possibilità quantomeno di sopravvivenza per non essere “costretti” a tenere comportamenti evasivi e di automatico disinteresse verso la res publica. 䡵 DIRIGENTE 6|2010 䡵 21