Rivista trimestrale della società nazionale
degli operatori della prevenzione
SOMMARIO
NUMERO 38139
OTTOBRE 1996
EDITORIALE
Grandi speranze
di Laura Bodini
CORSIVO
Digitiamo con moderazione
di Giallolimone
2
LETTERE
3
CONTRIBUTI
L'arpa e il dipartimento
di prevenzione
di Eugenio Ariano
Chernobyl
di Laura Bodini
e Francesco Tancredi
Primi esami per i dipartimenti
di prevenzione
di Gian Luca Giovanardi
7
MATERIALI DI LAVORO
20
La valutazione dei rischi
é iniziata
di Gianni Saretto, Nicoletta Cornaggia
e Roberto Zanelli
Aree dismesse: Napoli
di Paolino Trinchese
e Gerardo Barbera
INIZIATIVE SNOP
Direttiva cantieri
di Flavio Coato
La prevenzione in Campania
di Paolino Trinchese
30
EUROPEAN OUTLOOK
38
LE NOTIZIE
Complessità e rischi lavorativi
di Silvana Salerno
Treni e Biciclette
40
DOC
Nuove visite di idoneità
In copertina
Trittico del fieno di Hieronymus Bosch,
delle
Prado
Particolare
Madrid,
Costruzioni infernali, 1500 circa
Newsnop
La direttiva cantieri é stata recepita.
come certamente saprete e come é convenientemente raccontato all'interno, e
così noi abbiamo deciso di dedicare la
copertina ai muratori finalmente tutelati.
Voi, da parte vostra, non dimenticate di
dedicare un poco del vostro prezioso
tempo a qualche sana passeggiata visitando quei cantieri da adesso muniti di
specifica direttiva. Se poi trovate dei
signori che lavorano come quelli raffigurati ricordate loro che anche il sollevamento dei carichi e i dispositivi di protezione sono ben normati. Ma cosa volete,
i muratori della copertina lavoravano nel
1500, anno nel quale potere era assai
diverso da quello che possiamo sventarci di avere noi.
Internet
Snop su Internet é ospite di Ambiente e
Lavoro: http:lwww.amblav.it
48
TUTTI IN POLTRONA
49
WWWSNOP
52
In copertina
il Trittico del fieno di Hieronymus
Bosch, Madrid, Prado
Autoriz.Trib. di Milano n. 416 de! 2517186
Direttore respons.: Giancarlo D'Adda
Direttore: Laura Bodini
Vicedirettore:Alberto Baldasseroni
Prog. grafico e disegni: R. Maremmani
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Operatori della Prevenzione
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Lire 20.000 per quattro numeri
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SOCIETA' NAZIONALE OPERATORI DELLA
PREVENZIONE VIA PROSPERO FINZI, 15
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Indicando la causale del versamento e
l'indirizzo a cui spedire la rivista.
Prezzo di un numero Lire 5.000
Dallo statuto SNOP
Att. I - E' costituita l'associazione denominata "Societ
'az ionate Operatori della Prevenzione" , in sigla SNOl
rrr finalità scientifiche e culturali e con l'obiettivo di
- promuovere conoscenze ed attività che sviluppino t
prevenzione e la tutela del benessere psicofisico
lavoratori e della popolazione in relazione ai rischi derb
santi dall'attività produttiva;
- sostenere l'impegno politico e culturale per In srilupi
di un sistema integrato di servizi pubblici di prevenzio
gli ambienti di vitae di lavoro. finalizzato alla ritti
ne dei rischi derivanti dalle attività produttive;
- favorire lo scambio di esperienze e informazioni fra
operatori ed il confronto sulla metodologia ed i coni
mai dell'attività per raggiungere l'omogeneità de
'modalità di interv ento e della qualità di lavoro a licei
atonale:
promuovere un ampio confronto con le istituzioni,
orze sociali e le altre Associazioni scientifiche su que
temi; diffondere l'informazione e la cultura della prePenzione_
A
Ci
PER I SOCI SNOP
Le quote sociali per il 1996 sono
socio ordinario 60.000 (sessantamila)
socio sostenitore 100.000 (centomila)
SU QUESTO NUMERO
Cronache dal nuovo palazzo ma anche
proposte.
Esperienze sul Dipartimento di Prevenzione possibile e non solo nella Padania.
Ventennale di Seveso, decennale di
Chernobyl: solo celebrazioni?
Appuntamenti SNOP di autunno su
grandi comparti: edilizia, ospedali e
agricoltura: veri banchi di prova dell'applicazione del 626.
Pagare più puntualmente il pedaggio se
vorrete avere sempre questa bella rivista
o, per i più fortunati, essere associati a
SNOP.
SUL PROSSIMO
NUMERO
Conclusioni della Convention SNOP
Infortuni e 626: una occasione di verifica del nuovo sistema prevenzione
a cura della sezione Veneto
11 sistema veterinario nel Dipartimento di Prevenzione
a cura di Aldo Grasselli, segretario della
SIVEM
Banca dati soluzioni: ora o mai più
Aree dismesse:
nuove riflessioni di lavoro
a cura dei servizi milanesi
W
GRANDI
SPERANZE
di Laura Bodini
Traggo il titolo di questo breve editoriale più che dalla realtà dell'oggi, dal
grande romanzo visionario di Charles
Dickens che, come sanno gli amici più
fidati, rimane il mio vero punto di riferimento, immaginando il suo protagonista
Pip alle prese non con i suoi soliti luoghi: la palude, la nave dei galeotti, la prigione, l'antro della strega, la tana dell'orco, il fiume immerso nella nebbia, il
castello fatato, ma con i servizi della
Pubblica Amministrazione e noi operatori della prevenzione di cui SNOP continua ad essere un riferimento importante.
Avverto i tanti suscettibili che stavo
ovviamente scherzando...ma certamente
rispetto al numero scorso vi sono delle
novità.
Ha vinto il centro-sinistra, molti interlocutori dei tempi passati occupano oggi
posti di rilievo nel Palazzo e sin dai
primi giorni del loro mandato ci siamo
fatti sentire.
Il Ministero della Sanità, forse anche
dopo la nostra lettera al ministro Rosy
Bindi ha finalmente un sottosegretario
alla prevenzione: Bruno Viserta.
Il Presidente della Commissione Sanità
del Senato, Francesco Carella è un
medico del lavoro e (quindi) un vecchio
socio della SNOP Puglie.
E' sottosegretario al Lavoro Antonio Pizzinato, che ci segue dalla nascita: dal `68
per i primi incontri sulla nocività nella
Facoltà di Medicina di Milano occupata,
al fondamentale Libro Bianco della
Breda Fucine. dalla fondazione dei primi
servizi territoriali di medicina del lavoro
degli anni `70, fortemente voluta dal
Sindacato e via via sino all'intervento al
Convegno SNOP di Parma nella nostra"
svolta dell'89" quando era ancora Segretario nazionale della CGIL; per non parlare del collaudatissimo Senatore Carlo
Smuraglia, Presidente della Commissione Lavoro al Senato, del vice Ministro ai
Lavori Pubblici, Gianni Mattioli, che
con Edo Ronchi, Ministro dell'Ambiente ci sostennero anche in contrasto con
gran parte del mondo verde, contro il
referendum del `93 sulle competenze
ambientali.
Bassanini, oggi Ministro innovatore per
la Pubblica Amministrazione, fu tra i
primi firmatari dei Patti con Ambiente e
Lavoro. Con Vera Squarcialupi ( oggi al
Senato ma per molti anni al Parlamento
Europeo) la sottoscritta, ne] lontano
1976, lavorava agli emendamenti delle
primissime direttive CEE su salute e
sicurezza e via elencando...
Insomma che sia la volta buona per
affermare finalmente le nostre proposte e
che la prevenzione sia sì la Cenerentola,
ma finalmente con il suo bel Principe?
Intanto abbiamo fatto sapere i punti irrinunciabili:
• regionalizzazione del sistema prevenzione con forte coordinamento tra
sanità e ambiente;
• budget autonomo del 6% del Fondo
Sanitario Regionale per i Dipartimenti di prevenzione (5% e 1% a ARPA)
che vi devono essere ovunque e con
risorse umane, tecnologiche e formative adeguate;
• maggiore ruolo del Coordinamento
delle Regioni come interlocutore e
maggiore trasparenza e partecipazione
nelle regioni su come vengono destinati i fondi della prevenzione;
• chiarezza assoluta di competenze tra
servizi e Ispettorati del lavoro in sede
di applicazione delle direttive UE;
• recepimento pronto e non complicato
da inutili burocratismi delle direttive
europee in tutti i campi della prevenzione;
• semplificazione delle norme sanzionatorie e maggiore coerenza tra reati e
pene previste;
• valorizzazione delle figure tecniche
dal punto di vista del ruolo e dell'autonomia;
• fare diventare la prevenzione più cultura e meno leguleia.
Su questo ultimo punto, che riprende i
nostri vecchi temi di Pisa, stiamo proponendo ad un ragazzo sensibile alla
comunicazione (Walter Veltroni) ma
anche al Sindacato e alla parte più sensibile delle imprese: una campagna vera
sulla prevenzione che faccia diventare
"comportamento non insolito" la sicurezza.
Abbiamo valutato molto positivamente
alcune proposte di regionalizzazione di
alcuni pezzi dei Ministeri come l'Ispettorato del lavoro, di semplificazione
delle procedure, di ripresa insomma di
quella Pubblica amministrazione se non
amica almeno non nemica
In questo numero vi è l'annuncio della
Convention SNOP di autunno, un
momento importante di discussione, in
modo da non delegare alle solite vecchie
cariatidi, alle quali anche la sottoscritta
appartiene, il nostro e vostro futuro.
La prevenzione si sta affermando come
2
valore positivo nella applicazione delle
direttive europee in tutti i campi dalla
tutela dell'ambiente a quella degli alimenti alla salute nel lavoro.
Dobbiamo essere in grado di rafforzare il
nostro ruolo di "Casa Comune della Prevenzione" dove ci sia rigore e coerenza
di programmi di controllo, ma anche
capacità di comunicare in modo moderno e partecipare alla formazione dei vari
soggetti.
Personalmente in questi primi mesi di
mandato da Presidente SNOP ho cercato
di mantenere piuttosto alto il livello di
comunicazione tra le sezioni regionali,
con una attenzione maggiore a quelle
meridionali, perché credo profondamente che un segnale positivo possa e
debba venire dall'altra faccia della luna.
Ed i disagi di molti operatori delle regioni (ex?) ricche, che anche su questo
numero di SNOP troverete descritti,
sono un esempio che non è possibile
dare per scontato nulla.
DIGITIAMO
CON MODERAZIONE
seguire alcune semplici regolette di composizione. Eccole:
• scrivere pensando che qualcuno
dovrà leggere, e dunque cercare di
non essere troppo noiosi e non dilungarsi in inutili ripetizioni;
• usare possibilmente un solo corpo e
un solo carattere, limitando al massimo le evidenziazioni;
• limitare le tabelle, ma soprattutto concepirle come oggetti utili alla comprensione del testo, evitando complicati grafici multicolori, stante il , fatto
che snop esce a due colori e che le
larghezze e le altezze ammissibili sono
predeterminate;
• dare ai vostri pezzi titoli semplici e
chiari;
• non introdurre gli "a capo " a ogni
riga e usare invece quelli automatici
del programma;
• non fare doppi spazi, e tantomeno
farne di tripli;
• non mettere spazi prima dei due punti,
del punto e virgola, del punto e così
via e usarli invece con regolarità
dopo;
• limitare le tabulazioni e le altre diavolerie chiamate rientri, spazio prima,
spazio dopo, interlinee buffe, sfondi,
bordi e via dicendo, che spesso complicano il passaggio di formato;
• ricorrere con moderazione all'uso
delle sigle, che fanno diventare anche
il testo più semplice uno scritto per
iniziati;
• salvare il tutto in Word per Windows,
se potete.
Naturalmente nonostante i Vostri sforzi e
la Vostra abilità noi riusciremo sempre a
riportare i Vostri testi a un'uniformità
banale ma dignitosa, anche perché
quando dovessimo valutare che per
riformattare le Vostre 10 o 10.000 righe
ci occorresse più tempo che a digitarle
ex-novo, possiamo sempre cliccare l ' icona del file, e trascinarla nel cestino.
Voi non ve ne accorgerete, o almeno lo
spero, ma con questo numero qualcosa é
cambiato nel modo di fare la rivista.
Quello che fino a ieri gli autori scrivevano, giungeva alla redazione prevalentemente sotto forma di fax, ma non mancavano i dattiloscritti inviati per posta o
per corriere.
Successivamente alcuni abili dattilografi riversavano ogni pezzo in un computer, sotto forma di lindi file. Per semplificare il procedimento abbiamo chiesto
agli autori di mandarci dei dischetti, se
non addirittura di trasmetterci per via
telematica le opere del loro fervido ingegno: un passo necessario e doveroso,
che semplificherà nel tempo le fatiche
necessarie a , far uscire la rivista. Nel
tempo, appunto, e speriamo nel breve
tempo. Per . far sì che il tempo sia il più
breve possibile, siamo qui a pregarvi di
Per la prevenzione quindi Casa desolata
o Grandi speranze, sempre per citare
ancora due famosi romanzi dell'amato
Dickens?.
A tutti noi l'ardua sentenza.
Giallolimone
i
NOTA DELLA
REDAZIONE
Il documento degli operatori di Firenze,
le lettere di Riccardo Tartaglia e della
collega Spartera (ri)aprono un fronte di
discussione importante.
Come ci si confronta con le novità insorte in questi ultimi anni, da un punto di
vista dell ' organizzazione e dei contenuti
del lavoro dei servizi di prevenzione nei
luoghi di lavoro?
'
L esperienza toscana, per molti aspetti
ricca di luci, ma anche di ombre, è un
buon banco di prova degli scenari futuri: può la frammentazione settoriale e
monoprofessionale essere recuperata da
finzioni di coordinamento che si moltiplicano?
SNOP, che si è sempre innegabilmente
battuta per la rottura degli steccati tra le
professioni, auspicando che non esistessero discriminazioni nell'assunzione di
posizioni di responsabilità in servizi per
la loro stessa natura multidisciplinari,
deve riprendere con iniziative e dibattiti
serrati, anche in vista della Convention,
questi temi.
Certamente, quello che è accaduto in
Toscana, e bene descritto dai colleghi di
Firenze, è anni luce distante. Si assiste
alla letterale scomparsa dei servizi,
sostituiti da unità operative di medici, di
tecnici, di vigilanti, di infermieri, di
amministrativi...
Il tutto senza più responsabilità univoche.
'
Nel frattempo sono sorti all interno
delle Aziende sanitarie nuovi servizi
interni eli medicina del lavoro (composti
da personale dei servizi di prevenzione),
destinati soprattutto a fornire prestazioni a pagamento a esterni.
Lungi dal seguire un percorso organiz-
zativo coerente che premi fortemente chi
rimane legato al mandato preventivo sul
territorio, tutto ciò sembra preludere a
una liquidazione dell'esperienza precedente, senza che, come al solito, ci si
preoccupi affatto di misurare l'efficacia
di quanto viene lasciato, in nome di
ideali molto in voga di "ripiano del deficit" (nostro?), tagli e razionalizzazioni a
senso unico.
Per tali ragioni il nostro primo incontro
con il Senatore Bruno Vìserta, primo sottosegretario alla prevenzione del Governo dell ' Ulivo, si è incentrato proprio su
questi temi.
Ma l'altro aspetto fortemente etico contenuto nella lettera dei colleghi toscani
ci ha fatto riflettere sull'importanza di
mantenere fermo l'orizzonte del nostro
mandato: contribuire a migliorare le
condizioni di lavoro con indagini non
casuali, sportelli informativi, corsi
sequestri, manifesti o quant ' altro.
Dopo tredici anni di lavoro nel Servizio
di Igiene e Sicurezza del Lavoro di
Taranto, più che amministratori, politici,
mancanza di fondi, scarsissime disponibilità e difficoltà varie (che tutti conoscete), poté la SNOP.
Mi ritiro nel Settore Chimico del PMP,
poi ARPA, avendo constatato che la
SNOP ha accettato la spartizione: chimici (cioè la sottoscritta) nell'ARPA, e
medici (cioè la maggioranza della
SNOP, incluso il vicepresidente pugliese) nel Dipartimento.
A dire la verità, continua a sembrarmi
difficilmente sostenibile e in lieve disaccordo con alcuni nostri trascorsi politico-ideologici la soluzione della separazione della prevenzione in parte medica,
parte chimica, parte ingegneristica e così
via (che so, biologica, ispettiva e chi più
ne più ne metta).
Continuano a sembrarmi inestricabilmente collegate medicina del lavoro,
igiene industriale, tossicologia industriale, sicurezza impiantistica ecc. ecc., e
ancora necessaria nella prevenzione
quella che, un tempo, veniva detta interdisciplinarietà.
Ma queste, a dirle ora, sembrano affermazioni scontate e ir r ealizzabili: sembra
tramontata la speranza di mantenere nei
Servizi le figure non-mediche (ma che
brutta parola, visto che, come donna, ho
tanto lottato per non essere considerata
non-uomo).
In Puglia si afferma (nel regolamento
regionale del Dipartimento, elaborato
con la partecipazione del Dott. Fulvio
Longo) che il responsabile dei Servizi di
Prevenzione degli Ambienti di Lavoro
può essere solo un Medico del Lavoro, e
che (cito) per me, forse, è meglio andare
nell'ARPA.
Bene: tanti saluti. Ma non diciamo che
tutto questo è giustificato da una pretesa
"centralità" della figura medica nella
prevenzione.
Almeno non ci prendiamo in giro: gli
Snoppini, diventati grandi, pensano un
po' più alla carriera e un po' meno al loro
passato. Tanti saluti; mi iscrivo all'Associazione dei Chimici Igienisti, con un
caro ricordo degli amici che rimangono.
Se può essere di interesse.
Maria Spartera
3
RISPOSTA
DI FULVIO LONGO
ALLA LETTERA
DI MARIA SPARTERA
RIFLESSIONI
SULLE CARENZE
NELLE ATTIVITÀ DI
UNA USL DI FIRENZE
Leggo con una certa sorpresa e rammarico la lettera di Maria Spartera. E' sicuramente un indicatore dello stato di sofferenza che tutti (dico tutti) gli operatori
della prevenzione stanno attraversando
tra riordino del Servizio Sanitario regionale, istituenda Agenzia, aziendalizzazione delle USL, recepimento delle direttive
europee in tutti i campi, contratti.
Tuttavia, ricorrendovi riferimenti anche
personali è opportuno precisare che:
1) L'associazione svolge un ruolo di promozione culturale e scientifica e non può
e non deve sostituirsi o confondersi con
compiti di tutela sindacale;
2 spesso accade che la collaborazione
(del tutto gratuita) offerta al settore della
regione che si occupa di prevenzione nei
luoghi di lavoro viene scambiata con
l'ingresso nella fatidica stanza dei bottoni, ove tutto è possibile, basta chiedere; é
strano che si debbano ricordare queste
cose a chi conosce benissimo la situazione pugliese;
3) sono ampiamente note le nostre iniziative e proposte per la salvaguardia
della unitarietà degli interventi prevenzionali e la tutela dell'autonomia professionale dei diversi soggetti agiscono in
prevenzione.
Non abbiamo voluto noi il referendum
del '93, come non vogliamo automatismi
per cui tutto il personale dei PMP passi
ali' ARPA (vedi a proposito l'articolo di
Giovanardi sul Dipartimento di Parma su
questo numero , ndr);
4) da circa tre anni la nostra sezione
regionale é guidata da un bravissimo collega (chimico!), sempre partecipe e
informato di ogni iniziativa di collaborazione presso l'assessorato compresa la
elaborazione del regolamento del Dipartimento;
5) i medici del lavoro non costituiscono
affatto la maggioranza degli iscritti alla
sezione regionale Puglia.
I sottoscritti firmatari sono operatori
della prevenzione nei luoghi di lavoro
della USL l0, zona Nord-Ovest. In quest ' area sussiste la più alta concentrazione industriale della provincia di Firenze,
notevole attività edilizia (il settore a
maggior rischio di infortunio) e tre grandi opere ferroviarie: il tunnel sulla Firenze-Pisa, la Faentina e la TAV. Le attività
sono concentrate in due poli (il triangolo
Campi-Calenzano-Sesto e la zona di
Scandicci - le Signe), per cui le attività
di prevenzione sul territorio sono necessariamente strutturate su due presidi. Il
presidio Scandicci-le Signe, già precedentemente sottodimensionato, è ora
quasi del tutto sguarnito, da quando tre
operatori si sono trasferiti ad altre attività, a seguito della costituzione del
S.P.P. della USL. L'Azienda non ha
altresì adottato provvedimenti per il loro
totale reintegro: le indicazioni circa
"l'aiuto" reciproco fra i due presidi possono infatti coprire l'emergenza e, solo
in minima parte, l'attività quotidiana.
Queste le premesse. I problemi hanno
però maggiore portata e radici più
profonde nelle mancanze culturali e di
volontà degli organi politici, che stanno
abbandonando alla deriva i servizi di
Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL).
Gli ultimi anni hanno visto notevoli
mutamenti, sia per il riassetto organizzativo legato alla riforma delle USL, sia
per l'emanazione di due DD.LL., il
758/94 e soprattutto il 626194 che, innovando i criteri di base dell'attività di prevenzione, possono offrire, se correttamente gestiti, prospettive di innalzamento del livello di tutela della salute. I servizi PISLL, che dovrebbero essere motori di tale trasformazione, corrono però il
rischio di mancare del tutto l'appuntamento.
E' infatti progressivamente scomparsa la
referenza dei Comuni e soprattutto il
dialogo con la Regione Toscana, che ha
ridotto i contatti con i servizi con una
direzione sempre più verticistica, lontana ed assente dai bisogni concreti. In
particolare:
• La formazione e l'aggiornamento del
personale, minimo vitale per l'attività,
sono affrontati in modo parziale, epi-
4
sodico e con estremo ritardo. L'unica
iniziativa di una certa ampiezza, sul
D.L. 626, è stata realizzata a due anni
dalla sua pubblicazione.
• La Regione non ha sinora proposto,
con riferimento al nuovo scenario,
strategie operative per la prevenzione.
Manca cioè la definizione di obiettivi
chiari, concreti e ragionevoli, capace
di offrire ricadute concrete sull'utenza
e motivare gli operatori nell'impegno
quotidiano.
• Ulteriori problemi nascono dalle
modalità di attuazione dell'organizzazione in Unità Operative Monoprofessionali. Tale modello, pensato per il
settore sanitariolospedaliero (dove i
diversi profili professionali svolgono
attività assai differenziate), è stato
esteso in modo grossolanamente acritico al settore PISLL (dove l'attività è
invece affrontata in modo congiunto
ed interdisciplinare), senza fornire
strumenti organizzativi precisi e funzionali che consentano lo sviluppo del
progetto e la gestione unitaria dell'attività in ogni zona, spingendo così
ulteriormente verso un caos totale.
Paradossalmente, ciò avviene proprio
quando il D.L. 626 sulla prevenzione
nei luoghi di lavoro rendo obbligatorio per le aziende private il modello
interdisciplinare.
Fino ad ora tali problemi sono stati in
parte tamponati dall'impegno personale
degli operatori, che hanno provveduto da
soli alla propria formazione e ad un
minimo di progetto e coordinamento
dell'attività, basandosi sulle reciproche
relazioni informali. Anche questo livello
minimale rischia però di venir meno a
seguito della prossima attuazione del
modello organizzativo voluto dalla
Regione, per ulteriori problemi.
La prima difficoltà, presente nella USL
10 ma probabilmente comune ad altre
USL toscane, viene dalle modalità di
realizzazione del Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) che tutela il personale interno. La direzione lo ha costituito prelevando circa 13 operatori dai
servizi PISLL e prevedendo di non reintegrarli, se non in minima parte. La USL
adempie quindi ad alcuni obblighi di
tutela dei propri dipendenti, ma a spese
di tutti i rimanenti lavoratori del bacino
di utenza. Ciò in contrasto con il Piano
Sanitario Regionale (PSR), che pone l'onere del SPP a carico delle attività di
supporto per la direzione, e non del
Dipartimento di Prevenzione.
Ulteriori riduzioni della disponibilità di
personale derivano poi dalla realizzazione della TAV, che già nei preliminari
assorbiva molta attività e ora si appresta
ad entrare in piena operatività, con moltiplicazione della domanda. 11 progetto
di intervento, approntato insieme agli
omologhi servizi della Regione Emilia
Romagna, prevede la necessità di almeno 12 operatori aggiuntivi e ampie dotazioni strumentali. Oggi, con i cantieri già
aperti, manca il personale, manca la strumentazione di misura dell'inquinamento
ambientale, mancano perfino gli automezzi che consentano i sopralluoghi in
galleria, mancano i previsti 2 miliardi di
finanziamento, chiusi dalla Regione nel
cassetto dei sogni. Si ricordano a tale
proposito gli otto infortuni mortali verificatisi nei 27 Km di tratta dell'alta velocità Firenze-Roma, mentre la TAV prevede gallerie per ben 71 Km.
I problemi esposti riguardano non tanto
il disagio egli operatori, quanto la salute
dei lavoratori. Da tempo si verifica infatti una flessione quantitativa e qualitativa
nell'attività di PISLL, prima basata sulla
programmazione per piani di comparto e
oggi ridotta ad un'affannosa e vana rincorsa delle emergenze. La stessa attività
di Polizia Giudiziaria - come potrà rilevare la Procura della Repubblica - si
riduce sempre più al compimento degli
atti dovuti su richiesta del P.M., mentre
quella d'iniziativa diminuisce e diviene
estemporanea e priva di strategia.
In questo stato, le dichiarazioni di intenti del PSR, "piani di prevenzione in edilizia, aumento di interventi del 10%",
sono mera propaganda: di fatto, gli operatori rilevano, giorno dopo giorno, un
peggioramento delle condizioni di lavoro e un aumento del rischio, soprattutto
in quei settori - come l'edilizia - ove i
pericoli sono più gravi ed evidenti. Gli
standard prima raggiunti stanno arretrando e il proseguimento in questa direzione porterà inevitabilmente all'aumento
di infortuni e malattie professionali, con
costi sociali elevati, ancor più odiosi e
inaccettabili in quanto potenzialmente
evitabili.
La situazione contrasta con le stesse esigenze imprenditoriali, ma ciò non sempre è percepito: il minor numero di interventi, distribuiti dal caso su tutte le
aziende, diminuisce infatti la sensazione
di "pressione". Questo nasconde però
iniquità e inefficienza. In questa situazione, la probabilità che un'azienda
"subisca" controlli è indipendente dal
livello di rischio e ogni imprenditore
"colpito" resta, nel rapporto con le istituzioni, un "caso individuale " . Un recupero della programmazione, che indirizzi
l'attenzione sui problemi più gravi di
comparti produttivi omogenei, oltre a
risultare più equo ed efficiente, faciliterebbe interventi costruttivi di associazio-
ni di categoria o istituzioni politiche,
particolarmente importante per i settori
con difficoltà strutturali. Di qui la possibilità di riduzione dei disagi del singolo,
assieme all'accrescimento delle ricadute
positive.
Altri pericoli vengono infine dalla Legge
Regionale 37/96, che consente alle
Aziende USL di svolgere a pagamento
consulenza alle imprese, aprendo uno
scenario facilmente intuibile:
• USL attratte, nell'attuale logica mercantile, dal ricco settore della consulenza, a scapito del "ramo secco" della
prevenzione;
• ulteriore emorragia di personale dai
servizi PISLL verso la consulenza,
sostenuta dai meccanismi di incentivazione, che incoraggiano le prestazioni vendibili, quali che esse siano;
• insanabile divisione, entro le USL, fra
"buoni" della consulenza e "cattivi"
della prevenzione.
Per quanto esposta, chiediamo che la
conferenza dei Sindaci e la Giunta
Regionale Toscana diano un netto segnale, respingendo ii Piano Attuativo Locale della USL 10, come attualmente formulato, fino a quando lo stesso non prevederà, secondo le indicazioni del PSR.,
il reintegro del personale sottratto dal
settore PISLL. Riteniamo inoltre indispensabile garantire, su tutto il territorio
regionale, l'uniformità dei criteri di tutela della salute, chiedendo quindi che la
Regione controlli in tutte le Aziende
USL le modalità di realizzazione dei
SPP, intervenendo, qualora necessario,
per assicurare il rispetto del PSR.
Chiediamo inoltre alla Regione di intervenire sulla questione della consulenza,
vincolando la possibilità di effettiva attivazione di tale settore nelle varie Aziende USL al mantenimento della piena
integrità numerica del settore PISLL.
Siamo perfettamente consci che molti
dei problemi esposti hanno cause
profonde nel deficit dello Stato e nelle
vicende tumultuose degli ultimi anni, Il
riassetto è in corso nell'intero settore
pubblico ma, a maggior ragione, questa
fase di trapasso deve essere governata
con ragione: le scelte, quanto più sono
difficili e dolorose, tanto più devono
essere intelligenti. Ritagliarsi una
sopravvivenza quotidiana aspettando
tempi migliori è perdente. Una gestione
notarile che, per tagliare comunque le
spese, punti al rendiconto giornaliero
anziché al rilancio, ci condanna tutti:
condanna gli Operatori, condanna le
Aziende USL, condanna la stessa
Amministrazione Regionale e i Comuni
e, soprattutto, disgrega il tessuto sociale
finora faticosamente intrecciato.
Respingiamo perciò in anticipo l'ipocrisia di chi volesse nascondersi dietro le
difficoltà generali - come il blocco delle
assunzioni - per sostenere che mancano
sbocchi cd è meglio continuare a pensare ad altro. L'immobilismo non ha scuse:
• alcuni oculati investimenti, possibili
anche ora, sono in grado di offrire
notevoli risultati con spese modeste,
ad esempio gli automezzi necessari
per i sopralluoghi sulla TAV;
• i bisogni non si limitano al personale
e ai mezzi: la predisposizione di realistiche indicazioni operative per le prevenzione necessita di idee, oltre che di
denaro.
In riferimento alla TAV, ci chiediamo
quale sia stata la strategia della Regione
Toscana, che non ha definito in modo
certo le risorse necessarie alla prevenzione e le relative modalità di finanziamento fino allo studio preliminare dell'opera. Nella riflessione in materia di
ambiente e sviluppo sostenibile, è infatti
criterio ormai scontato che le attività
economiche debbano prevedere trai costi
tutte le loro ricadute sulla collettività; fra
queste vi sono certamente le esigenze
create in termini di prevenzione, che non
possono considerarsi opzionali.
Gli elementi fin qui evidenziati convergononell'individuare il punto centrale
dei problemi e di ogni possibile soluzione, ancora nella cultura e nella volontà
politica.
Chiediamo quindi alle forze politiche di
ripartire dalla riflessione sull'intero progetto prevenzione, poiché l'attuale disattenzione e non governo equivale già, nei
fatti, a uno smantellamento dell'attività.
Questa situazione colpisce i lavoratori
nel loro diritto alla salute e contemporaneamente quelle forze imprenditoriali
più attente e innovative, che si trovano
paradossalmente spiazzate e penalizzate.
1 problemi sin qui esposti dovrebbero
essere già pienamente conosciuti da chi
ha responsabilità di governo in materia
sanitaria, e in particolare della prevenzione, a tutti i livelli di intervento; da
oggi comunque nessuno potrà dire "non
sapevo, non ero a conoscenza".
A ciascuno, la piena responsabilità delle
proprie scelte politiche e amministrative.
Gli Operatori
(seguono firme)
5
PREVENZIONE
IN TOSCANA
SENZA IDEE
O SENZA TESTA?
pure e semplici illazioni, possono essere
spiegate con delle constatazioni o interrogativi dalla risposta ovvia.
In Toscana, negli incontri che occasionalmente si hanno tra ex aiuti ed ex assistenti di medicina del lavoro (è ancora il
modo più semplice per definirci), emerge sempre più spesso e sempre più acuto
un senso di insoddisfazione e di disagio
per come stanno andando le cose da
dopo il DL 626 e l'emanazione delle
leggi sul nuovo assetto organizzativo
delle ex USL. Tale malessere è reso
ancora più grave dall'impossibilità, per
la mancanza di punti di riferimento o
momenti di aggregazione, di manifestare
il proprio scontento. Alcuni dei colleghi,
pensando di fare la scelta più conveniente, sono diventati medici competenti;
altri invece, e sono la maggioranza, sono
rimasti a lavorare nei servizi, ma con
molti dubbi e perplessità sul futuro e, in
particolare, sui cambiamenti che si prospetta possa avere l'attività lavorativa (si
fanno solo visite mediche agli apprendisti, commissioni medico-legali e controllo burocratico delle valutazioni del
rischio, o qualcosa di più gratificante
professionalmente? Sarà ancora possibile
fare il medico del lavoro, o forse, data la
pletora medica, faremo le stesse cose dei
tecnici ma con uno stipendio più alto?
Dovremo fare prevalentemente gli insegnanti della materia di igiene e sicurezza
del lavoro a sindacalisti e lavoratori?).
Tale stato di insoddisfazione e di disagio
non si può non addebitare a quei dirigenti (locali e regionali) che, pur avendo
il ruolo e la funzione, non hanno sino ad
ora saputo governare in modo credibile
ed adeguato il cambiamento, facendo
così emergere l'esistenza di un vuoto di
idee e alimentando la preoccupazione
degli operatori sul proprio futuro. Queste
ultime affermazioni, per non diventare
6
Le constatazioni.
• Più che in passato, per la loro complessità, i problemi di igiene e sicurezza del lavoro hanno bisogno di un
approccio interdisciplinare. Questo
principio è stato completamente disatteso dalla Regione Toscana che, nonostante il parere contrario della maggior parte dei responsabili, unica
regione in Italia, ha provveduto nella
ristrutturazione del settore ad una sistematica destrutturazione dei servizi di
PISLL in varie unità operative (di soli
medici, ingegneri, tecnici), eliminando
di colpo una delle peculiarità del
modello italiano di prevenzione nei
luoghi di lavoro. Poco credibili stanno
risultando i tentativi in corso di attuazione di riunire nelle varie aziende
USL ciò che è stato forse irreparabilmente diviso con una legge regionale.
• Contrariamente a quanto era da molti
stato auspicato, il nuovo assetto organizzativo del settore della prevenzione
e sicurezza nei luoghi di lavoro è stato
definito senza una preventiva e seria
analisi dei bisogni alla luce della
nuova normativa. Non sono mai stati
resi noti dalla Regione Toscana studi
di analisi del lavoro e/o ipotesi organizzative di sviluppo della prevenzione come conseguenza dell'applicazione delle direttive comunitarie o dei
cambiamenti del mondo del lavoro
(nuove tecnologie, immigrazione
ecc.). (Qualsiasi esperto di organizzazione dei lavoro raggelerebbe nel
vedere realizzata in questo modo una
struttura aziendale).
• La Regione Toscana, nonostante sia
tra quelle in Italia che hanno i servizi
più dotati di mezzi e di personale, ha
dato alla realizzazione delle linee
guida regionali sulla 626 un contributo solo marginale al documento, non
risultando come referente in nessuna
delle parti.
• Nonostante la 626 tenda a migliorare
la qualità delle prestazioni in materia
di igiene e sicurezza del datore di
lavoro, prevedendo quindi un confronto tecnicamente più alto con l'operatore di vigilanza e controllo, non sono
state previste in Toscana strutture di
secondo livello che possano sopportare con competenza l'attività di vigilanza e controllo dei servizi, né è pensabile o credibile, non essendo sino ad
oggi mai avvenuto, che questo secondo livello sia rappresentato dall'ARPAT (ex PM1P) o dagli Istituti di
Medicina del Lavoro, da sempre ad
altre faccende affaccendati. (Ma i servizi territoriali sono davvero così
autosufficienti?).
• Il numero dei medici dei servizi pubblici che è addetto alla vigilanza e
controllo in Toscana, anche con il passaggio di alcuni colleghi alle funzioni
di medico competente della USL, è tra
i più alti in Italia e in Europa (dati
facilmente verificabili). Analogamente, il numero di primari di servizi pubblici di medicina del lavoro toscani è
nettamente superiore a quello di
regioni con un numero più elevato di
lavoratori. (Purtroppo non si può
affermare che a questo elevato numero di medici del lavoro corrisponda in
Toscana una condizione migliore nel
campo dell'igiene e sicurezza del
lavoro rispetto a quella di Emilia,
Lombardia, Veneto, Piemonte).
• Nonostante che una pletora di medici
si trovi oggi a svolgere funzioni di
vigilanza e controllo (ma quali sono le
competenze del medico in questa funzione?), le Aziende Sanitarie non sono
ancora tutte in grado di rispondere
adeguatamente alla domanda di consulenza delle imprese che richiedono
sorveglianza sanitaria o valutazione
del rischio, lasciando il mercato aperto dalla 626 in mano quasi totalmente
ai privati.
Gli interrogativi.
• Che interesse può avere un Direttore
generale ad avere all'interno della sua
azienda un servizio di vigilanza e controllo che, oltre a rendergli poco dal
punto di vista finanziario, lo può sanzionare per le sue eventuali inadempienze? Quale tranquillità professionale può avere un operatore della prevenzione nello svolgere le sue funzioni di UPG nei confronti del direttore
generale con ben altri poteri rispetto al
passato Presidente della USL?
• E' possibile che un'azienda sanitaria
che deve svolgere attività di vigilanza
e controllo possa offrire anche consulenza a pagamento alle imprese?
Siamo gli unici in Europa ad avere
interpretato in tal modo la direttiva
europea facendo permanere la contraddizione ormai storica del controllore che si controlla; è questa l'originalità del modello italiano di prevenzione nei luoghi di lavoro?
• E' possibile continuare ancora ad
occuparci di infortuni e malattie professionali, o più in generale di salute
dei lavoratori, senza mai avere un
obiettivo misurabile? Il rischio è quello dell'affaccendamento inutile, con
conseguente spreco di risorse.
• E' possibile con l'attuale assetto organizzativo delle USL, ognuna feudo a
sé stante, e l'attuale burocrazia regionale star dietro in tempo reale ai cambiamenti continui nel mondo del lavoro e, in particolare, della tecnologia, e
di conseguenza adeguarsi rapidamente ai nuovi bisogni di salute? Il titolo
VI del 626 sui videoterminali è basato
su studi e ricerche che risalgono alla
fine degli anni `70-primi anni `80;
l'informatica di oggi (hardware e
software) è quella di circa 20 anni fa?
Queste constatazioni e interrogativi
credo che molti degli operatori dei servizi se li siano già posti, anche se le notevoli differenze esistenti nelle varie regioni, sia riguardo alla storia che all'assetto
organizzativo, limitano la validità di
alcuni alla sola Toscana. Se si è intellettualmente onesti, si dovrà iniziare una
riflessione seria, senza paura di mettere
in crisi il proprio ruolo, soprattutto i primari, per dare delle risposte. Se ciò non
avverrà, come sta di fatto accadendo,
sarà poi la realtà dei fatti a far emergere
le contraddizioni e a determinare un
malessere tra gli operatori ancora più
forte dell'attuale. 1 primari, visto che
non hanno più da pensare (almeno nella
maggioranza dei casi) a sviluppi della
loro carriera e qualche responsabilità
forse ce l'hanno per la situazione creatasi, potrebbero a questo punto fare una
proposta credibile (senza litigare) per
migliorare la situazione?
Quello che colpisce in Toscana è che non
siano più gli operatori della prevenzione, ma altri a fare proposte per risolvere
i problemi. Spero, a questo proposito,
che la proposta di revisione dell'attuale
assetto organizzativo della prevenzione,
che Ambiente e Lavoro si appresta a portare avanti in Toscana, abbia un futuro
senza essere bloccata semmai con manovre sotterranee.
Mi farebbe piacere avere una risposta su
quanto affermato da qualche dirigente
che si senta tirato in causa, anche se non
credo proprio che ci sarà. L'abitudine è
sempre quella di lanciare il sasso ma di
nascondere la mano.
Riccardo Tartaglia
L'ARPA E IL
DIPARTIMENTO DI
PREVENZIONE
di Eugenio Ariano
IL MODELLO OPERATIVO
DELLA PREVENZIONE
Probabilmente parte delle difficoltà che
incontra oggi la prevenzione deriva dalla
mancata evidenziazione in termini quantitativi di alcune connessioni tra fattori di
rischio e danni; fatto che, tra l'altro, ha
consentito lo sviluppo di tendenze culturali che hanno portato a separare, quantomeno in termini organizzativi, la tutela
dell'ambiente - e quindi la vigilanza su
alcuni fondamentali fattori di rischio per
la salute umana - dalla tutela della salute
Negli anni recenti nei servizi si è acquisito il concetto che occorre conoscere
organicamente i fattori di rischio e che
questa funzione è almeno altrettanto
importante di quella di vigilanza e controllo; ciò vale anche per la conoscenza
dei danni e la conseguente possibilità di
esplicitare e quantificare il rapporto
rischio/danno, e quindi la prevedibile
efficacia della rimozione del rischio.
Lo schema mostra come in effetti sia
inscindibile la tutela della salute dalla
tutela dell'ambiente; e quanto la conoscenza del rapporto rischio-danno possa
essere importante nella programmazione
degli interventi e dell'uso delle risorse.
Questo processo, di estrema importanza
per il futuro della prevenzione, può
avvenire solo attraverso l'inserimento a
pieno titolo nelle competenze e nella
attività dei Servizi dell'epidemiologia
occupazionale e ambientale, dotando il
Dipartimento di Prevenzione di strumen-
7
ti per una raccolta sistematica di dati sui
fattori di rischio, i cambiamenti nell'ambiente e l'efficacia degli interventi, e
creando un sistema organico di raccolta
di informazioni sulle patologic non
infettive che consenta il raccordo epidemiologico tra "peso" del rischio e "peso"
del danno.
Per cogliere appieno l'importanza di
estendere e organizzare a livello periferico l'attività epidemiologica è importante inoltre tener presente che vi è una
tendenza di fondo al decentramento
delle decisioni:
• perché crescono (culturalmente, ma
soprattutto in dimensioni) le strutture
periferiche
• perché sono ormai alla portata di tutti
i supporti tecnologici informatici
necessari.
Questa tendenza, che è destinata a
durare e a crescere, è funzionale alla
razionalizzazione dell'intervento di
prevenzione e favorisce l'introduzione
di tecniche epidemiologiche.
L'UNITARIETÀ
DELLA PREVENZIONE
La legge 61/94 ha sancito la separazione; ciò non può che farci sentire con
maggior forza le ragioni dell'unità della
prevenzione e i legami tra la tutela dell'ambiente e la tutela della salute. I principali elementi da salvaguardare appaiono essere i seguenti:
• La disponibilità delle informazioni.
Le informazioni che servono nei due
casi sono in gran parte le stesse.
• La continuità. Non poco si è costruito in questi anni nella prevenzione; la
continuità ha quindi grande importanza per non disperdere il patrimonio
di competenze ed esperienze acquisito; in questo senso alcune regioni si
sono mosse, garantendo l'integrazione e salvaguardando il più possibile le
strutture. Occorre che le leggi regionali di recepimento riaffermino, e
garantiscano con idonei strumenti
applicativi, uno stretto coordinamento
c un funzionamento integrato tra i servizi e presidi che faranno parte dell'Agenzia e quelli che apparterranno alla
Sanità.
• Il collegamento sul territorio. E
necessario che i "servizi territoriali"
dell'agenzia regionale abbiano una
coincidenza territoriale con il Dipartimento di Prevenzione e siano previste
modalità di collegamento operativo e
integrazione tra le strutture.
timenti di Prevenzione sono la sede operativa in cui ipotizzare, verificare e sperimentare le possibili integrazioni con
Agenzia e Provincia.
Un ruolo non piccolo in questo processo
lo potrà avere il mondo della ricerca,
perché c'è necessità di nuovi strumenti
interpretativi e perché i terreni dell'integrazione interdisciplinare sono i terreni
della ricerca applicata.
• Le criticità per un sistema integrato
della prevenzione
Tornando ad aspetti di immediata attualità proviamo ad esaminare i punti più
critici, che più organicamente richiedono
un collegamento nel sistema per la prevenzione; conviene farlo tenendo d'occhio alcuni criteri di fondo:
Il PSN prevede i livelli uniformi di prestazione per la sanità, da attuarsi a cura
del nuovo Dipartimento di Prevenzione,
struttura che rafforza dentro la sanità l'unità della prevenzione istituendo il Servizio di Igiene degli Alimenti e della
Nutrizione e raccogliendo anche il Servizio Veterinario; il Dipartimento nello
svolgimento delle proprie funzioni non
può non occuparsi dei fattori di rischio
ambientali,
La richiesta referendaria può essere
L'aziendalizzazione delle USL impone
interpretata come richiesta di maggiore
un mutamento di logica; occor re iniziare
attenzione e impegno sui temi ambientaa pensare con criteri aziendali:
li. In ogni caso il referendum ha creato
Non tutto può essere deciso da una l'utente/cliente ha bisogni "unitari", non
una situazione di difficilissima gestione; buona o cattiva legge regionale.
riconducibili alla separatezza istituziotestimonianza di questa difficoltà è tra Occorre avviare a livello locale, come nale; ciò significa ad esempio che
l'altro il fatto che a tutt'oggi pochissime parziale rimedio alla situazione creatasi,
comunque bisognerà lavorare in direzioregioni hanno legiferato sull'argomento un buon rapporto di collaborazione tra ne di uno sportello unico.
e anche in quei casi ci si trova solo alle
Provincia, Agenzia nascente, Dipartiprime battute della realizzazione pratica.
mento di Prevenzione; i nascenti DiparCiò porta ad individuare:
Collegamenti operativi
1.
2.
Collegamenti informativi
Temi di lavoro integrati
3.
1. Collegamenti operativi
Alcuni esempi di competenze del Dipartimento di Prevenzione che intersecano
competenze dell'ARPA sono:
• Pareri per Nulla Osta all'Esercizio per
i Nuovi Insediamenti Produttivi
• Pareri su strumenti urbanistici, igiene
edilizia e depuratori pubblici.
• Acqua potabile e tutela della falda
(gestione dell'uso dei liquami zootecnici c dei fanghi industriali in agricoltura, mappatura dei pozzi privati, carte
di vulnerabilità e delle isopiezometriche, ....)
• Pareri e controlli in merito alla bonifica delle aree industriali dismesse e dei
siti inquinati
• Per quanto riguarda la Nutrizione è
sicuramente comune il problema dei
residui di presidi fitosanitari e di
microinquinanti negli alimenti e nell'acqua.
8
• Autorizzazioni ex DPR 327180 e per
le strutture sanitarie private: i collegamenti in fase istruttoria per l'autorizzazione dovranno essere rideterminati, con conseguenti problemi procedurali
• Le competenze in materia di radioprotezione sono estremamente intricate e
in parte sovrapposte; anche qui sul
piano operativo si porranno non pochi
problemi
2. Collegamenti informativi
• sistema informativo unico o almeno
unitario per le anagrafi (imprese, corsi
d ' acqua, pozzi, depuratori, siti contaminati, ...)
• coordinamento degli archivi su temi di
comune interesse (es. acque potabili)
e reciproco accesso ai dati
• in prospettiva gestione comune delle
informazioni in un sistema informativo georeferenziato (G.LS.: sistema
cartografico informatizzato che permette la gestione e la correlazione di
variabili, ambientali e non, che abbiano una distribuzione geografica); si
tratta di costruire una grande rete
informativa, cui molti possano partecipare, che consenta di formulare ipotesi e modelli di interazione tra fattori
di rischio e matrici ambientali e di
affrontare l'epidemiologia ambientale.
Questo non significa certo risolvere i
problemi organizzativi e di coordinamento con l'informatica; l'integrazione
informatica viceversa sarà possibile se
saranno risolti i problemi strutturali di
rapporto tra Enti.
A corollario di una riflessione forse un
po' troppo astratta sulle competenze e
sulle connessioni tra strutture operative,
vale la pena di esemplificare per problemi; esaminiamo allora, portando anche
un paio di esempi, alcuni temi in cui la
integrazione salute-ambiente appare
assai stretta già sul piano operativo.
Scheda n° I: l'Azienda USSL 25 Lodi
198.306 abitanti al 31.12.1995;
Superficie: Km2 798,5; massima distanza dal capoluogo: Km.41.
62 comuni, di cui 61 compongono la provincia di Lodi, e S. Colombano, rimasto
nella provincia di Milano; quindi la USSL pressoché coincide territorialmente con la
Provincia di Lodi.
Abitanti
< ! 000
N° Comuni
1000-5000
IO
5001-10000
46
X10000
2
4
La piramide delle età mostra una tipica forma a botte, dovuta a un forte invecchiamento della popolazione e alla contemporanea contrazione delle nascite.
Per quanto riguarda i movimenti di popolazione il Lodigiano è noto per non essere
stato oggetto di forti movimenti migratori negli scorsi decenni.
Il quadro complessivo è quello di una popolazione più anziana della media lombarda, che ha poco risentito dei flussi migratori degli scorsi decenni, ed è quindi in notevole proporzione autoctona.
11 territorio e le attività
Il territorio è formato dalla tipica pianura padana irrigua, con l'eccezione della collina di S. Colombano, con produzione vitivinicola.
Gli insediamenti produttivi (esclusa l ' agricoltura):
Dati ASPO -Unioncamere- al 1992 per la provincia di Lodi:
ISTAT
O
I
2
3
4
aziende
64
29
166
1075
addetti
202
235
3164 8209
5
6
7
8
933
1583 4812
600
684
5693
4876 12039
1882
9
tot
763,10709
3552 2233142085
Le aziende agricole:
Sono state censite, al `90, 2721 aziende, di cui 464 vitivinicole per complessivi Ha 307.
aziende
SAU
--i
ex 54
ex 55
ex 56
Totale
1.232
872
617
2.721
30.558
12.469
18.550
61.118
24,8
14,3
30,1
22,5
3. Esempi di temi di lavoro integrati
SAU media
Analisi epidemiologica "spaziale" delle
patologie, in vista di una possibile correlazione con variabili ambientali.
L'analisi spaziale conduce alla produzione di carte di distribuzione per incidenza
di patologia e consente:
• l'identificazione del livello di rischio
presente in un'area,
• l'identificazione di sorgenti puntiformi di rischio,
• la generazione di ipotesi eziologiche;
Bovini
61.714
27.764
48.555
138.033
Suini
150.503
92.876
89.160
332.569
ciò rende possibile in prospettiva abbinare dati di monitoraggio di matrici
ambientali (qualità dell ' aria, distribuzione licheni, ...),
Togliendo le aziende vitivinicole, localizzate tutte in zona collinare, si ottiene una
SAU media nella ex USSL 55 pari a 29,8 Ha e una media complessiva pari a 26,9 Ha;
ciò testimonia una sostanziale omogeneità delle attività agrizootecniche di pianura.
II Servizio l: consistenza e struttura
A seguito di delibera di riorganizzazione intervenuta nell'estate 1995, prevede 5
unità operative, tra cui I'U.O. di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione, a parziale
anticipazione di quanto previsto nel D.L.vo 502, e I'U.O. di Epidemiologia, per sottolineare l'importanza di questa disciplina nel futuro della prevenzione.
9
Piano Pesticidi Regionale Lombardo,
applicazione del D.Lgs 194195 (registrazione dei presidi fitosanitari) e applicazione del D.Lgs 626 in agricoltura.
Sono previsti studi sull'uso, la diffusione
e gli effetti dei pesticidi sull'uomo e sull'ambiente. Da anni viene monitorata ]a
vendita dei fitofarmaci, come stimatore
del consumo; negli anni scorsi a Lodi
abbiamo fatto una rilevazione campionaria dell'uso, che ha fornito dati di grande
interesse a fini sia di valutazione del
rischio per le acque potabili e per la falda
sia di valutazione del rischio professionale e ambientale.
Problema dei residui e dei contaminanti negli alimenti nelle produzioni
locali (studio delle vie di contaminazione) in rapporto anche a interventi educativi volti ad una corretta nutrizione.
Conoscenza delle falde superficiali e
profonde e delle risorse idriche sotterranee e superficiali, mettendo assieme
competenze in parte già oggi separate in
Enti diversi.
Il monitoraggio (biologico e non) delle
acque superficiali e della qualità dell'aria sono temi con grande possibilità
di sviluppo, che attendono solo progetti
di lavoro.
CONCLUSIONI
La Sanità si sta facendo carico dei compiti di tutela dell'ambiente in questa fase
di transizione, con fatica crescente;
occorre che in attesa di una soluzione
legislativa ognuno faccia comunque la
sua parte, anche sperimentando forme
concrete di prefigurazione che definiscano, e approntino fin d'ora, gli strumenti minimi necessari per mantenere
l'unità della prevenzione.
Una sperimentazione coordinata ed
organica sarebbe estremamente opportuna; potrebbe in effetti contenere il
rischio che gli imminenti mutamenti
organizzativi discendano schematicamente da dettami "esterni" senza tener
conto di quanto di buono finora prodotto, o, forse peggio, siano lasciati completamente alla buona volontà delle
realtà locali, senza alcun modello di riferimento con cui confrontarsi.
In entrambi i casi, non solo sarebbe assai
problematico avviare il necessario processo di verifica e di crescita della qualità delle prestazioni fornite, ma si accrescerebbe probabilmente il rischio di una
caduta drammatica della capacità di
intervento.
IO
Scheda n° 2: Epidemiologia nel Dipartimento di Prevenzione
Perché questo inserimento sia possibile occorrono alcuni presupposti:
I) sviluppo di una attività organica di raccolta dati sui fattori di rischio,
2) creazione di un sistema di report delle attività e di valutazione della qualità delle
informazioni raccolte,
3) sviluppo di un sistema informativo integrato che consenta di valutare la realtà. i
cambiamenti e l'effetto degli interventi, a partire dal legame tra i punti I) e 2),
4) creazione di un sistema organico di raccolta di informazioni sulle patologie non
infettive e di una struttura epidemiologica che compia l'operazione di raccordo tra
"peso" del rischio e " peso " del danno.
Scheda n° 3: Il Rapporto con la Provincia di Lodi
La Provincia di Lodi è nata solo nel 1995 e sta organizzando in questo periodo la
propria struttura anche in campo ambientale; si è ritenuto a maggior ragione importante mantenere un atteggiamento fortemente collaborativo e una costante iniziativa in campo di tutela ambientale, al fine di evitare una grave crisi degli interventi di
prevenzione e controllo. Un serio programma di interventi e controlli infatti può
essere messo in campo solo da chi conosce bene il territorio; la conoscenza del territorio acquisita in questi anni è un patrimonio non facilmente "duplicabile" o trasferibile ad altri Enti o Agenzie.
Lo sforzo intrapreso nell ' ultimo anno è stato indirizzato a un confronto con la nuova
Provincia onde gestire questa fase di cambiamento in modo coordinato, in attesa che
la Regione Lombardia provveda alla costituzione delle strutture periferiche dell'Agenzia.
In ogni caso, gli interventi da porre in atto, le cose da fare, sono quelle che da tempo
le varie leggi nazionali e regionali hanno indicato e alle quali non si è ancora messo
mano compiutamente: censimenti, cartografie, controlli mirati, promozione di nuovi
atteggiamenti privati e pubblici nei confronti dell'ambiente-territorio.
Con la Provincia di Lodi si sta stipulando in questi giorni un Protocollo di Intesa in
cui:
• si definiscono le rispettive funzioni e competenze in materia di controlli ambientali,
• ci si impegna ad una integrazione degli archivi e dei sistemi informativi,
• ci si impegna a creare ambiti comuni di elaborazione e programmazione,
• ci si impegna a creare ambiti collegiali di coordinamento delle risorse
e di verifica del buon andamento dei programmi comuni.
CHERNOBYL `861'96
CONSEGUENZE
E INSEGNAMENTI
a cura di Laura Bodini
e Francesco Tancredi
Indetta dall'Agenzia Nazionale per la
Protezione dell'Ambiente (ANPA), in
collaborazione con l'Istituto Superiore
di Sanità (ISS) si è tenuta a Roma il 26 e
27 aprile una Conferenza nazionale sul
caso Chernobyl, a 10 anni dal grande
disastro ucraino.
L'ANPA è nata dell'ex-ENEAIDISP e
quindi da un gruppo di esperti del tema
nucleare: non a caso una delle prime
uscite ufficiali dei ricercatori è stata su
questo tema.
Dal Convegno sono emersi molti spunti
di riflessione che vi proponiamo con
queste note. A dieci anni dall'incidente
di Chernobyl si può affermare che nel
nostro Paese la riflessione su quell'evento, mentre ha prodotto significativi
miglioramenti per quanto attiene gli
aspetti tecnici della gestione delle emergenze radiologiche o il rilevamento della
radioattività ambientale, poco ha mutato
per quanto riguarda l'informazione al
pubblico, sia preventiva che in fase di
emergenza, nota dolente di un paese
dove fare una prova di evacuazione di
una scuola, da decenni pratica comune in
tutti i paesi civili del mondo, rappresenta per noi un evento raro.
Dopo Chernobyl, anche a seguito dei
profondi cambiamenti socio-politici che
hanno avuto luogo con la caduta del
muro di Berlino, sono iniziati programmi di cooperazione ed assistenza tra Est
e Ovest. Si sono così conosciute le aree
critiche dal punto di vista della sicurezza
nucleare: si tratta di impianti di prima
generazione che andrebbero chiusi ma
che continuano a funzionare per far fronte ai bisogni energetici di intere regioni
dell'ex-URSS.
E' del 1994 l'adozione della Convenzione sulla sicurezza nucleare, un primo
Trattato sottoscritto sino ad oggi da una
cinquantina di paesi, tra i quali quelli
maggiormente impegnati nel settore
piombo. Ciò non consentì la realizzazione di interventi di contenimento immediati; il sarcofago fu costruito, in condizioni severe e difficilissime, in soli sci
mesi, ovviamente senza poter rispettare
alcuno standard costruttivo. La struttura,
che avrebbe dovuto contenere i resti dell'impianto per almeno 30 anni, già oggi
è in condizioni precarie. Da tempo si sta
pensando di costruire un contenitore più
resistente, che duri almeno 100 anni; ma
le risorse economiche occorrenti sono
ingentissime.
LE CONSEGUENZE
AMBIENTALI
nucleare. La convenzione rappresenta un
atto importante dal punto di vista del
diritto internazionale: essa infatti sancisce il principio del dovere di ogni paese
di garantire la sicurezza dei propri
impianti e il diritto degli altri paesi di
conoscere in che modo a tale dovere si
faccia fronte.
L'EVENTO
Una fortissima esplosione all'interno del
reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina, causata dall'aumento incontrollato della pressione
nei canali di potenza, provocò lo scoppio
del rivestimento di acciaio, scagliandolo
contro una vicina struttura di contenimento in cemento. Pezzi di grafite, di
combustibile di uranio e prodotti di fissione (circa 35 tonnellate) e barre di controllo furono scagliate intorno all'edificio ed il combustibile radioattivo fu
disperso nell'atmosfera. Un'altra parte
(circa 135 tonnellate) colò in forma di
massa ceramico-vetrosa nei locali sottostanti la cavità del reattore sino ad invadere tutto. Una terza parte (circa 10 tonnellate), sotto forma di detriti e polveri,
invase tutta la centrale.
Immediatamente dopo l'incidente i soccorritori furono impegnati a contenere il
rischio di formazione di una massa critica e dunque di una vera e propria esplosione nucleare, ed a spegnere l'enorme
incendio della grafite. Furono scaricate
sul reattore scoperchiato ingenti quantità
di materiali schermanti ed assorbitori
neutronici ed altri spegni-fuoco come la
dolomite e l'argilla.
La radioattività nell'area attorno alla
centrale era talmente elevata da non consentire la permanenza del personale di
soccorso che per pochissimi minuti,
anche indossando tute protettive di
Rilevanti quantità di materiale radioattivo, furono disperse in atmosfera a seguito dell'incidente ucraino. La situazione
meteorologica esistente nelle settimane
successive al rilascio determinò il trasporto della contaminazione a grandi
distanze con la conseguente deposizione
di contaminanti radioattivi (gas nobili,
iodio, cesio e stronzio) su vasti territori
dell'Europa; le precipitazioni atmosferiche durante il passaggio della nube provocarono una contaminazione a macchia
di leopardo, più elevata nelle zone piovose rispetto alle altre.
Nell'ex-URSS, 5.000 km2 di territorio
che avevano avuto una deposizione
superiore ai 1.500 kBglm 2 , furono evacuati per proteggere la popolazione dai
livelli più elevati di irradiazione. In questa zona, le quantità di cesio 137 depositato sono state oltre 700 volte rispetto a
quelle che erano già presenti nell'ambiente a seguito dei test nucleari in atmosfera degli anni `60.
Il cesio 137 è l'elemento radioattivo tuttora presente in tutte le aree contaminate. Questo radioisotopo ha un tempo di
dimezzamento di circa 30 anni ed è la
principale causa delle conseguenze
ambientali e sanitarie a lungo termine.
Sono state ricostruite le mappe di deposizione al suolo di cesio 137 per tutto il
territorio europeo. In Italia, ad esempio
è stato stimato che circa 11.000 km2
(Centro Italiaebbero una deposizione di
10-20 kBglm , circa 5.500 (Nord Italia)
una deposizione circa doppia e l'arco
alpino, circa 300 km 2 . una deposizione
compresa tra 40 e 200 kBglm .
Lo stronzio 90, essendo principalmente
associato alle particelle di combustibile
fuso rilasciato durante l'incidente, si
depositò principalmente nelle zone più
prossime all'impianto.
Per avere un'idea delle quantità, i rilasci
di Chernobyl risultano essere circa 40
volte più elevati rispetto a ciascuna delle
due bombe atomiche esplose in Giappone a Hiroshima e Nagasaki. Ovviamente
gli eventi non sono paragonabili, in
quanto gli effetti devastanti delle bombe
sono da imputare principalmente all'onda termica conseguente all'esplosione
oltre che all'onda d'urto.
La popolazione residente in un'area di
30 km intorno all'impianto, che tuttora
presenta danni ingentissimi a foreste ed
ecosistemi, fu evacuata nei primi giorni
dell'incidente, però i lavoratori degli
altri due reattori funzionanti hanno continuato a frequentare la zona. L'area è
per ora irrecuperabile, anche perché
deposito temporaneo di rifiuti radioattivi
di diversa natura, anzi sorgente possibile
di contaminazioni secondarie di altri territori. Altre ben più vaste aree furono
evacuate in seguito.
L'inquinamento della catena alimentare
coinvolge ancora territori e popolazioni
vastissime.
Aver dovuto applicare su vastissima
scala le tecniche di decontaminazione
dell'ambiente urbano e rurale, ha significato la possibilità di verifica e sviluppo
di nuovi sistemi.
Ma la vita sta disperdendo la contaminazione in zone ben più vaste: il vento e gli
incendi delle foreste - con la risospensione di particelle radioattive di cesio e
plutonio - la presenza di radionuclidi nei
bacini idrografici e del suolo - con conseguente contaminazione della catena
alimentare - sono tuttora fonte di serie
preoccupazioni.
Le principali sorgenti di contaminazione
alimentare da Cs-137 per la popolazione
delle 3 Repubbliche dell'ex-URSS sono
attualmente:
• prodotti agricoli derivanti dalle fattorie collettive;
• prodotti di agricoltura privata;
• prodotti di origine forestale (frutti di
bosco, funghi, ecc.).
La contaminazione per via alimentare
della popolazione è molto diversa a
seconda che si tratti di popolazione rurale - che consuma ovviamente prodotti
locali (latte. carne, patate, ecc.) - urbana,
che usa prodotti di larga diffusione, o di
gruppi particolari che fanno ampio uso
di cacciagione, pesce, funghi e frutti del
sottobosco.
LE CONSEGUENZE SANITARIE
NELL'EX URSS
Per comprendere e pesare con precisione
le conseguenze sanitarie occorrerebbe
avere dati maggiormente certi sulle dosi
che i lavoratori e la popolazione hanno
ricevuto. Per convenzione gli esposti
sono stati classificati in vari gruppi (vedi
tabella).
Nell'analizzare i dati in tabella si tenga
conto che i valori di riferimento raccomandati dalla Commissione Internazio-
12
gruppo di popolazione
dell'ex - URSS
esposti
dosi efficaci
effetti attesi
tumori solidi,
leucemie etc.
liquidatori
(VVFF, militari, oper. pubblici)
800.000
X100-500 mSv
15.000
zone evacuate
130.000
30-500 mSv
1.000
zona > contaminata
(>600 KBglm 2)
270.000
60- 100 mSv
1.000-1.500
75.000.000
<IO mSv
30.000
intero territorio
nate per le Protezioni Radiologiche
(ICRP) per l'evacuazione nei casi di
emergenza sono compresi tra 50 e 500
mSv.
mici dell'incidente, chiamati nella Conferenza di Roma disordini da stress
ambientale cronico.
Quando si parla di effetti sanitari occorre distinguere quelli deterministici da
quelli stocastici o probabilistici.
GLI EFFETTI STOCASTICI
GLI EFFETTI DETERMINISTICI
Gli effetti deterministici più evidenti
sono stati gli effetti acuti, manifestati nei
liquidatori. Per liquidatori s'intende personale dell'impianto presente al momento dell'incidente, medici e soccorritori,
vigili del fuoco, costruttori del sarcofago, addetti alla decontaminazione di
case, strade, terreni e materiali, personale di servizio alle zone contaminate.
I gravi sintomi causati da alti livelli di
esposizione alle radiazioni sono notorianiente definiti con il termine di sindrome
da irradiazione acuta (ARS-Acute
Radiation Sickness) caratterizzata da:
nausea, vomito e diarrea, seguiti, in uno
stadio successivo, da emorragia interna
ed infezioni con febbre alta. Sono frequenti le lesioni cutanee ed in particolare le ustioni, sia per effetto termico sia
per effetto della radiazione beta. Chernobyl sta cambiando il modo di trattare
le ARS, oggi cioè si è capito che la somministrazione di fattori emopoietici di
crescita - che stimolano le cellule staminali del midollo osseo, generatrici cioè
della serie rossa, bianca e delle piastrine
del sangue - è una terapia più efficace
dei trapianti di midollo o di altre terapie
che presuppongono uno stato immunitario non così precario.
Dei liquidatori, secondo le stime ufficiali, 28 morirono subito e 19, su 300 con
sindrome da irradiazione acuta, nel
tempo per effetti da panirradiazione.
Anche su questi numeri ci sono pareri
discordanti. Si sono registrati aumenti di
tassi di mortalità per cause violente,
incluso il suicidio, una conseguenza
degli effetti distruttivi sociali ed econo-
Per quanto riguarda gli effetti stocastici,
essi sono: tumori letali e non letali,
malformazioni, ecc. Di questi vi sono
varie evidenze, ma, dato il periodo di
latenza di alcuni, occorrerà aspettare
altro tempo per arrivare ad un bilancio
conclusivo sugli effetti.
Nella Conferenza dell'ANPA e ISS sono
emersi i seguenti elementi.
l) Aumento dell'incidenza dei tumori
alla tiroide (20 volte in Bielorussia e 10
volte in Ucraina) in bambini ed adolescenti, esposti nella fase acuta ad alti
livelli di iodio radioattivo. Un incremento di minore entità è stato anche registrato nelle aree contaminate della Federazione Russa. E' stato evidenziato un
aumento - rispetto ai valori attesi - nell'incidenza di cancro alla tiroide, più
significativo nei bambini molto piccoli
delle aree esposte, piuttosto che nei bambini più grandi, come peraltro già noto
per l'esposizione a raggi X.
Si tratta di carcinomi papillari, piuttosto
aggressivi con metastasi nei tessuti circostanti la ghiandola tiroidea e nelle
ghiandole linfatiche del collo. La distribuzione temporale dei casi mostra anche
un'incidenza fortemente decrescente nei
bambini nati sei mesi dopo l'incidente.
Infatti, la tiroide comincia a concentrare
lo iodio verso il terzo mese della vita
intrauterina.
Sia l'Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) che l'Unione Europea
(UE) hanno realizzato progetti per la
diagnosi e cura dei tumori tiroidei nelle
popolazioni infantili colpite; questi prevedono l'applicazione di protocolli, la
fornitura di apparecchiature e terapie
nonché l'addestramento del personale.
2) Per quanto riguarda il possibile
aumento delle leucemie nell'infanzia e
nella popolazione adulta, non si sono
osservate, al momento, variazioni significative rispetto al periodo pre-Chernobyl. Va tenuto presente, però, che il
periodo di latenza di questa patologia
potrebbe rivelarsi più lungo ed i ricercatori giudicano difficile seguire le popolazioni evacuate nel vasto territorio dove
sono andate ad abitare. E' comunque
atteso un forte aumento nei prossimi anni
di leucemie tra i liquidatori.
Dai registri di morbilità dei soggetti maggiormente esposti (i liquidatori) emerge
un aumento dell'incidenza di tumori
maligni e di patologie psichiatriche,
endocrine e del sistema emopoietico.
Per una serie di altri fenomeni patologici connessi alla riproduzione come aberrazioni cromosomiche fetali, difetti congeniti, aborti spontanei, tumori indotti in
utero, vi sono ancora pareri discordanti
in quanto non esistono ad oggi dati epidemiologici validati a livello internazionale.
Uno studio dell'ENEA ha messo in evidenza nei bambini alterazioni della
risposta immunitaria per deficit della
serie linfocitica.
Un effetto dell'irraggiamento prenatale
evidenziato negli anni '80 sui figli di
sopravvissuti ai bombardamenti atomici
su Hiroshima e Nagasaki, cioè i ritardi
mentali gravi, è oggetto di un apposito
studio epidemiologico lanciato e finanziato dall'OMS su queste popolazioni. I
primi risultati sembrano indicare un'associazione positiva, ma è allo studio la
possibile correlazione con l'accertato
stato di grave stress mentale e psicologico dei genitori,
LE CONSEGUENZE SANITARIE
IN ITALIA
Come si ricorderà, un'ordinanza dell'allora Ministro della Sanità onorevole
Costante Degan il 2 maggio 1986, proibì
"la vendita al pubblico e la somministrazione di verdure fresche a foglie e la
somministrazione di latte fresco ai i
bambini sino all'età di IO anni ed alle
donne in gravidanza" per 15 giorni. Il
provvedimento rimase in vigore per il
latte fino al 24 maggio su tutto il territorio italiano, mentre per i vegetali fino al
] 7 maggio per l'Italia settentrionale e
fino al 12 per l'Italia centrale e meridionale. Infatti secondo la normativa
nucleare allora in vigore (DPR 185/64 e
suoi decreti applicativi) una volta superati dei livelli stabiliti di contaminazione
dell'aria, dell'acqua e del suolo, era
compito dell'autorità sanitaria prendere
adeguati provvedimenti per la salvaguardia della salute della popolazione.
Questi provvedimenti hanno suscitato
molte polemiche in balia sia tra gli
esperti che tra il più ampio pubblico, sia
durante il periodo dell'emergenza che
negli anni seguenti, ma ricordiamo che
in moltissimi paesi europei sono stati
presi provvedimenti restrittivi analoghi o
anche più stringenti.
Ciò che può porre interrogativi è come
mai nei paesi dell'UE non siano stati
adottati comportamenti omogenei. Uno
dei motivi più importanti è stato l'impreparazione totale ad affrontare un incidente di simili proporzioni e dalle conse-
guenze ambientali così vaste, come più
volte e da vari autori è stato ricordato
durante la conferenza .
E noto che in Italia, come negli altri
paesi dell'UE, non vi sono stati effetti
acuti e gli effetti attesi a causa dell'inquinamento radioattivo ambientale sono
solo stocastici, cioè probabilistici.
Secondo le stime del Laboratorio di
Fisica dell'Istituto Superiore di Sanità, i
provvedimenti adottati dal Ministro
della Sanità in Italia, diminuendo l ' assunzione di iodio radioattivo nei primi
giorni dell'incidente, avrebbero portato
ad un risparmio di dose alla tiroide dei
lattanti non trascurabile. Infatti, pur con
tutte le cautele legate all'incertezza sulle
stime degli effetti delle radiazioni per
basse dosi, con le attuali stime di rischio
accettate ed assunte a livello internazionale dagli esperti del settore, si è valutato che sono stati "risparmiati" in Italia
circa 1000 casi di tumori alla tiroide, e
sono stati stimati in 3000 i probabili
tumori letali indotti dalle ricadute
radioattive sul territorio italiano. Non va
dimenticato che questi tumori, anche se
non rivelabili statisticamente sull'incidenza normale di tumori letali, costituiscono comunque un incremento di casi
sanitari gravi.
SICUREZZA NUCLEARE
L'incidente di Chernobyl ha cambiato in
tutto il mondo la percezione della sicurezza nucleare civile e militare ed ha
dato il colpo di grazia a questo tipo di
produzioni.
11 programma di sviluppo del nucleare
Atoms for peace lanciato da Truman nel
1953, che prometteva una fonte energetica sicura ed a basso costo, è stato definitivamente smantellato prima dalla consapevolezza che l'espansione di questa
industria è servita per coprire una parte
dei costi della produzione industriale di
armi nucleari e poi dalla verifica in diretta dell'insicurezza delle centrali nucleari.
Nella Conferenza dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA)
del 1991 è stato raggiunto un consenso
sul fatto che gli standard di sicurezza dei
vecchi impianti in esercizio dovrebbero
ragionevolmente rispondere agli obiettivi attuali di sicurezza.
La causa dell'incidente di Chernobyl è
stata la coincidenza di gravi deficienze
nella progettazione fisica del reattore
con la violazione delle procedure.
Dopo la caduta del muro di Berlino, con
il superamento dei due blocchi politici e
l'inizio di collaborazione tra questi sono
state evidenziate le gravi carenze nella
sicurezza degli impianti dell'ex-blocco
sovietico rispetto agli standard internazionali, non solamente costruttivi, ma
13
anche gestionali ed autorizzativi. Per
questo motivo il dopo Chernobyl nei
paesi dell'ex-URSS ha imposto una revisione generale, tuttora in corso, della
sicurezza dei reattori; revisione per la
quale sono sempre più necessari programmi di assistenza occidentale.
Per gli impianti simili a quello di Chernobyl (reattori RBMK: reattori a canali
di potenza elevata, filiera a cui apparteneva quello incriminato) sono state
attuate in questi ultimi 10 anni significative bonifiche, eliminando gli clementi
critici che portarono all'incidente ucraino, ma grandi sono ancora i problemi,
anche nel breve periodo.
Per l'impianto di Chernobyl, vi è un
rischio di collasso del sarcofago protettivo con rilascio di polveri radioattive e
possibile inizio di nuova criticità. Questo
evento, secondo le dichiarazioni ufficiali, potrebbe avere conseguenze solo sulla
zona dei 30 km, ma coinvolgerebbe
comunque le centinaia (o più) di persone
che svolgono regolarmente la loro attività a Chernobyl, dove sono ancora operanti 2 impianti nucleari, ed i circa 500
anziani, assistiti dallo Stato, che hanno
ottenuto di tornare nelle loro case abbandonate nel 1986. Va ricordato che a nessuno di questi anziani è permesso ricevere visite; gli incontri possono avvenire
solo nella zona al di fuori dei 30 km
intorno all'impianto nucleare.
Nei paesi occidentali l'incidente di
Three Mile Island, che non provocò
danni sanitari rilevanti o decessi immediati, aveva già costretto tutta l'industria
nucleare occidentale a fare una profonda
revisione dei criteri di sicurezza e dei
sistemi impiantistici. L'incidente di
Chernobyl, invece, non ha determinato
sostanziali modifiche nelle strategie di
sicurezza in atto, già profondamente più
rigorose, ma ha rilanciato lo studio dei
possibili incidenti con fusione del nocciolo (cioè del combustibile nucleare),
quelli cioè definiti come severi.
Più evidente il ripensamento globale dell'impiego dell'energia nucleare, dovuto
anche al grande impatto sulla popolazio'
ne dell ' incidente del 1986, per l innegabile consapevolezza acquisita della possibile dimensione continentale e transnazionale di alcuni incidenti nucleari.
L'INFORMAZIONE
AI CITTADINI
"Le dimensioni dell ' incidente - ritenuto
in Occidente altamente improbabile se
non da escludere - e la conseguente
impreparazione dei paesi europei a frontegJgiarlo, cui va aggiunto il silenzio iniziale delle autorità sovietiche e delle
organizzazioni internazionali, hanno
fortemente condizionato l'informazione
14
al pubblico.". Questa affermazione,
espressa durante la conferenza, introduce efficacemente il tema dell'informazione alla popolazione.
Una delle riflessioni indotte dall'incidente di Chernobyl è quello del diritto
all'informazione. Nell'ex-URSS solo 8
giorni dopo fu data alla popolazione
un'informazione minima. Furono infatti i
paesi nordici ed in particolare la Svezia
che dettero l'allarme (prima che fossero
diffuse le notizie ufficiali dall'ex-URSS)
dopo aver misurato la presenza di iodio
radioattivo in aria a livello del suolo e di
prodotti di fissione nucleare in atmosfera,
e aver verificato che in nessuna centrale
del paese si erano verificati incidenti.
Tale allarme si materializzerà dopo la
richiesta di aiuti da parte dell'Ucraina,
ma in carenza di notizie certe (anche su
cause, numero di morti), getterà nel
panico tutta Europa. La mancanza di
linee comuni nei provvedimenti, la politicizzazione della scelta nucleare fecero
il resto. Prima dell'informazione vera
veniva la difesa delle scelte nucleari, dell'immagine dei prodotti nazionali e l'Italia, specchio della situazione europea,
non fu da meno. Un'analisi, a dieci anni
di distanza, di come è stata fornita
l'informazione nel nostro Paese, mette in
luce quella che, nella conferenza, è stata
giustamente ricordata come la catastrofe
dell'informazione scientifica.
Come si ricorderà, l'informazione ufficiale era diffusa dal Ministro della Protezione Civile, sentiti I'ENEA/DISP (che
aveva il compito di raccogliere i dati di
radioattività) 1'ISS, 1'1SPESL, il Dipartimento della Protezione Civile del Ministero dell'interno e il servizio Meteorologico dell'Aeronautica.
Fu scelto lo iodio 131 come radionuclide
guida. Furono scelti i valori medi per il
nord, centro e sud Italia che, si ritenne
allora, consentivano di rappresentare il
rischio medio per la popolazione in una
situazione di contaminazione diffusa,
non senza aver prima accertato la non
esistenza eli situazioni individuali di
rischio immediato. Il susseguirsi dei
comunicati non dileguò la nube.
11 problema dell'informazione alla popolazione rimane sicuramente una questione aperta, non a caso la CEE ha emanato nel 1989 una Direttiva sull'informazione al pubblico in caso di emergenza
radiologica, recepita in Italia con il DLgs
230/95 che regola la radioprotezione.
L'informazione deve prima di tutto essere comprensibile, ma la questione non si
risolve solo con una direttiva o con un
decreto; rimangono aperte nel paese
alcune questioni di fondo nel rapporto
fra cittadini ed istituzioni. L'informazione fu forse lacunosa e forse non tempestiva; di sicuro è opinabile che la comunicazione alla popolazione dei numeri
(medi o puntuali), con le loro unità di
misura (mSv, kBq, Gy), come allora a
gran voce fu richiesto alle autorità, rappresenti l'unico modo corretto e trasparente di fornire l'informazione. Con ciò
non si vuole affermare che i numeri non
vadano divulgati, o che con la scusa
della comprensibilità l'informazione
vada alleggerita. Si può certo affermare
che in assenza di informazioni sistematiche ed aggiornate sugli effetti della
radioattività e dell'energia nucleare e in
assenza di un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, l'informazione
durante l'emergenza rischia sempre di
essere considerata reticente.
1 REATTORI NEL MONDO
Alla fine del 1995 sono 430 i reattori
commerciali in esercizio nel mondo, per
una potenza installata di 340 Gigawatt,
pari al 17% della produzione di elettricità nel mondo.
Le centrali attualmente in costruzione
sono 36, mentre quelle già chiuse, ma
non ancora smantellate sono più di 80.
Negli USA operano I IO reattori. L'ultimo ordine di costruzione di un reattore
nucleare effettivamente realizzato risale
a più di 20 anni fa.
Negli ultimi 30 anni i reattori ordinati e
poi cancellati per i costi crescenti e le
proteste della popolazione sono stati 123.
Nel 1990 i n Canada i l piano di costruzione di I O reattori entro il 2010 è stato
cancellato.
A parte la Francia, fortemente dipendente dall'energia nucleare, con le sue
56 centrali, in nessun paese europeo è in
costruzione una centrale.
In Svezia il congresso del Partito socialdemocratico ha approvato la fuoriuscita dal nucleare, che in questo paese
copre ben il 50% della produzione di
energia.
In Germania, dopo l'unificazione, la centrale di Greifwald -un VVER della prima
generazione - nell'ex-DDR fu immediatamente chiusa.
In Belgio, un paese ad alta densità abitativa, dove il nucleare copre più del 55%
della produzione elettrica il Senato ha
chiesto che ogni nuovo reattore venga
posto a 30 km dal più vicino centro abitato, cioè da nessuna parte.
Come si diceva nell'ex-blocco sovietico
la situazione è particolarmente preoccupante sia dal punto di vista della sicurezza immediata, per la presenza di impianti
tecnologicamente obsoleti, che delle prospettive di superamento del nucleare.
Ma è soprattutto in Asia (Giappone,
Corea, India...) che la scelta nucleare
sembra non avere particolari ostacoli.
PRIMI ESAMI
PER I DIPARTIMENTI
DI PREVENZIONE
di Gian Luca Giovanardi
Dipartimento di prevenzione
Azienda USL di Parma
Il cammino percorso
A diciotto mesi dal 30 dicembre `94,
data della delibera di istituzione del
Dipartimento di Prevenzione (DIP), è
tempo, se non di bilanci, almeno di
prime riflessioni sul cammino percorso.
L'esercizio è senz'altro utile a livello
locale (Parma) per cogliere indicazioni
su conferme o eventuali correzioni di
rotta, ma siamo certi possa essere stimolante per chi, da un osservatorio più lontano, sta monitorando con interesse le
prime esperienze dipartimentali nate dai
Decreti 502 e 517.
Un breve cenno è necessario sulle cose
fatte prima del dicembre `94 e su quelle
realizzate durante il '95.
Direzione generale e gruppo dirigente
della prevenzione si trovano concordi
nel costruire a livello aziendale un dipartimento che, sinteticamente, sia:
• struttura di programmazione (definizione di obiettivi e destinazione di
risorse) su tutto l'ambito aziendale
(una Provincia organizzata in cinque
distretti sanitari);
• polo gestionale al fianco del distretto
e del presidio ospedaliero, dotato di
proprio budget e di contabilità separata, in" line" con la Direzione generale;
• articolato in Servizi (igiene pubblica,
prevenzione e sicurezza nei luoghi di
lavoro, veterinari), eli norma distrettuali, dotati di autonomia tecnicoorganizzativa nel rispetto delle linee
programmatiche dipartimentali;
• dotato di una direzione chiamata a
svolgere, tra le alt r e, funzioni di controllo di gestione, formazione del personale, gestione dei sistemi informativi e promozione della qualità.
Su questi contenuti si procede ad una
consultazione differenziata dei diversi
soggetti sociali (organizzazioni sindacali
e imprenditoriali, autonomie locali,
associazionismo), registrando un generale interesse nella sperimentazione del
modello.
Istituito con atto deliberativo il Dipartimento ed approvato il suo regolamento,
attribuiti gli opportuni incarichi di direzione dell'intera struttura e di responsabilità dei diversi Servizi, nel corso del
`95 si è proceduto essenzialmente a:
• definire alcuni obiettivi di salute e
assicurando
organizzativi,
altri
l'informazione all'esterno dell'organizzazione,
• avviare una prima analisi dei bisogni
di prevenzione su scala aziendale,
quale condizione per poter gestire in
modo oculato e documentato le risorse disponibili,
• organizzare un percorso formativo
intensivo verso il gruppo dirigente,
per uniformarne metodi di lavoro cd
orientamento verso la qualità, ma
soprattutto per cementarne la coesione
di équipe e l'indirizzo verso successi
comuni,
• costruire una struttura di Direzione
capace di avviare le funzioni sopracitatc,
• monitorare il funzionamento dell'organizzazione per coglierne i punti di
forza e quelli di debolezza.
Alcuni elementi di riflessione
Dopo un anno di lavoro, si può affermare che la strada intrapresa è senz'alt r o
percorribile e, con alcuni, importanti o
addirittura decisivi, accorgimenti, può
portare a buoni risultati. Allo stesso
modo, il venir meno di alcune condizio-
ni più avanti descritte può pregiudicare
ancora l'esito dell'esperienza.
Tali affermazioni nascono da una disamina serena dell'esperienza fatta, opportunamente pesata rispetto ad alcuni
eventi particolarmente "critici" vissuti
nell'anno passato: la costituzione di cinque distretti in un'Azienda sorta da quattro Usl e l'avvio dell'ARPA, a livello
sperimentale locale dal febbraio, a livello ufficiale regionale dal 1 maggio.
Tenendo anche conto di questi due
appuntamenti che molto hanno pesato in
termini di impegno, sforzo ideativo ed
organizzativo ed, anche, sul piano del
coinvolgimento professionale e relazionale degli operatori, penso si possano
realisticamente individuare nell'esperienza alcuni elementi positivi da sviluppare ed altri più problematici da superare nel prossimo periodo, riassunti nella
tabella a pagina 17.
Il DIP a connotazione gestionale assicura alla prevenzione una chiara, immediata visibilità organizzativa nella "scacchiera" aziendale.
Ciò è vero all'interno dell'organizzazione sanitaria, che tende a riconoscervi una
tradizione culturale, uno stile di lavoro.
un costante interlocutore nella lettura di
problemi di salute ed organizzativi; ma è
soprattutto rilevante verso l'esterno.
Istituzioni ed Enti, sovente organizzati
su una scala territoriale simile a quella
delle Aziende USL (di norma provinciale), incontrano un interlocutore più tempestivo e credibile in un dipartimento
che supera il ruolo propositivo e di indirizzo per assumerne uno più marcato in
senso progettuale e gestionale. Si pensi,
a questo proposito, al rapporto tra Dipartimenti e Prefettura, numerosi Assessorati dell'Amministrazione provinciale
(Ambiente, Sanità, Agricoltura, Pianificazione territoriale) e, soprattutto, le sedi
provinciali delle costituende Agenzie
regionali per la prevenzione e l'ambiente (ARPA).
Tra gli altri clementi positivi elencati
nella tabella, voglio sottolineare l'oppor-
15
(unità che il modello offre di rilanciare la
motivazione e l'unità culturale dei dirigenti della prevenzione all'interno dell' Azienda.
Uno dei motivi addotti dai fautori del
DIP" authority" è quello di evitare la
demotivazione dei responsabili dei servizi elle, in un DIP fortemente accentrato,
perderebbero non solo autonomia, ma
anche spirito d'iniziativa e spinta professionale. Tale preoccupazione, che pur
coglie un possibile rischio connesso ad
un DIP" struttura", può nascondere tendenze al conservatorismo e resistenze al
confronto che mal si sposano con l'attuale fase di incertezza e di ridefinizione
di molti ruoli.
In realtà, sono convinto che un DIP chiaramente connotato e responsabilizzato
sia un possibile, forte polo di attrazione
e di integrazione per un gruppo dirigente. E' evidente che occorre la sensibilità
di chi è chiamato a guidarlo per unire i
dirigenti con una gestione basata sulla
trasparenza, la consultazione e la condivisione dei metodi di lavoro.
La sperimentazione sta evidenziando
anche alcune criticità, che non vanno
nascoste ma chiaramente descritte per
poterne individuare le soluzioni.
Il rapporto tra Servizi del Dipartimento e
Direzione del distretto necessita di un
approfondimento particolare: la chiarezza organizzativa su questo aspetto è fondamentale per evitare non solo letture
personalistiche di eventuali conflitti, ma
soprattutto confusione di ruoli con inevitabili ricadute sul funzionamento dei servizi sanitari.
Tre sembrano essere i campi a rischio di
maggior conflittualità: quello progettuale e gestionale, quello di governo e di
uso di spazi aziendali ed, infine, il rapporto con le Amministrazioni locali.
Gli obiettivi, e quindi l'operatività dei
Servizi di prevenzione, nascono dalla
negoziazione con la Direzione generale
e sono un insieme" ragionato" di attese
su temi di rilevanza aziendale o distrettuale. Su questi, l'area della prevenzione
deve però cercare la massima interazione possibile con gli altri servizi sanitari,
nella certezza che il" far prevenzione"
non è prerogativa esclusiva di alcuni Servizi, ma funzione trasversale a tutta l'organizzazione sanitaria.
Visibilità organizzativa cd autonomia
gestionale del Dipartimento non significano autarchia progettuale. Pertanto,
accanto alla chiara distinzione dei centri
di responsabilità e dell'afferenza della
spesa, va posta l'esigenza di una progettualità in parte comune o concordata.
Per il governo dell'uso dei locali e delle
strutture al fine dell'erogazione delle
prestazioni, è necessaria una figura unica
che sappia armonizzare e finalizzare le
16
diverse esigenze: il Direttore di distretto.
Il suo mandato deve essere chiaramente
quello di assicurare il massimo di accessibilità e di comfort, ricercando la soddisfazione di tutti gli operatori dell'Azienda e di tutti gli utenti. Delle sue scelte, il
direttore ne risponde alla Direzione
generale e all'organo di verifica delle
Autonomie locali (in Emilia-Romagna,
il Comitato di distretto).
Altra criticità importante individuata è
proprio il rapporto con le Autonomie
locali.
Non vi sono dubbi sulla titolarità della
rappresentanza della Direzione generale
e, per suo mandato nella materia specifica, di quella del Dipartimento verso le
Istituzioni sovracomunali.
Il rapporto coi Comuni, invece, sembra
essere più complesso. Il Comune, come
espressione dei bisogni della popolazione e come soggetto verificatore degli
interventi sanitari, non può non avere,
come riferimento nell'AUSL, il Direttore di distretto.
Sarà questi che, non esercitando direttamente la gestione dei Servizi di prevenzione, rappresenterà ad essi ed, eventualmente, al Direttore dipartimentale i bisogni e le osservazioni espresse.
Diverso è invece il problema del rapporto tra Servizi di prevenzione e Comuni,
in quanto utenti : non vi è dubbio che il
rapporto debba essere diretto con il Servizio titolare dell'attività d'interesse del
Comune.
L'ultima criticità descritta risiede nella
difficoltà, per il D1P, di esercitare pienamente la gestione, assicurando in proprio le funzioni amministrative ad essa
connesse.
L'ipotesi di un polo amministrativo
appositamente dedicato nel Dipartimento può trovare seri ostacoli, anche giustamente motivati dalla difficile espansibilità delle risorse attuali.
Se tale strada non è percorribile, ne
vanno cercate altre., basate sull'interazione tra Direzione del DIP, che deve
comunque gestire in prima persona alcune funzioni, e nuclei amministrativi dei
distretti, che assumerebbero così un
ruolo di vero e proprio" service" aziendale per tutte le strutture presenti sul territorio del distretto (ospedali dell'Azienda compresi).
Il riparto delle funzioni può essere pensato in diversi riodi. A Parma ci si è indirizzati verso una interazione in cui !a
Direzione del DIP cura la predisposizione di tutti gli atti deliberativi di interesse
della prevenzione ed effettua costantemente la rilevazione dei bisogni su tutti i
beni comuni a più Servizi; i distretti,
invece, dovrebbero curare la gestione
corrente del personale e, alla luce del
budget assegnato al singolo Servizio dal
Direttore del DIP, dare seguito amministrativo alle scelte operate dal suo
responsabile.
Alcune esperienze significative
Accanto agli elementi di valutazione più
generali, mi preme ricordare brevemente
alcuni passaggi della nostra attività `95
che ritengo particolarmente illuminanti
rispetto agli obiettivi prefissati.
Costruzione di un sistema informativo
della prevenzione omogeneo a livello
aziendale
Muovendoci secondo le linee presentate
e discusse a Bussolengo nel Convegno
Snop dell'autunno `94, si è cercato di
uniformare, e migliorare, finalità, procedure e strumenti dei sistemi informativi
già in uso sulle attività, sulle prestazioni
e su alcuni" danni" (malattie infettive,
mortalità, indicatori di salute alla nascita ecc.). La Relazione sanitaria sull'attività del '95 e la produzione di reports
sull'incidenza di alcune patologie sono i
primi prodotti del lavoro svolto per ridisegnare nuovi sistemi informativi sulla
nuova realtà territoriale.
Gestione delle risorse umane
E' stato gradualmente avviato il percorso
per affermare nella pratica il ruolo
gestionale del Dipartimento. In tal senso,
nella nuova pianta organica aziendale vi
è quella della prevenzione, definita e
concertata coi Responsabili di Servizio e
le Organizzazioni sindacali: da essa ne
derivano assegnazioni ai diversi Servizi
dci Distretti, secondo priorità definite
dalla Direzione del Dipartimento. Allo
stesso modo è stata avviata la gestione di
istituti quali lo straordinario e gli obiettivi connessi all'istituto dell'incentivazione: entrambi vengono assegnati dalla
Direzione ai Responsabili di Servizio
secondo criteri di priorità aziendali e
gestiti da questi ultimi all'interno delle
équipes distrettuali.
Promozione e gestione della
formazione
La gestione diretta di risorse da investire
sulla formazione ha portato, nell'arco
del solo `95, a: utilizzo di oltre il 95%
del budget assegnato, sostanziale equilibrio (50%) tra formazione" esterna" e
formazione organizzata localmente, raddoppio della media di ore di formazione
per operatore rispetto alle medie regionali e provinciali degli anni 91-92-93.
Predisposizione degli atti deliberativi
Lentamente, lutti gli atti deliberativi
riguardanti l'area della prevenzione ( e,
quindi, le scelte più rilevanti di allocazione di risorse e di gestione) sono stati
istruiti dalla, o per conto della, Direzione:
le oltre duecento delibere predisposte nel
corso del '95 sono la testimonianza della
costruzione di un polo di governo che,
all'interno della pianificazione aziendale,
si candida, al pari del distretto e del presidio ospedaliero, ad ulteriori forme di
autonomia e sviluppo gestionali.
Costruzione del budget `96
E' stato ]'elemento di programmazione
più significativo dell'esperienza ed ha
portato, pur in un anno di transizione tra
una contabilità finanziaria ancora ufficiale ed una economica virtuale, a definire una previsione di risorse per l'intera
area della prevenzione che, con le opportune verifiche da farsi lungo l'anno,
costituisce una base preziosa per impostare i nuovi modelli di gestione previsti
per il `97.
Vale la pena elencare brevemente le
tappe principali del percorso seguito:
• ricostruzione, per quanto possibile,
della spesa storica, sovente anche in
modo parziale o limitato a singole
voci;
• esplicitazione da parte della Direzione
generale di alcuni obiettivi generali,
Aspetti Positivi e criticità del Dipartimento di Prevenzione di Parma
più
• Forte connotazione della prevenzione
(Amm.ne Prov., Conferenza Sindaci, ARPA,
Prefettura, NAS, Magistratura, Ministero)
• Programmazione centrata su probblemi
prioritari di salute di rilievo aziendale
• Razionalizzazione nell'utilizzo delle risorse
• Omogeneità nelle procedure e nei comportamenti
• Incentivo alla motivazione culturale del
gruppo dirigente aziendale prevenzione
meno
• Ostacoli al Decentramento
-autonomia tecnico-organizzativa
dei servizi
• Rapporto con i direttori di distretto
-informazione su problemi,
obiettivi e risultati
-sviluppo di progetti comuni
• Esercizio delle funzioni amministrative a
supporto della gestione
-polo amm.vo autonomo del
dipartimento dei nuclei amm.vi
dei distretti come "servite"
Previsione di utilizzo di risorse '96
Dipartimento di Prevenzione
Azienda USL di Parma
(Indicatori tratti della scheda di budget `96)
II Dipartimento di prevenzione comprende la
funzione di igiene pubblica e degli alimenti,
pediatria della comunità, prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, veterinaria e
sicurezza impiantistica.
Il Dipartimento di Prevenzione non comprende le funzioni di controllo ambientale di supporto laboratoristico, già transitate all'ARPA
Il budget del Dipartimento di Prevenzione
corrisponde al 5,6% del bilancio generale
dell'AUSL.
• 0,803
• 86 825
• 108.1
operatori ogni 1000 residenti
lire per residente
milioni per operatore
Budget per voci principali
• Personale
• Servizi
• Beni
• Investimenti
• Altro
77.0%
12.3%
5.7%
3.0%
2.0%
Budget per tipologia dei servizi
• Direzione
• Servizi Igiene Pubblica
• Servizi Veterinari
• Servizi Prev. Sic.Amb. Lavoro
• Unità per la Sicurezza Impiant.
35%
42.0%
39.0%
12.5%
3.0%
•
•
•
•
•
•
rispondenti a priorità o interessi rilevanti del!' Azienda;
formulazione di alcuni obiettivi specifici dipartimentali e dei livelli prestazionali da parte della Direzione del
Dipartimento, in modo partecipato e
consensuale coi Responsabili di Servizio;
proposta da parte dei singoli Centri di
responsabilità ( i Servizi) di obiettivi
specifici locali ed individuazione delle
risorse utili al loro conseguimento;
valutazione di pertinenza alla strategia
aziendale delle proposte con richiesta
di correzioni o integrazioni;
costruzione di una scheda di budget
del Dipartimento comprensiva degli
obiettivi specifici di rilevanza aziendale, dei livelli prestazionali previsti a
livello aziendale, della previsione di
sviluppo in materia di personale,
attrezzature ed arredi, della previsione
di spesa per le voci principali;
negoziazione con il Direttore generale, eventuale ricalibratura degli obiettivi con i Responsabili di Servizio,
validazione finale del budget;
attribuzione, ai diversi Centri di
responsabilità, del budget annuale,
con indicazione degli obiettivi assegnati e dei livelli prestazionali validati, nonché delle risorse da acquisire.
L'intero percorso, comprensivo di alcuni
momenti formativi di" invito al budget",
si è interamente svolto tra la metà ottobre `95 e la metà febbraio `96.
L'esperienza fatta dovrebbe consentire
di concentrare tutto il processo in circa
due mesi.
La tabella allegata riassume alcune informazioni sul" peso" aziendale della prevenzione e sulla distribuzione delle risorse nelle voci principali: i dati illustrati
non hanno ovviamente nessuna valenza
quali standard, ma, essendo connessi ad
una specifica realtà territoriale, hanno un
mero significato metodologico.
Ma il cliente...cosa ne pensa?
L'interrogativo è legittimo. Uno sforzo
progettuale ed organizzativo rilevante ha
portato con sé mutamenti positivi rilevabili all'esterno dell'organizzazione? L'esperienza di contatto coi nostri Servizi è
migliorata? Non ho risposte certe a questa domanda e, forse, è anche prematuro
attenderle.
Ad ogni buon conto ci siamo posti il problema e, cogliendo l'occasione della
costruzione della Sezione terza della
Carta dei servizi sanitari, stiamo lavorando su questo percorso:
• identificazione, su alcune attività di
prevenzione, di criteri ed indicatori di
qualità-cliente,
• definizione per ciascuno di essi di
17
standard aziendali o distrettuali,
• presentazione delle proposte all'utenza organizzata con avvio di" tavoli"
paralleli di approfondimento degli
obiettivi e dei criteri presentati,
• ridefinizione della proposta ed avvio
del monitoraggio insieme ai rappresentanti dell'utenza.
Le prospettive immediate
Un giudizio, seppur sintetico ed" in itinere", mi fa dire che" si può fare": la
scommessa di costruire una prevenzione
capace di integrarsi e governarsi su una
scala più ampia di quella del singolo
distretto è non più una questione di rilevanza ideologica, ma di praticabilità
operativa.
Sono ovviamente necessari alcuni prerequisiti, tra i quali ricordo: l'orientamento deciso della Direzione generale, l'unità culturale del gruppo dirigente della
prevenzione ed, infine, la volontà di
ricercare incessantemente non l'isolamento, ma l'integrazione con tutti i servizi sanitari aziendali attraverso progettualità comuni e" service" reciproco.
I prossimi 5-6 mesi saranno decisivi al
fine di avere conferme o smentite sul
cammino percorso: gestione della contabilità economica e rapporto coi distretti,
conduzione della costruzione del budget
`97 e avvio del confronto sulla qualitàcliente sono i tre terreni immediati di
valutazione dell'esperienza.
MUCCA PAZZA
DALLA DEREGULATION
AL CRAC ECONOMICO
La vicenda della mucca pazza, o meglio
della encefalopatia spongiforme bovina,
che ha imperversato sulla stampa nei
mesi scorsi ci deve fare riflettere ancora
una volta sull'importanza delle regole e
della prevenzione. Correvano gli anni
`80 e l'Inghilterra di Margaret Thatcher
aveva il vento in poppa: patria de] liberismo e della deregulation in tutti campi:
zootecnia compresa. Minori vincoli
sanitari negli allevamenti e nei mattatoi,
trascurato l'obbligo di scaldare a giusta
temperatura i resti delle bestie macellate
prima di avviarli alla trasformazione in
mangime o in farina industriale. Tutto
poteva diventare farina animale.
Da una parte costi energetici, dall'altra
parte lauti guadagni e rischi di infezione.
II sistema veterinario inglese venne
smantellato: prima i veterinari erano
pubblici ufficiali e la loro preoccupazione era quella di fare rispettare le regole
di igiene; poi vennero "liberalizzati" al
servizio privato di imprese e mattatoi.
Concorrenzialità selvaggia: silenzio in
cambio di soldi. All'etica della salute si
impose quella degli affari. Molti che
denunciavano e negavano permessi furono licenziati. Al loro posto, in questi ultimi dieci anni, vennero impiegati non
veterinari laureati, ma semplici tecnici,
dopo un corso di alfabetizzazione veterinaria di pochi mesi; questi tecnici, molto
meno esperti, erano ovviamente pagati
molto meno.
Le Autorità sanitarie e il Governo inglesi interpretarono sempre in modo restrittivo gli allarmi di numerosi studiosi (il
microbiologo Leeds, lo scienziato
Lacey) sulla trasmissibilità all'uomo di
queste forme morbose, quali la oramai
ultranota malattia di Creutzfeldt-Jacoh,
una forma gravissima di demenza presenile. Non si promosse certamente la
ricerca scientifica per dirimere la questione, e cioè se era o meno possibile
infrangere la barriera di specie, ovvero il
punto chiave su cui si discute: la trasmissibilità per via alimentare. Il primo
annuncio ufficiale sulla esistenza della
BSE (enccfalopatia spongiforme bovina)
compare nel 1988 quando il microbiolo-
18
go Stephen Dealer affermò che fegato e
muscoli delle mucche potevano essere
veicolo di infezione; Tim Lang, professore universitario di politiche alimentari,
aggiungerà subito l'allarme sulle farine
animali date come mangime per il passaggio forzoso degli animali da erbivori
a carnivori.
Occorre precisare che il Ministro inglese
dell'agricoltura, il conservatore William
Waldergrave (in carica dal 1986 al 1995)
era ed è un grande allevatore e che il successivo Ministro Douglas Hogg, un
avvocato tory, non ha difeso certamente
gli interessi dei consumatori. La malattia
di cui si parla esiste da secoli, ma non è
mai passata da una specie all'altra sino
che non sono dati da mangiare animali
malati ad animali sani. Ci sembra una
cosa un po' contro natura dare delle farine animali a degli erbivori, ma così va il
mondo.
i dati inglesi erano leggibili per tempo: i
casi di "mucca pazza" erano infatti 420
nel 1987, 2185 nell'88, 7136 ncll'89 e
via via moltiplicando sino a più di
36.000 nel 1993?
L'encefalopatia spongiforme venne rilevata non solamente tra i bovini ma tra
ovini, scimmie, gatti, topi, visoni, e l'elemento comune sembra legato all'alimentazione a base di mangime proteico
derivato da scarti di lavorazione. La questione della "barriera di specie" e della
possibile, ó meno, trasmissione per via
alimentare, sembra superata nei fatti.
Oggi anche il Governo inglese deve
ammettere che la metà dei mattatoi e
degli allevamenti non hanno regole e che
bisogna approfondire il problema. Ma
quale prezzo, anche economico, per
tutti? Fortunatamente in Italia i più di
5.000 veterinari delle USL e del Ministero della Sanità, motivati e preparati,
continuano i loro controlli minuziosi su
animali e carni importate per impedire
traffici clandestini attraverso frontiere
stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali. Per sino nel fuoco delle polemiche
il sistema veterinario pubblico italiano, e
l'ex Ministro Guzzanti, sono passati
LE MALATTIE
DA PRIONI
Il fatto abbastanza sconvolgente
della storia della mucca pazza è non
tanto o non solamente che ci si
possa ammalare mangiando, quanto
che il responsabile della infezione
non sia un batterio o un virus, ma
una proteina: una particella proteica
detta prione, che può alterarsi e
inserirsi nel genoma. I prioni in questione sono semplici aggregati di
aminoacidi in grado di entrare nell'organismo, penetrare dentro i neuroni e riprodursi distruggendo tessuto nervoso. Nel cromosoma 20 vi
è un gene che fabbrica la proteina
prionica; se per una mutazione genetica vi è un aminoacido sbagliato, la
proteina diventa indigeribile dalle
proteasi, si accumula, si appallottola
nelle cellule che vengono distrutte.
L' organismo non sembra in grado di
rispondere con reazioni immunitarie
o infiammatorie, perché "non vede"
il pericolo, cioè considera i prioni
proteine normali anche se hanno
una conformazione diversa. Non
tutti gli organismi sono attaccati:
occorre infatti una predisposizione
genetica che dia le istruzioni per
riprodurre la proteina prionica.
Questo spiega per ora la scarsa dif-
indenni e vincitori per gli scetticissimi
mass-media (ad esempio la trasmissione
Tempo Reale nel mese di marzo), proprio
perché il nostro sistema è legato alla sanità
pubblica e non (solamente) alle implacabili leggi dell'economia di mercato.
Ma sicuramente tutta questa vicenda non
può essere risolta solamente con un sistema di controlli rigorosi, e vi é una necessità urgente di una revisione profonda,
anche economico-filosofica, dei sistemi
di allevamento e dei consumi.
fusione della malattia umana a fronte di una larghissima diffusione della
malattia bovina. La tabella che segue
tratta da un non più recente articolo del neurobiologo californiano
Stanley B.Prusiner, il massimo studioso in materia, mostra come le più
importanti malattie umane da prioni
abbiano in comune non solamente la
causa: l'accumularsi di proteine anomale nel cervello, ma anche i quadri
patologici (demenza e incoordinazione motoria), in quanto le aree
maggiormente colpite sono la corteccia cerebrale e il cervelletto.
Nell'uomo sono state sino ad ora
attribuite ai prioni quattro malattie
neurologiche: la malattia di Creutzfeldt-Jacob, osservata come conseguenza accidentale di un trattamento farmacologico: la terapia per correggere la bassa statura con ormone
della crescita non di sintesi ma
estratto da cadaveri; l'insonnia familiare fatale scoperta (primo caso
descritto in Veneto nel 1986 da Elio
Luganesi), la sindrome di Gestmann
Strausser-Scheinker: una forma di
demenza e il Kuru, diffuso negli anni
Cinquanta in tribù montane di Papua
(Nuova Guinea) che mangiavano,
per motivi religiosi, il cervello dei
defunti. Nelle forme non ereditarie,
le più frequenti, la proteina prionica
sbagliata pare entri nel sistema alterando la proteina prionica normale:
un modello copiato dal sistema dottor jekyll e Mr. Hyde?
Per ora il numero di casi umani di
malattia da prioni non ereditaria (alimentare quindi?) sono ancora pochi,
ma l'effetto dovrà essere "contato"
nei prossimi anni.
E' vero che, come dice Prusiner, neurologo e massimo esperto mondiale
di malattie prioniche,"25 anni di epidemiologia insegnano che i prioni
non passano dalle pecore (che avevano avuto impressionanti epidemie) all'uomo 'Ma la sequenza di
aminoacidi della proteina prionica
nelle pecore differisce da quella
bovina per pochi aminoacidi (non a
caso i bovini inglesi si stanno infettando mangiando resti di pecore
malate), mentre è estremamente
lontana dalia configurazione di quella umana. Gli studiosi affermano che
quanto impareremo dalle malattie
da prioni ci aiuterà forse a capire
altre e più comuni affezioni degenerative del Sistema Nervoso Centrale, come il morbo di Alzheimer o il
Parkinson, che assomigliano molto
sia sul piano clinico (demenza,
incoordinazione, tremore) che su
quello istologico (un aspetto di" cellule attaccate") alle malattie da prioni. Prusiner pensa infatti che tutte
queste malattie siano riconducibili
ad uno schema comune: il cambiamento di forma per cui una proteina
da normale diventa patologica.
Tabella
Le malattie da prioni nell'uomo
malattia
sintomi tipici
trasmissione
distribuzione
Kuru
incoordinazione
demenza
cannibalismo
Papua Nuova Guinea
circa 2.600 casi
Malattia di
Creutzfeldt Jakob
demenza
incoordinazione
tratt. farmacologico
gene alterato
alimenti
80 casi trattati
100 famiglie
casi sporadici
Malattia di
Gerstamann
Straussler Scheinker
incoordinazione
demenza
gene alterato
50 famiglie
Insonnia familiare
fatale
demenza
gene alterato
9 famiglie
Laura Bodini
Fonte: Le Scienze, Marzo 1995
19
MATERIALI DI LAVORO
LA VALUTAZIONE
DEI RISCHI È INIZIATA
Suggerimenti pratici e riflessioni teoriche
scaturite dal'analisi dei primi documenti redatti dalle aziende
di Gianni Saretto
Nicoletta Cornaggia
Roberto Zanelli
UOTSLL -Azienda USSL 43
Vigevano (PV)
la redazione
Con le integrazioni e correzioni introdotte dal D.Lvo 242 del 1913196, le incertezze legate ai continui differimenti delle
scadenze sono state finalmente superate
e gli imprenditori sembrano ormai
avviati ad affrontare concretamente l'obbligo di valutazione dei rischi di cui
all'art. 4 del D.L.vo 626196.
2. difficoltà metodologiche che emergono a livello della identificazione sia
dei fattori di rischio che dei lavoratori
esposti
3. difficoltà metodologiche che emergono a livello della vera e propria valutazione dei fattori di rischio identificati
4. problemi teorici aperti
Un segnale di questa nuova fase è rappresentato dalle sempre più frequenti
domande che vengono rivolte agli operatori delle UOtsll da parte di coloro che
sono attivamente impegnati nella valutazione dei rischi, domande mirate a capire come concretamente deve essere
effettuata la valutazione e redatto il
documento; vengono inoltre richiesti ai
servizi pareri sulle questioni procedurali
rimaste incerte.
A queste domande si cerca di rispondere
attraverso l'attività di informazione ed
assistenza, ormai uno dei principali e
qualificati compiti dei futuri programmi
di lavoro delle UOtsll.
Questa UOtsll ha già informalmente
ricevuto almeno una ventina di bozze di
documento di valutazione; dall'analisi di
questi primi elaborati scaturisce la presente riflessione che vuole, pertanto,
essere fortemente vincolata a quanto sta
avvenendo nelle Aziende del nostro territorio, anche se per alcune questioni è
risultato obbligatorio il richiamo a concetti di fondo (punto 4).
Le considerazioni che seguiranno risultano così ordinate:
1. Descrizione delle fasi comunemente
svolte dalle Aziende nella realizzazione della valutazione e redazione dei
documento
1. descrizione delle fasi comunemente
svolte dalle Aziende nella realizzazione della valutazione e redazione del
documento
20
Presentiamo in questo numero un primo
contributo di carattere tecnico sulla
"valutazione delle valutazioni", offerto
alla discussione dai colleghi di Vigevano. Il testo si inserisce nella polemica
scientifica seguita all'intervento del
prof: Magnavita. sulle colonne della
"
Medicina del lavoro " . il quale stigmatizzava l'uso troppo disinvolto di formule matematiche per la creazione di priorità nell'inter v ento sui rischi rilevati
nelle aziende.
Ci é sembrato particolarmente utile presentare il punto di vista di operatori
pubblici che da anni lavorano sull ' argomento e che propongono un approccio
diverso da quello sostenuto nella lettera
alla rivista milanese.
I documenti analizzati presentano una
struttura sostanzialmente omogenea.
La conduzione della valutazione è stata,
nella maggioranza dei casi, articolata in
fasi, come è stato indicato dal Coordinamento Tecnico per la prevenzione delle
Regioni, Documento n 1 "La valutazione
per il controllo dei rischi" approvato il
27110195, ovvero:
fase I - Identificazione
Identificazione dei fattori di rischio
Identificazione, dei lavoratori esposti
fase II - Valutazione
Stima della entità della esposizione
Stima della gravità degli effetti che ne
possono derivare
Stima della probabilità che tali effetti si
manifestino
fase 111 - Controllo
Ricerca di misure tecniche, organizzative, procedurali, per eliminare o ridurre
l'esposizione e/o il numero di esposti
Definizione di un piano e cronogramma
per la messa in atto delle misure individuate.
2. Difficoltà metodologiche che emergono a livello della fase I: identificazione dei fattori di rischio e dei lavoratori esposti
Lo strumento comunemente impiegato
per la identificazione è quello delle Liste
di controllo. Si considera centrale la esigenza di dover descrivere in modo esaustivo la situazione osservata e si impiegano elenchi di fattori di rischio (30-40
fattori di riferimento) ed elenchi di dettagli per ciascuno dei fattori di rischio
identificati (1000-1500 dettagli).
Il momento successivo della fase identificativa, riferito all'individuazione dei
lavoratori esposti, è invece normalmente
realizzato con un approccio che impiega
due entrate per la classificazione dei
rischi:
• entrata secondo aree omogenee o
reparti o sezioni;
• entrata secondo le mansioni svolte
dagli addetti all'interno delle varie
aree omogenee.
Nella tabelle l a e l b sono riportati esempi di questa doppia entrata per la classificazione; gli esempi sono riferiti al
comparto calzaturiero, settore molto rappresentato nel nostro territorio.
Un aspetto criticabile in molti documenti si rileva proprio nell ' utilizzo di questa
doppia entrata; infatti sia la face di identificazione dei .fattori di rischio e dei successivi dettagli sia la fase della vera e
propria valutazione vengono spesso
effettuate riferendosi sia alla tabella che
classifica i fattori di rischio secondo le
aree omogenee sia a quella che li classifica a partire dalle mansioni.
Il risultato che si ottiene in questa ripetizione del lavoro è spesso quello di pro-
dune inutili e dispersivi doppioni di giudizio o in qualche caso addirittura dei
giudizi contraddittori.
Proponiamo una soluzione a tale questione basata sull'adozione di una iniziale suddivisione dei fattori di rischio in
quelli da riferire fondamentalmente alle
aree di lavoro ed in quelli più pertinenti
alle mansioni (si veda l'esempio riportato nella tabella 2).
Pertanto un fattore di rischio sarà da
subito considerato appartenente ad uno
dei due gruppi con il risultato che i successivi passaggi, quello di ricerca dei
dettagli di rischio e quello della valutazione. saranno svolti una sola volta.
3. Difficoltà metodologiche che emergono a livello della fase II: vera e propria valutazione dei fattori di rischio
identificati
Dallo studio dei documenti pervenuti è
emerso che la valutazione del rischio
viene affrontata perlopiù con la metodologia basata sulla matrice determinata
dalla nota funzione R=f(P,D) si veda a
riguardo il prossimo punto 4-; in alcuni
casi abbiamo comunque osservato
approcci alla valutazione diversi.
Riteniamo utile presentare un elenco
esaustivo delle metodologie da noi
osservate o a noi note il cui ordine di
Tabella la
I ° ENTRATA: CLASSIFICAZIONE PER AREE
OMOGENEE DI LAVORO (sett. calzaturiero)
MAGAZZINO(mag)
TAGLI O(tag)
SCARNITURA(sca)
TRANCERIA(tra)
ORLATURA(orl)
INGUARNITURA(ing)
MONTAGGIO(mon)
FONDO(fon)
MOCASSINISTI(moc)
MODELLERIA(mod)
UFFICI(uff)
SERVIZI TECNICI(ser)
ATTIVITA'-MANSIONE
ORLATURA
PREPARAZIONE A MANO
PIEGATURA A MACCHINA
MOCASSINISTA
SCARNITURA
MODELLISTI
TAGLIO CON TRANCIA
TAGLIO A MANO
TIMBRATURA
LEVACHIODI
SMERIGLIATORE
INCOLLAGGIO
PIANTATACCHI E GUARDOLO
FORNO
FRESATORE-PRESSISTA
MACCHINE PER SPAZZOLE
COLORATURA A MANO
TIMBRATRICE E RIFILATRICE
TRANCIATURA
MAGAZZINIERE
3.1 Metodologie impiegate per la valutazione dei rischi
3.1.1 Confronto con
• norme di legge
• norme di buona tecnica
• norme aziendali
3.1.2 Giudizio con matrici semiquantitative
Probabilità del dannolGravità dello stesso
R P*D
Il metodo è descritto al punto 4.
3.1.3 Giudizio con scale ordinali
Appartengono a questa classe molti di
quei procedimenti messi a punto negli
anni 180 dai Servizi territoriali di medicina del lavoro per l'esecuzione di indagini
di comparto ; tali procedimenti, ritenuti
spesso " poco scientifici " e perciò snobbati, sono stati ora riconsiderati perché
scoperti utili strumenti di valutazione.
Questi mirano a fornire un giudizio su
un determinato rischio operando una sintesi delle informazioni relative a tale
rischio attraverso un indice numerico
capace di fornire un'indicazione immediata del livello di gravità.
°
AREE DI STABILIMENTO
Tabella I b
2° ENTRATA: CLASSIFICAZIONE
SECONDO MANSIONI (sett. calzaturiero)
presentazione è indicativo anche della
diversa capacità informativa (valutativa
di ciascuna, crescente a nostro parere da
l a 5, così come lo è il costo di realizzazione.
Tabella 2
SUDDIVISIONE DEI FATTORI DI RISCHIO DA TRATTARE O NELL'AMBITO
DELLE "AREE DI LAVORO" O NELL'AMBITO "MANSIONI" (sett. calzaturiero)
AREE
FATTORI DI RISCHIO
Porte e portoni
Vie ed uscite d'emergenza
Vie dicircolazione, pavimenti e passaggi
Spii di lavoro
Scale
Aerazione -Ventilazione
Microclima-Climatizzazione
Illuminazione
Incendio-Scariche atmosferiche -Impianti Elettrici
Servizi Igienici ed assistenziali
Organizzazione -Norme e procedimenti di lavoro
Formazione/Informazione
Manutenzione
Macchine
Agenti chimici-Polveri
Rumore-Vibrazioni
Carico di lavoro fisico-Posture incongrue
Dispositivi di protezione individuale
Emergenza e Pronto Soccorso
Sorveglianza Sanitaria
Segnaletica
Autorizzazioni-Tutela lavoratori a rischio elevato
21
MANSIONI
Il procedimento impiegato per la determinazione dell' indice è pertanto quello
di attribuire alla situazione osservata un
certo punteggio numerico. E' ovvio che
tale metodica pecca di approssimazione,
ma consente comunque di rappresentare
in un solo dato un giudizio sulla rispondenza igienica o la sicurezza del fattore
di rischio in esame e di orientare le priorità del successivo intervento di controllo del rischio.
Nella tabella 3 viene riportato un esempio di un procedimento di giudizio con
scale ordinali impiegato per la valutazione del rischio collanti nel comparto calzaturiero.
3.1.4 Misure indirette
Con questo tipo di procedimento un fattore di rischio viene valutato attraverso
una misura di una o più variabili ad esso
fortemente correlate; le variabili misurate risultano ovviamente più facilmente
determinabili (sostanzialmente minor
costo per avere l'informazione) rispetto
alla misura diretta dell'agente di rischio.
Alcuni esempi: nel settore calzaturiero si
potrà effettuare la misurazione con anemometro della velocità d'aspirazione
delle cappe sul punto di incollaggio ottenendo una valutazione indiretta sul
rischio da collanti.
Oppure nel comparto verniciatura si
potranno impiegare i modelli proposti
dal CRAM (Cassa Regionale Assicurazione Malattie - Francia) o dall'ISPESL,
applicabili agli impianti di verniciatura
con cabina pressurizzata per la valutazione del rischio da impiego di vernici.
Essi sono basati sulla determinazione
della velocità dell'aria misurata con anemometro a filo caldo e della pressione
statica differenziale interno-esterno.
Tali modelli di valutazione hanno già
avuto numerose verifiche tanto che si è
in grado di affermare che al di sopra di
certi livelli delle due variabili misurate
(velocità e pressione) viene garantito il
contenimento della concentrazione di
inquinanti al di sotto del 30% del TLVTWA.
Tabella 3
GIUDIZIO SUL FATTORE DI RISCHIO
COLLANTI CON SCALA ORDINALE
Ricavare con l ' osservazione:
• Numero di postazioni d'impiego dei prodotti (a) indicativo della qualità di collante
utilizzata
• Numero di cappe assenti (b), parametro
rappresentativo del livello d'attenzione
posto da un'Azienda nell'applicazione di
norme igieniche.
I=axb
Fascia I .Calzaturifici con 1=0. Condizioni di
bonifica attuata. Rischio presumibilmente
basso.
3.1.5 Misure dirette
E' questa la valutazione tradizionale
ottenuta attraverso la misurazione dell'agente fisico o chimico di rischio ed attraverso le misure epidemiologiche di
danno. Esempi ovvi: il livello d'inquinamento di un solvente viene determinato
attraverso il monitoraggio ambientale o
biologico; il livello di rumorosità attraverso la misura del Lepd; tassi d'incidenza per i vari danni indotti.
Dopo questa rassegna di metodiche
Fascia 2.Calzaturifici con I compreso tra I
e IO. Bonifica da attuare. Rischio presumibilmente presente.
Fascia 3.Calzaturifici con I maggiore di IO.
Bonifica da attuare. Rischio presumibilmente
medio-alto.
Tabella 4
ESEMPIO DI RAFFORZAMENTO DELLA SCALA DI RIFERIMENTO PER LA GRAVITA' DEL DANNO
INDICE
2
DEFINIZIONE
CRITERI IDENTIFICATIVI
DANNI TIPO
LIEVE
Nessun tipo di inabilità
Esposizione senza effetti significativi
Escoriazioni
Contusioni
Tagli curabili con medicazioni
Scottature con dolore senza bruciature
Irritazioni cutanee
Arrossamenti oculari
Congiuntiviti
Emanazioni sgradevoli
SERIA
Inabilità temporanea
Schiacciamenti
Tagli che richiedono suture
Fulminazioni
Fratture
Ustioni di I° e 2° grado
Intossicazioni
Irritazioni
Esposizione con effetti lievi e reversibili
3
GRAVE
Inabilità permanente
1
Esposizione con effetti gravi ma reversibili
4
IRREPARABILE
22
Possibile morte
Esposizione con effetti irreversibili
Fratture multiple
Perdita di arti
Sensibile abbassamento dell'udito
Sensibile abbassamento della vista
Sensibilizzazioni
Intossicazioni
Fulminazioni
potenzialmente impiegabili per la valutazione si propongono le seguenti considerazioni conclusive:
• tutti i fattori di rischio dovrebbero
essere inizialmente valutati cori il confronto con le norme legislative vigenti, appositamente introdotte per ottenere il contenimento dei loro effetti.
Si ricorda che in questa fase della
valutazione si stanno comunque trattando e "misurando" delle variabili,
anche se con i principi delle scale
nominali.
Dalla valutazione si ottengono risultati binari (SI/NO) decisi dopo aver stabilito la conformità o meno di una
osservazione ad un disposto di legge.
• un gruppo numeroso di fattori di
rischio potrà essere valutato unicamente al primo livello sopra descritto,
quello del confronto tra ciò che si
osserva ed il contenuto di una norma
cori un giudizio di adempimento/non
adempimento.
E importante ancora dire che nella
valutazione dei rischi questa tipologia
di fattori è quella maggiormente rappresentata: appartengono infatti a questa famiglia tutti i fattori di rischio
legati a un giudizio sui requisiti dei
luoghi di lavoro, dei servizi igienici e
assistenziali, dell'organizzazione del
servizio di sicurezza, della sicurezza
delle macchine;
• passeranno alle fasi successive di valutazione, con uno o più degli approcci
sopraelencati, quei fattori di rischio
che, benché risultati a norma, ammettano comunque un rischio residuo.
Nello stesso modo verranno trattate:
• sia le situazioni di non conformità evidenziate dalla prima analisi che sono
state successivamente "normalizzate";
-sia le situazioni che, quantunque configurino un'omissione del rispetto
della normativa vigente, richiedano
per essere normalizzate o richiedano
uno studio specifico o il ricorso a specialisti o un intervento di complessa
attuazione (indicazione data dal Coordinamento Tecnico per la prevenzione
delle Regioni - Documento n. 1- pag.9
approvato il 27114/95: La valutazione
per il controllo dei rischi);
• è tuttavia evidente che laddove venga
impiegata, per obbligo normativo,
vedi rumore, o per scelta del valutatore, una metodica con più capacità
informativa diventerà inutile l'applicazione di approcci meno potenti: ad
esempio se si effettua un monitoraggio biologico o ambientale di un
inquinante chimico di cui si conoscono i limiti d'esposizione (BEI o TLV)
diventerà inutile valutare tale rischio
anche con l'applicazione della matrice
R=f(P`D).
4. Problemi teorici aperti
Proponiamo infine alcune considerazioni che risultano più inserite nella discussione teorica in corso sulla validità dei
vari strumenti di valutazione e pertanto
forse meno pratiche.
Come abbiamo sopra visto gli approcci
valutativi potranno essere a volte qualitativi, a volte di giudizio quantitativo, a
volte ancora misti.
E noto agli operatori che negli ultimi
mesi svariati approfondimenti critici su
questi algoritmi di valutazione sono stati
presentati in riviste e giornali della
nostra area così come nel corso di Convegni sul tema.
Particolarmente bersagliata è stata la diffusa formula R= P*D (e più in generale
gli approcci con scale ordinali).
Vediamo brevemente le due principali
critiche:
a) con l'impiego della formula R= P*D e
del metodo collegato a tale formula per
la valutazione del rischio, si opererebbero almeno due scelte improprie, ovvero:
• quella di rapportare due grandezze
appartenenti a scale diverse, P intesa
come probabilità del danno da un lato
e D intesa come gravità dello stesso
dall'altro. L'errore consiste nel relazionare con somme o moltiplicazioni
due grandezze differenti
• quella di voler legare le due variabili P
e D con una comune operazione "aritmetica", un prodotto, quando l'aritmetica non può essere applicata a
grandezze non parametriche.
(Magnavita N., De Lorenzo G., Sacco A.
in "La Medicina del Lavo ro" Vol. 87, n
I, Gen-Feb 1996 pag. 76, Lettere in
redazione)
b) la seconda critica rivolge più l'attenzione alla debolezza dell'algoritmo R=
P*D. Sostiene infatti che esso porta ad
una valutazione qualitativa o semiquantitativa del rischio, meno potente della
valutazione quantitativa che impiega
invece sia il concetto di dose del fattore
di rischio sia una misura epidemiologica
di danno quale è il Rischio Relativo.
La formula R=P*D può pertanto generare conclusioni equivoche dovute all'arbitrarietà del giudizio nell'attribuire un
punteggio sulle due scale P e D. E noto
che l'algoritmo più in uso è quello che
prevede per entrambe le variabili un
range per il giudizio da 1 a 4 con valori
discreti.
(Colombi A., Nicoli E. "Sistemi attuali
di valutazione dei rischi" relazione al
Convegno "Rischio, , fattori di rischio,
D.Lvo 626/94" Associazione Lombarda
di Medicina del Lavoro, Clinica del
Lavoro di Pavia; Pavia 19/4/96)
Come già sopra anticipato, riteniamo
che il metodo R=P'`D non sia altro che
un'applicazione di una moltiplicazione
tra due grandezze misurate su scale
ordinali.
La teoria ammette la possibilità di
impiego di scale ordinali di misura quando si osserva un insieme di oggetti che
posseggono qualche proprietà o caratteristiche.
Nel nostro caso l'oggetto di valutazione
è la condizione igienica e di sicurezza di
un certo ambiente di lavoro mentre le
variabili (caratteri o attributi) a cui siamo
interessati sono i fattori di rischio individuati.
Il passo seguente della metodologia consiste nell'assegnare ad ogni osservazione
fatta un numero, indicante appunto il
carattere o la proprietà dell'oggetto.
A livello teorico si ammette che nell'impiego di queste scale sarà spesso impossibile determinare direttamente tale
numero, sicché ci si dovrà accontentare
di proporre delle semplici regole per
l'allocazione dell'osservazione nella
giusta classe.
Questo problema si trasforma nella
ricerca di definizioni e criteri chiari per
assegnare una certa osservazione al
livello I piuttosto che 4 delle scale
23
Danno/Probabilità.
Si sottolinea che questo procedimento è
comunque incluso dalla teoria nei procedimenti di misurazione, al pari di quelli
che si basano su scale di intervalli e scale
di rapporti.
Sarà indispensabile ovviamente che le
varie misure riflettano le vere grandezze
del carattere. In particolare ad un numero alto dovrà corrispondere l'osservazione con caratteristiche "alte", al contrario
per il numero basso.
Sempre secondo la teoria, date queste
premesse, con il procedimento di misurazione a livello ordinale, i numeri ottenuti potranno essere formalmente assoggettati a tutte le regole dell'aritmetica,
anche se i risultati complessivi tuttavia
non potranno essere interpretati in termini delle vere grandezze delle proprietà
studiate.
Pertanto, al contrario di quanto sostenuto dalle due critiche sopra riportate, non
ci pare così eretico l'impiego del
R=P`{'D; semmai andrebbero rinforzate
le regole di assegnazione delle varie
osservazioni nelle classi così da assicurare che l'ordine 1, 2, 3, 4 rifletta effettivamente situazioni e condizioni via via
sempre meno accettabili (la tabella 5
propone un esempio di rafforzamento
della scala del danno e vuole essere un
invito agli operatori affinché si percorrano queste vie per la ricerca di definizioni sempre più precise per l'allocazione
delle osservazioni nei vari livelli).
In conclusione riteniamo che sia fondamentale che l'applicazione del D.Lvo
626/94, al di là degli adempimenti formali di valutazione, debba soprattutto
essere l'occasione per permettere alle
Aziende di fare concreti passi in avanti
nella direzione del miglioramento dei
luoghi di lavoro.
In questo senso il punto di partenza per
analizzare ed affrontare correttamente le
importanti questioni teoriche dianzi
esposte dovrà essere collocato in un
ambito che sta più a monte delle procedure tecniche, cioè nel campo problematico della individuazione delle finalità
della valutazione (o misurazione).
Riteniamo in sostanza che ci si debba
anzitutto porre il problema del perché si
vuole misurare, dell'aspetto finalistico
della misura piuttosto che quello degli
aspetti tecnici di scelta e. regolamentazione dello strumento più corretto di
misurazione.
Vale insomma la regola che il prof. Grieco ricordava nel Convegno di Pavia
sopra richiamato: non ci servono approcci e metodiche sofisticate per misurare
tutto, quando poi si interpreta poco od
addirittura non si cambia nulla.
24
AREE DISMESSE
Molti servizi stanno convivendo con
un nuovo tener di lavoro: la dismissione di grandi e piccole aree, siano
esse siderurgiche o petrolchimiche,
siano semplicemente vecchie fabbriche in disuso.
Tecniche di demolizione di impianti,
"
nuove " presenze di amianto che
vengono cella luce in coibentazioni
nascoste, in fasciatili di tubi lunghi
migliaia di metri, depositi e serbatoi
da conoscere, terreni da analizzare e
asportare, strutture edilizie e
impianti da fare scomparire in sicurezza: tutti questi sono problemi da
conoscere e affrontare con una professionalità
con tempi di azione
alti.
Fabbriche centenarie che vengono
smantellate in quc'dche decina di
giorni, ma come? Con quali piani di
sicurezza e da chi? Con quale formazione alla conoscenza e alla preven-
e
zione del rischio e con quali attrezzature? La dismissione delle aree
industriali ci deve far misurare inoltre con la capacità di lavorare insieme della Pubblica Amministrazione:
servizi di tutela ambientale e di
tutela della sicurezza e della salute
dei lavoratori, presidi multizonali e
altri: un banco di prova sull'integrazione tra dipartimenti di prevenzione
e sistema ambiente, ma anche con la
nostra capacità di dare risposte professionali e pronte, di confrontarsi e
controllare il mondo delle imprese
private che ha in questo settore un
nuovo importante business.
lmt iziamo con il contributo dei colleghi di Napoli, in vista di un appuntamento che SNOP organizzerò su
questo tema nei primi mesi del 1997
La redazione
NAPOLI
La Raffineria di Napoli, nata alle porte
della città agli inizi degli anni sessanta,
col tempo era venuta a trovarsi nel cuore
della città, a ridosso del moderno Centro
Direzionale e del centro abitato con gli
insediamenti abitativi del post-terremoto
dei 1980. La sua delocalizzazione era
entrata nel dibattito cittadino legato al
risanamento igienico-ambientale della
città ed era assunta come impegno prioritario dall'Amministrazione Comunale,
vedi porto turistico a Bagnoli e parco
tecnologico dell'area orientale. Non
veniva quindi rinnovata dall'Amministrazione stessa la concessione di utilizzo del territorio e gli impianti venivano
fermati.
Per questi motivi la direzione della Raffineria, dovendo procedere allo smontaggio degli impianti, in data 311/95
comunicava alla ex USL 45 di Napoli,
competente per territorio che "a seguito
della fermata degli impianti di produzione", aveva in programma lo studio di un
piano operativo per la bonifica degli stessi, e chiedeva un incontro preliminare per
affrontare le problematiche relative al
rispetto della normativa e delle procedure
di sicurezza dei lavori. Nell'incontro
tenutosi il giorno 10 dello stesso mese,
vennero affrontati alcuni aspetti preliminari del piano, nonché i programmi di
attuazione, e vennero richieste notizie
relative ad eventuali mappature di materiali contenenti amianto all'interno dell'impianto, redatti ai sensi del DL 277/91.
Alla luce della recente normativa, dei
vincoli e delle attribuzioni a carico della
Pubblica Amministrazione, si ponevano
alla nostra attenzione alcuni problemi
interpretativi, nonché operativi, e cioè:
a) potevano le coibentazioni dell'impianto industriale in esame, avendo con
la fermata perso la loro destinazione
d'uso, essere considerate "rifiuto d'amianto" e tali quindi da rendere necessari e obbligatoria la loro rimozione prima
dello smontaggio?;
b) data la complessità e peculiarità dei
lavori, questi potevano essere affidati a.
ditte qualsiasi, senza le dovute competenze?;
c) in questo caso, trattandosi di impianto
industriale e trovandosi le coibentazioni
di amianto intorno a tubazioni all'aperto,
era applicabile la metodologia prescritta
nel DM 6/9/94?;
d) quale ruolo doveva avere il servizio
pubblico in tutta la fase di programmazione e di esecuzione dei lavori?
Di fatto, con la fermata del processo produttivo, si può senz'altro affermare che
questo abbia perso la sua destinazione
d'uso, e questo anche per le coibentazioni; sono realizzate, quindi, le condizioni
di cui alla lettera C dell'art. 2 DL
257/92, definendo le coibentazioni delle
tubazioni quali "rifiuti d'amianto".
Come indicato al capo 2, paragrafo 2B
del DM 619/94. queste rappresentavano
materiali integri, allo stato, suscettibili di
danneggiamento senza il necessario
intervento di manutenzione, e d'altra
parte, come indicato nella tab. I dello
stesso DM, i rivestimenti delle tubazioni
presentavano elevato rischio di rilascio
di fibre se la protezione esterna, in questo caso lamierini, non era tenuta in condizioni di sicurezza. Per tali ragioni, con
le prescrizioni trasmesse in data 2/3/95,
ritenemmo che l'intervento di rimozione
dell'amianto dovesse essere totale e prioritario a qualsiasi altro intervento di bonifica degli impianti della Raffineria. Tra i
criteri generali venivano individuate
alcune procedure relative ai piani di lavoro, alle modalità degli interventi di bonifica, al personale impiegato, al monito-
raggio ambientale, allo smaltimento dei
rifiuti e alla restituibilità dei luoghi.
Tenuto conto della complessità dell'intervento, i lavori avrebbero dovuto
necessariamente essere affidati a più
imprese e ciò poneva problemi di gestione delle varie fasi e delle procedure
prima accennate, e quindi andavano predefinite alcune questioni importanti, e
cioè:
Ditte interessate
Le ditte interessate ai lavori avrebbero
dovuto essere iscritte ad una sezione
speciale, di cui all'art. lt) del DL
31/10/87 n. 361, come prescritto dall'art.
12 comma 4 del DL 257/92; attualmente
tale sezione non è ancora istituita e la
necessaria competenza in questo tipo di
lavori viene verificata dai rispettivi curriculum, dall'esame delle dichiarazioni
rilasciate ai sensi dell'articolo. 9 DL
257/92 e dall'attenta valutazione del
grado di conoscenza della normativa di
riferimento e della tecnologia. Dalle loro
capacità di intervenire sui materiali da
rimuovere potevano derivare rischi
ambientali legati al rilascio delle fibre in
un ter r itorio ad elevato indice di urbanizzazione.
Le ditte avrebbero dovuto presentare un
piano di lavoro, ai sensi dell'articolo. 34
del DL 277/91, in cui dovevano essere
chiariti, oltre ai requisiti generali dell'impresa, anche l'elenco delle attrezzature e delle schede tecniche dei materiali utilizzati, le certificazioni sanitarie del
personale impiegato, generalità del
responsabile di cantiere, attestazioni
comprovanti la formazione del personale sulle modalità tecniche di rimozione
amianto e sui rischi per la salute connessi a queste attività. Tenuto conto della
presenza di più ditte (la mole di lavoro,
anche per le esigenze della Raffineria,
era impensabile che fosse gestita da una
singola impresa), i piani avrebbero
dovuto essere correlati fra loro, sotto la
responsabilità del Direttore dei lavori.
Bonifica degli impianti
Data la tipologia degli impianti, la particolarità delle produzioni e delle condizioni di lavoro precedenti, gli impianti di
raffineria (tubazioni, caldaie ecc.) dovevano ricevere una verifica di sicurezza,
anche a mezzo di campionamenti, per
prevenire eventuali esalazioni di prodotti tossici o nocivi. Ciò era particolarmente importante anche per le condizioni in
cui dovevano essere necessariamente
eseguite le lavorazioni di rimozione
amianto.
Cantieri di rimozione
Evidentemente, nella fase di allestimento dei cantieri di lavoro, dovevano essere
tenuti in considerazione i dettati del DM
25
619194, anche se questo era riferito alle
bonifiche di amianto in edifici, ed in particolare dei punti 5a e 5b. Trattandosi di
aree cantiere non naturalmente confinate, bisognava prevedere il confinamento
con polietilene montato su incastellature
metalliche (confinamento statico) e verificare la tenuta degli stessi con depressione costante rispetto all'esterno (confinamento dinamico). L'esperienza maturata successivamente nel corso delle
operazioni ci ha indotto a prescrivere che
le incastellature metalliche, costruite con
ponteggi da ditte specializzate, fossero
progettate con tetti a capanna, e che questi fossero ricoperti con fogli di polietilene retinato per prevenire eventuali rotture dovute alle avversità delle intemperie. Adiacente al cantiere avrebbe dovuto essere allestita l'area di decontarnina zione, così come previsto al punto 5, lettera A, comma 3 del DM 619194; questa
può essere costruita anch'essa con polietilene su incastellatura metallica, oppure
essere rappresentata da containcrs appositamente modificati.
Si raccomandava di non installare più di
tre aree cantiere; successivamente, con
verifica delle procedure e dell'affidabilità delle ditte impegnate, si è passati ad
autorizzare 4 aree cantiere in contemporaneo.
Le aree confinate non dovevano superare
i 2000 mc di volume per assicurare la
tenuta del confinamento e l'efficacia
delle misure di protezione e prevenzione.
In un impianto industriale così complesso potevano presentarsi strutture che
sarebbero state difficili da gestire con
procedure standard, come ad esempio
alcune torri alte fino a 60 in. circa; le difficoltà erano legate alla possibilità di
mantenere l'integrità delle barriere di
polietilene con l'effetto vela che le stesse producono, alla difficoltà del trasporto del materiale rimosso dalle zone più
alte, all'accesso del personale nel rispetto delle misure di prevenzione. In una
prima fase si era ipotizzata una procedura che prevedeva la possibilità che le
torri potessero essere bonificate nella
parte inferiore e successivamente tagliate e messe a terra per la successiva bonifica in area confinata; tale procedura
però avrebbe comportato seri problemi
legati alla possibilità di liberazione di
fibre nell'ambiente nella fase di taglio e
posa a terra della torre. Attualmente si
sta studiando la possibilità che le torri
siano bonificate in situ e con unico cantiere, allestendo aree di lavoro di due
piani per volta, montati su ponteggio
allestito intorno a tutta la struttura ed
opportunamente ancorato al suolo; in tal
modo si eviterebbe l'effetto vela e si
potrebbero garantire idonee misure di
sicurezza per i lavoratori addetti, con
area di decontaminazione allestita al
26
piano immediatamente sottostante.
Rimane comunque ancora ampiamente
irrisolto il problema del trasporto del
materiale rimosso. Il nulla osta alt' inizio
dei lavori rimane vincolato al collaudo
del cantiere con accurata prova fumo, a
cura dell'impresa, e alla verifica della
depressione interna.
Tecniche di rimozione
Per quanto attiene alle modalità di intervento sul materiale contenente amianto,
ci si è rifatti comunque a quanto stabilito nel più volte citato DM, in particolare
il punto 5, lettera A, comma 5. La coibentazione quindi doveva essere prima
imbibita con soluzioni acquose e impregnanti attraverso fori praticati sulla
superficie; soluzioni acquose dovevano
essere comunque spruzzate sulla superficie del materiale durante le fasi di lavoro, soprattutto in presenza di materiali
non sufficientemente imbibiti.
Monitoraggio ambientale
Un quotidiano monitoraggio delle fibre
aerodisperse avrebbe dovuto essere programmato all'interno dei cantieri di
bonifica. Il monitoraggio è effettuato dal
Committente KRC, per omogeneità e
garanzie procedurali. Il campionamento
comincia prima dell'inizio delle azioni
di disturbo sull'amianto e continua fino
alle operazioni di pulizia finale. In particolare, vengono controllate le seguenti
zone:
• punti esterni alle barriere di confinamento;
• uscite dalle unità di decontaminazione;
• uscita degli estrattori;
• interno dei cantieri;
• uscita dei rifiuti.
Il monitoraggio viene effettuato con tecnica analitica MOCF, secondo quanto
indicato nell'allegato 2 del DM 619194 e
dell'allegato 5 del DL 277191.
Personale impiegato
Il personale impegnato nelle operazioni
di bonifica avrebbe dovuto, come prima
ricordato, avere innanzitutto i requisiti
sanitari di idoneità, certificata dal medico competente; avrebbe dovuto ricevere
inoltre la formazione e l'informazione
prescritta dal DL 277191, che deve essere fornita dal datore di lavoro mediante
corsi appositamente approntati. 11 grado
di conoscenza dei lavoratori, relativamente alle tecniche di lavoro e al rischio
connesso, viene verificato attraverso
questionario formulato dall'Organo di
Vigilanza.
Smaltimento
Lo smaltimento dei rifiuti doveva essere
gestito, così come per il monitoraggio,
dal Committente, sempre per omogeneità e garanzie procedurali. Il materiale
prodotto a regime è di considerevole
quantità, per cui si è reso necessario
avere più canali per il trasporto e la
discarica, e cioè:
a) trasportatore autorizzato, con trasporti quotidiani e permanenza nell'impianto
di un container carrabile di scorta;
b) ferrovie dello stato per eventuali
emergenze, con la permanenza anche in
questo caso di un vagone ferroviario
autorizzato al trasporto di tali materiali.
Restituibilità dei luoghi
Sebbene gli impianti debbano essere
smontati prima di qualsiasi altro intervento, sugli stessi doveva essere certificata "la restituzione all'uso", in questo
caso la possibilità di libero accesso per
gli ulteriori interventi. A tale scopo
comunque si è proceduto, non essendovi
attrezzature adatte presso il nostro
distretto, ad inoltrare richiesta a firma
del Direttore Sanitario, ad un laboratorio
di tossicologia industriale ubicato nel
territorio del nostro Distretto, di utilizzo
gratuito di microscopio ottico a contrasto di fase e di eventuali campionatori
per il personale di questa UOPLL. Avuta
questa disponibilità, i] nostro personale è
attualmente in grado di certificare la
restituzione delle aree scoibentate; più
complessa appare la restituzione finale,
che la legge prescrive con la tecnica
SEM.
La complessità dei lavori e la necessità
di una verifica costante dei lavori ci ha
convinto della necessità di attivare un
presidio fisso presso la Raffineria con la
presenza costante di almeno un operatore, per lo meno durante le prime fasi
delle attività di rimozione. Per avere
un'idea della complessità dei lavori, si
propongono alcuni dati in nostro possesso o forniti da stime di previsione della
Direzione KRC:
• 60.000 mq di materiale coibente di
natura friabile con un contenuto in
amianto di ca. 2500 t;
• 8 ditte impegnate, di cui 5 di scoibentazione, 1 per la ponteggiatura, I per
la politenatura, 1 per la messa in sicurezza in casi di emergenza;
• 30.000 giornate lavorative complessivamente;
• 104 aree di confinamento: 52 per l'impianto di raffinazione e 52 per l'area
chimica;
• cantieri con altezza di 34 m. fino ad
un massimo di 65 m.;
• 90.000 mq di ponteggiatura;
• 100.000 mq di polietilene;
• 50 t di materiale prodotte nel solo
mese di gennaio `96; se ne prevedono
100 t mensili a regime;
• 1000 campionamenti esterni e 300
interni fino ad oggi;
• 8000 Big Bags;
• 40.000 sacchetti da 100 l;
• 400.000 sacchetti da 20 1.
I lavori di rimozione sono attualmente in
una fase abbastanza avanzata, anche se
molto rimane ancora da fare, e l'esperienza maturata, le cui risultanze potranno essere in una fase successiva oggetto
di nuovo intervento, ha confermato che
importante e fondamentale rimane l ' intervento della Pubblica Amministrazione
per il rispetto e lo sviluppo dei processi
di prevenzione e, in modo particolare, in
riferimento ai problemi che ci avevano
impegnato:
A) i lavori di rimozione di materiali sui
cui non viene più praticata la manutenzione devono essere obbligatori ed avere
la necessaria tempestività prima che
comincino a presentarsi fenomeni di
disgregazione dei materiali con conseguente rilascio di fibre; purtroppo è stato
necessario intervenire, in presenza di
significativo riscontro di fibre aerodisperse intorno ai cantieri, con la prescrizione di interventi di messa in sicurezza
di tubazioni che presentavano caduta di
materiali coibenti. Da qui anche un
richiamo alle Istituzioni Regionali per
l'emanazione dei piani di protezione, di
decontaminazione, di smaltimento e di
bonifica, di cui al DPR 818/94. in riferimento particolarmente alle coperture in
cemento-amianto di vecchi capannoni
industriali dismessi o di altre realtà
abbandonate in cui può essere presente il
rilascio di fibre di amianto e rispetto a
cui non può svolgersi il necessario intervento di controllo e prescrizione delle
Strutture di Prevenzione senza il dovuto
riferimento normativo;
B) i lavori di rimozione, di bonifica o di
manutenzione dei materiali contenenti
amianto non può essere affidato a ditte
che non presentino la conoscenza reale
del rischio e della tecnologia connessa;
infatti, difficile sarebbe stato il rapporto
con ditte che non avevano tali conoscenze, o che avrebbero cercato di praticare
metodi di intervento mirati più al risparmio che alle esigenze della prevenzione
e sicurezza dei lavoratori impegnati
(troppo spesso si è dovuto intervenire
per fermare lavori in presenza di eccesso
di fibre all'interno dei cantieri o di altri
inconvenienti);
C) il DM 619194 rappresenta un necessario riferimento per le tecniche e le modalità di intervento, con i limiti di essere
formulato per gli edifici e non per
impianti industriali; necessitano quindi
gli opportuni accorgimenti e le necessarie modifiche rispetto alle singole realtà;
D) sicuramente questo tipo di lavori rappresenta una realtà su cui il controllo
della ASL deve esercitarsi costantemente
dalla fase di progettazione alla fine dei
lavori, intendendo con questa la certificazione di restituzione; infatti, qui si configura quello che era già previsto dalla
legge di Riforma Sanitaria, e cioè la
necessità che le ex USL. assumano un
molo di consulenza e informazione, oltre
che di controllo del rispetto della normativa, e ciò fin dalle prime fasi di studio
dei progetti e di formulazione dei piani.
Queste note sicuramente non sono esaustive delle problematiche, delle difficoltà
incontrate e delle soluzioni adottate
durante tutte le fasi di lavoro in un complesso così particolare, ma vogliono
essere un contributo alla discussione che
si sta tenendo in questo momento nel
nostro Paese, in preparazione del DM
specifico per gli interventi di bonifica da
amianto degli impianti industriali. Nella
prima fase le nostre maggiori difficoltà
erano legate infatti alla mancanza di una
normativa specifica di riferimento e,
come si è detto, ci siamo rifatti sia alla
circolare del Ministero della Sanità n. 45
del 1017/86 sia al DM 6/9194, che la successiva circolare del Ministero della
Sanità n. 7 del 1214195 ha chiarito possa,
in questa fase, essere utilizzato per i
lavori su impianti industriali, sia pure
con i necessari accorgimenti tecnici, dettando anche norme per le certificazioni
di restituibilità prima ricordate.
Paolino llrinchese
Gerardo Barbera
ASL NA]
27
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via C. Battisti, .5 - 46100 Mantova
Tel 0376-334693 - fax 0376-334691
Linee Guida per la valutazione dei
rischi nelle aziende artigiane del comparto edilizia
a cura della U.O. Medicina del Lavoro
della Provincia di Trento
chiedere a Servizio Programmazione e
Ricerca
via Gilli. 4 - 38100 Trento
Tel 046 1-494037 - fax 046 1-49407 3
FONDERIE
DI SECONDA FUSIONE
Applicazione di un modello di valutazione dei rischi
SPSAL - PMP Medio Friuli
Politecnico di Milano
rif. Azienda USSL 4
via S.Valentino, 18- 33100 Udine
Tel 0432-553866 - fax 0432-553865
FRANTOI
Nota informativa su prevenzione e
sicurezza
a cura del gruppo di lavoro della Regione Toscana e delle
Aziende USL di Firenze e Empoli
GRAFICA
CERAMICA ARTISTICA
ARTIGIANALE
Linee Guida per la valutazione dei
rischi per laboratori di ceramica artistica
artigianale
a cura della USL di Ravenna
via Teodorico, 15 - Ravenna
Tel 0544-290930 - fax 0544-290936
EDILIZIA
La prevenzione del mal di schiena
a cura della USSL di Mantova dell'Unità
di Ricerca EPM
e della Regione Lombardia - Assessorato alla Sanità
materiale disponibile:
Opuscolo
Corso di formazione sulla prevenzione
del mal di schiena in
• edilizia (ca. 200 diapositive che
descrivono il ciclo lavrativo dell'edilizia tradizionale ed il rischio associato
alle posture e alla movimentazione
carichi.
Manuale "Rischi e danni posturali in
28
Manuale della Collana Impresa Sicura a
cura di EBER
viale A. Silvani. 6 - 40122 Bologna
Tel 051-552422 - fax 051-551779
GRU A TORRE
Analisi dei fattori di rischio Installazione e utilizzo delle gru a torre
in Fo g li di Inform. ISPELS n. 3 - 1995
LEGNO
Manuale della Collana Impresa Sicura a
cura di EBER
viale A. Silvani, 6 - 40122 Bologna
Tel 051-552422 - fax 05 1-55 1 779
METALMECCANICA
Linee Guida per la valutazione dei
rischi nelle aziende artigiane del comparto metalmeccanica
a cura della U.O. Medicina del Lavoro
della Provincia di Trento
chiedere a Servizio Programmazione e
Ricerca
via Gilli, 4 - 38100 Trento
Tel 0461-494037 - fax 0461-494073
ODONTOTECNICI
Schede per la rilevazione dei dati a cura
di ANTLO
Associazione Nazionale Titolari Laboratori Odontotecnici
in Fogli di Inforco. ISPELS n. 3 - 1995
ORAFI
Opuscolo su prevenzione, igiene e sicurezza nel comparto orafo
a cura SPISAL USSL 6 di Vicenza Associazione Artigiani - API - CNA
rif. SPISAL USSL 6
Via IV Novembre. 46 - 36100 Vicenza
Tel 04-14-992213 - fax 0444-5I I I27
CNA Via Giordano. 4- 36100 Vicenza
PANIFICAZIONE
E PASTICCERIA
Manuale della Collana Impresa Sicura a
cura di EBER
viale A. Silvani. 6 - 40122 Bologna
Tel 051-552422 - fax 051-551770
Linee Guida per la valutazione dei
rischi per formai. pasticceri e gelatai
a cura della USL di Ravenna
via Teodorico. 15 - Ravenna
Tel 0544-290930 - fax 0544-290936
PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE
Speciale Dossier Ambiente n. 34 che
riassume gli Atti del Convegno SNOP di
Torino del 30 e 31 maggio 1996
Note su Scuola. Raccolta e trattamento
RSU. Lavoro di sportello. Operatori cimiteriali. Mense. Lavoro di Assistenza
da richiedere ad Ambiente Lavoro
Tel 02-26223120 - fax 02-26223130
TESSITURA
Manuale della Collana Impresa Sicura a
cura di EBER
viale A. Silvani. 6 - 40122 Bologna
Tel 051-552422 - fax 051-551770
CARO 626 TI SCRIVO...
Con questo articolo vogliamo lanciare
una proposta di lavoro che può sortire
effetti positivi sulla prevenzione infortuni, con limitati costi di tempo ed energie
per i Servizi di Prevenzione delle ULSS.
Da cinque anni lo SPISAL di Vicenza
verifica se, in occasione di infortuni di
una certa rilevanza, vengano ricercate e
rimosse, da parte delle aziende, le cause
che li hanno determinati. Per gli infortuni con prima prognosi superiore ai trenta
giorni si svolgono indagini, mentre per
quelli di un certo interesse, ma con prognosi inferiore, viene inviata una lettera
all'azienda. Per condurre questa verifica
si segue lo schema indicato di seguito.
Tralasciando per ora la linea A e l'analisi statistica della cause, già parzialmente
trattata (vedi atti del convegno di Bussolengo, 9-11 novembre, pagg. 74-79) e su
cui ritorneremo, vogliamo qui illustrare
gli aspetti più utili della linea B, anche
tenendo conto degli elementi di novità
introdotti dal D. Lgs. 626194. Si invia la
lettera per gli infortuni " interessanti " ,
intendendo con questo termine tutti
quelli con prognosi superiore ai 20 gg. e
quelli che, pur avendo una prognosi inferiore, sembrano, ad una prima lettura,
essere accaduti per carenze preventive
(su macchine, per non uso di DPI, per
errata organizzazione ecc.).
Le aziende sono invitate a fornire risposta in merito a:
• Descrizione delle modalità di accadimento;
• Individuazione delle cause;
• Bonifiche messe in atto per evitare il
ripetei-si di eventi analoghi.
Se la risposta non appare soddisfacente,
dopo una telefonata chiarificatrice per
individuare le vere cause dell'infortunio,
o per indicare altri interventi di bonifica,
si attende un'ulteriore lettera dell'azienda. Vengono così annualmente trattati
circa 250-300 infortuni su cui sarebbe
Pronto soccorso
t
Invio certificati allo Spisal
Linea A
Linea B
lettera all'azienda
per infortuni "interessanti"
ma con prognosi < 30 giorni
indagini per infortuni
con prognosi > 30 giorni
$
impossibile intervenire con una indagine. Le indagini per infortunio eseguite
annualmente sono infatti circa 130-140 e
dallo studio svolto per i "carichi di lavoro" risulta che occupano circa 2200 ore
del Servizio. Queste lettere sono poi
classificate come "inchieste brevi per
infortuni" e comportano, una volta computerizzate, un carico di lavoro di circa
600 ore.
Nella lettura delle risposte, per indicare
il fattore di rischio prevalente, si utilizzano tre categorie alternative tra loro:
1) causa oggettiva: contiene tutte le
situazioni in cui sono risultate carenti le
misure di protezione relativamente alle
condizioni di rischio presenti (dai dispositivi di sicurezza alle procedure per eseguire il lavoro in sicurezza);
2) comportamento imprudente: esprime il fatto che i comportamenti errati
(dell'infortunato o di terzi) sono stati il
motivo principale dell'infortunio;
3) accidentale: categoria utilizzata in
assenza di uno dei due fattori precedenti.
Dall'individuazione di uno dei punti precedenti scaturiscono poi le ipotesi di
intervento preventivo (istruzioni, controllo lavoratori, uso di DPI, apprestamenti antinfortunistici) che si richiede
all'azienda di mettere in atto.
Nelle ultime tre colonne della tabella a
lato si riportano le percentuali di eventi
in cui, stabilito che l ' infortunio non era
accidentale, si è riusciti ad ottenere da
parte della ditta l'intervento necessario.
Si può notare che, pur con qualche eccezione, le percentuali delle bonifiche ottenute crescono con l'aumentare dell'esperienza nell'utilizzo delle procedure
messe in atto.
analisi della risposta
$
eventuali nuove richieste
o indicazioni
Individuazione e eventuale eliminazione delle cause
t
analisi statistica
anno
n. lettere
% bonifiche su causa
oggettiva
1992
1993
1994
1995
278
293
234
236
60,0%
91,5%
78,0%
80,5%
% bonifiche su
% bonifiche su
comport. imprudente macchine non a norma
35,0%
43,0%
47,2%
62,5%
58,5%
63,5%
85,5%
84,0%
Tenendo conto che con l'applicazione del
D. Lgs. 626/94 i rischi dovrebbero essere
valutati, stimati ed eliminati (o contenuti), e che di questi interventi dovrebbero
essere informati, oltre al datore di lavoro,
anche il Responsabile SPP e il Rappresentante dei la Sicurezza per i lavoratori,
la lettera è stata modificata nel seguente
modo (parte in neretto).
• Descrivere a quali mansioni era addetto l'infortunato, con quali attrezzi,
macchine o impianti lavorava.
• Descrivere la dinamica dell'infortunio
• Descrivere per quali cause o motivi è
accaduto l'infortunio
• Queste cause erano state considerate nella valutazione dei rischi (D.
Lgs. 626194)? SI
NO
• Se sì, perché è successo l'infortunio?
• Si dica quali iniziative si intendono
29
assumere per evitare che in futuro si
ripetano infortuni analoghi.
Si chiede quindi che la risposta non sia
più solo firmata dal datore di lavoro,
ma anche dal responsabile SPP e dal
rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza.
Dal confronto con altri Servizi sono spesso emerse le seguenti preoccupazioni:
a) la risposta del titolare può costituire
un'autodenuncia?
h) nel caso di successive richieste di
indagini (Procura, Pretura, INAIL) può
essere utilizzata in sostituzione dell'indagine?
La risposta è no per entrambe le domande, in quanto le cause di un infortunio
vanno accertate "de visu" o con le sommarie informazioni testimoniali raccolte
in maniera ufficiale. Questo è stato chiarito anche alle associazioni imprenditoriali e ai singoli datori di lavoro.
Per inciso, si sottolinea che la Procura
non effettua praticamente più richieste di
intervento, dato che i Comuni e il Pronto Soccorso inviano il primo certificato
solo al Servizio. Questa è anche una precisa indicazione del D. Lgs. 758/94. Lo
stesso vale per l'INAIL, in quanto alla
sede locale viene sempre comunicato
l'esito delle indagini che si svolgono, o
dichiarando che non si sono riscontrate
violazioni alle norme o, in alternativa,
segnalando il numero di registrazione in
Procura (D.P.R. 1124, art. 56, ultimi due
capoversi). Questi contatti con l'INAIL
sono curati dal solo personale amministrativo. Resta inteso che, per infortuni
iniziati con prognosi brevi ma che hanno
superato i 40 gg. con certificati medici
successivi, è sempre possibile che, pur
avendo già scritto una lettera, il Servizio
esegua anche l'indagine per lesioni personali gravi.
Per finire, citiamo un esempio che dimostra come queste lettere rappresentino
uno stimolo importante perché, partendo
da infortuni già verificatisi, si ti-ovino le
soluzioni antinfortunistiche adeguate.
Nel caso specifico si trattava di un titolare unico e lo SPISAL non sarebbe nemmeno intervenuto. Descrizione dell'infortunio sul certificato del Pronto
Soccorso: "Scendendo le scale del negozio scivolava su uno scalino bagnato". Si
trattava di un fruttivendolo che, avendo il
deposito al piano inferiore al negozio,
scendeva con cassette di verdura bagnata, che facevano cadere acqua sugli scalini. Soluzione trovata dal titolare: "Tappeto saldamente ancorato agli scalini".
Celestino Piz
30
z
Nf
W
N
z
E' USCITA
LA DIRETTIVA CANTIERI
di Flavio Coato
Finalmente la 92/57, direttiva cantieri
temporanei e mobili, ha preso la veste di
un decreto legislativo approvato dal
Consiglio dei Ministri dell'8 agosto
scorso. Mentre andiamo in stampa, non è
stato ancora pubblicato sulla GLI e quindi non si può ancora sapere la data dell'entrata in vigore, che scatta sei mesi
dopo la pubblicazione.
un documento molto puntuale di critiche
positive alla bozza, accogliendo molte
delle osservazioni centrali del nostro
documento. Desideriamo pertanto ringraziare e dare il giusto riconoscimento
ai Senatori che hanno lavorato nella
Commissione e al Presidente, Senatore
Smuraglia, in particolare.
La SNOP ha promosso e partecipato nei
mesi scorsi a numerose iniziative di
dibattito sulle bozze di recepimento che
circolavano in via ufficiosa. Sono stati
elaborati due documenti successivi da un
gruppo di lavoro della CIIP, coordinato
da SNOP e AIAS, sufficientemente critici sull'ipotesi del decreto. I documenti
sono stati inviati al Ministero del Lavoro, alle Commissioni di Camera e Senato, alle OO.SS. e Imprenditoriali, cercando di far inserire alcuni elementi di
chiarezza, mirati all'obiettivo di rendere
la norma uno strumento utile per la riduzione dei rischi del settore che, come
tutti sanno, è per struttura e tipologia
produttiva nettamente diverso dagli altri
impianti industriali.
Abbiamo notato con molto piacere che
la Commissione del Senato ha prodotto
NEL MERITO DEL DECRETO
Pur non avendo il tempo necessario per
approfondirne ogni singolo aspetto, e
sapendo per esperienza che norme così
innovative per il nostro ordinamento
hanno bisogno di essere sedimentate e
sperimentate prima di poterle valutare
compiutamente, il primo giudizio è
improntato ad un moderato ottimismo;
se saremo in grado di farlo marciare,
contiene delle potenzialità tali da indurre un notevole salto in avanti nell'organizzazione preventiva dei cantieri.
Si delinea infatti un circuito di compiti e
responsabilità che coinvolge tutte le
figure interessate e lascia poco spazio
alla violazione delle norme: il committente, o il responsabile dei lavori da lui
nominato, i professionisti della sicurezza
(anche questi nominati dal committente), uno con il compito di progettare in
sicurezza e l'altro con il compito di vigilare sull'applicazione dei piani di sicurezza e salute in cantiere, e le imprese,
con le responsabilità e i compiti già assegnati loro dal 626 e ribaditi qui. I costi
della prevenzione sono già chiari nel
progetto esecutivo, e quindi nel contratto d'appalto, e il committente avrà tutto
l'interesse, come d'altra parte l'impresa,
a non essere coinvolto in responsabilità
penali, richiedendo perciò il pieno
rispetto del contratto, anche per le parti
relative alle opere di prevenzione.
Campo di applicazione: il decreto, per le
parti più impegnative (nomina da parte
del committente dei coordinatori in
materia di sicurezza e salute - i professionisti della sicurezza di cui sopra - e
relativi obblighi), si applica (art. 3 punto
3) ai cantieri con presenza, anche non
simultanea, di più imprese, con durata
presunta dei lavori di 100 uominilgiorno,
o in quelli in cui, pur essendovi una sola
ditta impegnata (casi rari), la durata presunta dei lavori sia superiore a 500
uominilgiorno o vi siano impegnati per
più di 30 giorni 20 lavoratori, si applica
anche a quei cantieri con durata presunta dei lavori superiore a 300 uominilgiorno, nel caso siano soggetti a rischi particolari (all. Il). Direi che vi entrano la
stragrande maggioranza dei cantieri:
sotto questa dimensione, potrebbe infatti
risultare notevolmente complicato e
pesante far funzionare un impianto preventivo così complesso cd innovativo,
soprattutto per il ruolo assegnato al committente.
Un problema si verificherà per la gestione delle notifiche all'organo di vigilanza, che saranno obbligatorie per cantieri
di una certa dimensione o per quelli a
rischio particolare (art. 11 e all. II). Si
tratterà di interpretare univocamente
l'allegato e di gestire meglio i dati per la
vigilanza.
Un impatto notevole sul comparto, sugli
ordini e sui collegi professionali e sui
servizi di prevenzione delle ULSS l'avrà
l'art. 10, che prevede l'obbligo per chi
avrà i titoli e vorrà svolgere il ruolo di
coordinatore in materia di sicurezza e
salute, di .frequentare un corso di 120
ore, o di 60 per chi entra nelle nonne
transitorie (art. 19); l'organizzazione dei
corsi è affidata alle strutture tecniche
operanti nel settore della prevenzione e
della formazione professionale delle
Regioni e ad altri Enti.
oltre all'obbligo di utilizzare correttamente le attrezzature e i dispositivi di protezione individuale, avranno l'obbligo di
adeguarsi alle indicazioni fornite dal
coordinatore per l'esecuzione dei lavori;
l'articolo è sanzionato penalmente.
Meno positivo, a mio avviso, l'art. 14
sulla consultazione dei rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza, anche se
la stesura definitiva è migliore della
bozza che avevamo preso in esame. Poco
produttivo l'articolo sul rumore, che
risulta poco chiaro e assolutamente inadatto ad individuare le fonti da bonificare.
Pesante il ruolo del medico competente
(art. 17 punto 12), il quale, dovendo fare
riferimento ad ogni singolo cantiere
anziché all'impresa nel suo complesso
(come da noi suggerito), dovrà effettuare due sopralluoghilanno in tutti i cantieri con durata presunta dei lavori superiore a sei mesi, con il rischio di trovare i
lavoratori della stessa impresa che si
spostano, a seconda delle esigenze, da
un cantiere all'altro e che, nonostante
questo gravoso impegno, è tenuto fuori
dal centro della prevenzione, non essendo chiamato a dare il suo parere sulla
valutazione dei rischi (sostituita dal
piano di sicurezza, art. 9 punto 2) né a
partecipare, per cantieri con durata inferiore all'anno, alla riunione periodica di
cui all'art. 11 del 626, sostituita a norma
dell'art. 14.
Questi i primi commenti. Un'analisi e un
giudizio più completo è rimandato al "3°
Convegno nazionale Sicurezza in Edilizia", che si terrà a Vicenza il 10 e 1
ottobre prossimi, di cui si dà notizia in
altra parte della rivista. La seconda giornata sarà dedicata quasi per intero al
decreto di recepirnento della Direttiva.
Fe
rri EPE?
7
EPASAISNOP
CONVEGNO DI PISA
DEL 13114 GIUGNO
11 convegno di Pisa ha rappresentato l'ideale conclusione del percorso iniziato
lo scorso anno a Pieve di Cento.
Stavolta, forse la stanchezza per l'interminabile periodo di latenza della nuova
legislazione europea, forse uno sciopero
delle ferrovie, hanno tenuto lontano dal
Palazzo dei Congressi dell'ateneo pisano
le masse presenti, invece, a Pieve di
Cento. Tuttavia, i presenti, comunque
numerosi, hanno potuto trarre il massimo
beneficio dalla partecipazione a questa
vera e propria "convention" sulla prevenzione nelle PMI e nell'artigianato.
Gli argomenti affrontati nelle sessioni
parallele sono stati l'edilizia, da una
parte, e i comparti trascurati a Pieve di
Cento. Tra questi ultimi le pelletterie e i
calzaturifici, i trasporti, alcune lavorazioni dei servizi (raccolta rifiuti urbani)
ecc. Il taglio degli interventi è stato sempre applicativo e volto ad analizzare i
pericoli e a valutare rischi e possibili
danni, nello spirito della nuova normativa. Ancora una volta, il pregio maggiore
di simili convegni si conferma quello di
consentire la circolazione più ampia di
materiali di letteratura "grigia" (peraltro
spesso multiformi e variopinti in modo
altamente gradevole!), quella cioè frutto
del lavoro quotidiano di operatori della
prevenzione di varia origine, ma quasi
sempre di filiazione dai servizi di prevenzione dell'ente pubblico.
Questo materiale copre, spesso in modo
brillante, il gap esistente fra conoscenze
tecnologiche e scientifiche racchiuse nei
"santuari" della cultura accademica e
mondo delle imprese che, specie nel
caso del settore artigiano e delle PMI,
soffre di un isolamento notevole da questo punto di vista.
Insomma, un connubio virtuoso fra volgarizzazione nobile e desiderio di
aggiornamento, che produce linfa vitale
per tutto ciò che ha a che fare con la Prevenzione. In fondo, vedendola dal punto
di vista delle imprese, l'applicazione
della nuova normativa europea deve
essere l'occasione per innescare i
miglioramenti ambientali, impiantistici e
macchinistici nel solco primario del perseguimento della Qualità Totale.
E a questo più di un relatore nelle sessioni congiunte ha fatto riferimento.
L'art. 7 è dedicato ai lavoratori autonomi, numerosissimi nel settore, i quali,
31
■.
PREVENZIONE
CAMPANIA
E' singolare che, mentre in Italia si
discute sul futuro di una società scientifica come SNOP, che partendo dal bilancio delle sue attività nei suoi l0 anni di
vita cerca di ridefinire i suoi obiettivi e le
sue strategie operative, con una particolare attenzione a quello che è lo stato dei
Servizi nel meridione d'Italia, si debbano registrare le difficoltà che questa
Società, o i Servizi che questa rappresenta, continua ad avere proprio nella
Regione Campania per legittimare la sua
esistenza e il suo "peso politico" nelle
scelte organizzative sui temi della Prevenzione.
Forse che anche sui temi della salute, nei
luoghi di lavoro o sul territorio, esiste
una questione meridionale?
Leggendo le tesi per la Convention d'autunno, nelle prime considerazioni viene
ricordato il ruolo del Sindacato nella crescita e nello sviluppo della cultura della
Prevenzione sui luoghi di lavoro, a partire dagli anni `60. che ha portato alla crescita e allo sviluppo dei Servizi di prevenzione nelle ex USL., soprattutto nell'Italia settentrionale. A tale proposito,
mi vengono in mente le tante iniziative
portate avanti e mai risolte nella battaglia sindacale in Regione Campana, vedi
la denuncia dell'atteggiamento FIAT
sugli infortuni sul lavoro a Pomigliano
d'Arco, l'allarme per la pericolosità dei
lavori nelle concerie solofrane e la denuncia sindacale sulla pericolosità dei lavori
in presenza di amianto, alle officine
FF.SS. di S. Maria la Bruna o all'Isochimica di Avellino. Quelle iniziative niente
o quasi hanno prodotto in termini di sviluppo culturale e istituzionale, ed anche
per lo stesso sindacato, sul versante delle
rivendicazione, non hanno portato a
molte conquiste sui temi della prevenzione e dello sviluppi" di maggiori livelli di
sicurezza sui luoghi di lavoro e nei luoghi
di vita. Viene spontaneo chiedersi dove
sono naufragate quelle iniziative. Forse
esse rappresentavano solo la vetrina del
funzionario di turno? O forse esse non
avevano le gambe per camminare?
Sarei indotto a pensare che probabilmente, riguardo ai temi della salute in fabbrica o sul territorio, esiste una questione
meridionale che sta dent r o al sindacato!
Ancora oggi, con l'emanazione del 626
di recepimento della normativa comunitaria, non riesce il sindacato ad instaurare un rapporto collaborativo, o di sfida
sulle proprie funzioni. con i Servizi ter-
32
ritoriali di prevenzione sui luoghi di
lavoro e collettivi. In molte grandi aziende di Napoli e Provincia (parlo di quelle
che conosco) non si è riuscito ad eleggere i rappresentanti per la sicurezza; addirittura qualche segretario comprensoriale, interpellato sull'applicazione del
626, risponde: "Per me è soltanto un
numero". Questo la dice lunga sull'attenzione che le organizzazioni dei lavoratori hanno per i temi in questione, e il
risultato è che la Regione Campania è
stata una delle pochissime regioni italiane che non ha emanato la L.R., applicativa della 833, sull'istituzione dei Presidi
Multizonali di Prevenzione.
Senza voler eccessivamente polemizzare, credo che per una crescita complessiva della cultura della Prevenzione sia
necessario e indispensabile un ruolo propositivo, in termini politici e rivendicativi, da parte del sindacato, che stimoli le
coscienze e le energie culturali e scientifiche, che pure ci sono, della nostra
Regione.
deve avere l'Università per gli aspetti
che le competono dal punto di vista istituzionale, come la ricerca, la formazione
ecc., ma anche su questi temi, senza il
contributo degli operatori dei Servizi territoriali o degli altri oggetti prima citati,
anche le sue iniziative saranno poco eflicaci. perché verranno a mancare le
gambe alla realizzazione di qualsiasi
progetto, e anche perché non ci sarà il
necessario confronto con le realtà lavorative sul territorio.
A questo punto credo che sia indispensabile innanzitutto, perché l'iniziativa sindacale sia efficace e coerente, chiarire
quali sono oggi i soggetti o gli attori che
si presentano sullo scenario della battaglia per la Prevenzione nel nostro Paese,
e questo a maggior ragione con l'approvazione del DL 626/bis, e cioè:
• i lavoratori, su cui ricade l'azione
lesiva dei rischi lavorativi;
• le imprese che, oltre a sostenere le
responsabilità legali della Prevenzione, debbono acquisire nel loro bagaglio culturale che i costi di questa
sono parte integrante del bilancio
aziendale;
• l ' Organo di Vigilanza, rappresentato
dai
servizi
territoriali
delle
AA.SS.LL., che anche in Regione
Campania, con l'attuazione della L.R.
32, stanno diventando una realtà con
cui gli altri soggetti dovranno confrontarsi nello svolgimento dei propri
compiti istituzionali;
• la magistratura, i cui compiti sono
ormai da vari anni definiti e che in
alcune realtà ha avuto un ruolo estremamente propositivo, dal punto di
vista non solo repressivo ma anche
formativo-cultu r ale e legiferativo;
essa assume oggi nuovi compiti con il
recepimento di alcune direttive comunitarie e con l'entrata in vigore del DL
758/94.
"una situazione in cui il datore di lavoro
è sempre debitore di sicurezza atei confronti dei lavoratori, a una in cui il datore di lavoro è sempre debitore di sicurezza, mia a soggetti attivi e consapevoli",
Senza il contributo congiunto e coordinato di questi quattro soggetti, scarse e
poco significative saranno, dal punto di
vista del miglioramento delle condizioni di lavoro, le iniziative o le azioni
svolte dai singoli.
Un ruolo sicuramente importante può e
Comunque, senza voler entrare nel merito delle politiche sindacali nell'ambito
della Regione Campania, e rinviando
questa specifica trattazione a momenti
più opportuni, quali il congresso della
CGIL in Campania, credo che l'applicazione del DL 626/94 rappresenti un'occasione storica da non perdere sia per i
lavoratori e le loro rappresentanze, sia
per gli operatori dei Servizi territoriali.
Infatti, se è vero, come ha scritto di
recente Attilio Pagano, che con l'entrata
in vigore della normativa si passa da
ciò pone all'azione dei sindacato grandi
problemi sia dal punto di vista della formulazione dell'azione rivendicativa, sia
dal punto di vista delle risposte a tutti i
soggetti a cui si rivolge, imprenditori,
rappresentanti per la sicurezza e lavoratori. Ma soprattutto pone all'azione del
Sindacato la necessità di un confronto
costante e qualificato con i Servizi di
Prevenzione, che d'altra parte non
potranno più essere improvvisati e scarsamente incisivi. Questo significa che è
arrivato il momento in cui, anche in
Campania, nell'ambito delle rappresentanze sindacali, le problematiche della
sicurezza sui luoghi di lavoro non possano essere affidate a pur necessarie consulenze, ma a "professionisti" interni
che abbiano la possibilità di lavorare
senza la necessità di essere funzionali a
qualcuno, e nell'esclusivo interesse dei
lavoratori, ma soprattutto che siano
capaci di confrontarsi con quelli che poi
saranno i riferimenti obbligati per avere
le risposte alla proprie istanze, e cioè i
Servizi di Prevenzione. A tale proposito,
credo che attualmente sia innanzitutto
necessario, al di là dei momenti congressuali, operare perché in ogni luogo di
lavoro siano eletti i rappresentanti per la
sicurezza e che, in secondo luogo, questi
debbano essere formati al saper essere e
al saper fare.
Dal punto di vista istituzionale, lo stato
delle cose oggi nell'ambito della Regione Campania è rappresentato da una dif-
fusione dei Servizi deputati alla vigilanza sul rispetto della normativa in materia
di sicurezza e prevenzione nei luoghi di
lavoro, nati in applicazione della legge
di riordino del sistema sanitario regionale, L.R. 32194; questi sono costretti a
lavorare con scarsi mezzi, scarse risorse
umane, scarsi st r umenti operativi, poca
omogeneità di lavoro.
Per i Servizi di giovane istituzione, è
arduo cimentarsi sulla bozza presentata
dall'Associazione per la Convention
d'autunno, ma questa può rappresentare
uno stimolo importante anche per
cominciare ad ipotizzare criteri e metodi
di lavoro.
In primo luogo, credo sia importante
acquisire alla nostra mentalità operativa
il criterio della omogeneità dei metodi e
degli obiettivi del nostro lavoro.
• Lavorare per comparii. Cominciamo a
specializzare alcuni servizi su specifici rischi lavorativi che possono presentarsi nel territorio di appartenenza.
Non mi convince il criterio che tutti
debbano essere per forza bravi in
tutto; questa impostazione è difensiva
e rappresenta un arretramento culturale, laddove questo sarebbe ancora possibile.
• E' indispensabile rendere visibili i
Servizi ai riferimenti esterni: istituzioni, ispettorati del lavoro, magistratura,
associazioni dei lavoratori.
• Ciò sarà possibile attraverso la sviluppo e la diffusione delle professionalità
presenti all'interno dei servizi; una sterile rivendicazione di ruoli e di posizioni funzionali rappresenta senza
dubbio un limite culturale e ancora un
arretramento rispetto alle possibilità di
essere noi stessi "riferimento obbligato" per altre istituzioni. In questa
prima fase i Servizi dovranno essere
necessariamente capaci di definire una
propria autonomia organizzativa e culturale, anche attraverso coraggiose iniziative dei responsabili dei Servizi
stessi e dei Direttori generali; sarà
facile cedere, a volte anche in modo
strumentale, a stimoli che possono
venire da varie parti, come il sindacato
e soprattutto la magistratura (a tale
proposito varrà la pena fare una seria
riflessione sulle nostre funzioni di
vigilanza). Cedere ad una parte o
all'altra, a seconda del momento e dell'opportunità, significherà abdicare al
proprio ruolo e alle proprie funzioni;
dovranno essere gli altri a misurarsi
sulla nostra capacità di analisi dei luoghi di lavoro, sulla nostra capacità di
proporre iniziative valide, sulla nostra
capacità di dare risposte e soluzioni ai
problemi che potranno presentarsi.
• Credo che sarà opportuno lavorare
alla creazione di canali di comunicazione e di diffusione delle nostre iniziative attraverso un rapporto positivo
con gli organi della stampa locale e
nazionale, bollettini sindacali o di
categorie imprenditoriali.
La lettura della bozza, per la verità, è
divisa tra i toni della nostalgia e del pessimismo che può presentarsi agli operatori in una "azienda sanitaria" che ha il
compito di quadrare i bilanci e produrre
risorse economiche, ma credo che gli
spunti che essa offre su una moderna
visione della Prevenzione, anche in termini di risposta "politica" ai messaggi
dominanti, sia da sviluppare e sostenere
con lo stesso rigore scientifico e propositivo che ha caratterizzato la vita della
Società. Ma credo che, soprattutto nel
mezzogiorno d'Italia e per quanto mi
riguarda in Campania, questo rappresenti un'occasione da non sottovalutare;
probabilmente qui sarà più facile incoraggiare e stimolare risposte agli aberranti messaggi che possono provenire
dal mondo sociale e politico sul "privato
ad ogni costo", perché qui le strutture
organizzative e mentali degli operatori
sono ancora sensibili e stimolate a
cimentarsi sui problemi reali della salute
e della prevenzione, proprio perché qui è
tutto da costruire.
Se nell'Italia del nord (non quella di
Bossi) la sfida è di "non ridursi a fare il
funzionario", nel mezzogiorno d'Italia la
sfida sarà quella di "non accettare di fare
il funzionario", che d'altra parte può rappresentare per gli operatori che si affac-
ciano ai Servizi territoriali lo sbocco e la
scelta più facile.
Allora, che farà il sindacato? Certo continuerà a rivolgersi ad autorevoli universitari che gli daranno la consulenza più
brillante.
Ma con quali strumenti potranno garantire l'applicazione della normativa sui
temi della prevenzione nei luoghi di
lavoro? Con quali soluzioni?
La sfida è ardua, come prima dicevo, ma
da un rapporto costruttivo e concreto si
potranno avere traguardi e livelli di elaborazione di grande rilievo, sia per le
organizzazioni dei lavoratori, che potrano contare sul fatto di avere interlocutori certi e garanti, sia per gli operatori dei
neonati Servizi terr itoriali di prevenzione, che potranno cimentarsi su progetti e
programmi, piuttosto che fermarsi a fare
da "guardiani della normativa" (o fare i
funzionari).
Queste note vogliono essere solo di
modesto contributo alla discussione in
atto nell'ambito della SNOP nazionale,
ma anche di stimolo all'imminente congresso del sindacato CGIL per una
nuova e positiva stagione politica sui
temi della salvaguardia della salute nei
luoghi di lavoro nell'ambito della Regione Campania, rispetto ai vecchi e nuovi
fattori di rischio lavorativi, rispetto alle
vecchie e nuove cristallizzazioni funzionali che finora hanno paralizzato l'azione di entrambi.
Paolino Trinchese
ASL NA-I
33
LETTERA AL MINISTRO
DELLA SANITÀ
ONOREVOLE ROSY BINDI
Le scriviamo a nome della nostra Associazione, nei primi giorni del Suo mandato, con la fiducia che il nostro saluto e
le considerazioni che Le inviamo possano portare ad un incontro nel quale
scambiare alcune riflessioni.
Aderiscono allo SNOP gli operatori
della prevenzione, coloro che si occupano professionalmente di prevenzione
nella Sanità pubblica ma anche tutti i
soggetti "professionalmente coinvolti"
nella prevenzione occupazionale e
ambientale: le iniziative della nostra
Associazione vanno infatti dalla prevenzione nei luoghi di lavoro a quella
ambientale, temi evidentemente di grande
rilievo per il futuro della nostra società.
La SNOP è nata da circa 12 anni, raccogliendo l'esperienza del Coordinamento
nazionale degli operatori dei Servizi
pubblici di prevenzione nei luoghi di
lavoro, attivo dal 1977, con gli obiettivi
principali di:
• promuovere conoscenze ed attività
che sviluppino la prevenzione e la
tutela del benessere psicofisico dei
lavoratori e della popolazione in relazione ai rischi derivanti dall'attività
produttiva;
• sostenere l'impegno politico e culturale per lo sviluppo di un sistema integrato di servizi pubblici di prevenzione negli ambienti di vita e eli lavoro,
finalizzato alla rimozione dei rischi
derivanti dalle attività produttive;
• favorire lo scambio di esperienze e
informazioni , fra gli operatori e il confronto sulla metodologia ed i contenuti dell'attività per raggiungere l ' omogeneità delle rnoclalità di intervento e
della qualità del lavoro a livello
nazionale;
• promuovere un ampio confronto con
le istituzioni, le forze sociali e le Associazioni scientifiche su questi temi,
diffondere l'informazione e la cultura
della prevenzione.
Con questi obiettivi statutari abbiamo
lavorato in questi anni per contribuire
34
allo sviluppo ed al perseguimento di
alcuni dei più qualificanti obiettivi della
riforma sanitaria, talora da soli, spesso a
fianco delle forze sociali, di altre associazioni scientifiche e culturali, delle
regioni e del loro coordinamento, producendo un'ingente quantità di materiali
scientifici, di proposte e indirizzi di lavoro, di metodologia, di soluzione ai problemi esistenti in tenia di salute e sicurezza legate alle attività produttive.
In varie occasioni abbiamo raccolto l'attenzione di rappresentanti delle istituzioni centrali, del Parlamento, come in
occasione delle indagini delle Commissioni Parlamentari di Camera e Senato
del 1989, ai cui lavori abbiamo contribuito con le nostre conoscenze ed esperienze (come si può desumere dagli atti
dei lavori delle Commissioni e dai documenti finali delle stesse).
Molta strada è stata fatta nel decennio
`80: in molte regioni le attività di prevenzione, gli interventi dei servizi di
prevenzione delle USL sono divenuti
realtà ed hanno portato a sensibili
miglioramenti delle condizioni di lavoro,
dello stato di sicurezza e di salute dei
lavoratori. Ma ancora molto va fatto: tuttora in intere regioni, specialmente nel
Sud ma non solo, il sistema sanitario
pubblico è carente in particolare rispetto
alle attività di prevenzione, tuttora conseguentemente le attività di lavoro - non
indirizzate rispetto alla salute ed alla
sicurezza dei lavoratori, non controllate
e non assistite - si svolgono in condizioni di rischio e di pericolo inaccettabili
per un paese moderno; tuttora centinaia
di migliaia di uomini e donne lasciano la
salute e spesso la vita per causa di lavoro; la crisi dello stato sociale degli ultimi
anni ha accresciuto le difficoltà, gli stessi problemi attraversati dalle organizzazioni sindacali hanno fatto diminuire la
domanda di prevenzione e l'attenzione a
questa rivolta.
Per quanto riguarda il sistema sanitario
pubblico, si sono aggiunte in questi anni
le modifiche alla 833, i Decreti Legislativi 502 e 517, la nascita delle aziende
USL, che certo non hanno giovato al
decollo della prevenzione pubblica.
i Dipartimenti di prevenzione stentano a
funzionare nelle nuove aziende USL,
spesso condizionate da logiche di tipo
economico e dalle insufficienti risorse;
gli stessi dati recentemente diffusi dalla
Corte dei Conti sui Livelli Uniformi di
Assistenza nel 1993 evidenziano clamorosamente la diffusa carenza di finanziamento, in pressocché tutte le regioni,
delle attività complessive di prevenzione
rispetto a quanto è stato dedicato alle
attività di assistenza e cura.
Ci pare sempre più indilazionabile, in
proposito, la definizione di un budget
autonomo e decoroso per tali attività, da
prevedere nella prossima Legge finanziaria per il 1997.
Anche sul fronte dell'ambiente, del
resto, le agenzie regionali nate dal referendum del `93 non sono divenute ancora una realtà diffusa, e l'intervento prima
affidato alle USL è divenuto in questa
fase ancor più disorganico ed insufficiente.
Il Ministero della Sanità purtroppo, l'in
dalla promulgazione della 833, ormai 18
anni or sono, ha trascurato gravemente
tutto il settore della prevenzione, in particolare di quella occupazionale ed
ambientale. Tuttora, perse le competenze
in materia ambientale, non vi è una Direzione generale sui temi della prevenzione, non vi è un sufficiente impegno di
indirizzo e coordinamento da parte del
Ministero (delegato sostanzialmente alle
attività degli Istituti superiori, ISPELS e
ISS, le cui iniziative in merito alla prevenzione occupazionale ed ambientale
sono rimaste sporadiche e di efficacia
complessivamente poco rilevante), non
vi è un sufficiente apporto di risorse al
sistema pubblico di prevenzione, ai servizi e presidi multizonali, non vi è un
proficuo rapporto con le Regioni e con il
loro Coordinamento, la cui attività, il cui
ruolo andrebbero invece ulteriormente
promossi e vivificati.
Le nuove normative, tra l'altro, hanno
acuito la questione della concorrenza tra
Ministeri in tema di vigilanza sul rispetto delle stesse: in particolare permane
un'annosa questione tra il Ministero
della Sanità e quello del Lavoro, che
mantiene le competenze legislative in
tema soprattutto di conversione e recepimento delle normative comunitarie (a
fronte della perdita dei compiti diretti
fino al 1978 svolti in tema di igiene e
sicurezza del lavoro da parte degli ispettorati provinciali del lavoro).
Tra le Sue prime dichiarazioni di questi
giorni, abbiamo ascoltato la Sua chiara
opinione sull'importanza di assunzione
di responsabilità sempre maggiori in
materia sanitaria da parte delle Regioni.
Concordiamo con questa Sua convinzione, ma ci auguriamo vivamente che alla
sempre maggiore responsabilizzazione
delle Regioni si accompagni la presenza
di un ruolo forte di indirizzo c di verifica da parte del Ministero della Sanità,
quale soggetto responsabile e qualificato
rispetto agli altri Ministeri con competenze reciproche in materia di lavoro e
rapporti tra le attività produttive e la
salute c sicurezza: ciò comporta evidentemente una conseguente organizzazione
del Ministero, cui non dovrebbero mancare le molte competenze ed esperienze
che nel Paese esistono.
Le recenti normative di ispirazione europea, fino all'ultimo D.L.vo 626 e gli
stessi ulteriori Decreti di prossimo rece-
pimento (Direttive Macchine e Cantieri
mobili e temporanei) portano ad una
forte responsabilizzazione dei soggetti
interni al mondo del lavoro, datori di
lavoro e lavoratori, verso un progressivo
principio di autovalutazione e autocertificazione.
Noi riteniamo però che le tradizioni,
ormai radicate in questo Paese, di civiltà,
solidarietà e giustizia sociale impongano
che alla tendenza all'autovalutazione cd
all'autocertificazione corrisponda un
intervento dello Stato, della Pubblica
Amministrazione, di promozione e di
controllo, di regolazione dei processi
interni al mondo del lavoro, con garanzie
- almeno su determinati livelli minimi
etici - di eguali diritti per lavoratori e cit-
tadini di tutto il Paese. Un intervento nel
quale i vari Ministeri competenti (dalla
Sanità al Lavoro all'industria ai Lavori
Pubblici, per citarne solo alcuni) concretizzino un ruolo coordinato cd intrecciato, nell'ambito di un'azione complessiva
di governo che di questo ruolo faccia un
obiettivo di impegno specifico.
Circa 10 anni or sono la SNOP realizzò
una ricognizione sullo stato dei Servizi
di prevenzione (che chiamammo "Operazione Prevenzione"), che portò all'attenzione di tutti: molti dei dati allora
emersi furono poi utilizzati dalle stesse
Commissioni Parlamentari, in particolare dalla Commissione Lama. Riteniamo
che sarebbe opportuno e significativo
che, tra le sue prime iniziative, vi fosse
anche una verifica dell'attuale situazione
in tutte le USL per "fare il punto" sulle
attuali capacità, potenzialità e carenze
del sistema pubblico su questa materia,
legando allo stesso anche un bilancio
delle attività del Coordinamento degli
Assessorati alla Sanità delle Regioni e
delle Province Autonome: insomma, una
nuova Operazione Prevenzione, questa
volta rappresentativa del nuovo impegno
delle istituzioni, in particolare del Ministero della Sanità, ma più in generale di
tutto il Governo. Sarebbe auspicabile, in
quest'ambito, pensare ad una campagna
pubblica di informazione e promozione
a tutti i livelli delle iniziative di prevenzione, non svincolata da una particolare
attenzione al tema della formazione su
questi aspetti.
Siamo certi che la Sua esperienza umana
e politica anche sul fronte della solidarietà e giustizia sociale La renderanno un
giusto protagonista rispetto agli impegni
e agli obiettivi cui abbiamo accennato.
Speriamo vivamente che il Governo dell'Ulivo, sul quale molta parte del Paese
ha investito in voti e speranze, i temi che
ci riguardano trovino nuovi sviluppi.
Siamo fiduciosi in particolare della Sua
nuova attenzione ai problemi che riguardano la tutela delle condizioni di lavoro
ed il rilancio del sistema pubblico di prevenzione. Le rivolgiamo i nostri più sinceri e calorosi auguri per il Suo alto
impegno, confidando che voglia incontrarci onde approfondire ciò che in parte
Le abbiamo enunciato in questa nota.
Con i più cordiali saluti
per il Direttivo Nazionale
Il Presidente SNOP
Laura Bodini
35
UN PASSO IN AVANTI
NELLA PREVENZIONE
IN EDILIZIA
Quando si parla di sicurezza in edilizia,
si notano sempre più spesso facce
annoiate di operatori che hanno profuso
un grande impegno per la vigilanza nei
cantieri e che ora, ritenendo di aver portato a regime il loro intervento nel comparto, ambirebbero ad occuparsi d'altro.
Un interesse molto vivo rimane fra i consulenti che si occupano di 626 e che
vedono nell'edilizia un campo vergine,
ancora incontaminato dal mercato delle
consulenze.
Così pure rinnovano iniziative gli Enti
che fanno formazione per far fronte alle
nuove esigenze poste dalla normativa.
Da parte mia, ritengo vi sia ancora un
grande margine di miglioramento, sia sul
versante delle qualità dell'intervento dei
Servizi di prevenzione, sia sul versante
del livello oggettivo della prevenzione
nel settore.lnfatti, dopo anni in cui molti
di noi hanno puntato sulla vigilanza fatta
bene, capace cioè di coprire il massimo
del territorio provinciale, regionale o
nazionale, pensando potesse essere risolutiva, occorre ora ragionare sul fatto che
la prevenzione, e la sicurezza in specifico, dipende da un concorso di forze
complesse e diversificatele USL hanno
un ruolo diretto importante, ma ciò non
basta. E non basta neppu r e occuparsi
solo di sicurezza. Non è possibile infatti
creare un decisivo cambio eli mentalità,
settorializzando la prevenzione: i lavoratori edili hanno diritto, alla pari di tutti
gli altri lavoratori, di avere salvaguardata la salute anche nei confronti dei rischi
chimici, fisici e da movimentazione
manuale dei carichi, di mangiare in condizioni decenti ecc... Hanno diritto ad
essere controllati da un medico competente, così come previsto dalla legge. E
devono di contro essere chiamati a
rispettare gli obblighi posti a loro carico.ln definitiva, non ci si può occupare
del rischio d'infortuni e trascurare il
resto; non è credibile, è un atteggiamento che alla lunga non paga.
Mi sono convinto che il salto di qualità si
può fare solo mettendo in movimento
una circolarità di forze positive, che noi
possiamo e dobbiamo stimolare.
Siamo nel punto giusto dell'ingranaggio
per poterlo fare. Ne elenco alcune.
Gli ordini professionali dei geometri,
degli ingegneri e degli architetti, stimolandoli ad organizzare l'aggiornamento per i propri iscritti in materia di
sicurezza e salute nei cantieri.
36
Il Collegio costruttori e le altre associazioni imprenditoriali: è importante
che si schierino apertamente dalla parte
delle Aziende che investono in prevenzione, legittimando in maniera inequivocabile l'opera di vigilanza dei Servizi
quando vanno sul territorio a controllare
i cantieri non in regola, quelli cioè che
risparmiano sulla sicurezza, creando di
fatto una fascia di concorrenza sleale.
Dobbiamo chiedere che siano al nostro
fianco nella preparazione delle campagne di controllo e nella presentazione dei
risultati tramite stampa e televisione.
Le Organizzazioni sindacali: loro compito è organizzare la formazione dei
RLS, e in questo i Servizi di prevenzione possono dare un loro contributo qualificato di metodo e contenuto.
Ma gli organismi sui quali propongo che
i Servizi indirizzino la loro attenzione
particolare sono
1) le scuole: gli interventi possibili sono
diversi, a seconda del tipo di Istituto.
Ritengo importante promuovere i concetti di prevenzione in edilizia negli istituti tecnici e per geometri in particolare.
In specifico, è però importante intervenire sulle scuole edili presenti, almeno
sulla carta. in tutte le province. E' molto
importante che gli operatori dei Servizi
partecipino all'attività delle scuole fornendo il loro contributo formativo
(magari interessando il personale tecnico, con prestazioni a pagamento fuori
orario di lavoro!). Di grande interesse
può essere inoltre la partecipazione ai
corsi, in qualità di allievi, quando vi
sono incontri su aspetti particolari del
processo costruttivo, la cui conoscenza,
per molti di noi, non è per niente scontata; in questo modo si potranno evidenziare le operazioni a maggior rischio e si
potranno discutere le modalità per operare in sicu r ezza.
2) I Comitati Paritetici Territoriali:
sono enti che vivono con le trattenute sui
salari dei lavoratori e che possono dare
veramente un contributo notevole. Sono
previsti in tutte le province ma, da quanto mi risulta, sono veramente funzionanti in una piccola minoranza di realtà. Per
quanto riguarda il Veneto, conosco bene
quello di Verona. E' attivo dal 1991 e si
serve di liberi professionisti. una ventina
tra geometri, ingegneri e architetti, che
rispondono ad un coordinatore tecnico.
Fra le attività che svolge, la più significativa riguarda le visite nei cantieri al
fine di valutare lo stato di sicurezza. Nel
1995 il CPT di Verona ha effettuato 1548
sopralluoghi in cantiere, 1860 nel `94 e
1740 nel 93.
L'elemento qualitativo di maggior spicco riguarda il metodo formativo e le
modalità di effettuazione dei sopralluoghi. Tutti i liberi professionisti sono stati
formati presso 1'Edilscuola con corsi di
100 ore, organizzati in collaborazione
con l'USL; i docenti sono stati scelti tra
i tecnici dei Servizi ed esperti del settore. Si è in questo modo stabilito un rapporto di fiducia e collaborazione tra Ente
pubblico e CPT e, soprattutto, si sono
stabiliti i criteri di effettuazione dei
sopralluoghi, che prevedono obbligatoriamente la rivisita per la i'eriJica della
sistemazione delle situazioni riscontrate
non a norma e le priorità sulle cose da
controllare, di modo che non si verifichi
che quanto prescritto dal tecnico CPT sia
diverso da quanto prescritto dal tecnico
USL.
Siamo pertanto in presenza di un intervento omogeneo, derivante da due strutture tra loro complementari che si potenziano a vicenda, con il risultato che si
moltiplica il numero di cantieri "stimolati" a regolarizzare le loro strutture, le
loro modalità operative e, in definitiva, il
loro livello di prevenzione.
Proposta.
In considerazione di quanto sopra, propongo che in ogni provincia i Servizi di
prevenzione mettano in movimento le
loro potenzialità per far partire realmente e con modalità corrette i CPT.
In contemporanea, le sezioni regionali
SNOP aprano una "vertenza" con il Sindacato regionale.
Flavio Coato
LAVORI "AGRICOLI"
IN SICILIA
Il 22 giugno a Samperi (RG), si è tenuto
un seminario dal titolo: "La tutela della
salute dei lavoratori agricoli", organizzato da SNOP-SICILIA e da FLAI-CGIL.
Rivolto principalmente ai RLS, ai lavoratori e ai responsabili per la sicurezza
delle aziende agricole, ha visto la partecipazione di oltre 150 addetti, che si
cimenteranno nei prossimi mesi nella
redazione del documento di valutazione
dei rischi in questo particolare settore.
La scelta di tenere un seminario in questa
parte della Sicilia non è stata casuale, visto
che più di 4000 ha. della fascia costiera
del ragusano sono coperti da serre.
Non molti sono stati gli operatori dei servizi intervenuti, anche per un ritardo nell'invio degli annunci; nonostante questo,
possiamo dire che gli obiettivi sono stati
raggiunti. Piuttosto che un convegno passerella per propagandare check-list o programmi pronti all'uso, si è puntato sull'informazione ai lavoratori, al sindacato,
ai datori di lavoro, che in questa regione
registrano un ritardo sulle problematiche
della sicurezza. Come SNOP si è puntato
anche sulla necessità sempre viva di rendere "visibile" la Società, a cui ormai
viene riconosciuto un ruolo importante
anche in Sicilia.
Durante la giornata si è parlato delle difficoltà di affrontare la sorveglianza sanitaria, di cancerogeni (Laura Settimi del1'I.S.S.), dei rischi presenti nel comparto
della serricoltura, dei criteri generali da
seguire per una buona valutazione dei
rischi; dei progetti dell'Assessorato
Regionale alla Sanità ha parlato Francesco Garufi, in veste di rappresentante
della Regione.
11 servizio M.L. di Siracusa ha presentato un interessante video da utilizzare per
la formazione. L'infaticabile Longo,
Vicepresidente SNOP, nonostante l'atroce scirocco che spirava in quei giorni, ha
partecipato al Seminario, facendoci sentire meno soli, con una relazione sul
ruolo dei Servizi Pubblici in questo settore produttivo.
Un bilancio positivo per una delle prime
iniziative della SNOP-SICILIA; infatti,
buona parte degli interventi sono stati di
soci, che così confermano il ruolo che la
SNOP siciliana sta cominciando a svolgere nel contesto regionale.
Presente durante tutta la giornata dei
lavori il Presidente della Commissione
Agricoltura al Senato, On. Scivoletto,
che ha manifestato un forte interesse alle
problematiche.
La necessità di intervenire sul versante
della Formazione è stata affermata fra gli
intervenuti al Seminario, confermando
un bisogno che nella nostra regione, più
che in alt r e, è sentito come prioritario.
Questo bisogno è sentito nel sindacato,
che risulta carente sul versante del
"saper fare", e questo handicap si evidenzia più volte nel corso del lavoro
quotidiano dei Servizi.
La FLAI ha assicurato il finanziamento
della stampa degli atti del Seminario,
che contiamo di avere nel prossimo
autunno.
Paolo Ravalli
INCONTRO AL
MINISTERO
DELLA SANITÀ
Si è svolto il 31 luglio scorso un importante incontro tra una delegazione SNOP
e il sottosegretario al Ministero della
Sanità, sen. Viserta. La delegazione era
composta da due vicepresidenti, Dotti e
Longo, e dai segretari di Toscana e
Abruzzo, Baldasseroni e Digiammarco.
Il colloquio, lungo e amichevole, ha
avuto come oggetto lo stato della prevenzione nei luoghi di lavoro, nell'ambito del servizio sanitario nazionale.
Il sottosegretario ha infatti ricevuto la
delega ad occuparsi del settore della prevenzione nei luoghi di lavoro e della
veterinaria. Un importante passo avanti,
già attuato dal governo in carica, è stato
annunciato durante il colloquio dal sen.
Viserta: si tratta della creazione di un
quarto Dipartimento in seno alla struttura del Ministero di viale dell'Industria.
Questo Dipartimento si occuperà esplicitamente di prevenzione, ricalcando in
sede centrale l'attuale articolazione dei
Dipartimenti di Prevenzione delle
Aziende sanitarie.
Ciò rappresenta un importante passo
avanti per consentire l'individuazione a
livello ministeriale di un interlocutore
autorevole sui temi centrali nell'impegno della SNOP.
A conclusione della riunione, svoltasi in
un clima di collaborazione, è stato stabilito di rivedersi, insieme agli altri interlocutori convocati dal sen. Viserta, nel
mese di settembre, con l'intento di pianificare il rilancio della prevenzione. Nel
frattempo, sono già state intraprese alcune iniziative di collaborazione, che consentiranno di avere un quadro più chiaro
dello stato dei servizi preposti alle attività di vigilanza e controllo nei luoghi di
lavoro in ogni regione.
PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE
A TORINO
II 30 e 31 maggio si è tenuto a Torino il
Seminario SNOP su Pubblica Amministrazione e 626.
Non altissima la partecipazione per un
Seminario rivolto soprattutto agli operatori dei servizi, sempre in maggiore difficoltà a partecipare alle iniziative per i
noti tagli alle spese, e ai funzionari dei
servizi di prevenzione e protezione dci
grandi Comuni presenti in poche unità.
Non dobbiamo dimenticare che questo
comparto dai servizi alla persona, al
lavoro di sportello al pubblico, dalla raccolta e trattamento dei rifiuti al variegato mondo della scuola riguarda più di 3
milioni di lavoratori e tutti i servizi di
prevenzione. Dal Convegno sono emerse
(a volte con toni eccessivamente lamentosi) le difficoltà gestionali ed economiche di questo settore, buon ultimo nella
messa in sicurezza di impianti e strutture, ma anche una volontà di uscire dal
guado, contando sulle tante forze presenti in uffici tecnici, settori didattici e
formativi. Nel Forum sulla Pubblica
Amministrazione tenuto a Roma ai primi
di maggio, l'ISPESL aveva incredibilmente affermato che esistevano grandi
difficoltà nella valutazione dei rischi.
Niente di più assurdo: i problemi sono
noti e non complessi e le soluzioni
impiantistiche e tecniche, sia per la
messa in sicurezza di una scuola o la
dotazione di ausili alla raccolta dei RSU
o nei lavori in un cimitero o alla movimentazione delle pentole non sono tecnicamente complesse!
Il difficile è cambiare mentalità e rimboccarsi le maniche, prendendosi delle
responsabilità. L'aspetto che rende
diversa la Pubblica Amministrazione è
"l'oggetto vivente" del servizio reso,, sia
esso un certificato,, una multa o l'assistenza domiciliare e questo complica le
cose. Le carenze di organico, la spaventosa bur ocrazia, la mancanza di attrezzature moderne si ripercuotono sia sull'utente. (modernamente chiamato "cliente"
ma non sempre trattato come tale), ma
anche sul disagio degli operatori che si
trovano a vivere da lavoratori aprioristicamente fannulloni !
L'applicazione del 626, insomma, non è
solamente un'occasione per mettere a
posto finalmente l'impianto elettrico e
imbiancare le pa r eti, ma soprattutto
un'occasione per valorizzare la risorsa
umana,, quella più importante.
37
EUROPEAN
HEALTH OF THE
WORKERS
A History of our Days
(2nd Part)
The first phasc of the debate between
operators of the Coordination (CNO)
ended with affida] publication of the
Health Reform Law 833/78, sanctioning
adoption of the primary Prevention
mode] utiIized by the occupational medicine services being cstablished in that
time.
For those working in such services before Law 833/78, the expanding opportunities granted by the new law made the
discovery of a previously unknown
world possible. This world predorninantly consisted of thousands and thousands
of small and even smaller husinesses,
and multitudes of workers that may or
may not bave been unionized, and if so,
were far from the struggles in the big
factories of the 1960's and 1970's. Testimony of this period is represented by the
following initiatives, often created by
operators together with craftsmen, such
as members of EPASA, and issued by
the National Confederation of Craftsmen
(CNA). The period from the approvai of
Law 833/78 to actual transfer of responsibilities from old to new occupational
health structures, 1978-1982, was also a
cruda] moment in the weakening and
virtual demise of strugg]es for social
change and amplification of democracy
in our country. so strong in the 1970's. In
1980, after 60 days of strikc and occupation Fiat Mirafiori in Torino, the largest
auto manufacturing plani in Europe, was
abandoned by the defeated workers in a
very harsh labor dispute that resulted in
the dismissal of thirty thousand workers,
thereby ending an era of union strength
in Italy. Paradoxically, this was also the
moment of maximum success in the
application of ideas bora ten years before for promoting workplace health and
safety. In 1982 in fact, the power of uniimited access to any workplace was
"inherited" by the new occupational
medecine services boro from the health
reform. At the same time, the service
38
operators acquircd other functions of the
Judicial Policy, previously the sole jurisdiction of the Work Inspector.
It was a true transformation for these
operators and their work methods. Beffire then, thcy could enter factories only
with specific rcqucsts from the trade
unions (art. 9 of the Statute of Workers'
Rights, Law 300/70), or by mutual
agreement of both parties to confront
related health problems (except Lombardy, that saw early involvement of
engineers and chcmists of Milan Polytechnic). The origina] role of these occupational health service structures before
the reform, was one which Bave an
answer to a ]ively and articulate question
on health and safety that carne from one
of the game's two players, that of the
workers.
The role now underwent a profound
transformation. Both the initiative and
the programs of intervention could be
developed by the saure service, thanks to
the "unlimited" right of access to workplaces. The operators inserted themselves roto the institutional and regulatory
rcalm
of the old regime, risking
neverthelessan alteration of the originai
spirit animating this experience at its
foundations.
Tbc National Congress in Bologna, 1983
(Fifth Congress CNO, Typographic
Compositors of Bologna 1985, published acts edited by CNO, Fourth Congress held at Ascoli Piceno, 1982) recorded a great participation of operators,
many of who were new faces, and sonietimes oflicials of the dissolved or dissolving institutions (ENPI or ANCC.
respectively) who were offered a chance
to transfer to the new services by the
reform law. The contrast between operators coming from the "revolutionary"
experiences, operators from other fronts,
from the academic world, and the "delegates" of politica] parties, could noi bave
been more dramatic.
The events on stage in Bologna followed
in alternating languages, passwords and
jargon expressions of profoundly different contexts.
Front that reunion, the Coordination was
left divided and perplexed. ls it possible
to continue with volunteerism and an
absence of defined spaces of debate,
while at the saure time busy with the problems of institutional legitimacy?
At this point, the Coordination represented the only forum where circulation of
ideas and information could be formd
between employees and those interested
in the prohlem of prevention and protection. It proposed itself as a legitimate site
for such a function, and as part of the
State institution, not a result this time of
decisions from above, but from below,
from the workers themselves.
The Heaith Ministcr, always a strong
force of obstinate opposition to reform,
continucd to ignore the issue of protection in the workplace.
The Higher Institute for the Protection
and Security of Work (ISPESL), a centrai institution delegated by law to culturai and methodological elaboration on
those themes, noisily failed in its duty.
The Locai Health Unit (USL) chose inescapable confrontation i nstead of participation, and from the beginning demonstrated greater interest in the treatment
side of disease and accidcntthan in prevention of hazards and risks.
Only some regions tried to organize their
territories into true and proper service
networks.
OUTLOOK
One year after Bologna, the decision to
create a Scientific Society of Operators
was made during the annual convention
at Caramanico Terme, dedicated that
year to the Information Systel (Sixth
Congress CNO, Caramanico Terme
1984, Popoli Fracasso Press, 1986, edited by CNO). In January 1985, the
National Coordination of Operators
ceded its piace to the National Society of
Prevention Operators (SNOP), which
was formally created in Bologna on the
hasis of a "declaration of purpose" and
"regulation" (where SNOP was the first
named National Operators Coordination
for Prevention in Work Environments,
CNOPAL) approved at Caramanico
Terme.
Appearing among the purposes in the
constitution of the new Society:
1. Guarantee of an effective representative in each part of the country, and a
national network of operators within
the Society.
2. Answer to the dcmands of operators
found working in environments just
beginning to change.
3. Outline final techno-scientific proposals and related materiale for circulation at a national leve]: Organization
of service jobs; Basic model of Service Information System; Standardization of the criteria for the application of regulations in the health,
safety and health supervision fields;
Standardization of forms for Supervision and Inspection activities.
4. Develop education and information
services for other employees in the
USL and the Regions.
5. Institute a periodical spokesman to
the press.
6. Organize further annual conventions,
other meetings and seminars, to
address both strategy and subjects of
prevention and protection activities.
7. Demonstrate the Society's continua]
and qualified presence via the information unite.
8. Activate regular and formalized relations with institutions and the trade
unions, as well as other Societies,
Associations and Institutes, particularly in relation with trade unions
supporting broad activities of cultural recovery for the workers, and
above all with union administrators
and the service operators, to avoid
the ever-present danger of excessive
proxy delegation on one side, or a
hegemony of leadership power on
the other.
Finally, prepare hypotheses for law proposals on worker hygiene and sceurity,
and begin relationships with responsible
committees in the House of Deputies
and the Senato (Acts of the Sixth National Congress of Operators, Caramanico
Terme, November 19-21, 1984).
Assessment of the fundamental failure to
carve out spaces of debate within the traditional Italian Society of Occupational
Medicine and industriai Hygiene (SIMLII) on themes of the function of services, forced these operators to create an
autonomous scientific and cultura] community, which became SNOP itself. In
the years that followed, SIMLII experienced an identity crisis and an unavoidable process of fragmentation.
In the middle of winter 1985, in the slightly spectral resort town of Rimini, the
first congress of SNOP took piace (Acts
edited by SNOP) and the tool of society
communication, the SNOP Bulletin, was
born. In the opening editoria] of the builetin, the president pro-temp, Leopoldo
Magelli, clarified unambiguously that
the new Society had to start with application of the Health Reform Law in
areas where no reforms had occurred
(the southern regions of Italy, some
pockets of the north) as well as continue
the empowcrment of public service
networks in regions where some reforms
had already begun. Attention turned
espccially to the occupational medicine
service operators, but a gesture was
made also to the remaining structures of
Prevention, Public Health, Veterinary
Medicine and Materna]-Infant Services.
In the following years, SNOP developed
a wider range of activity, with its two
camps becoming the twin foundations of
its existence.
The techno-scientific side activated the
Work Group themes at a national leve],
which resulted in a revision of the
mcthodological tools in the work of services (the interventions of the Department, Arezzo, 1986; the Health Surveillance arnong apprentices and minors,
Florence, 1989 and 1994; the authorized
procedure for industrial building permits
and approvals, Arezzo, 1986; the Department of Prevention, Pesaro, 1987; the
Automated Information System, Genoa,
1988), and an analysis of prevention
interventions achieved by the operators
in diverse categories of labor
(Woodworkers, Sesto San Giovanni,
1986; Steelworkers and Laminators,
Brescia, 1985-1987; Plastics, Milan,
1987; Leatherworkers and Shocmakers,
Florence, 1988; Quarry and Stoneworkers, Morbegno, 1990; Building
Trades, lst and 2nd meetings, Vicenza,
1989-1991; New technology and health,
Rome, 1991; Protection and environment of craft trades, Pesaro, 1991;
Health and Safety in the Health Department, Comano Terme, 1989-1990).
The othcr side pursued the themes of
health policy relatiog to prevention and
protection (Operation Prevention, Rome,
1988).
(2nd part)
by Franco Carnevale*
Alberto Baldasseroni*
Amparo Casals
(*) Occupational Health Sert'ice
Locai Health Una 10/1), Florence, Italy
39
quindi a non idoneità del soggetto, e che
il coinvolgimento di terzi in questi incidenti è eccezionale. L'ing. Alfano ha
ribadito che il microclima dei trasporti
deve tener conto dell'attività svolta dalla
persona, dell'abbigliamento, della temperatura dell'aria, della velocità, umidità
e temperatura radiante, e il Dr. Cascella
che il processo lavorativo va semplificato. Rassicurante lo studio presentato dal
Prof. Bergamaschi sugli ultimi modelli
di autobus circolanti nella capitale. Le
vibrazioni a mezzo carico e scarico sono
accettabili, se si considera come riferimento la Direttiva CEE 931C77102. Gli
autisti e i meccanici (n. 430) sono stati
sottoposti a controllo medico e si è evidenziata una prevalenza di mal di schiena (low back pain) anche tra i più giovani. La patologia distale è risultata nettamente più frequente tra i meccanici
rispetto agli autisti.
W
N
I-O
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J
COMPLESSITÀ E
RISCHI LAVORATIVI
Si è svolto a Roma, nel bel Centro Congressi Cavour, il simposio "Valutazione
dei rischi e idoneità a compiti lavorativi complessi nel settore dei trasporti " ,
promosso dall'Ispesl, Dipartimento di
Medicina del lavoro. Il simposio aveva
lo scopo di presentare il lavoro svolto dal
Gruppo permanente di studio dei compiti lavorativi complessi e di sicurezza nei
trasporti, pubblicato di recente dalla
Franco Angeli.
Assente il Dr. Moccaldi, ha aperto i lavori il Prof. A. Grieco, il quale ha sottolineato che non bisogna limitarsi ai giudizi di idoneità psico-fisica, ma bisogna
procedere a dare l'idoneità al posto di
lavoro. Ciò è possibile solo utilizzando i
principi dell'ergonomia, che deve analizzare le tecniche di lavoro le quali, per
essere esaminate, necessitano di un
metodo di analisi del lavoro. Il metodo,
che discende da una visione della complessità interdisciplinare, è il Metodo
delle Congruenze Organizzative, che
guarda al rapporto tra lavoro e salute con
un quadro concettuale in grado di individuare le diverse variabili in gioco, l'interazione tra aree disciplinari diverse (l'area politecnica e l'arca psico-sociale), le
diverse scelte organizzative possibili. Un
invito a produrre le cifre dei costi delle
diverse progettazioni e a parlare correttamente di interdisciplinarietà ha chiuso
l'intervento.
La D.ssa Camerino ha definito i compiti
complessi come "compiti caratterizzati
da molteplicità qualitativa e quantitativa
40
di informazioni, che può indurre una
risposta comportamentale con conseguente aumento del rischio di incidente
o infortunio". In particolare, i compiti
multifatloricali (subcomponenti presentate simultaneamente o in rapida successione), plurisensoriali (diverse stimolazioni contemporanee o in rapida successione nei diversi canali sensoriali), in
stretta relazione con la sicurezza.
Tra i compiti complessi vengono individuati il trasporto di persone elo cose, il
controllo del traffico (aereo o per mare),
i servizi di emergenza, il controllo, la
manutenzione e manipolazione di
impianti industriali.
L'idoneità psicofisiologica è compito
difficile, a causa della variabilità interisoggettiva e della personalità. Sono da
valutare comunque le integrità neurosensoriali, neuro-motrici e le integrità
psicologiche.
Il Dr. Palma, delle Ferrovie dello Stato,
si è soffermato sui requisiti dell'idoneità
alla guida dei veicoli e alle figure che
intervengono per I'ergoftalmologia, che
esplora le non idoneità legate all'acuità
visiva, alla visione periferica, al senso
cromatico, all'adattamento, alla motilità
oculare, agli annessi e alle superfici oculari. Il Prof. Costa, in totale sintonia con
Grieco, ha ribadito che occorre analizzare il posto cli lavoro, analizzare l'idoneità
della persona e arrivare ad un giudizio di
compatibilità, e ha anche mostrato i dati
ISTAT sugli infortuni, che rilevano come
una percentuale minima degli incidenti
sia attribuibile a malore della persona, e
La D.ssa Fattorini è stata invitata a sintetizzare al massimo il suo intervento a
favore di una breve comunicazione sul
problema dell'amianto. Ha sottolineato
come sia importante la qualità della vita,
il benessere degli operatori per la qualità
del servizio.
Se l'organizzazione del lavoro non funziona, il soggetto continua a pensare al
lavoro con forme di ansia, che nel tempo
conducono a una diminuzione della
performance. E' stato un peccato che gli
organizzatori abbiano deciso di sacrificare proprio l'unico intervento sulla
valutazione psicologica!
I1 dibattito a seguire si è acceso solo
sugli aspetti normativi (leggi D.L.
626194), che ormai sembrano essere
diventati quelli più importanti, a discapito di qualsiasi discorso sui "reali problemi" di chi opera.
A proposito di lavoratori e lavoratrici del
settore, erano presenti nella tavola rotonda del pomeriggio, coordinata dal Dr.
Fanelli, Alitalia, Ferrovie dello Stato,
FITA-CNA, ATAC, FILT-CGIL, Centro
Superiore di ricerche e prove, i quali
hanno aperto un vasto e interessante
dibattito che ha riguardato anche il
modello di sviluppo dei trasporti nel
nostro paese e la necessità di un riequilibrio nel modo di circolazione delle
merci. Peccato che della voce di chi
lavora in compiti complessi non vi sia
stata traccia.
L'analisi della complessità è ancora di là
da venire, e con essa la possibilità di trattare la salute non solo come un problema
di chi la deve valutare, ma come problema soprattutto per chi lavora!
Silvana Salerno
PUGLIA
DECOLLANO
I DIPARTIMENTI
DI PREVENZIONE
Nel quadro generale di riordino della
disciplina sanitaria, l'istituzione del
Dipartimento di Prevenzione (DIP) è
stata preceduta da numerosi incontri in
merito agli assetti tecnico-organizzativi,
ai modelli operativi, all'esercizio di funzioni sempre vincolate a parametri di
qualità, efficienza, omogeneità, valutazione dei costi.
Del resto, la normativa nazionale (D.
Lgs. 502/92, modificato dal 517/93, L.
61/94), affidando alle Regioni il compito
di riordinare il sistema della prevenzione
mediante l'istituzione dell'Agenzia
Regionale per la Protezione Ambientale
e del Dipartimento di Prevenzione delI' AUSL ha favorito la nascita di un sistemaintegrato e coordinato, in grado finalmente di consentire certezze nell'attribuzione di funzioni tra le istituzioni, di
compiti e attività tra le strutture operative, senza sovrapposizioni e confusione
di ruoli.
A poco più di un anno dalla nascita dei
DIP nella Regione Puglia, il Dipartimento dell'ASL FG13 ha organizzato il 4
luglio scorso un convegno regionale dal
titolo " Dipartimento di Prevenzione:
attualità e prospettive", con l'intenzione
di fare il punto sulla situazione pugliese
e indicare le linee guida per la definizione degli scenari futuri.
La relazione di Cipriani, Dirigente DIP
ASL FG/3, introducendo i lavori della
mattinata, ha posto l'accento sull'articolazione in distr etti del DIP di Foggia e
sulla sua organizzazione per settori e
unità operative: a livello centrale, il Dirigente del Dipartimento si avvale del
Comitato di Direzione (sostituito dai
responsabili dei Servizi e dei moduli
distrettuali) e di un ufficio operativo di
supporto alle attività dipartimentali
(amministrazione, epidemiologia, formazione ecc.); in ogni Distretto esiste un
responsabile di unità operativa.
Ha inoltre illustrato in sintesi le principali attività nelle quali è stato impegnato
i] DIP: elaborazione del regolamento del
DIP e di un nuovo calendario vaccinale
(in collaborazione con l'Istituto di Igiene
dell'Università di Bari), l'istituzione del
laboratorio di formazione e educazione
sanitaria "Salute e Lavoro", della conferenza dei servizi per il rilascio dei pareri
sui nuovi insediamenti produttivi e del
"Centro di controllo micologico", la realizzazione del " foglio epidemiologico "
che, con gli studi sulle tavole di mortalità e con l'allestimento del registro dei
tumori, permetterà di avviare interventi
di prevenzione più mirati, l'avvio di
un'incisiva azione combinata di repressione e educazione sanitaria contro la
vendita abusiva di frutti di mare.
La sfida posta davanti, ha concluso il
relatore, è conce ripensare al tema della
"prevenzione" nel nuovo contesto organizzativo aziendale: non ci si può fermare ad un utilizzo bu r ocratico di leggi e
regolamenti, ma occorre lavorare per
obiettivi, per funzioni trasversali, per
linee di processo e per attività in un contesto integrato e in "presa diretta" con le
istanze dei cittadini.
In armonia con tale impostazione, i
Responsabili dei Dipartimenti e dei Servizi delle altre ASL pugliesi, intendendo
il Dipartimento un'aggregazione di più
Servizi funzionalmente coordinati, in
grado di attuare interventi operativi di
carattere globale e unitario, hanno sottolineato la necessità di attivare sul piano
regionale un osservatorio statistico-epidemiologico per le esigenze dipartimentali, un centro di documentazione sui
rischi e danni da lavoro e di colmare la
cronica carenza delle dotazioni organiche dei Servizi dovuta sia all'insufficiente attenzione ai problemi della prevenzione, sia ai vincoli introdotti dalle varie
leggi finanziarie, che hanno finito per
penalizzare il settore più "precario" della
sanità pubblica.
Per quanto riguarda l'applicazione del
D. Lgs. 626/94, Fanelli, Responsabile
SPSAL dell'ASL FG/3, ha riferito che
grande spazio è stato dato in questa fase
alla prevenzione primaria integrata, intesa come continuo dialogo con gli altri
soggetti della prevenzione nei luoghi di
lavoro (associazioni di categoria, tecnici,
rappresentanti dei lavoratori, pubblica
amministrazione, organizzazioni sociali
e di volontariato ecc.).
In tale ambito lo SPSAL di Foggia sta
dando particolare valenza al percorso
formativo degli operatori pubblici per
migliorare la qualità complessiva degli
interventi forniti all'utenza.
Per la Società Nazionale degli Operatori
della Prevenzione (SNOP) è intervenuto
il vicepresidente Longo che, partendo
dall'analisi relativa all'istituzione dei
DIP sul territorio nazionale, ha auspicato un'azione capillare da parte della
Regione Puglia e ASL per eliminare la
situazione a "macchia di leopardo"
ancora presente, in particolare per gli
SPSAL, a causa della quale ognuno può
risultare fortunato o sfortunato in base al
comune di residenza, o di attività
ln rappresentanza dell'Assessorato alla
Sanità della Regione Puglia, il dr. Ventrella ha posto l'accento sull'operato
della Giunta Regionale. in materia di
prevenzione: l'approvazione dei regolamenti delle Aziende U.S.L. e l ' istituzione dell'ARPA devono favorire la realizzazione di una rete regionale di certezze
in tema di prevenzione.
Il Presidente della Commissione Igiene e
Sanità del Senato, dr. Carella, chiudendo
i lavori della mattinata, ha sottolineato la
necessità di verificare la corretta applicazione del D. Lgs. 502/517 che, a distanza
di qualche anno, evidenzia una scarsa
omogeneità di applicazione sull'intero
territorio nazionale; i distretti, in particolare, in alcune zone sono stati attivati,
mentre in altre esistono solo sulla carta.
Altro punto rilevante del suo intervento
ha riguardato il principio di aziendalizzazione delle Aziende USL che, sebbene
condivisibile, ha causato spesso un'eccessiva attenzione al pareggio dei bilanci senza favorire la difesa, la promozione e la prevenzione della salute dei cittadini. Andrebbero attivati tutti gli indicatori dello stato di salute della popolazione e, su base epidemiologico-statistica,
individuate le necessità e forniti alle
Aziende U.S.L. i propri obiettivi.
A parere del Senatore, fulcro della nuova
organizzazione del sistema di prevenzione sono i distretti, intesi come luogo in
cui viene fornita ai cittadini l'assistenza
sanitaria primaria e dove si integra il
sociale con il sanitario, la medicina del
territorio con l'ospedale.
La sessione pomeridiana è stata dedicata
all'esposizione dei lavori realizzati da
numerosi operatori dei Servizi del
Dipartimento di Prevenzione dell'ASL
FG/3, a testimonianza di un qualificante
impegno professionale.
Particolare rilievo è stato assegnato alle
tematiche emergenti sul territorio, quali
la vigilanza sulle operazioni di bonifica
di rotabili delle F.S. contenenti amianto,
la valutazione con misurazione dell'inquinamento acustico in ambienti di lavoro (è stato presentato un modello di analisi del rapporto di valutazione ex D.
Lgs. 277/91), le problematiche inerenti
l'applicazione del D. Lgs. 230/95 sulle
misure di radioprotezione.
Il Convegno, collegato ad una documentata "sessione poster" su alcuni temi
della prevenzione, ha registrato una
numerosa e attenta partecipazione di
pubblico, a testimonianza del crescente
interesse degli operatori e dei cittadini
non solo per i problemi generali di tutela della salute, ma anche per le modalità
organizzative, le finalità, le metodologie,
le forme partecipative del sistema di prevenzione, strettamente correlate alla
qualità della vita.
Antonio Nigri
A. U.SL FG-3
41
CORRUZIONE
Si chiamava Roberto Raponi ed era
"distaccato" in Pretura a Roma per occuparsi delle ispezioni nei cantieri edili. Si
è ucciso dopo essere stato scoperto mentre intascava due milioni da un imprenditore edile, il cui cantiere aveva appunto ispezionato pochi giorni prima.
Roberto Raponi era in origine un vigile
sanitario della USL che aveva scelto la
nuova collocazione diversi anni fa.
La Pietà umana per il gesto estremo
compiuto non deve trattenerci dal riflettere su quanto questo episodio porta alla
luce. Innanzitutto perché non si tratta di
un episodio isolato. Solo pochi giorni
prima, a Orbassano, era stato scoperto
un vero e proprio "giro" di autorizzazioni a pagamento, organizzato da un vigile
sanitario della USL a casa propria, trasformata in una sorta di ufficio-ombra.
Anche in Toscana sono segnalati analoghi episodi nella USL di Lucca. Questo
conferma la vulnerabilità del sistema al
tarlo della corruzione, piaga che affligge
la pubblica amministrazione in Italia più
che ovunque altro nel mondo sviluppato.
Le analisi hanno finora puntato soprattutto sulla pletora legislativa e sui meandri di cavilli che caratterizzano la nostra
legislazione, e non solo in questa materia, facilitando con l'oscurità delle
norme e la loro sovente contraddittorietà
l'annidarsi di chi vuole sfruttare a proprio profitto personale tale situazione.
Ma c'è un altro aspetto del problema che
non è finora stato sufficientemente focalizzato, quello dell'isolamento in cui
operano sempre coloro i quali finiscono
per cedere alle lusinghe del profitto illecito. In altre parole, è quando viene
meno il "controllo" sociale esercitato
dall'ambiente di lavoro circostante, dai
colleghi che quotidianamente interagiscono, dai superiori che verificano, bene
o male, ciò che viene fatto, che nasce la
solitudine operativa e da questa, prima o
poi, scaturisce la corruzione. Non è un
luogo comune sociologico la constatazione che il disgregarsi dei vincoli che
tengono unito un organismo provoca
l' ingovernabilità e il corrompimento dell'insieme. E questo è ciò che avviene
quando si isolano e delegano certe funzioni (in questo caso quella ispettiva) ad
alcuni individui, separandoli dal resto
del sistema, nell'illusione che I'ultraspecializzazione realizzata dai singoli possa
sopperire alla forza di un insieme. Ciò
che preoccupa nel contesto attuale di
sviluppo (o inviluppo?) dei servizi di
42
prevenzione nei luoghi di lavoro, ma
anche nel campo non meno delicato
delle competenze in capo ai servizi di
igiene pubblica, è la tendenza a segmentare, separare, disgregare i servizi in
quanto tali, creando improbabili unità
operative, sezioni, gruppi e sottogruppi,
spesso a carattere monoprofessionale, in
assenza di chiare responsabilità di divisione del lavoro e di supervisione. Almeno questo è ciò che sta avvenendo in
Toscana, dove le spinte corporative
hanno avuto la meglio, ar rivando al bel
risultato di distruggere l'unitarietà dei
servizi, ormai frammentati in tre o quattro sottorganismi sostanzialmente autonomi. Il forte timore è che alla fine di
questa strada si trovi non la supposta
"autonomia professionale" ma l' "isolamento operativo", matrice di molti dei
corrompimenti vissuti di recente.
Alberto Baldasseroni
PUBBLICO O PRIVATO?
Si è svolto a Roma, presso l'istituto
Superiore di Sanità, un dibattito su
"Pubblico e Privato", promosso dalla
rivista Sapere. Quello che state leggendo
non è in realtà il contributo di una partecipante, ma quello di una investigatrice
che ha raccolto testimonianze dirette. In
breve, mi scuso con i lettori della sintesi,
suggerendo loro la lettura del numero
monografico della rivista (3-4 1996)
sopra citata.
L'ex Ministro della Sanità, Elio Guzzanti, in uno dei suoi ultimi interventi da
ministro, ha colto l'occasione per inviare un messaggio di tranquillità rispetto ai
tagli finanziari: "Il giudizio sulla nostra
Sanità non può essere il risparmio". E'
necessario invece procedere ad interventi di razionalità organizzativa, di efficienza, discutendo sulle varie opzioni
organizzate in base ai dati statistici, che
comunque premiano il Servizio Sanitario Nazionale italiano. Sulle stesse posizioni ha proseguito Giovanni Berlinguer,
evidenziando un certo imbarazzo nell'entrare nella dicotomia tra pubblico e
privato, salute e malattia, senza una premessa: "La salute è innanzitutto problema della persona".
E' utile ricordare che la Costituzione italiana parla di salute come di "un diritto
dell'individuo e interesse della colletti-
vità". Il linguaggio economico, anzi
monetario, è dunque solo fuorviante se a
termini come risparmio ed efficienza
non si aggiunge l'obiettivo(efficacia):
miglioramento del benessere umano.
(N.d.A.: un professore del Massachusetts institute of Technology ha così sintetizzato la posizione degli economisti:
"Dare un prezzo a tutto e valore a niente?"). Non si può pensare sempre di
guardare alla quadratura del bilancio
senza verificare un bilancio positivo per
la salute della popolazione! Possiamo
pure parlare di aziende (sulla posizione
di G. Berlinguer vedere anche la recensione del suo libro "Etica della salute",
Snop n. 34/35, 1995), ma il prodotto da
verificare è il valore aggiunto di salute.
Le risorse non coincidono con la spesa:
esse sono anche educazione, equità, partecipazione, prevenzione, ambiente. Esiste una tendenza ovunque ad integrare
l'impegno collettivo con l'iniziativa dei
singoli; proprio per questo gli USA
guardano con interesse le esperienze
europee (e viceversa). Ma ogni esperienza va valutata per i suoi aspetti positivi?
Carlo La Vecchia, dell'istituto Mario
Negri, ha sottolineato come, negli ultimi
30 anni, è diminuita nel nostro paese la
mortalità per l'infarto del miocardio e
]'ictus cerebrale. Sono aumentati tuttavia
i suicidi e necessitano di maggiore attenzione i "deboli" per età, per handicap
mentali o fisici.
Gli studiosi di management Alberto
Donzelli e Donatella Sghedoni hanno
infine esposto la tesi che "pubblico è
bello" (N.d.A.: finalmente voci fuori dal
coro!). Il sistema pubblico garantisce
equità, efficacia, sicurezza, economia.
Gli USA, a dispetto del sistema assicurativo basato su assicurazioni volontarie,
spendono più di tutti (3299 dollari,
rispetto a 1523 in Italia) e non "guadagnano" come la Sanità italiana 1500 anni
di vita ogni 100.000 abitanti, con un
risparmio del 30% rispetto ai costi sanitari di quel paese. Anche in Europa si
spende più che in Italia; la Francia e il
Belgio, per esempio, spendono il 2328% in più e hanno rispettivamente 1122
e 1148 anni di vita ogni 100.000 abitanti. Nella Sanità, in sintesi, la Stato fa
meglio del privato ed è meglio decidere
di "pagare la salute" e non "pagare la
malattia".
insomma, anche i medici "competenti" e
non stiano attenti: da domani si paga la
prevenzione!
Silvana Salerno
ANCORA IN
EVOLUZIONE LE
NORME SUL RISCHIO
DI INCIDENTE
RILEVANTE
Il Decreto del Ministro dell'Ambiente
del 13.05.96 (G.U. 03.07.96 n°154) stabilisce le categorie di modifiche alle attività esistenti che comportano implicazioni per i rischi rilevanti e le modalità di
autodichiarazione nei casi di modifiche
che non comportano aggravi dei preesistenti livelli di rischio.
Con l'ennesima reiterazione (8 luglio
96), il Decreto Legge n°351 1 (G.U.
08.07.96 n°158) introduce un sistema
aziendale di autocertificazione e istituisce un nuovo obbligo di informazione
diretto fra imprese e cittadinanza.
Il sistema di gestione della sicurezza e
l'informazione prodotta direttamente
dagli esercenti hanno entrambi il medesimo obiettivo : aumentare il grado di
sicurezza degli impianti tramite la
responsabilizzazione volontaria degli
Esercenti e la trasparenza.
Queste modifiche hanno tutte il giusto
scopo di depontenziare un nemico subdolo, molto diffuso e sempre più insopportabile: la burocrazia acefala e inconcludente, ostacolo e non servizio.
Gli adempimenti inerenti al grande
rischio hanno infatti disatteso la maggior
parte delle attese di prevenzione suscitate all'origine e l'inclusione di una Azienda negli obblighi di Dichiarazione e
Notifica ha prevalentemente ingenerato
paura, fastidio e diffidenza:
• fra i cittadini, per cui è invalsa spesso l'equazione azienda in Notifica o
Dichiarazione bomba ecologica
• fra gli amministratori, schiacciati
fra responsabilità senza competenze,
interessi aziendali, Enti latitanti e cittadini e gruppi a volte con problemi
reali a volte con secondi fini. Ad
esempio l'essere in Dichiarazione o
Notifica è considerata in molti Comuni motivo di incompatibilità in toto
con il PRG e l'insediamento, o il parere dell'Usl diventa automaticamente
negativo indipendentemente dalle
reali condizioni aziendali.
• fra i responsabili e funzionari dei
(numerosissimi) uffici competenti
della Pubblica Amministrazione, più
attenti a scaricare responsabilità vere
o presunte, ad acquisire spazi di potere e prestigio, a condurre non necessa rie mediazioni, che ad impegnarsi in
reali interventi e richiedere adeguati
mezzi di intervento ove (quasi sempre) carenti. Un esempio valga per
tutti : in nessun caso in Italia è stata
verificata l'effettiva avvenuta informazione degli addetti e delle Aziende
in appalto in insediamenti a rischio o
l'operatività delle squadre e piani di
emergenza da parte di qualsivoglia
ente o funzionario.
• fra gli esercenti, dove la confusione
normativa e culturale e la paura di
immagine negativa hanno portato di
fatto a sterilizzare gli adempimenti
sostanziali preoccupandosi solo di
rispettare gli adempimenti burocratici,
produrre voluminosi (costosi e inquinanti) dossier cartacei di scarsa utilità,
ma riprodotti in decine di copie a
disposizione di Enti ed Uffici che
spesso ne richiedono inutilmente
copie (perdendole) ad ogni nuovo titolo.
• fra i lavoratori anch'essi oscillanti
fra la preoccupazione di mantenere il
posto di lavoro minacciato dagli esterni e lo spauracchio degli esposti `per
la sicurezza' a volte brandito come
arma para-sindacale per spostare rapporti di forza altrimenti sfavorevoli.
I risultati sono evidenti: le condizioni di
sicurezza delle aziende sono del tutto
indipendenti dal fatto di risultare o no in
175, di avere avuto o no (quasi mai) verifiche dei rapporti di sicurezza.
Le istruttorie sono sempre poche, un po'
di più i censimenti, le conclusioni poi,
scarne e anch'esse ininfluenti sugli effettivi livelli di rischio.
Come già ribadito nella precedente nota
pubblicata sul Snop37 (Che fine ha fatto
la Seveso?) anche se ulteriori e più
coraggiosi passi saranno necessari, le
modifiche introdotte potrebbero creare
un effettivo circuito di autovalutazione
certificata dei sistemi di sicurezza aziendale e contribuire a garantire un maggior
livello di informazione e accettazione da
parte dei cittadini facilitando anche il
compito degli Enti di Controllo.
in ogni caso sarà necessario valorizzare
gli adempimenti per le aziende rientranti nell'articolo 31175, cioè esentate dalla
Dichiarazione o Notifica ma sottoposte
al Decreto, nonché definire i criteri, gli
standard e i sistemi di verifica per informazione, formazione, addestramento di
lavoratori, squadre di emergenza, funzionari P.A., cittadini residenti e programmi educativi e scolastici (lo Stato
ha da dire qualcosa per educare alla sicurezza o si lasciano questi temi in appalto
a Federchimica con "Fabbriche aperte" e
visite di scolaresche guidate?).
Gianandrea Gino
(e-mail [email protected])
SPIGOLATURE
Da un catalogo di una Scuola Superiore
di Amministrazione Pubblica ecc. ecc.,
nel quale vengono anche proposti un
numero impressionante di corsi sui temi
dell'ambiente e della sicurezza nei luoghi di lavoro:
"Corso B3I8: TITOLO: La disciplina
del cerimoniale nella pubblica amministrazione. MOTIVAZIONI E DESTINATARI: Non esistono regole scritte sul
cerimoniale e tuttavia, se esse non vengono seguite, si hanno sempre conseguenze molto negative. Ogni funzionario
di ente o azienda al quale siano affidate
le relazioni esterne non può pertanto
ignorare le disposizioni sul cerimoniale.
PROGRAMMA: I compiti del cerimoniale, gli inviti, il posto d'onore e l'ordine delle precedenze. Organizzazione di
cerimonie, premiazioni e inaugurazioni.
Incontri e visite ufficiali e di lavoro,
composizione delle delegazioni, firma
degli accordi. Colazioni e pranzi: i posti
a tavola, il menù di un pranzo ufficiale e
lo svolgimento del convivio. Cerimonie
religiose ufficiali. Messaggi e lettere: il
titolo di Onorevole, il titolo di Eccellenza, gli altri titoli. Premi e doni di rappresentanza. Festività e lutti. Gli abiti: come
vestirsi nelle occasioni ufficiali. Costo
del corso E. 980.000 + IVA 19%; orario
di svolgimento 09,00-14,30; durata tre
giorni."
43
L'OMBRA
DI 16.000 PIOPPI SUL
D. LGS. 626194
Applicando al concetto di salute, mutuato dall'OMS, tutti gli attributi di una
stato di benessere psico-fisico di chi vive
in un contesto sociale a sé confacente,
non si può dubitare che il trovarsi in un
ambiente di vita e di lavoro confortevole, ameno, privo di rischi e che dispone
nella giusta quantità delle risorse necessarie per la vita, faccia parte dei requisiti per il mantenimento di uno stato di
salute così definito. L'interpretazione
tutta formale di leggi volte alla tutela dei
lavoratori - come si è osservato per il D.
Lgs. 277191 - porta, di fatto, alla proliferazione di atti burocratici ripetitivi e di
scarso significato prevenzionistico e che
comportano, quanto meno, un dispendio
energetico, di risorse e un impatto
ambientale non giustificati. Si preannuncia così una "... fase di sviluppo economico in cui i costi del mantenimento
della burocrazia superano le capacità
produttive della società e l'intero sistema
si piega sotto il carico della sua complessità".
Generalmente, i consulenti, cui si rivolgono attualmente gli imprenditori per la
redazione del documento sul rischio da
rumore previsto dal D. Lgs. 277191, integm ano i dati relativi alle valutazioni dei
rischi con molte pagine che riportano
testo della legge, promemoria per il
datore di lavoro, informazioni generali e
quanto altro un serio consulente ha il
dovere di comunicare al committente,
spesso non esperto della materia. Ovviamente, l'onorario del professionista
tiene conto anche di questa parte informativa del documento. Monti datori di
lavoro non si rendono conto che quella
relazione è una loro dichiarazione, al
punto che, richiesti di fornire in copia i
dati di esposizione dei loro dipendenti,
non esitano a riprodurre e fornire all'organo di vigilanza l'intero documento,
consigli e leggi compresi, ingorgando
così l'archivio della USL competente di
una quantità di relazioni che differiscono
fra loro solo per i dati anagrafici dell'Azienda e per la tabella contenuta in una
delle tante pagine, tutte rigorosamente
uguali. In casi estremi, i consulenti allegano, sempre a pagamento, tutti i referti
di misura, analisi e registrazioni del fattore di rischio valutato, con notevole
aggravio di spesa per il datore di lavoro
e di spreco di carta ed energie profuse
per la realizzazione (e successivo smaltimento) di queste pachidermiche relazio-
44
ni. Abbiamo pertanto ritenuto utile valutare quantitativamente tale spreco, anche
in vista di quanto andrà a moltiplicarsi
con l'entrata in vigore del Decreto 626.
Abbiamo preso in esame il rapporto di
esposizione a rumore redatto da un professionista noto in tutta Italia. Sono state
rilevate le dosi giornaliere di esposizione
a rumore di 74 lavoratori che operano in
uno stabilimento che copre un'area di
circa 100 mq. La relazione si compone
di: due pagine in cui si riportano i dati
anagrafici dell'Azienda, la descrizione
del ciclo lavorativo e tutti i dati identificativi dell'unità locale; cinque pagine in
cui si enunciano le metodiche di rilevamento e di calcolo utilizzate. In quattro
pagine sono poi riportati in sintesi i principali adempimenti cui è tenuto il datore
di lavoro, senza tuttavia gli specifici riferimenti ai singoli gruppi di lavoratori,
ma con l'indicazione delle pene previste
per gli inadempienti. I dati relativi all'esposizione a rumore dei lavoratori e le
relative azioni da intraprendere da parte
del datore di lavoro sono sintetizzati
nelle successive venti pagine. Sono poi
riportati, per ogni singolo lavoratore, i
diversi livelli sonori cui è sottoposto
durante le diverse fasi del lavoro, peraltro senza l'indicazione di quali siano
queste fasi. Ogni lavoratore è rappresentato da una pagina, per un totale di altre
74. Vengono infine riportati i tracciati
relativi alla registrazione grafica di un
periodo di misura (è intuitivo l'interesse
del datore di lavoro e delle maestranze
per questi documenti): 65 tracciati, uno
per pagina. Tutte le pagine sono riprodotte in unica facciata, per cui la relazione, compresi frontespizi, interpagine,
copertine e titoli, consta di 172 fogli. La
carta era del tipo ultra candido (cioè
sbiancata chimicamente), del peso di 80
g/mq.
L'organo di Vigilanza - Autori compresi
- giudicava sostanzialmente incompleta
tale relazione, nonché concettualmente
inesatta. Veniva quindi integrata da una
provvisoria valutazione (32 fogli) e
finalmente sostituita da una nuova relazione redatta secondo le indicazioni
(altri 180 fogli). L'adempimento comportava pertanto l'utilizzo di circa 1,871
Kg. di carta.
Considerando che la valutazione dei
rischi prevista dal D. Lgs. 626194 dovrà
necessariamente contenere più informazioni di quella relativa al solo rischio
rumore, ci appare verosimile, seppure a
nostro avviso sottostimata, una previsione di circa 2 Kg. di carta per la redazione di un documento concepito come
sopra esposto.
Considerando che (dati ISTAT 7° censimento generale dell'industria e dei servizi, 2] ottobre 1991) in Italia esistono
3.227.297 imprese e che per produrre un
Kg. di carta occorrono 4,4 l. di acqua e si
consumano 0,05 KWh di energia, con
semplici calcoli si può stimare che verranno consumati circa 24.000.000 1. di
acqua e 300.000 KWh di energia.
Ponendo un ricavo medio di 380 Kg. di
carta da un pioppo, con analoghi calcoli
si può ipotizzare l'abbattimento di circa
16.000 pioppi, pari al danno recato da un
incendio boschivo di media estensione.
L'auspicio è che il nuovo corso della
prevenzione dei rischi si inquadri all'intcrno di un contesto sostanzialmente, e
sinceramente, "ecologico", riferendosi
alle due variabili principali di energia ed
entropia, per conseguire le finalità implicite nel titolo del "miglioramento delle
condizioni di salute".
F. Borgogni
I. Finto
az. USL 7 di Stenti
UFFICIO
GRANDI RISCHI
A ISPRA
Le Commissioni UE: XI (Ambiente) e
XII (Ricerca) hanno annunciato la creazione di una struttura per la prevenzione
del rischio chimico grave, così come
disciplinato dalla legislazione comunitaria, presso il Centro Comune di Ricerca
di ISPRA.
Tra le funzioni che l'ufficio sarà chiamato a svolgere figurano l'analisi degli
incidenti più gravi, la diffusione della
informazione destinata alla prevenzione
degli incidenti, la gestione di un centro
di documentazione comunitario sui
rischi industriali, il sostegno e l'organizzazione di studi e seminari.
Ricordiamo che in occasione dei gravi
incidenti del
passato:Flixborough
(Regno Unito, 1974), Seveso (Italia,
1976), Bophal (India, 1984) la trasparenza e l'attendibilità delle informazioni
destinate (anche) al grande pubblico
furono particolarmente avare e carenti.
Le ultime modifiche della Direttiva
Seveso vanno in tal senso.
Per maggiori informazioni
Major Accidents Hazards Bureau
(MAHB)
TP 670 I- 21020 ISPRA
te l 0332-785485
fax 0332-789007
STRUMENTI
INFORMATICI CDS
Il Centro di documentazione per la salute dell'Emilia Romagna continua a tessere la sua rete informatica. I collegamenti on-line con le principali banche
dati europee e con i principali host privati, consentono già l'accesso alle basi
di dati - di tipo bibliografico o fattuale prodotte da enti di ricerca, biblioteche e
istituzioni scientifiche in tutto il mondo.
Intanto, il Centro sta perfezionando il
progetto di ingresso in INTERNET, strumento utile per sviluppare i rapporti e gli
scambi con interlocutori lontani.
INTERNET diventerebbe anche un ' occasione per l'accesso diretto alt' informazione del Cds da parte di esterni: il Centro di documentazione per la salute si sta
attrezzando anche in questo senso.
Ha cominciato con "Arianna " , la base
dati per le prevenzione negli ambienti di
vita e di lavoro prodotta insieme al Cedif
(attualmente struttura dell'Arpa toscana), distribuita su dischetto e consultabile on-line. "Arianna" conduce, attraverso
gli archivi di Cds e Cedif, alla ricerca di
elenchi di documenti e di notizie sulle
iniziative e le attività dei servizi di prevenzione e di promozione della salute.
In questi ultimi mesi, poi, il Centro ha
installato il suo bollettino di bordo telematico, o B13S che dir si voglia: per collegarsi è sufficiente avere un qualunque
computer, un modem e un programma di
comunicazione di qualsiasi tipo. E il
numero, naturalmente: 051/399966. Una
volta collegati, è possibile recuperare o
inviare file, fare richieste di documentazione, intrattenere rapporti in linea con il
Cds e con altri utenti, partecipare a gruppi di lavoro e discussioni tematiche.
Al momento, è in fase di sperimentazione
la produzione "in proprio" di CD-ROM
attraverso la versione italiana del programma per la predisposizione di conipaci disk prodotto dal Centro canadese
per la salute e la sicurezza del lavoro.
Chi vuole saperne di più, o ricevere
"Arianna", o inviare informazioni e
materiali utili per gli archivi, può mettersi in contatto con Rossana D'Arrigo,
Centro di documentazione per la salute,
Via Triachini 17, 40138 Bologna, tel.
051/396310, fece 051/392416.
ARIANNA
• base dati per la prevenzione negli
ambienti di vita e di lavoro
• prodotta dai Centri regionali di documentazione dell'Emilia Romagna e
della Toscana
• è in distribuzione nella versione
aggiornata al 31 dicembre 1995
• contiene
DOC, base bibliografica di
documentazione anche grigia
INFO, base dati di notizie sulle
esperienze e le attività degli
operatori della prevenzione
in totale oltre 8.300 record
• è distribuita gratuitamente facendone
richiesta scritta a:
CDS - Az. USL di Bologna e di Ravenna,
Via Triachini 17. 40138 Bologna
tel. 05 1/3 963 1 0, .fax 051/392516•
CEDIF-ARPAT, Via San Salvi 12, 50135
Firenze
te/. 055/5663663, fax 055/5663657
CHI VIGILA SUI
VIGILI DEL FUOCO
Esattamente un anno fa a Reggio Emilia
è morto un Vigile del Fuoco durante l'operazione di spegnimento di un incendio
scoppiato in un capannone industriale a
causa di un fulmine che aveva colpito
l'antenna radio posta sul tetto del capannone stesso.
A lato dell'edificio passa una linea elettrica ad alta tensione, 15.000 volt, montata su pali di cemento, e il giovane Vigile del Fuoco, salito sulla scala montata
sull'automezzo dei Vigili, è rimasto fulminato, non si sa se toccando i fili dell'alta tensione con il casco o perché era
entrato nell'arco voltaico creato dall'umidità che gravava nell'aria.
L'indagine disposta dalla Magistratura
in seguito al tragico evento, effettuata
dall'USL, mise in evidenza che, presumibilmente, la scala retrattile era stata
posizionata troppo vicino ai fili dell'alta
tensione. Si parlò di inavvertenza, di
mancanza di osservanza delle norme
precauzionali e, come al solito, di tragica fatalità.
Un paio di mesi fa un altro incidente
vide coinvolti due Vigili del Fuoco che si
erano calati in una cisterna contenente
vinaccia per prestare soccorso a tre operai, che erano rimasti intossicati dalle
esalazioni di anidride carbonica di cui
era saturo l'ambiente. Purtroppo, uno
degli operai perse la vita, gli altri due
operai e i Vigili del Fuoco rimasero
intossicati ma, per fortuna, senza conseguenze mortali.
Le indagini sono ancora in corso, ma
sembra che il locale non fosse stato
arieggiato preventivamente e, soprattutto
per quanto riguarda il coinvolgimento
dei due Vigili, perché non erano dotati
dell'attrezzatura idonea per scendere
nella cisterna (dato il poco spazio a
disposizione, avrebbero dovuto avere
maschere con il tubo sufficientemente
lungo per poter lasciare le bombole di
ossigeno all'esterno).
Questi sono fatti più gravi, ma in una
successiva assemblea sindacale sono
emersi altri problemi contro i quali si
scontrano quotidianamente gli appartenenti al Corpo.
Innanzitutto, e questo è il dilemma fondamentale a cui si dovrebbe poter
rispondere, dove finisce l'etica professionale, il dovere (con eventuale relativa
accusa di omissione di soccorso), dato
che i Vigili del Fuoco, ma non solo,
fanno parte dei Servizi di Protezione
Civile, e dove cominciano gli obblighi
legislativi sulla sicurezza personale?
Se nello svolgimento della loro opera di
trovano a dover scegliere, a quale dei
due doveri devono dare preminenza?
Inoltre, se si rendono conto che in una
specifica circostanza non sono dotati di
attrezzature adeguate (come purtroppo a
volte succede), hanno il dovere/diritto di
rifiutarsi di intervenire o di nuovo possono essere accusati di omissione di soccorso?
Ancora, cosa succederebbe nell'eventualità di un incidente durante il tragitto per
raggiungere il luogo di un incendio o di
un incidente, dato che sono soggetti
all'osservanza del codice della strada e
non sono coperti da alcuna forma assicurativa, né RCA, né di responsabilità civile, né di responsabilità penale?
Sarebbe importante che a questi interrogativi si potesse dare una risposta esaustiva, visto che l'opera di questo Corpo,
ma anche di tutti quelli che rientrano
nell'accezione "Servizi di Protezione
Civile",é vitale.
L'ex D. Lgs. 626194 e il 242/96 all'art. I
comma 2 rimandano a uno dei 23 decreti che dovranno essere emanati di concerto tra il Ministero del Lavoro c i
Ministri competenti (in questo caso il
Ministro dell'Interno, a cui fa capo la
Protezione Civile).
La CGIL di Reggio Emilia (Funzione
Pubblica e dip. Prevenzione e Tutela) sta
cercando di organizzare una tavola
rotonda di approfondimento, invitando a
discutere un Magistrato, un Parlamentare, un Funzionario del Ministero dell'Interno, la Medicina del Lavoro, il Prefetto, il Comandante dei VV.FF. Provinciale, l'Ispettore Regionale dell'Emilia
Romagna e, ovviamente, il Sindacato.
Poiché riteniamo che questo problema
abbia una valenza nazionale, ci impegniamo a continuare a fornire informazioni sui suoi sviluppi.
Anna Ruozi
Dip. Prevenzione e Tutela della CGIL
di Reggio Emilia
45
TRENI E BICICLETTE
Perché chiedere il
potenziamento dei trasporti
pubblici e la creazione
di una rete di piste ciclabili.
11 Comitato per il Trasporto Pubblico in
Brianza si è costituito dal giugno `95
allo scopo di sensibilizzare l'opinione
pubblica sulla necessità di:
• ridurre il numero di auto e camion
circolanti, dato che la viabilità è sempre più difficoltosa, perché le strade
provinciali, statali, le autostrade sono
congestionate da automobili e
camion;
• ridurre il numero di incidenti stradali, che provocano sempre più spesso morti e invalidi permanenti? L'incidente stradale rappresenta la prima
causa di morte fra giovani e giovanissimi ed una delle cause più frequenti
degli infortuni mortali sul lavoro;
• ridurre l'inquinamento atmosferico, che nelle nostre città e paesi è
spesso a livelli allarmanti (come risulta dai dati forniti dalle centraline di
rilevamento), con conseguenti "inviti"
da parte dei Sindaci a stare in casa per
vecchi e bambini e a non usare l'auto.
Si sa infatti che, dopo che il metano ha
sostituito la nafta per il riscaldamento
domestico, oltre la metà degli inquinanti è dovuta al traffico veicolare. Le
conseguenze dell'inquinamento atmosferico sulla nostra salute sono note:
aumento delle malattie dell'apparato
respiratorio e delle malattie allergiche; ma pesante è anche la conseguenza sull'ambiente, perché si formano
piogge acide che danneggiano intere
foreste;
• ridurre l'inquinamento sonoro in
città e nei centri abitati: oggi risulta
che non siano più tanto le attività
industriali ed artigianali a produrre il
rumore quanto il traffico veicolare. Le
conseguenze sulla salute sono una
progressiva diminuzione dell'udito e
un peggioramento della qualità della
vita (stress, nervosismo);
• ridurre il consumo energetico: il trasporto privato consuma energia in
maniera molto maggiore di quello
pubblico. Sappiamo che le risorse
energetiche sulla terra non sono infinite e che inoltre sono consumate in
modo molto squilibrato, con Europa e
USA che fanno la parte del Icone
46
rispetto al resto del mondo. Il Rapporto sullo Sviluppo dell'ONU 1996 ha
evidenziato che lo squilibrio tra nord e
sud del mondo si è accentuato (in 15
paesi che. raggruppano un quarto della
popolazione mondiale la povertà,
negli ultimi trent'anni, ha continuato a
crescere).
Anche il recente "Libro Verde" della
Commissione Europea (La rete dei cittadini - Realizzare le potenzialità del trasporto pubblico di viaggiatori in Europa,
Bruxelles 1995, Commissione delle
Comunità Europee) indica che "la solu-
zione ideale per ridurre l'inquinamento
e il traffico non consiste nell'aumentare
la capacità della rete stradale per ...
costi delle strade e dei parcheggi in continua crescita ... e per ... aumento degli
spostamenti in auto ..., ma nel potenziare i servizi di trasporto pubblico, spostando quote il più possibile consistenti
di traffico (auto e camion) dalla strada
allo . ferrovia", come avviene ormai nella
maggior parte dei paesi europei (Svizzera, Germania, Austria ecc.).
In Italia, invece, le soluzioni per la viabilità vanno sempre nella direzione di creare nuove strade! Si "parla" di un rilancio
delle ferrovie ma, tranne che per l'alta
velocità, non si rendono disponibili i
finanziamenti per realizzare opere di
ammodernamento della rete, con notevoli disagi per i passeggeri (tempi di percorrenza lunghissimi, stazioni fatiscenti
ecc.) e quote irrisorie di merci trasportate su ferro rispetto agli altri paesi europei.
Noi del Comitato per il Trasporto Pubblico in Brianza riteniamo che vada studiato e realizzato un piano di mobilità
complessivo, globale, che preveda:
• il potenziamento della ferrovia per
persone e merci, con possibilità di
spostarsi in tempi ragionevoli sia
verso nord-sud (Lecco-Milano) che
verso est-ovest (Como-Bergamo) con
1 la realizzazione del raddoppio ferroviario Carnate-Calolziocorte,
2 il potenziamento di tutti i cosiddetti
"rami secchi",
3 la realizzazione della linea Pedemontana Ferroviaria, progettata dall'ing. Semenza, dell'ACI: si tratta di
una ferrovia a doppio binario, che collega città e paesi da Varese a Como.
Lecco, Bergamo, Brescia con treni
navetta, ogni 15-20 minuti, che trasportano camion e TIR, treni metrò e
treni turistici per i week-end. La spesa
prevista è di 1600 miliardi, contro i
3800 dell'intera Pedemontana autostradale ed un impatto ambientale di
gran lunga inferiore (2 binari per 14
metri di larghezza contro i 40 metri e
le 6 corsie della Varese-Dalmine),
• la creazione di una rete di autobus
(piccoli, confortevoli, accessibili
anche ai disabili, non inquinanti, frequenti, visibili) che colleghino città e
paesi fra loro,
• la creazione di una rete di piste ciclopedonali, che colleghino frazioni,
paesi e città fra loro, in modo da poter
andare in bicicletta a scuola, alla stazione, in palestra, al supermercato
ecc. senza i fumi dei tubi di scappamento e il rumore di auto e camion e
senza essere schiacciati ai bordi delle
strade.
Noi crediamo che:
• le piazze e le vie delle nostre città e
paesi debbano ritornare ad essere luoghi in cui i bambini e gli adulti possano piacevolmente camminare, passeggiare, sostare (non come succede oggi
con le auto in doppia, tripla fila);
• le aree verdi non debbano far posto a
nuove strade e nuovi parcheggi;
• le famiglie non debbano essere più
costrette ad acquistare la seconda e la
terza automobile da lasciare, per
esempio, tutto il giorno ferma in un
parcheggio;
• le stazioni ferroviarie e i mezzi pubblici debbano essere luoghi confortevoli in cui poter conversare e leggere
un libro;
• l'aria che respiriamo noi e i nostri figli
debba essere pulita e che le nostre
città e paesi debbano essere più silenziosi;
• che debba essere risparmiata energia,
perché vogliamo poter guardare negli
occhi con meno rimorsi un africano;
• meno ragazzi debbano morire sulle
strade e che le giornate di festa, i
ponti, non debbano essere sempre più
funestati da vittime di incidenti;
• sia possibile che i privati investano
anche per la realizzazione di ferrovie, e
non solo di autostrade, in tempi rapidi;
• l'Italia non si debba ancora di più
allontanare dall'Europa per quanto
riguarda i trasporti.
Da ultimo, come lda Magli, ammiriamo
le stile essenziale ed efficace del Mini-
sino Di Pietro. Sembra un sogno vedere
prendere in tempi rapidi decisioni attese
da anni! Vorremmo solo che il Ministro
lavorasse con i] suo zelo non per nuove
strade, ma per realizzare-ammodernare
le ferrovie, rimaste in Italia quelle di fine
`800, solo un po' invecchiate.
Noi crediamo che sia ancora possibile
che l'Italia diventi un paese più civile,
ma crediamo che occorrano decisioni
rapide nella direzione della difesa
ambientale e dello sviluppo sostenibile.
Comitato per il
Trasporto Pubblico in Brianza
Via Castelbarco, 9 lmbersago (LC)
rel. 039/9920817-9900178
fax 039/9920817
RICORDI SULLO
STABILIMENTO
RUMIANCA
DI PIEVE VERGONTE
Abbiamo abitato davanti allo stabilimento Rumianca di Pieve Vergonte da] 1958
al 1967.
Stavamo nelle villette degli impiegati:
davanti c'era la strada, un piccolo campo
dove giocavamo a pallone, il muro dello
stabilimento e poi i serbatoi, credo del
cloro. Lo stabilimento era onnipresente;
per noi ragazzi era bellissimo: sembrava
un enorme giocattolo, rumoroso e puzzolente, ma divertente.
L'odore lo ricordo bene: quando tornavamo dalle vacanze con il naso ripulito,
risalendo la Val d'Ossola lo si sentiva già
verso Premosello, 15 chilometri a valle:
era una miscela di tutto quello che lo stabilimento produceva. Lo stabilimento: lo
si chiamava così; non fabbrica, al massimo la Rutniancct, anche quando poi è
diventata SIR. Produceva acido solforico, cloro e soda, ammoniaca, DDT, altri
prodotti inorganici e organici che non
ricordo.
il I° maggio si andava a visitare la fabbrica. Mio padre lavorava alla manutenzione. Tutti i padri dei miei amici lavoravano nello stabilimento. Li ritrovavamo
dentro, con lo stabilimento tirato a lucido, che voleva dire senza tutta la polvere
che normalmente riempiva le strade,
dentro e fuori. Dentro si identificava
finalmente l'origine di certi rombi
profondi che fuori si sentivano attutiti: i
reattori per la sintesi dell'ammoniaca,
che facevano proprio il rumore degli
aeroplani.
Ogni volta si andava a vedere il laboratorio d'analisi dove, in una vasca, dei
pesci rossi segnalavano che l'acqua era
pulita. Che acqua pulita fosse non era
chiaro, ma quello allora per noi non era
un problema. Il problema erano i divieti
che le madri ponevano alla nostra libera
circolazione: lo stabilimento era infatti
l'acilmente penetrabile, almeno in alcune
sue parti. Ad esempio, si poteva risalire
un po' attraverso la Marmazza, i] torrente che passava sotto lo stabilimento. I più
grandi dicevano che si trovavano pozze
di mercu r io, uno dei prodotti più ambiti.
Non ho mai trovato niente, non so se perché non c'era niente, oppure per la paura
del buio che mi impediva di entrare a
sufficienza. Il mercurio - tantissimo - lo
vedevamo solo quando, durante le visite,
si andava a visitare l'impianto del clorosoda. C'era sempre l'operaio che faceva
vedere che tutti gli orologi si fermavano
per i campi magnetici. Ogni tanto qualcuno riusciva a ottenere qualche bottiglietta di mercurio per giocare con le
gocce.
Sul mercu r io - come su tante altre cose c'erano le storie, non so quanto vere e
quanto piccole leggende: si diceva che
gli operai portassero fuori il mercu r io di
nascosto, dentro i telai delle biciclette,
per andare ad estrarre l'oro in Valle
Anzasca. Anche mio padre, prima della
guerra, aveva lavorato alle miniere d ' oro
della Rumianca, in valle. Credo che l'estrazione fosse fatta con i cianuri.
Altre storie - vere negli effetti, non so
quanto nelle cause - erano le morti: si
diceva che qualcuno fosse morto (questo
era vero...) perché, non volendo (o non
potendo) andare in gabinetto, si era
accucciato in luoghi nascosti dove ristagnava del gas (C03, se non ricordo
male). Non ci crederete, ma se ne parlava tra ragazzi come di una punizione
eccessiva ad una cosa sconveniente, che
comunque non si doveva fare.
Cose vere erano le petunie piantate la
mattina e bruciate il giorno dopo: mia
madre i primi anni ci aveva provato ad
avere il balcone fiorito, poi ci aveva
rinunciato, cominciando ad odiare il
posto, lo stabilimento. Vere erano le
fughe verso Piedimulera perché usciva il
cloro, come si diceva. Poi tornavamo ed
i prati erano gialli, qualche gatto morto
(avevamo tantissimi gatti). Una volta
erano morti tutti i cuccioli bianchi di una
gatta: da allora mi è rimasta la convinzione di una intrinseca debolezza fisica
dei gatti bianchi.
C'era l'impianto dell'acido solforico, a
destra lungo la strada che andava alla
stazione. Nelle giornate umide bisognava passare in fretta, perché altrimenti
alle donne si bucavano le calze e a noi
quegli impermeabili lucidi che non si
usano più, con il cappellino. Però si trovavano le piriti e i pezzi di zolfo.
Un altro posto dove non si doveva andare erano le vasche di decantazione diet ro
lo stabilimento, verso il canale e il Toce.
Ci si andava con gli stivali a cercare non
si sa che cosa, in mezzo alla terra rossa.
Per quello che mi ricordo erano semplici
bacini di terra, tipo risaia, per intenderci.
Ora ho visto che ci passa sopra la superstrada; chissà se sotto è rimasto qualcosa.
Intorno allo stabilimento pascolavano le
mucche. Molti operai avevano mucche.
Poco dopo le villette, dopo il Circolo,
c'era il paese, con le case vecchie e
ancora qualche stalla. 11 latte si andava a
prendere in latteria, con il pentolino.
Chissà se è mai stato fatto un controllo
sulle cause di morte della popolazione, o
se il campione è troppo piccolo e non
significativo.
Poi siamo andati via; mia madre non ce
la faceva più; mio fratello e io ci divertivamo, invece, credo.
Non mi sono più interessato ai destini
dello stabilimento, che ha seguito la crisi
della SIR, fino a diventare Enichem.
Non mi sono mai spiegato perché, controllando fabbriche nel milanese, non ho
mai cercato di sapere qualche cosa di più
dello stabilimento della mia infanzia.
Una sorta di pudore e di rispetto, forse:
era il lavoro di mio padre, anche sc
ormai è in pensione da 20 anni.
Ho provato a chiedere a mio padre se si
ricorda qualche cosa dello stabilimento:
47
qualche discarica abusiva, degli incidenti. Purtroppo sta molto male, soprattutto
la memoria non c'è quasi più. Si ricorda
dei direttori sostituiti perché condannati
per aver fatto morire i pesci fino al lago
Maggiore, per evitare che una ricondanna creasse ulteriori problemi penali, ma
questo lo ricordo anche io. Ha una vaga
memoria di altri problemi con il DDT,
ma sono cose degli anni `60. Cercare di
farlo ricordare, però gli ha fatto bene: lo
stabilimento, insieme alla guerra, è gran
parte dei suoi ricordi. Suoi e della maggior parte della sua generazione. A lui è
andata bene - in fondo - perché è arrivato ad 82 anni.
In ospedale, dove è ricoverato, abbiamo
concordato che ci sarebbe da vedere
cosa ne è stato del mercurio, e forse
anche dell'arsenico delle piriti, oltre che
del DDT. Andare a vedere cosa c'è sotto
gli impianti. Non sappiamo che bonifiche sono state fatte in questi decenni:
forse tutte, forse nessuna. Forse si è tutto
diluito.
Non credo che mio padre abbia mai considerato realmente pericoloso lo stabilimento, anche se mi ricordo che si arrabbiava per manutenzioni fatte dopo il guasto e non prima. Era il suo lavoro.
Chissà se in giro per l'Italia ci sono
ancora stabilimenti come la Rumianca
della mia infanzia, o se sono stati tutti
esportati nel terzo mondo.
Dario e Erminio Tagini
IL PROBLEMA ACQUA
E' stato votata dalla Commissione
Ambiente della UE alla unanimi una
risoluzione sulla strategia globale che si
dovrà adottare in Europa in materia di
risorse idriche.
La qualità dei corsi d'acqua superficiali
ha registrato dei leggeri miglioramenti,
ma vi sono ancora gravi problemi di
monitoraggio degli scarichi in acqua così
come vi sono Europa e inondazioni in
quelli nordici. L'Italia presenta tutte e
due i problemi: perdite e alluvioni. I principi fondamentali della direttiva quadro
sulle acque che la Commissione dovrebbe presentare entro il 1996 saranno: .
• monitoraggio e fissazione di obiettivi
di qualità con programmi di gestione;
• trasparenza delle procedure di applicazione;
• alto livello di protezione ambientale;
48
V
O
NUOVE VISITE
DI IDONEITÀ
Man mano che procede l'incardinamento istituzionale dei servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro, aumenta la
massa di adempimenti forma]-burocratici che vengono richiesti ai suoi operatori. Dopo la vergognosa vicenda delle
visite ex-lege 122 per l'autorizzazione
all ' esercizio di direttori di autofficine e
gommisti, ecco profilarsi all ' orizzonte
l'ombra minacciosa di un numero imprecisato, ma comunque ingente, di "visite"
atte a certificare l'idoneità al lavoro di
pubblici dipendenti o a certificare il possesso di requisiti fisici e psichici necessari a svariate licenze sempre connesse
al lavoro. i due generi di problemi (certificati di idoneità per pubblici dipendenti
e certificati per il rilascio di licenze
varie) configurano certamente problemi
differenti. Il primo genere di atti viene di
norma richiesto dagli enti pubblici che,
pur se equiparati in tutto dalle nuove
normative 626194 e 242196 ai corrispettivi privati, godono tuttora di "strani" privilegi. Per esempio, quello di pretendere
che il proprio futuro dipendente paghi di
tasca propria una visita e tutti gli accertamenti integrativi (si parla di centinaia
di migliaia di lire) atti a garantire all'azienda che lo assume le sue condizioni
di idoneità alla mansione. Quindi, un
atto sanitario svolto nel solo - o prevalente - interesse del datore di lavoro
(visita di assunzione), viene fatto pagare
al dipendente stesso! Inoltre, il datore di
lavoro pubblico esige che tale accertamento venga svolto da un medico pubblico (in questo caso il medico del lavoro del servizio di prevenzione nei luoghi
di lavoro), che quindi funge da consulente del datore di lavoro stesso, pur
essendo invece il controllore. Un guazzabuglio inestricabile, innescato da
norme di legge peculiari del pubblico
impiego e risalenti ad epoche lontane nel
tempo, spesso retaggio di contratti di
lavoro che, fino ai primi anni `90, avevano forza di legge. Nel frattempo il
mondo è cambiato, i privilegi burocratici degli enti pubblici sono stati a chiacchiere aboliti, salvo constatare, more
solito nel nostro paese, che la nuova
legge, supposta innovativa (nel caso in
questione 626194 e segg.), si sovrappone, senza cancellare nulla, al vecchio
ordinamento, che resiste imperterrito a
fronteggiare "il nuovo che avanza".
Differente è il discorso circa gli accertamenti sanitari richiesti per il rilascio di
licenze e autorizzazioni in determinati
lavori. In questo caso esiste un interesse
sociale a garantire che certe mansioni,
operazioni, manipolazioni di sostanze,
vengano effettuate da chi è in grado di
non nuocere a se stesso e, soprattutto,
alla popolazione, sia perché capace di
fare l'operazione pericolosa prevista, sia
perché dotato di sufficiente equilibrio
psico-fisico per effettuarla nei momenti
e nei casi giusti. Qui il problema nasce
dai cosiddetti "protocolli" adottati per
accertarsi e quindi certificare tali requisiti. L'esempio eclatante venuto alla
nostra osservazione ha riguardato il rilascio di certificazione di permanenza dei
requisiti psico-fisici atti a consentire il
rinnovo dell'autorizzazione alla manipolazione di gas tossici, certificazione
richiesta ogni cinque anni, dietro emanazione di un apposito DM del Ministero
degli Interni (sic!). Il protocollo adottato
è dettato dalla norma del 1927 sull'uso
dei gas tossici (RD gennaio 1927 n.
147), che all'art. 27, comma 4° del capo
VII specifica che il medico certificatore
deve verificare che l'applicante:
• non sia affetto da malattie fisiche o
psichiche e non presenti deficienze
organiche di qualsiasi specie che gli
impediscano di eseguire con sicurezza
le operazioni relative all'impiego dei
gas tossici;
• non presenti segni di intossicazione
alcoolica o da sostanze stupefacenti;
• abbia integri il senso dell'olfatto e la
pervietà nasale;
• percepisca la voce afona ad almeno
otto metri di distanza da ciascun orecchio;
• possieda il visus complessivamente
non inferiore a 14110 (tavola di Snellen), purché da un occhio non inferiore a 5110.
Il testo del Mari (R. Mari, "Gas Tossici",
Pirola editore, Milano, 1990) aggiunge
poi, per soprammercato, che l'applicante
debba anche presentare:
• funzionalità epatica e renale nella
norma;
• non presenti disturbi di funzionalità
respiratoria e dell'apparato polmonare.
L'elenco di cui sopra lascia intravedere,
oltre che esilaranti anacronismi (l'esame
audiometrico tonale in cabina silente,
sostituito da un'improbabile percezione
della voce afona a otto metri di distanza...), una concezione del tutto superata
del concetto di idoneità. L'errore è quello di considerare separatamente l'esame
fisico e psichico del soggetto dal suo
ambiente di lavoro. La manipolazione di
gas tossici non deve essere limitata a
superuomini in grado di resistere ai
danni dovuti a tale operazione meglio di
altri, bensì, come noto dal razionale che
sta dietro agli accertamenti per minori e
apprendisti, deve essere effettuata in tali
condizioni di sicurezza da non causare
danni ad alcuno. In sostanza, di tutto l'elenco sovrastante, l'unico requisito da
normare per legge appare quello relativo
al primo punto, l'assenza cioè di malattie o condizioni particolari che impediscano la corretta e sicura effettuazione
dell'operazione interessata all'autorizzazione. Norme di buona pratica e il continuo avanzamento delle tecnologie diagnostiche potranno poi costituire il corredo di esami da effettuare a completamento di tale accertamento, senza però
vincolarsi rigidamente, pena la caduta in
ulteriori situazioni grottesche, come
quella riguardante l'acuità visiva (oltre
che quella già esaminata sull'acuità uditiva). In questo ultimo caso, il problema
nasce dal fatto che la visita di rilascio
iniziale del patentino prevede che il candidato sia in possesso di un'ottima vista
senza correzione di lenti. Ma si sa che
l'età, in questo caso, non perdona e provoca un inevitabile degrado di questo
organo. Come fare allora con tutti quei
lavoratori che, con l'andare dell'età, perdevano questo essenziale requisito di
idoneità? (Si pensi ai problemi per un
galvanico esperto di bagni al cianuro,
giunto nell'età della sua maggiore produttività, i quaranta-cinquanta anni). Ed
ecco sopperire il Ministero della Sanità
che, con una circolare del 2 agosto 1967
n. 133 (quaranta anni dopo la legge tuttora in vigore), conveniva che "come
noto, l'acutezza visiva si riduce in genere con il progredire dell'età e motivi di
carattere sociale o pratico legati all'utilizzazione di personale qualificato ed
esperto nel campo dell'impiego di gas
tossici consigliano l'adozione di tale
discriminazione sul requisito del visus",
cioè l'ammissione della misura del visus
corretto con lenti! Come dire: il buon
senso a volte (di rado) ha il sopravvento.
Ma l'elenco delle bestialità burocratiche
in questo campo è lungo. Chi di voi non
si è sentito fare almeno una volta la fatidica domanda: "Dottore, me lo fa in
bollo, per piacere...Sa, non si sa mai"?
I
D
F-
Mirko D. Grmek (a cura di)
STORIA DEL PENSIERO
MEDICO OCCIDENTALE
coordinamento di
Bernardino Fantini
2. Dal Rinascimento
all'inizio dell'Ottocento
Editori Laterza, Roma-Bari, 1996
pagine 613 - Lire 65.000
Come era stato promesso da Grmek,
curatore o meglio ispiratore, ci troviamo
di fronte al secondo atto di un'impresa
(il primo volume, stampato in Italia nel
1993, si occupa dell'Antichità e del
Medioevo, il terzo, preannunciato per il
1998, spazierà dall'età romantica sino
alla medicina moderna), la quale, a differenza o di più che nelle pur pregevoli
storie della medicina (o meglio dell'arte
sanitaria) del passato (In Italia si debbono ricordare quelle di De Renzi, di Castiglioni, di Pazzini), tende a isolare, a
focalizzare non tanto le scoperte e i
nomi, quanto le idee-guida della medicina in rapporto alla storia della cultura e
della civiltà generale del mondo occidentale. Il progetto prevedeva il superamento dei vincoli con i quali si sono
dibattuti gli storici con approccio positivista (come, tra gli altri, ha fatto Littré),
oppure, per altri versi, gli storici "sociali" (Shryock, ad esempio, ma di più altri
epigoni), "colpevoli" sino al punto di
scrivere "una storia della medicina senza
medicina". La scelta dei collaboratori
(specialisti delle diverse metodologie e
dei diversi periodi storici, come Bernabeo, Debus, Rudolph, Mazzolini, Rey,
Risse, Porter, Mollaret e lo stesso
Grmek) ha indubbiamente giocato un
ruolo decisivo per il raggiungimento
ria°t,
segue
49
degli obiettivi posti. Ciò che tuttavia sta
alla base della novità e dell'importanza
dell'opera sono l'individuazione delle
idee-guida, la loro completa illustrazione e quindi la sintesi architettonica che
ne risulta; quest'ultima non è quella di
un tessuto omogeneo o di un filo continuo, ma quella di un edificio complesso,
articolato. anche irregolare, ma stabile e
funzionale. Già i titoli di alcuni capitoli
rendono conto di una tale ipotesi di lettura: la macchina del corpo, la medicina
chimica nella prima età moderna, la
misurazione e l'esperimento, l'anima il
corpo e il vivente, la sintesi tra anatomia
e clinica ecc. Il volume di per sé non
appai-e, di primo acchito, di facile lettura; è possibile venire atti-atti da un capitolo prima o più che da un altro, ma a un
certo punto l'esigenza di approfondire la
portata delle rivoluzioni nel campo delle
scienze e delle tecniche della vita (e in
particolare di quella parallela alla rivoluzione galileiana) contagia anche il lettore, che non può fare a meno di andare
fino in fondo, anche se irregolarmente
rispetto al procedere degli avvenimenti
storici veri e propri. La traduzione dei
vari capitoli è fatta a più mani, ma sempre soddisfacente e piuttosto omogenea.
Ammirevole è il rigore e la completezza
con cui è redatta, alla fine del volume, la
bibliografia, sia quella delle "fonti"
(assolutamente originale in questa forma
nel panorama della letteratura di storia
della medicina italiana) che quella
riguardante gli "studi" (dove prevale la
letteratura di lingua inglese e quella di
lingua tedesca, poco conosciuta in Italia). Non si può non segnalare, infine, il
contributo di Giorgio Cosmacini, ospitato nel volume, "Il medico nella società:
il caso italiano (il medico dei poveri, il
medico dei lavoratori, il medico politico,
il medico sociale)": è un contributo che
brilla per acutezza, per scorrevolezza e
per ampiezza di prospettiva culturale. E'
il caso di ricordare che sempre Cosmacini ha appena pubblicato un gradevolissimo "Medici nella storia d'Italia" (Laterza, Roma-Bari. 1996, pagine 220, Lire
35.000): è un regalo in più di un autore
che ha un particolare dono di scrittura,
ma che ha anche come bagaglio inesauribile la famosa "Storia della medicina e
della sanità in Italia", pubblicata in tre
volume, sempre dagli Editori Laterza,
tra il 1988 e il 1994.
F. Carnevale
50
CGIL-CISL-UIL Lombardia (a cura )
MANUALE DEL
RAPPRESENTANTE DEI
LAVORATORI PER LA SICUREZZA
Periplo Edizioni, maggio 1996,
Lire 100.000
La struttura unitaria CGIL-CISL-UIL
della Lombardia, con il prezioso e indispensabile contributo tecnico scientifico
della SNOP, come di altri esperti, ha prodotto il "Manuale del Rappresentante dei
Lavoratori per la Sicurezza". Questo
manuale è strutturato nella forma di un
cofanetto e contiene, oltre ad un volume
generale, tredici monografie relative a
diversi comparti produttivi o di servizio.
Perché questo manuale? Quest'opera è
appunto la risposta ad un bisogno di chi,
come il Rappresentante dei Lavoratori
per la Sicurezza, deve conoscere la realtà
nella quale agisce, proprio perché si
trova quotidianamente sul campo di
fronte ai problemi.
L'impostazione che è stata data all'opera
è quindi rivolta a meglio soddisfare questo bisogno. Difatti non sono stati affrontati dei rischi, come per esempio la movimentazione dei carichi, che può investire
diversi comparti, ma si è invece esaminata la situazione specifica, ricomponendola sulla base della effettiva realtà del singolo settore o comparto, che è una miscela di rischi. Questa scelta di partire da
una situazione concreta è stata possibile
grazie al lavoro e all'esperienza di chi ha
per anni operato nella prevenzione, in
particolare tecnici e medici, ma anche
lavoratori e sindacalisti.
Questa particolarità contraddistingue
l'opera come unica nel panorama attuale, e quindi riteniamo sia di particolare
interesse e pregio. quantomeno per l'originalità del lavoro e per l'esperienza
compiuta.
In ogni comparto esaminato viene
descritta l'attività lavorativa, i rischi
connessi e le conseguenze sulla salute, le
bonifiche e gli interventi possibili, la
sorveglianza sanitaria e le norme di
legge e contrattuali relativa; inoltre sono
allegate schede informative su aspetti
particolari, come le vibrazioni "whole
body" nell'opuscolo dedicato ai trasporti, o la sindrome di "burn out" nella
monografia dedicata alla sanità.
Le tredici monografie riguardano: rifiuti
solidi urbani, terziario impiegatizio,
metalmeccanica, grafica, tessile, trasporti, industria alimentare, legno, commercio, sanità, operatori cimiteriali,
imprese di pulizia e vigilanza urbana.
Nel volume generale sono contenute
parti che riguardano tutti i settori e che
era utile accorpare insieme. Segnaliamo,
tra le altre, un compendio delle principali norme di prevenzione, una proposta di
linee guida per la valutazione dei rischi,
l'esame del ruolo dei RLS, una serie di
schede relative all'ambiente (inquinamento acqua, aria, suolo); vi è allegato
inoltre il testo del D. Lgs. 626194, modificato dal recente D. Lgs. 242196, con le
variazioni evidenziate in neretto.
Il cofanetto è rivolto a tutti coloro che si
occupano di prevenzione. La sua struttura in opuscoli tascabili, con un'esposizione semplice ma con contenuti alti, gli
permette di essere utilizzato sia da chi è
alle prime armi, come percorso di formazione, sia da chi è già esperto e può
trovarvi utili indicazioni o efficaci riferimenti. ln prospettiva, abbiamo previsto
di completare le monografie con altri
comparti, come la chimica, l'agricoltura
e la scuola.
Questo lavoro non vuole essere il tipico
manuale che prende per mano il lettore e
lo guida più o meno inconsapevolmente,
ma cerca di stimolare le capacità di comprensione e di decodifica della realtà, per
intervenirvi allo scopo di migliorarla. .
E' proprio con lo spirito di fornire strumenti immediatamente utilizzabili per la
migliore applicazione della normativa,
ma che indirizzino nella prospettiva ad
una vera e propria rivoluzione culturale
(che deve investire tutta la realtà lavorativa, affinché la prevenzione sia effettivamente un obiettivo comune di tutte le
parti coinvolte e che il percorso per raggiungerla sia quello della partecipazione, che è stato progettato il Manuale del
Rappresentante dei Lavoratori per la
Sicurezza.
La casa editrice è la Periplo di Lecco,
tel. 03411286943 - fax 03411286950.
Il prezzo dell'intero cofanetto è di £
100.000, ma possono essere richieste
anche singole monografie.
Domenico Marcucci
CGIL Lombardia
resp. Dipartimento
"Ambiente salute e sicurezza"
Atteso da lungo tempo, è finalmente
uscito il manuale del delegato alla sicurezza, realizzato a cura della CGILCISL-UIL lombarda con la decisiva collaborazione di SNOP lombarda. Difficile essere obiettivi nel valutare un simile
lavoro: troppi i motivi di coinvolgimento, di identificazione addirittura, di simpatia per il significato dello scritto e la
competenza ed esperienza degli scrittori.
Tuttavia, una volta tanto, la qualità del
prodotto supera ogni possibile polemica.
Si tratta di un'opera brillante, aggiornatissima, ben tagliata per il target di destinazione, sia nei contenuti (le descrizioni
dei fattori di rischio, possibili danni, precauzioni e bonifiche adottabili) che nel
contenitore (agili volumetti, ben illustrati, dotati di una grafica scorrevole e
accattivante). Per un lavoro del genere,
in particolare, il veicolo era della massima importanza, rivolgendosi tutto il
materiale a persone che sono sì sensibili
c sensibilizzate ai temi trattati, ma sono
pur sempre dei "laici" rispetto alla materia. Ed è giusto che così sia. Ma allora la
capacità di veicolare il "messaggio" era
di cruciale importanza per sperare nella
fruizione dei contenuti. Ed è ciò che è
stato fatto. Quanto ai contenuti: ad un
volumetto più tradizionale di presentazione e inquadramento concettuale e
legislativo del problema della sicurezza,
salubrità e della prevenzione dei rischi
per la salute, si affiancano ben 13 fascicoletti, formato dépliant, di diverso spessore, dedicati ad altrettanti settori di
lavoro. 1 settori trattati coprono la gran
parte della manodopera impiegata, con
un impegno particolare in quei campi
poco noti o poco studiati, per i quali
reperire altro materiale di eguale tipo
sarebbe stato impresa veramente ardua
(basti pensare, per esempio, ai volumetti
su "Operatori cimiteriali", "Imprese di
pulizia", "Trasporti", "Industria alimentare" ecc.). La costante presenza, all'interno di ogni fascicolo, di un capitolo
dedicato alle soluzioni e alla bonifiche
garantisce per il delegato che ne vorrà
fare uso una maggiore capacità di proposta e di interlocuzione verso le istanze
aziendali, semmai doviziose di analisi
dei rischi, ma spesso reticenti sui possibili rimedi da adottare. Forse, volendo
trovare il classico "pelo nell'uovo", un
maggiore spazio a questi aspetti, rispetto
ad alcune descrizioni un po' stereotipe eli
fattori di rischio e possibile danno,
avrebbe giovato. In fondo, il delegato
dovrà confrontarsi soprattutto sul piano
delle scale di priorità degli interventi di
miglioramento proposti dal management
aziendale, laddove lo "stato dell'arte" in
termini tecnici ed economici fungerà da
bussola di orientamento (la cosiddetta
fattibilità tecnica, ma anche economica).
Quindi, essere ben attrezzato a dimostrare possibili tecnicamente, e a discutere
dialetticamente come possibili economicamente, talune soluzioni, senza accettare a scatola chiusa l'opinione del datore
di lavoro, sarà elemento cruciale per il
delegato. I singoli fascicoli sono ovviamente acquistabili separatamente a prezzo veramente popolare e se ne auspica
quindi una larga e capillare diffusione.
Magari in un'edizione che consenta un
adattamento alle singole realtà regionali,
spesso difformi per terminologia, ma
anche per modalità di funzionamento
degli organi preposti al controllo e alla
vigilanza.
Alberto Baldasseroni
Marco Geddes
Elisabetta Chellini (a cura di)
OZONO
Conoscerlo per difendersi
Suppl. al n.314 del mensile
"Silenzio Stampa"
lavoro "en plein air", che potrebbero
prevedere in estate (a maggior densità di
eventi rischiosi) orari di lavoro inter r otti
nel periodo incriminato. Come dire: istituzionalizziamo la "pennichella".
Edizioni Cultura della Pace
Alberto Baldasseroni
Firenze, 1966, Lire 10.000
Marco Geddes ed Elisabetta Chellini
presentano in questo volumetto un bell'esempio di divulgazione scientifica ad
uso dei cittadini. L'argomento all'ordine
del giorno è l'ozono, noto inquinante
atmosferico, ma altresì elemento essenziale per la protezione del nostro pianeta. Il paradosso di un elemento come 03,
la cui carenza nella stratosfera determina
il temibile "buco dell'ozono" e il cui
eccesso nella troposfera crea invece
disturbi alla salute, viene trattato in
maniera chiara ed efficace dagli autori. I
dati del laboratorio dell'ARPAT sono
descritti dettagliatamente, ma anche in
modo da essere comprensibili. Insomma,
un lavoro ben fatto, come era da attendersi, data l'esperienza proprio in fatto
di divulgazione scientifica accumulata
dai due autori. L'unica perplessità che
scaturisce dalla lettura delle pagine del
libretto si ha quando a pagine 5 gli autori, citando a dire il vero un dépliant prodotto dal Comune di Firenze, sostengono che: "1 datori di lavoro, tramite i loro
servizi di Prevenzione e Protezione,
dovranno valutare il rischio ozono,
informando i Rappresentanti per la Sicurezza dei Lavoratori, e dovranno prendere idonee misure per ridurre l'esposizione durante i lavori all'aperto. I medici
competenti aziendali dovranno altresì
disporre l'allontanamento dal lavoro
all'aperto dei lavoratori con patologie
respiratorie suscettibili di aggravamento,
nelle fasce orarie sopra indicate [ore 1217] dei giorni in cui viene superata la
soglia di attenzione." La laconicità delle
espressioni usate non rende giustizia
della vastità delle conseguenze che verrebbero determinate da un'applicazione
rigida di un tale comandamento. Il novero delle categorie di lavoratori coinvolti
è vastissimo, dagli operatori ecologici
agli autisti di mezzi pubblici, dai vigili
urbani alle guide turistiche, senza contare che si porrebbe il problema di cosa
fare in quelle zone non coperte da controlli ambientali (aree urbane non comunali, aree dei comuni limitrofi ecc.), ma
verosimilmente a rischio simile. La
preoccupazione maggiore scaturisce
dalle zone di incertezza, dove si dovrebbe agire per analogia e non basandosi su
dati rilevati. L'innescarsi di conflitti
applicativi sembra inevitabile, soprattutto nel pubblico impiego. Piò saggio sembrerebbe proporre un graduale adeguamento delle forme organizzative del
EDUCAZIONE ALLA
SALUTE NELLE SCUOLE
PROFESSIONALI
SULLA PREVENZIONE
E LA SICUREZZA
NEGLI AMBIENTI DI LAVORO
Aussl 27 Cernusco slN Milano
L'attività di Educazione Sanitaria si é
sviluppata dal 1992 al 1996.
La motivazione che ha spinto gli operatori del Servizio ad intraprendere questa
iniziativa è stata quella che, in occasione
delle visite mediche per gli apprendisti e
i minori, sono state rilevate nei ragazzi
scarse conoscenze in merito ai rischi
correlati alle diverse attività lavorative
nella quali sarebbero stati, o anche nelle
quali erano già, impegnati. L'obiettivo
che ci si è proposti è stato quello di
informare e sensibilizzare i lavoratori di
domani in merito ai concetti fondamentali di igiene e sicurezza del lavoro. Con
i ragazzi sono stati trattati argomenti inerenti in modo specifico all'indirizzo scolastico seguito dai ragazzi, in occasione
degli incontri che sono stati tenuti da un
medico e da un tecnico della Uotssl. Si è
fatta la scelta di fornire agli studenti alcune informazioni e alcuni spunti di riflessione, nell'intento di sviluppare la curiosità e l'interesse a chiedere chiarimento
sulla salute nei luoghi di lavoro. Sono stati
anche prodotti dall'Azienda USSL alcuni
opuscoli, al fine di favorire un loro primo
approfondimento di quanto trattato.
Gli opuscoli trattano i seguenti argomenti:
• Antinfortunistica e sicurezza del lavoro
• Il cantiere edile
• La sicurezza nei cantieri edili
• Il laboratorio chimico
• La sicurezza nel laboratorio chimico
• Il posto di lavoro al videoterminale
• I pericoli della corrente elettrica
• La corrente elettrica
• Il laboratorio meccanico
• La manutenzione degli autoveicoli
• 11 circuito stampato.
Gli opuscoli possono essere richiesti agli
operatori della UOTSLL-AUSSL 27:
Giuseppe Leocata e/o Raffaella Albani,
Tel. 0219511557-9511525-95131069514820 o fax 0219516291.
Giuseppe Leocata
51
WWW.SNOP
SNOP VIRTUALE
Ci siamo! Nasce SNOP virtuale. Cosa
vuoi dire? Che in pratica, d'ora in poi,
esisteranno più canali d'informazione
per soci, simpatizzanti, semplici curiosi
delle nostre cose per poter "parlarsi". Il
glorioso Bollettino cartaceo, superata la
boa del decennio di vita, proseguirà la
sua navigazione nel mare dell'informazione tradizionale, ma ad esso si affiancheranno a poco a poco altri "media"
(mai come in questo caso definizione
adeguata). In particolare, si sta già realizzando la pagina ipertestuale (html) su
INTERNET, grazie alla quale sarà possibile rendere accessibile una grande
quantità di informazioni su SNOP a
chiunque nel mondo. Dovrà nascere al
fianco della più tradizionale e popolare
"mailing list" SNOP, da tutti apprezzata
per la sua completezza e capillarità,
anche una nuova "E-mailing list" capace
di raggiungere con posta elettronica i
quattro capi del mondo (basterebbe l'Italia per ora) nel giro di alcuni istanti e a
costi praticamente zero. Ma si annunciano anche aperture di Forum di discussione elettronica sui temi che più ci stanno
a cuore (vedi Rete Civica Milanese) e
forse chat-lines prevenzionali. L'entusiasmo per lo scenario che ci si prospetta è
molto, il lavoro da fare altrettanto, ma
come al solito molto dipenderà dalla
volontà dei singoli soci di aprirsi al
nuovo, di mettersi in rete, di diventare
una volta di più dei veri "knowledge
workers". A proposito, si sta organizzando una presentazione dell'intero progetto per la prima giornata della Convention
autunnale. E' nostra intenzione organizzare poi un vero e proprio seminario
introduttivo alle nuove tecniche di telecomunicazione ad uso e consumo di
utenti dei servizi di prevenzione.
NIGHTMARE
"L'accensione del brow.ser- non aveva
riservato sorprese stavolta. La hornepage del host-server scendeva regolare e
veloce a coprire la window del mio
screen. Anche la velocità raggiunta era
buona: navigavo sui 21000 bauds/s,
buona data l'ora. La dura giornata di
lavoro mi aveva spossato al punto che
non avevo voglia di impegnarmi in
52
alcunché di preciso. A questo punto si
trattava di scegliere un buon motore di
ricerca, possibilmente rapido, efficiente,
magari un tantino sciovinista, almeno a
livello europeo. Le precedenti esperienze
con strumenti come Yellovv Page o
Yahoo! erano state eccitanti, ma avevano messo in evidenza l'orientamento
eccessivamente nordamericano di questi motori. Tuttavia, avevo ormai realizzato che il gap tecnologico faceva sì che
il collegamento con server statunitensi
consentisse una navigazione infinitamente più veloce che con quelli italiani.
Non deve stupire quindi scoprire che una
delle migliori finestre sui siti del nostro
paese la si trovi nel nodo dell ' Università
dello Utah, stato americano noto finora
per la stravagante abitudine poligamica
dei suoi abitanti maschi."
Potrebbe cominciare così un racconto su
INTERNET di un normale " navigatore "
notturno (Telecom-costretto). In effetti,
le tecniche ludiche devono essere alla
base dell'apprendimento di questi strumenti, nei confronti dei quali anche
utenti mediamente competenti in questioni di informatica mostrano i loro
limiti. E' inutile negarlo: siamo come
bambini di tre-quattro anni d ' età alle
prese con lo scatolone dei giochi variopinti. Davanti ai nostri occhi si dispongono fantastici scenari, molti dei quali di
grande fascino visuale. Talvolta si riesce
a cogliere i primi passi nella trasmissione di suoni e voci, altre volte ci si imbatte in più o meno rudimentali animazioni
d'immagini. E' un magma ribollente che
scorre sotto i nostri sensi, e la sensazione che coglie l'incerto navigatore ai
primi passi è quella della vertigine e
della meraviglia. Tutto è a portata di
mano. Nessun luogo del mondo è irraggiungibile. Lo scibile umano, attualmente giacente per gran parte nelle biblioteche americane, è facilmente accessibile
per una sua elencazione. I mitici documenti delle agenzie governative americane, inglesi, francesi ecc. sono lì, tranquilli nei loro siti, disponibili per numerosi download, sempre consultabili e
aggiornatissimi sulle ultime novità.
Insomma, il problema cambia natura: da
quello di "avere accesso" ai santuari dell'informazione per la prevenzione a
quello di "scegliere l'accesso" migliore,
più adeguato alle proprie esigenze. più
aggiornato, più generoso nel concedere
gratuitamente parte del proprio knowhow. E' quindi un ruolo di "cacciatori
della rete" quello che più necessita. E'
prezioso l'amico che ti suggerisce il sito
da visitare, che magari ha già esplorato
lui, segnalandoti pregi e difetti di quello
che lì è presente.
La rubrica che si apre oggi sulla rivistavuole essere un "help on-line" del navigatore solitario, un faro cui riferirsi per
evitare le secche di un inutile e frustrante aggirarsi tra i milioni di pagine web a
disposizione. La rubrica è aperta ai contributi di tutti i colleghi che abbiano da
segnalare siti utili, esplorati più o meno
a fondo, pertinenti con la nostra materia,
che generalmente andrà sotto il titolo di
prevenzione dei rischi e dei danni per la
salute sia negli ambienti di vita che di
lavoro. Segnaleremo anche il "sito del
mese" ed eleggeremo il "sito dell'anno".
E adesso al lavoro, la caccia è aperta.
SITO DEL MESE
http:Ilturva.me.tut.fi/cis/home.html
ILO-ICIS International Occupational
Safety and Health Information Centre
Segnalato sull'ultimo numero della rivista dell ' ISPELS (cfr. Fogli d ' Informazione ISPELS n. 2/95, p. 157), questo
sito INTERNET rappresenta senz'altro
un'ottima piattaforma di lancio nello
spazio dell'informazione sui problemi
della sicurezza e dell'igiene del lavoro.
La home-page si presenta gradevole da
un punto di vista grafico, facile da caricare, ben ordinata nei suoi link ipertestuali, che sono molti e attraenti. Ne
abbiamo visitati alcuni per saggiare ciò
che si può ottenere, senza pensare neppure per un momento di riuscire ad
esplorare l'intero sito. Tra i link più interessanti segnaliamo quelli a "International Directory of Occupational Safety
and Health Institutions", "ILO-CIS Chemica] Database", "CIS Bulletin Board".
Il link a "ILO WWW Server" rappresenta un'ottima porta d'entrata nell'oceano
INTERNET dell ' informazione dedicata
a questi temi. L'uso in alternativa dei
consueti motori di ricerca a soggetto o a
parola-chiave è certamente meno specifico e più dispendioso in termini di
tempo e di scatti del telefono. Attraverso
questa porta si riesce ad entrare anche
nella rete delle organizzazioni non
governative di difesa della salute.
Caratteristica singolare del sito è quella
di essere costruito e gestito in Finlandia
dal dr. Takala dell'Università di Tampere.
L'aggiornamento delle pagine risultava
tempestivo (le più "vecchie" risalivano a
febbraio di quest'anno); la velocità di
accesso, in condizioni hardware non ottimali, buona, a livello degli accessi alle
pagine dei server americani.
Alberto Baldasseroni
DIRETTIVO SNOP OTTOBRE `96
tLOMBARDIA
Laura Bodini
(presidente SNOP e
direttore della rivista)
UOTSLL - ASL n. 3 I
via Oslavia, I
20099 Sesto S.Giovanni (MI)
Tel. 0212625763 I
Fax 02126223083
Dario Tagini
(segretario regionale)
Tel. 021980585 I7
Enrico Cigada
(tesoreria)
Servizio n. I - ASL n. 3 I
via Oslavia, I
20099 Sesto S. Giovanni (MI)
Tel. 02126257625
Fax 02126223083
EMILIA ROMAGNA
Graziano Frigeri
(ufficio di presidenza)
Distretto Parma città
viale Barsetti, 8
43100 PARMA
Tel. 05211259846
Fax 05211259896
Franco Pugliese
(segretario regionale)
Azienda USL Piacenza
corso Colombo, 26
29010 S. Polo Podenzano (PC)
Tel. 05231302022
Fax 05231302006
VENETO
Flavio Coato
(vicepresidente SNOP)
Emilio Cipriani
(segretario regionale)
SPISAL-USL n. 22
via Foro Boario, 28
37012 Bussolengo (VR)
Tel. 04516769427
Fax 04516700347
Marcello Potì
SPISAL-USSL n. 20
via P. Cosma, I
35012 Carnposanpiero
Tel. 049/93241 I I
Fax 04919324343
PIEMONTE
VALLE D'AOSTA
Silvano Bosia
(segretario regionale)
USL n. 19
via Baracca, 6
14100 ASTI
Tel. 0 1411392871
Fax 01411392894
USL n. I
via Lombroso, 16
10125 TORINO
Tel. 01 1/6698822
Fax 01
011/6690150
TOSCANA
Alberto Baldasseroni
(segretario regionale
vicedirettore rivista)
l- SPISLL - USSL n.10
viale Guidoni, 1781A
50125 FIRENZE
Tel. 05514224407
Fax 05514224405
CAMPANIA
Milena Pelosi
(segretario regionale)
Azienda USL NA2
via Salvo d'Acquisto, 7
80100 NAPOLI
Tel. 08118552660
Fax 08 1 1876 1 098
MARCHE
Giuliano Tagliavento
LIGURIA
Stefania Silvano
(segretario regionale)
USL n. 19
corso Sardegna
19100 LA SPEZIA
Tel. 0 1 8715 3 3 74 1
Fax 0 1 8 715 3 3472
Az. USL n. 7
via 25 Aprile, 61
60022 Castelfidardo (AN)
Tel. 07 117 1 30407
Fax 07117130405
Claudio Calabresi
(ufficio di presidenza)
UOPSAL n. I
corso Gastaldi, 7
16138 GENOVA
Tel. 0 1 015 3 6 1 647
Fax 01013620638
UMBRIA
Armando Mattioli
(segretario regionale)
via del Campanile, 121A
06034 Foligno (PG)
Te!. 07421339580-339502
Fax 07421340501
FRIULI
VENEZIA GIULIA
Umberto Laureni
(segretario regionale)
ASL I
piazzale Canestrini, 2
33 127 TRIESTE
Tel. 04013997402
Fax 04013997403
SARDEGNA
Antonio Onnis
(segretario regionale
e ufficio di presidenza)
USL n.15
via Tirso, 71
09037 S. Gavino (CA)
Tel. 07019375204
Fax 07019375205
LAZIO
Fabrizio Magrelli
(segretario regionale)
USL RM13
via E Meda, 35
00157 ROMA
Te]. 0614160 1207
Fax 0614 1 60 1 2 20
CALABRIA
Bernardo Cirillo
(segretario regionale)
UOML
via Discesa Poerio, 3
88100 CATANZARO
Tel. 09611747554
Fax 09611747556
(segreario regionale)
PUGLIA
Roberto Giua
(segretario regionale)
Dipartimento di Prevenzione
Ospedale Testa
74100 TARANTO
Tel. 09914786232
Fax 09914786296
Fulvio Longo
(vicepresidente SNOP)
USL BA114
via Lecce, 5
70010 Casamassima (BA)
Tel. 080/674832
Fax 0801676 1 1 7
SICILIA
Paolo Ravalli
(segretario regionale)
Servizio MdLAUSL n. 7
Zona Industriale I°
97100 FASE DI RAGUSA
Tel. 09321667002
Fax 09321667807
ALTRI RIFERIMENTI
Stefan Faes
Laboratorio Medico
Provinciale
via Amba Alagi, 5
39100 BOLZANO
Tel. 04711286530
Fax 04711272631
Annamaria di Giammarco
USL n. 12
via della Stazione, I
65026 Scafa (PE)
Tel. 0851854 I276
Fax 08518 54 3 1 2 3
Sergio Scorpio
USL n. 0I
via Conca Casale, 15
86079 Venafro (IS)
Tel. 08651900952
Fax 08651903335
Ermanno Lisanti
PMIPASL 4
via Montescaglioso
75100 MATERA
Tel. 08351243594
Fax 08351243653
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Ottobre 1996