Autorità di Bacino del Fiume Arno Rassegna stampa di giovedì 11 febbraio 2016 ID Data Quotidiani Categoria Ambito Titolo articolo 14 11-feb-16 La Repubblica Sentenze Firenze Confermate le condanne per la Scuola Marescialli Selvatici Franca 3 11-feb-16 La Nazione Lavori pubblici Firenze Doppio senso, ma nessuno lo sa. Traffico caos in viale Guidoni e il controviale rimane deserto Capanni Claudio 21 11-feb-16 Corriere della Sera Cronaca Firenze Tre milioni per curare subito Sollicciano Storni Jacopo 21 11-feb-16 La Stampa Cronaca Firenze Firenze, in fila per il vaccino: “O paghi o ripassi ad aprile” 21 11-feb-16 Il Tirreno Cronaca Toscana Allarme meningite, Saccardi: i vaccini ci saranno per tutti 21 11-feb-16 Corriere della Sera Cronaca Toscana Meningite, la caccia al vaccino 19 11-feb-16 La Nazione Ambiente Paterno Ex cava, le analisi sono tutte da rifare. Nuovo campionamento di 'polverino' 11 11-feb-16 Corriere della Sera Politica Unioni civili, 195 no allo stop. Ma al Senato il Pd prende tempo Arachi Alessandra 11 11-feb-16 La Repubblica Politica Unioni civili. E il premier freni i dissidenti: “Questa legge va approvata con o senza la stepchild” De Marchis Goffredo 11 11-feb-16 Corriere della Sera Politica Unioni civili. Grasso e quell'intesa che limita i voti segreti: così Rispetto la Carta 11 11-feb-16 La Repubblica Politica Il contrattacco di Grasso: “Non sono Ponzio Pilato né don Abbondio” 11 11-feb-16 Corriere della Sera Politica Unioni civili. Un premier condizionato dalla paura di stravincere 11 11-feb-16 La Repubblica Politica La linea sottile sulle adozioni Folli Stefano 11 11-feb-16 Panorama Politica Renzi. La solitudine del numero uno Giuli Alessandro 11 11-feb-16 Panorama Politica Il caso Rossi-Boschi? Gran segreto al Csm 11 11-feb-16 Il Fatto Quotidiano Politica Giglio magico. Carrai, Open e l'affare dei farmaci con la Sapienza 11 11-feb-16 Panorama Politica L'idea di Panorama arriva in Parlamento 11 11-feb-16 La Repubblica Politica Amministrative, lite nel centrodestra 11 11-feb-16 Corriere della Sera Politica Milano Parisi. “Mi candido a guidare Milano. Dalla Lega a Lupi, tutti con me” Soglio Elisabetta 11 11-feb-16 Corriere della Sera Politica Roma Roma, Berlusconi e Salvini bocciano l'idea di Meloni. E Dalla Chiesa si fa da parte Cremonesi Marco Giornalista Corbi Maria Gori Giulio Guerzoni Monica Milella Liana Franco Massimo Rossitto Antonio Giambartolo mei Andrea Tortorella Maurizio L. C. Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 1 11/02/2016 Ricorsi respinti: peri dirigenti Balducci e De Santis fu corruzione FRANCA SELVATICI L processo per l'appalto della Scuola Marescialli dei Carabinieri di Castello si è concluso martedì con quattro condanne definitive per corruzione aggravata. La Corte di Cassazione ha infatti respinto i ricorsi dei due ex dirigenti ministeriali Angelo Balducci e Fabio De Santis e dei costruttori Riccardo Fusi (Btp) e Francesco Maria De Vito Piscicelli (quello che rideva la notte del terremoto dell'Aquila). Approda così a condanna definitiva, a conferma del «sistema gelatinoso» che per anni ha inquinato i lavori pubblici, il primo dei molti capitoli dell'inchiesta sulla cricca delle Grandi Opere, avviata e sviluppata a Firenze dall'ex procuratore Giuseppe Quattrocchi, dai sostituti Giuseppina Mione, Giulio Monferini e Luca Turco e dal Ros Carabinieri, e trasmessa poi a Roma per competenza. Secondo le accuse, confermate in tutti i gradi di giudizio, l'ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci e il suo braccio destro Fabio De Santis nominato nel 2009 provveditore alle opere pubbliche di Firenze dal ministro Altero Matteoli su sollecitazione di Denis Verdini (che per questo è attualmente sotto processo per corruzione) - asservirono le loro funzioni pubbliche agli interessi dell'imprenditore Riccardo Fusi, con l'intermediazione interessata dìPiscicelli. ILI Scuola MarE. cialli: la C <D .A.PRIMADICRDNAC.A FUSI era stato estromesso dall'appalto per la costruzione della immensa Scuola Marescialli di Castello, affidato ad Astaldi. Un arbitrato gli aveva riconosciuto il diritto a un indennizzo ma l'imprenditore toscano, convinto di aver subito una ingiustizia, voleva riprendersi i lavori. Secondo le accuse, in cambio di favori e di nomine interessate Balducci e De Santis «misero a sua disposizione le loro funzioni pubbliche», «al punto -ha scritto il tribunale - che paiono aver agito in preda ad interessi talora indistinguibili da quelli del privato corruttore». Forse il progetto sa- rebbe andato in porto se il 10 febbraio 2010 - esattamente sei anni fa - Balducci e De Santis non fossero stati arrestati. Per tutti e due la condanna, ormai definitiva, è di 3 anni e 8 mesi di reclusione. Dato che hanno trascorso diversi mesi in custodia cautelare ora potrebbero evitare il carcere e chiedere l'affidamento in prova. Per Piscicelli la condanna è di 2 anni e 8 mesi. Per Fusi 2 anni (pena sospesa). Analizzando le intercettazioni che documentano le manovre di Balducci e De Santis per aiutare Fusi a riconquistare l'appalto, i giudici ne censurano la sistematica «violazione dei doveri di fedeltà, correttez- ione confe za e imparzialità», definiscono le loro condotte come «protezione globale» degli interessi del privato corruttore e come «corruzione per asservimento della funzione pubblica per denaro o Il costruttore voleva riprendersi l'appalto del campus dal quale era stato estromesso altre utilità» e sottolineano «la necessità di punire con sanzioni più gravi le ipotesi di infedeltà persistente del pubblico ufficiale in un momento in cui si assiste sempre di più a inquietan- La Scuola Marescialli durante i lavori a econdanne ti e stabilizzate forme di infedeltà diffusa nell'ambito della pubblica amministrazione». Martedi in Cassazione il sostituto procuratore generale Maria Francesca Loy ha chiesto la conferma delle condanne, mentre si sono battuti per l'accoglimento dei ricorsi gli avvocati Sandro Traversi e Sara Gennai per Fusi, Matteo e Marcello Melandri per Piscicelli, Alfredo Gaito per De Santis e Gabriele Zanobini , Roberto Borgogno e Franco Coppi per Balducci. La sentenza del collegio della sesta sezione penale, presieduta da Giacomo Paoloni, è arrivata a tarda notte. (f.s.) 3 RIVRGIJU<IONE RISER ATA IL NUOVO ASS ETTO DE L T opp o senso IC V LI ma nessuno lo sa . Traffico caos in viale Guïdonï E il controvíale n* mane deser to D ï , CONTROVIALE Guidoni, buona la prima ma in pochi lo sanno. Da un lato il serpentone di auto in coda lungo viale Guidoni, col muso che punta il Palagiustizia. La velocità di crociera alle 10.30 di ieri era da stillicidio: un metro al minuto. Dall'altro il paradiso con la corsia del controviale (lato negozi) sempre nella stessa direzione, praticamente deserta. Infilarla avrebbe voluto dire arrivare in un baleno sull'uscio del polo universitario. Eppure la scorciatoia inaugurata due giorni da Palazzo Vecchio in viale Guidoni parla chiaro: nel tratto del controviale Torre degli Agli-Allori, anziché in direzione uscita dalla città (come è stato per l'ultimo anno) il senso di marcia torna verso il Palagiustizia. Con una novità. Il tratto finale da via Valdinievole a via Allori diventa a doppio senso. UNA PACCHIA per chi smonta dall'autostrada e vuole dribblare il traffico volando in poco tempo verso via Forlanini, il mercato ortofrutticolo, l'università o il Palagiustizia. Ma ieri a farlo sono stati in pochissimi. Il risultato è stato il solito mucchio selvaggio sulle corsie centrali del vialone e il vuoto pneumatico nel controviale. «La modifica - spiega l'assessore alla Mobilità del Comune di Firenze, Stefano Giorgetti - è in vigore da pochissimo tempo ma ci auguriamo che in questi giorni i fiorentini ci prendano la mano. Intanto abbiamo ottenuto riscontri positivi da parte dei negozianti che, in questa maniera, si garantiscono un maggior flusso di clienti rispetto a quanto è avvenuto in passato». E ALLORA ecco le istruzioni per raggiungere il controviale per chi arriva dall'AU, dall'Autostrada del Sole o dal ponte all'Indiano: prima di tutto percorrere viale degli Astronauti, poi infilare viale Guidoni e «uscire» alla rotonda di via Garfagnana. Quindi percorrerla per 180 gradi fino a girare nel controviale Guidoni. L' i mmissione permetterà di arrivare dritti dritti al Palazzo di Giustizia, evitando il traffico del vialone lungo la monocorsia riaperta dal Comune. Unica precauzione: prima di puntare il controviale meglio buttare un occhio trecento metri più avanti assicurandosi che in molti non abbiamo già fatto la stessa scelta. Il nuovo semaforo installato nel controviale all'incrocio con via Valdinievole col compito di «spezzare» il nuovo doppio senso di marcia, infatti ha il rosso piuttosto pesante . Ma, pistola alla tempia, vale la pena tentare e scegliere l'ingorgo minore. Claudio Capanni Ieri mattina in viale Guidoni si viaggiava verso il centro città a circa un metro al minuto Tre oni per curare subito Sollicciano Il capo delt ' ' Lero visiLail carcere: grazie ai fondi docce in ogni cella, nuovo lei lo, più spazi esterni e maLelassi Una doccia in ogni cella, nuovi tetti impermeabili antiinfiltrazioni, triplicazione dei passeggi esterni, nuova cucina e nuovi materassi. In arrivo profonde ristrutturazioni nel carcere di Sollicciano, uno degli istituti penitenziari più degradati d'Italia. Ad annunciarle Santi Consolo, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria italiana, al termine del lungo incontro di ieri pomeriggio nel carcere fiorentino, un importante sopralluogo con la nuova direttrice arrivato all'indomani delle ispezioni ministeriali dello scorso ottobre e del drammatico guasto al riscaldamento che, pochi giorni fa, ha lasciato al gelo centinaia di detenuti per quasi una settimana. Condizioni critiche, quelle all'interno di Sollicciano, per cui il ministero della Giustizia si è impegnato con uno stanziamento di 3 milioni di euro soltanto per il2oi6, una grossa fetta dei 13 milioni di euro complessivi destinati a tutte le carceri italiane nello stesso anno. Tra i cambiamenti più importanti, è prevista l'installazione di una doccia in ogni cella. Una vera e propria rivoluzione, che consentirà a tutti i reclusi di lavarsi all'interno della cella, dove attualmente ci sono soltanto un piccolissimo lavandino e un wc. Ristrutturazione in vista anche per i tetti. Secondo quanto concordato durante l'incontro di ieri, saranno ristrutturate le coperture per una superficie totale di 6 mila metri quadrati, rendendo i tetti impermeabili alle infiltrazioni. Sono proprio le infiltrazioni a costituire uno dei più grandi problemi dell'istituto penitenziario fiorentino, una struttura degradata dall'umidità e dalla muffa in vari tratti di soffitti e pareti. Un lavoro, quello sui tetti, nel quale sono impegnati, oltre a tecnici specializzati, anche alcuni detenuti-lavoratori del carcere. Fra i progetti che riguardano le coperture, c'è anche quella di dotare i tetti di pannelli solari attraverso l'utilizzo di fondi europei. Cantieri presto aperti, come annunciato dal capo del Dap, anche per il risanamento degli intonaci e per l'ampliamento dei passeggi esterni, dove i detenuti possono incontrare i propri familiari e trascorrere qualche ora della giornata all'aperto. L'idea è quella di triplicare questi spazi, valorizzando ulteriormente anche le attività sportive del carcere come il rugby. In standby da molto tempo c'è anche la costruzione della seconda cucina, opera per cui sono già stati stanziati i fondi, ma i lavori non sono mai partiti. «Partiranno a breve», hanno assicurato i vertici del Dap dopo l'incontro. Oltre agli interventi per le aree detentive, sono previsti lavori anche per le aree riservate agli agenti penitenziari, tra cui il rifacimento dei servizi igienici ob- soleti e la sostituzione della rubinetteria, oltre che la ristrutturazione della palestra. Sarà riqualificata anche la videosorveglianza (per scongiurare evasioni, come già accaduto in passato) e il meccanismo elettronico dell'apertura delle porte automatiche. Durante la visita, Santi Consolo ha incontrato anche alcuni detenuti, oltre alla nuova direttrice del carcere, i garanti dei reclusi e il cappellano di Sollicciano, Don Vincenzo Russo, che si è detto soddisfatto dell'esito della riunione: «Ho parlato a Consolo a nome dei detenuti e ho ottenuto risposte soddisfacenti, chiare e decise. Siamo fiduciosi e speriamo in un reale cambio di passo nel carcere fiorentino». Consolo si è soffermato a lungo anche nella sezione femminile, dove ha raccolto le lamentele delle detenute, che nei mesi scorsi avevano scritto una lettera in cui denunciavano la presenza di sporcizia e topi nelle celle. «Abbiamo già provveduto alla derattizzazione ha detto il capo del Dap - E presto arriveranno nella sezione femminile 5o nuovi materassi». «La presenza di Consolo è stata un segnale importante per riprendere il discorso sulla radicale ristrutturazione di cui ha bisogno Sollicciano», commenta Eros Cruccolini, garante dei detenuti della Toscana. Il cappellano Russo Abbiamo ottenuto risposte precise Speriamo in un reale cambio di passo delle condizioni dell'istituto Jacopo Storni © RIPRODUZIONE RISERVATA Is l9l l ' > i ;1fflulA1, ; Firenze, in fila per il vaccino "0 paghi o ripassi ad aprile" Polemiche per i ritardi della Regione: ha varato il piano di prevenzione ma manca la delibera per somministrarlo gratis anche agli over 45 ei ha più di 45 anni? Allora ci dispiace ma se vuole vaccii narsi deve pagare 60 euro». Ore 12, Firenze, azienda sanitaria 10, presidio S. Rosa, al banco delle informazioni una fila preoccupata di persone, cerca risposte sulla vaccinazione antimeningite. In molti gli over 45 visto che anche per loro, residenti nella area della Asl toscana centro, il vaccino da due giorni sarebbe gratuito, se non fosse che ancora ieri mancava la firma nella delibera regionale. «Incredibile, prima ci dicono che c'è un'emergenza, che rischiamo la vita e poi e se la prendono comoda per firmare un pezzo di carta», dice Elvira, 29 anni, che non ci pensa proprio a mettere mano al portafoglio e decide di tornare un'altro giorno. Altri invece rimangono e si prenotano al Cup. «Ho troppa paura», dice Neva, «quando si tratta della salute non si scherza». E che non si scherzi lo dimostra la decisione di Ministero e Regione di vaccinare gratuitamente tutti i cittadini di qualsiasi età che vivono nell'area della Asl Toscana Centro, corrispondente alle province di Firenze, Prato e Pistoia e i comuni del Valdarno Inferiore nella provincia di Pisa. Per le altre aree della Toscana sopra i 45 anni ci sarà una riduzione del ticket. Ai cittadini preoccupati per la mancanza delle dosi di vaccini risponde l'assessore al diritto alla salute della Regione Toscana Stefania Saccardi; «Sono in arrivo dosi di vaccino sufficienti per far fronte a tutte le necessità della nostra regione. Ho avuto assicurazione in questo senso dall'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, che, come annunciato ieri nel corso dell'incontro al ministero, sta lavorando per reperire le quantità di vaccino necessarie e negoziare i prezzi». I vertici della Usl che stimano di poter vaccinare «nei prossimi 5 mesi il 70% della popolazione» residente nelle province di Firenze, Prato e Pistoia che ancora non è stata vaccinata (oltre 1 milione e 200 mila persone). Ma fino ad allora chi non vuole aspettare dovrà rivolgersi al privato e pagare 90 euro di vaccino, oltre al medico. Il dato nuovo di questa epidemia (anche se gli esperti si rifiutano di chiamarla così) è che colpisce gli adulti. Salvi i bambini e i giovani che sono già stati sottoposti a vaccinazione. E infatti nelle scuole non si respira agitazione. Davanti alla elementare Montebello, pochi passi dalla Leopolda, un capannello di signore aspetta i figli: «l'importante è che i bambini siano tutti vaccinati, e la scuola deve pretenderlo. Per adesso siamo tranquille». Esiste una sola via per la prevenzione: la vaccinazione, come spiega Chiara Azzari, immunologa. «Se i bambini e gli adolescenti non fossero stati vaccinati i casi sarebbero stati molto più numerosi. Avremmo avuto allora si una vera epidemia». Ed è lei che qui all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze con la sua squadra ha inventato e brevettato un sistema di diagnosi batteriologica molecolare grazie al quale si può individuare il batterio responsabile della meningite in maniera sicura e soprattutto rapida. Perché il tempo può essere nemico o amico in questa battaglia visto che questi germi sono capaci «rapidamente di dare malattie più gravi della meningite», spiega l'esperta. «Per esempio la sepsi, quan- do il batterio entra in circolo nel sangue e si moltiplica». E mentre la meningite (confinata solo al cervello) è mortale nel 7,5 per cento dei casi, la sepsi è mortale nel 20 per cento dei casi. Ed è la responsabile delle morti qui in toscana. Il test molecolare permette di individuare il dna del batterio nel sangue o in qualsiasi liquido biologico e la risposta arriva subito, in 45 minuti. E anche l'organismo mondiale per lo studio delle malattie infettive, il Cdc di Atlanta, ha chiesto al Meyer suggerimenti sul metodo. La professoressa Azzari spiega che questa moltiplicazione dei casi di meningite in Toscana può essere dovuta proprio a questo nuovo test capace di rilevare in maniera rapida e sicura l'infezione «mentre con il vecchio metodo della coltura la meningite era sottostimata di almeno tre volte». O BY NC ND-UNI DIRITTI RISERVATI Ho avuto precise assicurazioni dall'Agenzia italiana del farmaco, che sta lavorando per reperire le quantità di vaccino necessarie e negoziare i prezzi Stefania Saccardi assessore al la salute della Regione Toscana I germi sono capaci rapidamente di dare malattie più gravi della meningite. Se bambini e adolescenti non fossero stati vaccinati avremmo avuto allora una vera epidemia Chiara Azzari immunologa ospedale pediatrico Meyer milioni Le persone delle province di Firenze, Prato e Pistoia ancora da vaccinare minuti Il tempo occorrente per individuare il virus con l'innovativo esame molecolare inventato all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze pri ma l inea L'ospedale pediatrico Meyer di Firenze, il cui test ha evidenziato l'aumento di casi di meningite in Toscana Firenze Cerreto Guidi Bagno a Ripoli Campi Bisenzio Empoli FIRENZE 20 Lastra a Signa Montelupo Fiorentino Pontassieve Vinci AREZZO 3 GROSSETO 1 LUCCA Massa 2 --------------------------------------------------------------------- Camaiore 1 Capannori Lucca Stazze ma Buggiano Chiesina Uzzanese Monsummano Terme Montale ------ 1_ 1 1 1 PRATO MASSA CARRARA 21.836 LIVORNO 12.520 SIENA 11.893 EMPOLI 33.247 VIAREGGIO 12.186 TOTALE VACCINATI 258.562 Allarme meningite Saccardi: i vaccini ci saranno per tutti «Ci stiamo attivando per fare fronte a una richiesta superiore ai normali consumi di vaccini contro la meningite. Questo ci impone di cercarli, e lo stiamo facendo insieme ad Alfa, sul mercato internazionale . Dalle notizie in mio possesso non dovremmo avere crisi di mancanza di vaccini e le nuove quantità ci consentiranno di risolvere le liste di attesa». Lo ha detto l'assessore toscano al Diritto alla salute Stefania Saccardi, parlando con i giornalisti della vaccinazione antimeningite. <d medici pediatri di base hanno aderito in modo quasi totale alla campagna vaccinale - ha aggiunto •, siamo intorno al 90%. La percentuale è più bassa, intorno al 50% con i medici di medicina generale. Contiamo di risolvere rapidamente questo problema, non appena arriveranno le dosi necessarie che già ci stanno dicendo che sono disponibili sul mercato internazionale. Dovrebbe essere questione di pochi giorn i». Per Saccardi «le procedure amministrative in questi casi sono abbastanza rigorose perché si immette nel nostro Paese un medicinale che deve avere tutti i requisiti di sicurezza. t solo un problema di burocrazia, che stiamo provando a risolvere rapidamente anche grazie all'Alfa». La Regione cerca di fronteggiare il boom di richieste. Saccardi: dosi in arrivo entro la fine della settimana Mernnte, la caccia al vaccino Farmaci e medici ' famiglia a secco. Ore al telefono con l'Asl per il servizio gratuito Entro la fine della settimana, annuncia la Regione, arriveranno 140 mila dosi di vaccini. Ma per coprire l'assalto a Cup, medici di famiglia e farmacie ne serviranno altri. Sono a secco infatti le farmacie fiorentine e anche molti fra i medici di famiglia. alle pagine 2 e 3 Gori, Passanese Sanità Farmacie e medici di famiglia a secco. «Abbiamo solo il B, ma non lo vogliono» Saccardi: nuove dosi entro la se"-nana. Da mercoledì le esenzioni e g li sconti Meningite, a chi mancano i vaccini Abbiamo avuto rassicurazioni dalla Agenzia nazionale del farmaco Riusciremo a far fronte a tutte le richieste «Sono in arrivo dosi di vaccino sufficienti per far fronte a tutte le necessità della nostra regione». L'assessore regionale alla salute, Stefania Saccardi ha avuto ieri rassicurazioni da Aifa, l'agenzia del farmaco: le prime 140.000 dosi di tetravalente contro la meningite arriveranno in anticipo, non tra dieci giorni ma forse già questo fine settimana. Si tratta del primo pacchetto composto da 100.000 dosi comprate sul mercato estero e 40.000 su quello italiano per rispondere al boom di prenotazioni agli ambulatori Asl da parte dei cittadini spaventati che vogliono l'iniezione. Gratis o a sconto Due le grandi novità annunciate martedì, dopo il faccia a faccia romano col ministro della salute Beatrice Lorenzin: vaccino gratis anche per gli over 45 nelle province di Firenze, Prato e Pistoia (oltre ai 4 Comuni pisani di Santa Croce sull'Arno, San Miniato, Castelfranco di Sotto e Montopoli, che fanno parte dell'ex Asl di Empoli) e vaccino scontato per gli over 45 di tutte le altre province toscane. Le delibere della giunta regionale saranno approvate martedì prossimo: così i provvedimenti entreranno in vigore da mercoledì 17 febbraio. Ieri, all'assessorato regionale alla salute si è discusso di quale sconto applicare nelle province in cui gli over 45 non saranno esentati: si passerà dagli attuali 58 euro di ticket a circa 40. Farmacie a secco Sulla prima partita di dosi in arrivo, gli ambulatori Asl avranno la priorità sui medici di famiglia, molti dei quali ora sono senza vaccino. E a Firenze, uno dei due principali focolai di meningite assieme all'Empolese, le farmacie pubbliche e private sono a secco. «I distributori dicono che saranno disponibili tra 1o o 15 giorni dice Filippo Fucile, della farmacia del Pignone di via Pisana L'aumento della produzione non si fa dall'oggi al domani». Eppure in molti sono senza dosi già da un mese. «In compenso abbiamo i vaccini per la meningite B, ma nessuno li chiede», aggiunge. A forza di ordinazioni fuori porta «anche in altre regioni le dosi iniziano a scarseggiare», spiega Marco Nocentini Murigai, presidente di Urtofar, l'associazione dei farmacisti privati. In via della Vigna Nuova, il dottor Mario Mura è a secco da quindici giorni: «Il distributore mi assicura che le consegne ripartiranno dal 22 febbraio». Nella farmacia comunale di piazza Nazario Sauro non hanno notizie. Ieri pomeriggio, in via Calzaioli nessun vaccino tetravalente, ma avevano a disposizione ancora 3 Menjugate, efficaci solo per il ceppo C, al costo di 72 euro. Numero unico Dopo la riforma della sanità regionale che ha abolito sulla carta le 12 vecchie Asl per creare 3 SuperAsl, «entro pochi giorni» la nuova realtà unica della Toscana Centro (Firenze, Empoli, Prato e Pistoia) dovrebbe finalmente nascere anche nei fatti: il primo passo sarà il Cup unificato. Così, a breve, per prenotare la vaccinazione ci sarà un solo numero di telefono comune. E per un fiorentino sarà possibile accaparrarsi un appuntamento libero in un ambulatorio di Pistoia e viceversa. Obiettivo della nuova organizzazione del- La noviità Per Firenze, Prato e Pistoia è quasi pronto il numero unico per le prenotazioni l'Asl Toscana Centro, sarà la vaccinazione, entro i prossimi 5 mesi, del 70% della popolazione non ancora vaccinata. Intanto, proprio da Firenze, arriva una buona notizia: il ragazzo di 23 annidi Bagno a Ripoli, ricoverato dal 1 febbraio a Ponte a Niccheri per un caso di meningite di tipo C, sta bene e oggi dovrebbe essere dimesso. Caos tra i ori sede È una popolazione di 34.000 ragazzi: sono gli studenti fuori sede, iscritti negli Atenei toscani ma residenti in altre regioni o stranieri, che da qualche giorno hanno ottenuto il diritto alla vaccinazione gratuita. Sembrava fosse sufficiente presentare il libretto universitario, come ad esempio aveva indicato l'Asl pisana, ma gli studenti denunciano sui social che in alcuni ambulatori si sono sentiti chiedere anche la tessera sanitaria che attesti il loro «domicilio sanitario». «Io nella delibera ho scritto che serve la documentazione che attesti che lo studente è fuori sede spiega l'assessore Saccardi Se non è chiaro, vedremo a breve di precisare il testo». Glullo Gorl Antonio Passanese © RIPRODUZIONE RISERVATA II cartello fuori dall'ambulatorio AsI di Capannori La geografia dei casi La mappa dei vaccini Miss3 e Carrara I casi di meningite n Toscana dal 1' gennaio 2015 a ieri Prato Lucca 50 12015 PRP.TO Pistoia Fircnzo PISTOIA INe1201 -* FIRENZE Per provincie 2015 2016* Pisa ,grezzo Per tipologia di batterio iNd2015 1IH2016* Meningococc,) ß Mcningococc W .................................................... Non tipizzato `li e na Livorno 258.562 Le persone che sono state vaccinate n Toscana nell ambito della campagna straordinaria (dati al 31 gennaio 2016) Grosseto A Firenze, Prato e Pistoia da mercoledì vaccini graLis anche gli over 45 Le morti causate dalla meningite 8 Riducibili al gruppo C 1 Riducibili al gruppo Gratis por pli over 45 anche nei comuni di San Miniato Santa Croce sull'Arno, MurinLopuli e CasLellraneo di SoLLo B Fori[(, 'oglorc Icstri , Minslcro dolla S aulc *dalo d,uI 1 ` gcnviaic - In tutto il resto della Toscana gli over 45 avranno uno sconto sul ticket BRACCIO D i FERRO FRA ARPAT E MED LINK ®sl sono V E Nuovo campionamento x 7 EX CAVA di Paterno, sono da rifare le analisi sui sacconi di polverino 500 mesh. Partirà entro pochi giorni una nuova campagna di analisi per determinare con esattezza il contenuto dei 1.800 sacconi di polverino bianco, che quasi tre anni fa furono scoperti all'interno dei capannoni fatiscenti nell'area della ex cava alle pendici orientali di monte Morello. Questo il risultato di un accordo fra l'Arpat e la Med Link, la multinazionale tedesca con sede ad Aulla, che si era resa disponibile a riprendersi in carico i sacconi, sostenendo che avrebbero potuto essere reimmessi nel ciclo produttivo. L'Arpat aveva invece classifi- 1` lVe® ' cato il materiale come rifiuto pericoloso, quindi destinato a finire in discarica. Il contenzioso che si è aperto si risolverà adesso con una nuova ricerca, con costi di smaltimento per centinaia di migliaia di euro. LA NUOVA campagna di analisi, con una campionatura molto più dettagliata di quella che aveva portato alla classificazione precedente, prevede adesso centinaia di analisi. Obiettivo di Med Link è individuare almeno alcuni lotti dell'intera partita che invece che finire in discarica possano essere reimpiegati. Arpat e Med Link hanno messo a La Forestale alla cava di Paterno punto un dettagliato protocollo operativo, frutto di lunghe trattative, e adesso per avviare il nuovo campionamento si attende soltanto il nullaosta della Procura della Repubblica di Firenze a entrare nella ex cava di calce, che è ancora sottoposta a sequestro. Respinto (a scrutinio palese) l'emendamento per bloccare la legge. Slittano a martedì i voti sul testo I cattodem protestano con Zanda per i paletti s2111a libertà di coscienza. E scompare l'ipotesi affido rafforzato Unioni civili, 195 no allo stop Ma al Senato il Pd prende tempo ROMA Il primo scoglio è stato superato. Il Senato ieri pomeriggio ha respinto il «non passaggio al voto» in Aula della legge sulle unioni civili omosessuali. Con un fronte che va oltre tutti i calcoli fatti con il pallottoliere fino ad oggi: 195 voti, contro ioi. Ma la maggioranza preferisce prendere tempo. E così slittano da martedì le votazioni sugli articoli della legge Cirinnà, mentre domani verranno illustrati gli emendamenti sui quali, alla fine, non è stato ri- r Non tiene per ora il patto tra dem e Lega sul ritiro degli emendamenti spettato il «patto fra gentiluomini», quello fra Pd e Lega. Sono quindi ancora in piedi tutti i seimila emendamenti presentati (oltre 5 mila solo dalla Lega) e, soprattutto, rimane in piedi il «supercanguro», quell'emendamento «premissivo» a prima firma del renziano Andrea Marcucci che - ora si scopre - taglierà via moltissimi emendamenti e tra questi il famigerato emendamento dei trenta democratici cattolici che trasforma la stepchild adoption in affido rafforzato. Un taglio che non sarà indolore nel Pd: già nell'assemblea di ieri mattina il cattolico Stefano Lepri si era appellato al capogruppo Luigi Zanda per chiedere di aumentare gli emendamenti sui quali il partito avrebbe lasciato libertà di coscienza. Zanda aveva infatti concesso libertà di coscienza su tre emendamenti, uno soltanto tra i nove presentati dai cattolici. E questo era proprio l'affido rafforzato. Il «supercanguro» lascerà in piedi tutti gli altri emendamenti all'articolo 5 che prevedono una mediazione (l'affido rafforzato è un'alternativa, non una mediazione), tra questi quello firmato dai senatori Pagliari e Marcucci sul preaffido di due anni. P ancora magmatica la situazione in Aula, ma la votazione di ieri ha aperto spiragli di ottimismo fra chi questa legge la vuole ad ogni costo visto che la scelta di andare avanti è stata approvata con una maggioranza che va oltre tutti i calcoli fatti fino ad oggi. La cifra di 195 voti, tradotta, vuol dire: compattezza sostanziale nel Pd, nel Movimento r Stelle, nel gruppo Misto, nelle autonomie e anche nel gruppo Ala, ovvero i verdiniani. Certo: alla fine il presidente Pietro Grasso ha concesso il voto palese su questo che era stato battezzato emendamento «Qua gliariello-Calderoli», (sebbene presentato pure dal senatore di Forza Italia Lucio Malan). E Grasso aveva concesso il voto palese per via di questioni costituzionali: aveva cioè agganciato questa legge all'articolo 2 (che prevede formazioni sociali specifiche) della Costituzione e non al 29 (quello sul matrimonio), suscitando le ovvie proteste di chi questo voto lo aveva sollecitato segreto. Per questo Gaetano Quagliariello, senatore di Idea, stamattina andrà a depositare con alcuni suoi colleghi il ricorso alla Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione relativo a questa legge. Il ricorso è stato firmato da 51 senatori. Il voto segreto sul «non passaggio al voto» lo avevano chiesto in 74. E contro questo voto segreto si era schierato Andrea Marcucci, il più renziano dei senatori del Pd, che questa legge sta difendendo e portando avanti con grande determinazione. Nel suo intervento in Aula ha usato toni chiari: «Smettiamola con la strategia del rinvio, sfidiamoci civilmente a viso aperto senza ulteriori perdite di tempo». La speranza è di riuscire ad approvare la legge prima della fine del mese, prima cioè che arrivi al Senato il decreto milleproroghe in scadenza a febbraio. Alessandra Arachi Ti nuovo istituto per le coppie gay Che cosa prevede il ddi Clrinna La prima parte del disegno di legge Cirinnà, nei primi dieci articoli, definisce un istituto nuovo: le unioni civili, rivolte espressamente alle coppie omosessuali. Due persone maggiorenni costituiscono un'unione davanti a un ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni. Possono decidere di prendere il cognome del partner odi aggiungerlo al proprio oppure non modificare niente. L'unione è registrata nell'archivio dello stato civile e può essere sciolta con le stesse procedure del divorzio. Pensioni, eredita diritti e doveri Le unioni civili sono una «specifica formazione sociale», non sono dunque nozze gay. Ma diritti e doveri sono quelli già presenti nel matrimonio, come l'obbligo alla fedeltà reciproca, alla coabitazione, o all'assistenza morale e materiale: ciascuno contribuisce ai bisogni comuni in base alle proprie possibilità. Ci sono il diritto all'eredità e la reversibilità della pensione. Si applicano alle parti dell'unione civile le leggi in cui compaiono le parole «coniuge» o «coniugi», adozioni escluse Alimenti anche La scelta di avere per coppie di fatto i beni in co La seconda parte del testo, dall'articolo 11, disciplina invece le convivenze di fatto, per coppie che non sono legate né in matrimonio né con un'unione civile: «Due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale». Riguardano tutti, etero od omosessuali. E prevedono diritti e doveri: ad esempio l'obbligo del mantenimento, in caso di fine della convivenza, in misura proporzionale alla durata dei legame. Adozioni solo di figli del partner I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti dei coniugi per le visite in ospedale o in carcere. Il ddl regola anche la permanenza nella casa comune di residenza o il subentro nel contratto di locazione in caso di morte del compagno. E l'inserimento nelle graduatorie per gli alloggi di edilizia popolare. I rapporti patrimoniali possono essere disciplinati da specifici «contratti di convivenza», che possono prevedere la comunione dei beni o altri modi per contribuire alle necessità comuni Per le adozioni è prevista una 0 disciplina a parte, regolata dall'articolo 5 dei disegno di legge. Quello che estende alle coppie omosessuali la stepchild adoption, cioè la possibilità che il membro di una coppia, in questo caso una unione civile, possa essere riconosciuto come genitore del figlio del compagno. Modifica una legge del 1983 che regola l'adozione «in casi particolari» per le coppie etero. Non è permessa, in ogni caso, l'adozione di un bambino per una coppia gay La vicenda Ieri pomeriggio, dopo la commemorazione del Giorno del ricordo, l'Aula ha avviato l'iter di esame del ddl sulle unioni civili Il primo atto è stato siglato dal presidente dei Senato, Pietro Grasso, il quale non ha concesso il voto segreto sul cosiddetto emendamento «QuagliarielloCalderoli» che, di fatto, avrebbe bloccato l'iter legislativo Sul non passaggio al voto in Aula, Palazzo Madama ha respinto la richiesta, sottoscritta da 74 senatori, con 195 voti contrari, 101 a favore e 1 astenuto La conferenza dei capigruppo ha deciso che il voto riprenderà martedì prossimo con la possibilità di ultimare il martedì seguente - -- - - - ------ - - - .... !{` C '' Í iJ ,i i 195 108 34 17 17 16 --------------------------------------------------------------- , L_ » Q m 1, 1i * = V-C Il leader ha chiesto ai suoi uomini di fare scouting e trovare altri senatori pronti approvare il testo . . , i „ a legge va con o senza ia st d T l e // r3 ROMA. Adesso si fa sul serio perché, come dice Matteo Renzi, la «legge deve passare, con o senza adozioni, ma va approvata. Non si scappa». Quindi vanno rimossi gli ostacoli, a cominciare da quellipiazzati dentro al Pd. Laradicalizzazione dei cattodem del Senato non piace affatto al premier. E il messaggio è arrivato, perché anche sui cattolici è iniziato il pressing di Palazzo Chigi, Non solo. Renzi lancia lo scouting anche negli altri gruppi per capire se il ddl Cirinnà rischia di saltare sotto i colpi dei voti segreti. Magari verrà bocciata l'adozione del figlio del partner ma il riconoscimento dei diritti per le coppie gay no, non si deve toccare. Per questo monta l'insofferenza a causa dei rilanci dei senatori cattolici più oltranzisti e non importa che tra di loro siano presenti renziani della prima ora come Stefano Lepri o Rosa Di Giorgi. La linea dura è tutta nell'atteggiamento di Luigi Zanda, che litiga con Lepri, minaccia una votazione nell'assemblea del gruppo Pd che metterebbe a nudo le profonde divisioni nell'ala cattolica (una parte della quale è stufa dei pasdaran) e alla fine concede un armistizio: le votazioni in cui si ammette la libertà di coscienza non saranno limitate a 3 ma arriveranno a 5-6. Mai a 9, come chiedevano gli "integralisti'. Un pugno pesante concordato con Renzi perché non sono più concessi errori, Adesso la strategia renziana appare più definita e punta tutta la posta sulla riuscita della legge. Senza metterlo nero su bianco in fondo va bene il patto proposto da Angelino Alfano: unioni sì, adozioni no. Il governo procede come se la stepchild non ci fosse perché l'interesse primario è portare a casa i diritti delle coppie omosessuali. Se vengono anche le adozioni, meglio ancora: sarebbe un grande successo del Pd. Ma da settimane alcuni consiglieri del premier ripetono che non si consumeranno drammi di fronte all'ipotesi del no alla stepchild. Il rinvio dei voti alla prossima settimana consente di cercare un compromesso con la Lega contro gli emendamenti ostruzionisti, i soliti 5000 commi ideati da Roberto Calderoli. Solo così il Pd cancellerà il suo "canguro", la proposta che spazzerebbe via le modifiche delle opposizioni. Dunque, la squadra renziana si divide in questo modo: il capogruppo Zanda lavora alla pace con il Carroccio necessaria per scongiurare il caos in aula; Ettore Rosato e Luca Lotti invece cominciano a verificare i numeri del Senato. Con uno scouting già testato prima dell'Italicum e della riforma costituzionale. Tenendo da parte la stepchild adoption, che andrà come andrà. Sulle unioni civili invece occorre trovare una maggioranza sicura. Per prima cosa: va tenuto insieme il gruppo con buona pace di Lepri che ieri ha convocato una riunione dei cattodem alla vigilia dell'assemblea ma ha verificato la diserzione di alcuni nomi forti. Si lavora su chi non con- Il Pd non conta più sul M5S. Oggi nuova riunione dei cattolici democratici dent rova ////,.,. i zc • i ? chí1d divide l'idea di «cercare più una vittoria di principio che la vittoria della politica», su «chi cerca visibilità anziché lavorare a un'intesa», «su chi usa la stessa violenza in nome della fede usata dai fanatici del mondo gay». Parole che rimbalzano tra alcuni cattolici come il senatore Giorgio Pagliari e i deputati Alfredo Bazoli e Falvia Nardelli. Seconda cosa: Lotti e Rosato consultano colleghi negli altri gruppi. In Ala (19 senatori) prevale la linea di Denis Verdini, favorevole anche alle adozioni. In Forza Italia 6 sei senatori sono pubblicamente a favore delle unioni. Nel voto segreto potrebbero essere più di 10. Dentro il gruppo Gal sono sicuri tre voti ma con lo scrutinio non palese, paradossalmente, altri potrebbero aiutare il Pd a raggiungere il traguardo. Il capitolo 5stelle è a parte. Il Pd non conta più su quei voti, li considera aggiuntivi, forse determinanti sull'adozione. Ma ormai non più questo il punto. A maggior ragione senza l'articolo sui figli, il voto finale sarà a scrutinio palese e chi oggi, da sinistra, minaccia di far saltare la legge perché poco coraggiosa sarà costretto a fare marcia indietro, pena una figuraccia proprio con l'elettorato progressista. Per Renzi, dicono i fedelissimi, la partita è di quelle win-win, ovvero comunque vincente sia con le adozioni sia senza perché o ne esce trionfatore il Pd o si rafforza la coalizione di governo scansando le alleanze con i grillini. E il mondo gay a sentire Ivan Scalfarotto non rimarrà deluso: «Noi puntiamo all'approvazione del ddl Cirinnà così com'è. Ma avremo comunque una vittoria storica per i nostri diritti». (dNIPNOOLL>JONE NISFR ATA PER SAPERNE DI PIO www.senato.it www.partitodemocratico.it Grasso e quell'intesa che limita i voti segreti: 141 così rispetto la Carta 11 colloqùo con Orlando. In Affla scontro con Giovanardi di Monica Guerzoni ROMA «Con l'arbitro schierato la partita è finita», sospira sconsolato Gaetano Quagliariello. E un altro nemico della legge Cirinnà, Mario Mauro, si aggira per il salone di Palazzo Madama annotando mestamente due numeri sui taccuini dei cronisti, 161 e 159. «Siamo sul filo, ma vinceranno loro. L'articolo 5 con la stepchild adoption passerà, nonostante il voto contrario di Monti, di Napolitano e di 35 dem. E andrà liscio per il Pd anche il voto finale». Le speranze del fronte trasversale che si oppone all'adozione e ai diritti per le coppie gay si sono infrante in Aula alle cinque della sera. Quando il presidente Pietro Grasso dopo giorni di patemi e riserbo, trascorsi a compulsare cavillosamente la Costituzione, il codice civile, il testo della legge Chïnnà e il regolamento del Senato - ha stoppato a sorpresa la richiesta delle opposizioni, che volevano fermare il cammino della legge. Il problema, per gli ultrà cattolici, è che la scelta di non concedere il voto segreto sul dispositivo congegnato dal leghista Calderoli piazza una cospicua ipoteca sull'intera legge. Da martedì in poi, quando comincerà la battaglia degli emendamenti, è prevedibile che Grasso concederà pochissimi voti segreti, proprio come auspicato da giorni dal capogruppo del Pd, Luigi Zanda. Affermando che il segreto non può essere concesso perché «la disciplina delle formazioni sociali dove si svolge la personalità dell'individuo», tra cui le famiglie gay, «trova il proprio fondamento costituzionale nell'articolo 2» e non nell'articolo 29 della Carta, Grasso costruisce una rigida cornice alle prossime scelte. E si prepara a sminare il terreno da gran parte degli ordigni piazzati dalle minoranze. Gli attacchi sono veementi, ma lui tira dritto, convinto di essere nel giusto. «Ma come - si sarebbe sfogato con i suoi - prima fanno togliere dal testo Cirinnà ogni rimando alla famiglia e poi si arrabbiano se io mi riferisco all'articolo 2?». Ieri diversi senatori osservavano come, per la prima volta, la seconda carica dello Stato opta per una soluzione tutta politica, invece che procedurale. E anche se «realpolitik» non fosse la parola giusta per segnale la svolta, colpisce l'inedita sintonia con le ambizioni del Pd. L'intesa con i dem era prevedibile, vista la dichiarata convinzione di Grasso che l'Italia debba in fretta «riconoscere piena cittadinanza ai diritti delle coppie omosessuali». Eppure una simile comunione di intenti ha spiazzato le opposizioni. Giovanardi ha dato a Grasso del «servo sciocco della maggioranza» e il presidente ha replicato marcando la distanza dagli umori del Family Day: «La prendo come una medaglia». Oltre a Zanda, che tratta nel partito e con le altre forze politiche, un ruolo decisivo lo ha avuto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando: oltre a mediare tra le anime del Pd in lotta, la scorsa settimana durante una pausa della discus- sione ha parlato a quattr'occhi con Grasso. E al Pd c'è anche chi sottolinea come, tra i pochi dem ascoltati da Grasso, ci sia Beppe Lumia, autore di diversi emendamenti di mediazione. Ma questa volta, assicurano al quartier generale del Pd, «non c'è stato bisogno di fare pressione alcuna sul presidente, perché marciavamo nella stessa direzione». Dopo le tensioni sulle riforme, il Pd sembra aver saldato un asse con l'ex magistrato, che potrebbe mettere fuori gioco le opposizioni. «Cucù, il presidente non c'è più!» si sfoga Quagliariello. Eppure non tutti sono convinti che la partita sia davvero chiusa a favore di Renzi. È vero che il 195 a 1o1 di ieri è una vittoria piena, ma è vero anche che al Pd stimano in 17o voti l'asticella della maggioranza: una soglia che si raggiunge indicando in «una ventina» i cattodem pronti a strappare. Se invece fossero trenta o più, ecco che l'asticella scenderebbe a 16o. Anche così si spiega la cautela del Pd. Piazzando il «supercanguro» del renziano Marcucci, che cancella blocchi di emendamenti, il governo otterebbe una vittoria facile, ma a che prezzo? Il testo potrebbe uscirne mutilato, senza quelle modifiche che riducono il rischio di incostituzionalità. I centristi di Alfano si sentirebbero provocati e gli umori dei cattodem rischierebbero di deflagrare. Calma e gesso allora, sperando che il tempo (e le mediazioni) conducano la nave in porto. © RIPRODUZIONE RISERVATA Aula Il senatore di Idea Gaetano Quagliariello (nella foto grande a sinistra) interviene sul ddi sulle unioni civili sotto gli occhi della prima firmataria, la collega dem Monica Cirinnà. Nelle foto sotto, in alto, la senatrice pd a colloquio con il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. In basso, Carlo Giovanardi (Idea), seduto a fianco di Roberto Formigoni (Ncd) durante il confronto in Aula con Pietro Grasso (I o B rvegnùGuuiLo(i) Í Prima fanno levare ogni rimando alla famiglia e poi si arrabbiano se io Ini riferisco all'art. 2? Si smetta con la melina Sfidiamoci civilmente a viso aperto senza ulteriori perdite di tempo Grasso Marcucci Con l'arbitro schierato la partita è finita Non è un buon inizio né una buona sensazione Quagliariello contra acco • t • " Non ROMA. «Non sono certo né Ponzio Pilato, né don Abbondio». Quando sono ormai le nove di sera, nel suo studio a palazzo Madama, Piero Grasso può concedersi un momento che è assieme di stanchezza, di fastidio, di profonda irritazione. Ma anche di soddisfazione per la giornata e per il voto in aula. Perché, presidente, cita chi si lavò le mani e chi non scelse? «Perché io non sono né l'uno né l'altro. Io, in solitudine, ho scelto». Non vuole polemiche, né tanto meno produrne, alla vigilia di settimane che, nella gestione dell'aula, si preannunciano molto difficili. Ma con il cappotto addosso e la borsa in mano per tornare a casa- «Stasera sono stanco, devo ammetterlo» - Grasso si produce in una smorfia amara e quasi dice tra sé e sé: «Se avessi convocato la giunta per il regolamento, come mi hanno rimproverato di non aver fatto, sarebbero stati pronti a lanciarmi l'accusa di essere un Ponzio Pilato, proprio com'è avvenuto in passato». Ma adesso le rimproverano di essere un giudice parziale, un cattivo giudice quindi ...«E si permettono di dire a me questo proprio oggi? Ma lo sanno che giorno è oggi?...». "Ho deciso da solo. Se avessi convocato la giunta, allora sì che me ne sar e i l vato le mani. Ma non è stato così" a r} / "Io giudice parziale? E me lo dicono proprio nel giorno del trentesimo anniversario del maxiprocesso alla mafia?" PRESIDENTE Pietro Grasso, presidente di Palazzo Madama Pi w,/ i i Già. Che giorno era ieri per Piero Grasso? Non era assolutamente un giorno come tutti gli altri. Esattamente trent'anni fa, da giovane magistrato, Grasso vestiva la toga di giudice a latere del famoso maxi processo a Cosa nostra. Era il 10 gennaio del 1987. Una data che ha cambiato profondamente la sua vita e quella della sua famiglia. Da allora una protezione armata è entrata a far parte fissa delle sue giornate. Ecco, la polemica sarebbe a portata di mano, anche con toni accesi. Ma Grasso non vuole acuire lo scontro con chi in aula lo ha accusato di imparzialità, i Calderoli, i Quagliariello, i Giovanardi. In questo momento gli sta a cuore altro, l'obiettivo è condurre in porto la discussione sul ddl Cirinnà senza sbavature istituzionali. Quale sia l'opinione di Grasso sulle unioni civili non è un mistero. Basta scorrere la rassegna delle sue interviste per sco- lato prirlo. Ma lui non vuole confondere la sua opinione personale, con la conduzione dell'aula, proprio come farebbe «un arbitro imparziale», «come un giudice», che giudica i fatti indipendentemente da come la pensa. E qui si gioca la seduta di ieri e i giorni che l'hanno preceduta. Grasso sa da meno di 48 ore che cosa andrà al voto e quale sarà l'oggetto della richiesta di uno scrutinio segreto. Com'è accaduto tante volte, quando in aula c'è da prendere una decisione difficile, Grasso piglia le carte, si isola, e studia. Lo ha fatto anche in questo caso. Sulla sua scrivania il disegno di legge Cirinnà, la Costituzione, con gli articoli sulla famiglia opportunamente evidenziati. E ancora, la decisione della Consulta sulle unioni, il codice civile, e da ultimo il regolamento del Senato. Nessun colloquio politico, neppure con il Pd, il suo partito. Una valutazione squisitamente tecnica che lo porta a bocciare la via del voto segreto. Nessuno, fino al momento in cui legge le quattro pagine di motivazione, sa come la pensa. A chi lo accusa di aver preso una decisione «politica» risponde: «Non mi conoscono. Si dimenticano che ho fatto il giudice». E da giudice, carte alla mano, Grasso ha deciso. (dNIPNOOLL>JONE NISFR ATA 0 La Nota di Massimo Franco UN--PREMIER -----------------------------------------------------------------------CONDIZIONATO DALLA PAURA DI STRAVINCERE La tregua al Senato è finita prima ancora di cominciare. E la prima votazione ha avuto un esito trionfale per il governo: 195 voti contro la proposta del leghista Roberto Calderoli e dell'ex ministro Gaetano Quagliariello di non discutere nemmeno gli articoli della legge sulle unioni civili, che ne ha raccolti appena gi. Lo scarto con le opposizioni era un'enormità. In teoria, avrebbe consentito di accelerare e chiudere la partita addirittura entro oggi, forse. Tanto più che il Carroccio ha fatto di tutto per moltiplicare gli emendamenti, e sgambettare la maggioranza. Insomma, non ha esitato a provocare, attaccando ruvidamente lo stesso presidente del Senato, Pietro Grasso, accusato di non essere un arbitro imparziale. Ma di colpo sembra quasi che Palazzo Chigi abbia deciso di frenare. Nessun voto prima di martedì prossimo. Inviti a «sfidarsi lealmente» da parte del capogruppo del Pd, Luigi Zanda, ai suoi parlamentari; e il monito a evitare «una deriva verso una roulette» sui voti. Al punto che comincia a spuntare il sospetto di una riforma depurata da quell'adozione dei bambini da parte delle coppie omosessuali, fonte di tensioni trasversali. Eppure, fino a qualche giorno fa Renzi appariva convinto e soprattutto deciso a vincere, anzi a stravincere: superando tutte le obiezioni, alleandosi col Movimento 5 Stelle, e ghigliottinando la pletora delle modifiche leghiste. Poi, sabato scorso Beppe Grillo ha inviato il suo «post» eontestatissimo dalla base del M5S sulla possibilità di votare secondo coscienza. Palazzo Chigi ha lasciato capire che le adozioni non sono esattamente il cuore della legge firmata dalla senatrice pd Monica Cirinnà. Così, dopo che ieri Grasso ha spiegato perché non concedeva lo scrutinio segreto per gran parte delle votazioni, il governo ha rallentato la corsa. Il Pd ha chiesto una pausa, come se sperasse ancora in un'intesa per evitare il muro contro muro. E nella confusione che regna sovrana ci si comincia a chiedere se e quanto stiano influendo sulla decisione finale i sondaggi; i rapporti tra i Dem e il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, recisamente contrario alle adozioni; e l'attendismo di una Chiesa che aspetta di capire quale sarà la ricaduta finale di questa girandola di proposte. Può darsi che nelle prossime ore ritorni la volontà di accelerare e chiudere la partita. Eppure, la sensazione è che i fattori in campo siano più numerosi di quanto appaiano: non tanto dentro ma fuori dal Parlamento. E i tempi si allungano. Si voterà dal pomeriggio del t6 fino al M. Poi potrebbe esserci una sospensione e un ulteriore rinvio. Intanto restano in piedi circa cinquemila emendamenti. Se è così, sarà un'approvazione al rallentatore. E offrirà colpi di scena e manovre che esulano dal merito della riforma. Ma questo si era capito da tempo. © RI'RDDUZ:DRE R O' RVATO linea sottile sulle adozioni ULLE unioni civili l'ora X si avvicina lentamente, fra un rinvio e l'altro, ma si avvicina. E con essa il momento di decidere su aspetti controversi, forse non componibili. SEGUE A PAGINA 31 LA LINEA SOTTILE SULIE ADOZIONI UL piano politico si capisce che il destino della legge Cirinnà ruota intorno a tre interrogativi in cerca di risposta. Il primo è: cosa vuole veramente il Pd? Una limpida e inequivocabile vittoria laica oppure un risultato che dia qualche soddisfazione alle ragioni dei cattolici? Secondo punto. Renzi è davvero tranquillo sullo stato della maggioranza ovvero teme qualche strascico dopo il "sì" alla legge o magari dopo il suo affossamento? E infine: quanto pesa la constatazione che sulle adozioni del figliastro, o meglio del figlio del partner, l'opinione pubblica è divisa? Una frattura che riguarda in buona misura l'opinione cattolica, ma non in modo esclusivo: i sondaggi, come pure il sentire comune, indicano che esistono parecchie perplessità sul punto specifico delle adozioni. Anche perché non sono pochi a temere che questo aspetto della legge apra la porta al cosiddetto "utero in affitto" (all'estero, ovviamente, perché in Italia la pratica è e resta illegale). Le tre questioni sono intrecciate. Ma la premessa è che oggi in Senato c'è senza dubbio una maggioranza favorevole al riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali. Intesi non come un vero e proprio matrimonio - così lo stesso Mattarella aveva sottolineato -, bensì come un deciso passo avanti nella legislazione italiana, in modo di poter rispondere ai solleciti dell'Unione europea dimostrando che abbiamo colmato il fossato. Quei 195 senatori contro 101 che a voto palese (deciso dal presidente Grasso) ieri hanno respinto la pregiudiziale Calderoli-Quagliariello per il non passaggio all'esame degli articoli sono la prova evidente che l'assemblea è consapevole delle proprie responsabilità. In molti può esserci un mero calcolo elettorale, ma i più sono convinti di dover riaffermare l'eguaglianza dei diritti come caposaldo della civiltà giuridica. E chiaro che i 195 non costituiscono una maggioranza pura e semplice a favore del testo Cirinnà. Tutt'altro: esistono fra i senatori punti di vista diversi e non poche zone d'ombra. Ma chi ha votato per procedere all'esame di una legge così densa sotto l'aspetto etico, è disposto a valutarla con attenzione e quasi certamente ad approvarla almeno in parte. Renzi vuole tenere alta la bandiera laica ed è per questo che nelle tattiche parlamentari dell'ultim'ora ha concesso ben poco ai cattolici, in questo caso i cattolici di area Pd e in seconda battuta quelli che si riuniscono nell'area Alfano: solo tre emendamenti su cui sarà ammessa la libertà di coscienza. Riguardano, come si può intuire, il nodo delle adozioni. Di conseguenza i cattolici ieri sera non potevano essere contenti. Tuttavia nelle ultime ore il premier ha usato parole dure contro 1"'utero in affitto". Segno che avverte il problema e si premura di tracciare un netto discrimine: oggi si discute per estendere i diritti a chi ne è privo, tutelando i bambini che ci sono, e non per concedere scorciatoie surrettizie su cui le coscienze sono tuttora molto diffidenti. In sostanza Renzi ha lanciato un messaggio ai cattolici e lo ha fatto nel momento in cui sul piano parlamentare li ha lasciati insoddisfatti. Il cammino della legge resta impervio. Conseguenze sul governo non ce ne saranno perché l'intesa con Alfano è solida. Eppure è evidente che il testo finale potrebbe fotografare divisioni e ferite non semplici da rimarginare. Ecco perché Renzi in fondo è più prudente di quel che sembra. Da un lato tiene d'occhio le manovre astute di Grillo, dall'altro si preoccupa dell'opinione pubblica. Concede poco ai centristi nell'ambito parlamentare, tuttavia è attento a non scontentare troppo l'elettorato moderato e cattolico - ma non solo cattolico - che nutre parecchi dubbi sulle adozioni e vedrebbe volentieri la bocciatura di questo punto specifico. Se ciò accadesse, di certo il premier non si straccerebbe le vesti. -PRODUZIONE RISERVATA POTERI TRABALLANTI LA SOLITUDINE DEL NUMERO UNO II presidente emerito Napolitano , poi il Corriere della Sera. Ma anche i diplomatici , la magistratura, i servizi segreti e l'alta burocrazia . Si moltiplicano i segnali di allarme per Matteo Renzi. di Alessandro Giuli oc toc toc toc. Preannunciato da una valchiria scatenata chiamata Lady Spread, il destino bussa alla porta di Matteo Renzi e lui farebbe bene a tendere l'orecchio , auscultare la terra e prepararsi a battagliare nel polverone dei nemici che s'avvicinano. Non quelli già sconfitti, o asfaltati come gli piace dire: non gli esodati, i professori precarizzati, i precari naturalizzati via Jobs act, la minoranza piddina e gli altri orfanelli sindacalizzati di una sinistra passata a peggior vita, e cioè la carne da macinato di cui s'è nutrita la «narrazione» politica dell'invincibile Renzi. E nemmeno i berlusconiani o i Cinque stelle, buoni per giocare ai due forni in tempo di pace . Ma la pace si conquista , e stavolta c'è poco da affabulare. In questi rintocchi non aleggia la solennità d'una sinfonia beethoveniana , ma intorno al presidente del Consiglio si affastellano brutti presagi . L'ultimo è giunto lunedì 8 febbraio , con l'intervista di Giorgio Napolitano a Repubblica . Proprio lui , il presidente emerito che ha assistito inerte alla trasformazione di Silvio Berlusconi in un esule in patria , l'ex comunista che ha messo a riposo il capo della vecchia ditta diessina , Pier Luigi Bersani, e che ha usato e smaltito Enrico Letta nel bidone dei non riciclabili . Insomma l'artefice primo della fortuna renziana, oggi senatore a vita, ha mollato al giovane Renzi un paio di sculacciate. Matteo Renzi, 41 anni, presidente dei Consiglio e segretario del Pd. -• - ' •- , • •+ ' :3-11, w. . J . if--' • . ` _"' r •.F ' . '7 , 4l . i .. , l x i • Fi 4. % Ó O V POTERI TRABALLANTI Al presidente del Consiglio che cercava di arringare i dirigenti dell'eurosocialismo per scagliarli contro Angela Merkel in vista del Consiglio europeo, il gran coalizionista Napolitano ha ricordato che senza il popolarismo a trazione berlinese non si va da nessuna parte. Alla lettera: «È inimmaginabile qualsiasi svolta senza e contro Berlino». Sembrava di ascoltare Mario Monti quando, all'indomani del pasticciaccio che a fine 2011 lo condusse a Palazzo Chigi, vantava d'essere un'anima germanica in corpo di tecnocrate. E in effetti qualche analogia esiste, a cominciare dal riaffacciarsi minaccioso di Lady Spread. Coincidenze sataniche? Nulla è più parlante di una smentita: Napolitano non vede analogie con i fatti del 2011, ma soltanto perché «Renzi si giova di una maggioranza stabile e l'opposizione è frantumata». L'importante è non sfidare i Panzerfaust nord-europei. Non chiamatelo «pizzino» o «toccatina di polso», ma insomma... Perché la prima guerra di Renzi non si combatte a Roma ma a Berlino e Bruxelles , lì dove nascono le inique leggi sulle perdite bancarie (bail-in), lì dove vengono setacciati i decimali del nostro deficit possibile, lì dove mal si sopporta il debito pubblico che l'Italia pretende di spacciare sul mercato. Ed ecco allora una sequenza di rintocchi giungere dal Corriere della Sera, nientemeno: il quotidiano di via Solferino che il principato renziano credeva d'aver bonificato con l'arrivo di Luciano Fontana al posto di Ferruccio de Sortoli, quello che ammoniva contro il refolo graveolente di massoneria penetrato a Palazzo Chigi. Macché. Nelle due ultime settimane il Corsera ha riservato le particolari attenzioni al bullismo renziano. La prima con Paolo Mieli, direttore emerito ed editorialista stimato nel mondo finanziario che pesa, il quale ha riperticato in prima pagina il suo galateo accigliato contro «la tentazione di insistere nell'assunzione di posture baldanzose», ricordando al premier quanto «valgano poco o niente le lodi che ci diamo da noi» e come diventi «disdicevole presentarsi nei consessi internazionali battendo i pugni sul tavolo». Poi, con le stesse parole, è intervenuto il direttore in carica Fontana, e lo ha fatto dal palcoscenico cui Renzi è più sensibile, la trasmissione di Fabio Fazio Che tempo che fa, una Leopolda televisiva settimanale. Infine, riecco Mieli a guastare il martedì grasso renziano con un altro fondo aspro nel quale irride i colpi a salve sparati dal premier contro l'Europa tecnocratica e ricorda ai suoi adulatori dell'Unità che la deriva italiana «è provocata dai nostri debiti, dalle nostre mollezze , dalle nostre astuzie, dai nostri rinvii». Altro che flessibilità. La Merkel, i mandarini europei... Napolitano... il quotidiano dell'establishment ... Complotto in vista? Per ora è la mano padronale che cerca di rammendare le intemerate della scapigliatura renziana , in sincrono con le legnate da fondo campo che Jean -Claude Juncker riserva ogni giorno alle espettorazioni magniloquenti di Renzi («toni maschi e virili», minimizza paterno il presidente della Commissione europea ). Quando i renziani si dicono fra loro che «la democrazia è sopravvalutata», come recita l'aforisma totemico dei disintermediatori devoti a House of cards, il peggio da temere è una norma salva-banche cucita su misure strapaesane . Quando invece la stessa frase comincia a circolare fra le boiseries dei banchieri centrali e fra gli elmetti d'acciaio berlinesi, anche la democrazia plebiscitaria renziana può cominciare a traballare . E la Troika s'avvicina. Matteo Renzi con l'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano. i(RENZI Si GIOVA 01 UNA MAGGIORANZA STABILE MA È INIMMAGINABILE QUALSIASI SVOLTA SENZA E CONTRO BERLINO)) Giorgio Napolitano Nel frattempo il principe fiorentino, partito in avanscoperta con lo scolapasta in testa, è riuscito a inimicarsi la retroguardia dei corpi intermedi e burocratici. C'è poco da stare allegri, con la Consob e Banca d'Italia immusonite dal tentativo di farne un capro espiatorio degli obbligazionisti maltrattati dai salvataggi selettivi della politica. E non va meglio alla Farnesina, dove una diplomazia d'antico lignaggio un tempo si faceva garante della politica in cerca di accredito internazionale - ricordate il ministro Renato Ruggiero voluto dalla famiglia Agnelli nel governo Berlusconi del 2001? - e oggi deve ingollare la nomina dell'ex montezemoliano Carlo Calenda alla guida della Rappresentanza italiana a Bruxelles. C'è un idem sentire, rabbuiato e gravido di rancori, che attraversa i Palazzi che contano, come Palazzo Spada dove il Consiglio di Stato s'è visto stravolgere forma e sostanza di un protocollo finora intonso in virtù del quale i consiglieri suggeriscono al governo cinque nomi degni di presiedere il Consiglio, su base gerarchica dettata dall'anzianità, e il governo ratifica. Fino a che Renzi non ha deciso con uno dei soliti «oplà» di scegliersi il presidente di suo gusto. Aggiungici i servizi segreti, pozzo sacro in cui ogni servitore della patria impara a rimestare il torbido sapendosi protetto dalla ragion di Stato, se è vero che a guardia del pozzo rischia di arrivare l'amico di famiglia Marco Carrai, a capo dell'agenzia per la ciber-security. Serve altro, per descrivere i mormorii funesti che s'addensano nelle retrovie del potere renziano? Ci sarebbe giusto la magistratura. Si è detto e scritto molto sulle tensioni che attraversano la linea di faglia tra Palazzo Chigi e l'Anm, il sindacato dei magistrati che a marzo rinnoverà vertici e Consiglio direttivo. Nel Csm si fanno largo nomi promettenti come il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi; in Parlamento tornerà presto a viaggiare la riforma del processo penale, con il governo che pretende la delega sul dossier intercettazioni. Non si può dire che dall Anm giungano venti di pace, visto che fra i candidati al trono c'è Piercamillo Davigo, ex stella cometa nel pool di Mani pulite, ora consigliere in Corte di cassazione e fondatore della corrente Autonomia e indipendenza. Interrogato giorni fa dal Tempo sulle differenze nei rapporti con Berlusconi e con Renzi, Davigo l'ha messa giù così: «Rispondo con una citazione biblica: a ogni giorno basta la sua pena». Ma in confronto alle pene che s'affollano alla porta di Renzi queste sono ■ carezze. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENAI ITALIA Il caso Rossi-Boschi? Gran segreto al Csm Il Consiglio indaga su incompatibilità e omissioni del procuratore di Arezzo. Ma chiude nei cassetti tutte le carte. E apre indagini sulle «fughe di notizie». Palazzo dei marescialli l'agitazione è palpabile . Nessuno, ormai , riesce a nascondere il disagio . Due storie di copertina di Panorama hanno rivelato i dettagli delle indagini svolte tra 2010 e 2014 da Roberto Rossi, procuratore di Arezzo , su Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena , ministro delle Riforme . Mettendo in luce tutto quello che al Consiglio superiore della magistratura non aveva raccontato lo stesso Rossi, oggi titolare del delicato fascicolo sul crac di Banca Etruria . Cioè l'istituto aretino di cui papà Boschi è stato vicepresidente fino al febbraio 2015. Sembrava un banale caso d'incompatibilità, destinato a un'archiviazione. S'è trasformato in un mezzo mistero di Stato . Il comitato di presidenza del Csm, guidato da Giovanni Legnini , ha infatti deciso di porre il segreto sulla pratica Rossi, avviando anche un'inchiesta interna sulla fuga di notizie. L'inviolabilità riguarda soprattutto la relazione di una trentina di pagine inviata ai primi di febbraio dalla Procura generale di Firenze alla prima commissione del Csm, quella che per l'appunto si occupa di procedimenti disciplinari. E sarebbe stata voluta da Legnini, vicepresidente a dell'organo che governa la magistratura, Pier Luigi Boschi, già vicepresidente nonché già sottosegretario all'Economia di Banca Etruria e nel governo Renzi. padre dei ministro Top secret, quindi . Ma cosa c'è di dele Riforme tanto riservato in quel documento? Un Maria Elena. elenco di procedimenti archiviati: notizie, quindi, ormai divulgabili. Se non fosse per l'illustre imputato: Pier Luigi Boschi. Il banchiere che Rossi, sentito dalla prima commissione, sosteneva di non avere mai conosciuto. Fino al 20 gennaio 2016: il giorno in cui Panorama ha invece rivelato che il pm aveva indagato e poi chiesto l'archiviazione di Boschi senior per turbativa d'asta, estorsione e dichiarazione infedele. L'inchiesta, partita nel 2010, riguardava la compravendita della Fattoria di Dorna, un grande podere vicino ad Arezzo. A Roberto Rossi, procuratore La relazione della Procura generale di di Arezzo : indaga sul crac Banca Firenze aggiunge però un nuovo tassello Etruria ed è all'intrigo. Rossi ha omesso di riferire di un indagato dal Csm. altro procedimento aperto su Boschi, sempre per dichiarazione infedele . Il magistrato iscrive il padre del ministro nel registro degli indagati nel dicembre 2008 . E a luglio del 2009 chiede l'archiviazione, accolta nel settembre 2009 . Ma pochi mesi più tardi, nel gennaio 2010, indaga nuovamente Boschi per l' acquisto di Dorna . In sintesi: Rossi ha avviato quattro procedimenti contro Boschi. Tutte circostanze rese note solo dopo le rivelazioni di Panorama. Negli atti inviati al Csm vengono però citati anche altri sei fascicoli aperti, a partire dal 2000, dalla Procura di Arezzo sull'ex vice presidente di Banca Etruria . I reati contestati sono : appropriazione indebita, violazione della sicurezza sul lavoro , frode in commercio, omissione dei versamenti contributivi. Tutti i procedimenti sono chiusi . Meno l' ultimo, avviato il 12 dicembre 2014. La richiesta d' archiviazione è del 18 dicembre 2014, ma il giudice non ha ancora deciso. Il reato contestato resta ignoto . Per invalicabili questioni di segretezza . (Antonio Rossitto) © RIPRODUZIONE RISERVATA Carrai, Open e l'affare dei farmaci con la Sapienza t+._ L) El ..................... 1 "Giglio magico" entra alla Sapienza di Roma per fare affari coi farmaci. Lo ha fatto tramite una società in cuisiintrec// ciano per sone vicine al premier come Marco " Carrai e Alberto Bianchi, esponenti di spicco dell'industria farmaceutica e del mondo accademico. Si tratta della KCube, creata il28 novembre 2014 e protagonista di un accordo per sfruttare commercialmente i brevetti e le ricerche realizzate dall'ateneo romano. Il presidente del cda è Carrai, proprietario del 10%. Nel board con lui anche il presidente della fondazione Open Alberto Bianchi; il tributarista vicino al Pd Tommaso Di Tanno, ex sindaco di Mps coinvolto nell'indagine; e infine Flavio Maffeis, titolare del 20% delle azioni evicepresidentedellaFarbanca, società della Popolare di Vicenza specializzata nei finanziamenti nel settore sanitario. Maffeisè anche l'ex presidente della Glaxo spa (società italiana della multinazionale) arrestato nel 1993 per "Farmatangenti", da cui è uscito il 19 maggio 1997 patteggiando la pena per corruzione. Dall'accordo con l'ateneo si evince che l'azienda "ha interesse nell'investire nel settore farmaceutico e nelle nuove tecnologie attraverso la costituzione di start up", mentre la Sapienza "è interessata a mettere a frutto le ricerche già realizzate e quelle che potranno essere realizzate anche in futuro". Permetterà così alla KCube di "visionare il proprio portafoglio brevetti, i progetti e le ricerche" per poi avviare insieme le start up. In cambio la KCube dovràpagare alla Sapienza le spese per registrare e mantenere il brevetto, quelle per le attività fatte nei locali messi a disposizione dall'universitàe delle royalties del 10% nel caso in cui Carrai&Co. possiedano più del 25% delle start up. Per quanto riguarda gli eventuali profitti della vendita di queste ultime, l'ateneo otterrà unaquotafissadell'1,3%euna quota variabile fino al 6% in base al "plusvalore realizzato sulle dísmissioni di ciascuna". © RIPRODUZIONE RISERVATA Scenari ITALIA ECONOMIA MONDO FRONTIERE CULTU L'idea di Panoramm arriva in Parlamento Chi viene assolto non dovrebbe pagare l'avvocato: già presentate le prime proposte di riforma del Codice. ei stato accusato di un reato e sei stato assolto? E allora, esattamente come ogni giorno accade in altri 32 Paesi europei , anche in Italia lo Stato deve pagarti l'avvocato . La proposta , lanciata sull'ultima copertina di Panorama, sta incontrando favore . Carlo Nordio , procuratore aggiunto a Venezia , dice che è più che corretta : « Ne sono convinto da anni» aggiunge . «Invece di sprecare tempo con inutili leggi sulla responsabilità civile dei magistrati, lo Stato dovrebbe rimborsare le spese legali al cittadino che ha incriminato e assolto con formula piena. È una questione di giustizia : con il discutibile principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, lo Stato dà ai pubblici ministeri il dovere d'indagare ; ma ha anche l'obbligo di risarcire l'avvocato all'innocente che senza alcun motivo ha dovuto affrontare spese legali , spesso elevate». Ma la proposta di Panorama piace anche in Parlamento . Al Senato Gabriele Albertini, in commissione Giustizia per l ' Ncd, ha già depositato una proposta di riforma dell' articolo 530 del Codice di procedura penale: «Chiedo che il giudice che riconosce un cittadino pienamente innocente debba contemporaneamente condannare lo Stato a rimborsargli tutte le spese di giudizio» afferma l' ex sindaco di Milano . «Panorama ha ragione: è un principio sacrosanto e sto già raccogliendo le firme di altri senatori , anche di altri partiti». Alla Camera si sono mossi per primi i deputati Jole Santelli e Antonio Palmieri , di Forza Italia : « Qui sono in gioco il principio di equità e il principio della responsabilità dello Stato» dice Santelli . «Un'assoluzione piena, anche là dove magistrato e giudice hanno agito corretta- S I II INNOCENif? Francesca Businarolo LO STATI DEVE PAGARTI L'A1VGCATG R1b. Si RrVINqN3 'ER S6STE'9RE LE SPESE lE•ü l - • ` ;" - --" _ff. °. Spese legali: la proposta sulla copertina di Panorama. mente, non può comunque lasciare un danno economico al cittadino che è stato imputato ingiustamente». Anche il Movimento 5 stelle sta ipotizzando di fare una sua proposta: «La tesi di Panorama mi pare molto convincente» dice Francesca Businarolo , membro della commissione Giustizia «e con altri deputati del MSs stiamo valutando se proporre un emendamento alla riforma del Codice di procedura penale». (Maurizio Tortorella) © RIPRODUZIONE RISERVATA f4FERSRPERNE Di PIÙ www.legarrorcforg wsnx.frateïti-ítatia.it Amministrative, lite nel centrodestra Parisi si candida a Milano. Ma sul suo nomee già scontro. La coalizione si spacca anche a Roma. Salta la candidatura di Rita Dalla Chiesa. Torna in pista l'ipotesi di Bertolaso. Salvini fa saltare il vertice sulle elezioni ROMA. Il nome di Rita Dalla Chiesa balla un solo giorno. Anzi meno. La candidatura lanciata da Giorgia Meloni per Roma viene impallinata nel giro di qualche ora da Matteo Salvini. Già in mattinata il leghista lascia trapelare la sua «irritazione» per il «metodo» con cui è stata gestita la faccenda e dà forfait al vertice della sera con la stessa Meloni a casa di Berlusconi. La pentola del centrodestra salta così per aria nella Capitale, proprio nel giorno in cui da Milano matura l'atteso via libera del manager Stefano Parisi alla sua candidatura. Sarà lui, patron di Chili tv ed ex direttore generale nella giunta Albertini, a sfidare Giuseppa Sala, portandosi dietro tutto il centrodestra compreso l'Ncd milanese. «Sarà un sindaco di altissimo livello» esulta e tira un sospiro di sollievo Silvio Berlusconi. Parisi è più cauto: «Una scelta difficile perché implica un profondo cambiamento di vita e professionali. Ma la spinta arriva dal largo consenso attorno al mio nome». Il risultato è l'inedita sfida tra due manager al loro esordio in politica. Ma per una grana che si risolve, un'altra esplode a Roma. Rita Dalla Chiesa annulla l'incontro in programma con Berlusconi, ringrazia tutti e fa un passo indietro. Il leader di Forza Italia osserva stizzito il duello Meloni-Salvini. «Stanno facendo tutto loro, sembra di osservare una partita a tennis in cui si tirano bordate con violenza» osserva amareggiato nel chiuso di Palazzo Gra- zioli. Il vertice decisivo conta di riconvocarlo a breve, al più i primi della prossima settimana. «Tocca ancora una volta a me trovare una soluzione che metta d'accordo tutti», ha confidato ai suoi, sicuro di poterla spuntare. Come? Ripiegando su Guido Bertolaso, a dispetto del ritiro dell'ex capo della Protezione civile per "ragioni familiari". «Si, mi è stato chiesto di ripensarci- ammette l'interessato in queste ore - ma ho cose più serie a cui pensare rispetto ai teatrini della politica romana». L'ex premier torna alla carica, sebbene l' ex sottosegretario opponga resistenza dopo i tentennamenti di Salvini sul suo nome legati ai processi ancora aperti. Francesco Storace, già in corsa, ieri è stato ricevuto da Berlusconi e gli ha ripetuto che non si farà da parte, anche qualora venissero candidati Marchini o Bertolaso. In serata Salvini perde la pazienza per gli impicci romani: «Di riunioni ne abbiamo fatte abbastanza, facciamo le primarie: ci sono 5 o 6 persone disponibili, scelgano i romani». Fdi accetta subito la sfida. Ma Berlusconi continua a non volerne sapere. Intanto Fi scompare dal Comune della vecchia roccaforte di Bari: lascia anche l'ultima consigliera, Irma Melini, commissario in città appena sostituita da Francesco Sisto. Lascia menando fendenti: «Il collegio? Non sono in minigonna, Berlusconi non l'avrebbe dato a me» @RIPROGUZIONE RISERV 4Tk l c amal e on te d í tal e n to daAma o al I t Mii.ANO. Gli amici lo definiscono un "primo della classe" che ha sempre voluto riuscire in tutto. Altri, più maliziosamente, lo descrivono come un "camaleonte di talento". Un uomo per tutte le stagioni, dato che nella sua ormai lunga carriera è riuscito a collaborare con governi di diverso colore politico. Da Giuliano Amato, che lo chiama nel 1992 come capo del dipartimento degli Affari economici di Palazzo Chigi. Lo stesso governo del prelievo dei sei per mille sui depositi bancari. Rimane con Carlo Azeglio Ciampi fino a Silvio Berlusconi nel 1994 e sempre con incarichi di rilievo. Classe 1956, Stefano Parisi da studente universitario era vicino al Garofano di Bettino Craxi. Dopo la laurea in Economia e Commercio, lavora all'ufficio studi della Cgil. Poi passa nella segreteria tecnica di Gianni De Michelis quando era ministro del Lavoro. Fu il trampolino di lancio. Dopo qualche lustro Parisi si trasforma in "falco" degli imprenditori. Prima come city manager nella prima giunta milane- se guidata da Gabriele Albertina. Quella famosa per il "patto per Milano" sulla flessibilità che segnò lo strappo con la Cgil. Nel 2000 la Confindustria lo chiama a Roma come direttore generale durante la presidenza di Antonio D'Amato. Sono gli anni in cui la Cgil riesce a portare in piazza tre milioni di persone a difesa dell'articolo 18. L'amicizia di Parisi con Berlusconi comunque si rafforza. Nel frattempo, diventa professore incaricato alla facoltà di Economia e Commercio dell'università Statale di Milano e dal 2001 siede nel board of Garantors dell'Italian Academy della Columbia University di New York. Tre anni dopo inizia la sua prima avventura imprenditoriale nelle telecomunicazioni con Fastweb, di cui diventa sia amministratore delegato che direttore generale. Nel 2007, viene solo lambito nell'inchiesta Fastweb - Telecom Italia Sparkie, che porta all'arresto del patròn della società Silvio Scaglia, poi assolto dal tribunale di Roma. Parisi, invece, riceve un avviso di garanzia, ma la sua posizione alla fine è stata archiviata. «Avrebbero potuto archiviare nel giro di quindici giorni - dichiara allora - invece ci sono voluti tre anni». Nel 2011, fonda Chili, la televisione che consente di guardare film e video in streaming. La concorrenza, però, è spietata e Parisi si ricorda di Berlusconi. Così quando l'ex Cavaliere lo contatta per la candidatura a sindaco di Milano, prima nicchia, ma poi non resiste. 3 RIVRGIJU<IONE RISER ATA «Mi candido a gridare Milano Dalla Lega a Lupi, tutti con me» Il manager: stimo W. Expo, ma subirà la subalternità a Roma e il radicalismo di Elisabetta Soglio tefano Parisi ha deciso: «Mi candido a sindaco. Ho sentito forte intorno a me il consenso e la coesione di un centrodestra ampio, che va da Salvini a Berlusconi, da Fratelli d'Italia a Maurizio Lupi con Ncd e penso che Milano sia una città ricettiva dove potrò mettere a servizio le molte esperienze che ho fatto nella mia vita e nella mia carriera». Cinquantanove anni, romano, dal '97 a Milano con moglie e due figlie, un passato che vanta fra l'altro la guida a Palazzo Chigi del Dipartimento di economia per un quinquennio, dal governo Amato al governo Prodi; l'esperienza di city manager a Palazzo Marino con l'allora sindaco Gabriele Albertini; la direzione di Confindustria e poi di Fastweb fino alla nascita di Chili, la nuova piattaforma italiana di video. Si era fatto il suo nome per Palazzo Marino durante una cena ad Arcore, nel dicembre scorso e lui lo scoprì dai giornali: «La mia prima risposta a Berlusconi fu che non potevo, per motivi di lavoro». Cosa è cambiato? «Avevo bisogno di capire co- Il passato «Tutto quello che oggi fa parlare di "miracolo Milano" è nato grazie ad Albertini e Moratti» me potevo organizzare Chili e poi volevo essere certo ai avere un consenso ampio da parte della coalizione che mi dovrà sostenere. Soprattutto le garanzie avute da chi mi sosterrà mi hanno spinto a rompere gli indugi». Cosa succederà a Chili? «Ero molto preoccupato perché è una start up nata da poco, cui tengo molto: ha sede alla Bovisa, ci lavorano una sessantina di giovani e gli azionisti che hanno investito qui volevano essere certi che questa mia decisione non provocasse ricadute negative. Ma abbiamo studiato una soluzione organizzativa che presenteremo nei prossimi giorni e che mi lascia tranquillo: Giorgio Tacchi, l'amministratore delegato e fondatore e gli altri manager la guideranno nel suo percorso di crescita, con il pieno supporto degli azionisti». Una soluzione con l'intervento di Silvio Berlusconi? «Assolutamente no, Mediaset e Chili sono concorrenti». Chi glielo fa fare di mettersi in questa corsa? «Ho riflettuto molto perché questa decisione cambia i miei orizzonti: ma credo che si debba reagire a questo senso di rassegnazione nei confronti della politica. Quando ero giovane, per me la politica era un valore e dobbiamo tornare a portare positività intorno all'azione amministrativa: possiamo farlo partendo da Milano, che è una città piena di risorse». Con il centrodestra? Non è una coalizione che ha perso troppi consensi a Milano? «Il centrodestra ha perso oggettivamente terreno e dal 2011 a Milano molta gente è delusa e ha smesso di votare. Questo esperimento credo ci consentirà di ricostruire una maggioranza moderata, aperta anche al mondo riformista e liberai democratico di questa città, che ha voglia di liberare le energie positive. Guardo anche all'esperienza che sta facendo Corrado Passera: siamo amici e ha fatto un grande lavoro di analisi che deve trovare casa in questa coalizione». State pensando a un accordo prima del voto? «Spero che troveremo un percorso per lavorare insieme». Un'idea per Milano? «Dobbiamo riprendere a pensare al futuro di Milano come fecero le giunte Albertini e Moratti: tutto quello che oggi fa parlare di "miracolo Milano", dalle riqualificazioni di Porta Nuova all'Expo, è nato lì. E ho paura che quando arriveremo in Comune troveremo i cassetti della giunta arancione vuoti di progetti. Dobbiamo costruire una Milano aperta, globale, libera e creativa». Gabriele Albertina si era presentato come «amministratore di condominio»: sarà il suo modello? «Aggiungeremo anche una visione di insieme aperta al futuro. In linea di massima bisogna però occuparsi della vita quotidiana delle persone, perché la buona amministrazione viene dalla qualità dei servizi e dalla buona organizzazione. E poi questo amministratore avrà a che fare con un condominio digitale: è inaccettabile che il Comune, che ho lasciato 15 anni fa, abbia ancora 130 banche dati che non parlano fra di loro. Digitalizzare vuole dire maggiore efficienza e trasparenza». Il suo profilo non è troppo simile a quello del suo avversario, Giuseppe Sala? «Veniamo da esperienze di lavoro in parte simili, lo stimo ed è possibile trovare punti in comune nei nostri programmi. Ma c'è una differenza fondamentale». Quale? «Il nostro disegno di una città libera e aperta trova l'appoggio e il consenso pieno della mia maggioranza. Sala invece dovrà fare i conti con il radicalismo di sinistra e la forte subalternità a Roma: sentiremo molti annunci che non potrà concretizzare, come ha dimostrato il recente caso degli scali ferroviari, un progetto di sviluppo saltato perché a Pisapia è mancato il voto di un pezzo di maggioranza». Sala è molto più popolare di lei a Milano: un problema? «Quando Albertini si candidò non lo conosceva nessuno: ma ha vinto, è stato rieletto ed è ancora oggi molto amato dal milanesi». 0 RIPRODUZIONE RISERVATA Chi é Ho trovato la soluzione per la mia Chili e potrò lasciare l'azienda. Mediaset non c'entra, resterà una società concorrente Qui si può ricostruire una maggioranza moderata Con Passera? Spero che troveremo un percorso per lavorare insieme Bisogna tornare a pensare al futuro della città Ho paura che in Comune troveremo i cassetti vuoti • Stefano Parisi, 59 anni, romano, è patron di Chili Tv, società italiana pioniera dei cinema in streaming Ha conosciuto il Comune di Milano dal di dentro avendo ricoperto l'incarico di city manager dal 1997 al 2000 con il sindaco Gabriele Albertini • Dal '92 al '97 è stato a capo dei dipartimento di Economia di Palazzo Chigi con cinque governi diversi • Dal 2000 al 2004 è stato direttore generale di Confindustria sotto la presidenza di Antonio D'Amato. Dal 2004 al 2007 è stato presidente di Fastweb Roma, Berlusconi e Sal 1 1 bocciano l'idea chi Meloni F Dalla Chiesa si fa da parte Salta il vertice. FI rilancia Bertolaso. Il leader leghista: ora primarie MILANO «Piuttosto mi butto nel Tevere». Matteo Salvini il sanguigno ieri mattina così rispondeva a chi gli chiedeva del summit del centrodestra previsto per il pomeriggio. Silvio Berlusconi il moderato avrebbe invece scolpito la seguente frase: «Questa di Rita Dalla Chiesa è una cazz... della signora Meloni». Risultato, il vertice è saltato insieme alla candidatura della conduttrice televisiva. Se il centrodestra si toglie il peso di Milano con Stefano Parisi, per la Capitale nelle ultime ore tutto è andato al peggio. Al punto che, forse per l'eterogenesi dei fini, Salvini ieri è tornato a evocare l'ipotesi delle primarie che piacciono al Fratelli d'Italia: «Se intorno a un tavolo non si riesce a trovare il nome di un candidato a sindaco per Roma, meglio allora fare le primarie nella città». Città al singolare. Giorgia Meloni le vorrebbe dappertutto: «Chiedo a Berlusconi e a Salvini di stilare insieme le regole per fare le primarie in tutte le principali città italiane». Anche se gli interessati non parevano particolarmente bendisposti nei suoi confronti. Tanto che tra Salvini e gli alleati non c'è stata neppure una telefonata. Il caso era nato su Rita Dalla Chiesa, della quale la leader di FdI aveva raccolto la disponibilità. Salvini l'aveva presa male: «Possibile che debba saperlo dal telegiornale?». Inoltre, nell'intervista al Tgi - che Salvini ritiene sollecitata al direttore Mario Orfeo dalla stessa Meloni - Dalla Chiesa non lo aveva neppure menzionato, citando soltanto Berlusconi e Meloni. «E comunque - spiega un collaboratore di Salvini - Meloni ha fatto il nome della giornalista soltanto perché era stata criticata per aver bocciato Marchini». L'imprenditore che ai padani non dispiace affatto e che Salvini definisce un nome «spendibile». Poi ci sarebbe l'ipotesi Irene Pivetti, che conferma: «Sì, me lo hanno chiesto». Maurizio Gasparri la boccia con un tweet: «Mo' basta scherzi». Che fa il paio con l'altro: «Mercoledì delle ceneri. Carnevale è finito». Gasparri, insieme allo stato maggiore di Forza Italia a Roma (Antonio Tajani, Francesco Giro, Davide Bordini, Claudio Fazzone) è andato a palazzo Grazioli da Silvio Berlusconi, spingendo sulla candidatura di Marchini («se vince, fa il 1, sindaco dieci anni: divisi si perde», dice Gaspatxi). Dall'ex premier anche il leader de «La Destra» Francesco Storace, che è pronto a correre comunque. Berlusconi, invece, spera ancora di convincere Guido Bertolaso, che aveva ritirato la sua disponibilità, causa la nipotina malata. E ora? La repli- I ca dell'ex capo della Protezio- ne civile, da Londra, è secca: «Ho vicende ben più importanti da seguire dei teatrini romani». Le hanno chiesto di ripensarci? «Sì, ma tutto dipenderebbe da un consulto medico a fine settimana, non credo compatibile coi tempi della politica». Non è detto, visto che si registra una pausa di riflessione nel centrodestra. Lo stesso Berlusconi è pronto ad aspettare: «Non c'è fretta. Potremmo anche vedere come vanno le primarie Pd il 6 marzo: l'attesa li innervosisce». Vale anche per il centrodestra, però. Marco Cremonesi Ernesto Menicucci 2 RIPRODUZIONE RISERVATA .mazza Ieri il leader della Lega Nord Matteo Salvini è intervenuto a un presidio in piazza Montecitorio organizzato dal Sindacato autonomo di polizia. «La sicurezza in Italia fa schifo», ha commentato (LaPresse)