Gestione della popolazione di persico reale (Perca fluviatilis) nel Lago di Varese Quaderni della Ricerca n° 120 Ottobre 2010 PAGINA 1 INDICE PRESENTAZIONE DELL’ASSESSORE DELLE REGIONE LOMBARDIA Pag.4 PRESENTAZIONE DELL’ASSESSORE DELLE PROVINCIA DI VARESE Pag.5 PREMESSA Pag.6 1. INTRODUZIONE Pag.7 1.1 Linee di intervento attuate nel progetto e piano delle attività Pag.7 1.2 Area di studio Pag.9 1.2.1 Qualità delle acque Pag.10 1.2.2 Zooplancton e zoobenthos Pag.16 1.2.3 Fauna ittica Pag.19 1.2.4 Decremento del pescato nel Lago di Varese Pag.21 1.3 Il persico reale Pag.24 1.4 Pesca e sfruttamento del persico reale Pag.27 1.5 Allevamento del persico: stato dell’arte Pag.28 2. STUDIO DELL’AUTO-ECOLOGIA DEL PERSICO NEL LAGO DI VARESE Pag.33 2.1 Attività di campo Pag.33 2.2 Raccolta dei campioni e analisi del pescato Pag.33 2.3 Studio dell’accrescimento ponderale Pag.36 2.4 Determinazione delle classi di età e dell’accrescimento lineare Pag.38 2.5 Determinazione dello spettro alimentare Pag.42 2.6 Possibile competizione con specie alloctone Pag.46 2.6.1 Pesce gatto e gardon Pag.47 2.6.2 Ampiezza di nicchia e competizione interspecifica Pag.48 2.6.3 Possibile impatto del pesce siluro sul persico nel Lago di Varese Pag.54 2.7 Biologia della riproduzione del persico nel Lago di Varese Pag.60 2.7.1 Calcolo della fecondità e dell‘indice gonado-somatico Pag.60 2.7.2 Età di prima maturazione sessuale Pag.63 2.7.3 Studio della deposizione in ambiente naturale Pag.63 2.7.4 Stima dello stock di riproduttori e del tasso di mortalità annuale Pag.75 3. DESCRITTORI FISIOLOGICI MOLECOLARI DELLO STANDARD DI VITA DEL PERSICO NEL LAGO DI VARESE Pag.90 3.1 L’ipossia Pag.90 3.2 Sperimentazione Pag.92 3.2.1 Risultati ottenuti Pag.93 PAGINA 2 4. ALLEVAMENTO DEL PERSICO Pag.98 4.1 Riproduzione controllata e schiusa delle larve Pag.98 4.1.1 Primo svezzamento e gestione dello stock Pag.100 4.1.2 Accrescimento avannotti 2007-2010 Pag.103 4.1.3 Mortalità delle larve Pag.105 4.1.4 Qualità delle larve Pag.108 4.1.5 Efficienza di predazione Pag.112 4.2 Allevamento in risaia set-aside Pag.121 4.3 Allevamento in accumulatore di plancton Pag.124 4.3.1 Monitoraggio delle acque Pag.130 5. CONCLUSIONI Pag.136 5.1 Ciclo biologico del persico nel Lago di Varese Pag.143 5.2 Dimensionamento di una struttura per la produzione di avannotti e giovanili di persico Pag.151 6. BIBLIOGRAFIA Pag.153 PAGINA 3 PRESENTAZIONE DELL’ASSESSORE DELLA REGIONE LOMBARDIA La pesca nei laghi lombardi ha storicamente rappresentato un‘importante risorsa economica per le popolazioni locali che attorno all‘acqua hanno organizzato la loro vita sociale e di lavoro. Le specie ittiche dei laghi lombardi, oggi purtroppo ridotte a produzioni di nicchia ma ancora molto ricercate sulle tavole dei ristoranti più esclusivi, possono e meritano di tornare ad essere un elemento di arricchimento del territorio e di forte richiamo turistico. Ciò sarà possibile solo se sapranno superare in qualità e sicurezza i prodotti ittici importati. In quest‘ottica il progetto di ricerca PERLAVAR, cofinanziato da Regione Lombardia, mira ad individuare e programmare interventi di recupero per ristabilire una gestione equilibrata della risorsa alieutica, fondamentale per la pesca e per l‘ambiente. Oggetto di studio è stato, in particolare, il ciclo biologico del persico reale nel Lago di Varese. Si tratta infatti di una specie che, oltre a stimolare illustri cuochi e palati raffinati, costituisce un anello fondamentale nella catena trofica dei laghi lombardi. La ricerca ha evidenziato i problemi che affliggono la popolazione di persico reale ed ha sperimentato interventi di recupero per questa preziosa risorsa. I ricercatori hanno studiato il ciclo biologico del persico reale nel Lago, valutandone la consistenza della popolazione, la fertilità e la crescita. I dati ottenuti sono serviti per elaborare interventi mirati, inclusi ripopolamenti, impiegando tecniche efficaci e poco costose. A fianco dell'allevamento intensivo del persico in acque ricircolate, con risparmio di acqua e di energia, sono state sperimentate con successo anche altre soluzioni integrate con attività agricole. Il progetto quindi fornisce indicazioni utili per programmare interventi finalizzati alla gestione della pesca nel lago di Varese. Giulio De Capitani Assessore all’Agricoltura Regione Lombardia PAGINA 4 PRESENTAZIONE DELL’ASSESSORE DELLA PROVINCIA DI VARESE La Provincia di Varese, con l‘intento di tutelare e valorizzare il patrimonio ittico di cui dispone, spesso sostiene specifici progetti che vedono la collaborazione di diversi soggetti tra cui le Università, le Amministrazioni Regionali e Locali e le Associazioni. L‘importanza del Progetto, che ho il piacere di presentare, deriva dalla necessità e dalla volontà espressa dalle Istituzioni Regionali, Provinciali e dall‘Università dell‘Insubria, di gestire in modo ragionato la risorsa ittica del Lago di Varese, ed in particolare la popolazione di persico reale. Nella comunità ittica del Lago, il persico ha da sempre rappresentato una grande risorsa economica per la pesca professionale ed una fonte di soddisfazione per quella dilettantistica. Oltre a ciò, il persico è l‘unico percide autoctono delle acque interne italiane e risulta un fondamentale regolatore nella catena trofica lacustre. Tale specie, una volta molto abbondante nel Lago, ha subito dalla fine degli anni ‘70 un forte decremento e la popolazione esistente ha raggiunto dimensioni decisamente preoccupanti, che hanno spinto i vari Enti pubblici coinvolti ad intraprendere uno studio sperimentale sulla specie per poter definire possibili strumenti di recupero e di conservazione. Sono certo che il libretto divulgativo qui presentato possa costituire un efficace veicolo di promozione delle attività scientifiche realizzate nell‘ambito del progetto PERLAVAR e contestualmente, un utile strumento di recupero di una così importante risorsa ittica del Lago di Varese, quale, appunto, il persico. Bruno Specchiarelli Assessore all’Agricoltura Gestione Faunistica – Commercio della Provincia di Varese PAGINA 5 Premessa del persico nel Lago di Varese Il Progetto Perlavar-07 può essere considerato la prosecuzione di un lavoro sperimentale, iniziato precedentemente dall‘Università degli Studi dell‘Insubria. E‘ stato finanziato prevalentemente dalla Regione Lombardia e co-finanziato dalla Provincia di Varese (Settore Politiche Agricole e Gestione Faunistica) dall‘Associazione Varese Europea e dalla stessa Università dell‘Insubria. Il progetto è volto ad un approfondimento della conoscenza della biologia e dell‘ecologia del persico reale nelle acque del Lago di Varese. Esso è anche complementare ad altre attività di tutela e di sostegno già intraprese dalle Amministrazioni Provinciale e Regionale, relative a specie come l‘alborella, il luccio e la trota. Il progetto si pone pertanto in un quadro di iniziative finalizzate alla tutela ed alla valorizzazione delle comunità ittiche autoctone caratteristiche delle acque interne della Regione. Elaborato e condotto dall‘Unità di Acquacoltura e Biotecnologie Animali del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Molecolari dell‘Università degli Studi dell‘Insubria di Varese, ha visto la collaborazione di alcune importanti realtà locali operanti sul bacino lacustre. Innanzitutto la Cooperativa Pescatori del Lago di Varese che ha contribuito in modo determinante alla riuscita del progetto e l‘Associazione APD Tinella‘72 che ha concesso l‘utilizzo dell‘impianto ittiogenico di Groppello (Va), collaborando così alle attività di campo e di allevamento del persico. PAGINA 6 1. Introduzione Nel Lago di Varese, il persico reale ricopre grande importanza sia per l‘equilibrio della catena trofica, sia come risorsa economica e ricreativa per le comunità di pescatori, professionisti e dilettanti che vi operano. Gli anni ‗70 ed ‘80 hanno visto un‘importante fenomeno di eutrofizzazione del Lago, in conseguenza del quale la sua comunità ittica ha subito un forte decremento, culminato con l‘evidente scomparsa dell‘alborella (Alburnus alburnus alborella) ed una drastica diminuzione della popolazione di persico reale. Da qui, la necessità di avviare uno studio mirato a valutare lo stato della popolazione di persico presente, ed individuarne i problemi, sviluppando una strategia di gestione della pesca comprendente interventi correttivi, sia di tipo amministrativo che di tipo biologico, finalizzati al recupero della risorsa alieutica e della biodiversità. 1.1 LINEE DI INTERVENTO ATTUATE NEL PROGETTO E PIANO DELLE ATTIVITÀ Dati gli obiettivi del progetto, comprendenti il monitoraggio della popolazione di persico reale e la progettazione di una strategia di gestione della stessa, gli studi si sono orientati su alimentazione, riproduzione e sopravvivenza della specie nello specifico habitat lacustre. Figura 1.1: Il Lago di Varese, visione aerea. Parallelamente al lavoro su campo, finalizzato allo studio dell‘auto-ecologia della specie, sono state condotte sperimentazioni di laboratorio per verificare alcune fasi critiche dello sviluppo larvale e della risposta alle principali noxae ambientali. Sono inoltre state PAGINA 7 sviluppate e sperimentate tecniche di allevamento finalizzate ad un programma di ripopolamento attivo. Nel corso di oltre tre anni di lavoro, sono state sperimentate alcune delle più comuni tecniche di allevamento (gabbie galleggianti, vasche a ciclo aperto, risaie, ecc.), oltre a tecniche più avanzate, utilizzando a quest‘ultimo scopo lo stabulario ittico del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Molecolari (DBSM). Lo studio sul persico in ambiente naturale ha permesso di raccogliere dati sull‘intera comunità ittica del Lago e sul suo ―stato di salute‖. Le informazioni via via ottenute sono state utilizzate per miglioramenti successivi al programma di ricerca. Piano delle attività attuate nel progetto PERLAVAR-07 ATTIVITÀ DEL PROGETTO Studio dell‘autoecologia della specie nel lago di Varese Riproduzione controllata e ripopolamento Divulgazione dei risultati Studio della riproduzione in ambiente naturale e controllato Creazione di uno stock di riproduttori catturati in ambiente naturale Sensibilizzazione degli Enti, delle Associazioni e del pubblico sul tema della pesca responsabile Monitoraggio della dieta Studio dell‘accrescimento Individuazione di possibili fenomeni di competizione con specie alloctone Creazione di una zona di bandita di pesca Stima dell‘impatto della pesca sulla specie Applicazione di diverse tecniche per la produzione di larve e post-larve Prove di accrescimento in vasche a terra o gabbie galleggianti Produzione di giovanili e sub-adulti per il ripopolamento Divulgazione dei risultati ottenuti: • Seminari per i corsi di laurea e dottorato • Conferenze locali e nazionali • Pubblicazioni divulgative e specialistiche • Workshop Obiettivo Sviluppo di un modello per la gestione sostenibile della popolazione di persico reale nel Lago di Varese Accanto alle principali linee di azione, durante lo svolgimento del progetto sono state intraprese anche attività di divulgazione e sensibilizzazione, coinvolgendo le comunità di pescatori, i comuni rivieraschi ed i cittadini in un programma di informazione circa le reali problematiche relative alla pesca nel Lago di Varese ed alla necessità di recuperare la risorsa come una fonte di ricchezza per l‘intero territorio. PAGINA 8 1.2 AREA DI STUDIO Il Lago di Varese è un corpo lacustre di modeste dimensioni, collocato tra le colline moreniche della zona nord-occidentale subalpina lombarda. Di origine glaciale, si è formato su depositi morenici e alluvionali di vario spessore, anteriori all'ultima glaciazione Würmiana. Il suo bacino imbrifero si estende su di un'area piuttosto eterogenea per una superficie complessiva di 110 km2, giace su rocce calcaree, raramente affioranti, le quali conferiscono al Lago una buona capacità tamponante ed elevata alcalinità (Tabella 1.1). Fiume Bardello Torrente Tinella Max prof. 26 m Canale Brabbia Figura 1.2: Mappa batimetrica del Lago di Varese. Il bacino è delimitato verso Nord dal gruppo montuoso del Campo dei Fiori e verso Ovest da una serie di colline di modesta altezza che costituiscono lo spartiacque con il Lago di Monate; a Sud la linea di displuvio è segnata dalle colline tra il Lago di Comabbio e l'abitato di Vergiate, mentre ad Est la delimitazione del bacino imbrifero attraversa la città di Varese (Lami, 1986). Il Lago è poco profondo (Figura 1.2) ma caratterizzato da sponde molto ripide; il volume dell'epilimnio rappresenta il 64% del totale, collocando il Lago tra quelli naturalmente predisposti all'eutrofia, come indicato dal rapporto di Thieneman (Lami, 1986). Gli unici due immissari significativi sono il Canale della Brabbia, che riversa nel Lago di Varese le acque in uscita dal Lago di Comabbio ed il Torrente Tinella che nasce dal Campo dei Fiori e sfocia in zona Groppello di Gavirate; l'unico emissario è il Fiume Bardello, che origina dalla punta occidentale del Lago per sfociare poi nel Lago PAGINA 9 Maggiore. In base al rapporto tra il volume del Lago e la portata media dell'emissario, il tempo teorico di ricambio è calcolato in 1,9 anni. Il bacino imbrifero del Lago è caratterizzato da una densità di popolazione piuttosto elevata, di circa 700 abitanti km-2 (Crosta, 1999). In esso si trovano 24 comuni, caratterizzati da un discreto sviluppo industriale ed un‘attività agricola trascurabile. Tabella 1.1: Principali caratteristiche del Lago di Varese. Latitudine (°N) Longitudine (°E) Altitudine (m s.l.m.) Superficie (km2) Perimetro (km) Profondità massima (m) Profondità media (m) Volume di acqua (m3) Fosforo totale (μg l-1) Livello trofico naturale (μg l-1)* Indice MEI attuale Trasparenza media (m) Tempo di ricambio acqua (anni) 45° 48' 08° 45' 238 14,8 24 26 10,7 0,1x109 90-100 20 (MEI = 0,27) 5,77 3 1,9 eutrofico Classificazione OECD OECD = Organization for Economic Cooperation and Development * Valutato medinate applicazione dell'indice MEI (indice morfoedafico). L'applicazione del MEI permette di definire gli obiettivi di qualità di un determinato bacino 1.2.1 Qualità delle acque Di seguito riportiamo alcuni dati relativi alle caratteristiche chimiche e fisiche delle acque del Lago di Varese, pubblicati da ARPA-Varese nel 2009, relativi al monitoraggio effettuato nel bacino tra il 2008 e il 2009. I dati mostrano ancora delle criticità soprattutto durante il periodo compreso tra la primavera e l‘autunno dove si osserva una marcata stratificazione delle acque, che comporta un accumulo di nutrienti e forte ipossia negli strati profondi. - Temperatura Il Lago di Varese mostra una forte stratificazione termica delle acque soprattutto durante i mesi estivi. Nel mese di luglio 2008 la differenza tra temperatura superficiale e ipolimnica è stata di 11,3°C. La stratificazione raggiunge il suo massimo in agosto con una differenza di 14,6 °C tra ipolimnio ed epilimnio. La stratificazione resta evidente anche nel mese di PAGINA 10 settembre per poi diminuire fino alla completa isotermia durante i mesi invernali (Figura 1.3). Figura 1.3: Andamento della temperatura delle acque del Lago di Varese nel 2008 (Arpa, 2009). - Ossigeno Uno dei prinicipali problemi legati all‘eutrofizzazione è la scarsità di ossigeno presente negli strati profondi con presenza di sacche anossiche che spesso possono interessare anche strati di acqua prossimi alla superficie. La concentrazione di ossigeno disciolto nel Lago di Varese, è strettamente regolata dal regime termico del corpo idrico. Dopo la formazione del termoclino, da maggio a novembre, nello strato epilimnico l‘ossigeno disciolto può raggiungere di giorno concentrazioni molto elevate, con frequenti fenomeni di sovrassaturazione (fino al 150%), dovuti a massive fioriture algali. Al contrario, negli strati profondi, si verificano frequenti condizioni di anossia totale con percentuali di saturazione inferiori al 10% per tutto il periodo estivo in cui è presente il termoclino. Durante il periodo invernale in tutta la colonna d‘acqua, la concentrazione di ossigeno non supera comunque il 70% del valore di saturazione, a causa del rimescolamento degli strati ipolimnici con quelli epilimnici (Zaccara et al., 2007). I dati raccolti mostrano, durante la stratificazione, un sensibile calo della concentrazione di ossigeno a partire da 4 metri di profondità (Figura 1.4). Secondo i dati ARPA già alla fine del mese di maggio si osserva una forte differenza tra le concentrazioni di ossigeno dello strato epilimnico ed ipolimnico (16,2 mg l-1 pari ad una sovrassaturazione del 164% fino a 4 metri di profondità mentre sul PAGINA 11 fondo si trovano 0,36 mg l-1 pari al 2% di saturazione). Soltanto nel mese di dicembre, grazie alla diminuzione della temperatura delle acque ed il progressivo rimescolamento della colonna d‘acqua, la concentrazione di ossigeno torna ad essere omogenea nella colonna (in media 4,73 mg l-1, 39% sat.) (Figura 1.4). Figura 1.4: Andamento delle concentrazioni di ossigeno nella colonna d‘acqua del Lago di Varese nel 2008 (Arpa, 2009). - pH Anche il pH, ha mostrato un andamento paragonabile a quello della temperatura e dell‘ossigeno disciolto (Figura 1.5). Durante il periodo di stratificazione dell‘acqua si osservano valori di pH più elevati nei primi metri della colonna ed un progressivo abbassamento del pH all‘aumentare della profondità. Durante il mese di luglio per esempio, si passa da un massimo di 8,7 a 3 metri di profondità ad un minimo di 7,5 sul fondo. Il valore di pH molto elevato nello strato epilimnico è indubbiamente dovuto all‘elevata produzione primaria ed al conseguente utilizzo della CO2 libera da parte del fitoplancton. L‘abbassamento del pH nello strato ipolimnico è invece da attribuirsi all‘ambiente PAGINA 12 riducente che si viene a creare in condizioni di ipossia/anossia. Solo nel mese di dicembre si osservano valori omogenei di pH in tutta la colonna d‘acqua (≈ 7,5). Figura 1.5: Andamento del pH nella colonna d‘acqua del Lago di Varese nel 2008 (Arpa, 2009). - Azoto ammoniacale e nitroso Anche l‘azoto è considerato un agente eutrofizzante in quanto insieme al fosforo è un nutriente fondamentale per la crescita algale. Azoto ammoniacale (N-NH3) Nel Lago di Varese, l‘azoto ammoniacale, mostra minori concentrazioni nell‘epilimnio rispetto che all‘ipolimnio durante il periodo di stratificazione delle acque così come avviene per il fosforo. Nel mese di luglio si passa da un minino di 0,04 mg l-1 fino a 4 metri di profondità ad un massimo di 0,5 mg l-1 vicino al fondo (Figura 1.6). In superficie si assiste ad una riduzione significativa dell‘azoto ammoniacale grazie alla nitrificazione che permette il passaggio alla forma ossidata (N-NO2-). PAGINA 13 Azoto nitroso (N-NO2-) Durante il monitoraggio del 2008, le concentrazioni di nitrito si sono mantenute al di sotto di 0,01 mg l-1 in quasi tutta la colonna d‘acqua con un aumento delle concentrazioni vicino al fondo. Il valore massimo riscontrato da Arpa è stato nel mese di giugno con 0,11 mg l-1 a 20 metri di profondità (Figura 1.6). Figura 1.6: Andamento dei principali composti dell‘azoto (mg l-1) in superficie, a metà della colonna e vicino al fondo (Arpa, 2009). - Fosforo Il fosforo è considerato uno dei principali agenti eutrofizzanti, interviene infatti in molti processi biologici ed è uno dei principali nutrienti usati dalle alghe durante il loro ciclo vitale. Sulla base del suo Indice Morfoedafico (MEI), il Lago di Varese dovrebbe contenere una concentrazione naturale di fosforo pari a 21 µg P l-1, cui corrisponderebbe un livello trofico naturale di oligo-mesotrofia (OLL, 2004). Le acque del Lago, fin dai primi anni ‗60 hanno mostrato segni di forte deterioramento a livello qualitativo, per la presenza di scarichi civili ed industriali non depurati che hanno dato origine nel corpo idrico ad una condizione di ipertrofia ([PT] >400 µg l-1). Il fosforo, noto come fattore limitante per la crescita algale nelle acque interne, è l‘elemento che controlla la produttività primaria dell‘ecosistema lacustre quindi un suo eccessivo apporto è causa di fenomeni di elevata produzione primaria o di eutrofizzazione, i quali a loro PAGINA 14 volta possono influenzare negativamente la sopravvivenza e lo sviluppo delle biocenosi acquatiche. Una ridotta concentrazione di P potrebbe tuttavia comportare una riduzione della produzione planctonica con una conseguente ridotta crescita di alcune specie ittiche. Il Lago di Varese è stato segnalato tra i primi casi di eutrofizzazione sul territorio italiano. Sono del 1960 le prime segnalazioni di Volleweider sul problema, tuttavia alla fine degli anni '70 la qualità delle acque lacustri era ulteriormente peggiorata. Il costante incremento demografico delle aree circostanti, la conseguente forte antropizzazione del bacino imbrifero, l‘assenza di un'adeguata gestione dei carichi organici inquinanti in ingresso nel Lago (Canziani e Crosa, 2005), erano all‘origine del problema. Nel 1967 venne presentato un progetto di intervento che prevedeva la costruzione di due rami di un collettore circumlaquale, dove dovevano essere convogliati tutti i reflui urbani e industriali prodotti nel bacino imbrifero, raggiungendo così l'impianto di depurazione previsto sul Comune di Bardello. Tale progetto fu realizzato soltanto nel 1986 e l'attivazione del sistema di collettamento, per altro non ancora del tutto completato, è avvenuta solo quando il Lago aveva ormai raggiunto una condizione di forte ipertrofia. Le elevate concentrazioni di nutrienti sono ancora depositate sul fondo del bacino, ma in ogni caso, il monitoraggio del fosforo disciolto nelle acque mostra da alcuni anni una progressiva diminuzione. Come riportato da Arpa, le concentrazioni di ortofosfato (P-PO4) e fosforo totale (PT) tra dicembre e febbraio sono pressoché costanti in tutta la colonna d‘acqua con una concentrazione media di 86,1 μg l-1 (PT). Nei mesi successivi, una volta iniziata la stratificazione delle acque, si osserva una significativa variazione delle concentrazioni di fosforo tra zona eufotica e zona fotica. Con l‘aumento dell‘attività fotosintetica, infatti, la concentrazione di fosforo tende a diminuire nell‘epilimnio, mentre a causa del rilascio di ortofosfato dal sedimento dovuto alle basse concentrazioni di ossigeno ed all‘attività di batteri che degradano la materia organica si osserva, nell‘ipolimnio, un forte aumento delle concentrazioni con un massimo di 329 μg l-1 nel mese di ottobre (Figura 1.7). Il Lago è pertanto ancora da catalogarsi, per via delle sue concentrazioni di fosforo (80-100 µg P l-1) in uno stato di eutrofia. La causa delle concentrazioni ancora elevate di fosforo è da individuare nelle fognature ancora esistenti e nel rilascio dai sedimenti. Infatti quando l‘ossigeno sul fondo scende al di sotto del 10% di saturazione, si verifica un rilascio di fosforo dai sedimenti argillosi che è stimato in 3-5 tonnellate / anno. Confrontando la situazione attuale con quella pregressa, si riscontra tuttavia un netto miglioramento; infatti lo stato di ipertrofia in cui si trovava il Lago negli anni passati è ormai contenuto in condizioni di eutrofia. L‘obiettivo finale calcolato secondo la metodica PAGINA 15 proposta dal PRRA (Piano Regionale di Risanamento delle Acque), da raggiungere entro il 2018, risulta di circa 32 g l-1 di fosforo, cui corrisponderebbe uno stato naturale di oligomesotrofia. Sbaglia tuttavia chi vuole ricondurre alla concentrazione di P tutti i problemi sanitari del Lago, quali la sua balneabilità, altrimenti dovuti ad un elevato carico microbico alimentato da scarichi fognari non depurati che ancora insistono in alcuni comuni costieri. Figura 1.7: Andamento del fosforo totale (PT) nella colonna d‘acqua del Lago di Varese nel 2008 (Arpa, 2008). 1.2.2 Zooplancton e Zoobenthos - Zooplancton Lo zooplancton è un anello fondamentale della catena alimentare in tutti gli ecosistemi acquatici, costituendo tra l‘altro l‘alimento principale dei pesci nelle fasi giovanili. Il substrato alimentare dello zooplancton è rappresentato principalmente dal fitoplancton, batteri e solidi sospesi, come di altri organismi zooplanctonici. Secondo Lalumera (2003), la comunità zooplanctonica del Lago di Varese è costituita da 26 Taxa dei quali 15 appartengono al Phylum dei rotiferi, 7 appartengono al sottordine dei Cladoceri e 4 alla sottoclasse dei Copepodi (Tabella 1.2). Anche in questo caso le popolazioni presenti sono comunque tipiche di acque eutrofiche. La densità di tali organismi varia durante l‘anno PAGINA 16 essendo strettamente legata al ciclo stagionale del fitoplancton e la massima abbondanza si verifica durante la primavera e la prima parte dell‘estate. Il Phylum dei rotiferi è rappresentato sia da specie planctoniche che sessili diffuse in tutti gli ambienti acquatici, con dimensioni variabili tra 150 µm e 2.000 µm. Devono il loro nome alla corona di ciglia presente nella zona apicale del corpo, la quale serve a creare un vortice d‘acqua che indirizza l‘alimento (fitoplancton e detrito organico) verso l‘apparato buccale. Quest‘ultimo è munito di un organo trituratore, detto mastax, in grado di triturare la parete delle alghe unicellulari. I rotiferi risultano molto importanti nella catena trofica acquatica in quanto costituiscono l‘alimento base dei primissimi stadi larvali dei pesci (Braioni e Gelmini, 1983). Gli zooplanctonti dominanti nel Lago di Varese appartengono al Phylum degli artropodi, classe dei crostacei brachiopodi. Essi sono rappresentati dagli ordini dei Cladoceri e dei Copepodi ed entrambi costituiscono la fonte di alimentazione diretta dei pesci planctofagi e degli avannotti in genere. Ai Cladoceri appartengono specie di piccole dimensioni (0,2-4 mm), hanno il corpo latero-compresso, trasparente e costituito da un capo (cephalon) di cui non è visibile la segmentazione, da un torace (pereion) ben segmentato solo nel genere Leptodora e da un corto addome. La funzione motoria è espletata dalle antenne trasformatesi in organi motori. I Cladoceri sono tipici degli ambienti d‘acqua dolce e la loro dieta è prevalentemente fitofaga (i.e. Daphnia sp.) anche se alcuni generi sono predatori (i.e. Leptodora sp.) (Margaritora, 1983). I Copepodi costituiscono un gruppo di specie molto comune sia nelle acque dolci che marine ed hanno dimensioni comprese tra 0,5 e 1 mm. A differenza dei Cladoceri, nei Copepodi, la segmentazione del corpo è più visibile e le specie che vivono nella regione pelagica dei laghi hanno una colorazione tendente al verde. L‘alimento principale di cui si nutrono i Copepodi è costituito da fitoplancton, protozoi e detrito organico, (Stella, 1982). - Zoobenthos La comunità bentonica risulta alterata a causa dei fenomeni di anossia stagionali a livello del fondale. I gruppi dominanti della fauna bentonica sono forme larvali di insetti e vermi acquatici, in particolare larve e pupe di Ditteri, Oligocheti, molluschi e crostacei. L‘ordine dei Ditteri è principalmente rappresentato dalle famiglie dei Chironomidi e dei Chaoboridi, caratterizzate dall‘intero ciclo larvale e pupale in ambiente acquatico. PAGINA 17 Le specie appartenenti ai Chironomidi, sono cosmopolite ed hanno colonizzato una grande varietà di ambienti; alcune risultano molto abbondanti in laghi eutrofizzati, poiché sono in grado di accumulare grandi quantità di pigmenti respiratori che permettono loro di sopravvivere anche a prolungati periodi di anossia. Il corpo è di forma tubolare, privo di pseudopodi e presentano una colorazione rossa (Lencioni et al., 2007). Quelli che vivono in ambienti lentici sono soprattutto filtratori di fitoplancton e di solidi sospesi, oppure raschiatori (Ferrarese e Rossaro, 1981). Anche le specie appartenenti ai Chaoboridi sono cosmopolite e vivono nelle acque lentiche di molti ambienti, spesso le pupe vengono confuse con quelle dei Chironomidi dai quali differiscono per i corni toracici ad imbuto, palette natatorie molto sviluppate e per la loro trasparenza. Inoltre i Chaoboridi sono predatori di organismi planctonici che catturano con l‘ausilio di antenne prensili modificate. Tabella 1.2 Principali specie zooplanctoniche del Lago di Varese (Lalumera, 2003). Phylum/Ordini Rotiferi Cladoceri Copepodi Specie Keratella cochlearis Keratella quadrata Testudinella sp. Filinia longiseta Filinia opoliensis Kellicotia longispina Poliarthra sp. Conochilus sp. Asplanca priodonta Synchaeta pectinata Pompholix sulcata Brachionus angularis Ascomorpha ovalis Triocherca sp. Daphnia galeata Daphnia cucullata Diaphanosoma sp. Bosmina longirostris Chydorus sphaericus Leptodora kindtii Eudiaptomus padanus padanus Mesocyclops leukarti Termocyclops crassus Cyclops vicinus vicinus PAGINA 18 Tra i vermi acquatici, la sottoclasse degli Oligocheti (Phylum degli Anellidi), è rappresentata nel Lago di Varese soprattutto dalla famiglia dei Tubificidi; tra questi troviamo specie che, come nel caso dei Chironomidi, sono in grado di resistere a periodi prolungati di anossia grazie agli alti livelli di pigmenti respiratori nel liquido ematico. Il Phylum dei molluschi è rappresentato soprattutto da gasteropodi come Viviparus ater e Phyza sp. e da bivalvi come Unio pictorum (autoctona) e Dreissena polimorpha (alloctona). Tra i crostacei bentonici, troviamo due specie alloctone di Decapodi immesse negli ultimi anni, Orconectes limosus e più recentemente anche Procambarus clarkii. 1.2.3 La fauna ittica Come in tutti i corpi idrici ―isolati‖, anche nel Lago di Varese la composizione della comunità ittica autoctona o naturale, risalente ai periodi antecedenti la forte antropizzazione, era indiscussamente il risultato di un equilibrio raggiunto tra specie ricoprenti differenti ―nicchie ecologiche‖ che nel corso dell‘evoluzione del Lago avevano trovato tra di loro un ―compromesso ecologico‖. Tale composizione ―naturale‖ tuttavia non ci è nota con certezza e possiamo solamente tentarne una ricostruzione sulla base delle caratteristiche del Lago e delle poche testimonianze scritte, oltre che della memoria dei pescatori più anziani. Già nel corso del XIX secolo furono introdotte alcune specie alloctone, quali il persico sole ed il persico trota. Nel XX secolo poi, fin dagli anni ‘50, è iniziato un drastico decremento delle popolazioni di salmonidi, particolarmente esigenti, seguito dalla diminuzione di tutte le altre specie sensibili agli stress ambientali, quali il persico ed il luccio (Esox lucius) che per il ruolo di predatori terminali autoctoni sono particolarmente vulnerabili. Alla fine degli anni ‘80 risale la scomparsa dell‘alborella (Alburnus alburnus alborella), la cui popolazione mostrava però, già da almeno un decennio, i primi segni di sofferenza sulla base delle informazioni sul pescato. L‘attuale composizione del popolamento ittico, può essere valutata dall‘analisi dei dati relativi al pesce sbarcato dai pescatori professionisti della Cooperativa Pescatori Lago di Varese. In Tabella 1.3 sono riportate le informazioni note sulla composizione, abbondanza e tendenza recente per la comunità ittica del bacino (Puzzi et al., 2001, Ceccuzzi, 2008). Questa è ormai per lo più caratterizzata da popolazioni ciprinicole limnofile particolarmente tolleranti come la scardola (Scardinius erythrophtalmus), la carpa PAGINA 19 (Cyprinus carpio), la tinca (Tinca tinca), il gardon (Rutilus rutilus) ed il carassio (Carassius carassius). Tabella 1.3: Composizione, abbondanza, recente tendenza e origine delle specie che compongono la comunità ittica del Lago di Varese. Nome scientifico Acipenser (sp.) Anguilla Anguilla Alburnus alburnus alborella Carassius carassius Cyprinus carpio Cobitis taenia Esox lucius Ictalurus melas Ictalurus punctatus Lepomis gibbosus Leuciscus cephalus Lota lota Micropterus salmoides Perca fluviatilis Rutilus rutilus Rutilus erythrophthalmus Salmo (trutta) trutta Scardinius erythrophthalmus Silurus glanis Sander lucioperca Tinca tinca Orconectes limosus Procambarus clarkii * Abbondanza: ●●●● molto elevata Nome comune Abbondanza* Origine** Tendenza*** Storione Anguilla Alborella Carassio Carpa Cobite Luccio Pescegatto Pescegatto americano Persico sole Cavedano Bottatrice Persico trota Persico reale Gardon Triotto Trota fario Scardola Siluro Luciperca Tinca Gambero americano Gambero della Louisiana ● ●● ● ●●● ●●● ● ●●● ●●●● ●● ●●●● ●● ● ●● ●● ●●● ● ●● ●●● ●●● ●● ●● ●●● ●●● A A A ALL A A A ALL ALL ALL A A ALL A ALL A A A ALL ALL A ALL ALL ↔ ↓ ↔ ↑ ↔ ↔ ↑ ↓ ↔ ↔ ↑ ↔ ↓ ↓ ↑ ↔ ↔ ↓ ↑ ↓ ↔ ↔ ↑ ●●●elevata ●●poco abb. ** Origine: A = autoctona All = alloctona *** Tendenza: ↑ Aumento ●rara ↓ Diminuzione ↔ Stazionario Particolarmente interessante è la presenza, seppure sporadica, della trota fario di ceppo atlantico (Salmo (trutta) trutta) che negli ultimi anni, anche grazie ad una campagna di semina, viene significativamente catturata nel Lago sia dai pescatori dilettanti che dai professionisti. La sua presenza potrebbe essere legata a qualche delimitata zona di risorgiva in Lago, in grado di mantenere temperature e concentrazioni di ossigeno idonee a questa esigente specie, anche nel periodo estivo. La comunità ittica del Lago di Varese è stata modificata in maniera profonda anche a causa delle immissioni, accidentali o volontarie, delle numerose specie alloctone che attualmente rappresentano numericamente oltre un terzo delle specie presenti, ma che dal punto di vista energetico rappresentano un carico ben superiore. Il peggioramento della qualità delle acque ha contribuito alla definitiva affermazione di specie ittiche euriecie quali il gardon (R. rutilus) immesso nel Lago da pescatori dilettanti ed il carassio (C. carassius), specie invasiva presente nel bacino fin dagli anni ‗90. Quest‘ultima specie, essendo particolarmente resistente all‘anossia, è diventata in breve tempo una delle componenti più abbondanti della comunità, sia in termini numerici che di biomassa. Oltre al carassio ed al rutilo, è la sempre più evidente presenza di predatori quali il siluro (Silurus glanis), il lucioperca PAGINA 20 (Sander lucioperca) ed il pesce gatto (Ictalurus melas), a costituire motivi di squilibrio della comunità ittica. Tali modificazioni rappresentano un danno ingente non solo dal punto di vista faunistico-naturalistico, ma anche dal punto di vista economico, a danno della pesca professionale che si era sviluppata nei secoli scorsi e che costituiva ormai una componente importante nell‘equilibrio del Lago oltre che dell‘economia locale. Figura 1.8: Andamento della presenza di specie alloctone nel Lago di Varese (OLL, 2004 modificato). La Figura 1.8 riporta il trend della presenza di specie alloctone nel Lago di Varese. Alla fine del XIX secolo, la presenza di specie alloctone poteva essere ascritta al persico sole, al persico trota, oltre che a qualche ciprinide. Come si può osservare, la percentuale di specie aliene dagli anni ‘90 ad oggi, è aumentata quasi del 20% rappresentando ormai circa il 40% del popolamento ittico del bacino. 1.2.4 Decremento del pescato nel Lago di Varese Fino agli anni ‘70, la popolazione di pesce persico del Lago di Varese, era ancora molto abbondante e rappresentava un‘importante risorsa economica per la locale comunità di pescatori professionisti. La Figura 1.9, mostra il progressivo decremento del pescato professionale registrato dal 1957 al 1985 (per via dell‘inconsistenza delle catture, non sono stati aggiornati i dati di pesca negli anni successivi fino al 2003). Come si può osservare, già dalla seconda metà degli anni ‘60, pur rimanendo praticamente invariato lo sforzo di pesca, si è assistito ad un sensibile decremento delle catture: dal 1965 al 1985 la diminuzione è stata vicina all‘86% e la biomassa totale delle catture è passata, dagli 80.000 kg del 1965, a circa i 13.000 kg del 1985. Le prime specie che hanno subito questa forte diminuzione sono state l‘alborella, fondamentale ―specie PAGINA 21 foraggio‖ per il mantenimento degli equilibri della catena trofica, quindi il luccio ed il persico. Figura 1.9: Andamento del pescato professionale nel Lago di Varese dal 1973 al 1983 e dal 2003 al 2006 (Provincia di Varese 2007 rapporto interno, Ceccuzzi, 2003). Per quanto riguarda il persico e l‘alborella, la Figura 1.10 mostra che già a partire dai primi anni ‘70 (1973), entrambe le specie mostravano i primi segni di decremento, fino ad arrivare verso la fine degli anni ‘80 all‘apparente scomparsa dell‘alborella dal bacino con un minino storico, relativo alla cattura di persico, nel 1985 con 175 kg. La condizione di eutrofizzazione del bacino che ha comportato un drammatico stravolgimento della rete trofica, è stata la principale causa del cambiamento della composizione della comunità ittica del Lago. Figura 1.10: Andamento del pescato professionale di persico e alborella del Lago di Varese fino al 1985 (Provincia di Varese 2007 rapporto interno). PAGINA 22 Inoltre, la presenza sempre più massiccia di specie alloctone, ha contribuito all‘impoverimento di alcune delle componenti fondamentali della catena trofica che fa capo al persico. Da uno studio sulla popolazione di pesce gatto presente nel Lago di Varese (Ceccuzzi, 2003), ed in base ai dati raccolti nel corso del progetto PERLAVAR è stato possibile ricostruire il trend del pescato dal 2003 al 2006, riportato nella parte destra del grafico in Figura 1.9. L‘aumento della biomassa di pesce catturato va ascritto per lo più ad una crescita demografica di due specie invasive: il pesce gatto (Ictalurus melas) ed il carassio (Carassius carassius) prive di interesse commerciale. La Figura 1.11 mostra la composizione del pescato professionale nel 2003 e nel 2006. Figura 1.11: Pescato professionale del 2003 e del 2006 nel Lago di Varese (Cooperativa Pescatori, 2006). Le specie prevalentemente catturate sono state: carassio 60,3% (35 t), pesce gatto17,3 % (19 t), scardola 14,65 % (8,5 t), altre specie come il persico, il luccio, tinca e l‘anguilla rappresentano solo il 7,75 % (4,5 t). A partire dal 2006 tra le specie rinvenute si è osservata la presenza sempre più massiccia del gardon (Rutilus rutilus) e del siluro (Silurus glanis). Quindi l‘incremento del pescato professionale osservabile dal 2003 al 2006 (Figura 1.8), è dovuto principalmente alla sempre maggiore presenza di specie alloctone che come detto in precedenza, rappresentano circa il 40% della fauna ittica presente nel bacino. Purtroppo non si hanno a disposizione dati riguardanti il pescato di lucioperca (S. lucioperca), specie molto apprezzata e di elevato valore economico. La sua presenza è risultata abbondante durante i primi anni del 2000 per poi diminuire drasticamente tra il 2005 ed il 2007, probabilmente a causa di un eccessivo sfruttamento sia da parte della pesca professionale che dilettantistica. PAGINA 23 1.3 IL PERSICO REALE (PERCA FLUVIATILIS) Phylum: Cordata Subphylum: Vertebrata Super classe: Gnathostoma Classe: Osteitti Sottoclasse: Actinopterygii Ordine: Perciformes Famiglia: Percidi Genere: Perca Specie: Perca fluviatilis (Linnaeus, 1758) - Morfologia Il corpo del persico ha una forma ovale compressa lateralmente anche se in individui più anziani tende a comparire una certa gibbosità subito dopo il capo. La colorazione è verde più o meno accentuata sulla parte dorsale, mentre i fianchi tendono all‘argento o al dorato e sono percorsi in senso verticale da 6-9 striature nerastre. La testa è relativamente piccola e presenta una bocca abbastanza sviluppata, munita di numerosi piccoli denti, in posizione mediale. Come in tutti i Percidae, la pinna dorsale è doppia. La parte anteriore, di colore grigio, è munita di raggi spiniformi aguzzi e nella parte terminale presenta un‘appariscente macchia nera. La pinna dorsale posteriore ha invece un colore tendente al grigio-giallastro e presenta solo raggi molli. Tutte le altre pinne sono di colore arancione-rossastro e non presentano raggi spiniformi. Il persico può raggiungere una taglia massima di 50 cm ed i 3kg di peso (Gandolfi et al., 1991). PAGINA 24 - Distribuzione Il persico rappresenta l‘unico percide autoctono delle acque interne dell‘Italia Settentrionale ed è una specie in grado di adattarsi a numerosi ambienti, dai grandi laghi ai fiumi di pianura ricchi di vegetazione acquatica ed ostacoli sommersi. In Italia, l‘areale di distribuzione originario era limitato al settore nord-orientale del distretto Padano-Veneto (Ticino, Po, Adige, Isonzo, laghi prealpini), ma nel corso degli anni la specie è stata introdotta anche nell‘Italia centrale e meridionale, in alcuni casi con grande successo. - Ecologia La specie ha abitudini gregarie, più marcate negli stadi giovanili, vivendo in branchi molto numerosi che stazionano in acque basse nel periodo estivo per poi portarsi in profondità durante i mesi invernali. Nei primi due anni di vita la dieta è costituita essenzialmente da zooplancton ed invertebrati bentonici; dal secondo anno di vita si nutre di piccoli pesci, indirizzando successivamente la dieta alla completa ittiofagia. - Biologia riproduttiva La riproduzione della specie, nei laghi prealpini, avviene tra la seconda metà di aprile e la seconda metà di maggio, quando la temperatura dell‘acqua è compresa tra 12 e 14°C. In ambiente naturale la maturità sessuale è solitamente raggiunta dal secondo anno di età per i maschi e dal terzo anno per le femmine. Il persico non mostra dimorfismo sessuale tranne che durante il periodo riproduttivo, quando le femmine gravide di uova presentano il ventre gonfio e la papilla urogenitale sporgente ed i maschi espellono sperma, se maneggiati. La femmina, depone le uova in un unico nastro ovarico (di forma cilindrica cava) sulla vegetazione acquatica o su rami sommersi. Questo, in base alle dimensioni della femmina, può contenere dalle 5.000 alle 120.000 uova. I nastri ovarici vengono deposti su substrati lontani dal fondale, per permettere una migliore ossigenazione delle uova ed evitarne il collassamento (Figura 1.12). Le uova hanno un diametro compreso tra 1,0 e 2,0 mm in relazione alla taglia della femmina; dopo la fecondazione e l‘idratazione il diametro aumenta raggiungendo dimensioni comprese tra 1,9 e 2,8 mm. La misura delle larve alla schiusa dipende dalla popolazione di origine e dalla taglia dei riproduttori, normalmente presentano una lunghezza compresa tra 4 e 5 mm ed un peso inferiore ad 1 mg (0,4-0,8 mg). PAGINA 25 Dopo il riassorbimento del sacco vitellino (5-8 giorni), la larva è in grado di catturare prede con dimensione inferiore a 190 µm (Tamazouzt et al., 1998). Malgrado il persico alla stadio giovanile ed adulto abbia abitudini carnivore, la taglia delle larve risulta molto piccola (≈ 6 mm), paragonabile a quella di piccoli ciprinidi come ad esempio l‘alborella. Figura 1.12: Nastro ovarico di persico deposto su rami sommersi, (foto: Claudia Imperiali). Tabella 1.4: Principali caratteristiche ecologiche del persico reale. Temperatura 4-31°C Ossigeno Salinità pH 1,3-13,5 mg/l <10 ‰ 6–12 Comportamenti sociali Giovanili Adulti Alimentazione Habitat Temperatura riproduzione PAGINA 26 Gregari Solitari Carnivoro-ittiofago Laghi-fiumi di pianura 12-14°C 1.4 PESCA E SFRUTTAMENTO DEL PERSICO REALE La quantità di pesce persico pescato nei bacini idrici europei, è diminuita negli ultimi anni a causa di molteplici fattori, tra i quali: Degradamento della qualità degli habitat naturali Sovra-sfruttamento delle popolazioni selvatiche da parte della pesca professionale e sportiva Crescente competizione con specie alloctone Crescente cattura da parte di avifauna ittiofaga protetta Negli ultimi venti anni, la domanda di persico da parte dei consumatori ha potenzialmente superato l‘offerta, tanto da stimolare lo sviluppo di fasi di allevamento intensivo. Secondo le stime riportate dalla FAO nel 2007, la quota di persico catturato durante il 2005 in tutti i 25 stati membri dell‘Unione Europea ammonta a 21.555 t, mentre pur disponendo di limitate informazioni sulla domanda da parte dello stesso mercato, alcuni dati fanno riflettere, visto che, la sola Svizzera importa fino a 5.000 t di filetto di persico all‘anno (Watson, 2008), mentre in Nord Italia il consumo si aggira intorno alle 750 t per anno e la domanda, costantemente in crescita, viene spesso soddisfatta in modo fraudolento, mediante fornitura di filetti appartenenti a ben altre specie. PAGINA 27 1.5 ALLEVAMENTO DEL PERSICO: STATO DELL’ARTE Negli ultimi anni, le buone prospettive di mercato e la ricerca di nuove specie candidate per l‘acquacoltura, hanno fatto crescere in Europa l‘interesse verso il pesce persico, sia per quanto riguarda la produzione di filetto per il consumo umano, sia per la produzione di giovanili destinati a programmi di ripopolamento (Craig, 2001). La Tabella 1.5 riporta le produzioni annuali di pesce persico in Europa derivanti dalla pesca e dall‘acquacoltura (Watson, 2008). Tabella 1.5: Quantitativi di pesce persico prodotto dall‘acquacoltura e dalla pesca in Europa nel 2005, dati riportati dal rapporto FAO del 2007 (Watson, 2008). Paese Finlandia Russia Estonia Polonia Germania Svizzera Svezia Olanda Lituania Italia Danimarca Grecia Romania Rep. Ceca Ucraina Belgio Bulgaria Slovacchia Irlanda Macedonia Slovenia Totale Produzione pesca (t) Produzione acquacoltura (t) 13.102 – 5.161 170 1.100 – 829 – 396 – 281 – 210 – 140 15 64 – 63 ? 55 15 30 – 28 4 26 18 25 68 25 – 13 – 6 – – 25 – – 1 5 21.555 320 Come si può osservare, anche se la situazione attuale vede un aumento della produzione di persico in acquacoltura (320 t/anno), la produzione derivante dall‘attività di pesca risulta ancora molto elevata (21.555 t/anno). Resta in ogni caso il fatto che anche se la quantità di persico allevato risulta ancora limitata, essa rappresenta una produzione di nicchia di notevole interesse commerciale. La produzione in Italia, anche se presente, rappresenta ancora una produzione di nicchia molto limitata, spesso effettuata a latere di altre colture o in policoltura estensiva, di cui non si hanno dati di produzione attendibili. PAGINA 28 - Riproduzione controllata Esemplari adulti di pesce persico mantenuti in cattività, possono ovulare spontaneamente, sia in presenza che in assenza di substrati adatti alla deposizione (es. rami sommersi). Per questo motivo, la cattura di riproduttori selvatici in ambiente naturale, pochi giorni prima del periodo riproduttivo, è un‘attività praticata da parte di molti allevatori per la produzione di larve in cattività. La deposizione può avvenire spontaneamente in vasche nelle quali sono presenti entrambi i sessi. La percentuale di fertilizzazione delle uova varia mediamente tra il 65–70% ma può raggiungere anche il 90100%. È anche possibile praticare la fecondazione artificiale a secco con i nastri ovarici, controllando la deposizione da parte delle femmine e la fertilizzazione mediante spremitura diretta dei maschi sopra gli stessi nastri. Con questo metodo si possono ottenere percentuali di fecondazione superiori a quelli della fecondazione naturale (8097%). La riproduzione semi-naturale, in ambiente controllato, è comunque preferita in quanto evita la manipolazione dei riproduttori (Craig, 2001). - Incubazione delle uova I nastri di uova vengono comunemente incubati su fili di supporto o altri tipi di substrati (sia artificiali che naturali), all‘interno di trogoli di acciaio inox che garantiscono una sufficiente ossigenazione delle uova; in alternativa possono essere usati vasi di Zug o McDonald, nei quali il nastro è libero di fluttuare nella corrente idrica ascensionale che si crea al loro interno. Il numero di uova presenti in un nastro può essere stimato effettuando un rapporto fra il peso totale del nastro dopo l‘idratazione e il peso medio delle uova. Nastri prodotti da grosse femmine (1,5 kg) possono essere lunghi anche 2,5 m e contenere più di 120.000 uova (Craig, 2001). II tempo d‘incubazione delle uova è temperaturadipendente ed i dati disponibili indicano un intervallo compreso tra 90 e 243 gradi/giorno (GG)1 dal momento della fertilizzazione alla schiusa. Thorpe (1977) e. Kestemont et al. (1999) hanno osservato che all‘interno di uno stesso nastro, ad una temperatura di 15 °C tra le prime uova che si schiudono e le ultime passano circa 5 giorni, che si riducono a 3 se la temperatura è di 19 C°. I gradi giorno (GG) sono una misura atta ad indicare il regime termico cui un organismo è sottoposto. Il valore si ottiene moltiplicando la temperatura media giornaliera dell‘ambiente di incubazione per il numero di giorni. Ad esempio 10 giorni di tempo per la schiusa ad una temperatura media di 14°C corrispondono a 140 GG. 1 PAGINA 29 - Allevamento dei primi stadi vitali La taglia delle larve risulta molto piccola (≈ 6 mm), paragonabile a quella di piccoli ciprinidi come ad esempio l‘alborella. Le piccole dimensioni alla nascita hanno a lungo limitato lo sviluppo di tecniche di larvicoltura adatte a questa specie. A partire dagli anni ‘90 però, l‘interesse è cresciuto al punto che sono state sviluppate diverse metodologie di allevamento, sia con tecniche estensive che intensive. Le principali problematiche che si devono affrontare per lo svezzamento larvale sono così riassunte: - Le piccole dimensioni dell‘apertura buccale e dell‘intestino - La dipendenza da prede vive - La difficoltà nell‘accettare una dieta formulata in polvere o in micropellet, durante la fase di svezzamento - La fragilità propria delle larve - Il cannibalismo A causa di queste problematiche, nella maggior parte degli allevamenti europei si è preferito, fino a pochi anni fa, adottare tecniche di allevamento estensivo o semiintensivo allevando il persico in laghetti fertilizzati, vasche all‘aperto o gabbie galleggianti. Ultimamente l‘applicazione della tecnica dell‘allevamento con ricircolo dell‘acqua (RAS), dove le condizioni ambientali sono stabili, ha permesso di raggiungere ottimi risultati anche con questa specie. - Allevamento in vasca out-door e in-door L‘allevamento del persico in vasca è sicuramente una delle tecniche più diffuse, presentando molti vantaggi rispetto all‘allevamento in laghetti o in gabbie galleggianti. Tale metodo permette infatti un migliore monitoraggio delle condizioni di allevamento, un maggiore controllo delle malattie, delle parassitosi e del cannibalismo. Come detto in precedenza, le larve di persico alla nascita hanno un‘apertura buccale molto piccola e dipendono da una dieta composta da prede vive almeno per i primi 20 giorni di vita (Tamazouzt et al., 1998). Nella maggior parte dei casi le larve vengono alimentate con zooplancton (es. nauplii di Copepodi), raccolto direttamente in bacini fertilizzati posizionati vicini all‘allevamento. Il plancton viene poi suddiviso per dimensione attraverso una serie di setacci. In mancanza di ciò le larve possono essere allevate utilizzando colture artificiali di rotiferi come Brachionus calyciflorus o nauplii di Artemia salina che permettono ottime performance di accrescimento ed elevati tassi di sopravvivenza. Le larve di persico infatti, possono catturare nauplii di Artemia (420-480 PAGINA 30 μm) già quando hanno raggiunto una lunghezza di 6 mm, raggiungendo percentuali di sopravvivenza anche del 70% rispetto allo stock iniziale (Kestemont et al., 1996). Pur essendo disponibili mangimi di elevata qualità nutrizionale, formulati per larve con apertura buccale molto piccola (< 200 μm), questi non possono essere utilizzati come cibo starter per il pesce persico in quanto difficilmente accettati. In numerose prove, effettuate in cattività, utilizzando mangime artificiale fin dalla nascita, le percentuali di sopravvivenza si sono mostrate molto basse, non superando il 20-30% (Tamazouzt et al., 1998). Sono stati effettuati molto studi per determinare la temperatura ottimale di allevamento del pesce persico, risultata essere compresa tra 21 e 23 °C (Mélard et al., 1996). Larve e post-larve di persico però sopravvivono difficilmente agli sbalzi termici, di conseguenza, la maggior parte degli allevamenti che effettuano svezzamento in vasca utilizzano sistemi RAS dove le condizioni ambientali possono essere grandemente più stabili. Le condizioni di temperatura variabile che caratterizzano le vasche all‘aperto, con ricambio continuo di acqua, consentono sopravvivenze talvolta molto limitate. - Gabbie galleggianti L‘allevamento di pesce in gabbie galleggianti è praticato in modo sempre più diffuso, sia per specie marine che d‘acqua dolce, grazie ai limitati costi dell‘investimento. Il pesce persico è una specie che si presta ad un tipo di allevamento in ambienti confinati (gabbie galleggianti, vasche, ecc.) grazie alle sue abitudini gregarie, alla relativamente bassa aggressività e alla dieta opportunistica (Fontaine et al., 1996). - Pond fertilizzati Anche se l‘allevamento in laghetti fertilizzati è ampiamente praticato in acquacoltura, soprattutto nella porzione orientale dell‘Europa, solo recentemente il persico è stato allevato per scopi commerciali o di ripopolamento con questa tecnica. Storicamente nelle policolture estensive il persico è stato considerato una specie ―invasiva‖ a causa della sua forte competizione alimentare con altre specie allevate (i.e carpa, tinca, ecc..) e la predazione attiva verso le classi giovanili di talune specie. L‘allevamento in laghetti fertilizzati di giovanili di persico destinati ad aziende che effettuano ingrasso e commercializzazione per consumo umano è tradizionalmente praticato in Francia, in Irlanda e nella Repubblica Ceca. Nel Nord della Francia, alcuni allevatori producono persico in monocolture, oppure in policoltura in laghetti di grandi dimensioni, abituando progressivamente gli stock allevati ad accettare una dieta formulata in vasca o PAGINA 31 direttamente nei laghetti. In Irlanda, l‘allevamento di giovanili di persico in laghetto è una tecnica relativamente nuova, in parte a causa della predominanza di allevamenti dedicati ai salmonidi ed in parte alla limitata tradizione e familiarità con le tecniche di acquacoltura estensiva. Nella Repubblica Ceca invece, la produzione di giovanili ed adulti di persico avviene sia in monocoltura che in policoltura, assieme alla carpa. In Italia, a parte in rari casi di policoltura, non sono ad oggi noti esempi di allevamento del persico con questa tecnica. Accanto alla produzione di giovanili di persico, eventualmente abituati ad accettare una dieta formulata, l‘allevamento in laghetto include anche il mantenimento di uno stock di riproduttori e la produzione di pesci di taglia commerciale per la vendita diretta al consumatore. Tra i vantaggi dell‘allevamento del persico in laghetti fertilizzati, il più importante è la grande ―rusticità‖ che caratterizza gli stock e che li rende molto indicati in programmi di ripopolamento. PAGINA 32 2. Studio dell’auto-ecologia del persico del persico nel Lago di Varese 2.1 A TTIVITÀ DI CAMPO Nell‘ambito dello studio, da marzo 2007 fino a giugno 2010 è stata effettuata una campagna di campionamento del persico nel Lago di Varese, mirante a tre principali obiettivi: Studio dell‘auto-ecologia della specie; determinazione della struttura di popolazione (età, taglia media, rapporto tra sessi, ecc..); monitoraggio della riproduzione in ambiente naturale, mediante posizionamento di substrati riproduttivi artificiali (fascine) in diverse zone costiere del Lago. 2.2 RACCOLTA DEI CAMPIONI E ANALISI DEL PESCATO Con frequenza mensile ed in collaborazione con la Cooperativa Pescatori del Lago di Varese, sono state effettuate pescate mediante reti branchiali, cioè reti passive. Nella fattispecie è stata utilizzata la ―perseghera” una rete regolamentare con maglia da 25 mm, 50 metri di lunghezza e 1,2 metri di altezza. Per i campionamenti sono state scelte 3 zone del Lago (Figura 2.1) in base alla profondità, alla tipologia del fondale ed alle zone dove i pescatori professionisti posano solitamente le reti: Zona 1) Gavirate-Biandronno Zona 2) Cazzago Brabbia-Bodio Zona 3) Schiranna-Calcinate del Pesce Sui campioni catturati sono state eseguite le seguenti operazioni: misurazione della lunghezza totale, standard e della circonferenza (cm); determinazione del peso (g); prelievo di gonadi maschili e femminili per il calcolo dell‘indice gonado-somatico e della fecondità assoluta e relativa; prelievo degli stomaci per il successivo esame, in laboratorio, dei contenuti stomacali. PAGINA 33 Figura 2.1: Zone di posa delle reti per i campionamenti ittici. I soggetti catturati (n = 240) presentavano una lunghezza totale compresa tra 14,5 e 29,5 cm ed un‘età compresa tra 1 e 7 anni. La lunghezza massima osservata nei campioni di sesso femminile, è stata di 29,5 cm e quella minima di 10,5 cm (media pesata = 20,5 cm). Nei campioni di sesso maschile invece, la lunghezza massima osservata è stata di 27,5 cm e la minima di 10 cm (media pesata = 18,8 cm). Come si può osservare in Figura 2.2, la maggior parte dei campioni catturati con la maglia da 25 mm, ha un‘età compresa tra 2+ e 4+. Inoltre, sulla totalità dei campioni, circa il 60% è risultato di sesso femminile, il rimanente 40% è risultato composto da maschi e soggetti con sesso indeterminato. Altri Autori riportano in popolazioni naturali di persico, un rapporto tra sessi solitamente 60F:40M, (Goubier et al., 1983; Negri, 1999). Il fatto che le femmine siano preponderanti nel pescato, potrebbe tuttavia dipendere, almeno nel nostro caso, dal metodo di cattura, infatti il minore accrescimento dei maschi rispetto alle femmine potrebbe renderne più improbabile la cattura. L‘efficienza di cattura della maglia utilizzata (25 mm) è più bassa per persici con lunghezza minore di 17 e maggiore di 23 cm. Le reti branchiali infatti, presentano due limiti di selezione: il punto di selezione minima corrisponde alla circonferenza massima del pesce, mentre il punto di selezione massima corrisponde alla circonferenza opercolare. Pesci con una circonferenza massima maggiore del perimetro della maglia non vengono catturati, lo stesso vale per pesci piccoli che riescono a passare attraverso le maglie stesse (Negri, 1999). In Figura 2.3 è riportata la relazione tra la lunghezza del pesce e la sua circonferenza massima. La misura della circonferenza e della lunghezza dei campioni ha quindi permesso di valutare la selettività della maglia da PAGINA 34 25 mm. La relazione mostra che le lunghezze selezionate dalla rete sono proporzionali alle circonferenze massime dei campioni (a 10-14 cm di circonferenza massima corrispondono esemplari con lunghezza compresa tra 18 e 23 cm). Non sono mancati, soprattutto durante i mesi estivi, esemplari di taglia maggiore o minore accidentalmente impigliati nella rete. Figura 2.2: Selezione della maglia da 25 mm utilizzata durante i campionamenti sul Lago di Varese. Figura 2.3: Relazione tra lunghezza totale dei campioni (cm) e la loro circonferenza massima (mm). PAGINA 35 2.3 STUDIO DELL’ACCRESCIMENTO PONDERALE La relazione lunghezza-peso è stata calcolata separatamente per i due sessi tramite la seguente equazione allometrica: Pt = a Lt b dove: Pt è il peso del pesce in grammi, Lt è la lunghezza totale del pesce in centimetri. Dall'analisi dei dati biometrici, sono state ricavate le curve riportate in Figura 2.4. Le equazioni di entrambe le curve, mostrano un coefficiente di regressione pari a 0,98. L‘esponente b assume, in genere nelle equazioni allometriche, un valore prossimo a 3 nel caso in cui la specie ittica in esame presenti un accrescimento isometrico. Il persico tende ad accrescersi maggiormente in larghezza che in lunghezza e nella maggior parte dei casi l‘equazione mostra valori superiori a 3. Nel nostro caso i valori di b sono risultati pari a 3,3 per le femmine e 3,1 per i maschi, valori tipici di specie con accrescimento allometrico (Allen, 1938). Le femmine, a parità di età, hanno una lunghezza totale maggiore rispetto a quella dei maschi. Come verrà riportato in seguito, ciò potrebbe essere dovuto al fatto che i maschi mostrano una maturazione sessuale precoce (dal primo anno di età) rispetto alle femmine (dal secondo o terzo anno di età). Tutto ciò, si tramuta in un enorme vantaggio, dal punto di vista energetico, per le femmine. Infatti, queste ultime potranno sfruttare l‘intero budget energetico, per la crescita somatica, per un più lungo periodo di tempo; viceversa i maschi dovranno investirne una grossa fetta del bilancio energetico per la maturazione del testicolo già dal primo anno di età, mostrando così un minore accrescimento in lunghezza ed in peso (Craig, 2001; LeCren 1951). Tuttavia la differenza in crescita tra i sessi potrebbe anche trovare altre spiegazioni su basi endocrine. La relazione lunghezza-peso viene calcolata di solito per raggiungere due obiettivi: primo per individuare l‘algoritmo che relaziona lunghezza e peso, secondo per poter misurare le variazioni di peso in relazione alla lunghezza, nell‘arco dell‘anno. Si possono così osservare i cambiamenti nella ―condizione‖ del pesce, solitamente analizzata tramite il calcolo dell‘indice di condizione k della specie in studio: k = Pt x 100/ (Lt)3 Dove il peso è espresso in grammi e la lunghezza in centimetri. Tale coefficiente dipende da vari fattori, quali ad esempio: PAGINA 36 La morfologia corporea: un individuo con un corpo affusolato avrà un coefficiente k inferiore rispetto ad un individuo della stessa specie con una corporatura più robusta. I processi riproduttivi: in prossimità della riproduzione la presenza di gonadi mature comporta un aumento del valore di k, soprattutto nelle femmine. Lo stato nutrizionale e di benessere: un individuo di una determinata specie, in buone condizioni di salute e con elevata disponibilità di nutrimento, tenderà ad accumulare più energia nei tessuti, rispetto ad un individuo della medesima specie sottoposto a stress o con scarse disponibilità alimentari. Figura 2.4: Relazione lunghezza-peso per il pesce persico del Lago di Varese (blu = maschi, rosso = femmine). L‘indice di condizione k è stato calcolato in tutti gli individui catturati, per ogni mese di campionamento e mostra un valore medio simile per entrambi i sessi: 1,40 per le femmine e 1,14 per i maschi. In accordo con Le Cren (1951) i valori di k tendono ad aumentare con l‘età per entrambi i sessi. L‘andamento annuale dei valori di k raggiunge un picco, nel periodo pre-riproduttivo corrispondente al mese di febbraio (Figura 2.5). Valori elevati di k si osservano per entrambi i sessi, anche durante il periodo estivo, quando le temperature elevate e l‘abbondanza di alimento nel Lago permettono un veloce accrescimento e la formazione di elevate quantità di lipidi nella cavità intraperitoneale, con conseguente aumento delle dimensioni addominali. Viceversa, durante i mesi invernali, come in tutte le specie eteroterme, il persico si alimenta occasionalmente e tende a stazionare sul fondo del bacino; di conseguenza i valori di k tendono a diminuire. L‘accrescimento del persico infatti non è continuo, risultando massimo tra i mesi di giugno e agosto, mentre appare PAGINA 37 ridotto dal mese di novembre, fino alla primavera (Alessio et al.,1991). Oltre al regime termico del bacino, il fattore di condizione dipende da molteplici variabili che possono influenzare il tasso di accrescimento del pesce, quali disponibilità di cibo, fenomeni gerarchici, cambiamenti ambientali, periodo di sviluppo delle gonadi, disponibilità stagionale delle risorse alimentari, parassitosi ed eventi patologici. Figura 2.5: Andamento del coefficiente di condizione nel persico del Lago di Varese; a) femmine, b) maschi. 2.4 DETERMINAZIONE DELLE CLASSI DI ETÀ E DELL’ACCRESCIMENTO LINEARE La crescita nei pesci non è costante nel tempo, subendo rallentamenti in corrispondenza di scarsa disponibilità di cibo o di basse temperature che rallentano l'attività metabolica. Nelle regioni temperate, le variazioni nel ritmo di crescita sono legate alla marcata stagionalità climatica e vengono ―memorizzate‖ a livello di tutte le strutture ossee (otoliti, scaglie, ossa opercolari, vertebre e raggi ossei delle pinne pettorali) nelle quali la deposizione dei sali minerali avviene con formazione di zone circolari concentriche dette "circuli". a b Figura 2.6: a) Punto di prelievo delle scaglie durante i campionamenti; b) esempio di scaglia ctenoide. PAGINA 38 Sia nelle scaglie che nelle ossa, i circuli possono essere più o meno distanziati tra loro a formare delle bande di addensamento (corrispondenti alla stagione di crescita lenta o invernale), alternate a bande con circuli più diradati (corrispondenti al periodo compreso tra primavera ed inizio dell‘autunno). La regione formata da due bande stagionali successive, corrisponde quindi ad un anno completo di vita ed è definita "zona annuale". Il confine tra una zona annuale e quella successiva, prende il nome di annulo. Nel nostro caso, oltre alle scaglie, prelevate al di sotto della linea laterale vicino alla pinna pettorale (Figura 2.6), sono state utilizzate, per la definizione delle classi di età, anche le ossa opercolari. Nell‘opercolo (Figura 2.7) le zone più opache nelle quali i circuli sono poco evidenti corrispondono alla stagione a rapido accrescimento (primavera-estate), mentre le zone più trasparenti, ben marcate tra una zona estiva e l‘altra, rassomiglianti ad un rilievo dell‘osso, sono le zone ad accrescimento lento (inverno) (Le Cren, 1947). Figura 2.7: Visione di un osso opercolare allo stereomicroscopio (20x), le frecce in nero indicano le zone ad accrescimento lento invernale (annuli). Una volta determinata l‘età dei soggetti catturati, è stato possibile calcolare il tasso di accrescimento lineare della popolazione di persico nel Lago di Varese. Lo studio dell‘accrescimento lineare consiste nel determinare la relazione tra le dimensioni corporee e l‘età del pesce. L‘equazione di von Bertalanffy (VBGF) utilizza dati di taglia e di età e si basa sulla seguente espressione: PAGINA 39 Lt = L∞ [1- exp( -k (t-t0)] dove: Lt è la lunghezza totale del pesce al tempo t; L∞ è la lunghezza di un pesce ad età teoricamente infinita (in termini matematici è l'asintoto della curva descritta dall'equazione); k è un parametro di curvatura che misura la velocità con cui la curva tende all'asintoto; to è un parametro dal significato matematico, che in teoria definisce l'età alla quale il pesce ha una lunghezza pari a zero. L‘equazione di von Bertalanffy applicata ai dati raccolti risulta: entrambi i sessi: Lt = 33,17 (1-e -0,228 (t-1,34)); maschi: Lt = 32,85 (1-e -0,20 (t-1,56)); femmine: Lt = 35,52 (1-e -0,187 (t-1,71)). La Figura 2.8, mostra la relazione lunghezza-età per il pesce persico del Lago di Varese, calcolata attraverso il modello di von Bertalanffy. La curva non mostra il plateau previsto dal modello, probabilmente perché durante i campionamenti non sono mai stati catturati esemplari con età superiore a 7 anni. Per ogni classe di età, si è osservata un‘elevata variabilità delle lunghezze. Questo potrebbe dipendere da due principali fattori: innanzi tutto dalla diluizione temporale della riproduzione, a causa della quale pesci nati all‘inizio della stagione riproduttiva avranno più tempo per accrescersi rispetto a quelli nati alla fine della stessa. In secondo luogo, le femmine di persico mostrano un accrescimento maggiore rispetto ai maschi. Figura 2.8: Relazione lunghezza-età per il pesce persico del Lago di Varese (Lt = 33,17 (1-e -0,228 (t-1,34))). Per poter confrontare l‘accrescimento del persico nel Lago di Varese con quello di altri laghi, è stato calcolato l‘indice Φ’ (Pauly e Munro, 1984) secondo la formula: PAGINA 40 Φ’ = Log (k) + 2Log (L∞) dove k e L∞ sono i parametri calcolati dalla formula di von Bertalanffy. L‘accrescimento del persico dipende da complesse interazioni tra temperatura dell‘acqua (Le Cren 1958; Coble, 1966), densità della popolazione (Rask, 1983), condizioni trofiche del bacino e disponibilità di alimento (Craig, 1978; Rask 1983). La Tabella 2.1 riporta i parametri dell‘equazione di von Bertalanffy (VBGF) calcolati per alcune popolazioni di persico europee, reperiti in letteratura ed i relativi valori di Φ’. Come si può osservare la popolazione di persico del Lago di Varese è tra quelle che mostrano il più elevato tasso di accrescimento con una L∞ pari a 33,17 cm ed un Φ’di 2,39. Tabella 2.1: Tassi di accrescimento del persico in alcune località europee. Tutti i sessi L∞ Sito k Slapton Ley; Enghilterra* ÷ ÷ Lago Pounui; Nuova Zelanda** ÷ ÷ Fiume Po, Italia 18,76 0,408 Lago Trasimeno; Italia* 26,67 0,405 Lago Ijssel, Olanda* 29,40 0,93 Lago di Como, Italia** ÷ ÷ Lago Lugano, Italia* 48,23 ÷ Lago Langtjern, Norvegia** 19,52 0,33 Lago Ainijärvi; Finlandia** 31,06 0,028 Lago Ängersjön; Svezia** ÷ ÷ Lago Stöcksjön, Svezia** ÷ ÷ Lago Trehörningen, Svezia*** ÷ ÷ Lago Piediluco; Italia* 49,09 0,128 Lago di Varese* 33,17 0,102 * Ambiente eutrofizzato ** Ambiente mesotrofico Φ' ÷ ÷ 2,15 2,46 1,43 ÷ ÷ 1,43 ÷ ÷ ÷ 2,49 2,39 Femmine L∞ k 25,00 ÷ 34,80 0,20 ÷ ÷ ÷ ÷ ÷ ÷ 24,60 0,42 ÷ ÷ ÷ ÷ ÷ ÷ 35,34 0,19 32,38 0,16 28,14 0,18 ÷ ÷ 35,52 0,187 *** Ambiente oligotrofico Φ' ÷ 2,39 ÷ ÷ ÷ 2,40 ÷ ÷ ÷ 2,37 2,23 2,15 ÷ 2,37 L∞ 22,00 24,80 ÷ ÷ ÷ 19,00 ÷ ÷ ÷ 27,58 23,34 20,71 ÷ 32,85 Maschi k ÷ 0,25 ÷ ÷ ÷ 0,61 ÷ ÷ ÷ 0,24 0,27 0,27 ÷ 0,200 Bibliografia Φ' ÷ 2,18 ÷ ÷ ÷ 2,34 ÷ ÷ ÷ 2,27 2,17 2,07 ÷ 2,34 Craig, 1974 Jellyman, 1980 Alessio et al., 1991 Lorenzoni et al., 1993 Machiels & Wijsman, 1996 Negri, 1999 Puzzi et al., 2001 Heibo & Vøllestad, 2002 Tolonen et al., 2003 Heibo & Magnhagen, 2005 Heibo & Magnhagen, 2005 Heibo & Magnhagen, 2005 Pedicillo et al., 2008 Questo studio, 2010 I valori di Φ’ riportati, mostrano una variazione in relazione alla latitudine; per latitudini inferiori, il tasso di accrescimento del persico sembrerebbe maggiore rispetto a zone nordcentro-europee. Inoltre, confrontando i valori di k dell‘equazione (VBGF), che descrivono quanto velocemente la popolazione in esame si avvicina alla L∞, si osserva che nelle regioni europee meridionali il valore è più elevato, indicando una maggiore velocità di accrescimento. Questo fatto è confermato anche da Tesh (1955) il quale, attraverso uno studio effettuato su numerose popolazioni di persico presenti in Europa ha definito cinque diversi tipi di accrescimento per la specie: a) molto buono: pesci di 2 anni con lunghezza (Lt) maggiore di 20 cm; b) buono: pesci di 3 anni con lunghezza (Lt)maggiore di 20 cm; c) moderato: pesci di 3 anni con lunghezza (Lt)maggiore di 16 cm; d) scarso: pesci di 3 anni con lunghezza (Lt) minore di 16 cm; e) molto scarso: tutti i pesci con lunghezza (Lt) inferiore a 16 cm. In base ai dati raccolti si può osservare che nel Lago di Varese l‘accrescimento è ―molto buono‖ rispetto agli standard definiti da Tesh; infatti, la lunghezza totale dei persici di 3 anni di età è maggiore di 20 cm. Questo rapido accrescimento potrebbe dipendere sia dalle condizioni trofiche che termiche del Lago di Varese. Hartman (1974) ha osservato che nel Lago di Costanza (Germania) il tasso di accrescimento del persico PAGINA 41 aumentava in relazioni alle condizioni di eutrofizzazione del bacino. Egli suggerisce che l‘incremento di invertebrati acquatici, in relazione all‘aumento della produttività delle acque, permette una maggiore presenza di alimento per la fauna ittica che si riflette poi sulle performance di accrescimento. Oltre a ciò, il Lago di Varese è un corpo d‘acqua poco profondo (profondità media 10,7 m) e durante la stagione estiva, nelle acque epilimniche la temperatura supera normalmente i 20 °C, raggiungendo anche valori compresi tra 25 e 28 °C tra luglio e agosto (Canziani e Crosa, 2005). Come riportato da Ferguson (1958) e Hokanson (1977), questo range di temperature è molto vicino all‘optimum fisiologico della specie, che è compreso tra 21 e 25,4 °C. Inoltre una serie di esperimenti dimostrano che la temperatura ottimale alla quale il persico mostra il maggiore tasso di crescita è 23 °C (Mélard et al., 1996). Di conseguenza le caratteristiche del bacino, le temperature moderatamente elevate durante il periodo estivo e l‘elevato livello di trofia delle acque potrebbero essere i principali fattori che permettono al persico di mantenere buone performance di accrescimento nel Lago di Varese. 2.5 DETERMINAZIONE DELLO SPETTRO ALIMENTARE I campioni di apparato digerente prelevati (n = 215) e conservati in formalina al 4%, sono stati osservati in laboratorio allo stereoscopio. Per il riconoscimento delle categorie alimentari e la classificazione in laboratorio, sono stati utilizzati appositi manuali: ―Guide per il riconoscimento delle specie animali delle acque interne Italiane” (Consiglio nazionale per le Ricerche, 1977-1983). Per l‘analisi dello spettro alimentare è stato utilizzato il metodo ―Frequency of occurrence method” riportato da McCormack (1970); mediante il quale il numero di individui appartenenti a ciascuna categoria di alimento viene determinato per ogni stomaco ed espresso come percentuale sul totale delle categorie osservate. In base al grado di riempimento, gli stomaci sono stati divisi in 6 diverse categorie: vuoti, 5%, 10-20%, 30-60%, 70-80%, 90-100%. Come mostrato in Figura 2.9, sulla totalità dei campioni catturati, si è osservata una forte preponderanza di stomaci vuoti (n = 69). Questo potrebbe dipendere dal fatto che spesso, soggetti immagliati in reti branchiali, a causa del forte stress, espellono il contenuto stomacale. In Figura 2.10 sono riportate le principali categorie alimentari osservate durante l‘analisi dello spettro alimentare del persico. Come si può osservare, le categorie maggiormente rappresentate, sia in termini di frequenza di comparsa che di abbondanza relativa, durante tutto l‘arco dell‘anno, sono quelle dei Chironomidi e dei Chaoboridi. In alcuni PAGINA 42 casi queste due famiglie di Ditteri, rappresentavano l‘unica categoria alimentare presente negli stomaci. Ciò potrebbe dipendere sia dalla loro grande abbondanza nel bacino che dal loro ciclo vitale. Infatti, soprattutto i Chaoboridi presentano un comportamento misto platonico-bentonico, spostandosi nella colonna d‘acqua, in relazione alle condizioni di ossigenazione delle acque ed allo stadio vitale raggiunto. Le pupe, prima della ―schiusa‖, migrano verso la superficie dell‘acqua in folti gruppi, facilmente individuabili e predabili da parte del persico. Figura 2.9: Percentuale di riempimento degli stomaci analizzati. Anche lo zooplancton è ben rappresentato negli stomaci analizzati: Daphnia cucullata, D. hyalina, Leptodora kindtii e Cyclops abyssorum sono le specie maggiormente predate dalla specie nel bacino. Dati di letteratura attribuiscono una vera e propria pressione selettiva del persico sulle componenti della fauna zooplanctonica, in tutti gli stadi vitali, da larva a pesce adulto, anche se non mancano fluttuazioni stagionali legate ai cicli vitali delle specie (McCormack, 1970; Guma‘a, 1978a). Anche nel nostro caso lo zooplancton è stato osservato in tutte le classi di età dei persici catturati. Da giugno in poi, tra le categorie alimentari osservate negli esemplari con età > 2+, spiccano per importanza giovanili di scardola (S. erythrophthalmus), di gardon (R. rutilus) e di gambero americano (O. limosus) (Figura 2.10). Secondo Alessio et al. (1991), l‘ittiofagia sarebbe il principale orientamento trofico del persico nel bacino del fiume Po e tale tendenza aumenterebbe con la taglia. Secondo l‘Autore, le specie ittiche maggiormente PAGINA 43 predate dal persico sono in ordine di importanza: alborella (Alburnus a. alborella), persico % di comparsa sole (L. gibbosus) cavedano (L. cephalus) e scardola (S. erythrophthalmus). Figura 2.10: Principali categorie alimentari osservate nella dieta del persico del Lago di Varese, 2008-2009. PAGINA 44 Durante le fasi di accrescimento, nel persico avvengono due shift ontogenetici, accompagnati sia da una differenziazione delle categorie di alimento predate sia da cambiamento a livello morfologico (Hjelm et. al, 2000). La dieta dei persici 0+ è per lo più dominata dallo zooplancton. Al primo shift i persici si cibano in maniera preponderante di macroinvertebrati bentonici. Le maggiori capacità evasive di questa categoria di prede, richiedono un aumento significativo dell‘apertura buccale, una compressione laterale del corpo ed un maggiore sviluppo delle pinne pettorali, elementi che garantiscono un‘alta precisione di manovra e di puntamento della preda. Il secondo shift ontogenetico avviene solitamente in persici con età compresa tra il primo ed il secondo anno di vita e comporta un passaggio all‘ittiofagia. Ciò richiede un corpo più affusolato ed un peduncolo caudale robusto al fine di poter dare una buona spinta propulsiva durante la cattura delle preda. Anche le dimensioni dell‘apertura buccale aumentano in modo da consentire un‘azione di suzione dell‘acqua ed un tempo di ―handling‖ (tempo che intercorre dalla cattura all‘ingestione) ragionevolmente agevole. Nel Lago di Varese, mancando l‘alborella, l‘ittiofagia del persico risulta ritardata o comunque meno evidente ed è osservabile per lo più nei mesi estivi ed all‘inizio dell‘autunno, quando il persico preda avannotti o giovanili di scardola e gardon (2-8 cm). Queste due specie, per via del loro veloce accrescimento non sarebbero molto adatte per il persico che ha una accrescimento lento e dimensioni della cavità buccale relativamente grandi. La Tabella 2.2 riporta un confronto tra l‘accrescimento dell‘alborella e della scardola in Italia settentrionale. Come si può osservare, a parità di età, la scardola mostra una dimensione superiore rispetto all‘alborella. Il persico quindi può accedere a questa risorsa solo in quei mesi dell‘anno in cui sono presenti le classi giovanili della specie (estate ed autunno). Tabella 2.2: Confronto del tasso di accrescimento della scardola e dell‘alborella in Nord-Italia. (Puzzi et al., 2001). Specie Scardola (S. erythrophthalmus ) Alborella (A. a. alborella ) Classi di lunghezza (cm) Età 0+ Età 1+ Età 2+ 5–8 12–14 > 15 3–4 6–8 8–10 L‘alborella invece mantiene dimensioni ridotte anche durante la fase adulta (4+, 10-12 cm) rappresentando la specie foraggio per eccellenza nei laghi pre-alpini. La mancanza dell‘alborella, nel Lago di Varese potrebbe quindi risultare un fattore limitante l‘accrescimento del persico, soprattutto durante la fase adulta. La mancanza della PAGINA 45 specie foraggio inoltre potrebbe innescare fenomeni di predazione intraspecifica (cannibalismo) che viene spesso osservata in popolazioni naturali di persico (Le Cren et al.,1977). Nel nostro caso, avannotti o giovanili di persico non sono mai stati osservati negli stomaci analizzati, probabilmente grazie all‘elevata produttività ed alla conseguente abbondanza di macroinvertebrati bentonici; tuttavia la presenza di cannibalismo non può essere esclusa. In conclusione, il persico può essere definito una specie opportunista, infatti, le categorie alimentari osservate, dipendono per lo più dalla loro abbondanza in ambiente naturale e seguono una certa stagionalità. Curioso è comunque il fatto che, malgrado le problematiche che il persico del Lago di Varese incontra nella ricerca delle prede ittiche, la sua crescita, confrontata con quella di altri laghi, risulta comunque elevata. Ciò potrebbe appunto dipendere dallo spiccato opportunismo e da una certa plasticità della sua dieta. 2.6 POSSIBILE COMPETIZIONE INTERSPECIFICA CON SPECIE ALLOCTONE Le specie alloctone sono definite come non naturalmente appartenenti ad un determinato ecosistema, venendone però a far parte attivamente o passivamente (Delmastro, 1986). L‘introduzione in ambiente naturale di specie alloctone, è una questione di rilevante interesse viste le motivazioni che spesso spingono a questo tipo di pratiche faunistiche. Occorre qui sottolineare che l‘immissione di specie alloctone in ambiente naturale è sempre causa di squilibri nell‘ecosistema, inoltre raramente i risultati si dimostrano di qualche utilità. E‘quindi opportuno distinguere due categorie principali di immissioni: immissioni volontarie ed immissioni involontarie. Le immissioni volontarie possono essere effettuate per vari motivi, tra i quali il valore economico-commerciale, specialmente per quanto riguarda le specie più richieste dal mercato per il consumo umano e che possono garantire una buona produzione. Un'altra causa di immissioni volontarie è la biomanipolazione, una pratica sempre più diffusa nella gestione ecologia delle acque: si sfruttano le potenzialità di determinate specie ittiche e le interazioni con altre specie animali e vegetali, per esercitare un‘azione di controllo sulla comunità, per risolvere particolari problemi ecologici o sanitari. Un‘altra motivazione per le immissioni di specie ittiche alloctone è rappresentata dal fattore estetico-ornamentale che può spingere a popolare le acque pubbliche, oltre a laghetti privati ed agli acquari degli appassionati, di specie alloctone. E‘ così che sono comparsi il persico sole (Lepomis gibbosus), ed il classico pesce rosso (Carassius auratus) (Giussani, 1997). PAGINA 46 Le immissioni involontarie sono generalmente causate da negligenza, carenze ed inadeguatezze legislative e/o di vigilanza. Si possono così rinvenire nelle acque interne, specie che possono avere un impatto devastante sulle popolazioni autoctone oltre che sugli interi ecosistemi locali, causando danni talora irreversibili. Purtroppo a questo proposito si deve registrare un‘eccessiva intraprendenza di alcune associazioni di pescatori che intervengono nella gestione della fauna ittica, attuando ripopolamenti non autorizzati, che rappresentano un possibile fattore di rischio ecologico. Molto spesso l‘uso di ―pesci esca‖ (acquistati liberamente sul mercato) o le immissioni a scopo di ripopolamento di "pesce bianco" non meglio identificato, magari proveniente dall‘Europa Centrale, sono state le cause di immissione di pesci alloctoni come è successo per il rodeo amaro (Rodeus amarus) (Giussani, 1997). L‘introduzione di una o più specie esotiche in un certo ambiente, può causare a volte, alterazioni nella comunità biologica preesistente (Li e Moyle, 1993). Le introduzioni più disastrose e spesso irreversibili sono quelle che causano riduzioni o addirittura estinzioni di specie autoctone a favore delle nuove. Si assiste ad uno sconvolgimento delle caratteristiche originarie dell‘ecosistema con un progressivo impoverimento del numero di specie e quindi una riduzione della biodiversità. Questa maggiore uniformità delle comunità ittiche, la diminuzione del numero di specie e la perdita di endemismi importanti, spesso a favore di specie infestanti, sono tra le conseguenze negative delle introduzioni di specie alloctone. 2.6.1 Il pesce gatto ed il gardon Il pesce gatto ed il gardon (Scheda 2.1 e Scheda 2.2) sono considerati tra i principali competitori del pesce persico, in quanto hanno uno spettro alimentare molto simile a quest‘ultimo. Entrambe le specie sono state immesse nel Lago di Varese volontariamente da pescatori dilettanti, per scopi sportivi. Il pesce gatto è presente nel bacino da più di 20 anni, ma ha mostrato una forte crescita demografica dalla fine degli anni ‘90. Il gardon invece è presente nel bacino dagli inizi del 2000 ed è tutt‘ora in forte espansione. Entrambe le specie si sono adattate molto bene e sono ben rappresentate in tutte le classi di età. La veloce diffusione del gardon all‘interno del bacino padano-veneto è per lo più imputabile al suo utilizzo da parte di pescatori dilettanti come esca viva. Il gardon risulta essere un forte competitore alimentare oltre che con il persico, anche con il pigo (Rutilus pigus) ed il triotto (Rutilus erythropthalmus), con i quali, inoltre, può incrociarsi efficacemente appartenendo allo stesso genere (Bellani et al., 2007). PAGINA 47 Scheda 2.1: Caratteristiche generali del gardon. Gardon Ordine Famiglia Genere Specie Cypriniformes Cyprinidae Rutilus Rutilus rutilus Bocca mediana, livrea grigio scuro con Morfologia sfumature verdastre. Pinne di colore Provenienza Habitat arancione o rossastro Est-Europa e Asia Lentico e lotico Onnivoro opportunista (zooplancton, Abitudini alimentari fitoplancton, materiale vegetale, benthos, Taglia massima Maturità sessuale Fecondità pesce) 1,5 kg (40 cm) 2-3 anni di età 4.000-80.0000 uova per femmina Scheda 2.2: Caratteristiche generali del pesce gatto. Pesce gatto Ordine Famiglia Genere Specie Siluriformes Icatluridi Ictalurus Ictalurus melas Corpo arrotondato nella porazione anteriore, privo di scaglie, livrea verde Morfologia giallastra, bocca ampia e presenza di barbigli. Pinne pettorali e dorsale muinite Provenienza Habitat di raggio spiniforme America del Nord Lentico Onnivoro opportunista (zooplancton, Abitudini alimentari fitoplancton, materiale vegetale, benthos, Taglia massima Maturità sessuale Fecondità pesce) 1,5 kg (45 cm) 2-3 anni di età 4.000-100.000 uova per femmina 2.6.2 Ampiezza di nicchia ecologica e competizione interspecifica Secondo Sumari, (1971), Andersson et al., (1978), Perrson, (1983a-b, 1990, 1997), il rutilo (Rutilus rutilus) il pesce gatto (Ictalurus melas) ed il lavarello (Coregonus sp.) sono considerate le principali specie competitrici del pesce persico per quanto riguarda le risorse alimentari. In particolare rutilo e pesce gatto, entrambi eurifagici ed opportunisti, sono da considerarsi dannosi per la catena trofica dei bacini in cui vengono introdotti. Per poter determinare la presenza di fenomeni competitivi tra gardon, pesce gatto e PAGINA 48 persico, nel Lago di Varese, sono stati innanzitutto riportati i dati sulle abitudini alimentari delle tre specie. Lo spettro alimentare del gardon è stato definito grazie ad una campagna di campionamento, attivata nel corso del 2009, finalizzata allo studio dell‘ecologia della specie nel Lago di Varese. Per quanto riguarda i dati sulla dieta del pesce gatto, sono stati invece ricavati da un precedente lavoro di tesi, svoltosi tra il 2002 ed il 2004, incentrato sullo studio della biologia di questa specie nel Lago di Varese. Il primo passo per poter definire la presenza di fenomeni competitivi, è stato quello di calcolare l‘ampiezza di nicchia trofica per le tre specie. In Tabella 2.3 sono riportati i dati relativi alle principali categorie alimentari predate dalle tre specie, tra i mesi di giugno e luglio. I dati sono stati utilizzati per il calcolo dell‘ampiezza delle nicchie ecologiche mediante l‘applicazione dell‘indice di Levins: Bn = 1 / R pi 2 i Dove: pi = proporzione della risorsa i utilizzata dalle specie; R = numero totale delle risorse. Valori di Bn vicini ad 1 indicano che le risorse sono utilizzate in proporzioni simili dalle specie in studio (equidistribuite) mentre valori vicini allo 0 indicano uno scarso utilizzo della risorsa. I valori dell‘indice mostrano ampiezze di nicchia simili per le tre specie: 0,30 per il persico, 0,31 per il pesce gatto e 0,36 per il rutilo (vedasi Tabella 2.3). La maggiore ampiezza della nicchia del gardon è dovuta alla presenza negli stomaci, per quasi il 40%, di materiale vegetale. Tabella 2.3: Frequenze relative delle categorie alimentari per pesce gatto e rutilo nel Lago di Varese (giugnoluglio). Categorie alimentari Chironomidi Chaoboridi Oligocheti S.erythrophthalmus O. limosus Cladoceri Copepodi Materiale vegetale Numero totale di stomaci Specie Pesce gatto 0,04 0,55 0,10 0,01 0,05 0,20 0,02 0,05 Rutilo 0,01 0,41 0,01 0,00 0,00 0,22 0,05 0,30 Persico 0,04 0,60 0,01 0,08 0,05 0,20 0,02 0,00 217 120 200 PAGINA 49 L‘utilizzo di questo indice tuttavia produce un paradosso, infatti le risorse non hanno le stesse abbondanze in ambiente naturale. Possono risultare popolazioni di pesci che si cibano di un numero ridotto di categorie alimentari effettuando una vera e propria selezione delle prede oppure altre che selezionano un determinato tipo di categoria in relazione all‘ abbondanza in ambiente naturale, anche stagionale (Smith, 1982). L‘equazione di Levins infatti, non tiene conto della reale disponibilità della risorsa nell‘ambiente. Questo problema può essere risolto applicando l‘indice di elettività (E) di Ivlev (1961), il quale integra il dato della dieta con quello delle abbondanze relative delle categorie nell‘ambiente. Per il calcolo dell‘indice abbiamo utilizzato solo i dati di abbondanza relativa, riguardanti le categorie alimentari osservate in tutte e tre le specie in questione: Cladoceri, Copepodi, Chaoboridi, Chironomidi e Oligocheti (Tabella 2.4). L‘indice è stato calcolato attraverso la seguente formula: Ei = ri – pi / ri + pi Dove: ri = quantità relative di ogni categoria alimentare negli stomaci analizzati, espressa in percentuale sul totale; pi = quantità relativa della stessa categoria alimentare presente in catena trofica, espressa in percentuale sul totale (Costa e Cummins, 1972). I risultati ottenuti, dal calcolo dell‘indice E, vengono interpretati come grado di selettività per ognuna delle categorie alimentari osservate. Anche in questo caso un valore pari ad 1 indica un elevato grado di selezione per una determinata categoria alimentare, un valore negativo o vicino allo 0 indica invece una bassa selettività per quel determinato alimento. Quindi, interpretando il dato ottenuto, valori bassi dell‘indice possono indicare, sia una dieta opportunistica e non specializzata oppure una grande abbondanza di una determinata risorsa nell‘ambiente. Nel nostro caso l‘indice di Ivlev, calcolato per le diverse categorie alimentari (vedasi Tabella 2.4), risulta equamente basso ed in alcuni casi assume anche valori negativi (Figura 2.11). Inoltre, l‘indice mostra valori positivi solo per la categoria dei Chaoboridi, con un massimo di 0,33 calcolato per il gardon. Ciò è dovuto probabilmente alla grande abbondanza di tale risorsa nell‘ecosistema lacustre e dal fatto che le tre specie non sono specializzate nel consumo di nessuna delle cinque categorie analizzate. Tabella 2.4: Abbondanze relative delle varie categorie alimentari presenti nel Lago di Varese, usate per il calcolo dell‘indice di Ivlev (OLL, 2004). PAGINA 50 Collocazione Zooplancton Benthos Famiglia Cladocera Copepoda Densità media annuale (ind./ m3) 32.000 13.000 Totale 45.000 Chironomidae Chaoboridae Oligochaeta Densità media annuale (ind./ m2) 500 720 370 Totale 1.590 Figura 2.11: Valori calcolati dell‘indice di Ivlev per persico, pesce gatto e rutilo. Come si osserva solo la classe dei Chaoboridi assume valori positivi degni di nota. Ciò indica una scarsa specializzazione della dieta delle tre specie. L‘ipotesi di sovrapposizione di nicchia invece è stata esaminata utilizzando per il calcolo, il numero totale di categorie alimentari identificate negli stomaci delle tre specie analizzati, applicando l‘indice di MacArthur-Levins: pp p ij kj Oik j ij 2 j Dove: pij = è la proporzione della risorsa j usata dal consumatore i pkj = e la proporzione della risorsa j usata dal consumatore k Questa equazione è strettamente legata al calcolo del coefficiente di competizione calcolato poi per le tre specie in questione applicando l‘indice di Lokta-Volterra (in Pianka, 1973): PAGINA 51 pp ij kj Oik j p p ij 2 j kj 2 j Dove pi è la frequenza di una certa categoria nella dieta. La stima circa la possibilità di sovrapposizione di nicchia tra le specie, mediante l‘applicazione dell‘indice di MacArthur-Levins, indica questo evento come probabile, infatti i valori ottenuti sono: 0,91 tra persico e pesce gatto e 0,70 tra persico e gardon. Anche in questo caso, valori vicini allo zero indicano una bassa sovrapposizione di nicchia, viceversa valori vicini all‘unità indicano un‘ampia sovrapposizione (MacArthur e Pianka, 1966). Allo stesso modo, i valori dell‘indice di Lotka-Volterra (indice di competizione interspecifica) calcolati mostrano valori molto vicini all‘unità: 0,94 per persico e pesce gatto e 0,70 per persico e rutilo (Tabella 2.5). Tabella 2.5: Risultati degli indici applicati alle tre specie (persico, pesce gatto, rutilo) nel Lago di Varese. Indici Levins (ampiezza di nicchia) McArthur-Levins (sovrapp. di nicchia) Lokta-Volterra (competizione) Specie Persico Pesce gatto 0,30 0,31 Persico-P. gatto 0,91 0,94 Rutilo 0,36 Persico-Rutilo 0,70 0,70 I risultati ottenuti, mediante l‘applicazione degli indici sopraccitati, permettono di concludere che le tre specie hanno abitudini alimentari simili, per lo più opportunistiche e legate alle abbondanze relative delle prede nel bacino. Inoltre, anche se gli indici di sovrapposizione di nicchia e di competizione mostrano valori elevati, fino a quando le risorse alimentari non risulteranno limitate ma resteranno diversificate ed abbondanti si potrà escludere l‘insorgenza di fenomeni competitivi tra le tre specie. Resta comunque il fatto che i tre spettri alimentari sono molto simili e se una o più categorie alimentari dovesse drasticamente diminuire e divenire così un fattore limitante, potrebbero innescarsi meccanismi antagonistici interspecie con un conseguente aggravio dei disequilibri all‘interno della catena trofica. Inoltre bisogna tenere conto della lenta ma costante riduzione del livello di eutrofia in atto nel bacino. La diminuzione dei nutrienti come il fosforo, che in passato erano apportati da scarichi fognari non trattati, sta infatti comportando una riduzione della trofia delle acque con conseguenze sulle capacità produttive ed impoverimento della rete trofica. Gerdeaux et al. (2006) riportano che in PAGINA 52 molti laghi prealpini francesi e svizzeri, la re-oligotrofizzazione2 in atto ha comportato una forte diminuzione dei ciprinidi e dei percidi con un vantaggio dei coregonidi che mostrano una forte ripresa demografica. Anche nel Lago di Varese, una riduzione della produttività potrebbe provocare un cambiamento degli equilibri della catena trofica con conseguenti scompensi nelle popolazioni di percidi e ciprinidi. Ciò potrebbe innescare fenomeni, non solo di competizione inter-specifica ma anche di competizione intraspecifica all‘interno delle coorti di persico. Molti Autori (Persson, 1983; 1990; Vøllestad, 1985; Bergman, 1990), si sono concentrati sullo studio dei possibili effetti negativi derivanti dall‘introduzione del gardon su popolazioni di persico in alcuni laghi dell‘Europa Centro-Settentrionale. Dal punto di vista della nicchia ecologica, le due specie presentano notevoli differenze, infatti, il persico è una specie strettamente carnivora che si ciba per lo più di altre specie ittiche, benthos e zooplancton, mentre il gardon è una specie eurifagica che può utilizzare sia risorse animali che vegetali (detrito, alghe verdi, ecc.). Il gardon inoltre è considerato un ―low cost feeder‖ (utilizza poche energie nella ricerca del cibo). Il foraggiamento della specie è caratterizzato da un‘alta velocità media di nuoto, molto regolare in modo da mantenere basso il costo metabolico dell‘azione natatoria e nella ricerca del cibo. Questa caratteristica permette alla specie di nutrirsi anche di zooplancton di piccole dimensioni mantenendo una sufficiente ―energy intake‖ tenendo conto dei costi energetici della predazione. Lo zooplancton di piccole dimensioni, il detrito, le alghe, costituiscono risorse aggiuntive a quelle condivise con il persico (benthos e zooplancton), aumentando le dimensioni della nicchia ecologica e favorendo il rutilo in ambienti in cui queste risorse abbondano (Stenson, 1979). Secondo gli autori, l‘ampiezza della competizione tra le due specie dipende dalla presenza di altri competitori, dalla distribuzione delle risorse nell‘habitat e dalle dimensioni della popolazione di gardon. Diventano fondamentali gli assunti di Shoener (1983) e Werner (1986), secondo i quali, quando la densità di gardon supera il rapporto di 10:1 rispetto al persico, la probabilità che si inneschino fenomeni competitivi a favore del gardon è molto elevata. Si ha motivo di ritenere, ad esempio, che nel Lago Maggiore questo rapporto sia già stato superato da tempo. Persson (1983) riporta inoltre che il calo della popolazione di persico nel Lago Sövdeborgssjön (Svezia) è stato causato alla forte competizione con il gardon. Infatti, secondo l‘autore, la riduzione delle risorse alimentari disponibili, soprattutto durante il periodo estivo, provoca un rallentamento della crescita nei giovani persici che non riescono più ad attingere alla risorsa zooplanctonica (competizione intraspecifica). Ciò comporta una maggior Re-oligotrofizzazione: termine che indica il processo di miglioramento dello stato trofico (riduzione della concentrazione di fosforo) delle acque di un corpo idrico. 2 PAGINA 53 esposizione alla predazione, con il risultato che un minor numero di persici arriva all‘età riproduttiva (bassa eterogeneità della popolazione). Le popolazioni di persico risultano così mal strutturate con una forte presenza di giovanili ed una bassa presenza di esemplari più anziani. Fenomeno analogo potrebbe verificarsi anche nel Lago di Varese, se tentativi di riduzione del fosforo abbassassero la produttività del Lago, causando competizione e sovrapposizione di nicchia tra il persico ed il gardon. Bisogna comunque tenere conto che, da un punto di vista ecologico, il gardon potrebbe essere vista come un‘ancora di salvezza le specie predatrici presenti nel Lago come luccio, lucioperca, ecc.. in quanto rappresenta anche se per un periodo di tempo limitato (max. età 2+-3+) un‘ottima specie foraggio che in parte ha sopperito, alla forte diminuzione dell‘alborella. Resta inoltre il fatto che il gardon, anche se si stanno spendendo molti sforzi per aumentare l‘interesse per il consumo umano, è una specie difficile da lavorare e da commerciare. Superata una certa taglia le spine intramuscolo diventano difficili da ―eliminare‖ e ciò compromette la possibilità di vendita del filetto anche dopo lavorazione (affumicatura, marinatura, ecc..). Nel corso di una sperimentazione sulla riva piemontese del Lago Maggiore, la taglia media catturata è stata di circa 200 g, già al limite della possibilità di lavorazione. Lo scarso interesse commerciale, le difficoltà della lavorazione delle carni ed i quantitativi pescati (a volte > di 200 kg per giorno) fanno del gardon un vero e proprio flagello per la pesca professionale, almeno per il momento. 2.6.3 Possibile impatto del pesce siluro sul persico nel Lago di Varese - Il pesce siluro Silurus glanis (Figura 2.12), conosciuto volgarmente come pesce siluro, è un pesce d'acqua dolce appartenente alla famiglia dei Siluridae ed all'ordine Siluriformes. È una specie autoctona in tutta l'Europa centro-orientale, è presente a Nord fino all'estremo meridione della Finlandia e della Danimarca, a Sud fino alla Grecia settentrionale ed alla Turchia, ad Est nel bacino del Danubio, e ad Ovest nei principali bacini fluviali francesi e in Spagna fino al bacino dell‘Ebro. E' stato introdotto in Italia da circa mezzo secolo e si è largamente diffuso soprattutto nei bacini del Po e dell‘Adige. Più recentemente è stato introdotto in Italia centrale (fiumi Arno e Tevere). In Lombardia è diffuso ormai in tutti i principali laghi prealpini (Lago di Varese, Lago di Monate, Lago di Comabbio, Lago Maggiore e Lugano). Una delle principali caratteristiche della specie, è innanzi tutto, la sua grande plasticità ecologica, che gli consente di colonizzare ambienti molto diversi tra PAGINA 54 di loro in relazione alle caratteristiche idrologiche e morfologiche. Ciò gli permette di mantenere una posizione di netto vantaggio rispetto alle altre specie originarie del bacino padano, coprendo inoltre la posizione di predatore dominante della catena trofica. I suoi habitat ideali sono costituiti dai grandi fiumi di pianura, ma lo si trova spesso anche in paludi, stagni, laghi, lanche, bracci morti e canali di bonifica. È una specie bentonica ed ama nascondersi tra rami e fanghiglia, riposando durante la maggior parte della giornata. Caccia durante le ore notturne, posizionandosi spesso nelle zone d'acqua più vicine alla riva. Figura 2.12: Esemplare di pesce siluro catturato nel Lago di Varese. In acque molto limpide mostra livree tendenti a sottolineare il contrasto tra dorso nero e ventre bianco. In acque torbide assume colorazioni tendenti al marrone fino a giungere al giallo screziato tipico degli esemplari che vivono in paludi e laghi molto produttivi. Raggiunge dimensioni variabili, in relazione all'habitat in cui si trova. In Kazakistan, così come lungo il corso dei fiumi Danubio, Po ed Ebro, arriva alla sua massima taglia, che corrisponde a 280 cm circa. Il pesce siluro è tra i maggiori predatori delle acque interne europee e si nutre di pesci vivi o morti, vermi, larve e quant'altro possa trovare sul fondo. Nello specifico, durante la fase giovanile, la sua alimentazione è composta da invertebrati bentonici e piccoli pesci, mentre nella fase adulta si alimenta di qualsiasi specie ittica, consumando una quantità giornaliera pari al 3% del peso corporeo. Non mancano casi in cui il siluro preda piccoli volatili che si avvicinano alla superficie dell‘acqua, anfibi o piccoli mammiferi (ratti o topi). PAGINA 55 Le problematiche legate alla presenza del pesce siluro nelle acque interne italiane, sono svariate e vanno dalla competizione interspecifica, alla predazione attiva su specie autoctone pregiate, come tinca, barbo, persico, ecc. Nel Lago di Varese il siluro è presente da alcuni anni e sembra sia arrivato nel bacino attraverso il Canale della Brabbia che unisce il Lago di Varese al Lago di Comabbio. Le catture di siluro nel Lago di Varese, hanno mostrato un costante aumento negli ultimi 5 anni ed ora la specie è sottoposta ad un piano di abbattimento partito nel 2009. Figura 2.13: Immersioni per il controllo e la cattura di esemplari di siluro nel Lago di Varese. Per poter definire le abitudini alimentari della specie, il suo accrescimento ed il possibile impatto negativo sulla popolazione di persico reale, a partire da marzo 2008, all‘interno del progetto PERLAVAR è stata avviata una campagna di cattura specifica rivolta alla specie. I campioni sono stati catturati con diverse metodologie: reti regolamentari (tremaglio), bertovelli posizionati vicino alle rive del bacino, canna da pesca, traina dalla barca ed infine, da Marzo 2009, mediante pesca subacquea (Figura 2.13). Quest‘ultima è stata praticata con due squadre operative, ciascuna munita di due fucili subacquei. Le immersioni iniziavano all‘incirca un‘ora prima del tramonto fino PAGINA 56 all‘imbrunire, momento in cui siluri sono soliti avvicinarsi alle zone litorali del bacino per cacciare. In totale sono stati catturati 122 esemplari di siluro di cui 16 mediante pesca subacquea. Su ogni campione sono state eseguite le seguenti operazioni: Misurazione lunghezza totale e standard (±1 mm). Determinazione del peso corporeo (± 10 g). Prelievo delle pinne pettorali per la determinazione delle classi di età. Prelievo dell‘apparato digerente per il monitoraggio della dieta della specie. - Determinazione dell’età La peculiarità della cute del pesce siluro, priva di scaglie e ricoperta da uno spesso strato di muco, non ha consentito di usare il metodo scalimetrico (analisi delle scaglie) per la determinazione dell'età. Pertanto si è scelto il metodo, altrettanto valido, dell‘osservazione di sezioni sottili del primo raggio osseo delle pinne pettorali. a b c Figura 2.14: a) Posizione di taglio delle ossa di siluro; b)taglio dell‘osso con l‘ausilio di un trapano; 3) osservazione al binoculare delle sezioni ottenute e conta degli annuli. Le pinne, conservate a -20°C all'interno di provette, sono state poi sottoposte a bollitura in acqua in modo tale da eliminare più facilmente i tessuti molli presenti. La pulizia finale è PAGINA 57 avvenuta tramite sfregamento con uno spazzolino morbido in modo tale da eliminare definitivamente tutti i tessuti che circondano l'osso. Una volta pulite, le ossa sono state poi tagliate in posizione prossimale (Figura 2.14-a) con l‘ausilio di una piccola fresa da trapano (Figura 2.14-b), in questo modo è stato possibile ottenere sezioni di circa 700-800 μm osservabili al binoculare (Figura 2.14-c). Risultati I 122 campioni catturati hanno fatto registrare un peso medio di 4.8 kg ed una lunghezza media di 75,5 cm. L‘esemplare più piccolo catturato presentava un peso di 90 g ed una lunghezza di 24 cm, mentre quello più grande pesava oltre 41 kg e presentava una lunghezza di 190 cm. I campioni catturati avevano un‘età compresa tra 0+ e 9+. Figura 2.15: Dieta del siluro nel Lago di Varese, in relazione alle classi di lunghezza catturate. L‘analisi dei contenuti stomacali ha mostrato che il siluro, nel Lago di Varese, subisce durante la sua crescita, tre differenti cambiamenti di dieta. Fino a 60 cm di lunghezza si ciba per lo più di benthos e specie ittiche legate alla vita di fondo, come il persico sole (L. gibbosus), il persico reale soprattutto nei mesi invernali e le due specie di astacidi Procambarus clarkii e Orconectes limosus, molto abbondanti nel bacino (Figura 2.15). PAGINA 58 Da 60 a 100 cm invece, si osserva un forte aumento della presenza della scardola (S. erythrophthalmus), del pesce persico e del persico sole con ancora una forte preponderanza degli astacidi. Ad una misura compresa tra 100 e 160 cm, anche se le due specie di gambero ricoprono ancora grande importanza nella sua dieta, scardola e carassio risultano essere le due categorie alimentari maggiormente rappresentate negli stomaci (Figura 2.15). Analizzando le classi di necton catturate si osserva che il pesce persico rappresenta percentuali variabili nella dieta del siluro comprese tra il 15 ed il 18% (Figura 2.15). La taglia media dei persici osservati è stata di 8-10 cm (età 0+). La maggiore presenza di persico si osserva nella dieta di esemplari con lunghezza compresa tra 60 e 100 cm soprattutto nei mesi invernali (ottobre-dicembre) (Figura 2.16). Figura 2.16: Contenuto stomacale di un siluro di 80 cm di lunghezza catturato nel Lago di Varese nel mese di novembre 2009. Come si può osservare sono ben riconoscibili un persico sole (in alto a sinistra) ed alcuni giovanili di persico. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che, durante i mesi più freddi, il persico staziona in folti branchi vicino al fondale, zona in cui il siluro svolge gran parte del suo ciclo vitale. Lo stazionamento bentonico del persico, la sua bassa attività durante i mesi invernali, insieme all‘istinto opportunista del siluro, potrebbero essere i principali fattori che concorrono all‘aumento della presenza di persico nella dieta di quest‘ultimo tra l‘autunno e l‘inverno. Inoltre la strategia predatoria del siluro, cacciatore notturno, quando gran parte dei pesci è in uno stato di torpore, gli consente un grande vantaggio rispetto alle altre specie ittiche, rendendole particolarmente vulnerabili alla predazione. La spiccata ittiofagia PAGINA 59 legata all‘opportunismo del siluro, (preda qualsiasi specie ittica a seconda della disponibilità e senza badare alla taglia), la strategia di caccia e la grossa taglia rendono la specie particolarmente invasiva e minacciosa, soprattutto in quegli ecosistemi già in parte compromessi da attività antropiche, come il Lago di Varese. Il fatto che il persico rappresenti quasi il 20% della dieta del siluro, potrebbe implicare un forte impatto sulla popolazione presente; inoltre la predazione si concentra sulla classe giovanile della specie, con un conseguente possibile abbassamento della fitness della stessa. 2.7 BIOLOGIA DELLA RIPRODUZIONE DEL PERSICO NEL LAGO DI VARESE 2.7.1 Calcolo della fecondità ed indice gonado-somatico Il pesce persico non presenta un evidente dimorfismo sessuale, pertanto il sesso è stato determinato su esemplari sacrificati, mediante l'esame delle gonadi allo stereoscopio, dopo laparotomia. Dalle gonadi femminili, è stato quindi possibile, effettuare il calcolo della fecondità assoluta (Fass = num. uova per kg di peso) e relativa (Frel = num. uova per femmina) mediante un conteggio degli oociti allo stereoscopio. Calcolo della fecondità assoluta: Fass = Pg x N x Ps-1 dove Pg = peso degli ovari; Ps = peso del sub-campione; N = numero di uova nel subcampione. Calcolo della fecondità relativa: Frel = Fabs /Pt dove Fabs = fecondità assoluta e Pt = peso totale del pesce in kg. L‘indice gonado-somatico (GSI) è stato calcolato per tutti i campioni di sesso determinato attravero la seguente formula: GSI = 100 Pg / Pt dove Pg = peso delle gonadi (g) e Pt = peso totale del pesce (g). La fecondità assoluta (Fabs) in termini di numero di uova per unità di peso degli ovari espresso in grammi, è risultata pari a: 5.038 ± 1.251 all‘età 2+ (classe di lunghezza: 16,5-18,0 cm), 10.913 ± 1.134 all‘età 3+ (classe di lunghezza: 18,5-20,5 cm) e 18.551 ± 3.217 all‘età 4+ PAGINA 60 (classe di lunghezza: 21,0-22,5 cm). Il numero di oociti aumenta in relazione all‘età ed alla lunghezza delle femmine (Figura 2.17). La relazione tra la lunghezza della femmina ed il numero di uova è descritto dall‘equazione: NO = 0,0169 Lt4.41 (r2 = 0,93) (Figura 24-a). La fecondità relativa media (Frel) invece risulta: 105.271±12.275 (2+), 132.622±7.352 (3+) e 131.252±15.555 (4+). Figura 2.17: Relazione tra numero di oociti (fecondità assoluta) ed età e lunghezza della femmina. Come riportato in Tabella 2.6, i valori di fecondità assoluta da noi osservati sono risultati simili a quelli riportati in letteratura per altre popolazioni di persico in Europa: da 3.000 a 6.000 uova per femmine con lunghezza compresa tra 15 e 17 cm (2+), da 9.500 a 23.000 uova per femmine con lunghezza compresa tra 19 e 23 cm (3+,4+) e da 40.000 a 47.000 uova per femmine con lunghezza compresa tra 26 e 27 cm (5+). Tabella 2.6: Fecondità assoluta del persico in diversi laghi Europei (Thorpe, 1977, modificato) e nel Lago di Como (Negri, 1999). Località Lago di Varese Lago di Como Klicava Reservoir Rybinsk Reservoir Rybinsk Reservoir W. Lake Erie Lunghezza t. (cm) 17-24 14-20 13-33 19-30 13-36 18-33 Fecondità assoluta 5038-18551 6208 - 13550 6710 - 144000 16400 - 69300 16600 - 111800 8618 - 78742 Da notare che rispetto al dato di fecondità riportato per il Lago di Como (Negri, 1999), la fecondità assoluta media dei persici del Lago di Varese risulta più elevata; ciò potrebbe essere messo in relazione alle differenze di accrescimento tra le due popolazioni, dovute alle differenti condizioni di trofia dei due bacini. Infatti, secondo Nikolsky (1963), la fecondità delle femmine dipende principalmente dalla feed-supply: quando le risorse PAGINA 61 alimentari sono molto abbondanti durante tutto l‘anno, anche la produzione di uova risulta più abbondante. Anche la temperatura, essendo uno dei principali fattori di regolazione dell‘accrescimento nel pesce persico, gioca un ruolo molto importante: una più elevata temperatura dell‘acqua permetterebbe, secondo alcuni autori, un aumento della fecondità delle femmine di persico (Zakharova, 1955 in Thorpe, 1977). L‘indice gonado-somatico (GSI%) è stato calcolato mensilmente, sia per i maschi che per le femmine catturate (Figura 2.18). Per le femmine, i valori massimi si osservano durante il mese di aprile, appena prima della riproduzione quando le gonadi rappresentano circa il 25% del peso corporeo. Per i maschi invece, il massimo è raggiunto tra dicembre e gennaio quando le gonadi rappresentano circa il 9% del peso corporeo. n = 93 n = 54 Figura 2.18: Andamento dei valori di GSI% per le femmine (rosa) e per i maschi (blu). Dall‘analisi delle gonadi si è osservato che, in accordo con Treasurer e Holliday (1981), già durante il mese di gennaio i maschi presentavano testicoli maturi con produzione di sperma; mentre le femmine, a causa del protrarsi della vitellogenesi fino a pochi giorni dall‘ovulazione, raggiungono la completa maturazione appena prima dell‘ovulazione. Da giugno a settembre, ossia in periodo post-riproduttivo, il GSI raggiunge i valori minimi per entrambi i sessi: 0,22% per le femmine e 0,42% per i maschi. PAGINA 62 2.7.2 Età di prima maturazione sessuale In Tabella 2.7 sono riportati i dati relativi alla maturità sessuale per le diverse classi di età, nel persico catturato nel Lago di Varese. Come si può osservare, l‘età di prima maturazione sessuale per i maschi è compresa tra il primo ed il secondo anno (73-100%), mentre per le femmine la percentuale di individui in via di maturazione risulta elevata solo dal terzo anno in poi (93%). Per queste ultime, la completa maturazione sarà raggiunta solo col quarto anno di vita. Tabella 2.7: Dati riguardanti la maturazione sessuale del persico nel Lago di Varese, in relazione alle classi di età ed al sesso. Età (anni) 0+ 1+ 2+ 3+ 4+ Maschi Maturi Immaturi 0% 0% 73% 27% 100% 0% 100% 0% 100% 0% Femmine Mature Immature 0% 0% 6% 94% 76% 24% 97% 3% 100% 0% 2.7.3 Studio della deposizione in ambiente naturale Il pesce persico in Italia Settentrionale si riproduce tra il mese di aprile ed il mese di maggio, anche se in alcuni casi la riproduzione può protrarsi fino alla prima metà di giugno. Dal momento che la specie depone le uova su substrati lontani dal fondo, per poter seguire la riproduzione, sono stati collocati, in diversi punti del Lago, alcuni substrati riproduttivi artificiali (fascine di legna), utilizzabili dal persico per la deposizione dei nastri ovarici. Per l‘assemblaggio delle fascine sono state utilizzate diverse essenze, nocciolo, carpino bianco, biancospino, salice, scegliendo preferibilmente rami con le prime foglie primaverili già presenti. Una volta preparati, i rami sono stati legati con le estremità rivolte tutte nella stessa direzione (Figura 2.19). Per poterne garantire l‘affondamento, le fascine, sono state zavorrate con mattoni forati oppure con sassi. Ad ogni fascina è stata fissata inoltre una cima provvista di una boa, in modo tale da poterne individuare la posizione e seguire l‘attività di riproduzione, monitorando i nastri ovarici deposti (Figura 2.19). PAGINA 63 Figura 2.19: Preparazione e posa dei substrati di frega artificiali nel Lago di Varese. Nel corso del progetto, sono state monitorate 4 stagioni riproduttive (2007-2010), posizionando, in diversi punti del Lago, 20 gruppi di substrati riproduttivi, numerati da 1 a 20 (Figura 2.20). Le fascine sono state collocate ad una profondità variabile compresa tra 1,5 e 8 m in modo tale da poter valutare la profondità preferita per la deposizione delle uova. I gruppi di fascine sono stati raggruppati, per l‘analisi dei dati in tre diverse zone: 1) ZONA SUD: Biandronno-Bodio Lomnago, 2) ZONA NORD: Gavirate-Calcinate del Pesce, 3) ZONA NORD-OVEST: Bardello. In questo modo è stato possibile osservare quali siano le zone di elezione della riproduzione della specie. PAGINA 64 Figura 2.20: Zone di posizionamento delle fascine per la riproduzione del pesce persico nel Lago di Varese. Dalla prima settimana di aprile, a distanza di 48-72 ore i substrati sono stati visitati in modo da osservare l‘andamento della deposizione e quantificare il numero di nastri ovarici deposti per ogni zona di campionamento. Ad ogni uscita sono stati annotati: data, ora, condizioni meteo, temperatura (°C), trasparenza dell‘acqua (m), concentrazione di O2 disciolto (mg l-1) e relativa percentuale (%) di saturazione, numero di nuovi nastri presenti su ogni fascina, lunghezza e larghezza del nastro (cm). (Figura 2.21). Figura 2.21: Misurazione della lunghezza e della larghezza dei nastri ovarici deposti su una fascina di nocciolo e bianco spino. A partire dal 2008, oltre ai controlli effettuati sulle fascine posizionate, il monitoraggio è stato esteso con l‘ausilio di 2 squadre di subacquei, anche ad aree limitrofe alle zone di campionamento, per poter rilevare l‘eventuale presenza di nastri deposti su legnaie preesistenti o sul fondo del Lago stesso. Attraverso il monitoraggio delle fascine è stato possibile quantificare il numero di uova deposte per ogni annata, definire l‘età ed il numero di femmine in riproduzione. Durante PAGINA 65 le stagioni riproduttive del 2007 e del 2008, 15 nastri ovarici deposti sulle fascine di controllo sono stati prelevati e traspostati presso l‘incubatoio A.P.D. Tinella ‘72 a Groppello (Figura 2.22). E‘ stato così possibile osservare la schiusa e mantenere alcune larve per le prove di svezzamento in vasche posizionate a terra. I nastri sono stati pesati e sono state inoltre misurate la lunghezza e la larghezza (cm). Da ciascun nastro sono stati prelevati 3 sub-campioni di lunghezza variabile, compresa tra 1 e 3 cm. Figura 2.22: Operazioni di recupero di nastri ovarici in ambiente naturale e misurazione di lunghezza e larghezza in laboratorio. Per ogni campione è stato poi calcolato: N° uova per grammo (N° uova campione / peso (g)) N° uova morte N° uova vitali N° uova totali % di uova morte (N° uova vitali / N° uova totali) Diametro medio delle uova L‘analisi dei nastri ovarici mediante l‘utilizzo di un software per la rielaborazione dell‘immagine, (Figura 2.23), ha permesso di osservare la proporzionalità esistente tra PAGINA 66 diametro dell‘uovo e lunghezza del nastro. Per uova la medesimo stadio di sviluppo, il diametro risulta superiore nei nastri più lunghi, derivanti da femmine più anziane. Figura 2.23: Misurazione del diametro delle uova di persico, durante le fasi di embrionatura. In questo caso prima della schiusa. Inoltre, in accordo con la letteratura (Craig, 2001), si è potuto osservare che anche la percentuale di fecondazione è proporzionale alla lunghezza del nastro. Nastri con lunghezza compresa tra 60 e 160 cm (nastri lunghi) hanno una percentuale di fecondazione maggiore (99,7%) rispetto a quella calcolata per nastri con lunghezza compresa tra 30 e 40 cm (63%) (Figura 2.24). Figura 2.24: Relazione tra lunghezza del nastro e percentuale di fecondazione. PAGINA 67 Anche la larghezza ed il numero di uova variano in relazione alla lunghezza del nastro ovarico. All‘aumentare della lunghezza e di conseguenza anche della larghezza, aumenta il numero di uova (Figura 2.25). Figura 2.25: a) Relazione tra lunghezza del nastro e numero di uova; b) relazione tra larghezza del nastro e numero di uova. Tenendo conto del dato di fecondità assoluta delle femmine e della relazione esistente tra numero di uova e lunghezza del nastro ovarico, è stato possibile calcolare la relazione tra lunghezza della femmina e lunghezza del nastro (Figura 2.26): TL = 4.6782 RL 0.3489 dove: TL = lunghezza totale della femmina (cm) RL = lunghezza del nastro (cm) Anche in questo caso, maggiori dimensioni della femmina corrispondono ad un numero maggiore di uova nel nastro. Tenendo conto di questa relazione, ad ogni nastro osservato e misurato è stato possibile assegnare taglia e classe di età della femmina che l‘aveva deposto. PAGINA 68 Figura 2.26: Relazione tra la lunghezza della femmina e la lunghezza del nastro ovarico. All‘aumentare delle dimensioni della femmina aumenta anche la lunghezza del nastro e quindi anche il numero di uova. - Osservazione della deposizione La deposizione delle uova da parte del persico reale avviene in modo completo; infatti, l‘osservazione delle gonadi femminili in periodo pre-riproduttivo ha evidenziato una maturità sincrona delle uova che si evolve contemporaneamente in tutte le zone dell‘ovario. La temperatura ideale per l‘inizio della deposizione delle uova da parte della specie è compresa tra 12 e 14°C. Sui substrati posizionati per il monitoraggio della deposizione, sono stati conteggiati, 199 nastri ovarici nel 2007, 166 nel 2008, 64 nel 2009 ed 84 nel 2010. Nell‘ultimo anno, l‘inizio della riproduzione è risultato più tardivo rispetto agli altri anni di osservazione; infatti il primo nastro è stato osservato il 18 aprile, mentre dal 2007 al 2009 la stagione iniziava tra il 5 ed il 12 aprile (Figura 2.27). Nel 2010 inoltre, la stagione riproduttiva si è conclusa con largo anticipo rispetto agli altri anni; infatti, l‘ultimo nastro è stato osservato il 5 maggio, mentre negli anni precedenti si è conclusa introno alla metà dello stesso mese. La riproduzione del persico è strettamente legata alla temperatura dell‘acqua che durante i mesi primaverili tende ad aumentare velocemente, soprattutto in acque poco profonde (Thorpe, 1977). Quindi l‘inizio e la fine del periodo riproduttivo sono strettamente legati all‘andamento delle condizioni climatiche. Probabilmente la prolungata siccità e la stabilità climatica, associate alle elevate temperature osservate nel 2007, ha comportato un anticipo della stagione riproduttiva rispetto agli anni successivi. Infatti, già il 5-04-07, la temperatura aveva raggiunto 13,5°C per poi superare i 14°C dopo il 13-04. Nel 2008 la temperatura è rimasta al disotto di 12°C fino alla seconda metà del mese di aprile raggiungendo i 14°C solo il 2504. Nel 2009 invece la temperatura ha subito una serie di sbalzi rimanendo al di sotto dei 14°C fino al 10-04-09 per poi aumentare e raggiungere 15,2°C il 17-04. Dopo questa PAGINA 69 veloce risalita si è assistito ad un abbassamento della temperatura, la quale è tornata alla fine del mese di aprile a 13°C circa. Viceversa nel 2010, a causa di un inverno lungo e rigido ed alla scarsa insolazione dovuta alla persistenza di cielo coperto, la temperatura dell‘acqua non ha raggiunto i valori ottimali per la specie (12-14°C), fino al 18-04-10 superando i 14°C solo alla fine del mese di aprile. Anche se le acque del Lago, ogni anno mostrato regimi termici molto differenti, si osserva che una volta raggiunto il range di temperatura ideale per la riproduzione del persico, la riproduzione ha inizio. Confrontando l‘andamento delle temperature con l‘andamento della deposizione, si osserva il persico tende a deporre il maggior numero di nastri nel mese di aprile, prima che la temperatura dell‘acqua, raggiunga livelli troppo elevati, cosa che si verifica di solito dal 10 maggio in poi (Figura 2.27). Come riportato in Figura 2.28, nel 2007 l‘81% (n = 162) dei nastri conteggiati è stato deposto nel mese di aprile mentre solo il 19% (n = 37) nella prima metà di maggio. Nel 2008 la deposizione si è concentrata ancor di più in aprile con il 96% dei nastri deposti entro la fine del mese e solo il 4% deposti nel mese di maggio. Al contrario, nel 2009, gran parte dei nastri è stata osservata nel mese di maggio (62%) e solo il 38% in aprile. Nel 2010 invece l‘andamento della riproduzione ha mostrato due picchi il 18 ed il 26 aprile con quasi il 92% dei nastri osservati (Figura 2.27). Ciò potrebbe essere dovuto ad un ritardo nell‘inizio della riproduzione a causa delle basse temperature dell‘acqua, che hanno superato i 10°C solo dopo il 15 aprile, causando una deposizione massiva delle uova non appena la temperatura è divenuta ottimale. Il posizionamento dei substrati artificiali ha permesso di acquisire alcune informazioni sulla biologia riproduttiva della specie, (soprattutto per quanto riguarda le zone di elezione scelte per la riproduzione) utili per gestire razionalmente la popolazione. La Figura 2.29 mostra il numero di nastri deposti in ognuna delle zone di campionamento durante le 4 stagioni riproduttive monitorate. La ZONA SUD (Biandronno-Bodio Lomnago) è risultata quella maggiormente frequentata dalla specie durante il periodo riproduttivo; infatti in tutti gli anni di osservazione il maggior numero di nastri è stato osservato in questa zona. Anche la ZONA OVEST (Bardello), pur con solo tre punti di osservazione (6 fascine), ha mostrato un buon numero di nastri deposti, mentre la ZONA NORD del Lago (Torrente Tinella-Calcinate del Pesce) è risultata quella meno frequentata dalla specie per la riproduzione. Probabilmente ciò potrebbe essere dovuto al fatto che la porzione Sud del Lago presenta una minore profondità, fondo ghiaioso e meno scosceso permettendo un più veloce riscaldamento delle acque dopo la stagione invernale, raggiungendo così più facilmente la temperatura ottimale per la deposizione. L‘osservazione della deposizione delle uova in ambiente naturale ha evidenziato la validità dei substrati riproduttivi artificiali come mezzo a supporto della riproduzione del PAGINA 70 persico nel bacino. Se pur con un trend che, dal 2007 al 2009, risulta negativo, con un lieve segno di ripresa nel 2010, in termini di numero di nastri osservati, la specie utilizza attivamente le fascine; ciò garantisce un elevato successo riproduttivo. Figura 2.27: Andamento della deposizione delle uova di persico nel Lago di Varese, in relazione alla temperatura, nel triennio 2006-2008. La linea tratteggiata indica il range ottimale di temperatura per la deposizione delle uova. PAGINA 71 La scelta del luogo di deposizione può avere conseguenze rilevanti sulla fitness3 della specie stessa; infatti, la mortalità degli embrioni è strettamente legata alle caratteristiche del luogo di deposizione delle uova (Smith et al., 2001). Alcuni studi dimostrano che se un nastro ovarico viene deposto a contatto del fondo, solo il 25-50% degli embrioni raggiunge la schiusa, viceversa se le uova vengono rilasciate su substrati lontani dal fondo si può arrivare anche al 90-95% di larve schiuse. Figura 2.28: Percentuale di nastri osservate nei mesi di aprile e maggio tra il 2007 ed il 2010. Le uova a contatto con il fondale tendono a degradarsi in quanto spesso vengono ricoperte da limo che ne limita l‘ossigenazione. Inoltre, come osservato da Gillet e Dubois (1995), le fascine sono utili anche per le larve dopo la schiusa, sia come riparo da eventuali predatori, sia durante le prime fasi dello svezzamento. Numero relativo di discendenti di un certo individuo che sopravvivono e si riproducono; indica il risultato del successo riproduttivo dell‘adulto e dei suoi discendenti. 3 PAGINA 72 Figura 2.29: Abbondanza di nastri ovarici per zona di campionamento. - Posizione dei riproduttori nel bacino durante la stagione riproduttiva Durante l‘osservazione dei substrati riproduttivi, oltre che differenze di lunghezza dei nastri deposti, sono state osservate differenze anche nell‘abbondanza dei nastri in relazione alla profondità di posizionamento dei substrati. La Figura 2.30 mostra una sezione trasversale di un transetto di campionamento della riva Sud del Lago (zona Isolino Virginia), nella quale è riportata la distribuzione spaziale degli individui in base alla taglia. Come si può osservare, femmine di piccola dimensione, solitamente primipare (15-18 cm), tendono a deporre le uova a basse profondità (2-3m), femmine con lunghezza compresa tra 19 e 23 cm depongono di solito tra 4 e 5 m di profondità mentre femmine di più grossa dimensione (24-27 cm) tendono a deporre a profondità maggiori di 5-6 m. I dati riportati riguardano solo il mese di aprile, in quanto col procedere della stagione riproduttiva ed il conseguente innalzamento della temperatura dell‘acqua (in media 14,3°C in aprile e 17,7°C in maggio a 1,5 m di profondità), anche pesci più giovani tendono a deporre le uova a profondità maggiori. Infatti, la riproduzione della specie è strettamente legata alla temperatura (vedasi Figura 2.27). Secondo alcuni studi effettuati sul Lago di Ginevra (46°N) (Gillet et al.,1995, 2006), dall‘inizio della stagione riproduttiva (maggio) si osserva uno spostamento della deposizione delle uova a maggiori profondità, in relazione all‘aumentare della temperatura dell‘acqua negli strati meno profondi del bacino. PAGINA 73 1m 2m 3m 4m 5m Sezione della riva Sud 24-27 cm 19-22 cm 6m 16-18 cm Figura 2.30: Sezione trasversale della riva Sud del Lago di Varese (zona Isolino Virginia) e distribuzione spaziale delle femmine durante la stagione riproduttiva (aprile). In accordo con gli autori, lo stesso trend si è osservato nel Lago di Varese (45°N); il fatto che i persici tendano a spostarsi a profondità maggiori nel mese di maggio potrebbe essere dovuto alla ricerca della temperatura ottimale per la deposizione e lo sviluppo dell‘embrione, compresa tra 12 e 14°C (Guma‘a, 1978a). - Trend riproduttivo 2007-2010 In Figura 2.31, è riportato il numero di nastri deposti durante le 4 stagioni riproduttive monitorate suddiviso in classi di lunghezza. Confrontando i dati di lunghezza dei nastri deposti, si può osservare come nel 2007 il numero di nastri con lunghezza compresa tra 30 e 40 cm (nastri corti) sia risultato molto più elevato rispetto agli altri anni. Viceversa sono risultati scarsi i nastri con lunghezza maggiore di 50 cm. Di conseguenza nel 2008, grazie alla forte presenza, nel 2007, di femmine primipare, il numero di nastri con lunghezza compresa tra 50 e 60 cm, è risultato elevato (n = 71). Inoltre, il 2008, rispetto al 2007, al 2009 ed al 2010, è stato l‘anno che ha visto il maggior numero di nastri con lunghezza maggiore di 70 cm. PAGINA 74 Figura 2.31: Distribuzione delle classi di lunghezza (cm) dei nastri deposti nel Lago di Varese (2006-2007). Al contrario il 2009, tra tutte le stagioni monitorate si è dimostrato quello con il minor numero di nastri deposti, di cui più della metà (64%) appartenenti alla classe dei nastri corti. La Figura 2.31 pertanto denuncia una drammatica scomparsa di femmine già in carriera da almeno un paio di anni, la cui causa deve essere individuata con precisione per una corretta gestione della pesca nel Lago, ma che potrebbe essere dovuta ad un inasprimento delle catture nella coorte di persico di taglia legale (18 cm) tra il 2007 ed il 2008. 2.7.4 Stima dello stock di riproduttori e del tasso di mortalità annuale In base all‘andamento della riproduzione nelle 4 stagioni riproduttive monitorate (20072010), è stato possibile stimare la mortalità ed il numero di femmine in età riproduttiva. Il metodo utilizzato è basato sul fatto che le femmine di persico depongono un singolo nastro ovarico per ogni stagione riproduttiva; i nastri sono facilmente conteggiabili una volta deposti e possono essere utilizzati per stimare l‘abbondanza di femmine mature nel copro idrico. Inoltre, la lunghezza dei nastri ovarici, essendo direttamente proporzionale alla taglia della femmina, la frequenza di distribuzione e la lunghezza dei nastri ovarici possono essere utilizzate per stimare taglia, età e numero di femmine in riproduzione (Dubois et al., 1996; Lang, 1987). Interpolando i dati di distribuzione della specie, raccolti durante le campagne di campionamento dal 2007 al 2010, assieme ai dati riguardanti la deposizione dei nastri ovarici, è stato possibile calcolare l‘area totale disponibile per la riproduzione del pesce persico nel Lago di Varese, che ammonta a circa 19,37 ha. Nota l‘entità di tale superficie e tenendo conto di tutte le aree monitorate durante le tre stagioni riproduttive (circa 0,04 ha), è stato possibile stimare direttamente il numero totale PAGINA 75 di nastri ovarici deposti nel bacino e quindi anche l‘abbondanza di femmine in età riproduttiva presenti nelle diverse stagioni riproduttive esaminate (Tabella 2.8). Tabella 2.8: Calcoli effettuati per la stima del numero di femmine e maschi in età riproduttiva nel Lago di Varese. Estrapolato Osservato Anni Variabili Area di campionamento (ha) Area riproduttiva disponibile (ha) Numero di nastri ovarici osservati Numero medio di uova per nastro Numero di uova deposte su fascine osservate Numero di nastri deposti per ha Stima nastri ovarici deposti Numero totale di uova deposte Età delle femmine Numero totale di femmine primipare Numero totale di femmine non primipare Numero totale femmine in carriera 2008 2009 2010 0,04 19,37 166 18.956 0,04 19,37 64 0,04 19,37 84 8.780 2007 0,04 19,37 199 4.992 993.408 3.146.696 8.929 571.456 4.974 96.365 481.057.824 4.150 80.385 1.523.787.538 1.600 30.992 276.727.568 2-3-4+ 90.070 6.296 96.366 2-3-4-5+ 13.074 67.311 80.385 2-3-4-5+ 19.854 11138 30.992 534.500 2.100 40.677 258.976.900 2-3-4-6+ 27.599 13.077 40.676 Attraverso la relazione esistente tra la lunghezza del nastro e quella della femmina, sono state determinate le classi di età delle femmine in attività riproduttiva presenti nel bacino. Come detto in precedenza nel 2007 sono stati conteggiati 199 nastri su un‘area di 0,04 ha, di cui però solo 19 deposti da femmine anziane (età > 3+) e 180 da femmine più giovani. Nel 2008 sono stati deposti sui substrati artificiali 166 nastri, di cui 27 deposti da femmine primipare e 139 deposti da femmine più anziane. Nel 2009 si è osservato un trend simile a quello del 2007, con una maggioranza di nastri deposti da femmine primipare e solo una minima parte di nastri deposti da femmine più anziane (Tabella 2.8). Oltre a ciò il 2009 è stato l‘anno in cui è stato osservato il minor numero di nastri in assoluto con solo 64 ovature su 0,04 ha. Come già accennato in precedenza, questa forte diminuzione del numero di nastri ovarici osservati, potrebbe essere legata ad un eccessivo prelievo di persici in carriera riproduttiva tra il 2007 ed il 2008. La forte mancanza di femmine ―adulte‖ nel 2009 potrebbe rappresentare un‘ulteriore prova; infatti alla grande abbondanza di femmine primipare osservata nel 2007, sarebbe dovuto corrispondere un buon numero di nastri lunghi deposti da femmine di età 3+ nel 2009, cosa che invece non si è verificata. Anche nel 2010, la maggior parte dei nastri è stata deposta da femmine primipare 2+-3+ (n = 57) e solo una minima parte invece derivava da femmine più anziane (n = 25). La stima dei nastri deposti nelle 4 annate sulla superficie totale disponibile, risulta di 96.365 nastri nel 2007, 80.336 nel 2008, 30.992 nel 2009 e 40.677 nel 2010 corrispondenti ad una stima del numero di femmine mature potenzialmente presenti. Perciò nel 2007 si è osservata una forte preponderanza di nastri corti e quindi di femmine ―giovani‖. Come si PAGINA 76 può osservare in Tabella 2.8, tra il 2008 ed il 2009 le femmine più ―anziane‖ subiscono una forte diminuzione passando da 60.311 a solo 11.138 unità, con una percentuale di mortalità calcolata pari all‘81,5%. Tenendo conto del numero totale di femmine stimato nel Lago, la riduzione tra le due annate si attesta attorno al 62%. Nel 2010 pur avendo osservato un lieve aumento del numero totale di femmine rispetto al 2009 (40.677) la situazione resta comunque non paragonabile a quella osservata nel 2008. Grazie all‘elevata presenza di nastri ovarici ―lunghi‖ nel 2008 il numero totale di uova deposte risultava il più elevato osservato nei quattro anni di osservazione (Tabella 2.8). Nel 2007 invece pur avendo osservato un gran numero di nastri ovarici, il numero totale di uova deposte è risultato molto inferiore al 2008. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che nel 2007 più del 90% dei nastri ovarici aveva lunghezza 30-40 cm, presentando quindi un numero complessivo di uova inferiore. Secondo dati di letteratura (Thorpe, 1977) la sex ratio media per il pesce persico in alcuni dei principali laghi europei è di 60F:40M. Avendo stimato il numero di femmine in età riproduttiva per ognuno dei quattro anni di monitoraggio e conoscendo la sex ratio media, è stato possibile stimare anche il numero di maschi e di conseguenza osservare l‘andamento della popolazione tra un anno e l‘altro. Vista la forte riduzione di femmine, osservata tra il 2008 ed il 2009, riportiamo il dato relativo a queste due stagioni sulle quali verrà calcolato inoltre il tasso di mortalità annuale. Nel 2008 la popolazione di maschi stimata è risultata pari a 53.590 individui. Sommando tale dato al numero di femmine (80.385) si può stimare la popolazione di pesce persico in età riproduttiva presente nel Lago di Varese nel 2008: circa 133.975 esemplari. Tenendo conto di un peso medio di 120 g per pesce si stima una popolazione totale di circa 16,0 t. Dal 2008 al 2009 il numero di femmine anziane ha subito una forte riduzione, passando da 67.311 a 11.138 femmine, con un tasso di mortalità dell‘83,4%. La percentuale di sopravvivenza quindi è risultata inferiore al 20%. Tali percentuali di mortalità, anche se molto elevate, sono in accordo con dati riportati in letteratura per altri laghi europei, dove si riportano percentuali di mortalità annuale anche superiori all‘85% (Thorpe, 1977). E‘ indubbio tuttavia che per una ripresa della specie nel Lago di Varese, questo dato rappresenta un problema non trascurabile. - Mortalità annuale Per la stima della mortalità oltre ai calcoli effettuati sulla base del monitoraggio dei nastri ovarici, abbiamo utilizzato anche dati relativi alla cattura di persico con l‘attività di pesca, la stima di cattura da parte di uccelli ittiofagi e quelli relativi alle attese di mortalità PAGINA 77 naturale. Il tasso di mortalità annuale (Z), può essere suddiviso in due principali componenti: mortalità naturale (M) e mortalità dovuta alla pesca (F). Nel nostro caso avendo considerato anche la mortalità derivante dalla predazione da parte dell‘avifauna ittiofaga (I), il tasso di mortalità Z, sarà: Z=M+F+I 1) Mortalità dovuta alla pesca Lo sforzo di pesca F è stato ricavato dai dati riguardanti il pescato dilettantistico e professionale, stimando con sufficiente approssimazione i dati del pescato della stagioni comprese tra il 2007 ed il 2009. - Pescato professionale con reti branchiali La pesca professionale sul Lago di Varese è praticata da 8 pescatori, riuniti in una cooperativa, con sede a Cazzago Brabbia. Non sono disponibili precisi dati sulle catture effettuate con la pesca professionale nel Lago di Varese, tuttavia attraverso i campionamenti e grazie alla collaborazione della Cooperativa è stato possibile effettuare una stima delle catture di persico con la pesca professionale tra il 2007 ed il 2008. La stagione di pesca nel bacino dura mediamente 5 mesi, da giugno ad ottobre, anche se alcuni esemplari possono essere catturati prima del periodo riproduttivo (marzo) ed in inverni miti anche tra novembre e febbraio. Mediamente un professionista cattura 20 persici al giorno con un peso medio di 110 g. Stimando circa 160 giorni di pesca all‘anno, ogni pescatore cattura 352 kg di persico anno. Tenendo conto che la Cooperativa è formata da 8 pescatori attivi, si può stimare che ogni anno vengono catturati circa 2.816 kg di persico reale. Questo dato è valido però solo per gli anni compresi tra il 2007 ed il 2008, in quanto nel 2009 il pescato di persico è risultato molto scarso, con una media di 25 persici al giorno per pescatore. Secondo le stime effettuate non ha superato in totale gli 800 kg. Questo dato rispecchia la scarsa presenza di nastri ovarici nel Lago durante la stagione riproduttiva 2009. - Pescato amatoriale La pesca rivolta al persico da parte dei dilettanti, è molto diffusa sul Lago e viene praticata con una serie di strumenti o mestieri (esca viva, tirlindana, amettiera, ecc..), sia PAGINA 78 dalla riva che dalla barca. Come osservato da Calderoni e Polli (2005) nel Lago di Lugano, il pescato amatoriale di persico spesso può eguagliare o anche superare il pescato professionale. Tenendo conto che un pescatore amatoriale pesca circa 90 giorni all‘anno e stimando un pescato di 10 persici al giorno di 80 g ciascuno, si arriva ad una cattura di circa compresa tra 70 e 75 kg/pescatore anno. Presumendo trascurabile il prelievo di persico dalle rive, sulla base del numero di permessi di pesca rilasciati dalla cooperativa ed in relazione ad alcune interviste effettuate direttamente ai pescatori, è stato possibile stimare una presenza di circa 30 pescatori dilettanti, dediti alla pesca dalla barca. Quindi in totale è stata stimata una cattura di persico, tra il 2007 ed il 2008, da parte dei pescatori amatoriali di circa 2.500 kg di persico reale. Anche per la pesca amatoriale del 2009, il catturato di persico è risultato molto scarso non superando i 4 pezzi al giorno per un totale stimato intorno ad 800 kg. 2) Mortalità naturale Per poter valutare la mortalità naturale M, espressa in kg, è stata utilizzata la formula di Pauly (1981): log M = -0,0066 – 0,279 log L∞ + 0,6543 log K + 0,4634 log T dove K, L∞ derivano dal modello di von Bertalanffy e T è la temperatura media del bacino o dell‘ambiente in cui vive la specie. Per il Lago di Varese risulta: log M = -0,0066 – 0,279 log 37,98 + 0,6543 log 0,158 + 0,4634 log 16 Il valore di M, espresso in percentuale, rappresenta all‘incirca il 27% della popolazione, corrispondente a 4,5 t anno. 3) Mortalità dovuta agli uccelli ittiofagi Tra gli anni ‘90 ed il primo decennio del XXI secolo, si è assistito ad un marcato incremento numerici all‘interno delle popolazioni di uccelli ittiofagi, sia nella provincia di Varese che nel resto del territorio nazionale e, più in generale, a livello europeo. In modo particolare è stata registrata una notevole espansione delle popolazioni di cormorano (Phalacrocorax carbo sinensis) e di svasso maggiore (Podiceps cristatus). Disponendo dei dati relativi alle abbondanze di cormorano e svasso presenti sul Lago, abbiamo integrato il dato di PAGINA 79 mortalità (Z) con quello relativo alla predazione del persico da parte di uccelli ittiofagi. Interpolando quindi i dati relativi alla deposizione dei nastri ovarici e quelli di mortalità, è stato possibile stimare il tasso di mortalità annuale della popolazione di persico in età riproduttiva nel Lago di Varese. - Svasso Per quanto riguarda lo svasso maggiore (Figura 2.32) i dati in nostro possesso, sono da considerare in difetto, in quanto non sono aggiornati, riguardando uno studio effettuato dalla Provincia di Varese e dall‘Università dell‘Insubria nel triennio 2000-2003. Il grafico in Figura 2.33 mostra il numero di soggetti conteggiati, direttamente sul Lago, in quel periodo. Figura 2.32: Esemplare di svasso maggiore (Foto D. Steger). Come si può osservare la più elevata maggiore di svasso viene raggiunta durante i mesi estivi. L‘incremento numerico in questi mesi è dovuto principalmente alla forte presenza di coppie nidificanti, a cui si aggiungono poi i piccoli nati dalle covate. PAGINA 80 Figura 2.33: Andamento della popolazione di svasso sul Lago di Varese dal 2001 al 2003 (Gagliardi, 2003). La dieta dello svasso è potenzialmente costituita da pesci di piccola taglia, come alborella, scardola e gardon, ma nei periodi più freddi può predare anche pesce gatto ed altre specie bentoniche. Anche il pesce persico risulta predato, soprattutto durante il periodo estivo, rappresentando circa il 4% dello spettro alimentare. E‘ d‘uopo precisare che questo valore deve essere inteso cautelativo derivando da un limitato numero di campioni analizzati, ma risulta essere l‘unico dato disponibile per il Lago di Varese. Tenendo conto che uno svasso può consumare mediamente circa 70 g di pesce per giorno, l‘impatto sulla fauna ittica potrebbe risultare importante. Trattando i dati a disposizione divisi per stagione, estate ed inverno, è possibile calcolare il consumo medio di pesce persico da parte della specie. Nel periodo compreso tra aprile e novembre il numero medio di svassi conteggiati è stato di 333, mentre per il periodo dicembre-marzo è stato di 143, con una media annuale di 230 individui (Gagliardi, 2003). Il consumo di pesce persico da parte dello svasso, calcolato per il periodo invernale è di circa 55 kg mentre per il periodo estivo e di circa 245 kg per un totale di circa 300 kg persico anno. Inoltre lo svasso è in grado di operare forte predazione proprio sull‘alborella, fondamentale specie foraggio nella catena alimentare del persico, ma anche di altri potenti predatori (luccio, boccalone), i quali in assenza di alborella, si rivolgono spesso al persico per la loro mensa. - Cormorano In Provincia di Varese sono presenti alcuni stormi di cormorani (Figura 2.34), localizzati in diversi posatoi (roost) dove gli individui tendono a raggrupparsi. In particolare quelli presenti nel posatoio della Palude Brabbia, tendono solitamente ad alimentarsi sia nel Lago di Varese che in laghi limitrofi come Comabbio e Monate. In base ai dati derivanti da uno studio, effettuato tra il 2000 ed il 2003 sulle popolazioni di uccelli ittiofagi presenti in PAGINA 81 Provincia di Varese (Gagliardi, 2003), ed in relazione ai dati derivanti dai censimenti annuali effettuati dalla Provincia di Varese, è stato possibile osservare il trend della popolazione di cormorano svernate e nidificante per i vari mesi dell‘anno fino ad aprile 2010. Figura 2.34: Esemplare di cormorano(Foto S. Gandolla). Nel periodo di svernamento compreso tra ottobre e marzo, il numero medio di cormorani censiti presso il posatoio della Palude Brabbia, tra ottobre ed agosto, è passato di 365 individui presenti tra il 2000 ed il 2003, a 504 individui osservati nel 2009-2010 (+ 27%) (Figura 2.35). La Tabella 2.9 riporta le percentuali di aumento calcolate per il periodo compreso tra 2001 ed il 2010 per ogni mese di censimento e come si può osservare, escludendo il mese di febbraio nel quale si osserva una netta diminuzione delle presenze, il trend mostra un forte aumento del numero di individui per tutti i mesi dell‘anno. Uno dei dati più preoccupanti è sicuramente quello relativo ai mesi estivi con un aumento delle presenze pari all‘87%. Ciò è dovuto al fatto che molti degli individui presenti in Palude Brabbia restano al roost anche per nidificare. Tenendo conto di circa 200 coppie nidificanti ed una produzione media per ogni nido di 2,3 nuovi nati, alla fine dell‘estate il numero di cormorani supera le 400 presenze. Il numero di individui stanziali, che scelgono quindi la Palude Brabbia, come zona di nidificazione, è aumentato di circa 8 volte dal 2001. Tabella 2.9: Aumento percentuale della presenza di cormorano dal 2001al 2009 presso il posatoio della Palude Brabbia (Provincia Varese, 2010). Mese Aumento % Ottobre 31,4 Novembre Dicembre 62,1 15,1 PAGINA 82 Gennaio 15,9 Febbraio -286,7 Marzo 51,9 Aprile-Agosto 87,6 Una valutazione della presenza e della distribuzione dei cormorani potenzialmente in attività predatoria sul corpo idrico, ha portato ad una stima delle presenze durante la N° di cormorani stagione di svernamento, di circa 210 individui al giorno. 800 700 600 500 400 300 200 100 0 Settembre Ottobre Nov embre Dicembre Gennaio Febbraio Marzo AprileAgosto Mese 200-2001 2006-2007 2009-2010 Figura 2.35: Andamento numerico degli individui di cormorano presso il posatoio della Palude Brabbia 20002001 (Gagliardi, 2003; Provincia di Varese, 2007-2010). Tenendo conto del fatto che l‘abbondanza di pesce persico nella dieta può variare durante l‘anno, in base alla posizione della specie nella colonna d‘acqua, in media questa specie ittica ricopre il 10,6% dello spettro alimentare del cormorano (Gagliardi, 2003), anche se il dato è stato ottenuto da un limitato numero di campioni analizzati e pertanto deve essere preso con cautela. Considerando che ogni cormorano consuma circa 430 g di pesce al giorno, circa 45 g potrebbero essere rappresentati da pesce persico. Di conseguenza in un anno i soli cormorani sul Lago di Varese potrebbero consumare oltre 2.835 kg di persico. Ovviamente tale dato, è da considerarsi una stima indicativa, in quanto non si conosce con certezza il numero medio giornaliero di cormorani in attività predatoria sul Lago. Sommando i dati di mortalità calcolati o stimati per la popolazione di persico nel Lago di Varese, la mortalità Z, nel 2009 risulta pari a 13t, equivalente all‘80% dei persici in età riproduttiva (lunghezza > 18 cm). Il tasso di sopravvivenza annuale risulta quindi pari al 20%, con 16.077 femmine e 10.718 maschi. Questo basso tasso di sopravvivenza, derivante dal sovra-sfruttamento della risorsa ittica, ha poi avuto ripercussioni anche sul 2010, quando pur avendo osservato un lieve aumento del numero complessivo di femmine in carriera riproduttiva (23% in più rispetto al 2009) si resta comunque molto al di sotto del numero di femmine stimato per il 2008 (80.385). Benché nel 2008 si sia riscontrato un numero di nastri molto inferiore a quello del 2007, il numero di uova è risultato comunque PAGINA 83 maggiore, vista l‘elevata percentuale di femmine ―adulte‖ e quindi di nastri lunghi deposti. In seguito ai calcoli effettuati per la stima della mortalità, si può evincere che per poter assicurare alla popolazione di persico del Lago di Varese il mantenimento di un buon equilibrio tra produzione ittica e prelievo, il numero minimo di femmine adulte in età riproduttiva presente nel bacino deve risultare non inferiore a 60.000. Tale numero di femmine in carriera, tenendo conto dell‘elevato tasso di mortalità del persico, dovrebbe essere adatto per assicurare una produzione annuale di uova simile a quella ottenuta nel 2008. Con una tale produzione di uova, le coorti di persico potranno essere ben rappresentate per tutte le classi di età ed in questo modo si potrà avere una popolazione stabile e capace di autosostenersi. Resta il fatto che tale risultato potrà essere raggiunto solo con un abbassamento, per un sufficiente periodo di tempo, del tasso di sfruttamento della risorsa, riducendo quindi il tasso di mortalità annuale (pesca + predazione). In questa operazione sarà fondamentale anche il controllo dell‘avifauna ittiofaga. In base a queste stime, per poter meglio definire il tasso di sfruttamento ottimale degli stock di persico nel Lago di Varese, è stato applicato alla popolazione, il modello predittivo Yeld-per-Recruit (Y‘/R) di Beverton & Holt (1966) modificato da Pauly & Soriano (1981). Il modello richiede alcuni parametri di crescita calcolati attraverso la formula di von Bertalanffy (t0, K, L∞), il tasso di mortalità naturale (M), la mortalità dovuta alla pesca (F) e la mortalità totale (Z) usate per il calcolo del tasso di sfruttamento (E = F/Z). La relazione di Beverton & Holt è stata stimata utilizzando il Sofware “Fisat II” program package (FAO-ICLARM Stock Assessment Tools) che permette di applicare svariati modelli predittivi per la gestione della pesca soprattutto per popolazioni di pesci tropicali e delle acque interne. Sulla base delle informazioni inserite nel programma, è possibile stimare sia la biomassa relativa di una determinata specie rispetto all‘indice di reclutamento (Relative Biomass/Recruit index (B’/R)), sia il tasso di sfruttamento ottimale della risorsa ittica (Relative Yield /Recruit index (Y’/R)). Nel nostro caso il modello è stato applicato alle classi di età di persico maggiormente sfruttate dalla pesca professionale 2+,3+,4+ (19 - 23 cm). La Figura 2.36 mostra il modello di Beverton & Holt applicato alla popolazione di persico del Lago di Varese con taglia compresa tra 19 e 23 cm tra il 2007 ed il 2008. Tale range di lunghezza è quello maggiormente sfruttato dalla pesca professionale e dilettantistica. In base ai dati sul pescato professionale e dilettantistico e sull‘impatto delle popolazioni di uccelli ittiofagi (svasso e cormorano), è stato possibile applicare il modello predittivo. La linea blu indica l‘ipotetica porzione di persici 19-23 cm rispetto alla popolazione totale presente nel bacino (0,6), se non venisse praticata pesca sul bacino (B‘/R). In relazione al PAGINA 84 pescato professionale e dilettantistico (5,3 t anno-1) tra il 2007 ed il 2008 è stato calcolato uno sforzo di pesca (E) di 0,44 equivalente ad un decremento dello stock 19-23 cm di circa il 40% (da 0,6 a 0,2 linea rossa). In accordo con Thorpe (1977) in Tabella 2.10 viene riportata la struttura ottimale per una popolazione di persico di laghi europei. Tabella 2.10: Ipotetica struttura di popolazione per il persico reale (Thorpe, 1977). Tenendo conto della distribuzione delle diverse classi di lunghezza riportata in tabella è possibile calcolare il tasso ottimale di sfruttamento della risorsa ittica (E) per la classe di lunghezza 19-23 cm equivalente a 0,33 (cioè 3,9 t anno-1, linea verde). Tenendo presente un tasso di sfruttamento attuale di circa 5,3 t anno-1 (0,44) il modello richiede una riduzione del prelievo pari al 26,41%. Visto l‘elevato e non monitorato sfruttamento della risorsa persico nel bacino, le dinamiche della popolazione risultano piuttosto complicate da valutare. Esse, infatti, sono soggette a continue fluttuazioni, che mostrano andamenti complessi (Tyutyunov et al., 1993). Figura 2.36: Modello di Beverton & Holt applicato allo stock di persico reale con lunghezza 19-23 cm per il Lago di Varese. La linea blu indica il valore di B‘/R senza pesca nel bacino, la linea rossa indica il tasso di PAGINA 85 sfruttamento attuale della risorsa ittica (E) e la linea verde indica il tasso di sfruttamento ottimale per la specie nel bacino. Le oscillazioni di abbondanza delle popolazioni naturali di persico possono essere spiegate in parte da fluttuazioni stocastiche dell‘ambiente in cui vive la specie, da variazioni dello sforzo di pesca o da dinamiche intrinseche alle popolazioni stesse. In natura, infatti, la dimensione di una popolazione oscilla attorno ad un valore di biomassa costante detto Carring Capacity (K) (Craig, 1982). Tale valore può variare in rapporto a fattori densità dipendenti (disponibilità trofica, competizione intra- ed interspecifica e cannibalismo) oppure a fattori non sempre dipendenti dalle densità (concentrazione di ossigeno disciolto, temperatura e caratteristiche chimico-fisiche dell‘acqua). Popolazioni con grandi fluttuazioni di abbondanza, risultano negativamente influenzate da variazioni ambientali non regolari e da fenomeni di origine antropica come la pesca e l‘inquinamento (Craig, 1982). Anche l‘età e la taglia di reclutamento dipendono da numerosi fattori: sia abiotici (temperatura, trasparenza e livelli dell‘acqua), che biotici (dimensione della popolazione riproduttiva, disponibilità di prede e pressione da parte dei predatori compreso il cannibalismo e le patologie). Per quanto riguarda i fattori biotici, Craig (1978) ha osservato che nel Lago Windermere in Scozia, povero di specie foraggio la maggiore o la minore abbondanza di giovanili di persico durante i mesi estivi, può determinare le performance d‘accrescimento estivo degli esemplari adulti che praticano cannibalismo, interferendo pesantemente sul tasso di reclutamento. Tra i fattori abiotici, particolarmente importante, secondo l‘Autore, è la temperatura media estiva dell‘acqua, specialmente nel corso del primo anno di vita del pesce, visto che questo parametro influenza direttamente le performance di crescita. Risulta infatti fondamentale che i pesci raggiungano una taglia adeguata prima che si verifichi l‘abbassamento invernale delle temperature, in modo tale che il pesce possa superare il periodo di minore disponibilità trofica, quando comunque per via delle temperature basse, anche il metabolismo è ridotto. Popolazioni di persico non sfruttate dalla pesca, tendono a mantenere una biomassa costante ed un certo equilibrio (Craig, 1982). Tutto questo è consentito, secondo l‘Autore, attraverso una sorta di sincronizzazione tra l‘accrescimento e l‘abbondanza della popolazione. Spesso si assume che l‘abbondanza di una popolazione di pesce sia determinata dalla sopravvivenza degli stadi larvali, la quale può provocare grandi cambiamenti nel numero di individui che compongono la popolazione stessa. Secondo Jensen (1993) in una popolazione di percidi, con una mortalità taglia-dipendente, le variazioni nel tasso di sopravvivenza delle larve hanno effetti insignificanti sul numero di adulti. Sembra infatti, che la maggior parte dei percidi tra cui anche il perisco, possano ―modificare‖ l‘età di maturazione sessuale, la fecondità e la longevità in modo tale da PAGINA 86 creare un produzione costante di uova, sempre in relazione alle condizioni ambientali a cui essi sono soggetti. In conclusione, in una popolazione di persico non sfruttata dalla pesca, il numero di individui che la compongono, subirà probabilmente variazioni cicliche e regolari se osservate a lungo termine. Sul lungo termine, infatti, queste popolazioni si autoregoleranno con una bassa produzione di uova ed un basso tasso di sopravvivenza delle larve; nel breve termine invece l‘abbondanza sarà regolata da elevati tassi di mortalità durante la stagione invernale (Craig, 2001). Lo sfruttamento di tali popolazioni da parte della pesca, può completamente mascherare questo fenomeno di autoregolazione. Un esempio è la popolazione di lucioperca americano (Stizostedion vitreum) del Lago Erie (Nord USA). Questa specie, dal 1860 (inizio della raccolta dei dati) e fino ai primi anni del ‗900, era molto abbondante nel bacino ma la popolazione subiva continue ed ampie variazioni. Regier et al. (1969), hanno suggerito che queste fluttuazioni fossero dovute principalmente alla pesca intensiva, attraverso la quale venivano catturati molti degli individui in età riproduttiva. Questo fenomeno sembra molto simile a quello che sta succedendo nel Lago di Varese. Il continuo prelievo di adulti in età riproduttiva comporta una forte riduzione della produzione di uova da una stagione riproduttiva all‘altra. Per due o più stagioni la pesca resta molto scarsa per poi aumentare di nuovo dopo qualche anno (Figura 2.37-a). Il trend osservato però, sulla base dei dati raccolti, non ha più un andamento delle fluttuazioni ciclico e costante ma rispecchia un andamento ciclico tendente verso valori sempre più bassi (Figura 2.37-b). La forte riduzione del numero di nastri ovarici osservati tra il 2008 ed il 2009, sarebbe quindi riconducibile ad un sovra-sfruttamento della risorsa nel bacino, al quale contribuirebbero ovviante le operazioni di pesca, ma la predazione da parte dell‘avifauna ittiofaga potrebbe avere un peso anche notevolmente superiore. Lo sfruttamento della risorsa quindi, condurrebbe ad una forte riduzione degli stock naturali, i quali superata una certa soglia di sfruttamento non riescono più ad auto-mantenersi. Per poter sostenere la pesca nel Lago, è richiesta quindi una gestione oculata dello sfruttamento delle popolazioni ittiche (Albert, 2004). A tale proposito, molti paesi Europei, tra i quali l‘Italia, hanno introdotto leggi che regolamentano il prelievo alieutico ed il fermo biologico della pesca durante il periodo riproduttivo. Oltre a queste misure di protezione, per poter mantenere equilibrate le risorse ittiche di un bacino, si possono programmare interventi mirati di ripopolamento e di controllo dei predatori avicoli ed ittici. PAGINA 87 Biomassa disponibile a b Tempo (anni) Figura 2.37: a) Andamento della biomassa di un‘ipotetica popolazione di persico sfruttata dalla pesca; b) andamento della biomassa di persico in una popolazione di persico sofrasfruttata dalla pesca. Attraverso diverse tecniche di allevamento è possibile produrre stock ittici da reintrodurre in ambiente naturale ad una taglia idonea, quando gli individui sono meno vulnerabili di fronte all‘aggressività dei fattori ambientali e dei predatori. I dati riportati mostrano con evidenza che le pressioni sulla specie non provengono dalla disponibilità di alimento né da eccessiva mortalità naturale giovanile, in quanto le perdite all‘interno della coorte 0+ sono conformi a quelle riportate in letteratura per altri ambienti lacustri (Thorpe, 1977). Le pressioni sono da ricondurre alle perdite di individui in carriera riproduttiva o prossimi a tale stadio del ciclo biologico. Seguirà nelle conclusioni, una valutazione sugli interventi possibili per ovviare al problema. Tuttavia è possibile fin da ora affermare che per la salvaguardia della specie nel Lago di Varese si rende necessario effettuare semine. La quantità di persico da seminare per continuare il mantenimento dell‘attività di pesca, dipende dalla taglia del pesce introdotto. Al fine di garantire un reclutamento pari a quello considerato minimo indispensabile, ossia sostenuto da un numero di femmine simile a quello stimato per il 2007 ed il 2008, si ricava che occorrerebbe introdurre, ciascun atunno-inverno, un numero di individui 2+ pari a 40.000 esemplari oppure 250.000 individui 1+ oppure ancora 500.000 giovanili 0+ alla fine dell‘estate. In alternativa, si rende necessaria l‘introduzione di 2.500.000 post-larve tra la fine della primavera e l‘inizio PAGINA 88 dell‘estate. Verranno di seguito descritte (vedasi Cap. 4) soluzioni praticabili per raggiungere tali obiettivi di reclutamento artificiale con individui autoctoni. PAGINA 89 3. Descrittori fisiologici molecolari dello standard di vita del persico nel Lago di Varese 3.1 L’IPOSSIA L‘ossigeno è indispensabile per la maggior parte degli organismi viventi. Cambiamenti ambientali possono però ridurne per periodi più o meno lunghi la sua disponibilità nell‘ambiente, la quantità di ossigeno disponibile è un parametro critico soprattutto in ambiente acquatico. L‘acqua, infatti, contiene solo 1/30 dell‘ossigeno presente in un equivalente volume d‘aria, senza contare che la percentuale di diffusione dell‘ossigeno in acqua è pari a 1/10.000 di quella nell‘aria (Dejours, 1975). Sebbene fenomeni di ipossia (bassi livelli di ossigeno) in ambiente acquatico siano eventi stagionali naturali, negli ultimi 25 anni si è assistito ad un incremento dell‘incidenza di tali fenomeni dovuto all‘eutrofizzazione delle acque (Smith, 2003). Nei laghi eutrofici come il Lago di Varese il fenomeno è aggravato dalla stratificazione termica nei mesi più caldi, con sviluppo di condizioni di ossigenazione nettamente diverse lungo la colonna d‘acqua con elevati livelli di ossigeno negli strati superficiali e condizioni di ipossia e anossia negli strati più profondi. L‘ipossia rappresenta un grave rischio per le condizioni generali delle specie ittiche in particolare per quelle poco tolleranti i bassi livelli di ossigeno, come il pesce persico (Perca fluviatilis). Assistiamo a fenomeni di particolare resistenza all‘anossia in alcune specie, quali il carassio (C. carassius e C. auratus) i quali sono in grado di sopravvivere per alcuni giorni in assenza completa di ossigeno (Hochachka, 1986). Resta il fatto che, sebbene non così tolleranti, molte specie ittiche anche se esposte ad una severa ipossia, sono in grado di sopravvivere per tempi più o meno lunghi, mettendo in atto una serie di adattamenti fisiologici come l‘aumento del metabolismo anaerobico dei carboidrati per produrre energia (Dunn e Hochachka, 1987; Greaney et al., 1980; Krumschnabel et al., 2000; Virani e Rees, 2000), l‘aumento della frequenza di ventilazione e dell‘affinità dell‘emoglobina per l‘ossigeno. Inoltre l‘ipossia sembra regolare anche la superficie funzionale delle branchie dei pesci. Nella spigola o branzino (Dicentrarchus labrax), ad esempio, la superficie respiratoria totale delle branchie risulta essere inversamente proporzionale alla concentrazione di ossigeno in acqua (Saroglia et al., PAGINA 90 2002). La capacità di adattamento all‘ipossia, non significa comunque che il pesce non sia successivamente soggetto a patologie causate da indebolimento delle difese ossigeno dipendenti. Poiché gli adattamenti che i pesci mettono in atto per sopravvivere a fenomeni ipossici derivano da cambiamenti nell‘espressione genica (Gracey et al., 2001), descrittori molecolari (geni) della risposta del pesce ai livelli di ossigenazione, possono essere dei potenti strumenti per il monitoraggio della salute delle acque e delle risorse ittiche che le popolano. Dalla letteratura il descrittore più promettente, a questo scopo è il gene HIF-1α codificante per la sub-unità α del fattore trascrizionale HIF-1 (Hypoxia Inducible Factor 1), il gene ―maestro‖ nella regolazione delle risposte dell‘organismo all‘ipossia. Nei mammiferi, HIF-1 attiva la trascrizione di geni che codificano per proteine in grado di incrementare il trasporto dell‘ossigeno, come il fattore di crescita per l‘endotelio vascolare (VEGF, vascular endothelial growth factor) (Semenza, 1999). Uno studio condotto in precedenza, dalla nostra unità di ricerca, su branzino ha dimostrato l‘efficienza del gene HIF-1α quale indicatore di stress da ipossia anche nei pesci. In branzino, infatti la carenza di ossigeno disciolto influenza l‘espressione del gene HIF-1α nel fegato, inducendo una ―up-regulation‖, ovvero un aumento di espressione, durante l‘ipossia acuta e cronica (Terova et al., 2008). Fin dalla prima caratterizzazione di HIF-1α nell‘uomo (Semenza e Wang, 1992), sono stati isolati numerosi cDNAs in diversi vertebrati, ma sono state identificate solo poche sequenze ortologhe nei pesci. I pochi dati disponibili mostrano che HIF-1 è espresso nei pesci in diversi tessuti, quali fegato, gonadi e tessuti embrionali (Soitamo et al., 2001). La prima sequenza di HIF-1α ad essere stata caratterizzata è stata quella della trota iridea (Oncorhynchus mikiss) (Soitamo et al., 2001). Negli anni seguenti sono state ottenute numerose sequenze, complete o parziali, in diverse specie quali carpa nuda Gymnocypris przewalskii (Cao et al., 1989), carpa erbivora (Ctenopharyngodon idella) (Law et al., 2006), zebrafish (Danio rerio) (Rojas et al., 2007), ombrina (Micropogonias undulatus) (Rahman e Thomas, 2007), persico reale (Perca fluviatilis) (Rytkönen et al., 2007) e branzino (Dicentrarchus labrax) (Terova et al., 2008). Nella presente ricerca abbiamo testato la possibilità di poter utilizzare il gene HIF-1α come marker molecolare per descrivere la sofferenza da ipossia in una specie pregiata d‘acqua dolce sensibile alla carenza di ossigeno quale il pesce persico reale (Perca fluviatilis), in previsione di utilizzare tale marker per descrivere lo standard di vita della specie nel Lago di Varese. PAGINA 91 3.2 SPERIMENTAZIONE La fase sperimentale ha coinvolto esemplari di persico provenienti dall‘Incubatoio del Tinella (Groppello di Gavirate, Varese). I pesci sono stati trasferiti nel sistema a ricircolo situato presso l‘Università dell‘Insubria al Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Molecolari, dove sono state allestite le prove di ipossia, tre settimane prima dell‘inizio della sperimentazione. Due tipi di prove sono state condotte in vasche da circa 5 L: una per valutare la risposta molecolare all‘ipossia acuta e l‘altra a quella cronica. Le condizioni di ipossia sono state raggiunte in entrambe le prove diminuendo il flusso dell‘aria fino a 0,1– 0,2 NL/min e allontanando l‘ossigeno insufflando azoto (N2) (Figura 3.1). Per la prima prova sono stati applicati livelli i letali incipienti di ipossia (ossigeno disciolto = 0,4 ± 0,1 mg/l ), su 3 soggetti di persico di 37,7 ± 11,5 g per 1 ora circa. La concentrazione non era comunque letale, anche se già in grado di causare overturning. Sono poi stati prelevati dalla vasca in normossia (9,8 mg/l), 3 pesci di controllo. NORMOSSIA AZOTO per lo strippaggio dell’ossigeno IPOSSIA Figura 3.1: Sistema sperimentale per creare, in modo controllato, le condizioni di ipossia acuta e cronica. Per la 2° prova (cronica) sono stati utilizzati, 15 soggetti di pesce persico di 65,5 ± 30,2 g divisi in 3 gruppi sperimentali: uno mantenuto in condizioni di normossia (D.O. = 9 mg/l) e gli altri due a livello di ipossia corrispondente al 30% del valore di saturazione (2,8 ± 0,3 mg/l). Tre pesci sono stati campionati dalla vasca controllo e da una delle vasche esposte a ipossia dopo 15 gg di esposizione continua alle rispettive condizioni sperimentali. Dopo 15 gg di esposizione all‘ipossia i livelli di DO nella terza vasca sono stati PAGINA 92 invece riportati nella norma (9 mg/L) entro 1h, aumentando il flusso d‘aria nella vasca fino a 1,5 NL/min. Dopo un periodo di 24 h dal recupero, ovvero 24 h dall‘inizio della riossigenazione, tre pesci sono stati campionati dalla vasca. Cervello, muscolo dorsale, fegato sono stati prelevati e conservati a –80°C fino al momento delle misure dell‘espressione genica. In Figura 3.2 sono riportati i grafici corrispondenti ai livelli di ossigeno applicati nel corso delle prove di ipossia acuta (Figura 3.2-a) e cronica (Figura 3.2-b) su pesce persico. Figura 3.2: Andamento dei livelli di ossigeno disciolto (DO) durante la prova di ipossia cronica (a) ed acuta(b). 3.2.1 Risultati ottenuti La quantificazione dell‘attività trascrittomica del gene HIF-1α è stata effettuata utilizzando il metodo assoluto di quantificazione via Real-time PCR. Questa tecnica è molto sensibile e permette di quantificare il numero di copie di trascritti del gene HIF-1α tramite l‘utilizzo di una curva standard costruita usando campioni a numero noto di copie del nostro gene in studio. L‘RNA totale estratto da cervello, fegato e muscolo di pesce persico è stato sottoposto a real-time RT-PCR contemporaneamente ai RNA della curva standard di HIF-1α (Figura 3.3) PAGINA 93 Figura 3.3: Curve di amplificazione per il gene HIF-1α di persico. Le curve corrispondenti allo standard sono in rosso, quelle dei campioni di tessuto ipossico sono rappresentate in verde. L‘analisi di real-time PCR effettuata ha rilevato che l‘esposizione a livelli molto bassi di ossigeno disciolto (DO = 0,4 ± 0,1 mg/L) per 1h, provoca un aumento significativo (p<0,05) nell‘espressione di HIF-1α, in termini di numero di copie di trascritto, in cervello, fegato e muscolo di pesce persico rispetto ai controlli mantenuti in condizione di normossia. In cervello e fegato i livelli di espressione del gene HIF-1α tornano poi simili a quelli dei controlli dopo sole 24h dal ripristino delle condizioni ottimali di ossigenazione (fase di recupero) (Figura 3.4). Questo risultato è in accordo con quanto osservato in fegato di branzino esposto a ipossia acuta (Terova et al., 2008) e con l‘idea che anche in pesce persico HIF-1 sia coinvolto nella risposta precoce di adattamento a condizioni severe di ipossia. In muscolo invece, 24 h di recupero non sono state sufficienti per riportare i livelli di HIF-1α ai livelli del controllo. PAGINA 94 Figura 3.4: Livelli di espressione di HIF-1α in differenti tessuti di persico esposto a ipossia acuta. L‘altezza dell‘istogramma indica il valore medio di espressione di HIF-1α di tre pesci, le barre rappresentano la deviazione standard dalla media. Differenze fra le lettere indicano differenze significative fra le medie determinate mediante analisi della varianza ANOVA (p < 0,05). Nel caso dell‘esposizione prolungata (15 gg) a livelli di ossigeno disciolto pari a 2,8 ± 0,3 mg/L (ipossia cronica) non sono state osservate in cervello e in fegato differenze significative nell‘espressione di HIF-1α rispetto ai controlli (Figura 3.5). PAGINA 95 Figura 3.5: Livelli di espressione di HIF-1α in differenti tessuti di persico esposto a ipossia cronica. L‘altezza dell‘istogramma indica il valore medio di espressione di HIF-1α di tre pesci, le barre rappresentano la deviazione standard dalla media. Differenze fra le lettere indicano differenze significative fra le medie determinate mediante analisi della varianza ANOVA (p < 0,05). PAGINA 96 In muscolo invece abbiamo registrato un comportamento opposto a quello atteso con livelli di espressione del gene HIF-1α inferiori nei pesci esposti a ipossia rispetto ai rispettivi controlli mantenuti in condizioni di normossia. Sebbene il livello critico di ossigeno per il persico fosse stato fissato da Fry nel 1957 a 7 mg/L a una temperatura dell‘acqua di 20°C, uno studio successivo effettuato da Thorpe nel 1977 si riporta la capacità del persico di sopravvivere anche a concentrazioni di DO inferiori, pari a 2,5 mg/L. Poiché il contenuto medio di DO da noi utilizzato durante l‘esposizione a ipossia cronica era superiore a tale valore, la mancata attivazione del gene HIF-1α può trovare in questo una possibile spiegazione. Inoltre il pesce persico del Lago di Varese potrebbe non essere così sensibile alla mancanza di ossigeno essendosi adattato a vivere in un ambiente eutrofico in cui condizioni di ipossia si verificano frequentemente durante l‘upwelling delle acque e la stratificazione termica nei mesi più caldi. Il muscolo rimane comunque il tessuto che in caso di severa ipossia è in grado di mantenere memoria dell‘evento, per almeno 24 ore. PAGINA 97 4. Allevamento del persico del persico nel Lago di Varese Data la necessità di intervenire con semine di persico autoctone nel Lago di Varese, al fine di ricostituire lo stock di persico reale e di consentire un proseguimento con successo delle attività di pesca, verranno di seguito esaminate possibili tecniche e protocolli adottabili al fine di produrre materiale adatto al reclutamento. 4.1 RIPRODUZIONE CONTROLLATA E SCHIUSA DELLE LARVE Già precedentemente all‘avvio del progetto PERLAVAR, era stato costituito un primo stock di riproduttori con 87 femmine e 66 maschi, mantenuto in cattività. I riproduttori sono stati stabulati in una vasca da 3 m3 presso l‘incubatoio dell‘ A.P.D. Tinella di Groppello di Gavirate (Va), in modo da poter ottenere nastri ovarici fecondati nelle stagioni successive. A partire dal 2007, nel corso della stagione riproduttiva, sono state posizionate sul fondo della vasca alcune fascine di legna, in modo tale da poter ricreare le condizioni ideali per la deposizione delle uova (Figura 4.1). Figura 4.1: Nastro ovarico deposto in vasca su substrato riproduttivo costituito da rami sommersi. Nelle complesso, in 4 stagioni riproduttive successive, sono stati deposti e prelevati dalla vasca 322 nastri ovarici, equivalenti a circa 3.800.000 uova. La percentuale di fecondazione osservata è stata compresa tra il 50 ed il 70%, inferiore rispetto a quella ottenuta in ambiente naturale (80-90%). Ciò potrebbe essere dovuto a due principali fattori: carenze nutrizionali nella dieta dei riproduttori, non disponendo ancora di mangimi PAGINA 98 speciali per il persico, o da errori di manipolazione e stress provocati sui riproduttori stessi. La maggior parte dei nastri sono stati mantenuti in impianto fino all‘ottenimento della schiusa delle larve. Solo nel 2010, a causa della grande produzione ottenuta, per i limitati spazi a disposizione, parte dei nastri è stata immessa direttamente in Lago. Come mostrato in Figura 4.2 i nastri, una volta deposti, sono stati posizionati all‘interno di truogoli oppure in vasi Zug per le fasi di embrionatura e di schiusa. La temperatura dell‘acqua è stata misurata ogni 2 giorni ed il tempo di incubazione delle uova è stato riportato in gradi giorno (GG): GG = Tempo di incubazione (giorni) * Temperatura (°C) In media le uova di persico schiudono in 90-110 GG, ad una temperatura di 11°C; con l‘aumento della temperatura (> 14°C), il tempo di schiusa si riduce a 70-80 GG. Come si può osservare dalla Tabella 4.1, il numero di persici prodotti dal 2007 al 2010, è all‘incirca quintuplicato. Oltre a ciò, grazie al consolidamento dei protocolli operativi relativi alle fasi di svezzamento e di allevamento della specie, è aumentato anche il numero di post-larve e giovanili prodotti ed immessi nel Lago. Si è infatti passati da 145.000 pezzi prodotti nel 2007 ad una produzione di 618.000 pezzi nel 2010, di cui 60.000 avannotti (1,2 g) e 8.000 giovanili (2-4 g) (Tabella 4.1). Figura 4.2: Trogoli e vasi Zug utilizzati per l‘incubazione delle uova di pesce persico (Incubatoio Tinella ‘72, Groppello). PAGINA 99 Tabella 4.1: Quantità di larve, post-larve, avannotti e giovanili di persico prodotti e seminati nel Lago di Varese durante lo svolgimento del progetto. E‘ inoltre riportata la sommatoria equivalente al numero di giovanili 0+ corrispondenti (*) e le relative percentuali di sopravvivenza attese per ogni stadio vitale fino alla taglia giovanile, dopo immissione in Lago. Stadio vitale Larva Post-larva Avannotto Giovanile Totale immesso Taglia 2007 6 mm 1,5 cm 2,5 cm > 5-8 cm 120.000 25.000 ÷ ÷ 145.000 Giovanili 0+ corrispondenti 396 413 ÷ ÷ 809* 2008 250.000 55.000 13.500 ÷ 318.500 Giovanili 0+ corrispondenti 825 908 1.485 ÷ 3.218* 2009 450.000 90.000 65.000 3.500 608.500 Giovanili 0+ corrispondenti 1.485 1.485 7.150 3.500 13.620* 2010 230.000 320.000 60.000 8.000 618.000 Giovanili 0+ corrispondenti 759 5.280 6.600 8.000 20.639* % sopr 0,33 1,65 11,00 ÷ 4.1.1 Primo svezzamento e gestione dello stock Dopo il riassorbimento del sacco vitellino (70 GG a 16°C, 3-4 giorni), per i primi 25 giorni le larve sono state alimentate ad-libitum con zooplancton pescato in Lago (Figura 4.3) ed Artemia salina schiusa presso l‘impianto. Una volta catturato, lo zooplancton, veniva passato su filtri successivi di rete, con misure della maglia comprese tra 140 e 500 µm, di modo tale da dividerlo per taglie. In questo modo alle larve veniva fornito zooplancton di taglia adeguata alle loro dimensioni (Figura 4.3). Lo zooplancton di maggiori dimensioni veniva posto in sacchetti di plastica (circa 450 g cad.) e surgelato a -20°C per usi successivi. Dal 25° al 50° giorno, la dieta è stata integrata con dosi crescenti di mangime estruso e disidratato del tipo ―Perla larva 6.0‖ (Skretting®, 62% proteine, 11% lipidi) distribuendolo automaticamente con un distributore a molla 12 h. A due mesi dalla schiusa (fine di giugno), con l‘aumentare delle dimensioni degli avannotti, si è passati ad un mangime estruso con diametro del pellet compreso tra 600 e 1000 μm: ―Nutra HP 0.75‖ (Skretting®, 55% proteine, 18% lipidi)con razione giornaliera pari al 3% del peso dello stock, in accordo con Mélard et. al. (1995a e 1995b). Oltre al mangime, a partire da giugno e fino ad ottobre, la dieta degli avannotti è stata integrata con Chironomidi surgelati (Chironomus sp.). Dalla fine del secondo mese di allevamento, quindi con scadenza mensile, gli avannotti sono stati selezionati in base alla taglia. Come mostrato in Figura 4.4, la selezione delle taglie è stata eseguita con l‘ausilio di selezionatori manuali, partendo da una misura minima del lume delle griglie di 2,5 mm fino ad un massimo di 8 mm. La selezione è necessaria durante le fasi di allevamento del persico a causa dell‘ampia eterogeneità di taglie che caratterizza la specie. Il coefficiente di variazione di peso (CV = DVS/media) di larve di persico alla schiusa, è normalmente compreso tra il 15% ed il 18% (Kestemont et al., 1996). Nel nostro caso è stato osservato un CV medio per le quattro annate pari al 18,6%. PAGINA 100 Figura 4.3: Cattura e selezione dello zooplancton usato per il primo svezzamento delle larve di persico. La selezione delle taglie, permette di eliminare problemi di stress che rappresentano cause di inibizione della crescita, con comportamenti territoriali ed isolamento degli individui di taglia minore. Una frequente rimozione degli individui di taglia maggiore, anche se consente comunque l‘instaurarsi di nuove gerarchie nelle popolazioni selezionate, permette di ridurre l‘incidenza del cannibalismo (Mélard et al., 1995a). Le conseguenze di queste differenze di taglia risultano molto evidenti soprattutto durante lo stadio di post-larva. Le post-larve di persico infatti, hanno una bocca larga in relazione alla loro taglia iniziale, quindi sono in grado di aggredire o cannibalizzare individui più piccoli. PAGINA 101 Figura 4.4: Operazioni di selezione delle taglie. Vista la limitata dimensione della faringe e la fragilità delle larve, spesso l‘effetto di tali aggressioni è letale sia per la preda che per il predatore che rimane strozzato (Figura 4.5). Inoltre l‘eterogeneità di taglia comporta l‘instaurarsi di fenomeni di territorialità e di competizione intraspecifica per l‘accesso all‘alimento. Figura 4.5: Cannibalismo tra larve di persico durante le prime fasi di svezzamento. Spesso a causa delle limitate dimensioni della bocca l‘aggressore muore strozzato dalla preda. PAGINA 102 4.1.2 Accrescimento avannotti 2007-2010 Confrontando il peso degli avannotti allevati durante i quattro anni dello studio (Figura 4.6), si possono osservare differenze statisticamente significative (p< 0,05) tra i mesi di luglio, agosto e settembre del 2008, rispetto alle altre annate. Questa netta differenza di accrescimento dipende principalmente dalle più basse temperature dell‘acqua registrate nel 2008. Come si può osservare in Tabella 4.2, nel 2008 la temperatura media dell‘acqua delle vasche di allevamento è risultata significativamente inferiore (p<0,01) rispetto a quella osservata nelle altre annate. Ciò ha comportato una forte riduzione del tasso metabolico dello stock allevato ed un conseguente rallentamento della crescita. Dati di letteratura riportano che la temperatura ottimale per l‘allevamento del persico, alla quale si osservano il maggiore consumo di cibo ed il maggiore tasso metabolico è di 23°C (Mélard et al., 1996). Quindi più ci si avvicina a questa temperatura, migliori saranno le performance di accrescimento dello stock allevato. Per quanto riguarda il 2010, anche se la prova non sarà conclusa prima della stampa, riportiamo i dati relativi ai mesi di maggio, giugno e luglio. Come si può osservare (Figura 4.6) le performance di accrescimento degli avannotti nel 2010 sono risultate migliori rispetto a quelle osservate nelle annate precedenti, con differenze significative per il mese di luglio (p<0,05). Dato che nel 2010 conto che non si sono osservate differenze significative di temperatura rispetto al 2007 ed al 2009 (Tabella 4.2), il maggiore accrescimento, è da ricercarsi nelle migliorie apportate al protocollo gestionale. Tabella 4.2: Temperature medie registrate nelle vasche di allevamento tra il 2007 ed il 2009. Anno 2007 2008 2009 2010 Temp. media vasche (°C) 19,3 18,3 19,0 19,4 DVS 3,5 2,8 4,6 3,2 Min 14,1 11,9 9,8 10,1 Max 26,1 23,7 24,6 27,4 P 0,003* Pur essendo disponibili mangimi commerciali di alta qualità per le larve (< 200 µm), il persico fatica ad accettarli nel corso del primo appastamento, preferendo prede vive. Molti studi di laboratorio indicano l‘offerta di rotiferi quale la migliore soluzione per il primo svezzamento, anche se buone percentuali di sopravvivenza sono state osservate utilizzando nauplii di Artemia salina (Fiogbé et al., 1995). Molti zooplanctonti, come i nauplii di Copepodi o piccoli Cladoceri, possono essere utilizzati come starter durante lo svezzamento. Mano a mano che si accrescono, le postPAGINA 103 larve tendono a cibarsi di Cladoceri e Copepodi di più grandi dimensioni (Craig, 2001). Nel nostro caso, utilizzando zooplancton pescato direttamente in ambiente naturale, suddiviso per taglia mediante filtrazione, la percentuale di sopravvivenza durante il primo svezzamento si è mantenuta elevata (50-70%) in accordo con Mélard et al. (1995b). Durante il graduale passaggio alla dieta con mangime, il tasso di mortalità dello stock ha subito però un forte incremento, tuttavia con successivi studi, e miglioramenti nella presentazione della dieta il risultato potrà essere migliorato. 2007 2008 * * * * 2009 2010 ° Figura 4.6: Andamento del peso dei persici allevati nel 2007, 2008, 2009 e 2010; (*) e (°) indicano la presenza di differenze statisticamente significative tra il peso raggiunto dagli avannotti durante le varie annate di allevamento (p < 0,05). Notare le differenze di scala riportate sull‘asse delle ordinate. Il successo della transizione da cibo vivo a dieta secca, è solitamente dipendente dalla taglia, pesci di maggiori dimensioni avranno maggiori possibilità di accesso all‘alimento. In alcune specie allevate, la maggiore taglia di alcuni soggetti può comportare un‘intensificazione di interazioni agonistiche all‘interno dello stock allevato che spesso possono sfociare in fenomeni di cannibalismo (Kestemont et al., 2003). PAGINA 104 4.1.3 Mortalità delle larve In tutte le annate, il tasso di mortalità delle larve durante il riassorbimento del sacco vitellino, è risultato abbastanza contenuto restando di poco al di sopra della mortalità fisiologica (15%). Il pesce persico però è una specie che risulta molto sensibile agli stress ambientali o da maneggiamento, soprattutto se lo stock allevato deriva da riproduttori selvatici e quindi non addomesticati. Nel nostro caso, sia nel 2007 che nel 2008, il tasso di mortalità di larve e post-larve dopo il primo mese di vita, ha subito un forte aumento ed in alcune delle vasche ha raggiunto il 90%. Viceversa, nel 2009 e nel 2010, il tasso di mortalità si è mantenuto costante fino allo stadio giovanile, riducendosi drasticamente nel tempo. Sono molti i fattori che concorrono nell‘aumentare il tasso di mortalità del persico in allevamento, ma tra questi, gli sbalzi di temperatura sono sicuramente i più importanti (Mèlard et al., 1995a). In tutte le annate, la temperatura dell‘acqua delle vasche di svezzamento, poste all‘aperto ed alimentate con acqua superficiale pescata dal Lago, ha subito alcune rapide fluttuazioni. Nel 2007 e nel 2008, si sono registrati continui e repentini cambi delle condizioni metereologiche, con variazioni termiche dell‘acqua comprese tra 2 e 6 °C da un giorno all‘altro. Tutto ciò ha indubbiamente contribuito ad aumentare lo stress delle larve allevate ed ha giocato un ruolo importante nell‘innalzamento del tasso di mortalità registrato. Lo stress dovuto sia alla temperatura che alla presenza degli operatori, ha contribuito fortemente alla debilitazione delle postlarve che, in poco tempo, hanno smesso di alimentarsi assumendo comportamenti apatici ed una pigmentazione scura. Attraverso un‘analisi al microscopio binoculare, si poteva osservare anche la presenza di esoftalmo bilaterale. Visto l‘elevato tasso di mortalità e i sintomi riscontrati, il 9-05-07 alcuni campioni di post-larva (n =30) sono stati spediti alla Sezione Diagnostica dell‘Istituto Zooprofilattico di Brescia per un‘analisi anatomopatologica, batteriologica, virologica e parassitologica. Le analisi effettuate hanno confermato la presenza di esoftalmo bilaterale su tutti i campioni osservati e la presenza dell‘agente eziologico Aeromonas sobria (Figura 4.7). Le infezioni causate da batteri Aeromonas spp. sono probabilmente le più comuni che si possono riscontrare in pesci allevati sia con tecnica intensiva che estensiva. Aeromonas sobria produce un‘ampia gamma di tossine, quali emolisine extracellulari, citotossine e proteasi. Le infezioni da Aeromonas spp. sono più comuni quando il pesce è sottoposto ad uno stress che lo rende suscettibile all‘attacco dei batteri opportunisti. Le fonti più comuni di stress per il pesce in acquacoltura sono la scadente qualità delle acque, gli sbalzi termici, il maneggiamento da parte degli operatori, fenomeni di dominanza e cannibalismo e la densità. Secondo dati di letteratura il persico risulta molto PAGINA 105 suscettibile all‘aggressione da Aeromonas, soprattutto durante il cambio di stagione tra inverno e primavera, anche in ambiente naturale ed il tasso di mortalità negli stock allevati, a causa di questa infezione, può essere dell‘1-2% al giorno (Wahli et al., 2005). Con l‘allevamento a ricircolo, mantenendo la temperatura dell‘impianto costante, l‘incidenza della malattia viene molto ridotta ed in alcuni casi il tasso di mortalità scende anche al di sotto dello 0,5%. Figura 4.7: Persico infettato da Aeromonas sobria (Wahli et al., 2005). Per quanto riguarda il 2008, la forte mortalità è stata causata dall‘ingresso in impianto del parassita Ichthyophthirius multifilis si presume a causa di un errore da parte del personale addetto. Il parassita tende ad infestare soggetti indeboliti o con malformazioni corporee quali scoliosi o lordosi che implicano difficoltà nel nuoto ed apatia, rendendo più facile l‘attacco da parte del parassita. La Figura 4.8 mostra un soggetto con vescica natatoria ridotta ed una evidente malformazione della spina dorsale, infestato da una serie di trofonti (stadio parassitario di I. multifilis). Quando il parassita è incistato risulta difficile eliminarlo e può causare lesioni cutanee o branchiali, facilmente colonizzabili da batteri e miceti. A causa di questa parassitosi e successive batteriosi, sostenute da germi opportunisti, entro la metà del mese di giugno 2008 erano già state perse circa 80.000 larve. Con l‘applicazione di un protocollo di profilassi e disinfezione (sale marino + cloramina T) sullo stock rimasto e sulle nuove larve nate, la mortalità in poco tempo si è arrestata. PAGINA 106 Figura 4.8: Post-larva di persico con malformazioni alla spina dorsale, infestata da Ichthyophthirius multifilis. Le frecce indicano alcuni parassiti incistati sotto pelle. La Figura 4.9 mostra il confronto tra il tasso di mortalità di post-larve di persico nate il 12-0408, allevate senza l‘applicazione del protocollo di profilassi (Figura 4.9-a) ed il tasso di mortalità di larve nate il 22-05-08 mantenute isolate dal resto dell‘allevamento ed alle quali è stato applicato il protocollo di profilassi (Figura 4.9-b). Nel secondo caso, si osserva che la mortalità, dopo un primo periodo in cui resta comunque elevata, tende a diminuire progressivamente. L‘elevata mortalità a pochi giorni dalla nascita, può essere ascritta alle normali perdite fisiologiche che affliggono le larve durante i primi stadi vitali. Nella vasca in cui il protocollo di profilassi è stato applicato precocemente, nessuna delle larve trovate morte ha mostrato segni della parassitosi. PAGINA 107 Figura 4.9: a) Mortalità di post-larve di persico in una vasca con applicazione tardiva del protocollo di profilassi; b) mortalità di larve e post-larve in una vasca con applicazione precoce del protocollo (2008). 4.1.4 Qualità delle larve Alcuni Autori, Kestemont et al. (2003), hanno osservato che sia la percentuale di sopravvivenza che le performance di accrescimento, sono maggiori in larve nate alla prima schiusa rispetto a quelle con schiusa più tardiva. Partendo da tale presupposto, è stata eseguita una prova di qualità delle larve su alcuni nastri deposti nel 2008. Nel mese di aprile sono stati prelevati, dalla vasca dei riproduttori, tre nastri ovarici con lunghezza compresa tra 30 e 40 cm. I tre nastri sono stati posizionati per la schiusa in tre diversi trogoli in modo da non consentire il rimescolamento delle larve nate. Per ogni nastro ovarico sono state poi preparate, all‘interno di uno schiuditoio di tipo californiano, una serie di nursery da acquario con maglia da 250 μm e volume di circa 4 litri. Solitamente, in un nastro con lunghezza pari a 40 cm ad una temperatura di 15°C, la schiusa di tutte le larve avviene in 3 giorni. Quindi abbiamo definito i tempi di schiusa come: T1 = inizio della schiusa; T2 = 24h dall‘inizio della schiusa; T3 = 48h ultime larve in schiusa. Per ognuno dei tre nastri, sono state quindi preparate 12 nursery (Figura 4.10), 3 per ogni tempo di schiusa, PAGINA 108 numerate progressivamente (per es. T1A, T1B, T1C; T2A, T2B, T2C, ecc..). In ogni nursery sono state immesse 200 larve appartenenti ai tre tempi di schiusa (600 larve per ogni intervallo). Figura 4.10: Nursery usate durante la prova di definizione della qualità delle larve. Per evitare di mescolare larve nate durante le ore notturne, ogni mattina alle ore 8:00 le larve presenti, originate dalla schiusa notturna, venivano spostate in una vasca esterna, in questo modo ci si assicurava il prelievo di larve nate dopo l‘intervallo di tempo desiderato, ossia 24 h dal prelievo precedente. La Figura 4.11 riporta l‘andamento della lunghezza di larve nate a tempi diversi, durante i primi 5 giorni dopo la schiusa. Come si può osservare per tutti e tre i nastri usati per la prova, larve nate al tempo T0 (inizio della schiusa), hanno mostrato una lunghezza significativamente inferiore (p<0,05), rispetto a quelle nate a tempi successivi T1 e T2. Già dal secondo giorno però si può osservare che la lunghezza delle larve nate al tempo T0 aumenta fino a raggiungere, e poi superare al quinto giorno, quella di larve nate a tempi successivi. Per tutti i nastri, al quinto giorno di prova, le larve T0 hanno mostrato lunghezze significativamente maggiori, rispetto a larve T1 e T2 (p<0,05). Dopo il quinto giorno, le larve rimaste nelle nursery (n = 150) sono state alimentate per 15 gg al fine di determinare differenze di sopravvivenza in relazione al tempo di schiusa. La Figura 4.12, mostra la sopravvivenza delle larve, alla fine dell‘osservazione, per ogni gruppo di schiusa. Nonostante le percentuali di sopravvivenza siano state molto basse, probabilmente a causa dello spazio limitato delle nursery, tra i tre gruppi, sono state osservate differenze significative (p<0.05) nella percentuale di sopravvivenza. Le larve del gruppo T0 hanno mostrato la maggiore percentuale di sopravvivenza (in media 12.5%) per PAGINA 109 tutti tre i nastri, mentre i gruppi T1 e T2 hanno mostrato sopravvivenze più basse: rispettivamente 3 % e 1,15%. Kestemont et al., (2003) hanno osservato che larve di persico e di spigola (Dicentrarcus labrax), schiuse tardivamente, risultano meno competitive di quelle schiuse precocemente. La stessa osservazione proviene dalle esperienze di avannotterie commerciali di spigola (Saroglia, dati non pubblicati). Lo stesso risultato è inoltre stato ottenuto da Buriez, (2007) in uno studio effettuato su larve di luccio (Esox lucius). Come nel nostro caso, l‘Autore ha osservato che il tempo di schiusa influenza la taglia iniziale delle larve: le larve precoci hanno una lunghezza alla schiusa inferiore a quelle tardive. Secondo Kestmont et al. (2003), larve nate durante le prime fasi della schiusa risultano avvantaggiate rispetto a quelle nate successivamente, in quanto possono accedere prima alla dieta esogena, crescendo potenzialmente cannibalizzare gli individui nati più tardivamente. PAGINA 110 più velocemente e Figura 4.11: Accrescimento delle larve nate a diversi tempi (T0, T1, e T2) da uno stesso nastro ovarico durante i primi 5 giorni dalla schiusa, (* indica p<0,05). PAGINA 111 In base a queste considerazioni, potrebbe essere suggerita una selezione delle larve direttamente alla nascita e ciò dovrebbe permettere una riduzione dell‘eterogeneità di taglia iniziale altre ad un miglioramento del tasso di sopravvivenza dello stock allevato. Figura 4.12: Sopravvivenza delle larve (%) in relazione al tempo di schiusa dopo 15 gg di alimentazione esogena. 4.1.5 Efficienza di predazione Durante il mese di Giugno 2007, è stata effettuata una prova di efficienza di predazione su post-larve di pesce persico, allo scopo di definire la razione giornaliera ottimale di zooplancton da fornire durante le prime fasi di allevamento. Per l‘esperimento sono stati utilizzati 2 gruppi di post-larve, pre-svezzate presso l‘incubatoio dell‘A.P.D. Tinella di Groppello (Va). Le post-larve del primo gruppo avevano un peso medio di 0,155 g (± 0,052) mentre quelle del secondo gruppo pesavano 0,257 g (± 0,083). Durante le prove, le post-larve divise in quattro gruppi, sono state mantenute in vaschette di plexiglass (Figura 4.13) ed alimentate con quattro differenti razioni giornaliere di zooplancton: primo gruppo 2,5%, 5%, 10% e 20% del peso corporeo medio, secondo gruppo, 50%, 100%, 150% e 200%. Per ogni razione giornaliera sono state effettuate tre repliche al giorno (V1,V2,V3), per 4 giorni. Lo zooplancton usato per alimentare le postlarve veniva pescato giornalmente nel Lago di Varese, con un retino da plancton con mesh da 80 µm e successivamente filtrato su un setaccio con mesh da 450 µm, per eliminare zooplanctonti di taglia troppo piccola. La sospensione cosi ottenuta, detta ―sospensione madre‖, veniva trasportata presso i laboratori in una tanica da 30 l. Dalla PAGINA 112 sospensione madre, opportunamente omogeneizzata, venivano prelevati 5 campioni da 150 ml per quantificare la concentrazione di zooplanctonti. Figura 4.13: Vaschette usate per l‘esperimento di efficienza di predazione. Nota la concentrazione della sospensione madre, si procedeva all‘alimentazione delle post-larve somministrando ad ognuna delle vaschette il volume di sospensione necessario. Al fine di conteggiare gli zooplanctonti consumati, giornalmente, dopo aver rimosso le post-larve, lo zooplancton morto veniva lasciato sedimentare sul fondo delle vaschette sperimentali. Alla fine di ogni giornata di sperimentazione, feci e zooplancton morto venivano asportati dal fondo e conservati in bottiglie da 1 l. Da ogni vaschetta venivano poi prelevati 3 campioni di acqua in provette da 50 ml, in modo tale da poter valutare la quantità di zooplancton ancora presente in sospensione e quindi non consumato dalle post-larve. Il numero medio di zooplanctonti presenti nei 3 campioni, veniva poi rapportato al volume totale di acqua presente nelle vaschette (7 l), in modo da poter calcolare il numero degli zooplanctonti rimasti vivi. Le feci e gli organismi morti, venivano lasciati sedimentare in coni Imhoff da 1 l di capacità, in modo tale che le feci, più pesanti, sedimentassero per prime sul fondo del cono. In questo modo è stato possibile separare le feci dallo zooplancton morto che veniva recuperato e conteggiato. Alla fine di ogni ciclo di 24 h, l‘acqua delle vaschette veniva sostituita per eliminare eventuali residui delle razioni precedenti, le quali avrebbero potuto interferire con il calcolo della quantità di prede consumate. Al termine di entrambe le prove è stata calcolata la quantità di zooplanctonti predati nel tempo di 60‖ dalle post-larve alimentate con le razioni massime dei due esperimenti (20%PAGINA 113 200%), così da verificare che i dati sul consumo di zooplancton fossero attendibili. Sono inoltre stati calcolati i valori di SGR% (Specific Growth Rate) e di FCR (Feed Conversion Ratio), per le post-larve di entrambe le prove: FCR TFS FBW IBW Dove: TFS = Grammi di zooplancton in peso secco forniti FBW = Peso finale medio delle post-larve FBI = Peso iniziale medio delle post-larve SGR Ln(FBW ) Ln(FBI) t2 t1 Dove: FBW = Peso finale medio delle post-larve FBI = Peso iniziale medio delle post-larve t2-t1 = Durata dell‘esperimento in giorni -Primo gruppo Le razioni giornaliere di zooplancton somministrate al primo gruppo di post-larve, erano pari al 2,5%, 5%, 10% e 20% del peso corporeo medio (0,155 ± 0,052 g) (Tabella 4.3). Per la prova, sono state allestite 12 vaschette contenenti ognuna 6 post-larve di persico. Tabella 4.3: Razioni di zooplancton in %, mg e numero di zooplanctonti, somministrate nel primo esperimento. Razione % 2,5 5 10 20 Razione in peso secco (mg) 23,25 46,5 93 186 Razione (N° di zooplanctonti) 1300 2600 5200 10400 Come mostrato in Figura 4.14, la relazione osservata tra la razione giornaliera somministrata e la quantità di zooplancton consumato dalle post-larve, è di tipo lineare (R2 = 0,99). Inoltre il numero di zooplanctonti consumati, è risultato statisticamente differente tra le diverse razioni utilizzate (p<0,05). PAGINA 114 * * * * Figura 4.14: Relazione tra razione giornaliera e numero di zooplanctonti consumati per post-larva (*p<0,05). Rispetto ad un peso iniziale di 0,155 ± 0,052 g, al termine del primo esperimento, le postlarve presentavano un peso medio pari a 0,235 0,063 g, con un incremento di peso variabile tra 0,04 g (razione 2,5%) e 0,11 (razione 20%) (Tabella 4.4). Il peso finale medio di post-larve alimentate con razioni più elevate di zooplancton, è risultato tendenzialmente maggiore sebbene l‘analisi statistica non abbia evidenziato nessuna differenza significativa (p>0,05) (Figura 4.15). Tabella 4.4: Crescita standard giornaliera (SGR%) ed efficienza di conversione (FCR) nel primo esperimento. Razione giornaliera (%) 2,5 5 10 20 Razione per post-larva (g) 0,004 0,008 0,016 0,031 Peso iniziale (g) 0,155 0,155 0,155 0,155 Peso finale (g) 0,198 0,229 0,242 0,269 Incremento di peso (g) 0,043 0,074 0,087 0,114 SGR% 6,065 9,777 11,172 13,769 FCR 0,364 0,419 0,710 1,089 Come mostrato in Tabella 4.4, i valori di SGR calcolati per le post-larve sono cresciuti con l‘aumentare della razione somministrata, per valori compresi tra 6,1% (razione 2,5%) e 13,8% (razione 20%). L‘FCR è risultato compreso tra 0,36 (razione 2,5%) e 1,09 (razione 20%). Il numero di zooplanctonti consumati nel corso delle 14 ore di luce, dalle post-larve PAGINA 115 alimentate con la razione massima dell‘esperimento (20%), è stata pari a 2,3 zooplanctonti al minuto. Figura 4.15: Incremento del peso delle post-larve al variare della razione giornaliera. - Secondo gruppo Nel secondo esperimento sono state utilizzate post-larve con un peso medio (0,257 g ± 0,083), quasi doppio rispetto al primo gruppo. La metodica della prova è stata identica alla precedente, con la differenza che le razioni giornaliere erano più elevate e per ogni vaschetta erano presenti solo 5 post-larve. Le razioni fornite sono state significamene più alte in quanto si voleva verificare quale fosse la quantità massima di zooplancton che le post-larve possono consumare (Tabella 4.5). Tabella 4.5: Razioni di zooplancton in %, mg e numero di zooplanctonti somministrate nel secondo esperimento. Razione % 50 100 150 200 Razione in peso secco (mg) 642,5 1285 1927,5 2570 Razione (N° di zooplanctonti) 35600 71200 106800 142400 Come mostrato in Figura 4.16, la relazione tra razione giornaliera somministrata e zooplanctonti consumati dalle post-larve, è risultata essere di tipo logaritmico e la quantità di prede consumate tende ad un plateau con l‘aumentare della razione PAGINA 116 giornaliera. Al contrario, la quantità di razione giornaliera che le post-larve hanno consumato, si riduce con l‘aumento della razione giornaliera stessa (Figura 4.17). N°di zooplanctonti consumati per larva * * * 16000 14000 * 12000 10000 8000 y = 6597.2Ln(x) - 20661 2 R = 0.99 6000 4000 40 60 80 100 120 140 160 180 200 220 Razione giornaliera (%) Figura 4.16: Relazione esistente tra razione somministrata e numero di zooplanctonti consumati per larva (*p<0,05). In entrambi i casi, la differenza nella quantità di zooplanctonti consumati dalle post-larve in funzione della razione somministrata, è risultata statisticamente significativa (p<0,05). In questo caso, l‘incremento medio del peso delle post-larve è variato tra 0,07 g per la razione più bassa (50%) e 0,17 g per la razione giornaliera massima (200%). Anche nel secondo esperimento, la variazione del peso corporeo delle post-larve registrata al termine della prova, non è risultata statisticamente significativa (p>0,05) (Figura 4.18). PAGINA 117 * * * * Figura 4.17: relazione esistente tra razione somministrata e percentuale di zooplanctonti consumati (*p<0,05). Nel secondo esperimento, i valori di SGR calcolati sono stati compresi tra 6,3% (razione 50%) e 12,8% (razione 200%). Similmente, alla prima prova è stato osservato un aumento della velocità di crescita delle post-larve alimentate con razioni giornaliere più elevate. La FCR è risultata invece compresa tra 7,01 e 12 rispettivamente, per le razioni pari al 50% e 200% del peso corporeo delle post-larve (Tabella 4.6). Il numero di zooplanctonti consumati dalle post-larve alimentate con la razione massima dell‘esperimento (200%) nelle 14 ore di luce è stata pari a 20,3 zooplanctonti al minuto. PAGINA 118 Figura 4.18: Incremento del peso delle post-larve al variare della razione giornaliera. Tabella 4.6: Crescita standard giornaliera (SGR%) ed efficienza di conversione (FCR) nel secondo esperimento. Razione giornaliera (%) 50 100 150 200 - Razione per post-larva (g) 0,129 0,257 0,386 0,514 Peso iniziale (g) 0,257 0,257 0,257 0,257 Peso finale (g) 0,330 0,381 0,412 0,428 Incremento di peso (g) 0,073 0,124 0,155 0,171 SGR% 6,274 9,863 11,818 12,765 FCR 7,005 8,265 9,923 12,001 Considerazioni sulla prova Durante il primo esperimento, alle post-larve sono state fornite razioni di cibo pari al 2,5%, 5%, 10% e 20% del loro peso corporeo medio (0,155 ± 0,052 g). La quantità di zooplancton consumata, è risultata compresa tra il 96,8% del totale fornito (1.258 ± 54 zooplanctonti predati su 1.300) per la razione pari al 2,5% del peso corporeo delle post-larve ed il 96,2% per la razione pari al 20% ( 9.908 ± 320 zooplanctonti predati su 10.400). La relazione tra zooplancton somministrato e consumato è risultata quindi di tipo lineare (R2=0,99) in quanto le razioni venivano quasi completamente consumate nel corso delle 14 ore di luce. Nella seconda prova, sono state applicate razioni di cibo più elevate rispetto alla prima: 50%, 100%, 150% e 200% del peso corporeo medio delle post-larve. In questo caso la percentuale di zooplancton predato, rispetto al totale fornito, è diminuita con relazione esponenziale inversa, all‘aumentare della razione giornaliera (Figura 4.17). Le post-larve PAGINA 119 alle quali è stata somministrata una razione giornaliera pari al 50% del proprio peso corporeo, hanno consumato mediamente il 74,7% dello zooplancton fornito (26.603 ± 2.594 zooplanctonti predati su 36.600), mentre quelle che hanno avuto a disposizione la razione massima, pari al 200% del proprio peso corporeo, hanno consumato in media solo il 51,2% dello zooplancton fornito giornalmente (72.943 ± 3.677 zooplanctonti predati su 142.400). La relazione tra razione somministrata e zooplanctonti consumati, è di tipo logaritmico e tende ad un plateau, indicando che la razione di zooplancton pari al 200% del peso delle post-larve, è vicina alla quantità massima di cibo che le post-larve di persico possono consumare giornalmente. Calcolando il numero di zooplanctonti che le post-larve hanno predato mediamente in un minuto, alle razioni più elevate, è stato osservato che per la razione pari al 20% il consumo è stato in media di 2,3 zooplanctonti al minuto durante le ore di luce, mentre per la razione pari al 200%, le post-larve hanno consumato in media 20,3 zooplanctonti al minuto. Peterka e Matena (2002), effettuando uno studio di efficienza di predazione in persici di lunghezza pari a 30-50 mm, ha misurato la quantità di zooplanctonti consumata dopo 5, 10 e 20 minuti dall‘alimentazione, osservando che a concentrazioni pari a 150 zooplanctonti l-1, gli avannotti possono consumare fino a 6-7 prede al minuto. Il confronto di questo risultato con quelli riscontrati nel nostro studio, deve tenere conto del fatto che nel nostro esperimento lo zooplancton nelle vaschette sperimentali era molto più concentrato (circa 20.000 zooplanctonti l-1 per la razione pari al 200 %) ed i tempi di alimentazione delle post-larve erano molto più lunghi. In entrambe le prove, l‘incremento di peso delle post-larve alimentate con diverse razioni giornaliere non è risultato statisticamente significativo (p>0,05). Questo risultato potrebbe essere dovuto alla forte eterogeneità della taglia delle post-larve utilizzate durante l‘esperimento. Infatti, il coefficiente di variazione (C.V.), pur essendo in accordo con valori riportati in letteratura (35.3%-38.1%) (Kestemont et al., 2003), è risultato piuttosto elevato (34%-32%). Valori elevati di eterogeneità tra post-larve non sono dovuti esclusivamente a fattori genetici ma a questo riguardo svolgono un ruolo molto importante sia la quantità a disposizione, sia il metodo utilizzato per la somministrazione del cibo in cattività (Fontaine et al.,1997). Garantendo il giusto approvvigionamento alla fonte alimentare a tutti gli esemplari, possono infatti essere ridotti i fenomeni di competizione intraspecifica. Anche il cannibalismo risulta essere un fattore in grado di influenzare la differenza tra le taglie delle post-larve in uno stock (Baras et al., 2003). I valori di FCR e SGR ottenuti, hanno permesso di identificare quale, tra le razioni fornite, potrebbe essere quella da considerarsi ottimale per le post-larve di persico. Il valore più alto di SGR è stato osservato nelle post-larve alle quali è stata fornita una quantità di PAGINA 120 zooplancton pari in peso secco, al 20% del loro peso corporeo. Con tale razione è stato osservato un FCR di 1,09 che essendo prossimo a 1, rappresenta un rapporto di conversione dell‘alimento da considerarsi molto buono. Nelle razioni giornaliere inferiori (2,5%,5% e 10%), l‘FCR è ancora più basso ma la crescita delle post-larve è stata piuttosto contenuta. Nelle razioni fornite nel secondo studio (50%, 100%, 150% e 200%), sia la SGR che l‘FCR hanno assunto valori più distanti da quelli ottimali rispetto alla razione 20%. Dai risultati ottenuti nel nostro studio, la razione di zooplancton in peso secco da considerarsi ottimale per le post-larve, al fine di ottenere le migliori performance di accrescimento, deve essere pari al 20% del peso corporeo. Questo risultato è in accordo con Fiogbè et al. (2003), in cui si osserva che nel persico, come in tutti i pesci, la razione ottimale è solitamente inferiore alla razione massima. 4.2 ALLEVAMENTO IN RISAIA SET-ASIDE Alla fine del mese di maggio 2008, 2009 e 2010, è stata effettuata una prova di accrescimento di larve di persico, nelle acque di una risaia ritirata dalla produzione agricola. La Comunità Europea, per far fronte agli eccessi produttivi di cereali, ha contingentato le produzioni agricole fino alla fine del 2008 (Regolamento CE n. 1272/1988), invitando gli agricoltori a destinare una parte della superficie agricola alla ―non coltura‖ o ad usi alternativi (terreni detti set-aside), il tutto collegato ad incentivi economici ed ai criteri d‘attuazione della politica agricola comunitaria (PAC). E‘ stata individuata una risaia disponibile nelle vicinanze del Comune di Mortara (Pv) ed il 25 maggio 2008, il 30 maggio 2009 e 2010, vi sono state immesse circa 30.000 larve ottenute da un nastro deposto in vasca dallo stock di riproduttori del Tinella. La superficie messa a disposizione è stata di circa 1200 m2. L‘acqua usata per il riempimento della risaia derivava in parte da una risorgiva localizzata vicino alla risaia stessa ed in parte da un canale irriguo. Il flusso d‘acqua poteva essere regolato a piacere, entro 0,2 ed 1,2 m3 min1. Nel 2010, a differenza delle due annate precedenti, la risaia è stata preparata con un solco centrale profondo circa 90 cm e largo 1,5 m. Questo solco è stato ideato per poter facilitare le attività di recupero del pesce e per ridurre la predazione da parte di uccelli ittiofagi come la garzetta (Egretta garzetta)e l‘airone cenerino (Ardea cinerea), nella zona molto abbondanti. Nello stesso tempo il solco potrebbe facilitare lo sviluppo dello zoobenthos importante alimento per gli avannotti di persico. Durante le prove, ogni 15 giorni, sono stati monitorati i principali parametri chimico-fisici dell‘acqua in ingresso ed in uscita: concentrazione e percentuale di saturazione di ossigeno, temperatura e pH. Oltre a ciò, con scadenza mensile, è stato effettuato un PAGINA 121 monitoraggio dell‘accrescimento dello stock. Con l‘ausilio di una ―bilancia‖ con maglia da 0,5 cm venivano pescati circa 50 individui sui quali venivano effettuate una serie di misurazioni biometriche: lunghezza totale (cm), lunghezza standard (cm) e peso (g). Durante i campionamenti veniva anche osservato l‘aspetto esterno degli individui catturati al fine di determinare la presenza di parassiti o segni di batteriosi in corso. Il 18 settembre 2008 ed il 12 ottobre 2009, la risaia è stata svuotata e tutti gli individui presenti (n ≈ 13.500 nel 2008 e n ≈ 15.600 nel 2009) sono stati prelevati e trasportati presso l‘incubatoio ittico del Tinella. Dopo un periodo di quarantena, circa il 90% di essi è stato liberato nel Lago mentre una piccola parte è stata mantenuta in impianto ad integrazione dello stock di avannotti presente. I campionamenti effettuati nella risaia per il monitoraggio dello stock, hanno mostrato una crescita costante in tutte e due le annate. Tenendo conto che la prova del 2010 è tutt‘ora in corso, riportiamo comunque i primi dati relativi al tasso di accrescimento delle post-larve immesse. Come mostrato in Figura 4.19, il peso medio degli avannotti derivanti dalla risaia alla fine di settembre 2008 e 2009 (rispettivamente 2,17±0,6 g e 2,19±0,7 g) non mostra differenze significative, (p>0,05). Come riportato nello stesso grafico, effettuando un confronto tra pesci allevati in vasca ed in risaia per le tre annate, il peso medio finale degli avannotti allevati in risaia nel 2008 e nel 2009, è risultato significativamente inferiore (p<0,05) rispetto a quello ottenuto in vasca (5,08 ±1,6 g). I primi dati rilevati alla prova 2010, che al momento della stampa è ancora in corso, mostrano per il mese di luglio un peso medio delle post-larve di 1,48 g (± 0,37), anch‘esso significativamente inferiore (p<0,05) rispetto a quello dello stock allevato in vasca (2,08±1,6 g) (Figura 4.19). Effettuando però un confronto tra il peso medio dei persici allevati in risaia nel mese di luglio 2010, con quello delle due annate predenti, si osserva che le post-larve allevate nel 2008-2009 sono significativamente più piccole (0,27±0,1 g) rispetto a quelle allevate nel 2010 (p<0,05). Tenendo conto di tale tasso di accrescimento, riportiamo in Figura 4.19, un tentativo di previsione del peso che potrebbero raggiungere gli avannotti nel mese di agosto e settembre 2010. Questo dato che è del tutto previsionale e andrà poi confermato durante i prossimi campionamenti, mostra performance di accrescimento sicuramente migliori rispetto a quelle osservate precedentemente. Il maggiore tasso di crescita che si sta prospettando per il 2010, potrebbe essere dovuto innanzitutto alla presenza del solco al centro della risaia precedentemente descritto, che funge sia da rifugio che da zona di foraggiamento per gli avannotti. Oltre a ciò la presenza del solco ha limitato anche lo sviluppo eccessivo di macrofite acquatiche (i.e Carex sp.), che nel 2008 e nel 2009, avevano invece raggiunto densità tali da limitare gli spostamenti degli avannotti i quali stazionavano nelle zone dove la densità di piante acquatiche si era PAGINA 122 mantenuta più bassa. Negli stessi anni, a causa di questa grande produzione di piante acquatiche in pochi centimetri d‘acqua, anche la ricerca dell‘alimento potrebbe essere risultata difficoltosa, innescando fenomeni di competizione intraspecifica e cannibalismo. A questo proposito, potrebbe essere consigliabile in futuro un diserbo preventivo della risaia in aprile-maggio, prima dell‘immissione degli avannotti. Inoltre anche le condizioni metereologiche, verificatesi nel 2010, potrebbero avere favorito il crearsi di un substrato alimentare particolarmente ricco. Risaia-09 Risaia-08 * * * * * ° * ° Vasca Risaia-10 ° Figura 4.19: Confronto del tasso di accrescimento del novellame allevato in risaia set-aside (2008-2010) e quello allevato in vasca. Nel grafico che riporta il dato di accrescimento per l‘anno 2010, la zona in grigio indica un calcolo previsionale dell‘accrescimento (vedi testo). (*) indica che la differenza di accrescimento tra persici allevati in risaia e quelli in vasca è statisticamente significativa (p<0,05); (°) indica che la differenza di accrescimento dei persici allevati in risaia tra il mese di luglio 2008-2009 e 2010 è statisticamente significativa (p<0,05)). La coorte di persici allevati in vasca, è stata alimentata con mangime artificiale e questo spiega la crescita molto più elevata. Inoltre da notare che la scala riportata sull‘asse delle ordinate, tra risaia e vasca, è differente. L‘incidenza di tali variabili biotiche ed abiotiche, unite alla non costante disponibilità di alimento durante il periodo di allevamento in risaia, potrebbero essere le principali cause da cui dipendono le ampie differenze di taglia osservate tra i persici allevati in vasca e quelli allevati in ambiente seminaturale. In futuro sarà pertanto necessario lavorare per il miglioramento della produzione di zoobenthos nell‘ambiente di risaia. PAGINA 123 La percentuale di sopravvivenza (2008-2009)degli avannotti non ha superato il 25% (circa 7.200 individui) e la causa potrebbe essere dovuta principalmente alla predazione da parte di uccelli ittiofagi come aironi cenerini (Ardea cinerea), garzette (Egretta garzetta) ed altri Ardeidi spesso presenti sulle rive ed all‘interno della risaia. Se da un lato le piante acquatiche cresciute nella risaia hanno limitato gli spostamenti del pesce compromettendone le performance di accrescimento, dall‘altro hanno sicuramente contribuito alla sua protezione. Per quanto riguarda invece il 2010, i primi rilevamenti hanno mostrato una maggiore presenza di persico rispetto alle annate precedenti, soprattutto a livello della zona del solco. Sulla base del campionamento di luglio si può per ora prevedere una percentuale di sopravvivenza finale prossima al 50% dello stock immesso. La tecnica di svezzamento ed allevamento del novellame di persico in risaia, pur lasciando spazi a successivi miglioramenti, si mostra particolarmente promettente per la produzione a costi contenuti, di una sufficiente quantità di persico da immettere nel Lago di Varese. Le limitazioni indotte dalla necessità di svuotare la risaia entro il mese di settembre o inizi di ottobre, non è di per se un ostacolo in quanto i giovanili 0+ di oltre 6 mesi ottenuti, sarebbero già in grado di affrontare le successive fasi di sviluppo nel Lago con perdite da predazione molto contenute (Vedasi Tabella 4.1 e pag. 150). Inoltre le immissioni di pesce allo scopo di ripopolamento degli stock ittici naturali, dovrebbero essere effettuate con pesci caratterizzati ―rusticità‖ tipica dei pesci selvatici, Forneris et al. (1996), caratteristica presente nei persici allevati in risaia su catena trofica naturale. 4.3 ALLEVAMENTO IN ACCUMULATORE DI PLANCTON Larve e post-larve di persico, per la loro alimentazione zooplanctofaga, crescono efficacemente nelle acque del Lago di Varese, affrontando tuttavia imponenti rischi di predazione. Una fase di allevamento in ambiente protetto, come ad esempio in gabbie di rete flottanti, annulla da un lato la minaccia costituita dai predatori limitando però la disponibilità di risorsa alimentare. L‘illuminazione notturna all‘interno delle gabbie, sfruttando il fototattismo4 degli organismi planctonici, potrebbe almeno in parte, ovviare al problema, attirando il plancton e concentrandolo all‘interno della gabbia di rete. Il pesce persico è una specie che si presta ad un tipo di allevamento in ambienti confinati (gabbie galleggianti, vasche, ecc.) grazie alle sue abitudini gregarie, alla relativamente bassa aggressività e alla dieta sufficientemente opportunista (Fontaine et al., 1996). 4 Fototattismo: Movimento di un organismo guidato da stimoli luminosi. PAGINA 124 Al fine di valutare il beneficio di tale tecnica, nel 2008, è stata allestita una gabbia di rete galleggiante e sono state effettuate prove di allevamento. La struttura utilizzata per le prove è stata posta nella zona nord del bacino, vicino alla foce del torrente Tinella. La gabbia, con un volume di 2,5 m3, veniva illuminata durante le ore notturne da una lampada led (60W, 24V) alimentata da una batteria ricaricabile collegata ad un pannello solare. Il pannello e la batteria erano posizionati su di una piccola piattaforma galleggiante, vicina alla gabbia (Figura 4.20). Per poter valutare le dinamiche dello zooplancton sia all‘interno che all‘esterno della gabbia, sono stati effettuati campionamenti settimanali durante tutto il periodo della sperimentazione. Il primo campionamento è stato effettuato nel corso di un intero ciclo di 24 h, per poter osservare quali fossero le ore di maggiore accumulo; visti i primi risultati, gli altri campionamenti sono stati effettuati solo durante ore notturne. Figura 4.20: Visione d‘insieme della struttura reggente la gabbia e del pannello solare collegato al sistema d‘illuminazione. Ogni ciclo di campionamenti prevedeva il prelievo di tre campioni d‘acqua in tre diversi punti: un punto di controllo posto a 15 m dalla gabbia, un punto a ridosso della rete esterna della gabbia ed un terzo punto all‘interno della stessa. I campioni venivano prelevati mediante bottiglia di Ruttner dalla capacità di 1 litro. Durante i prelievi venivano monitorati anche alcuni parametri chimici e fisici dell‘acqua, quali concentrazione e percentuale di saturazione di ossigeno, assieme alla temperatura (°C), pH. Queste misure venivano ripetute per ogni metro della colonna d‘acqua, partendo dalla superficie fino al PAGINA 125 fondo (-7 m). La densità dello zooplancton nei campioni prelevati, è stata valutata tramite filtrazione su filtri da 4,9 cm di dimetro e porosità 0,45 μm. Tutti gli organismi contati ed osservati sono stati classificati a livello di genere tramite l‘utilizzo di manuali specifici (CNR: Guide per il riconoscimento delle specie animali delle acque interne). Nel corso del primo campionamento di 24 ore, la densità di zooplancton all‘interno della gabbia durante le ore diurne è risultata pari a 10 (±4) zooplanctonti l-1, significativamente inferiore (p<0,05) rispetto alle ore notturne quando la luce veniva accesa (Figura 4.21) e lo zooplancton attirato all‘interno. * * * * Figura 4.21: Andamento della densità di zooplancton durante l‘arco delle 24 ore, all‘interno della gabbia e nel punto di controllo (*p<0,05), nel 2008. L‘accumulo maggiore è stato osservato tra le ore 23:00 e le 3:00, orari in cui erano presenti rispettivamente 933 (±15) zooplanctonti l-1 e 1913 (±11) zooplanctonti l-1. Il numero di zooplanctonti per litro nel punto di controllo si è mantenuto pressoché costante (27±19 zooplanctonti l-1), sia durante il giorno che durante la notte. Il grafico di Figura 4.22 indica l‘accumulo medio tra le 23:00 e le 3:00 durante tutto il periodo di sperimentazione di 90 gg. Come indicato da altri autori (Mamcarz, 2001; Skrzypczak et al., 1998), la densità di organismi zooplanctonici osservati all‘interno della gabbia durante le ore notturne (933±15 zooplanctonti l-1), è risultata significativamente più alta (p<0,05) sia rispetto alle altre ore della giornata (10±4 zooplanctonti l-1) che nel punto di controllo (27±19 zooplanctonti l-1). Il numero medio di zooplanctonti per litro riscontrato nel corso delle ore notturne è stato di 997±130,8 zooplanctonti l-1. Calcolando un volume d‘acqua totale interessato dalla luce di circa 250 l, è stato stimato il numero di organismi disponibili per ogni individuo, che è PAGINA 126 risultato di circa 830 zooplanctonti pesce-1. Pur trattandosi di un ordine di grandezza simile a quello riscontrato durante le prove di laboratorio (vedasi paragrafo 4.3) e pur permettendo un il mantenimento di un‘alimentazione di base per le post-larve, è comunque molto inferiore alla capacità predatoria osservata durante le prove di laboratorio che può raggiungere, con adeguata disponibilità di prede, anche 14.000 N° zooplanctonti l-1 zooplanctonti consumati nell‘arco di 14 ore di luce (vedasi paragrafo 4.3). Tempo (ore) Figura 4.22: Densità media di zooplancton nella gabbia e negli altri due punti di campionamento (Esterno gabbia, punto di controllo a 15 m) durante l‘intero periodo di sperimentazione (90 gg) del 2008. È stata osservata una differenza statisticamente significativa (p<0,05) tra l‘accumulo all‘interno della gabbia (a) e i due punti di controllo (b). I dati indicano pertanto un‘alimentazione sub-ottimale, al fine di ottenere gli standard di crescita che potenzialmente le post-larve di persico possono raggiungere. Per quanto concerne la tassonomia, i generi di zooplancton presenti nella gabbia, classificati con i conteggi in laboratorio, sono risultati gli stessi di quelli presenti nel Lago. Il sottordine dei Cladoceri è stato rappresentato maggiormente dai generi Daphnia sp., Leptodora sp., Bosmina sp. e Chydorus sp. La sottoclasse dei Copepodi era dominata dai generi Cyclops sp., Eudiaptomus sp. e Mesocyclops sp.. Mentre i rotiferi sono risultati principalmente rappresentati dai generi Keratella sp., Testudinella sp. e Kellicotia sp.. Le percentuali dei tre Taxa durante i 90 giorni di sperimentazione, variavano in base al ciclo naturale di ciascuno di essi nel bacino lacustre. In media, i Cladoceri rappresentavano il PAGINA 127 40,2%, i Copepodi il 25,2 ed i rotiferi il 34,6%. I dati raccolti sono risultati simili a quelli osservati da altri autori che hanno effettuato prove di allevamento in laghi eutrofici. (Žiliukiene e Ziliukas, 2006; Žiliukiene, 2004). All‘inizio della sperimentazione, le post-larve presentavano un peso medio di 0,25 ± 0,082 g, significativamente inferiore (p<0,05) di quello di pesci presumibilmente della stessa classe d‘età pescati in ambiente naturale (4,37 0,78 g). Alla fine del periodo di permanenza in gabbia, gli avannotti avevano raggiunto un peso (5,9 1,88 g) che anche in questo caso era significativamente inferiore (p<0,05) rispetto ai coetanei pescati in Lago (15,9 4,25 g) (Figura 4.23). Persici selvatici y = 0,125 e 0,024 x R2 = 0,98 y = 1,18 e 0,016 x R2 = 0,97 Peso (g) Persici gabbia Tempo (giorni) Figura 4.23: Confronto tra il tasso di crescita dei pesci presenti in gabbia con quello di pesci 0+ catturati in Lago nel 2008 (°p<0,05 differenza statisticamente significativa all‘inizio della sperimentazione; *p<0,05 differenza statisticamente significativa alla fine dei 90 gg). Questa differenza di accrescimento, potrebbe dipendere dal fatto che sia in vasca durante le prime fasi di svezzamento che in gabbia, le risorse alimentari a disposizione dello stock allevato erano limitate rispetto all‘ambiente naturale, dove il pesce poteva spostarsi liberamente alla ricerca delle prede. Infatti Guma‘a (1978b) ha osservato che nel Lago Windermere (Scozia), larve di persico ad una taglia di 15 mm tendono a selezionare Cladoceri e Copepodi di grandi dimensioni (3.000 µm) e sono già in grado di catturare organismi bentonici (es. Chironomidi). In più la lunghezza media delle prede osservate negli stomaci, è risultata maggiore rispetto alla lunghezza media degli organismi PAGINA 128 formanti la comunità zooplanctonica. Quindi, larve e post-larve di persico, tendono a selezionare prede di maggiori dimensioni in relazione all‘aumento del fabbisogno energetico. Secondo Nikolsky (1963), una dieta planctofaga prolungata non garantisce un bilancio energetico positivo, perciò è necessario il passaggio ad altri tipi di prede, caratterizzate da un ―rewarding‖ più vantaggioso e con valori nutrizionali più elevati. Quindi il fatto che i pesci siano rimasti confinati all‘interno della gabbia e che abbiano avuto accesso a risorse alimentari meno varie è più limitate o di minori dimensioni, rispetto ai coetanei selvatici, ha fatto si che all‘aumentare della taglia del predatore non si sia verificato il passaggio verso una dieta energeticamente più adeguata come, per esempio, larve e pupe di Chironomidi (Žiliukiene e Ziliukas, 2006) riducendo così il tasso di accrescimento. Per quanto riguarda il tasso di accrescimento specifico (SGR%) calcolato per lo stock di pesci allevati in gabbia per 90 giorni, è risultato del 1,4% contro quello dei selvatici del 3,51% (Tabella 4.7). Valori di SGR di questo tipo sono giustificati dal fatto che gli stock ittici su cui sono stati calcolati, avevano taglie di partenza significativamente differenti. Infatti, il peso iniziale delle post-larve poste nella gabbia nel mese di giugno 2007 (0,25 ± 0,08 g), è risultato significativamente inferiore (p<0,05) rispetto a post-larve selvatiche (4,7 ± 0,8 g), pescate nello stesso periodo. Alla fine dei 90 giorni la differenza di peso dei pesci allevati e dei selvatici era ulteriormente aumentata, con rispettivamente 5,9 ± 1,88 g e 15,9 ± 4,25 g. Tabella 4.7: Dati riguardanti l‘accrescimento degli avannotti in gabbia ed in ambiente naturale (2008). Peso medio iniziale Peso medio finale SGR% Tasso di sopravvivenza (%) Allevati 0,25 ± 0,08 5,90 ± 1,88 1,40 60,70 Selvatici 4,37 ± 0,78 15,90 ± 4,25 3,51 ÷ Durante il periodo di allevamento, la maggior parte dei pesci trovati morti all‘interno della gabbia riportava segni di attacchi da parte di altri compagni. Alla fine dei 90 giorni, il tasso di sopravvivenza degli avannotti è stato del 60,7%, valore simile a quello ottenuto da Mamcarz et al. (2001) nel Lago Maroz (Polonia) con larve di aspio (Aspius aspius) (57,5%), ciprinide predatore che durante gli stadi giovanili presenta una dieta paragonabile a quella del persico. La bassa densità di zooplancton durante le ore diurne che si verificava all‘interno della gabbia e l‘impossibilità di effettuare spostamenti, potrebbe aver causato un aumento dei casi di cannibalismo tra gli individui allevati. Il tasso di sopravvivenza dello PAGINA 129 stock allevato con questo sistema è quindi strettamente legato alle abitudini alimentari e all‘aggressività della specie allevata. Come osservato da Rösch e Eckman (1986) nel caso di specie non carnivore allevate in gabbie illuminate e in assenza di malattie o parassitosi, il tasso di sopravvivenza può aumentare considerevolmente raggiungendo anche valori vicini al 90%. Oltre che al cannibalismo, altri problemi possono intervenire nell‘allevamento in gabbie galleggianti, come basse densità di zooplancton dovute alle dinamiche naturali, la presenza di altre specie planctofaghe (Scardinius erythrophtalmus, Coregonus sp.) al di fuori della gabbia che possono ridurre le risorse alimentari in ingresso, malattie e parassitosi che in alcuni casi possono anche decimare lo stock allevato (Champigneulle e Béltran, 1996). 4.3.1 Monitoraggio delle acque Già durante i primi anni ‘70 del XX secolo, l‘eutrofizzazione delle acque del Lago di Varese aveva compromesso in parte gli equilibri della catena trofica comportando una drastica riduzione degli stock ittici pregiati, tra i quali anche quelli di persico (Giorgetti e Zanetti, comunicazione personale). L‘anossia degli strati profondi, la forte produttività epilimnica e fenomeni di up-welling che spesso si verificano durante i periodi estivo ed autunnale, possono arrecare forti disagi alla fauna ittica provocando spesso morie massive di pesce. Queste caratteristiche hanno reso necessario, specialmente durante le prove di allevamento in gabbia, il monitoraggio costante di alcuni dei principali parametri fisici dell‘acqua, quali temperatura, ossigeno disciolto, pH. Nel corso delle prove ed in occasione dei campionamenti ittici, sono state effettuate anche analisi dell‘acqua per la titolazione dei principali inquinanti quali azoto ammoniacale e nitroso. Per una approfondita documentazione sulla qualità delle acque del Lago di Varese, si rimanda alla documentazione dell‘ARPA (2009). Le informazioni di seguito riportate sono limitate ai parametri di qualità che nel Lago di Varese sono critici per la vita del persico, monitorati nel corso della prova di allevamento in gabbia galleggiante. - Temperatura La temperatura nei mesi estivi, ha mostrato un andamento tipico di un Lago meromittico durante la condizione di stratificazione termica (Lalumera, 2003), con temperature elevate negli strati superficiali (23,5 ± 1,94 °C ad 1 metro di profondità) e temperature più basse (19 ± 1,15 °C a 7 metri di profondità) al di sotto del termoclino localizzato tra 3 e 4 metri di profondità. La temperatura media dell‘acqua osservata nei primi 4 m della PAGINA 130 colonna d‘acqua, è stata di 23,3 1,93 °C, mentre tra i 5 m di profondità ed il fondo (7 m), si è assistito ad una diminuzione netta della temperatura di circa 3,5 °C (Figura 4.24). Figura 4.24: Andamento della temperatura media dell‘acqua (°C) fino ai 7 m di profondità nel Lago di Varese. La temperatura rilevata durante la sperimentazione, nei primi tre metri della colonna d‘acqua, è risultata tra 21 e 25,4 °C, ossia vicina all‘optimum termico per il persico, , come indicato da Ferguson (1958) e Hokanson (1977). - Ossigeno La specie, in relazione alla temperatura ed alla qualità dell‘acqua, può sopravvivere anche in presenza di concentrazioni piuttosto basse di O2, ossia fino a 2,5 mg l-1 (Thorpe, 1977), anche se il livello critico, al di sotto del quale le attività metaboliche del persico risultano ridotte al minimo è di 7 mg l-1 a 20 °C Fry (1957). La curva dell‘andamento della concentrazione di ossigeno, Figura 4.25, mostra un andamento clinogrado. In questi casi, la concentrazione di ossigeno mostra una variabilità accentuata all‘interno della colonna d‘acqua. In superficie si osservava una leggera sovra-saturazione di O2 (113%) con una concentrazione media di 9,5 2,05 mg l-1. All‘aumentare della profondità, la concentrazione tendeva a diminuire fino a -3 m 7,56 1,38 mg l-1). Al di sotto dei 4 m, avveniva un calo drastico della concentrazione di ossigeno che sul fondo (-7 m), si attestava su un valore medio di 0,27 0,50 mg l-1. PAGINA 131 Figura 4.25: Andamento della concentrazione di Ossigeno disciolto (mg l -1) all‘interno della colonna d‘acqua (0-7 m) nel Lago di Varese. In una sola occasione, durante il nostro monitoraggio, a causa di un fenomeno di upwelling (20-08-2007) che ha rimescolato in parte le acque ipolimniche con quelle epilimniche, la concentrazione di ossigeno è scesa fino ad un valore di 6,5 mg l -1 anche in superficie. Le condizioni di anossia degli strati ipolimnico, rimangono un problema irrisolto nel Lago di Varese. La perdurante condizione di scarsa ossigenazione degli strati profondi e la presenza di sacche anossiche, influiscono sugli equilibri all‘interno della comunità ittica, sfavorendo ampiamente le specie più esigenti, in favore di specie euriecie infestanti, come per esempio il carassio. - pH Il pH, ha mostrato un andamento paragonabile a quello dalla temperatura e dell‘ossigeno disciolto, anche se il campo di variazione tra superficie e fondo è risultato di un solo punto di pH. Il valore medio registrato nell‘intera colonna d‘acqua è stato molto elevato, pari a 9,08 0,32, tuttavia è stato osservato che i valori registrati a sette metri di profondità erano leggermente meno alcalini di quelli superficiali (8,6 0,21). (Figura 4.26). PAGINA 132 Il valore di pH fortemente alcalino nello strato epilimnico, è indubbiamente dovuto all‘elevata produzione primaria ed al conseguente utilizzo della CO2 libera da parte del fitoplancton (Lalumera, 2003). Figura 4.26: Andamento del pH nella colonna d‘acqua (0-7 m) nel Lago di Varese. Viceversa, l‘abbassamento del pH nello strato ipolimnico, è invece da attribuirsi all‘ambinete riducente che si viene a creare in condizioni di ipossia/anossia. La biodegradazione delle particelle di sedimento consuma ossigeno, ne consegue una riduzione della concentrazione ed un e accumulo di anidride carbonica, con un conseguente abbassamento del pH. Lalumera (2003), riporta il pH medio nella colonna d‘acqua pari a 7,8 con un minimo di 6,3 fino ad un massimo di 10,6 nel corso del 2003. La letteratura riporta che il persico può sopravvivere a valori di pH compresi tra 5,0 e 10,0 (Craig, 2001; Dawn et al., 2005). In condizioni di pH superiori a 10 però, si osserva una difficoltà nell‘escrezione di ammoniaca, con conseguente aumento dell‘ammoniaca. Inoltre in queste condizioni si osservano diversi tipi di disfunzioni fisiologiche a danno della funzionalità muscolare e branchiale (Dawn et al., 2005). Al contrario, livelli di pH < 5 possono causare alti tassi di mortalità nelle popolazioni di persico presenti in laghi con bassa alcalinità e alte concentrazioni di alluminio in soluzione. Bassi livelli di pH sono associati ad elevate concentrazioni di alluminio nel sangue a causa della sua solubilità a pH < 5,5. Quando il pH aumenta, l‘alluminio precipita causando il blocco della capacità respiratoria delle branchie (Linløkken et al., 2007). Un fenomeno analogo potrebbe PAGINA 133 presentarsi nel Lago di Varese anche nei confronti di terre quali il Lantanio, qualora venissero eventualmente utilizzate per la segregazione del fosforo in eccesso. - Composti dell’azoto Il persico è molto sensibile ai composti dell‘azoto come ammoniaca e nitriti, soprattutto nello stadio larvale. Dati di letteratura (Toner e Rougeot, 2008) riportano, come la concentrazione massima di ammoniaca indissociata alla quale larve di persico possono sopravvivere sia 0,02 mg l-1 (Tabella 4.8). L‘equilibrio dell‘azoto ammoniacale, (NH3→ NH4), è controllato dal pH della soluzione. Con l‘aumentare del pH aumenta la percentuale di azoto ammoniacale in forma non ionizzata (N-NH3) che è tossica. Ciò si verifica con gli elevati valori di pH del Lago che favoriscono la presenza di ammoniaca in forma tossica. La sensibilità all‘azoto ammoniacale è diversa tra le specie ittiche ed è anche influenzata da altri fattori, quali temperatura e pressione di ossigeno. Secondo Rand e Petrocelli, 1985, in acqua dolce, un‘esposizione cronica a concentrazioni di ammoniaca vicine a 0,05 mg l-1, comporta problemi per i pesci. In letteratura sono riportate raccomandazioni per le concentrazioni di ammoniaca indissociata in ambiente acquatico. I dati riportano come concentrazione critica per l‘azoto ammoniacale in acqua dolce valori < 0,1 mgl-1 come N-NH3(Emerson et al., 1975; EIFAC, 1986;). In relazione poi alla diversa sensibilità della specie ed allo stadio vitale, le concentrazioni di azoto ammoniacale critiche, variano da un minino di 0,02 mgl-1 per pesci allo stadio larvale, 0,07 mgl-1 per specie adulte sensibili come i salmonidi e < 0,1 mgl-1 per le specie più resistenti come i ciprinidi limnofili (carpa, carassio, ecc..) (Messer et al., 1984). Elevati livelli di azoto ammoniacale possono debilitare il pesce, rendendolo più vulnerabile a parassitosi o malattie, incidendo quindi anche indirettamente sul tasso di mortalità (Hargreaves & Kucuk, 2001). Purtroppo gli effetti di un‘esposizione per lunghi periodi del pesce all‘ammoniaca non sono del tutto chiari e sono limitati ad alcune delle principali specie allevate come la trota o la spigola (Pinto et al., 2007). Lee (2008) ha svolto uno studio sulla tossicità dell‘ammoniaca nel persico giallo (Perca flavescens), riportando, per l‘ammoniaca, un valore letale per il 50% degli individui (LC50) pari a 0,77 mg l-1, ma si è trattato di esposizioni acute per 2-4 giorni. L‘Agenzia per la Protezione dell‘Ambiente Americana (USEPA, 1985) riporta come limite massimo da non superare in ambiente naturale, una concentrazione di ammoniaca pari a 0,07 mg l-1. PAGINA 134 Secondo dati dell‘ARPA nel 2008 nel Lago di Varese la concentrazione di N-NH3 ha superato tale limite nel mese di ottobre, dove ha raggiunto nell‘epilimnio valori superiori a 0,08 mg l-1. Nell‘ipolimnio invece le concentrazioni sono risultate superiori a 0,13 mg l-1. Probabilmente questo avvenimento è stato casuale e limitato nel tempo, visto che negli altri mesi dell‘anno le concentrazioni di N-NH3 nell‘epilimnio sono sempre risultate significativamente più basse rispetto al limite indicato in letteratura. Se però il fenomeno dovesse verificarsi nei mesi primaverili (aprile-maggio) quando la maggior parte delle specie ittiche si riproduce, potrebbero verificarsi mortalità massive degli stadi larvali e post-larvali. Anche il nitrito (NO2-) è tossico per la fauna ittica, se raggiunge concentrazioni superiori a 0,1 mgl-1 (Wickins, 1981; USEPA, 1985). La concentrazione di nitrito (NO2-) nel Lago di Varese per il 2008 riportata da ARPA (2009) supera il livello di guardia solo negli strati profondi e durante il periodo di massima stratificazione delle acque. Tabella 4.8: Limiti di concentrazione di composti dell‘azoto, pH, ossigeno disciolto ed anidride carbonica, raccomandati per la vita del persico in acqua dolce (Toner e Rougeot, 2008). Variabili Limiti raccomandati pH Ammoniaca NH3 6--9 < 0,02 mgl-1 < 1 mgl-1 Nitrati NO3Nitriti NO2 - < 0,1 mgl -1 Ossigeno disciolto (DO) CO2 > 4 mgl-1 5-10 mgl-1 Solidi sospesi Cl < 80 mgl-1 > 4 mgl -1 > 0,003 mgl Cloro libero -1 In conclusione, alcuni parametri di qualità che caratterizzano le acque del Lago di Varese, diventano spesso marginali riducendo il volume idrico nel quale il persico può sopravvivere, crescere e riprodursi. Non possiamo escludere che condizioni di per se estreme, non abbiano selezionato un genotipo di P. fluviatilis adattato alla sopravvivenza agli elevati valori di pH o di ammoniaca che si osservano nel Lago di Varese. PAGINA 135 5. Conclusioni del persico nel Lago di Varese La ricerca svolta, si è concentrata sullo studio della biologia e dell‘ecologia del persico reale (Perca fluviatilis) nel Lago di Varese. Lo studio si è focalizzato sia sul monitoraggio diretto della specie nel Lago (abitudini alimentari, accrescimento e riproduzione) sia sullo studio in campo ed in laboratorio, di quei fattori, biotici ed abiotici che influenzano la popolazione durante il suo ciclo vitale come: pesca, predazione da parte di uccelli e pesci ittiofagi, competizione interspecifica con specie alloctone e stress ambientali. Oltre a questo, sono state effettuate prove di allevamento della specie in cattività, partendo dalla riproduzione in ambiente controllato ed allo svezzamento larvale fino all‘accrescimento di giovanili ed adulti. In questo capitolo saranno riassunti tutti i principali risultati della ricerca svolta e riportate le più significative conclusioni e raccomandazioni a cui le attività di campo e di laboratorio sono giunte. ACCRESCIMENTO IN AMBIENTE NATURALE - Il persico nel Lago di Varese mostra un tasso di accrescimento, molto buono, quando confrontato con quello di popolazioni residenti in altri laghi europei o prealpini. Ciò è peraltro curioso, per il fatto che nella dieta del persico del Lago di Varese è carente la presenza di pesce foraggio e la specie si deve adattare per un tempo più lungo ad un‘alimentazione con rewarding limitato, come zooplancton e zoobenthos. - Le femmine, a parità di età, mostrano una taglia maggiore dei maschi; ciò potrebbe dipendere dalla differenza temporale della maturazione delle gonadi. Le femmine, infatti, maturando le gonadi dal terzo anno di età possono investire per più tempo il budget energetico per la crescita somatica. Ciò si tramuta in un maggior tasso di accrescimento(circa il 20% in più rispetto ai maschi di pari età). RIPRODUZIONE E MATURITÀ SESSUALE - L‘analisi delle gonadi femminili, ha permesso di osservare una maturazione sincrona delle uova, che vengono deposte in un unico nastro ovarico. La fecondità assoluta osservata, varia da un minimo di 5.038 per femmine con PAGINA 136 lunghezza compresa tra 16,5 e 18 cm (2+) fino ad un massimo di 45.000 uova osservato in una femmina di 27 cm (6+). - La stagione riproduttiva del persico nel Lago di Varese, varia in relazione alle condizioni termiche. Nei 4 anni di osservazione, l‘inizio della riproduzione è sempre stato osservato tra la prima e la seconda settimana di aprile per poi concludersi tra la prima e l‘ultima settimana di maggio. La durata media della riproduzione della specie nel Lago è quindi compresa tra 3 e 5 settimane. Questo periodo è particolarmente lungo e ciò potrebbe dipendere da una regolazione speciespecifica della riproduzione, per poter limitare fenomeni di competizione intraspecifica durante la scelta delle zone riproduttive, limitate solo ad alcuni punti del bacino. Inoltre ciò permette una diluizione della produzione di nuove generazioni di persico, contribuendo ad aumentare sia il tasso di sopravvivenza delle larve che la fitness della specie. - La forte riduzione di uova osservata dal 2007 in poi, può solo in parte essere spiegata con le condizioni metereologiche avverse alla specie. Verosimile è un eccessivo sforzo di cattura operato dai vari tipi di cattura, compresi pesca e fauna ittiofaga, a scapito di riproduttori già in carriera di età 3+, 4+, negli anni interessati. - Lo studio ha permesso di osservare la grande validità del posizionamento dei substrati artificiali (fascine) a sostegno della riproduzione del persico nel Lago. La specie li utilizza attivamente e ciò garantisce un elevato successo riproduttivo e di conseguenza un aumento della fitness. Inoltre le fascine possono anche fungere da ―nursery‖ durante il riassorbimento del sacco vitellino da parte delle larve, durante i primi stadi vitali. - La profondità ideale di posizionamento dei substrati artificiali è compresa tra 1,5 ed 8 m e varia in relazione alla taglia del pesce e durante la stagione riproduttiva. - Le informazioni relative alle abitudini riproduttive del perisco, ottenute mediante il monitoraggio dei substrati riproduttivi, risultano molto utili per una gestione razionale della pesca su questa specie. La distribuzione di nastri, infatti, ha mostrato che la zona Sud del Lago (Biandronno-Bodio Lomnago) è quella maggiormente frequentata durante il periodo riproduttivo. All‘incirca l‘80% dei nastri ovarici deposti nei 4 anni è stato osservato in questa zona. Una zona di bandita di pesca è stata recentemente creata nella zona Nord del Lago (foce del Torrente Tinella), una seconda potrebbe essere creata nella zona Sud del bacino vista la grande abbondanza di nastri ovarici osservati. Le zone di bandita di pesca, risultando particolarmente PAGINA 137 appetibili ai pescatori dediti al bracconaggio, potrebbero essere monitorate con web-cam ad un costo assai irrisorio. Nelle stesse zone sarebbe opportuno intensificare l‘attività di caccia selettiva al siluro. TASSO DI MORTALITÀ ANNUALE E SFRUTTAMENTO DELLA RISORSA - Mediante il conteggio dei nastri ovarici osservati sui substrati riproduttivi, è stato possibile definire il numero di femmine e di maschi in età riproduttiva presenti nel bacino. Tra il 2008 ed il 2009 si è osservato un calo netto del numero di nastri deposti (- 62%) e quindi del numero di femmine. Tenendo conto di quest‘ultimo dato e del dato di mortalità (Z) derivante dal prelievo dovuto alla pesca professionale e dilettantistica e da quello di uccelli ittiofagi, il tasso di mortalità annuale del persico nel Lago di Varese risulta dell‘80% tentativamente scomponibile in valori percentuali quali, 21% alla pesca professionale, 19.2 % alla pesca dilettantistica, 24% agli uccelli ittiofagi e 35% alla mortalità naturale. Anche se tale dato è simile a quello riportato da altri Autori per altri laghi europei, resta il fatto che il tasso di sfruttamento della risorsa nel Lago di Varese, risulta molto elevato, soprattutto negli anni in cui la popolazione è più abbondante, come si è verificato tra il 2008 ed il 2009. - La rete con maglia da 25 mm, utilizzata per la pesca professionale, seleziona persici con taglia compresa tra 18 e 23 cm (2+-4+). Spesso quindi vengono catturate femmine che probabilmente non hanno ancora raggiunto la maturità sessuale, con una conseguente riduzione della fitness della specie stessa. - Le stime effettuate, interpolando i dati di deposizione con quelli di mortalità delle femmine nel bacino, hanno permesso di calcolare che il numero minimo di femmine in età riproduttiva che deve essere presente ogni anno nel Lago, per garantire una produzione ittica sufficiente al mantenimento della specie è di almeno 60.000 fattrici. - Il modello di Beverton & Holt applicato alla coorte di persico (19-23), indica un tasso di sfruttamento ideale della specie pari a 3,9 t per anno. Considerando il prelievo della stagione di pesca 2008 (5,8 t), il valore calcolato dal modello suggerisce una riduzione del tasso di sfruttamento pari al 34%. Un primo step per la riduzione di tale sfruttamento potrebbe essere quello di effettuare maggiori controlli ed adottare alcune restrizioni per i pescatori amatoriali come, ad esempio introduzione di un numero massimo giornaliero di capi catturabili (20 capi per persona) o vietare la pesca con determinate esche quali ciucciotti o PAGINA 138 esca viva. La Provincia di Varese, dalla stagione 2009, ha introdotto l‘utilizzo del libretto segna-catture per alcune delle più importanti specie ittiche come il luccio, il persico reale e la trota. Tale strumento, integrato con le informazioni derivanti dal pescato professionale, permetterà di quantificare il prelievo delle specie pregiate fornendo criteri oggettivi per verificare l‘adeguatezza delle scelte gestionali adottate. Inoltre, da Giugno 2008, la Provincia di Varese ha vietato la pesca dilettantistica alla traina con più di tre esche, nel tentativo di ridurre l‘impatto soprattutto sulle classi giovanili di persico. Oltre a ciò, tenendo presente l‘importanza storica e socio-culturale della pesca professionale, sarebbe comunque auspicabile, per una migliore gestione della risorsa, una raccolta dati obbligatoria anche da parte della Cooperativa Pescatori. Potrebbe essere introdotto, a titolo sperimentale, l‘utilizzo di reti con maglia da 28 mm, che consentirebbe la cattura di persici di taglia maggiore, riducendo l‘impatto della pesca su classi di età che hanno appena raggiunto la maturità sessuale. Visto il continuo aumento di contingenti svernanti di cormorano, sul territorio della Provincia di Varese e visto l‘impatto che questi hanno sui popolamenti ittici, potrebbe essere auspicabile un più massiccio intervento per il contenimento della specie. La stima del consumo di pesce persico da parte dei cormorani sul Lago di Varese, anche se derivante da dati parziali, eguaglia quella del pescato professionale con circa 2,8 t / anno. Ma questa sarebbe anche l‘entità del danno arrecabile alla coorte di persico di età 3+, qualora come verificatosi nel 2008, con una sola estate di dissennata attività di pesca venissero catturate, in una decina di giornate circa 6.000 femmine5 da 150 g di peso, con una perdita corrispondente a circa 114.000.000 uova sulla stagione successiva. Bisogna considerare che oltre al prelievo diretto di pesci, esistono numerosi effetti secondari che si ripercuotono sulla fauna ittica. Diversi studi documentano una serie di effetti indiretti, conseguenti alla predazione da parte dei cormorani sulle comunità ittiche che vanno ad incidere sulla struttura di popolazione. Una delle principali problematiche deriva dal ferimento dei soggetti che sfuggono alla cattura e successivo condizionamento dello stato di salute, maggiore suscettibilità a malattie e parassitosi trasmissibili anche a soggetti sani. In secondo luogo, la pressione predatoria esercitata dal cormorano, potrebbe alterare il comportamento dei pesci i quali, rafforzando il comportamento difensivo, ridurrebbero il tempo dedicato al foraggiamento. Ne risulterebbe un danno non Si tratta di una stima, effettuata anche sulla base di testimonianze che riportano 30 barche di pescatori amatoriali presenti sul Lago tra luglio ed agosto 2008. 5 PAGINA 139 soltanto al patrimonio ittico, ma anche alle attività di pesca professionale e sportiva. SPETTRO ALIMENTARE E POSSIBILI FENOMENI DI COMPETIZIONE INTERSPECIFICA - L‘analisi dei contenuti stomacali ha mostrato un ampio spettro di categorie alimentari predate dal persico. Tra le principali troviamo, invertebrati acquatici come zooplancton e benthos la cui importanza nella dieta varia in relazione alla stagione e di conseguenza alla loro abbondanza relativa nell‘ambiente. Il persico potrebbe essere considerato una specie opportunista che dirige dal terzo anno di vita in poi la sua dieta verso l‘ittiofagia. - La mancanza dell‘alborella potrebbe rappresentare un collo di bottiglia per l‘accrescimento del persico nel Lago. Infatti, le altre popolazioni di ciprinidi presenti (scardola, gardon), a causa del loro veloce accrescimento sono disponibili per il perisco solo durante il loro primo anno di vita, mentre l‘alborella, per via delle ridotte dimensioni, costituirebbe una buna specie foraggio catturabile dal persico fino al quarto-quinto anno di età. - La previsione, circa la sovrapposizione di nicchia e di competizione interspecifica calcolata per persico, gardon e pesce gatto, mostra probabilità molto elevate che l‘evento possa verificarsi. La produttività ancora elevata del Lago di Varese, associata all‘ampio range di prede presenti nel Lago, consente tuttavia di escludere, almeno per il momento, l‘instaurarsi di fenomeni di competizione tra le tre specie. Resta comunque il fatto che il gardon è una specie eurifagica, con una forte crescita demografica nel Lago di Varese. Come già successo in altri laghi prealpini come il Verbano, il gardon potrà presto diventare il ciprinide dominante. Questa prospettiva, associata al lento ma costante fenomeno di riduzione della trofia (re-oligotrofizzazione) in atto nel Varese, potrebbe rappresentare un problema per il mantenimento delle attuali condizioni nella catena trofica lacustre. Con queste premesse è forse il caso di intervenire il prima possibile con un piano di contenimento di questa specie alloctona ed eventualmente valorizzarne le carni per scopi alimentari. - Lo studio, avviato sulla dieta del siluro nel Lago di Varese, ha mostrato che la specie preda attivamente il persico, che rappresenta circa il 20% della sua dieta. La presenza di persico negli stomaci analizzati aumenta nei mesi invernali. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che, nei periodi più freddi, il persico staziona in folti branchi vicino al fondale, zona in cui il siluro svolge gran parte del suo ciclo PAGINA 140 vitale. Lo stazionamento del persico in tale zona, la bassa attività della specie durante i mesi invernali e l‘istinto opportunista del siluro, potrebbero spiegare l‘aumento della presenza di persico nella dieta del siluro tra l‘autunno e l‘inverno. La spiccata ittiofagia del siluro, legata all‘opportunismo alimentare, la strategia di caccia e la grossa taglia, rendono la specie particolarmente invasiva e minacciosa, soprattutto in quegli ecosistemi già in parte compromessi da attività antropiche, come il Lago di Varese. Anche se non abbiamo ancora riscontri obiettivi, è ragionevole suggerire che proprio nella fase riproduttiva, il siluro potrebbe costituire un grosso pericolo per i riproduttori di persico. PROVE DI ALLEVAMENTO DEL PERSICO - Mediante la riproduzione controllata, dal 2007 al 2010, sono stati prodotti ed immessi nel Lago di Varese circa 1.700.000 tra larve, post-larve, avannotti e giovanili di persico reale. - La percentuale di fecondazione delle uova ottenute mediante riproduzione assistita è risultata inferiore a quella osservata in ambiente naturale. Probabilmente ciò e dovuto allo stress che i riproduttori subiscono dalla presenza degli operatori ed anche da probabili carenze nutrizionali legate al mangime usato per il loro mantenimento. Sulla base dell‘esperienza con altre specie è tuttavia ragionevole pensare che questo problema sia in futuro superabile. - La temperatura gioca un ruolo fondamentale rispetto alle performance di accrescimento della specie in ambiente controllato. Nel 2007 e nel 2008, infatti, grazie ad una più elevata temperatura dell‘acqua, l‘accrescimento degli avannotti è risultato significativamente maggiore di quello osservato nel 2009. - La selezione delle taglie durante le fasi di accrescimento, risulta essere una pratica necessaria per limitare perdite dovute a fenomeni di cannibalismo. - Per quanto riguarda la qualità delle larve, i dati da noi rilevati, in accordo con quelli riportati in letteratura, mostrano che il tempo di schiusa influenza sia il tasso di sopravvivenza che le performance di accrescimento. Le larve nate da uno stesso nastro nelle prime 24h, sono quelle che hanno mostrato le migliori performance. - La prova di efficienza di predazione effettuata sulle post-larve, ha permesso di osservare che la migliore conversione della razione giornaliera ed il migliore tasso di accrescimento è stato ottenuto con la razione del 20% del peso corporeo. Ciò risulta in un consumo giornaliero di 1.651 (±53) zooplanctonti per larva. Il consumo PAGINA 141 massimo di zooplancton si è osservato con la razione del 200% del peso corporeo, con 9.459 (±1653) zooplanctonti per larva. - Il persico prodotto all‘interno di accumulatori di plancton (gabbie illuminate) ha mostrato tassi di accrescimento inferiori sia a quelli ottenuti in vasca che a quelli stimati per persici della stessa annata catturati in ambiente naturale. Tuttavia, tale tecnica permette di ottenere giovanili di perisco di spiccata ―rusticità‖ adatti quindi per programmi di ripopolamento. Tuttavia occorre tenere conto che l‘allevamento di persico in gabbia galleggiante è possibile, alle nostre latitudini, solo nel periodo compreso tra i mesi di giugno ed ottobre; infatti quando la temperatura dell‘acqua è inferiore ai 15°C, la crescita del persico è praticamente azzerata. - L‘allevamento in risaia, si è mostrato molto promettente. Benché il tasso di sopravvivenza sia per ora risultato inferiore al 50%, tale tecnica permette di produrre giovanili di persico a basso costo e ad elevata rusticità. Inoltre con interventi atti a contenere l‘attività di uccelli ittiofagi, la sopravvivenza aumenta sensibilmente. Già con l‘esperienza del 2010, si osserva come l‘incidenza della predazione da parte di uccelli possa essere controllata. DESCRITTORI FISIOLOGICI MOLECOLARI DELLO STANDARD DI VITA DEL PERSICO NEL LAGO DI VARESE - L‘insieme dei dati raccolti aggiunge nuove informazioni sulla sensibilità del pesce persico alla carenza di ossigeno e l‘attività del gene che codifica per la proteina HIF-1α risulta essere un ottimo descrittore, suggerendo quindi lo stesso gene come candidato per la descrizione dello standard di ossigenazione delle acque in cui il persico vive. Grazie alla diffusione delle nuove tecnologie di biologia molecolare, il monitoraggio dell‘espressione dei geni di un organismo sottoposto a varie condizioni ambientali è sempre meno costosa, più rapida, riproducibile e affidabile. L‘approccio molecolare che abbiamo adottato in questo progetto origina dall‘evidenza crescente che i cambiamenti ambientali sono in grado di causare risposte a livello del trascrittoma. Di conseguenza, l‘analisi molecolare dell‘espressione genica nella nostra ricerca, è orientata all‘identificazione di geni la cui espressione è specificamente modificata dai fattori ambientali. PAGINA 142 5.1 CICLO BIOLOGICO DEL PERSICO REALE NEL LAGO DI VARESE La Figura 5.1 descrive il ciclo biologico del persico reale (P. fluviatilis) nel Lago di Varese. Il suo studio ha permesso di approfondire le conoscenze sull‘ecologia della specie, sulle sue abitudini alimentari, riproduttive e sul suo accrescimento nel bacino. Informazioni, necessarie per poter gestire in modo adeguato la risorsa. Figura 5.1: Ciclo biologico del pesce persico E‘ stato stimato il tasso di mortalità annuale relativo alla specie nelle varie fasi del ciclo biologico, individuandone per ogni stadio le cause principali. Di seguito riportiamo per ogni stadio del ciclo vitale, l‘impatto della mortalità naturale, dell‘ittiofagia e della mortalità dovuta alla pesca, come osservato nelle stagioni 2008-2009, insieme alle possibili soluzioni per poter ridurre il tasso di mortalità dove possibile, o per poter sostenere la popolazione mediante pratiche ittiogeniche. PAGINA 143 Da uovo a larva Tenendo conto della produzione di uova di persico calcolata per il 2009 (276.727.568) si è stimato un numero di femmine in carriera nel bacino equivalente a circa 31.000 (fattrici). La percentuale di fecondazione media delle uova, osservata, è stata del 75%, di conseguenza la stima estrapolata del numero di uova che hanno terminato l‘embrionatura è stato di circa 207.545.676. Tenendo conto di un ulteriore perdita di circa il 20% degli embrioni come suggerito dalla letteratura, la stima del numero di uova che arrivano alla schiusa è pari a 166.036.540. La percentuale di mortalità delle larve nei primi giorni di vita può essere stimata intorno all‘80% (rimangono circa 33.207.308 larve svezzate). A questo stadio, oltre alla predazione da parte di altre specie ittiche, la mortalità è dovuta per lo più alla fragilità intrinseca ed ai problemi legati alla formazione della vescica natatoria. Possibili interventi Posizionamento di fascine per facilitare la deposizione e mantenere elevato il tasso di natalità. Schiusa di uova e primo svezzamento delle larve in ambiente controllato (Incubatoio Tinella o in sistemi RAS), dove il tasso di mortalità si aggira intorno al 20%. PAGINA 144 Da larva a post-larva/avannotto Dalla stadio di larva svezzata, fino al raggiungimento della taglia di 1-1,5 g (postlarva/avannotto) la predazione da parte di pesci ittiofagi, come il lucioperca, il pesce gatto o lo stesso persico, unita alla mortalità intrinseca, rappresentano la maggiore causa di mortalità per la specie. Dati di letteratura riportano, per questo stadio un tasso di mortalità equivalente a circa l‘85% dello stock. Di conseguenza superano lo stadio di postlarva/avannotto circa 5.000.000 di persici. Possibili interventi Allevamento degli stadi larvali e post-larvali fino allo stadio di avannotto in ambiente controllato: Incubatoio Tinella, risaia oppure in sistemi RAS. A questo stadio la percentuale di mortalità in cattività è compresa tra il 15 ed il 20%. PAGINA 145 Da post-larva/avannotto a giovanile 0+ Dallo stadio di post-larva/avannotto, fino ad arrivare alo stadio giovanile (0+) il tasso di mortalità riportato in letteratura è dell‘80% circa. Nel nostro caso, vista la forte pressione predatoria da parte dello svasso e del siluro sulle classi giovanili di persico, è stata adottata una percentuale di mortalità più elevata (89%) rispetto a quella riportata. Il numero di persici che raggiunge lo stadio giovanile 0+ quindi si riduce a circa 550.000. Possibili interventi Maggiore controllo delle popolazioni di svasso e di siluro. Allevamento di larve e giovanili di perisco in ambiente controllato come risaie, incubatoio del Tinella, risaia oppure in sistemi a ricircolo (RAS). La percentuale di mortalità a questo stadio è compresa tra il 5 ed il 15%. PAGINA 146 Da giovanile 0+ a giovanile 1+ Anche a questo stadio, l‘impatto maggiore sulle coorti di giovanili di persico, è dato dalla predazione da parte di uccelli e pesci ittiofagi. Oltre che ad il siluro ed allo svasso, a questa taglia (> 30 g), anche il cormorano preda il persico, il quale si muove in folti branchi vicino alle zone litorali del Lago, risultando così facilmente individuabile da parte della fauna avicola ittiofaga. Possibili interventi Riduzione dei contingenti di cormorano presenti sul Lago di Varese Costruzione di ripari per la fauna ittica, nelle zone litorali del bacino. Allevamento del persico in ambiente controllato, fino alla taglia giovanile (20-30g) presso l‘incubatoio del Tinella oppure in sistemi RAS. (Percentuale di mortalità compresa tra il 5 ed il 10% dello stock). PAGINA 147 Da giovanile 1+ a riproduttore Durante questo stadio vitale sono molteplici i fattori di natura antropica o naturale che rivestono un ruolo importante nella riduzione della popolazione di persico: 1) Pesca professionale (reti branchiali 25 mm) 2) Pesca amatoriale (il catturato amatoriale può superare quello professionale) 3) Bracconaggio (pesca di individui sotto misura legale (18 cm) ed utilizzo di mezzi non consentiti come bertovelli, maglie della rete < 25 mm, ecc.) 4) Uccelli e pesci ittiofagi: cormorani, svassi, siluro e lucioperca In questo caso il tasso di mortalità è variabile, ma dati di letteratura riportano che, per persici con età compresa tra 1+ e 2+, può arrivare a percentuali superiori all‘80%. Stessa percentuale di mortalità è stata da noi calcolata anche per persici in età riproduttiva con taglia compresa tra 19 e 23 cm (3+ e 4+). Inoltre stime da noi effettuate, interpolando il calcolo delle mortalità con il dato relativo alla deposizione delle uova in ambiente naturale, hanno permesso di concludere che il numero minimo di femmine (fattrici) necessario per assicurare un numero di giovanili adeguato al sostentamento della popolazione è di almeno 60.000. Al di sotto di tale numero la popolazione rischierebbe una forte riduzione della capacità riproduttiva che potrebbe avere conseguenze anche importanti sulla fitness della specie. Possibili interventi Maggiore controllo sul prelievo da parte della pesca dilettantistica e professionale Introduzione della maglia da 28-32 mm come unica maglia regolamentare per la pesca del pesce persico Controllo delle popolazioni di cormorano, svasso e siluro nel Lago Allevamento di persico in ambiente controllato fino a taglia giovanile 1+ PAGINA 148 Vista l‘elevata percentuale di mortalità del persico, durante le varie fasi del ciclo vitale, per poter innalzare il numero di individui che arrivano all‘età adulta, si potrebbero applicare alcune delle tecniche di allevamento, sperimentate durante lo studio. Queste tecniche, permettono di superare alcuni dei momenti cruciali del ciclo biologico, come ad esempio lo stadio da larva a giovanile, durante il quale l‘incidenza della predazione da parte di pesci ed avifauna ittiofaga è molto elevata. L‘allevamento in ambiente ―protetto‖ assicura un‘elevata percentuale di sopravvivenza degli individui, i quali, una volta rilasciati in ambiente naturale, potranno concorrere al mantenimento di una fitness elevata per la specie (Tabella 5.1). Figura 5.2: Schema di un possibile ciclo biologico del persico, con passaggi in ambiente controllato, al fine di ridurre le perdite dovute alla predazione in ambiente naturale ed il prelievo da parte della pesca. In relazione al tipo di tecnica applicata si possono ottenere diversi stadi vitali del persico. In relazione alla taglia immessa si otterranno diverse percentuali di sopravvivenza dello stock immesso. Pesci di maggiore taglia avranno maggiori possibilità di raggiungere lo stadio adulto e potersi riprodurre. PAGINA 149 Tabella 5.1: Tassi di mortalità del pesce persico, in ambiente naturale ed in ambiente controllato. La stima della mortalità, è stata calcolata su di una produzione ipotetica di 1.000.000 larve di persico. Stadio vitale Mortalità in ambiente naturale Sopravvivenza Stadio vitale Mortalità in cattività Sopravvivenza Da larva sacco vitellino a larva svezzata – 80% 200.000 Da larva sacco vitellino a larva svezzata – 20% 800.000 Da larva svezzata a Post-larvaavannotto – 85% 30.000 Tinella = - 20% 640.000 Risaia = - 25% 600.000 RAS = - 15% 680.000 Tinella = - 10% 576.000 Risaia = - 15% 510.000 RAS = - 5% 646.000 Da giovanile 0+ a giovanile 1+ RAS = - 10% 581.400 Da giovanile 1+ ad adulto RAS = -10% 523.260 Da avannotto a giovanile 0+ – 89%* Da larva svezzata a Post-larvaavannotto 3.300 Da avannotto a giovanile 0+ Da giovanile 0+ a giovanile 1+ – 55%** 1.485 Da giovanile 1+ ad adulto – 75%** 371 Sopravvivenza (adulto) 0,03% Sopravvivenza (adulto)° * A questo stadio la percentuale di mortalità si innalza in quanto inizia la prdazione da parte di uccelli ittiofagi (svasso) °Tasso di sopravvivenza finale calcolato sulla produzione in RAS **Stadi nei quali la cattura da parte del cormorano diventa rilevante PAGINA 150 52,00% 5.2 DIMENSIONAMENTO STRUTTURA PER LA PRODUZIONE AVANNOTTI E GIOVANILI DI PERSICO La stima riportata al paragrafo 2.7.4 circa la consistenza dello stock di riproduttori, del tasso di mortalità e quindi del reclutamento necessario, consente il dimensionamento delle semine di novellame. Dalla Figura 5.2 e dalla Tabella 5.1, si desume come la produzione controllata di persico reale da semina consenta di superare alcuni passaggi del ciclo biologico, nei quali variabili antropiche, abiotiche e biotiche presenti nel Lago, causerebbero un elevato tasso di mortalità. Per poter garantire una sufficiente popolazione di femmine in età riproduttiva, stimata in almeno 60.000 individui per anno, a fronte di perdite naturali e dovute alle catture, è necessario introdurre ogni anno nel Lago un quantitativo di almeno 500.000 individui di età 0+, oppure 250.000 individui di età 1+. Nel primo caso la produzione è ottenibile in risaia, con individui di 7 mesi di vita, mentre nel secondo caso occorre prevedere l‘allestimento di un impianto tipo RAS. Produzione in risaia Lago di Varese 750.0 00 la rve Produzione di 500.000 giovanili 0 + 4 6 g Lago di Varese 300.0 00 la rve Produzione di 250.000 giovanili 0+ 40 -50g Produzione in RAS Produzione di adulti 120 g Al mercato Figura 5.3: Soluzioni alternative per la produzione di persico da semina nel Lago di Varese a sostegno della popolazione esistente. Vengono riportate due proposte: in alto l‘allevamento in risaia per la produzione di giovanili 0+ ed in basso l‘allevamento in RAS per la produzione di giovanili oppure fino ad adulti da destinare al mercato. PAGINA 151 Al fine di sostenere una popolazione autoctona del Lago, è il caso di evitare semine di persico proveniente da altri bacini idrografici. La sola alternativa rimane quindi la produzione controllata di una popolazione autoctona da ripopolamento. Tra le tecniche utilizzabili, è possibile scegliere una produzione intensiva od estensiva, come sommarizzato in Figura 5.3. La tecnica estensiva, da noi sperimentata, si basa sulla raccolta delle uova in Lago o in pond artificiale, incubazione delle stesse e semina in risaia dopo il riassorbimento del sacco vitellino. In alternativa, le larve possono essere allevate all‘interno di un allevamento intensivo, preferibilmente a ricircolazione delle acque (RAS). 1) Allevamento in risaia Uno dei principali vantaggi dell‘allevamento in risaia, in condizioni set-aside, oppure in risicoltura è riconducibile ai costi contenuti dell‘operazione. L‘affitto di una risaia di circa 1,5 ha, ha un costo stimato in 2.500-3.000 € per ogni ciclo produttivo di 6 mesi. Ipotizzando di utilizzare 6 ha di risaia, la spesa sarebbe di circa 15.000€ per anno. Gli ulteriori costi di gestione e di personale, contenibili in 30.000€/anno, consentirebbero la produzione del necessario quantitativo di novellame 0+ ad un costo di circa 45.000€/anno. Questa tecnica permette di produrre 500.000 persici 0+ a 6 mesi di vita, di taglia 2-4 g come biomassa individuale, i quali una volta immessi possono facilmente adattarsi alle nuove condizioni. 2) Allevamento in RAS L‘allevamento intensivo in sistemi RAS ad acqua ricircolata, presenta il vantaggio di poter produrre persico di qualsiasi taglia, da avannotto (2 g) a pesce adulto (120 g), con sopravvivenze superiori. Ai costi di gestione costituiti dall‘acquisto di mangimi, costi energetici e di personale, stimati in 70.000€/anno occorre aggiungere un costo dell‘impianto di circa 250.000€. I costi più elevati, sono giustificabili dal fatto che tale tecnica consente di produrre persico di taglia commerciale lungo tutto l‘anno, consentendo inoltre di produrre almeno 250.000 persici di età 1+ con taglia compresa tra 40 e 50 g. PAGINA 152 6. Bibliografia del persico nel Lago di Varese Albert A., 2004. 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