Autorità di Bacino del Fiume Arno
Rassegna stampa di giovedì 11 febbraio 2016
ID
Data
Quotidiani
Categoria
Ambito
Titolo articolo
14
11-feb-16
La Repubblica
Sentenze
Firenze
Confermate le condanne per la Scuola Marescialli
Selvatici
Franca
3
11-feb-16
La Nazione
Lavori pubblici
Firenze
Doppio senso, ma nessuno lo sa. Traffico caos in viale Guidoni e il controviale rimane
deserto
Capanni
Claudio
21
11-feb-16
Corriere della
Sera
Cronaca
Firenze
Tre milioni per curare subito Sollicciano
Storni
Jacopo
21
11-feb-16
La Stampa
Cronaca
Firenze
Firenze, in fila per il vaccino: “O paghi o ripassi ad aprile”
21
11-feb-16
Il Tirreno
Cronaca
Toscana
Allarme meningite, Saccardi: i vaccini ci saranno per tutti
21
11-feb-16
Corriere della
Sera
Cronaca
Toscana
Meningite, la caccia al vaccino
19
11-feb-16
La Nazione
Ambiente
Paterno
Ex cava, le analisi sono tutte da rifare. Nuovo campionamento di 'polverino'
11
11-feb-16
Corriere della
Sera
Politica
Unioni civili, 195 no allo stop. Ma al Senato il Pd prende tempo
Arachi
Alessandra
11
11-feb-16
La Repubblica
Politica
Unioni civili. E il premier freni i dissidenti: “Questa legge va approvata con o senza la
stepchild”
De Marchis
Goffredo
11
11-feb-16
Corriere della
Sera
Politica
Unioni civili. Grasso e quell'intesa che limita i voti segreti: così Rispetto la Carta
11
11-feb-16
La Repubblica
Politica
Il contrattacco di Grasso: “Non sono Ponzio Pilato né don Abbondio”
11
11-feb-16
Corriere della
Sera
Politica
Unioni civili. Un premier condizionato dalla paura di stravincere
11
11-feb-16
La Repubblica
Politica
La linea sottile sulle adozioni
Folli Stefano
11
11-feb-16
Panorama
Politica
Renzi. La solitudine del numero uno
Giuli
Alessandro
11
11-feb-16
Panorama
Politica
Il caso Rossi-Boschi? Gran segreto al Csm
11
11-feb-16
Il Fatto
Quotidiano
Politica
Giglio magico. Carrai, Open e l'affare dei farmaci con la Sapienza
11
11-feb-16
Panorama
Politica
L'idea di Panorama arriva in Parlamento
11
11-feb-16
La Repubblica
Politica
Amministrative, lite nel centrodestra
11
11-feb-16
Corriere della
Sera
Politica
Milano
Parisi. “Mi candido a guidare Milano. Dalla Lega a Lupi, tutti con me”
Soglio
Elisabetta
11
11-feb-16
Corriere della
Sera
Politica
Roma
Roma, Berlusconi e Salvini bocciano l'idea di Meloni. E Dalla Chiesa si fa da parte
Cremonesi
Marco
Giornalista
Corbi Maria
Gori Giulio
Guerzoni
Monica
Milella Liana
Franco
Massimo
Rossitto
Antonio
Giambartolo
mei Andrea
Tortorella
Maurizio
L. C.
Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 1 11/02/2016
Ricorsi respinti: peri
dirigenti Balducci e De
Santis fu corruzione
FRANCA SELVATICI
L processo per l'appalto
della Scuola Marescialli dei
Carabinieri di Castello si è
concluso martedì con quattro
condanne definitive per
corruzione aggravata. La Corte
di Cassazione ha infatti
respinto i ricorsi dei due ex
dirigenti ministeriali Angelo
Balducci e Fabio De Santis e dei
costruttori Riccardo Fusi (Btp)
e Francesco Maria De Vito
Piscicelli (quello che rideva la
notte del terremoto
dell'Aquila). Approda così a
condanna definitiva, a
conferma del «sistema
gelatinoso» che per anni ha
inquinato i lavori pubblici, il
primo dei molti capitoli
dell'inchiesta sulla cricca delle
Grandi Opere, avviata e
sviluppata a Firenze dall'ex
procuratore Giuseppe
Quattrocchi, dai sostituti
Giuseppina Mione, Giulio
Monferini e Luca Turco e dal
Ros Carabinieri, e trasmessa
poi a Roma per competenza.
Secondo le accuse, confermate
in tutti i gradi di giudizio, l'ex
presidente del Consiglio
superiore dei lavori pubblici
Angelo Balducci e il suo braccio
destro Fabio De Santis nominato nel 2009
provveditore alle opere
pubbliche di Firenze dal
ministro Altero Matteoli su
sollecitazione di Denis Verdini
(che per questo è attualmente
sotto processo per corruzione)
- asservirono le loro funzioni
pubbliche agli interessi
dell'imprenditore Riccardo
Fusi, con l'intermediazione
interessata dìPiscicelli.
ILI
Scuola MarE. cialli: la C
<D
.A.PRIMADICRDNAC.A
FUSI era stato estromesso
dall'appalto per la costruzione della immensa Scuola Marescialli di Castello, affidato ad Astaldi. Un arbitrato gli
aveva riconosciuto il diritto a
un indennizzo ma l'imprenditore toscano, convinto di aver subito una ingiustizia, voleva riprendersi i lavori. Secondo le accuse, in cambio di favori e di nomine interessate Balducci e De
Santis «misero a sua disposizione le loro funzioni pubbliche»,
«al punto -ha scritto il tribunale - che paiono aver agito in
preda ad interessi talora indistinguibili da quelli del privato
corruttore». Forse il progetto sa-
rebbe andato in porto se il 10
febbraio 2010 - esattamente
sei anni fa - Balducci e De Santis non fossero stati arrestati.
Per tutti e due la condanna, ormai definitiva, è di 3 anni e 8
mesi di reclusione. Dato che
hanno trascorso diversi mesi in
custodia cautelare ora potrebbero evitare il carcere e chiedere l'affidamento in prova. Per Piscicelli la condanna è di 2 anni e
8 mesi. Per Fusi 2 anni (pena sospesa).
Analizzando le intercettazioni che documentano le manovre di Balducci e De Santis per
aiutare Fusi a riconquistare
l'appalto, i giudici ne censurano la sistematica «violazione
dei doveri di fedeltà, correttez-
ione confe
za e imparzialità», definiscono
le loro condotte come «protezione globale» degli interessi del
privato corruttore e come «corruzione per asservimento della
funzione pubblica per denaro o
Il costruttore voleva
riprendersi l'appalto
del campus dal quale
era stato estromesso
altre utilità» e sottolineano «la
necessità di punire con sanzioni più gravi le ipotesi di infedeltà persistente del pubblico ufficiale in un momento in cui si assiste sempre di più a inquietan-
La Scuola Marescialli durante i lavori
a econdanne
ti e stabilizzate forme di infedeltà diffusa nell'ambito della pubblica amministrazione».
Martedi in Cassazione il sostituto procuratore generale Maria Francesca Loy ha chiesto la
conferma delle condanne, mentre si sono battuti per l'accoglimento dei ricorsi gli avvocati
Sandro Traversi e Sara Gennai
per Fusi, Matteo e Marcello Melandri per Piscicelli, Alfredo
Gaito per De Santis e Gabriele
Zanobini , Roberto Borgogno e
Franco Coppi per Balducci. La
sentenza del collegio della sesta sezione penale, presieduta
da Giacomo Paoloni, è arrivata
a tarda notte.
(f.s.)
3 RIVRGIJU<IONE RISER ATA
IL NUOVO ASS ETTO DE L T
opp o senso
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ma nessuno lo sa
.
Traffico caos in viale Guïdonï
E il controvíale n* mane deser to
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,
CONTROVIALE Guidoni, buona la prima ma in pochi lo sanno.
Da un lato il serpentone di auto in
coda lungo viale Guidoni, col muso che punta il Palagiustizia. La velocità di crociera alle 10.30 di ieri
era da stillicidio: un metro al minuto. Dall'altro il paradiso con la
corsia del controviale (lato negozi)
sempre nella stessa direzione, praticamente deserta. Infilarla avrebbe voluto dire arrivare in un baleno sull'uscio del polo universitario. Eppure la scorciatoia inaugurata due giorni da Palazzo Vecchio
in viale Guidoni parla chiaro: nel
tratto del controviale Torre degli
Agli-Allori, anziché in direzione
uscita dalla città (come è stato per
l'ultimo anno) il senso di marcia
torna verso il Palagiustizia. Con
una novità. Il tratto finale da via
Valdinievole a via Allori diventa a
doppio senso.
UNA PACCHIA per chi smonta
dall'autostrada e vuole dribblare il
traffico volando in poco tempo verso via Forlanini, il mercato ortofrutticolo, l'università o il Palagiustizia. Ma ieri a farlo sono stati in
pochissimi. Il risultato è stato il solito mucchio selvaggio sulle corsie
centrali del vialone e il vuoto pneumatico nel controviale.
«La modifica - spiega l'assessore
alla Mobilità del Comune di Firenze, Stefano Giorgetti - è in vigore
da pochissimo tempo ma ci auguriamo che in questi giorni i fiorentini ci prendano la mano. Intanto
abbiamo ottenuto riscontri positivi da parte dei negozianti che, in
questa maniera, si garantiscono
un maggior flusso di clienti rispetto a quanto è avvenuto in passato».
E ALLORA ecco le istruzioni per
raggiungere il controviale per chi
arriva dall'AU, dall'Autostrada
del Sole o dal ponte all'Indiano:
prima di tutto percorrere viale degli Astronauti, poi infilare viale
Guidoni e «uscire» alla rotonda di
via Garfagnana. Quindi percorrerla per 180 gradi fino a girare nel
controviale Guidoni. L' i
mmissione permetterà di arrivare dritti
dritti al Palazzo di Giustizia, evitando il traffico del vialone lungo
la monocorsia riaperta dal Comune. Unica precauzione: prima di
puntare il controviale meglio buttare un occhio trecento metri più
avanti assicurandosi che in molti
non abbiamo già fatto la stessa scelta. Il nuovo semaforo installato nel
controviale all'incrocio con via
Valdinievole col compito di «spezzare» il nuovo doppio senso di marcia, infatti ha il rosso piuttosto pesante . Ma, pistola alla tempia, vale
la pena tentare e scegliere l'ingorgo minore.
Claudio Capanni
Ieri mattina in viale Guidoni si viaggiava verso il centro città a circa un metro al minuto
Tre
oni per curare subito Sollicciano
Il capo delt ' ' Lero visiLail carcere: grazie ai fondi docce in ogni cella, nuovo lei lo, più spazi esterni e maLelassi
Una doccia in ogni cella,
nuovi tetti impermeabili antiinfiltrazioni, triplicazione dei
passeggi esterni, nuova cucina e nuovi materassi. In arrivo
profonde ristrutturazioni nel
carcere di Sollicciano, uno degli istituti penitenziari più degradati d'Italia. Ad annunciarle Santi Consolo, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria italiana, al
termine del lungo incontro di
ieri pomeriggio nel carcere
fiorentino, un importante sopralluogo con la nuova direttrice arrivato all'indomani delle ispezioni ministeriali dello
scorso ottobre e del drammatico guasto al riscaldamento
che, pochi giorni fa, ha lasciato al gelo centinaia di detenuti
per quasi una settimana.
Condizioni critiche, quelle
all'interno di Sollicciano, per
cui il ministero della Giustizia
si è impegnato con uno stanziamento di 3 milioni di euro
soltanto per il2oi6, una grossa fetta dei 13 milioni di euro
complessivi destinati a tutte le
carceri italiane nello stesso
anno. Tra i cambiamenti più
importanti, è prevista l'installazione di una doccia in ogni
cella. Una vera e propria rivoluzione, che consentirà a tutti
i reclusi di lavarsi all'interno
della cella, dove attualmente
ci sono soltanto un piccolissimo lavandino e un wc. Ristrutturazione in vista anche
per i tetti. Secondo quanto
concordato durante l'incontro
di ieri, saranno ristrutturate le
coperture per una superficie
totale di 6 mila metri quadrati,
rendendo i tetti impermeabili
alle infiltrazioni. Sono proprio
le infiltrazioni a costituire uno
dei più grandi problemi dell'istituto penitenziario fiorentino, una struttura degradata
dall'umidità e dalla muffa in
vari tratti di soffitti e pareti.
Un lavoro, quello sui tetti,
nel quale sono impegnati, oltre a tecnici specializzati, anche alcuni detenuti-lavoratori
del carcere. Fra i progetti che
riguardano le coperture, c'è
anche quella di dotare i tetti di
pannelli solari attraverso l'utilizzo di fondi europei. Cantieri
presto aperti, come annunciato dal capo del Dap, anche per
il risanamento degli intonaci e
per l'ampliamento dei passeggi esterni, dove i detenuti possono incontrare i propri familiari e trascorrere qualche ora
della giornata all'aperto.
L'idea è quella di triplicare
questi spazi, valorizzando ulteriormente anche le attività
sportive del carcere come il
rugby.
In standby da molto tempo
c'è anche la costruzione della
seconda cucina, opera per cui
sono già stati stanziati i fondi,
ma i lavori non sono mai partiti. «Partiranno a breve»,
hanno assicurato i vertici del
Dap dopo l'incontro. Oltre agli
interventi per le aree detentive, sono previsti lavori anche
per le aree riservate agli agenti
penitenziari, tra cui il rifacimento dei servizi igienici ob-
soleti e la sostituzione della
rubinetteria, oltre che la ristrutturazione della palestra.
Sarà riqualificata anche la videosorveglianza (per scongiurare evasioni, come già accaduto in passato) e il meccanismo elettronico dell'apertura
delle porte automatiche.
Durante la visita, Santi Consolo ha incontrato anche alcuni detenuti, oltre alla nuova
direttrice del carcere, i garanti
dei reclusi e il cappellano di
Sollicciano, Don Vincenzo
Russo, che si è detto soddisfatto dell'esito della riunione:
«Ho parlato a Consolo a nome
dei detenuti e ho ottenuto risposte soddisfacenti, chiare e
decise. Siamo fiduciosi e speriamo in un reale cambio di
passo nel carcere fiorentino».
Consolo si è soffermato a lungo anche nella sezione femminile, dove ha raccolto le lamentele delle detenute, che
nei mesi scorsi avevano scritto
una lettera in cui denunciavano la presenza di sporcizia e
topi nelle celle. «Abbiamo già
provveduto alla derattizzazione
ha detto il capo del Dap
- E presto arriveranno nella
sezione femminile 5o nuovi
materassi».
«La presenza di Consolo è
stata un segnale importante
per riprendere il discorso sulla radicale ristrutturazione di
cui ha bisogno Sollicciano»,
commenta Eros Cruccolini,
garante dei detenuti della Toscana.
Il cappellano
Russo
Abbiamo
ottenuto
risposte
precise
Speriamo
in un reale
cambio di
passo delle
condizioni
dell'istituto
Jacopo Storni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Is l9l l ' >
i ;1fflulA1, ;
Firenze, in fila per il vaccino
"0 paghi o ripassi ad aprile"
Polemiche per i ritardi della Regione: ha varato il piano di prevenzione
ma manca la delibera per somministrarlo gratis anche agli over 45
ei ha più di 45 anni?
Allora ci dispiace
ma se vuole vaccii
narsi deve pagare 60 euro».
Ore 12, Firenze, azienda sanitaria 10, presidio S. Rosa, al
banco delle informazioni una
fila preoccupata di persone,
cerca risposte sulla vaccinazione antimeningite. In molti
gli over 45 visto che anche per
loro, residenti nella area della
Asl toscana centro, il vaccino
da due giorni sarebbe gratuito,
se non fosse che ancora ieri
mancava la firma nella delibera regionale. «Incredibile, prima ci dicono che c'è un'emergenza, che rischiamo la vita e
poi e se la prendono comoda
per firmare un pezzo di carta»,
dice Elvira, 29 anni, che non ci
pensa proprio a mettere mano
al portafoglio e decide di tornare un'altro giorno. Altri invece rimangono e si prenotano
al Cup. «Ho troppa paura», dice Neva, «quando si tratta della salute non si scherza».
E che non si scherzi lo dimostra la decisione di Ministero e
Regione di vaccinare gratuitamente tutti i cittadini di qualsiasi età che vivono nell'area della Asl Toscana Centro, corrispondente alle province di Firenze, Prato e Pistoia e i comuni del Valdarno Inferiore nella
provincia di Pisa. Per le altre
aree della Toscana sopra i 45
anni ci sarà una riduzione del
ticket. Ai cittadini preoccupati
per la mancanza delle dosi di
vaccini risponde l'assessore al
diritto alla salute della Regione Toscana Stefania Saccardi;
«Sono in arrivo dosi di vaccino
sufficienti per far fronte a tutte le necessità della nostra regione. Ho avuto assicurazione
in questo senso dall'Aifa,
l'Agenzia italiana del farmaco,
che, come annunciato ieri nel
corso dell'incontro al ministero, sta lavorando per reperire
le quantità di vaccino necessarie e negoziare i prezzi».
I vertici della Usl che stimano di poter vaccinare «nei
prossimi 5 mesi il 70% della
popolazione» residente nelle
province di Firenze, Prato e
Pistoia che ancora non è stata
vaccinata (oltre 1 milione e
200 mila persone). Ma fino ad
allora chi non vuole aspettare
dovrà rivolgersi al privato e
pagare 90 euro di vaccino, oltre al medico.
Il dato nuovo di questa epidemia (anche se gli esperti si
rifiutano di chiamarla così) è
che colpisce gli adulti. Salvi i
bambini e i giovani che sono
già stati sottoposti a vaccinazione. E infatti nelle scuole non
si respira agitazione. Davanti
alla elementare Montebello,
pochi passi dalla Leopolda, un
capannello di signore aspetta i
figli: «l'importante è che i
bambini siano tutti vaccinati, e
la scuola deve pretenderlo. Per
adesso siamo tranquille».
Esiste una sola via per la
prevenzione: la vaccinazione,
come spiega Chiara Azzari,
immunologa. «Se i bambini e
gli adolescenti non fossero
stati vaccinati i casi sarebbero stati molto più numerosi.
Avremmo avuto allora si una
vera epidemia». Ed è lei che
qui all'ospedale pediatrico
Meyer di Firenze con la sua
squadra ha inventato e brevettato un sistema di diagnosi batteriologica molecolare
grazie al quale si può individuare il batterio responsabile
della meningite in maniera sicura e soprattutto rapida.
Perché il tempo può essere
nemico o amico in questa battaglia visto che questi germi
sono capaci «rapidamente di
dare malattie più gravi della
meningite», spiega l'esperta.
«Per esempio la sepsi, quan-
do il batterio entra in circolo
nel sangue e si moltiplica». E
mentre la meningite (confinata solo al cervello) è mortale
nel 7,5 per cento dei casi, la
sepsi è mortale nel 20 per
cento dei casi. Ed è la responsabile delle morti qui in toscana. Il test molecolare permette di individuare il dna del
batterio nel sangue o in qualsiasi liquido biologico e la risposta arriva subito, in 45 minuti. E anche l'organismo
mondiale per lo studio delle
malattie infettive, il Cdc di
Atlanta, ha chiesto al Meyer
suggerimenti sul metodo.
La professoressa Azzari
spiega che questa moltiplicazione dei casi di meningite in
Toscana può essere dovuta
proprio a questo nuovo test capace di rilevare in maniera rapida e sicura l'infezione «mentre con il vecchio metodo della
coltura la meningite era sottostimata di almeno tre volte».
O BY NC ND-UNI DIRITTI RISERVATI
Ho avuto precise
assicurazioni
dall'Agenzia italiana
del farmaco, che sta
lavorando per reperire
le quantità di vaccino
necessarie e negoziare
i prezzi
Stefania Saccardi
assessore al la salute della
Regione Toscana
I germi sono capaci
rapidamente di dare
malattie più gravi della
meningite. Se bambini
e adolescenti non
fossero stati vaccinati
avremmo avuto allora
una vera epidemia
Chiara Azzari
immunologa ospedale
pediatrico Meyer
milioni
Le persone delle
province di
Firenze, Prato e
Pistoia ancora da
vaccinare
minuti
Il tempo occorrente per individuare il virus con
l'innovativo
esame molecolare inventato
all'ospedale
pediatrico Meyer
di Firenze
pri ma l inea
L'ospedale
pediatrico Meyer
di Firenze, il cui
test ha
evidenziato
l'aumento di casi
di meningite in
Toscana
Firenze
Cerreto Guidi
Bagno a Ripoli
Campi Bisenzio
Empoli
FIRENZE
20
Lastra a Signa
Montelupo Fiorentino
Pontassieve
Vinci
AREZZO
3
GROSSETO
1
LUCCA
Massa
2
---------------------------------------------------------------------
Camaiore
1
Capannori
Lucca
Stazze ma
Buggiano
Chiesina Uzzanese
Monsummano Terme
Montale
------ 1_
1
1
1
PRATO
MASSA CARRARA
21.836
LIVORNO
12.520
SIENA
11.893
EMPOLI
33.247
VIAREGGIO
12.186
TOTALE VACCINATI
258.562
Allarme meningite
Saccardi: i vaccini
ci saranno per tutti
«Ci stiamo attivando per fare
fronte a una richiesta
superiore ai normali consumi
di vaccini contro la meningite.
Questo ci impone di cercarli, e
lo stiamo facendo insieme ad
Alfa, sul mercato
internazionale . Dalle notizie in
mio possesso non dovremmo
avere crisi di mancanza di
vaccini e le nuove quantità ci
consentiranno di risolvere le
liste di attesa». Lo ha detto
l'assessore toscano al Diritto
alla salute Stefania Saccardi,
parlando con i giornalisti della
vaccinazione antimeningite.
<d medici pediatri di base
hanno aderito in modo quasi
totale alla campagna vaccinale
- ha aggiunto •, siamo intorno
al 90%. La percentuale è più
bassa, intorno al 50% con i
medici di medicina generale.
Contiamo di risolvere
rapidamente questo problema,
non appena arriveranno le dosi
necessarie che già ci stanno
dicendo che sono disponibili
sul mercato internazionale.
Dovrebbe essere questione di
pochi giorn i». Per Saccardi «le
procedure amministrative in
questi casi sono abbastanza
rigorose perché si immette nel
nostro Paese un medicinale che
deve avere tutti i requisiti di
sicurezza. t solo un problema
di burocrazia, che stiamo
provando a risolvere
rapidamente anche grazie
all'Alfa».
La Regione cerca di fronteggiare il boom di richieste. Saccardi: dosi in arrivo entro la fine della settimana
Mernnte, la caccia al vaccino
Farmaci e medici ' famiglia a secco. Ore al telefono con l'Asl per il servizio gratuito
Entro la fine della settimana, annuncia la
Regione, arriveranno 140 mila dosi di vaccini.
Ma per coprire l'assalto a Cup, medici di
famiglia e farmacie ne serviranno altri. Sono a
secco infatti le farmacie fiorentine e anche
molti fra i medici di famiglia.
alle pagine 2 e 3 Gori, Passanese
Sanità
Farmacie e medici di famiglia a secco. «Abbiamo solo il B, ma non lo vogliono»
Saccardi: nuove dosi entro la se"-nana. Da mercoledì le esenzioni e g li sconti
Meningite, a chi mancano i vaccini
Abbiamo
avuto
rassicurazioni dalla
Agenzia
nazionale
del farmaco
Riusciremo
a far fronte
a tutte
le richieste
«Sono in arrivo dosi di vaccino sufficienti per far fronte a
tutte le necessità della nostra
regione». L'assessore regionale alla salute, Stefania Saccardi
ha avuto ieri rassicurazioni da
Aifa, l'agenzia del farmaco: le
prime 140.000 dosi di tetravalente contro la meningite arriveranno in anticipo, non tra
dieci giorni ma forse già questo fine settimana. Si tratta del
primo pacchetto
composto
da 100.000 dosi comprate sul
mercato estero e 40.000 su
quello italiano
per rispondere al boom di prenotazioni
agli ambulatori Asl da parte
dei cittadini spaventati che vogliono l'iniezione.
Gratis o a sconto
Due le grandi novità annunciate martedì, dopo il faccia a
faccia romano col ministro
della salute Beatrice Lorenzin:
vaccino gratis anche per gli
over 45 nelle province di Firenze, Prato e Pistoia (oltre ai 4
Comuni pisani di Santa Croce
sull'Arno, San Miniato, Castelfranco di Sotto e Montopoli,
che fanno parte dell'ex Asl di
Empoli) e vaccino scontato per
gli over 45 di tutte le altre province toscane. Le delibere della giunta regionale saranno
approvate martedì prossimo:
così i provvedimenti entreranno in vigore da mercoledì 17
febbraio. Ieri, all'assessorato
regionale alla salute si è discusso di quale sconto applicare nelle province in cui gli
over 45 non saranno esentati:
si passerà dagli attuali 58 euro
di ticket a circa 40.
Farmacie a secco
Sulla prima partita di dosi in
arrivo, gli ambulatori Asl
avranno la priorità sui medici
di famiglia, molti dei quali ora
sono senza vaccino. E a Firenze, uno dei due principali focolai di meningite assieme all'Empolese, le farmacie pubbliche e private sono a secco.
«I distributori dicono che saranno disponibili tra 1o o 15
giorni
dice Filippo Fucile,
della farmacia del Pignone di
via Pisana
L'aumento della
produzione non si fa dall'oggi
al domani». Eppure in molti
sono senza dosi già da un mese. «In compenso abbiamo i
vaccini per la meningite B, ma
nessuno li chiede», aggiunge.
A forza di ordinazioni fuori
porta «anche in altre regioni le
dosi iniziano a scarseggiare»,
spiega Marco Nocentini Murigai, presidente di Urtofar, l'associazione dei farmacisti privati. In via della Vigna Nuova, il
dottor Mario Mura è a secco da
quindici giorni: «Il distributore mi assicura che le consegne
ripartiranno dal 22 febbraio».
Nella farmacia comunale di
piazza Nazario Sauro non hanno notizie. Ieri pomeriggio, in
via Calzaioli nessun vaccino
tetravalente, ma avevano a disposizione ancora 3 Menjugate, efficaci solo per il ceppo C,
al costo di 72 euro.
Numero unico
Dopo la riforma della sanità
regionale che ha abolito sulla
carta le 12 vecchie Asl per creare 3 SuperAsl, «entro pochi
giorni» la nuova realtà unica
della Toscana Centro (Firenze,
Empoli, Prato e Pistoia) dovrebbe finalmente nascere anche nei fatti: il primo passo sarà il Cup unificato. Così, a breve, per prenotare la vaccinazione ci sarà un solo numero
di telefono comune. E per un
fiorentino sarà possibile accaparrarsi un appuntamento libero in un ambulatorio di Pistoia e viceversa. Obiettivo della nuova organizzazione del-
La noviità
Per Firenze, Prato
e Pistoia è quasi pronto
il numero unico
per le prenotazioni
l'Asl Toscana Centro, sarà la
vaccinazione, entro i prossimi
5 mesi, del 70% della popolazione non ancora vaccinata.
Intanto, proprio da Firenze, arriva una buona notizia: il ragazzo di 23 annidi Bagno a Ripoli, ricoverato dal 1 febbraio a
Ponte a Niccheri per un caso di
meningite di tipo C, sta bene e
oggi dovrebbe essere dimesso.
Caos tra i
ori sede
È una popolazione di 34.000
ragazzi: sono gli studenti fuori
sede, iscritti negli Atenei toscani ma residenti in altre regioni o stranieri, che da qualche giorno hanno ottenuto il
diritto alla vaccinazione gratuita. Sembrava fosse sufficiente presentare il libretto
universitario, come ad esempio aveva indicato l'Asl pisana,
ma gli studenti denunciano
sui social che in alcuni ambulatori si sono sentiti chiedere
anche la tessera sanitaria che
attesti il loro «domicilio sanitario». «Io nella delibera ho
scritto che serve la documentazione che attesti che lo studente è fuori sede
spiega
l'assessore Saccardi
Se non
è chiaro, vedremo a breve di
precisare il testo».
Glullo Gorl
Antonio Passanese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
II cartello fuori dall'ambulatorio AsI di Capannori
La geografia dei casi
La mappa dei vaccini
Miss3 e Carrara
I casi di meningite
n Toscana dal 1' gennaio
2015 a ieri
Prato
Lucca
50
12015
PRP.TO
Pistoia
Fircnzo
PISTOIA
INe1201 -*
FIRENZE
Per provincie
2015
2016*
Pisa
,grezzo
Per tipologia di batterio
iNd2015
1IH2016*
Meningococc,) ß
Mcningococc W
....................................................
Non tipizzato
`li
e na
Livorno
258.562
Le persone che sono state vaccinate
n Toscana nell ambito della campagna
straordinaria (dati al 31 gennaio 2016)
Grosseto
A Firenze, Prato e Pistoia da mercoledì
vaccini graLis anche gli over 45
Le morti causate dalla meningite
8
Riducibili
al gruppo
C
1
Riducibili
al gruppo
Gratis por pli over 45 anche nei comuni
di San Miniato Santa Croce sull'Arno,
MurinLopuli e CasLellraneo di SoLLo
B
Fori[(, 'oglorc Icstri , Minslcro dolla S aulc *dalo d,uI 1 ` gcnviaic -
In tutto il resto della Toscana gli over 45
avranno uno sconto sul ticket
BRACCIO D i FERRO FRA ARPAT E MED LINK
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Nuovo campionamento
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EX CAVA di Paterno, sono da rifare le analisi sui sacconi di polverino 500 mesh. Partirà entro pochi
giorni una nuova campagna di
analisi per determinare con esattezza il contenuto dei 1.800 sacconi di polverino bianco, che quasi
tre anni fa furono scoperti all'interno dei capannoni fatiscenti
nell'area della ex cava alle pendici
orientali di monte Morello. Questo il risultato di un accordo fra
l'Arpat e la Med Link, la multinazionale tedesca con sede ad Aulla,
che si era resa disponibile a riprendersi in carico i sacconi, sostenendo che avrebbero potuto essere reimmessi nel ciclo produttivo. L'Arpat aveva invece classifi-
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cato il materiale come rifiuto pericoloso, quindi destinato a finire
in discarica.
Il contenzioso che si è aperto si risolverà adesso con una nuova ricerca, con costi di smaltimento
per centinaia di migliaia di euro.
LA NUOVA campagna di analisi, con una campionatura molto
più dettagliata di quella che aveva
portato alla classificazione precedente, prevede adesso centinaia
di analisi. Obiettivo di Med Link è
individuare almeno alcuni lotti
dell'intera partita che invece che
finire in discarica possano essere
reimpiegati.
Arpat e Med Link hanno messo a
La Forestale alla cava di Paterno
punto un dettagliato protocollo
operativo, frutto di lunghe trattative, e adesso per avviare il nuovo
campionamento si attende soltanto il nullaosta della Procura della
Repubblica di Firenze a entrare
nella ex cava di calce, che è ancora
sottoposta a sequestro.
Respinto (a scrutinio palese) l'emendamento per bloccare la legge. Slittano a martedì i voti sul testo
I cattodem protestano con Zanda per i paletti s2111a libertà di coscienza. E scompare l'ipotesi affido rafforzato
Unioni civili, 195 no allo stop
Ma al Senato il Pd prende tempo
ROMA Il primo scoglio è stato
superato. Il Senato ieri pomeriggio ha respinto il «non passaggio al voto» in Aula della
legge sulle unioni civili omosessuali. Con un fronte che va
oltre tutti i calcoli fatti con il
pallottoliere fino ad oggi: 195
voti, contro ioi.
Ma la maggioranza preferisce prendere tempo. E così slittano da martedì le votazioni
sugli articoli della legge Cirinnà, mentre domani verranno
illustrati gli emendamenti sui
quali, alla fine, non è stato ri-
r
Non tiene per ora il
patto tra dem e Lega
sul ritiro degli
emendamenti
spettato il «patto fra gentiluomini», quello fra Pd e Lega.
Sono quindi ancora in piedi
tutti i seimila emendamenti
presentati (oltre 5 mila solo
dalla Lega) e, soprattutto, rimane in piedi il «supercanguro», quell'emendamento «premissivo» a prima firma del
renziano Andrea Marcucci che
- ora si scopre - taglierà via
moltissimi emendamenti e tra
questi il famigerato emendamento dei trenta democratici
cattolici che trasforma la stepchild adoption in affido rafforzato.
Un taglio che non sarà indolore nel Pd: già nell'assemblea
di ieri mattina il cattolico Stefano Lepri si era appellato al
capogruppo Luigi Zanda per
chiedere di aumentare gli
emendamenti sui quali il partito avrebbe lasciato libertà di
coscienza. Zanda aveva infatti
concesso libertà di coscienza
su tre emendamenti, uno soltanto tra i nove presentati dai
cattolici. E questo era proprio
l'affido rafforzato.
Il «supercanguro» lascerà in
piedi tutti gli altri emendamenti all'articolo 5 che prevedono una mediazione (l'affido
rafforzato è un'alternativa, non
una mediazione), tra questi
quello firmato dai senatori Pagliari e Marcucci sul preaffido
di due anni.
P ancora magmatica la situazione in Aula, ma la votazione di ieri ha aperto spiragli
di ottimismo fra chi questa
legge la vuole ad ogni costo visto che la scelta di andare
avanti è stata approvata con
una maggioranza che va oltre
tutti i calcoli fatti fino ad oggi.
La cifra di 195 voti, tradotta,
vuol dire: compattezza sostanziale nel Pd, nel Movimento r
Stelle, nel gruppo Misto, nelle
autonomie e anche nel gruppo
Ala, ovvero i verdiniani.
Certo: alla fine il presidente
Pietro Grasso ha concesso il
voto palese su questo che era
stato battezzato emendamento
«Qua gliariello-Calderoli»,
(sebbene presentato pure dal
senatore di Forza Italia Lucio
Malan). E Grasso aveva concesso il voto palese per via di questioni costituzionali: aveva
cioè agganciato questa legge
all'articolo 2 (che prevede formazioni sociali specifiche)
della Costituzione e non al 29
(quello sul matrimonio), suscitando le ovvie proteste di
chi questo voto lo aveva sollecitato segreto.
Per questo Gaetano Quagliariello, senatore di Idea, stamattina andrà a depositare con alcuni suoi colleghi il ricorso alla
Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione relativo a
questa legge. Il ricorso è stato
firmato da 51 senatori. Il voto
segreto sul «non passaggio al
voto» lo avevano chiesto in 74.
E contro questo voto segreto
si era schierato Andrea Marcucci, il più renziano dei senatori del Pd, che questa legge
sta difendendo e portando
avanti con grande determinazione. Nel suo intervento in
Aula ha usato toni chiari:
«Smettiamola con la strategia
del rinvio, sfidiamoci civilmente a viso aperto senza ulteriori perdite di tempo». La
speranza è di riuscire ad approvare la legge prima della fine del mese, prima cioè che arrivi al Senato il decreto milleproroghe in scadenza a febbraio.
Alessandra Arachi
Ti nuovo istituto
per le coppie gay
Che cosa
prevede
il ddi
Clrinna
La prima parte del disegno di
legge Cirinnà, nei primi dieci
articoli, definisce un istituto
nuovo: le unioni civili, rivolte
espressamente alle coppie
omosessuali. Due persone
maggiorenni costituiscono
un'unione davanti a un
ufficiale di stato civile, alla
presenza di due testimoni.
Possono decidere di prendere
il cognome del partner odi
aggiungerlo al proprio oppure
non modificare niente.
L'unione è registrata
nell'archivio dello stato civile e
può essere sciolta con le
stesse procedure del divorzio.
Pensioni, eredita
diritti e doveri
Le unioni civili sono una
«specifica formazione
sociale», non sono dunque
nozze gay. Ma diritti e doveri
sono quelli già presenti nel
matrimonio, come l'obbligo
alla fedeltà reciproca, alla
coabitazione, o all'assistenza
morale e materiale: ciascuno
contribuisce ai bisogni
comuni in base alle proprie
possibilità. Ci sono il diritto
all'eredità e la reversibilità
della pensione. Si applicano
alle parti dell'unione civile le
leggi in cui compaiono le
parole «coniuge» o
«coniugi», adozioni escluse
Alimenti anche
La scelta di avere
per coppie di fatto i beni in co
La seconda parte del testo,
dall'articolo 11, disciplina
invece le convivenze di fatto,
per coppie che non sono
legate né in matrimonio né
con un'unione civile: «Due
persone maggiorenni unite
stabilmente da legami
affettivi di coppia e di
reciproca assistenza morale
e materiale». Riguardano
tutti, etero od omosessuali. E
prevedono diritti e doveri: ad
esempio l'obbligo del
mantenimento, in caso di
fine della convivenza, in
misura proporzionale alla
durata dei legame.
Adozioni solo
di figli del partner
I conviventi di fatto hanno gli
stessi diritti dei coniugi per le
visite in ospedale o in carcere.
Il ddl regola anche la
permanenza nella casa
comune di residenza o il
subentro nel contratto di
locazione in caso di morte del
compagno. E l'inserimento
nelle graduatorie per gli
alloggi di edilizia popolare. I
rapporti patrimoniali possono
essere disciplinati da specifici
«contratti di convivenza», che
possono prevedere la
comunione dei beni o altri
modi per contribuire alle
necessità comuni
Per le adozioni è prevista una
0 disciplina a parte, regolata
dall'articolo 5 dei disegno di
legge. Quello che estende alle
coppie omosessuali la
stepchild adoption, cioè la
possibilità che il membro di
una coppia, in questo caso
una unione civile, possa
essere riconosciuto come
genitore del figlio del
compagno. Modifica una
legge del 1983 che regola
l'adozione «in casi
particolari» per le coppie
etero. Non è permessa, in
ogni caso, l'adozione di un
bambino per una coppia gay
La vicenda
Ieri
pomeriggio,
dopo la
commemorazione del
Giorno del
ricordo, l'Aula
ha avviato l'iter
di esame del
ddl sulle unioni
civili
Il primo atto
è stato siglato
dal presidente
dei Senato,
Pietro Grasso,
il quale non ha
concesso il
voto segreto
sul cosiddetto
emendamento
«QuagliarielloCalderoli» che,
di fatto,
avrebbe
bloccato l'iter
legislativo
Sul non
passaggio al
voto in Aula,
Palazzo
Madama ha
respinto la
richiesta,
sottoscritta da
74 senatori,
con 195 voti
contrari, 101
a favore e 1
astenuto
La
conferenza dei
capigruppo ha
deciso che il
voto riprenderà
martedì
prossimo con
la possibilità
di ultimare
il martedì
seguente
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Il leader ha chiesto ai suoi uomini di fare scouting
e trovare altri senatori pronti approvare il testo
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ROMA. Adesso si fa sul serio perché, come dice Matteo Renzi, la
«legge deve passare, con o senza
adozioni, ma va approvata. Non
si scappa». Quindi vanno rimossi
gli ostacoli, a cominciare da quellipiazzati dentro al Pd. Laradicalizzazione dei cattodem del Senato non piace affatto al premier. E
il messaggio è arrivato, perché
anche sui cattolici è iniziato il
pressing di Palazzo Chigi, Non solo. Renzi lancia lo scouting anche negli altri gruppi per capire
se il ddl Cirinnà rischia di saltare
sotto i colpi dei voti segreti. Magari verrà bocciata l'adozione
del figlio del partner ma il riconoscimento dei diritti per le coppie
gay no, non si deve toccare.
Per questo monta l'insofferenza a causa dei rilanci dei senatori
cattolici più oltranzisti e non importa che tra di loro siano presenti renziani della prima ora come
Stefano Lepri o Rosa Di Giorgi.
La linea dura è tutta nell'atteggiamento di Luigi Zanda, che litiga con Lepri, minaccia una votazione nell'assemblea del gruppo
Pd che metterebbe a nudo le profonde divisioni nell'ala cattolica
(una parte della quale è stufa
dei pasdaran) e alla fine concede
un armistizio: le votazioni in cui
si ammette la libertà di coscienza non saranno limitate a 3 ma
arriveranno a 5-6. Mai a 9, come
chiedevano gli "integralisti'. Un
pugno pesante concordato con
Renzi perché non sono più concessi errori,
Adesso la strategia renziana
appare più definita e punta tutta
la posta sulla riuscita della legge. Senza metterlo nero su bianco in fondo va bene il patto proposto da Angelino Alfano: unioni
sì, adozioni no. Il governo procede come se la stepchild non ci fosse perché l'interesse primario è
portare a casa i diritti delle coppie omosessuali. Se vengono anche le adozioni, meglio ancora:
sarebbe un grande successo del
Pd. Ma da settimane alcuni consiglieri del premier ripetono che
non si consumeranno drammi di
fronte all'ipotesi del no alla stepchild.
Il rinvio dei voti alla prossima
settimana consente di cercare
un compromesso con la Lega contro gli emendamenti ostruzionisti, i soliti 5000 commi ideati da
Roberto Calderoli. Solo così il Pd
cancellerà il suo "canguro", la
proposta che spazzerebbe via le
modifiche delle opposizioni.
Dunque, la squadra renziana si
divide in questo modo: il capogruppo Zanda lavora alla pace
con il Carroccio necessaria per
scongiurare il caos in aula; Ettore Rosato e Luca Lotti invece cominciano a verificare i numeri
del Senato. Con uno scouting già
testato prima dell'Italicum e della riforma costituzionale. Tenendo da parte la stepchild adoption, che andrà come andrà. Sulle unioni civili invece occorre trovare una maggioranza sicura.
Per prima cosa: va tenuto insieme il gruppo con buona pace
di Lepri che ieri ha convocato
una riunione dei cattodem alla
vigilia dell'assemblea ma ha verificato la diserzione di alcuni nomi forti. Si lavora su chi non con-
Il Pd non conta più sul
M5S. Oggi nuova
riunione dei cattolici
democratici
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divide l'idea di «cercare più una
vittoria di principio che la vittoria della politica», su «chi cerca
visibilità anziché lavorare a
un'intesa», «su chi usa la stessa
violenza in nome della fede usata dai fanatici del mondo gay».
Parole che rimbalzano tra alcuni
cattolici come il senatore Giorgio Pagliari e i deputati Alfredo
Bazoli e Falvia Nardelli.
Seconda cosa: Lotti e Rosato
consultano colleghi negli altri
gruppi. In Ala (19 senatori) prevale la linea di Denis Verdini, favorevole anche alle adozioni. In
Forza Italia 6 sei senatori sono
pubblicamente a favore delle
unioni. Nel voto segreto potrebbero essere più di 10. Dentro il
gruppo Gal sono sicuri tre voti
ma con lo scrutinio non palese,
paradossalmente, altri potrebbero aiutare il Pd a raggiungere
il traguardo.
Il capitolo 5stelle è a parte. Il
Pd non conta più su quei voti, li
considera aggiuntivi, forse determinanti sull'adozione. Ma ormai non più questo il punto. A
maggior ragione senza l'articolo
sui figli, il voto finale sarà a scrutinio palese e chi oggi, da sinistra, minaccia di far saltare la
legge perché poco coraggiosa sarà costretto a fare marcia indietro, pena una figuraccia proprio
con l'elettorato progressista.
Per Renzi, dicono i fedelissimi, la partita è di quelle win-win,
ovvero comunque vincente sia
con le adozioni sia senza perché
o ne esce trionfatore il Pd o si rafforza la coalizione di governo
scansando le alleanze con i grillini. E il mondo gay a sentire Ivan
Scalfarotto non rimarrà deluso:
«Noi puntiamo all'approvazione
del ddl Cirinnà così com'è. Ma
avremo comunque una vittoria
storica per i nostri diritti».
(dNIPNOOLL>JONE NISFR ATA
PER SAPERNE DI PIO
www.senato.it
www.partitodemocratico.it
Grasso e quell'intesa
che limita i voti segreti:
141
così rispetto la Carta
11 colloqùo con Orlando. In Affla scontro con Giovanardi
di Monica Guerzoni
ROMA «Con l'arbitro schierato
la partita è finita», sospira
sconsolato Gaetano Quagliariello. E un altro nemico della
legge Cirinnà, Mario Mauro, si
aggira per il salone di Palazzo
Madama annotando mestamente due numeri sui taccuini
dei cronisti, 161 e 159. «Siamo
sul filo, ma vinceranno loro.
L'articolo 5 con la stepchild
adoption passerà, nonostante
il voto contrario di Monti, di
Napolitano e di 35 dem. E andrà liscio per il Pd anche il voto
finale».
Le speranze del fronte trasversale che si oppone all'adozione e ai diritti per le coppie
gay si sono infrante in Aula alle cinque della sera. Quando il
presidente Pietro Grasso dopo giorni di patemi e riserbo, trascorsi a compulsare cavillosamente la Costituzione,
il codice civile, il testo della
legge Chïnnà e il regolamento
del Senato - ha stoppato a
sorpresa la richiesta delle opposizioni, che volevano fermare il cammino della legge. Il
problema, per gli ultrà cattolici, è che la scelta di non concedere il voto segreto sul dispositivo congegnato dal leghista
Calderoli piazza una cospicua
ipoteca sull'intera legge. Da
martedì in poi, quando comincerà la battaglia degli
emendamenti, è prevedibile
che Grasso concederà pochissimi voti segreti, proprio come
auspicato da giorni dal capogruppo del Pd, Luigi Zanda.
Affermando che il segreto
non può essere concesso perché «la disciplina delle formazioni sociali dove si svolge la
personalità dell'individuo»,
tra cui le famiglie gay, «trova il
proprio fondamento costituzionale nell'articolo 2» e non
nell'articolo 29 della Carta,
Grasso costruisce una rigida
cornice alle prossime scelte. E
si prepara a sminare il terreno
da gran parte degli ordigni
piazzati dalle minoranze. Gli
attacchi sono veementi, ma lui
tira dritto, convinto di essere
nel giusto. «Ma come - si sarebbe sfogato con i suoi - prima fanno togliere dal testo Cirinnà ogni rimando alla famiglia e poi si arrabbiano se io mi
riferisco all'articolo 2?».
Ieri diversi senatori osservavano come, per la prima volta,
la seconda carica dello Stato
opta per una soluzione tutta
politica, invece che procedurale. E anche se «realpolitik»
non fosse la parola giusta per
segnale la svolta, colpisce
l'inedita sintonia con le ambizioni del Pd. L'intesa con i dem
era prevedibile, vista la dichiarata convinzione di Grasso che
l'Italia debba in fretta «riconoscere piena cittadinanza ai diritti delle coppie omosessuali». Eppure una simile comunione di intenti ha spiazzato le
opposizioni. Giovanardi ha
dato a Grasso del «servo sciocco della maggioranza» e il presidente ha replicato marcando
la distanza dagli umori del Family Day: «La prendo come
una medaglia».
Oltre a Zanda, che tratta nel
partito e con le altre forze politiche, un ruolo decisivo lo ha
avuto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando: oltre a
mediare tra le anime del Pd in
lotta, la scorsa settimana durante una pausa della discus-
sione ha parlato a quattr'occhi
con Grasso. E al Pd c'è anche
chi sottolinea come, tra i pochi
dem ascoltati da Grasso, ci sia
Beppe Lumia, autore di diversi
emendamenti di mediazione.
Ma questa volta, assicurano al
quartier generale del Pd, «non
c'è stato bisogno di fare pressione alcuna sul presidente,
perché marciavamo nella stessa direzione». Dopo le tensioni sulle riforme, il Pd sembra
aver saldato un asse con l'ex
magistrato, che potrebbe mettere fuori gioco le opposizioni.
«Cucù, il presidente non c'è
più!» si sfoga Quagliariello.
Eppure non tutti sono convinti
che la partita sia davvero chiusa a favore di Renzi. È vero che
il 195 a 1o1 di ieri è una vittoria
piena, ma è vero anche che al
Pd stimano in 17o voti l'asticella della maggioranza: una soglia che si raggiunge indicando in «una ventina» i cattodem pronti a strappare. Se invece fossero trenta o più, ecco
che l'asticella scenderebbe a
16o. Anche così si spiega la
cautela del Pd. Piazzando il
«supercanguro» del renziano
Marcucci, che cancella blocchi
di emendamenti, il governo
otterebbe una vittoria facile,
ma a che prezzo? Il testo potrebbe uscirne mutilato, senza
quelle modifiche che riducono il rischio di incostituzionalità. I centristi di Alfano si sentirebbero provocati e gli umori
dei cattodem rischierebbero
di deflagrare. Calma e gesso
allora, sperando che il tempo
(e le mediazioni) conducano
la nave in porto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Aula
Il senatore
di Idea Gaetano
Quagliariello
(nella foto
grande a
sinistra)
interviene sul
ddi sulle unioni
civili sotto
gli occhi
della prima
firmataria,
la collega dem
Monica Cirinnà.
Nelle foto
sotto, in alto,
la senatrice pd
a colloquio con
il presidente
emerito della
Repubblica
Giorgio
Napolitano.
In basso, Carlo
Giovanardi
(Idea), seduto
a fianco
di Roberto
Formigoni
(Ncd) durante
il confronto
in Aula con
Pietro Grasso
(I o B rvegnùGuuiLo(i)
Í
Prima
fanno
levare ogni
rimando
alla famiglia
e poi si
arrabbiano
se io Ini
riferisco
all'art. 2?
Si smetta
con la
melina
Sfidiamoci
civilmente a
viso aperto
senza
ulteriori
perdite
di tempo
Grasso
Marcucci
Con
l'arbitro
schierato
la partita
è finita
Non è
un buon
inizio né
una buona
sensazione
Quagliariello
contra acco
•
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•
"
Non
ROMA. «Non sono certo né Ponzio Pilato,
né don Abbondio». Quando sono ormai le
nove di sera, nel suo studio a palazzo Madama, Piero Grasso può concedersi un
momento che è assieme di stanchezza, di
fastidio, di profonda irritazione. Ma anche di soddisfazione per la giornata e per
il voto in aula. Perché, presidente, cita
chi si lavò le mani e chi non scelse? «Perché io non sono né l'uno né l'altro. Io, in solitudine, ho scelto».
Non vuole polemiche, né tanto meno
produrne, alla vigilia di settimane che,
nella gestione dell'aula, si preannunciano molto difficili. Ma con il cappotto addosso e la borsa in mano per tornare a casa- «Stasera sono stanco, devo ammetterlo» - Grasso si produce in una smorfia
amara e quasi dice tra sé e sé: «Se avessi
convocato la giunta per il regolamento,
come mi hanno rimproverato di non aver
fatto, sarebbero stati pronti a lanciarmi
l'accusa di essere un Ponzio Pilato, proprio com'è avvenuto in passato». Ma
adesso le rimproverano di essere un giudice parziale, un cattivo giudice quindi ...«E si permettono di dire a me questo
proprio oggi? Ma lo sanno che giorno è oggi?...».
"Ho deciso da solo. Se avessi
convocato la giunta, allora sì
che me ne sar e i l vato le mani.
Ma non è stato così"
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r} /
"Io giudice parziale? E me lo
dicono proprio nel giorno del
trentesimo anniversario del
maxiprocesso alla mafia?"
PRESIDENTE
Pietro Grasso, presidente
di Palazzo Madama
Pi
w,/ i i
Già. Che giorno era ieri per Piero Grasso? Non era assolutamente un giorno come tutti gli altri. Esattamente trent'anni
fa, da giovane magistrato, Grasso vestiva la toga di giudice a latere del famoso
maxi processo a Cosa nostra. Era il 10
gennaio del 1987. Una data che ha cambiato profondamente la sua vita e quella
della sua famiglia. Da allora una protezione armata è entrata a far parte fissa delle
sue giornate.
Ecco, la polemica sarebbe a portata di
mano, anche con toni accesi. Ma Grasso
non vuole acuire lo scontro con chi in aula
lo ha accusato di imparzialità, i Calderoli,
i Quagliariello, i Giovanardi. In questo
momento gli sta a cuore altro, l'obiettivo
è condurre in porto la discussione sul ddl
Cirinnà senza sbavature istituzionali.
Quale sia l'opinione di Grasso sulle unioni civili non è un mistero. Basta scorrere
la rassegna delle sue interviste per sco-
lato
prirlo. Ma lui non vuole confondere la sua
opinione personale, con la conduzione
dell'aula, proprio come farebbe «un arbitro imparziale», «come un giudice», che
giudica i fatti indipendentemente da come la pensa.
E qui si gioca la seduta di ieri e i giorni
che l'hanno preceduta. Grasso sa da meno di 48 ore che cosa andrà al voto e quale
sarà l'oggetto della richiesta di uno scrutinio segreto. Com'è accaduto tante volte,
quando in aula c'è da prendere una decisione difficile, Grasso piglia le carte, si isola, e studia. Lo ha fatto anche in questo caso. Sulla sua scrivania il disegno di legge
Cirinnà, la Costituzione, con gli articoli
sulla famiglia opportunamente evidenziati. E ancora, la decisione della Consulta sulle unioni, il codice civile, e da ultimo
il regolamento del Senato. Nessun colloquio politico, neppure con il Pd, il suo partito. Una valutazione squisitamente tecnica che lo porta a bocciare la via del voto
segreto. Nessuno, fino al momento in cui
legge le quattro pagine di motivazione,
sa come la pensa. A chi lo accusa di aver
preso una decisione «politica» risponde:
«Non mi conoscono. Si dimenticano che
ho fatto il giudice». E da giudice, carte alla mano, Grasso ha deciso.
(dNIPNOOLL>JONE NISFR ATA
0 La Nota
di Massimo Franco
UN--PREMIER
-----------------------------------------------------------------------CONDIZIONATO
DALLA PAURA
DI STRAVINCERE
La tregua al Senato è finita prima ancora
di cominciare. E la prima votazione ha
avuto un esito trionfale per il governo:
195 voti contro la proposta del leghista
Roberto Calderoli e dell'ex ministro
Gaetano Quagliariello di non discutere
nemmeno gli articoli della legge sulle unioni
civili, che ne ha raccolti appena gi. Lo scarto
con le opposizioni era un'enormità. In teoria,
avrebbe consentito di accelerare e chiudere la
partita addirittura entro oggi, forse. Tanto più
che il Carroccio ha fatto di tutto per
moltiplicare gli emendamenti, e sgambettare la
maggioranza.
Insomma, non ha esitato a provocare,
attaccando ruvidamente lo stesso presidente
del Senato, Pietro Grasso, accusato di non
essere un arbitro imparziale. Ma di colpo
sembra quasi che Palazzo Chigi abbia deciso di
frenare. Nessun voto prima di martedì
prossimo. Inviti a «sfidarsi lealmente» da parte
del capogruppo del Pd, Luigi Zanda, ai suoi
parlamentari; e il monito a evitare «una deriva
verso una roulette» sui voti. Al punto che
comincia a spuntare il sospetto di una riforma
depurata da quell'adozione dei bambini da
parte delle coppie omosessuali, fonte di
tensioni trasversali.
Eppure, fino a qualche giorno fa Renzi
appariva convinto e soprattutto deciso a
vincere, anzi a stravincere: superando tutte le
obiezioni, alleandosi col Movimento 5 Stelle, e
ghigliottinando la pletora delle modifiche
leghiste. Poi, sabato scorso Beppe Grillo ha
inviato il suo «post» eontestatissimo dalla base
del M5S sulla possibilità di votare secondo
coscienza. Palazzo Chigi ha lasciato capire che
le adozioni non sono esattamente il cuore della
legge firmata dalla senatrice pd Monica
Cirinnà.
Così, dopo che ieri Grasso ha spiegato
perché non concedeva lo scrutinio segreto per
gran parte delle votazioni, il governo ha
rallentato la corsa. Il Pd ha chiesto una pausa,
come se sperasse ancora in un'intesa per
evitare il muro contro muro. E nella confusione
che regna sovrana ci si comincia a chiedere se e
quanto stiano influendo sulla decisione finale i
sondaggi; i rapporti tra i Dem e il Nuovo
centrodestra di Angelino Alfano, recisamente
contrario alle adozioni; e l'attendismo di una
Chiesa che aspetta di capire quale sarà la
ricaduta finale di questa girandola di proposte.
Può darsi che nelle prossime ore ritorni la
volontà di accelerare e chiudere la partita.
Eppure, la sensazione è che i fattori in campo
siano più numerosi di quanto appaiano: non
tanto dentro ma fuori dal Parlamento. E i tempi
si allungano. Si voterà dal pomeriggio del t6
fino al M. Poi potrebbe esserci una sospensione
e un ulteriore rinvio. Intanto restano in piedi
circa cinquemila emendamenti. Se è così, sarà
un'approvazione al rallentatore. E offrirà colpi
di scena e manovre che esulano dal merito
della riforma. Ma questo si era capito da tempo.
© RI'RDDUZ:DRE R O' RVATO
linea sottile
sulle adozioni
ULLE unioni civili l'ora X si
avvicina lentamente, fra
un rinvio e l'altro, ma si avvicina. E con essa il momento di
decidere su aspetti controversi, forse non componibili.
SEGUE A PAGINA 31
LA LINEA SOTTILE SULIE ADOZIONI
UL piano politico si capisce che il destino della legge Cirinnà ruota intorno a tre interrogativi in cerca di risposta. Il primo è: cosa vuole veramente il Pd? Una limpida e inequivocabile
vittoria laica oppure un risultato che dia
qualche soddisfazione alle ragioni dei cattolici?
Secondo punto. Renzi è davvero tranquillo sullo stato della maggioranza ovvero
teme qualche strascico dopo il "sì" alla legge o magari dopo il suo affossamento? E infine: quanto
pesa la constatazione che
sulle adozioni del figliastro,
o meglio del figlio del partner, l'opinione pubblica è divisa? Una frattura che riguarda in buona misura l'opinione cattolica, ma non in modo esclusivo: i sondaggi,
come pure il sentire comune, indicano che
esistono parecchie perplessità sul punto
specifico delle adozioni. Anche perché non
sono pochi a temere che questo aspetto della legge apra la porta al cosiddetto "utero
in affitto" (all'estero, ovviamente, perché
in Italia la pratica è e resta illegale).
Le tre questioni sono intrecciate. Ma la
premessa è che oggi in Senato c'è senza
dubbio una maggioranza favorevole al riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali. Intesi non come un vero e proprio
matrimonio - così lo stesso Mattarella
aveva sottolineato -, bensì come un deciso passo avanti nella legislazione italiana,
in modo di poter rispondere ai solleciti
dell'Unione europea dimostrando che abbiamo colmato il fossato. Quei 195 senatori contro 101 che a voto palese (deciso dal
presidente Grasso) ieri hanno respinto la
pregiudiziale Calderoli-Quagliariello per il
non passaggio all'esame degli articoli sono
la prova evidente che l'assemblea è consapevole delle proprie responsabilità. In molti può esserci un mero calcolo elettorale,
ma i più sono convinti di dover riaffermare
l'eguaglianza dei diritti come caposaldo
della civiltà giuridica.
E chiaro che i 195 non costituiscono una
maggioranza pura e semplice a favore del
testo Cirinnà. Tutt'altro: esistono fra i senatori punti di vista diversi e non poche zone d'ombra. Ma chi ha votato per procedere all'esame di una legge così densa sotto
l'aspetto etico, è disposto a valutarla con
attenzione e quasi certamente ad approvarla almeno in parte.
Renzi vuole tenere alta la bandiera laica
ed è per questo che nelle tattiche parlamentari dell'ultim'ora ha concesso ben poco ai cattolici, in questo caso i cattolici di
area Pd e in seconda battuta quelli che si
riuniscono nell'area Alfano: solo tre emendamenti su cui sarà ammessa la libertà di
coscienza. Riguardano, come si può intuire, il nodo delle adozioni. Di conseguenza i
cattolici ieri sera non potevano essere contenti. Tuttavia nelle ultime ore il premier
ha usato parole dure contro 1"'utero in affitto". Segno che avverte il problema e si
premura di tracciare un netto discrimine:
oggi si discute per estendere i diritti a chi
ne è privo, tutelando i bambini che ci sono, e non per concedere scorciatoie surrettizie su cui le coscienze sono tuttora molto
diffidenti. In sostanza Renzi ha lanciato
un messaggio ai cattolici e lo ha fatto nel
momento in cui sul piano parlamentare li
ha lasciati insoddisfatti.
Il cammino della legge resta impervio.
Conseguenze sul governo non ce ne saranno perché l'intesa con Alfano è solida. Eppure è evidente che il testo finale potrebbe
fotografare divisioni e ferite non semplici
da rimarginare. Ecco perché Renzi in fondo è più prudente di quel che sembra. Da
un lato tiene d'occhio le manovre astute di
Grillo, dall'altro si preoccupa dell'opinione
pubblica. Concede poco ai centristi
nell'ambito parlamentare, tuttavia è attento a non scontentare troppo l'elettorato moderato e cattolico - ma non solo cattolico - che nutre parecchi dubbi sulle
adozioni e vedrebbe volentieri la bocciatura di questo punto specifico. Se ciò accadesse, di certo il premier non si straccerebbe
le vesti.
-PRODUZIONE RISERVATA
POTERI TRABALLANTI
LA SOLITUDINE DEL
NUMERO UNO
II presidente emerito Napolitano , poi il Corriere
della Sera. Ma anche i diplomatici , la magistratura,
i servizi segreti e l'alta burocrazia . Si moltiplicano
i segnali di allarme per Matteo Renzi.
di Alessandro Giuli
oc toc toc toc. Preannunciato da una valchiria scatenata chiamata Lady Spread, il destino bussa alla
porta di Matteo Renzi e lui farebbe bene a tendere
l'orecchio , auscultare la terra e prepararsi a battagliare nel polverone dei nemici che s'avvicinano.
Non quelli già sconfitti, o asfaltati come gli piace
dire: non gli esodati, i professori precarizzati, i
precari naturalizzati via Jobs act, la minoranza piddina
e gli altri orfanelli sindacalizzati di una sinistra passata
a peggior vita, e cioè la carne da macinato di cui s'è
nutrita la «narrazione» politica dell'invincibile Renzi.
E nemmeno i berlusconiani o i Cinque stelle, buoni
per giocare ai due forni in tempo di pace . Ma la pace si
conquista , e stavolta c'è poco da affabulare.
In questi rintocchi non aleggia la solennità d'una
sinfonia beethoveniana , ma intorno al presidente del
Consiglio si affastellano brutti presagi . L'ultimo è giunto
lunedì 8 febbraio , con l'intervista di Giorgio Napolitano
a Repubblica . Proprio lui , il presidente emerito che ha
assistito inerte alla trasformazione di Silvio Berlusconi in
un esule in patria , l'ex comunista che ha messo a riposo
il capo della vecchia ditta diessina , Pier Luigi Bersani, e
che ha usato e smaltito Enrico Letta nel bidone dei non
riciclabili . Insomma l'artefice primo della fortuna renziana, oggi senatore a vita, ha mollato al giovane Renzi
un paio di sculacciate.
Matteo Renzi,
41 anni,
presidente
dei Consiglio
e segretario
del Pd.
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POTERI TRABALLANTI
Al presidente del Consiglio che cercava di arringare i dirigenti dell'eurosocialismo per scagliarli contro
Angela Merkel in vista del Consiglio europeo, il gran
coalizionista Napolitano ha ricordato che senza il popolarismo a trazione berlinese non si va da nessuna
parte. Alla lettera: «È inimmaginabile qualsiasi svolta
senza e contro Berlino». Sembrava di ascoltare Mario
Monti quando, all'indomani del pasticciaccio che a
fine 2011 lo condusse a Palazzo Chigi, vantava d'essere
un'anima germanica in corpo di tecnocrate. E in effetti
qualche analogia esiste, a cominciare dal riaffacciarsi
minaccioso di Lady Spread. Coincidenze sataniche? Nulla è più parlante di una smentita: Napolitano non vede
analogie con i fatti del 2011, ma soltanto perché «Renzi
si giova di una maggioranza stabile e l'opposizione è
frantumata». L'importante è non sfidare i Panzerfaust
nord-europei. Non chiamatelo «pizzino» o «toccatina di
polso», ma insomma...
Perché la prima guerra di Renzi non si combatte a
Roma ma a Berlino e Bruxelles , lì dove nascono le inique leggi sulle perdite bancarie (bail-in), lì dove vengono
setacciati i decimali del nostro deficit possibile, lì dove
mal si sopporta il debito pubblico che l'Italia pretende
di spacciare sul mercato.
Ed ecco allora una sequenza di rintocchi giungere
dal Corriere della Sera, nientemeno: il quotidiano di
via Solferino che il principato renziano credeva d'aver
bonificato con l'arrivo di Luciano Fontana al posto di
Ferruccio de Sortoli, quello che ammoniva contro il
refolo graveolente di massoneria penetrato a Palazzo
Chigi. Macché. Nelle due ultime settimane il Corsera ha
riservato le particolari attenzioni al bullismo renziano.
La prima con Paolo Mieli, direttore emerito ed editorialista stimato nel mondo finanziario che pesa, il quale
ha riperticato in prima pagina il suo galateo accigliato
contro «la tentazione di insistere nell'assunzione di
posture baldanzose», ricordando al premier quanto
«valgano poco o niente le lodi che ci diamo da noi»
e come diventi «disdicevole presentarsi nei consessi
internazionali battendo i pugni sul tavolo».
Poi, con le stesse parole, è intervenuto il direttore in
carica Fontana, e lo ha fatto dal palcoscenico cui Renzi
è più sensibile, la trasmissione di Fabio Fazio Che tempo
che fa, una Leopolda televisiva settimanale. Infine, riecco
Mieli a guastare il martedì grasso renziano con un altro
fondo aspro nel quale irride i colpi a salve sparati dal
premier contro l'Europa tecnocratica e
ricorda ai suoi adulatori dell'Unità che
la deriva italiana «è provocata dai nostri
debiti, dalle nostre mollezze , dalle nostre astuzie, dai
nostri rinvii». Altro che flessibilità.
La Merkel, i mandarini europei... Napolitano... il
quotidiano dell'establishment ... Complotto in vista?
Per ora è la mano padronale che cerca di rammendare
le intemerate della scapigliatura renziana , in sincrono
con le legnate da fondo campo che Jean -Claude Juncker
riserva ogni giorno alle espettorazioni magniloquenti di
Renzi («toni maschi e virili», minimizza paterno il presidente della Commissione europea ). Quando i renziani
si dicono fra loro che «la democrazia è sopravvalutata»,
come recita l'aforisma totemico dei disintermediatori
devoti a House of cards, il peggio da temere è una norma
salva-banche cucita su misure strapaesane . Quando invece la stessa frase comincia a circolare fra le boiseries
dei banchieri centrali e fra gli elmetti d'acciaio berlinesi,
anche la democrazia plebiscitaria renziana può cominciare a traballare . E la Troika s'avvicina.
Matteo Renzi con l'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano.
i(RENZI Si GIOVA 01 UNA MAGGIORANZA STABILE MA È
INIMMAGINABILE QUALSIASI SVOLTA SENZA E CONTRO BERLINO))
Giorgio Napolitano
Nel frattempo il principe fiorentino, partito in avanscoperta con lo scolapasta in testa, è riuscito a inimicarsi
la retroguardia dei corpi intermedi e burocratici. C'è
poco da stare allegri, con la Consob e Banca d'Italia
immusonite dal tentativo di farne un capro espiatorio
degli obbligazionisti maltrattati dai salvataggi selettivi
della politica.
E non va meglio alla Farnesina, dove una diplomazia d'antico lignaggio un tempo si faceva garante della
politica in cerca di accredito internazionale - ricordate il
ministro Renato Ruggiero voluto dalla famiglia Agnelli
nel governo Berlusconi del 2001? - e oggi deve ingollare
la nomina dell'ex montezemoliano Carlo Calenda alla
guida della Rappresentanza italiana a Bruxelles.
C'è un idem sentire, rabbuiato e gravido di rancori,
che attraversa i Palazzi che contano, come Palazzo
Spada dove il Consiglio di Stato s'è visto stravolgere
forma e sostanza di un protocollo finora intonso in virtù
del quale i consiglieri suggeriscono al governo cinque
nomi degni di presiedere il Consiglio, su base gerarchica
dettata dall'anzianità, e il governo ratifica. Fino a che
Renzi non ha deciso con uno dei soliti «oplà» di scegliersi
il presidente di suo gusto.
Aggiungici i servizi segreti, pozzo sacro in cui ogni
servitore della patria impara a rimestare il torbido sapendosi protetto dalla ragion di Stato, se è vero che a
guardia del pozzo rischia di arrivare l'amico di famiglia
Marco Carrai, a capo dell'agenzia per la ciber-security.
Serve altro, per descrivere i mormorii funesti che s'addensano nelle retrovie del potere renziano? Ci sarebbe
giusto la magistratura. Si è detto e scritto molto sulle
tensioni che attraversano la linea di faglia tra Palazzo
Chigi e l'Anm, il sindacato dei magistrati che a marzo
rinnoverà vertici e Consiglio direttivo. Nel Csm si fanno
largo nomi promettenti come il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi; in Parlamento tornerà presto a
viaggiare la riforma del processo penale, con il governo
che pretende la delega sul dossier intercettazioni.
Non si può dire che dall Anm giungano venti di pace,
visto che fra i candidati al trono c'è Piercamillo Davigo,
ex stella cometa nel pool di Mani pulite, ora consigliere
in Corte di cassazione e fondatore della corrente Autonomia e indipendenza. Interrogato giorni fa dal Tempo
sulle differenze nei rapporti con Berlusconi e con Renzi,
Davigo l'ha messa giù così: «Rispondo con una citazione
biblica: a ogni giorno basta la sua pena». Ma in confronto
alle pene che s'affollano alla porta di Renzi queste sono
■
carezze.
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SCENAI ITALIA
Il caso Rossi-Boschi?
Gran segreto al Csm
Il Consiglio indaga su incompatibilità e omissioni
del procuratore di Arezzo. Ma chiude nei cassetti
tutte le carte. E apre indagini sulle «fughe di notizie».
Palazzo dei marescialli l'agitazione è palpabile . Nessuno, ormai , riesce a nascondere il
disagio . Due storie di copertina di Panorama
hanno rivelato i dettagli delle indagini svolte
tra 2010 e 2014 da Roberto Rossi, procuratore
di Arezzo , su Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena , ministro delle Riforme . Mettendo
in luce tutto quello che al Consiglio superiore della
magistratura non aveva raccontato lo stesso Rossi,
oggi titolare del delicato fascicolo sul crac di Banca
Etruria . Cioè l'istituto aretino di cui papà Boschi è
stato vicepresidente fino al febbraio 2015.
Sembrava un banale caso d'incompatibilità, destinato a un'archiviazione. S'è trasformato in un
mezzo mistero di Stato . Il comitato di presidenza del
Csm, guidato da Giovanni Legnini , ha infatti deciso di
porre il segreto sulla pratica Rossi, avviando anche un'inchiesta interna sulla fuga
di notizie. L'inviolabilità riguarda soprattutto la relazione di una trentina di pagine
inviata ai primi di febbraio dalla Procura
generale di Firenze alla prima commissione
del Csm, quella che per l'appunto si occupa di procedimenti disciplinari. E sarebbe
stata voluta da Legnini, vicepresidente
a
dell'organo che governa la magistratura,
Pier Luigi Boschi,
già vicepresidente nonché già sottosegretario all'Economia
di Banca Etruria e
nel governo Renzi.
padre dei ministro
Top secret, quindi . Ma cosa c'è di
dele Riforme
tanto riservato in quel documento? Un
Maria Elena.
elenco di procedimenti archiviati: notizie,
quindi, ormai divulgabili. Se non fosse per l'illustre
imputato: Pier Luigi Boschi. Il banchiere che Rossi,
sentito dalla prima commissione, sosteneva di non
avere mai conosciuto. Fino al 20 gennaio 2016: il
giorno in cui Panorama ha invece rivelato che il pm
aveva indagato e poi chiesto l'archiviazione di Boschi
senior per turbativa d'asta, estorsione e dichiarazione
infedele. L'inchiesta, partita nel 2010, riguardava la
compravendita della Fattoria di Dorna, un grande
podere vicino ad Arezzo.
A
Roberto Rossi,
procuratore
La relazione della Procura generale di di Arezzo : indaga
sul crac Banca
Firenze aggiunge però un nuovo tassello
Etruria ed è
all'intrigo. Rossi ha omesso di riferire di un indagato dal Csm.
altro procedimento aperto su Boschi, sempre per dichiarazione infedele . Il magistrato iscrive
il padre del ministro nel registro degli indagati nel
dicembre 2008 . E a luglio del 2009 chiede l'archiviazione, accolta nel settembre 2009 . Ma pochi mesi più
tardi, nel gennaio 2010, indaga nuovamente Boschi
per l' acquisto di Dorna . In sintesi: Rossi ha avviato
quattro procedimenti contro Boschi. Tutte circostanze
rese note solo dopo le rivelazioni di Panorama.
Negli atti inviati al Csm vengono però citati anche altri sei fascicoli aperti, a partire dal 2000, dalla
Procura di Arezzo sull'ex vice presidente di Banca
Etruria . I reati contestati sono : appropriazione indebita, violazione della sicurezza sul lavoro , frode in
commercio, omissione dei versamenti contributivi.
Tutti i procedimenti sono chiusi . Meno l' ultimo, avviato il 12 dicembre 2014. La richiesta d' archiviazione
è del 18 dicembre 2014, ma il giudice non ha ancora
deciso. Il reato contestato resta ignoto . Per invalicabili questioni di segretezza .
(Antonio Rossitto)
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Carrai, Open
e l'affare
dei farmaci
con la Sapienza
t+._
L) El
.....................
1 "Giglio magico" entra
alla Sapienza di Roma
per fare affari coi farmaci. Lo ha fatto tramite una società in
cuisiintrec//
ciano per
sone vicine al premier come Marco
"
Carrai e Alberto Bianchi,
esponenti di spicco
dell'industria farmaceutica e del mondo accademico. Si tratta della KCube,
creata il28 novembre 2014
e protagonista di un accordo per sfruttare commercialmente i brevetti e le ricerche realizzate dall'ateneo romano. Il presidente
del cda è Carrai, proprietario del 10%. Nel board
con lui anche il presidente
della fondazione Open Alberto Bianchi; il tributarista vicino al Pd Tommaso
Di Tanno, ex sindaco di Mps coinvolto nell'indagine;
e infine Flavio Maffeis, titolare del 20% delle azioni
evicepresidentedellaFarbanca, società della Popolare di Vicenza specializzata nei finanziamenti nel
settore sanitario. Maffeisè
anche l'ex presidente della Glaxo spa (società italiana della multinazionale)
arrestato nel 1993 per
"Farmatangenti", da cui è
uscito il 19 maggio 1997
patteggiando la pena per
corruzione. Dall'accordo
con l'ateneo si evince che
l'azienda "ha interesse
nell'investire nel settore
farmaceutico e nelle nuove tecnologie attraverso la
costituzione di start up",
mentre la Sapienza "è interessata a mettere a frutto
le ricerche già realizzate e
quelle che potranno essere realizzate anche in futuro". Permetterà così alla
KCube di "visionare il proprio portafoglio brevetti, i
progetti e le ricerche" per
poi avviare insieme le start
up. In cambio la KCube
dovràpagare alla Sapienza
le spese per registrare e
mantenere il brevetto,
quelle per le attività fatte
nei locali messi a disposizione dall'universitàe delle royalties del 10% nel caso in cui Carrai&Co. possiedano più del 25% delle
start up. Per quanto riguarda gli eventuali profitti della vendita di queste
ultime, l'ateneo otterrà unaquotafissadell'1,3%euna quota variabile fino al
6% in base al "plusvalore
realizzato sulle dísmissioni di ciascuna".
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Scenari
ITALIA ECONOMIA MONDO FRONTIERE CULTU
L'idea di Panoramm
arriva in Parlamento
Chi viene assolto non dovrebbe pagare l'avvocato:
già presentate le prime proposte di riforma del Codice.
ei stato accusato di un reato e sei stato assolto?
E allora, esattamente come ogni giorno accade
in altri 32 Paesi europei , anche in Italia lo Stato
deve pagarti l'avvocato . La proposta , lanciata
sull'ultima copertina di Panorama, sta incontrando favore . Carlo Nordio , procuratore aggiunto
a Venezia , dice che è più che corretta : « Ne sono
convinto da anni» aggiunge . «Invece di sprecare tempo
con inutili leggi sulla responsabilità civile dei magistrati,
lo Stato dovrebbe rimborsare le spese legali al cittadino
che ha incriminato e assolto con formula piena. È una
questione di giustizia : con il discutibile principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, lo Stato dà ai pubblici
ministeri il dovere d'indagare ; ma ha anche l'obbligo di
risarcire l'avvocato all'innocente che senza alcun motivo
ha dovuto affrontare spese legali , spesso elevate».
Ma la proposta di Panorama piace anche in Parlamento . Al Senato Gabriele Albertini, in commissione
Giustizia per l ' Ncd, ha già depositato una proposta di
riforma dell' articolo 530 del Codice di procedura penale:
«Chiedo che il giudice che riconosce un cittadino pienamente innocente debba contemporaneamente condannare lo Stato a rimborsargli tutte le spese di giudizio»
afferma l' ex sindaco di Milano . «Panorama ha ragione:
è un principio sacrosanto e sto già raccogliendo le firme
di altri senatori , anche di altri partiti».
Alla Camera si sono mossi per primi i deputati Jole
Santelli e Antonio Palmieri , di Forza Italia : « Qui sono
in gioco il principio di equità e il principio della responsabilità dello Stato» dice Santelli . «Un'assoluzione piena,
anche là dove magistrato e giudice hanno agito corretta-
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Spese legali: la proposta sulla copertina di Panorama.
mente, non può comunque lasciare un danno economico
al cittadino che è stato imputato ingiustamente».
Anche il Movimento 5 stelle sta ipotizzando di fare
una sua proposta: «La tesi di Panorama mi pare molto
convincente» dice Francesca Businarolo , membro della
commissione Giustizia «e con altri deputati del MSs stiamo valutando se proporre un emendamento alla riforma
del Codice di procedura penale». (Maurizio Tortorella)
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f4FERSRPERNE Di PIÙ
www.legarrorcforg
wsnx.frateïti-ítatia.it
Amministrative, lite nel centrodestra
Parisi si candida a Milano. Ma sul suo nomee già scontro. La coalizione si spacca anche a Roma. Salta la
candidatura di Rita Dalla Chiesa. Torna in pista l'ipotesi di Bertolaso. Salvini fa saltare il vertice sulle elezioni
ROMA. Il nome di Rita Dalla Chiesa balla
un solo giorno. Anzi meno. La candidatura lanciata da Giorgia Meloni per Roma
viene impallinata nel giro di qualche ora
da Matteo Salvini. Già in mattinata il leghista lascia trapelare la sua «irritazione» per il «metodo» con cui è stata gestita la faccenda e dà forfait al vertice della
sera con la stessa Meloni a casa di Berlusconi. La pentola del centrodestra salta
così per aria nella Capitale, proprio nel
giorno in cui da Milano matura l'atteso
via libera del manager Stefano Parisi alla sua candidatura.
Sarà lui, patron di Chili tv
ed ex direttore generale nella
giunta Albertini, a sfidare
Giuseppa Sala, portandosi
dietro tutto il centrodestra
compreso l'Ncd milanese. «Sarà un sindaco di altissimo livello» esulta e tira un sospiro
di sollievo Silvio Berlusconi.
Parisi è più cauto: «Una scelta
difficile perché implica un profondo cambiamento di vita e
professionali. Ma la spinta arriva dal largo consenso attorno al mio nome». Il risultato è
l'inedita sfida tra due manager al loro esordio in politica.
Ma per una grana che si risolve, un'altra esplode a Roma. Rita Dalla Chiesa annulla l'incontro in programma con Berlusconi, ringrazia tutti e fa
un passo indietro. Il leader di Forza Italia osserva stizzito il duello Meloni-Salvini. «Stanno facendo tutto loro, sembra
di osservare una partita a tennis in cui si
tirano bordate con violenza» osserva
amareggiato nel chiuso di Palazzo Gra-
zioli. Il vertice decisivo conta di riconvocarlo a breve, al più i primi della prossima settimana. «Tocca ancora una volta
a me trovare una soluzione che metta
d'accordo tutti», ha confidato ai suoi, sicuro di poterla spuntare. Come? Ripiegando su Guido Bertolaso, a dispetto del
ritiro dell'ex capo della Protezione civile
per "ragioni familiari". «Si, mi è stato
chiesto di ripensarci- ammette l'interessato in queste ore - ma ho cose più serie a
cui pensare rispetto ai teatrini della politica romana». L'ex premier
torna alla carica, sebbene l'
ex sottosegretario opponga
resistenza dopo i tentennamenti di Salvini sul suo nome
legati ai processi ancora aperti. Francesco Storace, già in
corsa, ieri è stato ricevuto da
Berlusconi e gli ha ripetuto
che non si farà da parte, anche qualora venissero candidati Marchini o Bertolaso.
In serata Salvini perde la
pazienza per gli impicci romani: «Di riunioni ne abbiamo
fatte abbastanza, facciamo le
primarie: ci sono 5 o 6 persone disponibili, scelgano i romani». Fdi accetta subito la
sfida. Ma Berlusconi continua a non volerne sapere.
Intanto Fi scompare dal Comune della vecchia roccaforte di Bari: lascia anche l'ultima consigliera, Irma Melini,
commissario in città appena sostituita
da Francesco Sisto. Lascia menando fendenti: «Il collegio? Non sono in minigonna, Berlusconi non l'avrebbe dato a me»
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Mii.ANO. Gli amici lo definiscono un "primo della classe" che
ha sempre voluto riuscire in tutto. Altri, più maliziosamente, lo
descrivono come un "camaleonte di talento". Un uomo per tutte le stagioni, dato che nella sua
ormai lunga carriera è riuscito
a collaborare con governi di diverso colore politico. Da Giuliano Amato, che lo chiama nel
1992 come capo del dipartimento degli Affari economici di
Palazzo Chigi. Lo stesso governo del prelievo dei sei per mille
sui depositi bancari. Rimane
con Carlo Azeglio Ciampi fino a
Silvio Berlusconi nel 1994 e
sempre con incarichi di rilievo.
Classe 1956, Stefano Parisi
da studente universitario era vicino al Garofano di Bettino Craxi. Dopo la laurea in Economia e
Commercio, lavora all'ufficio
studi della Cgil. Poi passa nella
segreteria tecnica di Gianni De
Michelis quando era ministro
del Lavoro.
Fu il trampolino di lancio. Dopo qualche lustro Parisi si trasforma in "falco" degli imprenditori. Prima come city manager nella prima giunta milane-
se guidata da Gabriele Albertina. Quella famosa per il "patto
per Milano" sulla flessibilità
che segnò lo strappo con la Cgil.
Nel 2000 la Confindustria lo
chiama a Roma come direttore
generale durante la presidenza
di Antonio D'Amato. Sono gli
anni in cui la Cgil riesce a portare in piazza tre milioni di persone a difesa dell'articolo 18.
L'amicizia di Parisi con Berlusconi comunque si rafforza. Nel
frattempo, diventa professore
incaricato alla facoltà di Economia e Commercio dell'università Statale di Milano e dal 2001
siede nel board of Garantors
dell'Italian Academy della Columbia University di New York.
Tre anni dopo inizia la sua
prima avventura imprenditoriale nelle telecomunicazioni
con Fastweb, di cui diventa sia
amministratore delegato che
direttore generale. Nel 2007,
viene solo lambito nell'inchiesta Fastweb - Telecom Italia
Sparkie, che porta all'arresto
del patròn della società Silvio
Scaglia, poi assolto dal tribunale di Roma. Parisi, invece, riceve un avviso di garanzia, ma la
sua posizione alla fine è stata archiviata. «Avrebbero potuto archiviare nel giro di quindici
giorni - dichiara allora - invece
ci sono voluti tre anni».
Nel 2011, fonda Chili, la televisione che consente di guardare film e video in streaming. La
concorrenza, però, è spietata e
Parisi si ricorda di Berlusconi.
Così quando l'ex Cavaliere lo
contatta per la candidatura a
sindaco di Milano, prima nicchia, ma poi non resiste.
3 RIVRGIJU<IONE RISER ATA
«Mi candido a gridare Milano
Dalla Lega a Lupi, tutti con me»
Il manager: stimo W. Expo, ma subirà la subalternità a Roma e il radicalismo
di Elisabetta Soglio
tefano Parisi ha deciso:
«Mi candido a sindaco.
Ho sentito forte intorno
a me il consenso e la coesione di un centrodestra ampio, che va da Salvini a Berlusconi, da Fratelli d'Italia a Maurizio Lupi con Ncd e penso che
Milano sia una città ricettiva
dove potrò mettere a servizio le
molte esperienze che ho fatto
nella mia vita e nella mia carriera». Cinquantanove anni,
romano, dal '97 a Milano con
moglie e due figlie, un passato
che vanta fra l'altro la guida a
Palazzo Chigi del Dipartimento
di economia per un quinquennio, dal governo Amato al governo Prodi; l'esperienza di city
manager a Palazzo Marino con
l'allora sindaco Gabriele Albertini; la direzione di Confindustria e poi di Fastweb fino alla
nascita di Chili, la nuova piattaforma italiana di video. Si era
fatto il suo nome per Palazzo
Marino durante una cena ad
Arcore, nel dicembre scorso e
lui lo scoprì dai giornali: «La
mia prima risposta a Berlusconi fu che non potevo, per motivi di lavoro».
Cosa è cambiato?
«Avevo bisogno di capire co-
Il passato
«Tutto quello che oggi
fa parlare di "miracolo
Milano" è nato grazie
ad Albertini e Moratti»
me potevo organizzare Chili e
poi volevo essere certo ai avere
un consenso ampio da parte
della coalizione che mi dovrà
sostenere. Soprattutto le garanzie avute da chi mi sosterrà
mi hanno spinto a rompere gli
indugi».
Cosa succederà a Chili?
«Ero molto preoccupato
perché è una start up nata da
poco, cui tengo molto: ha sede
alla Bovisa, ci lavorano una
sessantina di giovani e gli azionisti che hanno investito qui
volevano essere certi che questa mia decisione non provocasse ricadute negative. Ma abbiamo studiato una soluzione
organizzativa che presenteremo nei prossimi giorni e che
mi lascia tranquillo: Giorgio
Tacchi, l'amministratore delegato e fondatore e gli altri manager la guideranno nel suo
percorso di crescita, con il pieno supporto degli azionisti».
Una soluzione con l'intervento di Silvio Berlusconi?
«Assolutamente no, Mediaset e Chili sono concorrenti».
Chi glielo fa fare di mettersi in questa corsa?
«Ho riflettuto molto perché
questa decisione cambia i miei
orizzonti: ma credo che si debba reagire a questo senso di
rassegnazione nei confronti
della politica. Quando ero giovane, per me la politica era un
valore e dobbiamo tornare a
portare positività intorno all'azione amministrativa: possiamo farlo partendo da Milano, che è una città piena di risorse».
Con il centrodestra? Non è
una coalizione che ha perso
troppi consensi a Milano?
«Il centrodestra ha perso
oggettivamente terreno e dal
2011 a Milano molta gente è delusa e ha smesso di votare.
Questo esperimento credo ci
consentirà di ricostruire una
maggioranza moderata, aperta
anche al mondo riformista e liberai democratico di questa
città, che ha voglia di liberare
le energie positive. Guardo anche all'esperienza che sta facendo Corrado Passera: siamo
amici e ha fatto un grande lavoro di analisi che deve trovare
casa in questa coalizione».
State pensando a un accordo prima del voto?
«Spero che troveremo un
percorso per lavorare insieme».
Un'idea per Milano?
«Dobbiamo riprendere a
pensare al futuro di Milano come fecero le giunte Albertini e
Moratti: tutto quello che oggi
fa parlare di "miracolo Milano", dalle riqualificazioni di
Porta Nuova all'Expo, è nato lì.
E ho paura che quando arriveremo in Comune troveremo i
cassetti della giunta arancione
vuoti di progetti. Dobbiamo
costruire una Milano aperta,
globale, libera e creativa».
Gabriele Albertina si era
presentato come «amministratore di condominio»: sarà il suo modello?
«Aggiungeremo anche una
visione di insieme aperta al futuro. In linea di massima bisogna però occuparsi della vita
quotidiana delle persone, perché la buona amministrazione
viene dalla qualità dei servizi e
dalla buona organizzazione. E
poi questo amministratore
avrà a che fare con un condominio digitale: è inaccettabile
che il Comune, che ho lasciato
15 anni fa, abbia ancora 130
banche dati che non parlano
fra di loro. Digitalizzare vuole
dire maggiore efficienza e trasparenza».
Il suo profilo non è troppo
simile a quello del suo avversario, Giuseppe Sala?
«Veniamo da esperienze di
lavoro in parte simili, lo stimo
ed è possibile trovare punti in
comune nei nostri programmi. Ma c'è una differenza fondamentale».
Quale?
«Il nostro disegno di una
città libera e aperta trova l'appoggio e il consenso pieno della mia maggioranza. Sala invece dovrà fare i conti con il radicalismo di sinistra e la forte subalternità a Roma: sentiremo
molti annunci che non potrà
concretizzare, come ha dimostrato il recente caso degli scali
ferroviari, un progetto di sviluppo saltato perché a Pisapia
è mancato il voto di un pezzo di
maggioranza».
Sala è molto più popolare
di lei a Milano: un problema?
«Quando Albertini si candidò non lo conosceva nessuno:
ma ha vinto, è stato rieletto ed
è ancora oggi molto amato dal
milanesi».
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Chi é
Ho trovato
la soluzione
per la mia
Chili e potrò
lasciare
l'azienda.
Mediaset
non c'entra,
resterà una
società
concorrente
Qui si può
ricostruire
una maggioranza
moderata
Con
Passera?
Spero che
troveremo
un percorso
per lavorare
insieme
Bisogna
tornare a
pensare
al futuro
della città
Ho paura
che in
Comune
troveremo
i cassetti
vuoti
• Stefano
Parisi, 59 anni,
romano, è
patron di Chili
Tv, società
italiana
pioniera dei
cinema in
streaming
Ha
conosciuto il
Comune di
Milano dal di
dentro avendo
ricoperto
l'incarico di city
manager dal
1997 al 2000
con il sindaco
Gabriele
Albertini
• Dal '92 al '97
è stato a capo
dei dipartimento di
Economia di
Palazzo Chigi
con cinque
governi diversi
• Dal 2000 al
2004 è stato
direttore
generale di
Confindustria
sotto la
presidenza di
Antonio
D'Amato. Dal
2004 al 2007 è
stato
presidente di
Fastweb
Roma, Berlusconi e Sal
1 1
bocciano l'idea chi Meloni
F Dalla Chiesa si fa da parte
Salta il vertice. FI rilancia Bertolaso. Il leader leghista: ora primarie
MILANO «Piuttosto mi butto nel
Tevere». Matteo Salvini il sanguigno ieri mattina così rispondeva a chi gli chiedeva del
summit del centrodestra previsto per il pomeriggio. Silvio
Berlusconi il moderato avrebbe invece scolpito la seguente
frase: «Questa di Rita Dalla
Chiesa è una cazz... della signora Meloni». Risultato, il
vertice è saltato insieme alla
candidatura della conduttrice
televisiva.
Se il centrodestra si toglie il
peso di Milano con Stefano Parisi, per la Capitale nelle ultime ore tutto è andato al peggio. Al punto che, forse per
l'eterogenesi dei fini, Salvini
ieri è tornato a evocare l'ipotesi
delle primarie che piacciono
al Fratelli d'Italia: «Se intorno
a un tavolo non si riesce a trovare il nome di un candidato a
sindaco per Roma, meglio allora fare le primarie nella città». Città al singolare. Giorgia
Meloni le vorrebbe dappertutto: «Chiedo a Berlusconi e a
Salvini di stilare insieme le regole per fare le primarie in tutte le principali città italiane».
Anche se gli interessati non
parevano particolarmente
bendisposti nei suoi confronti. Tanto che tra Salvini e gli alleati non c'è stata neppure una
telefonata.
Il caso era nato su Rita Dalla
Chiesa, della quale la leader di
FdI aveva raccolto la disponibilità. Salvini l'aveva presa male:
«Possibile che debba saperlo
dal telegiornale?». Inoltre, nell'intervista al Tgi - che Salvini
ritiene sollecitata al direttore
Mario Orfeo dalla stessa Meloni - Dalla Chiesa non lo aveva
neppure menzionato, citando
soltanto Berlusconi e Meloni.
«E comunque - spiega un
collaboratore di Salvini - Meloni ha fatto il nome della
giornalista soltanto perché era
stata criticata per aver bocciato Marchini». L'imprenditore
che ai padani non dispiace affatto e che Salvini definisce un
nome «spendibile». Poi ci sarebbe l'ipotesi Irene Pivetti,
che conferma: «Sì, me lo hanno chiesto». Maurizio Gasparri la boccia con un tweet: «Mo'
basta scherzi». Che fa il paio
con l'altro: «Mercoledì delle
ceneri. Carnevale è finito».
Gasparri, insieme allo stato
maggiore di Forza Italia a Roma (Antonio Tajani, Francesco
Giro, Davide Bordini, Claudio
Fazzone) è andato a palazzo
Grazioli da Silvio Berlusconi,
spingendo sulla candidatura
di Marchini («se vince, fa il
1, sindaco dieci anni: divisi si
perde», dice Gaspatxi). Dall'ex
premier anche il leader de «La
Destra» Francesco Storace,
che è pronto a correre comunque. Berlusconi, invece, spera
ancora di convincere Guido
Bertolaso, che aveva ritirato la
sua disponibilità, causa la nipotina malata. E ora? La repli-
I ca dell'ex capo della Protezio-
ne civile, da Londra, è secca:
«Ho vicende ben più importanti da seguire dei teatrini romani». Le hanno chiesto di ripensarci? «Sì, ma tutto dipenderebbe da un consulto medico a fine settimana, non credo
compatibile coi tempi della
politica». Non è detto, visto
che si registra una pausa di riflessione nel centrodestra. Lo
stesso Berlusconi è pronto ad
aspettare: «Non c'è fretta. Potremmo anche vedere come
vanno le primarie Pd il 6 marzo: l'attesa li innervosisce». Vale anche per il centrodestra,
però.
Marco Cremonesi
Ernesto Menicucci
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.mazza
Ieri il leader
della Lega Nord
Matteo Salvini
è intervenuto
a un presidio
in piazza
Montecitorio
organizzato
dal Sindacato
autonomo di
polizia. «La
sicurezza in
Italia fa schifo»,
ha commentato
(LaPresse)
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