Rivista trimestrale della società nazionale degli operatori della prevenzione SOMMARIO NUMERO 38139 OTTOBRE 1996 EDITORIALE Grandi speranze di Laura Bodini CORSIVO Digitiamo con moderazione di Giallolimone 2 LETTERE 3 CONTRIBUTI L'arpa e il dipartimento di prevenzione di Eugenio Ariano Chernobyl di Laura Bodini e Francesco Tancredi Primi esami per i dipartimenti di prevenzione di Gian Luca Giovanardi 7 MATERIALI DI LAVORO 20 La valutazione dei rischi é iniziata di Gianni Saretto, Nicoletta Cornaggia e Roberto Zanelli Aree dismesse: Napoli di Paolino Trinchese e Gerardo Barbera INIZIATIVE SNOP Direttiva cantieri di Flavio Coato La prevenzione in Campania di Paolino Trinchese 30 EUROPEAN OUTLOOK 38 LE NOTIZIE Complessità e rischi lavorativi di Silvana Salerno Treni e Biciclette 40 DOC Nuove visite di idoneità In copertina Trittico del fieno di Hieronymus Bosch, delle Prado Particolare Madrid, Costruzioni infernali, 1500 circa Newsnop La direttiva cantieri é stata recepita. come certamente saprete e come é convenientemente raccontato all'interno, e così noi abbiamo deciso di dedicare la copertina ai muratori finalmente tutelati. Voi, da parte vostra, non dimenticate di dedicare un poco del vostro prezioso tempo a qualche sana passeggiata visitando quei cantieri da adesso muniti di specifica direttiva. Se poi trovate dei signori che lavorano come quelli raffigurati ricordate loro che anche il sollevamento dei carichi e i dispositivi di protezione sono ben normati. Ma cosa volete, i muratori della copertina lavoravano nel 1500, anno nel quale potere era assai diverso da quello che possiamo sventarci di avere noi. Internet Snop su Internet é ospite di Ambiente e Lavoro: http:lwww.amblav.it 48 TUTTI IN POLTRONA 49 WWWSNOP 52 In copertina il Trittico del fieno di Hieronymus Bosch, Madrid, Prado Autoriz.Trib. di Milano n. 416 de! 2517186 Direttore respons.: Giancarlo D'Adda Direttore: Laura Bodini Vicedirettore:Alberto Baldasseroni Prog. grafico e disegni: R. Maremmani Redazione: Milano, via Melierio 2 tel.: 02186929I 3 Sportello informazioni Snop presso l'istituto Ambiente Europa via P.Finzi, 15 - 20126 Milano Tel 02127002662 Fax 02127002564 sped. in abb. postale (50%) Milano stampa: Mordi Arti Grafiche Via Mattoni, 3 OSNAGO LC Proprietà - Editore: Snop - Società Nazionale Operatori della Prevenzione Via Prospero Finzi, 15 20126 Milano Abbonamenti Lire 20.000 per quattro numeri Lire 30.000 per otto numeri Tramite versamento postale clc n. 36886208 SOCIETA' NAZIONALE OPERATORI DELLA PREVENZIONE VIA PROSPERO FINZI, 15 20126 MILANO Indicando la causale del versamento e l'indirizzo a cui spedire la rivista. Prezzo di un numero Lire 5.000 Dallo statuto SNOP Att. I - E' costituita l'associazione denominata "Societ 'az ionate Operatori della Prevenzione" , in sigla SNOl rrr finalità scientifiche e culturali e con l'obiettivo di - promuovere conoscenze ed attività che sviluppino t prevenzione e la tutela del benessere psicofisico lavoratori e della popolazione in relazione ai rischi derb santi dall'attività produttiva; - sostenere l'impegno politico e culturale per In srilupi di un sistema integrato di servizi pubblici di prevenzio gli ambienti di vitae di lavoro. finalizzato alla ritti ne dei rischi derivanti dalle attività produttive; - favorire lo scambio di esperienze e informazioni fra operatori ed il confronto sulla metodologia ed i coni mai dell'attività per raggiungere l'omogeneità de 'modalità di interv ento e della qualità di lavoro a licei atonale: promuovere un ampio confronto con le istituzioni, orze sociali e le altre Associazioni scientifiche su que temi; diffondere l'informazione e la cultura della prePenzione_ A Ci PER I SOCI SNOP Le quote sociali per il 1996 sono socio ordinario 60.000 (sessantamila) socio sostenitore 100.000 (centomila) SU QUESTO NUMERO Cronache dal nuovo palazzo ma anche proposte. Esperienze sul Dipartimento di Prevenzione possibile e non solo nella Padania. Ventennale di Seveso, decennale di Chernobyl: solo celebrazioni? Appuntamenti SNOP di autunno su grandi comparti: edilizia, ospedali e agricoltura: veri banchi di prova dell'applicazione del 626. Pagare più puntualmente il pedaggio se vorrete avere sempre questa bella rivista o, per i più fortunati, essere associati a SNOP. SUL PROSSIMO NUMERO Conclusioni della Convention SNOP Infortuni e 626: una occasione di verifica del nuovo sistema prevenzione a cura della sezione Veneto 11 sistema veterinario nel Dipartimento di Prevenzione a cura di Aldo Grasselli, segretario della SIVEM Banca dati soluzioni: ora o mai più Aree dismesse: nuove riflessioni di lavoro a cura dei servizi milanesi W GRANDI SPERANZE di Laura Bodini Traggo il titolo di questo breve editoriale più che dalla realtà dell'oggi, dal grande romanzo visionario di Charles Dickens che, come sanno gli amici più fidati, rimane il mio vero punto di riferimento, immaginando il suo protagonista Pip alle prese non con i suoi soliti luoghi: la palude, la nave dei galeotti, la prigione, l'antro della strega, la tana dell'orco, il fiume immerso nella nebbia, il castello fatato, ma con i servizi della Pubblica Amministrazione e noi operatori della prevenzione di cui SNOP continua ad essere un riferimento importante. Avverto i tanti suscettibili che stavo ovviamente scherzando...ma certamente rispetto al numero scorso vi sono delle novità. Ha vinto il centro-sinistra, molti interlocutori dei tempi passati occupano oggi posti di rilievo nel Palazzo e sin dai primi giorni del loro mandato ci siamo fatti sentire. Il Ministero della Sanità, forse anche dopo la nostra lettera al ministro Rosy Bindi ha finalmente un sottosegretario alla prevenzione: Bruno Viserta. Il Presidente della Commissione Sanità del Senato, Francesco Carella è un medico del lavoro e (quindi) un vecchio socio della SNOP Puglie. E' sottosegretario al Lavoro Antonio Pizzinato, che ci segue dalla nascita: dal `68 per i primi incontri sulla nocività nella Facoltà di Medicina di Milano occupata, al fondamentale Libro Bianco della Breda Fucine. dalla fondazione dei primi servizi territoriali di medicina del lavoro degli anni `70, fortemente voluta dal Sindacato e via via sino all'intervento al Convegno SNOP di Parma nella nostra" svolta dell'89" quando era ancora Segretario nazionale della CGIL; per non parlare del collaudatissimo Senatore Carlo Smuraglia, Presidente della Commissione Lavoro al Senato, del vice Ministro ai Lavori Pubblici, Gianni Mattioli, che con Edo Ronchi, Ministro dell'Ambiente ci sostennero anche in contrasto con gran parte del mondo verde, contro il referendum del `93 sulle competenze ambientali. Bassanini, oggi Ministro innovatore per la Pubblica Amministrazione, fu tra i primi firmatari dei Patti con Ambiente e Lavoro. Con Vera Squarcialupi ( oggi al Senato ma per molti anni al Parlamento Europeo) la sottoscritta, ne] lontano 1976, lavorava agli emendamenti delle primissime direttive CEE su salute e sicurezza e via elencando... Insomma che sia la volta buona per affermare finalmente le nostre proposte e che la prevenzione sia sì la Cenerentola, ma finalmente con il suo bel Principe? Intanto abbiamo fatto sapere i punti irrinunciabili: • regionalizzazione del sistema prevenzione con forte coordinamento tra sanità e ambiente; • budget autonomo del 6% del Fondo Sanitario Regionale per i Dipartimenti di prevenzione (5% e 1% a ARPA) che vi devono essere ovunque e con risorse umane, tecnologiche e formative adeguate; • maggiore ruolo del Coordinamento delle Regioni come interlocutore e maggiore trasparenza e partecipazione nelle regioni su come vengono destinati i fondi della prevenzione; • chiarezza assoluta di competenze tra servizi e Ispettorati del lavoro in sede di applicazione delle direttive UE; • recepimento pronto e non complicato da inutili burocratismi delle direttive europee in tutti i campi della prevenzione; • semplificazione delle norme sanzionatorie e maggiore coerenza tra reati e pene previste; • valorizzazione delle figure tecniche dal punto di vista del ruolo e dell'autonomia; • fare diventare la prevenzione più cultura e meno leguleia. Su questo ultimo punto, che riprende i nostri vecchi temi di Pisa, stiamo proponendo ad un ragazzo sensibile alla comunicazione (Walter Veltroni) ma anche al Sindacato e alla parte più sensibile delle imprese: una campagna vera sulla prevenzione che faccia diventare "comportamento non insolito" la sicurezza. Abbiamo valutato molto positivamente alcune proposte di regionalizzazione di alcuni pezzi dei Ministeri come l'Ispettorato del lavoro, di semplificazione delle procedure, di ripresa insomma di quella Pubblica amministrazione se non amica almeno non nemica In questo numero vi è l'annuncio della Convention SNOP di autunno, un momento importante di discussione, in modo da non delegare alle solite vecchie cariatidi, alle quali anche la sottoscritta appartiene, il nostro e vostro futuro. La prevenzione si sta affermando come 2 valore positivo nella applicazione delle direttive europee in tutti i campi dalla tutela dell'ambiente a quella degli alimenti alla salute nel lavoro. Dobbiamo essere in grado di rafforzare il nostro ruolo di "Casa Comune della Prevenzione" dove ci sia rigore e coerenza di programmi di controllo, ma anche capacità di comunicare in modo moderno e partecipare alla formazione dei vari soggetti. Personalmente in questi primi mesi di mandato da Presidente SNOP ho cercato di mantenere piuttosto alto il livello di comunicazione tra le sezioni regionali, con una attenzione maggiore a quelle meridionali, perché credo profondamente che un segnale positivo possa e debba venire dall'altra faccia della luna. Ed i disagi di molti operatori delle regioni (ex?) ricche, che anche su questo numero di SNOP troverete descritti, sono un esempio che non è possibile dare per scontato nulla. DIGITIAMO CON MODERAZIONE seguire alcune semplici regolette di composizione. Eccole: • scrivere pensando che qualcuno dovrà leggere, e dunque cercare di non essere troppo noiosi e non dilungarsi in inutili ripetizioni; • usare possibilmente un solo corpo e un solo carattere, limitando al massimo le evidenziazioni; • limitare le tabelle, ma soprattutto concepirle come oggetti utili alla comprensione del testo, evitando complicati grafici multicolori, stante il , fatto che snop esce a due colori e che le larghezze e le altezze ammissibili sono predeterminate; • dare ai vostri pezzi titoli semplici e chiari; • non introdurre gli "a capo " a ogni riga e usare invece quelli automatici del programma; • non fare doppi spazi, e tantomeno farne di tripli; • non mettere spazi prima dei due punti, del punto e virgola, del punto e così via e usarli invece con regolarità dopo; • limitare le tabulazioni e le altre diavolerie chiamate rientri, spazio prima, spazio dopo, interlinee buffe, sfondi, bordi e via dicendo, che spesso complicano il passaggio di formato; • ricorrere con moderazione all'uso delle sigle, che fanno diventare anche il testo più semplice uno scritto per iniziati; • salvare il tutto in Word per Windows, se potete. Naturalmente nonostante i Vostri sforzi e la Vostra abilità noi riusciremo sempre a riportare i Vostri testi a un'uniformità banale ma dignitosa, anche perché quando dovessimo valutare che per riformattare le Vostre 10 o 10.000 righe ci occorresse più tempo che a digitarle ex-novo, possiamo sempre cliccare l ' icona del file, e trascinarla nel cestino. Voi non ve ne accorgerete, o almeno lo spero, ma con questo numero qualcosa é cambiato nel modo di fare la rivista. Quello che fino a ieri gli autori scrivevano, giungeva alla redazione prevalentemente sotto forma di fax, ma non mancavano i dattiloscritti inviati per posta o per corriere. Successivamente alcuni abili dattilografi riversavano ogni pezzo in un computer, sotto forma di lindi file. Per semplificare il procedimento abbiamo chiesto agli autori di mandarci dei dischetti, se non addirittura di trasmetterci per via telematica le opere del loro fervido ingegno: un passo necessario e doveroso, che semplificherà nel tempo le fatiche necessarie a , far uscire la rivista. Nel tempo, appunto, e speriamo nel breve tempo. Per . far sì che il tempo sia il più breve possibile, siamo qui a pregarvi di Per la prevenzione quindi Casa desolata o Grandi speranze, sempre per citare ancora due famosi romanzi dell'amato Dickens?. A tutti noi l'ardua sentenza. Giallolimone i NOTA DELLA REDAZIONE Il documento degli operatori di Firenze, le lettere di Riccardo Tartaglia e della collega Spartera (ri)aprono un fronte di discussione importante. Come ci si confronta con le novità insorte in questi ultimi anni, da un punto di vista dell ' organizzazione e dei contenuti del lavoro dei servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro? ' L esperienza toscana, per molti aspetti ricca di luci, ma anche di ombre, è un buon banco di prova degli scenari futuri: può la frammentazione settoriale e monoprofessionale essere recuperata da finzioni di coordinamento che si moltiplicano? SNOP, che si è sempre innegabilmente battuta per la rottura degli steccati tra le professioni, auspicando che non esistessero discriminazioni nell'assunzione di posizioni di responsabilità in servizi per la loro stessa natura multidisciplinari, deve riprendere con iniziative e dibattiti serrati, anche in vista della Convention, questi temi. Certamente, quello che è accaduto in Toscana, e bene descritto dai colleghi di Firenze, è anni luce distante. Si assiste alla letterale scomparsa dei servizi, sostituiti da unità operative di medici, di tecnici, di vigilanti, di infermieri, di amministrativi... Il tutto senza più responsabilità univoche. ' Nel frattempo sono sorti all interno delle Aziende sanitarie nuovi servizi interni eli medicina del lavoro (composti da personale dei servizi di prevenzione), destinati soprattutto a fornire prestazioni a pagamento a esterni. Lungi dal seguire un percorso organiz- zativo coerente che premi fortemente chi rimane legato al mandato preventivo sul territorio, tutto ciò sembra preludere a una liquidazione dell'esperienza precedente, senza che, come al solito, ci si preoccupi affatto di misurare l'efficacia di quanto viene lasciato, in nome di ideali molto in voga di "ripiano del deficit" (nostro?), tagli e razionalizzazioni a senso unico. Per tali ragioni il nostro primo incontro con il Senatore Bruno Vìserta, primo sottosegretario alla prevenzione del Governo dell ' Ulivo, si è incentrato proprio su questi temi. Ma l'altro aspetto fortemente etico contenuto nella lettera dei colleghi toscani ci ha fatto riflettere sull'importanza di mantenere fermo l'orizzonte del nostro mandato: contribuire a migliorare le condizioni di lavoro con indagini non casuali, sportelli informativi, corsi sequestri, manifesti o quant ' altro. Dopo tredici anni di lavoro nel Servizio di Igiene e Sicurezza del Lavoro di Taranto, più che amministratori, politici, mancanza di fondi, scarsissime disponibilità e difficoltà varie (che tutti conoscete), poté la SNOP. Mi ritiro nel Settore Chimico del PMP, poi ARPA, avendo constatato che la SNOP ha accettato la spartizione: chimici (cioè la sottoscritta) nell'ARPA, e medici (cioè la maggioranza della SNOP, incluso il vicepresidente pugliese) nel Dipartimento. A dire la verità, continua a sembrarmi difficilmente sostenibile e in lieve disaccordo con alcuni nostri trascorsi politico-ideologici la soluzione della separazione della prevenzione in parte medica, parte chimica, parte ingegneristica e così via (che so, biologica, ispettiva e chi più ne più ne metta). Continuano a sembrarmi inestricabilmente collegate medicina del lavoro, igiene industriale, tossicologia industriale, sicurezza impiantistica ecc. ecc., e ancora necessaria nella prevenzione quella che, un tempo, veniva detta interdisciplinarietà. Ma queste, a dirle ora, sembrano affermazioni scontate e ir r ealizzabili: sembra tramontata la speranza di mantenere nei Servizi le figure non-mediche (ma che brutta parola, visto che, come donna, ho tanto lottato per non essere considerata non-uomo). In Puglia si afferma (nel regolamento regionale del Dipartimento, elaborato con la partecipazione del Dott. Fulvio Longo) che il responsabile dei Servizi di Prevenzione degli Ambienti di Lavoro può essere solo un Medico del Lavoro, e che (cito) per me, forse, è meglio andare nell'ARPA. Bene: tanti saluti. Ma non diciamo che tutto questo è giustificato da una pretesa "centralità" della figura medica nella prevenzione. Almeno non ci prendiamo in giro: gli Snoppini, diventati grandi, pensano un po' più alla carriera e un po' meno al loro passato. Tanti saluti; mi iscrivo all'Associazione dei Chimici Igienisti, con un caro ricordo degli amici che rimangono. Se può essere di interesse. Maria Spartera 3 RISPOSTA DI FULVIO LONGO ALLA LETTERA DI MARIA SPARTERA RIFLESSIONI SULLE CARENZE NELLE ATTIVITÀ DI UNA USL DI FIRENZE Leggo con una certa sorpresa e rammarico la lettera di Maria Spartera. E' sicuramente un indicatore dello stato di sofferenza che tutti (dico tutti) gli operatori della prevenzione stanno attraversando tra riordino del Servizio Sanitario regionale, istituenda Agenzia, aziendalizzazione delle USL, recepimento delle direttive europee in tutti i campi, contratti. Tuttavia, ricorrendovi riferimenti anche personali è opportuno precisare che: 1) L'associazione svolge un ruolo di promozione culturale e scientifica e non può e non deve sostituirsi o confondersi con compiti di tutela sindacale; 2 spesso accade che la collaborazione (del tutto gratuita) offerta al settore della regione che si occupa di prevenzione nei luoghi di lavoro viene scambiata con l'ingresso nella fatidica stanza dei bottoni, ove tutto è possibile, basta chiedere; é strano che si debbano ricordare queste cose a chi conosce benissimo la situazione pugliese; 3) sono ampiamente note le nostre iniziative e proposte per la salvaguardia della unitarietà degli interventi prevenzionali e la tutela dell'autonomia professionale dei diversi soggetti agiscono in prevenzione. Non abbiamo voluto noi il referendum del '93, come non vogliamo automatismi per cui tutto il personale dei PMP passi ali' ARPA (vedi a proposito l'articolo di Giovanardi sul Dipartimento di Parma su questo numero , ndr); 4) da circa tre anni la nostra sezione regionale é guidata da un bravissimo collega (chimico!), sempre partecipe e informato di ogni iniziativa di collaborazione presso l'assessorato compresa la elaborazione del regolamento del Dipartimento; 5) i medici del lavoro non costituiscono affatto la maggioranza degli iscritti alla sezione regionale Puglia. I sottoscritti firmatari sono operatori della prevenzione nei luoghi di lavoro della USL l0, zona Nord-Ovest. In quest ' area sussiste la più alta concentrazione industriale della provincia di Firenze, notevole attività edilizia (il settore a maggior rischio di infortunio) e tre grandi opere ferroviarie: il tunnel sulla Firenze-Pisa, la Faentina e la TAV. Le attività sono concentrate in due poli (il triangolo Campi-Calenzano-Sesto e la zona di Scandicci - le Signe), per cui le attività di prevenzione sul territorio sono necessariamente strutturate su due presidi. Il presidio Scandicci-le Signe, già precedentemente sottodimensionato, è ora quasi del tutto sguarnito, da quando tre operatori si sono trasferiti ad altre attività, a seguito della costituzione del S.P.P. della USL. L'Azienda non ha altresì adottato provvedimenti per il loro totale reintegro: le indicazioni circa "l'aiuto" reciproco fra i due presidi possono infatti coprire l'emergenza e, solo in minima parte, l'attività quotidiana. Queste le premesse. I problemi hanno però maggiore portata e radici più profonde nelle mancanze culturali e di volontà degli organi politici, che stanno abbandonando alla deriva i servizi di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL). Gli ultimi anni hanno visto notevoli mutamenti, sia per il riassetto organizzativo legato alla riforma delle USL, sia per l'emanazione di due DD.LL., il 758/94 e soprattutto il 626194 che, innovando i criteri di base dell'attività di prevenzione, possono offrire, se correttamente gestiti, prospettive di innalzamento del livello di tutela della salute. I servizi PISLL, che dovrebbero essere motori di tale trasformazione, corrono però il rischio di mancare del tutto l'appuntamento. E' infatti progressivamente scomparsa la referenza dei Comuni e soprattutto il dialogo con la Regione Toscana, che ha ridotto i contatti con i servizi con una direzione sempre più verticistica, lontana ed assente dai bisogni concreti. In particolare: • La formazione e l'aggiornamento del personale, minimo vitale per l'attività, sono affrontati in modo parziale, epi- 4 sodico e con estremo ritardo. L'unica iniziativa di una certa ampiezza, sul D.L. 626, è stata realizzata a due anni dalla sua pubblicazione. • La Regione non ha sinora proposto, con riferimento al nuovo scenario, strategie operative per la prevenzione. Manca cioè la definizione di obiettivi chiari, concreti e ragionevoli, capace di offrire ricadute concrete sull'utenza e motivare gli operatori nell'impegno quotidiano. • Ulteriori problemi nascono dalle modalità di attuazione dell'organizzazione in Unità Operative Monoprofessionali. Tale modello, pensato per il settore sanitariolospedaliero (dove i diversi profili professionali svolgono attività assai differenziate), è stato esteso in modo grossolanamente acritico al settore PISLL (dove l'attività è invece affrontata in modo congiunto ed interdisciplinare), senza fornire strumenti organizzativi precisi e funzionali che consentano lo sviluppo del progetto e la gestione unitaria dell'attività in ogni zona, spingendo così ulteriormente verso un caos totale. Paradossalmente, ciò avviene proprio quando il D.L. 626 sulla prevenzione nei luoghi di lavoro rendo obbligatorio per le aziende private il modello interdisciplinare. Fino ad ora tali problemi sono stati in parte tamponati dall'impegno personale degli operatori, che hanno provveduto da soli alla propria formazione e ad un minimo di progetto e coordinamento dell'attività, basandosi sulle reciproche relazioni informali. Anche questo livello minimale rischia però di venir meno a seguito della prossima attuazione del modello organizzativo voluto dalla Regione, per ulteriori problemi. La prima difficoltà, presente nella USL 10 ma probabilmente comune ad altre USL toscane, viene dalle modalità di realizzazione del Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) che tutela il personale interno. La direzione lo ha costituito prelevando circa 13 operatori dai servizi PISLL e prevedendo di non reintegrarli, se non in minima parte. La USL adempie quindi ad alcuni obblighi di tutela dei propri dipendenti, ma a spese di tutti i rimanenti lavoratori del bacino di utenza. Ciò in contrasto con il Piano Sanitario Regionale (PSR), che pone l'onere del SPP a carico delle attività di supporto per la direzione, e non del Dipartimento di Prevenzione. Ulteriori riduzioni della disponibilità di personale derivano poi dalla realizzazione della TAV, che già nei preliminari assorbiva molta attività e ora si appresta ad entrare in piena operatività, con moltiplicazione della domanda. 11 progetto di intervento, approntato insieme agli omologhi servizi della Regione Emilia Romagna, prevede la necessità di almeno 12 operatori aggiuntivi e ampie dotazioni strumentali. Oggi, con i cantieri già aperti, manca il personale, manca la strumentazione di misura dell'inquinamento ambientale, mancano perfino gli automezzi che consentano i sopralluoghi in galleria, mancano i previsti 2 miliardi di finanziamento, chiusi dalla Regione nel cassetto dei sogni. Si ricordano a tale proposito gli otto infortuni mortali verificatisi nei 27 Km di tratta dell'alta velocità Firenze-Roma, mentre la TAV prevede gallerie per ben 71 Km. I problemi esposti riguardano non tanto il disagio egli operatori, quanto la salute dei lavoratori. Da tempo si verifica infatti una flessione quantitativa e qualitativa nell'attività di PISLL, prima basata sulla programmazione per piani di comparto e oggi ridotta ad un'affannosa e vana rincorsa delle emergenze. La stessa attività di Polizia Giudiziaria - come potrà rilevare la Procura della Repubblica - si riduce sempre più al compimento degli atti dovuti su richiesta del P.M., mentre quella d'iniziativa diminuisce e diviene estemporanea e priva di strategia. In questo stato, le dichiarazioni di intenti del PSR, "piani di prevenzione in edilizia, aumento di interventi del 10%", sono mera propaganda: di fatto, gli operatori rilevano, giorno dopo giorno, un peggioramento delle condizioni di lavoro e un aumento del rischio, soprattutto in quei settori - come l'edilizia - ove i pericoli sono più gravi ed evidenti. Gli standard prima raggiunti stanno arretrando e il proseguimento in questa direzione porterà inevitabilmente all'aumento di infortuni e malattie professionali, con costi sociali elevati, ancor più odiosi e inaccettabili in quanto potenzialmente evitabili. La situazione contrasta con le stesse esigenze imprenditoriali, ma ciò non sempre è percepito: il minor numero di interventi, distribuiti dal caso su tutte le aziende, diminuisce infatti la sensazione di "pressione". Questo nasconde però iniquità e inefficienza. In questa situazione, la probabilità che un'azienda "subisca" controlli è indipendente dal livello di rischio e ogni imprenditore "colpito" resta, nel rapporto con le istituzioni, un "caso individuale " . Un recupero della programmazione, che indirizzi l'attenzione sui problemi più gravi di comparti produttivi omogenei, oltre a risultare più equo ed efficiente, faciliterebbe interventi costruttivi di associazio- ni di categoria o istituzioni politiche, particolarmente importante per i settori con difficoltà strutturali. Di qui la possibilità di riduzione dei disagi del singolo, assieme all'accrescimento delle ricadute positive. Altri pericoli vengono infine dalla Legge Regionale 37/96, che consente alle Aziende USL di svolgere a pagamento consulenza alle imprese, aprendo uno scenario facilmente intuibile: • USL attratte, nell'attuale logica mercantile, dal ricco settore della consulenza, a scapito del "ramo secco" della prevenzione; • ulteriore emorragia di personale dai servizi PISLL verso la consulenza, sostenuta dai meccanismi di incentivazione, che incoraggiano le prestazioni vendibili, quali che esse siano; • insanabile divisione, entro le USL, fra "buoni" della consulenza e "cattivi" della prevenzione. Per quanto esposta, chiediamo che la conferenza dei Sindaci e la Giunta Regionale Toscana diano un netto segnale, respingendo ii Piano Attuativo Locale della USL 10, come attualmente formulato, fino a quando lo stesso non prevederà, secondo le indicazioni del PSR., il reintegro del personale sottratto dal settore PISLL. Riteniamo inoltre indispensabile garantire, su tutto il territorio regionale, l'uniformità dei criteri di tutela della salute, chiedendo quindi che la Regione controlli in tutte le Aziende USL le modalità di realizzazione dei SPP, intervenendo, qualora necessario, per assicurare il rispetto del PSR. Chiediamo inoltre alla Regione di intervenire sulla questione della consulenza, vincolando la possibilità di effettiva attivazione di tale settore nelle varie Aziende USL al mantenimento della piena integrità numerica del settore PISLL. Siamo perfettamente consci che molti dei problemi esposti hanno cause profonde nel deficit dello Stato e nelle vicende tumultuose degli ultimi anni, Il riassetto è in corso nell'intero settore pubblico ma, a maggior ragione, questa fase di trapasso deve essere governata con ragione: le scelte, quanto più sono difficili e dolorose, tanto più devono essere intelligenti. Ritagliarsi una sopravvivenza quotidiana aspettando tempi migliori è perdente. Una gestione notarile che, per tagliare comunque le spese, punti al rendiconto giornaliero anziché al rilancio, ci condanna tutti: condanna gli Operatori, condanna le Aziende USL, condanna la stessa Amministrazione Regionale e i Comuni e, soprattutto, disgrega il tessuto sociale finora faticosamente intrecciato. Respingiamo perciò in anticipo l'ipocrisia di chi volesse nascondersi dietro le difficoltà generali - come il blocco delle assunzioni - per sostenere che mancano sbocchi cd è meglio continuare a pensare ad altro. L'immobilismo non ha scuse: • alcuni oculati investimenti, possibili anche ora, sono in grado di offrire notevoli risultati con spese modeste, ad esempio gli automezzi necessari per i sopralluoghi sulla TAV; • i bisogni non si limitano al personale e ai mezzi: la predisposizione di realistiche indicazioni operative per le prevenzione necessita di idee, oltre che di denaro. In riferimento alla TAV, ci chiediamo quale sia stata la strategia della Regione Toscana, che non ha definito in modo certo le risorse necessarie alla prevenzione e le relative modalità di finanziamento fino allo studio preliminare dell'opera. Nella riflessione in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, è infatti criterio ormai scontato che le attività economiche debbano prevedere trai costi tutte le loro ricadute sulla collettività; fra queste vi sono certamente le esigenze create in termini di prevenzione, che non possono considerarsi opzionali. Gli elementi fin qui evidenziati convergononell'individuare il punto centrale dei problemi e di ogni possibile soluzione, ancora nella cultura e nella volontà politica. Chiediamo quindi alle forze politiche di ripartire dalla riflessione sull'intero progetto prevenzione, poiché l'attuale disattenzione e non governo equivale già, nei fatti, a uno smantellamento dell'attività. Questa situazione colpisce i lavoratori nel loro diritto alla salute e contemporaneamente quelle forze imprenditoriali più attente e innovative, che si trovano paradossalmente spiazzate e penalizzate. 1 problemi sin qui esposti dovrebbero essere già pienamente conosciuti da chi ha responsabilità di governo in materia sanitaria, e in particolare della prevenzione, a tutti i livelli di intervento; da oggi comunque nessuno potrà dire "non sapevo, non ero a conoscenza". A ciascuno, la piena responsabilità delle proprie scelte politiche e amministrative. Gli Operatori (seguono firme) 5 PREVENZIONE IN TOSCANA SENZA IDEE O SENZA TESTA? pure e semplici illazioni, possono essere spiegate con delle constatazioni o interrogativi dalla risposta ovvia. In Toscana, negli incontri che occasionalmente si hanno tra ex aiuti ed ex assistenti di medicina del lavoro (è ancora il modo più semplice per definirci), emerge sempre più spesso e sempre più acuto un senso di insoddisfazione e di disagio per come stanno andando le cose da dopo il DL 626 e l'emanazione delle leggi sul nuovo assetto organizzativo delle ex USL. Tale malessere è reso ancora più grave dall'impossibilità, per la mancanza di punti di riferimento o momenti di aggregazione, di manifestare il proprio scontento. Alcuni dei colleghi, pensando di fare la scelta più conveniente, sono diventati medici competenti; altri invece, e sono la maggioranza, sono rimasti a lavorare nei servizi, ma con molti dubbi e perplessità sul futuro e, in particolare, sui cambiamenti che si prospetta possa avere l'attività lavorativa (si fanno solo visite mediche agli apprendisti, commissioni medico-legali e controllo burocratico delle valutazioni del rischio, o qualcosa di più gratificante professionalmente? Sarà ancora possibile fare il medico del lavoro, o forse, data la pletora medica, faremo le stesse cose dei tecnici ma con uno stipendio più alto? Dovremo fare prevalentemente gli insegnanti della materia di igiene e sicurezza del lavoro a sindacalisti e lavoratori?). Tale stato di insoddisfazione e di disagio non si può non addebitare a quei dirigenti (locali e regionali) che, pur avendo il ruolo e la funzione, non hanno sino ad ora saputo governare in modo credibile ed adeguato il cambiamento, facendo così emergere l'esistenza di un vuoto di idee e alimentando la preoccupazione degli operatori sul proprio futuro. Queste ultime affermazioni, per non diventare 6 Le constatazioni. • Più che in passato, per la loro complessità, i problemi di igiene e sicurezza del lavoro hanno bisogno di un approccio interdisciplinare. Questo principio è stato completamente disatteso dalla Regione Toscana che, nonostante il parere contrario della maggior parte dei responsabili, unica regione in Italia, ha provveduto nella ristrutturazione del settore ad una sistematica destrutturazione dei servizi di PISLL in varie unità operative (di soli medici, ingegneri, tecnici), eliminando di colpo una delle peculiarità del modello italiano di prevenzione nei luoghi di lavoro. Poco credibili stanno risultando i tentativi in corso di attuazione di riunire nelle varie aziende USL ciò che è stato forse irreparabilmente diviso con una legge regionale. • Contrariamente a quanto era da molti stato auspicato, il nuovo assetto organizzativo del settore della prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro è stato definito senza una preventiva e seria analisi dei bisogni alla luce della nuova normativa. Non sono mai stati resi noti dalla Regione Toscana studi di analisi del lavoro e/o ipotesi organizzative di sviluppo della prevenzione come conseguenza dell'applicazione delle direttive comunitarie o dei cambiamenti del mondo del lavoro (nuove tecnologie, immigrazione ecc.). (Qualsiasi esperto di organizzazione dei lavoro raggelerebbe nel vedere realizzata in questo modo una struttura aziendale). • La Regione Toscana, nonostante sia tra quelle in Italia che hanno i servizi più dotati di mezzi e di personale, ha dato alla realizzazione delle linee guida regionali sulla 626 un contributo solo marginale al documento, non risultando come referente in nessuna delle parti. • Nonostante la 626 tenda a migliorare la qualità delle prestazioni in materia di igiene e sicurezza del datore di lavoro, prevedendo quindi un confronto tecnicamente più alto con l'operatore di vigilanza e controllo, non sono state previste in Toscana strutture di secondo livello che possano sopportare con competenza l'attività di vigilanza e controllo dei servizi, né è pensabile o credibile, non essendo sino ad oggi mai avvenuto, che questo secondo livello sia rappresentato dall'ARPAT (ex PM1P) o dagli Istituti di Medicina del Lavoro, da sempre ad altre faccende affaccendati. (Ma i servizi territoriali sono davvero così autosufficienti?). • Il numero dei medici dei servizi pubblici che è addetto alla vigilanza e controllo in Toscana, anche con il passaggio di alcuni colleghi alle funzioni di medico competente della USL, è tra i più alti in Italia e in Europa (dati facilmente verificabili). Analogamente, il numero di primari di servizi pubblici di medicina del lavoro toscani è nettamente superiore a quello di regioni con un numero più elevato di lavoratori. (Purtroppo non si può affermare che a questo elevato numero di medici del lavoro corrisponda in Toscana una condizione migliore nel campo dell'igiene e sicurezza del lavoro rispetto a quella di Emilia, Lombardia, Veneto, Piemonte). • Nonostante che una pletora di medici si trovi oggi a svolgere funzioni di vigilanza e controllo (ma quali sono le competenze del medico in questa funzione?), le Aziende Sanitarie non sono ancora tutte in grado di rispondere adeguatamente alla domanda di consulenza delle imprese che richiedono sorveglianza sanitaria o valutazione del rischio, lasciando il mercato aperto dalla 626 in mano quasi totalmente ai privati. Gli interrogativi. • Che interesse può avere un Direttore generale ad avere all'interno della sua azienda un servizio di vigilanza e controllo che, oltre a rendergli poco dal punto di vista finanziario, lo può sanzionare per le sue eventuali inadempienze? Quale tranquillità professionale può avere un operatore della prevenzione nello svolgere le sue funzioni di UPG nei confronti del direttore generale con ben altri poteri rispetto al passato Presidente della USL? • E' possibile che un'azienda sanitaria che deve svolgere attività di vigilanza e controllo possa offrire anche consulenza a pagamento alle imprese? Siamo gli unici in Europa ad avere interpretato in tal modo la direttiva europea facendo permanere la contraddizione ormai storica del controllore che si controlla; è questa l'originalità del modello italiano di prevenzione nei luoghi di lavoro? • E' possibile continuare ancora ad occuparci di infortuni e malattie professionali, o più in generale di salute dei lavoratori, senza mai avere un obiettivo misurabile? Il rischio è quello dell'affaccendamento inutile, con conseguente spreco di risorse. • E' possibile con l'attuale assetto organizzativo delle USL, ognuna feudo a sé stante, e l'attuale burocrazia regionale star dietro in tempo reale ai cambiamenti continui nel mondo del lavoro e, in particolare, della tecnologia, e di conseguenza adeguarsi rapidamente ai nuovi bisogni di salute? Il titolo VI del 626 sui videoterminali è basato su studi e ricerche che risalgono alla fine degli anni `70-primi anni `80; l'informatica di oggi (hardware e software) è quella di circa 20 anni fa? Queste constatazioni e interrogativi credo che molti degli operatori dei servizi se li siano già posti, anche se le notevoli differenze esistenti nelle varie regioni, sia riguardo alla storia che all'assetto organizzativo, limitano la validità di alcuni alla sola Toscana. Se si è intellettualmente onesti, si dovrà iniziare una riflessione seria, senza paura di mettere in crisi il proprio ruolo, soprattutto i primari, per dare delle risposte. Se ciò non avverrà, come sta di fatto accadendo, sarà poi la realtà dei fatti a far emergere le contraddizioni e a determinare un malessere tra gli operatori ancora più forte dell'attuale. 1 primari, visto che non hanno più da pensare (almeno nella maggioranza dei casi) a sviluppi della loro carriera e qualche responsabilità forse ce l'hanno per la situazione creatasi, potrebbero a questo punto fare una proposta credibile (senza litigare) per migliorare la situazione? Quello che colpisce in Toscana è che non siano più gli operatori della prevenzione, ma altri a fare proposte per risolvere i problemi. Spero, a questo proposito, che la proposta di revisione dell'attuale assetto organizzativo della prevenzione, che Ambiente e Lavoro si appresta a portare avanti in Toscana, abbia un futuro senza essere bloccata semmai con manovre sotterranee. Mi farebbe piacere avere una risposta su quanto affermato da qualche dirigente che si senta tirato in causa, anche se non credo proprio che ci sarà. L'abitudine è sempre quella di lanciare il sasso ma di nascondere la mano. Riccardo Tartaglia L'ARPA E IL DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE di Eugenio Ariano IL MODELLO OPERATIVO DELLA PREVENZIONE Probabilmente parte delle difficoltà che incontra oggi la prevenzione deriva dalla mancata evidenziazione in termini quantitativi di alcune connessioni tra fattori di rischio e danni; fatto che, tra l'altro, ha consentito lo sviluppo di tendenze culturali che hanno portato a separare, quantomeno in termini organizzativi, la tutela dell'ambiente - e quindi la vigilanza su alcuni fondamentali fattori di rischio per la salute umana - dalla tutela della salute Negli anni recenti nei servizi si è acquisito il concetto che occorre conoscere organicamente i fattori di rischio e che questa funzione è almeno altrettanto importante di quella di vigilanza e controllo; ciò vale anche per la conoscenza dei danni e la conseguente possibilità di esplicitare e quantificare il rapporto rischio/danno, e quindi la prevedibile efficacia della rimozione del rischio. Lo schema mostra come in effetti sia inscindibile la tutela della salute dalla tutela dell'ambiente; e quanto la conoscenza del rapporto rischio-danno possa essere importante nella programmazione degli interventi e dell'uso delle risorse. Questo processo, di estrema importanza per il futuro della prevenzione, può avvenire solo attraverso l'inserimento a pieno titolo nelle competenze e nella attività dei Servizi dell'epidemiologia occupazionale e ambientale, dotando il Dipartimento di Prevenzione di strumen- 7 ti per una raccolta sistematica di dati sui fattori di rischio, i cambiamenti nell'ambiente e l'efficacia degli interventi, e creando un sistema organico di raccolta di informazioni sulle patologic non infettive che consenta il raccordo epidemiologico tra "peso" del rischio e "peso" del danno. Per cogliere appieno l'importanza di estendere e organizzare a livello periferico l'attività epidemiologica è importante inoltre tener presente che vi è una tendenza di fondo al decentramento delle decisioni: • perché crescono (culturalmente, ma soprattutto in dimensioni) le strutture periferiche • perché sono ormai alla portata di tutti i supporti tecnologici informatici necessari. Questa tendenza, che è destinata a durare e a crescere, è funzionale alla razionalizzazione dell'intervento di prevenzione e favorisce l'introduzione di tecniche epidemiologiche. L'UNITARIETÀ DELLA PREVENZIONE La legge 61/94 ha sancito la separazione; ciò non può che farci sentire con maggior forza le ragioni dell'unità della prevenzione e i legami tra la tutela dell'ambiente e la tutela della salute. I principali elementi da salvaguardare appaiono essere i seguenti: • La disponibilità delle informazioni. Le informazioni che servono nei due casi sono in gran parte le stesse. • La continuità. Non poco si è costruito in questi anni nella prevenzione; la continuità ha quindi grande importanza per non disperdere il patrimonio di competenze ed esperienze acquisito; in questo senso alcune regioni si sono mosse, garantendo l'integrazione e salvaguardando il più possibile le strutture. Occorre che le leggi regionali di recepimento riaffermino, e garantiscano con idonei strumenti applicativi, uno stretto coordinamento c un funzionamento integrato tra i servizi e presidi che faranno parte dell'Agenzia e quelli che apparterranno alla Sanità. • Il collegamento sul territorio. E necessario che i "servizi territoriali" dell'agenzia regionale abbiano una coincidenza territoriale con il Dipartimento di Prevenzione e siano previste modalità di collegamento operativo e integrazione tra le strutture. timenti di Prevenzione sono la sede operativa in cui ipotizzare, verificare e sperimentare le possibili integrazioni con Agenzia e Provincia. Un ruolo non piccolo in questo processo lo potrà avere il mondo della ricerca, perché c'è necessità di nuovi strumenti interpretativi e perché i terreni dell'integrazione interdisciplinare sono i terreni della ricerca applicata. • Le criticità per un sistema integrato della prevenzione Tornando ad aspetti di immediata attualità proviamo ad esaminare i punti più critici, che più organicamente richiedono un collegamento nel sistema per la prevenzione; conviene farlo tenendo d'occhio alcuni criteri di fondo: Il PSN prevede i livelli uniformi di prestazione per la sanità, da attuarsi a cura del nuovo Dipartimento di Prevenzione, struttura che rafforza dentro la sanità l'unità della prevenzione istituendo il Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione e raccogliendo anche il Servizio Veterinario; il Dipartimento nello svolgimento delle proprie funzioni non può non occuparsi dei fattori di rischio ambientali, La richiesta referendaria può essere L'aziendalizzazione delle USL impone interpretata come richiesta di maggiore un mutamento di logica; occor re iniziare attenzione e impegno sui temi ambientaa pensare con criteri aziendali: li. In ogni caso il referendum ha creato Non tutto può essere deciso da una l'utente/cliente ha bisogni "unitari", non una situazione di difficilissima gestione; buona o cattiva legge regionale. riconducibili alla separatezza istituziotestimonianza di questa difficoltà è tra Occorre avviare a livello locale, come nale; ciò significa ad esempio che l'altro il fatto che a tutt'oggi pochissime parziale rimedio alla situazione creatasi, comunque bisognerà lavorare in direzioregioni hanno legiferato sull'argomento un buon rapporto di collaborazione tra ne di uno sportello unico. e anche in quei casi ci si trova solo alle Provincia, Agenzia nascente, Dipartiprime battute della realizzazione pratica. mento di Prevenzione; i nascenti DiparCiò porta ad individuare: Collegamenti operativi 1. 2. Collegamenti informativi Temi di lavoro integrati 3. 1. Collegamenti operativi Alcuni esempi di competenze del Dipartimento di Prevenzione che intersecano competenze dell'ARPA sono: • Pareri per Nulla Osta all'Esercizio per i Nuovi Insediamenti Produttivi • Pareri su strumenti urbanistici, igiene edilizia e depuratori pubblici. • Acqua potabile e tutela della falda (gestione dell'uso dei liquami zootecnici c dei fanghi industriali in agricoltura, mappatura dei pozzi privati, carte di vulnerabilità e delle isopiezometriche, ....) • Pareri e controlli in merito alla bonifica delle aree industriali dismesse e dei siti inquinati • Per quanto riguarda la Nutrizione è sicuramente comune il problema dei residui di presidi fitosanitari e di microinquinanti negli alimenti e nell'acqua. 8 • Autorizzazioni ex DPR 327180 e per le strutture sanitarie private: i collegamenti in fase istruttoria per l'autorizzazione dovranno essere rideterminati, con conseguenti problemi procedurali • Le competenze in materia di radioprotezione sono estremamente intricate e in parte sovrapposte; anche qui sul piano operativo si porranno non pochi problemi 2. Collegamenti informativi • sistema informativo unico o almeno unitario per le anagrafi (imprese, corsi d ' acqua, pozzi, depuratori, siti contaminati, ...) • coordinamento degli archivi su temi di comune interesse (es. acque potabili) e reciproco accesso ai dati • in prospettiva gestione comune delle informazioni in un sistema informativo georeferenziato (G.LS.: sistema cartografico informatizzato che permette la gestione e la correlazione di variabili, ambientali e non, che abbiano una distribuzione geografica); si tratta di costruire una grande rete informativa, cui molti possano partecipare, che consenta di formulare ipotesi e modelli di interazione tra fattori di rischio e matrici ambientali e di affrontare l'epidemiologia ambientale. Questo non significa certo risolvere i problemi organizzativi e di coordinamento con l'informatica; l'integrazione informatica viceversa sarà possibile se saranno risolti i problemi strutturali di rapporto tra Enti. A corollario di una riflessione forse un po' troppo astratta sulle competenze e sulle connessioni tra strutture operative, vale la pena di esemplificare per problemi; esaminiamo allora, portando anche un paio di esempi, alcuni temi in cui la integrazione salute-ambiente appare assai stretta già sul piano operativo. Scheda n° I: l'Azienda USSL 25 Lodi 198.306 abitanti al 31.12.1995; Superficie: Km2 798,5; massima distanza dal capoluogo: Km.41. 62 comuni, di cui 61 compongono la provincia di Lodi, e S. Colombano, rimasto nella provincia di Milano; quindi la USSL pressoché coincide territorialmente con la Provincia di Lodi. Abitanti < ! 000 N° Comuni 1000-5000 IO 5001-10000 46 X10000 2 4 La piramide delle età mostra una tipica forma a botte, dovuta a un forte invecchiamento della popolazione e alla contemporanea contrazione delle nascite. Per quanto riguarda i movimenti di popolazione il Lodigiano è noto per non essere stato oggetto di forti movimenti migratori negli scorsi decenni. Il quadro complessivo è quello di una popolazione più anziana della media lombarda, che ha poco risentito dei flussi migratori degli scorsi decenni, ed è quindi in notevole proporzione autoctona. 11 territorio e le attività Il territorio è formato dalla tipica pianura padana irrigua, con l'eccezione della collina di S. Colombano, con produzione vitivinicola. Gli insediamenti produttivi (esclusa l ' agricoltura): Dati ASPO -Unioncamere- al 1992 per la provincia di Lodi: ISTAT O I 2 3 4 aziende 64 29 166 1075 addetti 202 235 3164 8209 5 6 7 8 933 1583 4812 600 684 5693 4876 12039 1882 9 tot 763,10709 3552 2233142085 Le aziende agricole: Sono state censite, al `90, 2721 aziende, di cui 464 vitivinicole per complessivi Ha 307. aziende SAU --i ex 54 ex 55 ex 56 Totale 1.232 872 617 2.721 30.558 12.469 18.550 61.118 24,8 14,3 30,1 22,5 3. Esempi di temi di lavoro integrati SAU media Analisi epidemiologica "spaziale" delle patologie, in vista di una possibile correlazione con variabili ambientali. L'analisi spaziale conduce alla produzione di carte di distribuzione per incidenza di patologia e consente: • l'identificazione del livello di rischio presente in un'area, • l'identificazione di sorgenti puntiformi di rischio, • la generazione di ipotesi eziologiche; Bovini 61.714 27.764 48.555 138.033 Suini 150.503 92.876 89.160 332.569 ciò rende possibile in prospettiva abbinare dati di monitoraggio di matrici ambientali (qualità dell ' aria, distribuzione licheni, ...), Togliendo le aziende vitivinicole, localizzate tutte in zona collinare, si ottiene una SAU media nella ex USSL 55 pari a 29,8 Ha e una media complessiva pari a 26,9 Ha; ciò testimonia una sostanziale omogeneità delle attività agrizootecniche di pianura. II Servizio l: consistenza e struttura A seguito di delibera di riorganizzazione intervenuta nell'estate 1995, prevede 5 unità operative, tra cui I'U.O. di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione, a parziale anticipazione di quanto previsto nel D.L.vo 502, e I'U.O. di Epidemiologia, per sottolineare l'importanza di questa disciplina nel futuro della prevenzione. 9 Piano Pesticidi Regionale Lombardo, applicazione del D.Lgs 194195 (registrazione dei presidi fitosanitari) e applicazione del D.Lgs 626 in agricoltura. Sono previsti studi sull'uso, la diffusione e gli effetti dei pesticidi sull'uomo e sull'ambiente. Da anni viene monitorata ]a vendita dei fitofarmaci, come stimatore del consumo; negli anni scorsi a Lodi abbiamo fatto una rilevazione campionaria dell'uso, che ha fornito dati di grande interesse a fini sia di valutazione del rischio per le acque potabili e per la falda sia di valutazione del rischio professionale e ambientale. Problema dei residui e dei contaminanti negli alimenti nelle produzioni locali (studio delle vie di contaminazione) in rapporto anche a interventi educativi volti ad una corretta nutrizione. Conoscenza delle falde superficiali e profonde e delle risorse idriche sotterranee e superficiali, mettendo assieme competenze in parte già oggi separate in Enti diversi. Il monitoraggio (biologico e non) delle acque superficiali e della qualità dell'aria sono temi con grande possibilità di sviluppo, che attendono solo progetti di lavoro. CONCLUSIONI La Sanità si sta facendo carico dei compiti di tutela dell'ambiente in questa fase di transizione, con fatica crescente; occorre che in attesa di una soluzione legislativa ognuno faccia comunque la sua parte, anche sperimentando forme concrete di prefigurazione che definiscano, e approntino fin d'ora, gli strumenti minimi necessari per mantenere l'unità della prevenzione. Una sperimentazione coordinata ed organica sarebbe estremamente opportuna; potrebbe in effetti contenere il rischio che gli imminenti mutamenti organizzativi discendano schematicamente da dettami "esterni" senza tener conto di quanto di buono finora prodotto, o, forse peggio, siano lasciati completamente alla buona volontà delle realtà locali, senza alcun modello di riferimento con cui confrontarsi. In entrambi i casi, non solo sarebbe assai problematico avviare il necessario processo di verifica e di crescita della qualità delle prestazioni fornite, ma si accrescerebbe probabilmente il rischio di una caduta drammatica della capacità di intervento. IO Scheda n° 2: Epidemiologia nel Dipartimento di Prevenzione Perché questo inserimento sia possibile occorrono alcuni presupposti: I) sviluppo di una attività organica di raccolta dati sui fattori di rischio, 2) creazione di un sistema di report delle attività e di valutazione della qualità delle informazioni raccolte, 3) sviluppo di un sistema informativo integrato che consenta di valutare la realtà. i cambiamenti e l'effetto degli interventi, a partire dal legame tra i punti I) e 2), 4) creazione di un sistema organico di raccolta di informazioni sulle patologie non infettive e di una struttura epidemiologica che compia l'operazione di raccordo tra "peso" del rischio e " peso " del danno. Scheda n° 3: Il Rapporto con la Provincia di Lodi La Provincia di Lodi è nata solo nel 1995 e sta organizzando in questo periodo la propria struttura anche in campo ambientale; si è ritenuto a maggior ragione importante mantenere un atteggiamento fortemente collaborativo e una costante iniziativa in campo di tutela ambientale, al fine di evitare una grave crisi degli interventi di prevenzione e controllo. Un serio programma di interventi e controlli infatti può essere messo in campo solo da chi conosce bene il territorio; la conoscenza del territorio acquisita in questi anni è un patrimonio non facilmente "duplicabile" o trasferibile ad altri Enti o Agenzie. Lo sforzo intrapreso nell ' ultimo anno è stato indirizzato a un confronto con la nuova Provincia onde gestire questa fase di cambiamento in modo coordinato, in attesa che la Regione Lombardia provveda alla costituzione delle strutture periferiche dell'Agenzia. In ogni caso, gli interventi da porre in atto, le cose da fare, sono quelle che da tempo le varie leggi nazionali e regionali hanno indicato e alle quali non si è ancora messo mano compiutamente: censimenti, cartografie, controlli mirati, promozione di nuovi atteggiamenti privati e pubblici nei confronti dell'ambiente-territorio. Con la Provincia di Lodi si sta stipulando in questi giorni un Protocollo di Intesa in cui: • si definiscono le rispettive funzioni e competenze in materia di controlli ambientali, • ci si impegna ad una integrazione degli archivi e dei sistemi informativi, • ci si impegna a creare ambiti comuni di elaborazione e programmazione, • ci si impegna a creare ambiti collegiali di coordinamento delle risorse e di verifica del buon andamento dei programmi comuni. CHERNOBYL `861'96 CONSEGUENZE E INSEGNAMENTI a cura di Laura Bodini e Francesco Tancredi Indetta dall'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA), in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) si è tenuta a Roma il 26 e 27 aprile una Conferenza nazionale sul caso Chernobyl, a 10 anni dal grande disastro ucraino. L'ANPA è nata dell'ex-ENEAIDISP e quindi da un gruppo di esperti del tema nucleare: non a caso una delle prime uscite ufficiali dei ricercatori è stata su questo tema. Dal Convegno sono emersi molti spunti di riflessione che vi proponiamo con queste note. A dieci anni dall'incidente di Chernobyl si può affermare che nel nostro Paese la riflessione su quell'evento, mentre ha prodotto significativi miglioramenti per quanto attiene gli aspetti tecnici della gestione delle emergenze radiologiche o il rilevamento della radioattività ambientale, poco ha mutato per quanto riguarda l'informazione al pubblico, sia preventiva che in fase di emergenza, nota dolente di un paese dove fare una prova di evacuazione di una scuola, da decenni pratica comune in tutti i paesi civili del mondo, rappresenta per noi un evento raro. Dopo Chernobyl, anche a seguito dei profondi cambiamenti socio-politici che hanno avuto luogo con la caduta del muro di Berlino, sono iniziati programmi di cooperazione ed assistenza tra Est e Ovest. Si sono così conosciute le aree critiche dal punto di vista della sicurezza nucleare: si tratta di impianti di prima generazione che andrebbero chiusi ma che continuano a funzionare per far fronte ai bisogni energetici di intere regioni dell'ex-URSS. E' del 1994 l'adozione della Convenzione sulla sicurezza nucleare, un primo Trattato sottoscritto sino ad oggi da una cinquantina di paesi, tra i quali quelli maggiormente impegnati nel settore piombo. Ciò non consentì la realizzazione di interventi di contenimento immediati; il sarcofago fu costruito, in condizioni severe e difficilissime, in soli sci mesi, ovviamente senza poter rispettare alcuno standard costruttivo. La struttura, che avrebbe dovuto contenere i resti dell'impianto per almeno 30 anni, già oggi è in condizioni precarie. Da tempo si sta pensando di costruire un contenitore più resistente, che duri almeno 100 anni; ma le risorse economiche occorrenti sono ingentissime. LE CONSEGUENZE AMBIENTALI nucleare. La convenzione rappresenta un atto importante dal punto di vista del diritto internazionale: essa infatti sancisce il principio del dovere di ogni paese di garantire la sicurezza dei propri impianti e il diritto degli altri paesi di conoscere in che modo a tale dovere si faccia fronte. L'EVENTO Una fortissima esplosione all'interno del reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina, causata dall'aumento incontrollato della pressione nei canali di potenza, provocò lo scoppio del rivestimento di acciaio, scagliandolo contro una vicina struttura di contenimento in cemento. Pezzi di grafite, di combustibile di uranio e prodotti di fissione (circa 35 tonnellate) e barre di controllo furono scagliate intorno all'edificio ed il combustibile radioattivo fu disperso nell'atmosfera. Un'altra parte (circa 135 tonnellate) colò in forma di massa ceramico-vetrosa nei locali sottostanti la cavità del reattore sino ad invadere tutto. Una terza parte (circa 10 tonnellate), sotto forma di detriti e polveri, invase tutta la centrale. Immediatamente dopo l'incidente i soccorritori furono impegnati a contenere il rischio di formazione di una massa critica e dunque di una vera e propria esplosione nucleare, ed a spegnere l'enorme incendio della grafite. Furono scaricate sul reattore scoperchiato ingenti quantità di materiali schermanti ed assorbitori neutronici ed altri spegni-fuoco come la dolomite e l'argilla. La radioattività nell'area attorno alla centrale era talmente elevata da non consentire la permanenza del personale di soccorso che per pochissimi minuti, anche indossando tute protettive di Rilevanti quantità di materiale radioattivo, furono disperse in atmosfera a seguito dell'incidente ucraino. La situazione meteorologica esistente nelle settimane successive al rilascio determinò il trasporto della contaminazione a grandi distanze con la conseguente deposizione di contaminanti radioattivi (gas nobili, iodio, cesio e stronzio) su vasti territori dell'Europa; le precipitazioni atmosferiche durante il passaggio della nube provocarono una contaminazione a macchia di leopardo, più elevata nelle zone piovose rispetto alle altre. Nell'ex-URSS, 5.000 km2 di territorio che avevano avuto una deposizione superiore ai 1.500 kBglm 2 , furono evacuati per proteggere la popolazione dai livelli più elevati di irradiazione. In questa zona, le quantità di cesio 137 depositato sono state oltre 700 volte rispetto a quelle che erano già presenti nell'ambiente a seguito dei test nucleari in atmosfera degli anni `60. Il cesio 137 è l'elemento radioattivo tuttora presente in tutte le aree contaminate. Questo radioisotopo ha un tempo di dimezzamento di circa 30 anni ed è la principale causa delle conseguenze ambientali e sanitarie a lungo termine. Sono state ricostruite le mappe di deposizione al suolo di cesio 137 per tutto il territorio europeo. In Italia, ad esempio è stato stimato che circa 11.000 km2 (Centro Italiaebbero una deposizione di 10-20 kBglm , circa 5.500 (Nord Italia) una deposizione circa doppia e l'arco alpino, circa 300 km 2 . una deposizione compresa tra 40 e 200 kBglm . Lo stronzio 90, essendo principalmente associato alle particelle di combustibile fuso rilasciato durante l'incidente, si depositò principalmente nelle zone più prossime all'impianto. Per avere un'idea delle quantità, i rilasci di Chernobyl risultano essere circa 40 volte più elevati rispetto a ciascuna delle due bombe atomiche esplose in Giappone a Hiroshima e Nagasaki. Ovviamente gli eventi non sono paragonabili, in quanto gli effetti devastanti delle bombe sono da imputare principalmente all'onda termica conseguente all'esplosione oltre che all'onda d'urto. La popolazione residente in un'area di 30 km intorno all'impianto, che tuttora presenta danni ingentissimi a foreste ed ecosistemi, fu evacuata nei primi giorni dell'incidente, però i lavoratori degli altri due reattori funzionanti hanno continuato a frequentare la zona. L'area è per ora irrecuperabile, anche perché deposito temporaneo di rifiuti radioattivi di diversa natura, anzi sorgente possibile di contaminazioni secondarie di altri territori. Altre ben più vaste aree furono evacuate in seguito. L'inquinamento della catena alimentare coinvolge ancora territori e popolazioni vastissime. Aver dovuto applicare su vastissima scala le tecniche di decontaminazione dell'ambiente urbano e rurale, ha significato la possibilità di verifica e sviluppo di nuovi sistemi. Ma la vita sta disperdendo la contaminazione in zone ben più vaste: il vento e gli incendi delle foreste - con la risospensione di particelle radioattive di cesio e plutonio - la presenza di radionuclidi nei bacini idrografici e del suolo - con conseguente contaminazione della catena alimentare - sono tuttora fonte di serie preoccupazioni. Le principali sorgenti di contaminazione alimentare da Cs-137 per la popolazione delle 3 Repubbliche dell'ex-URSS sono attualmente: • prodotti agricoli derivanti dalle fattorie collettive; • prodotti di agricoltura privata; • prodotti di origine forestale (frutti di bosco, funghi, ecc.). La contaminazione per via alimentare della popolazione è molto diversa a seconda che si tratti di popolazione rurale - che consuma ovviamente prodotti locali (latte. carne, patate, ecc.) - urbana, che usa prodotti di larga diffusione, o di gruppi particolari che fanno ampio uso di cacciagione, pesce, funghi e frutti del sottobosco. LE CONSEGUENZE SANITARIE NELL'EX URSS Per comprendere e pesare con precisione le conseguenze sanitarie occorrerebbe avere dati maggiormente certi sulle dosi che i lavoratori e la popolazione hanno ricevuto. Per convenzione gli esposti sono stati classificati in vari gruppi (vedi tabella). Nell'analizzare i dati in tabella si tenga conto che i valori di riferimento raccomandati dalla Commissione Internazio- 12 gruppo di popolazione dell'ex - URSS esposti dosi efficaci effetti attesi tumori solidi, leucemie etc. liquidatori (VVFF, militari, oper. pubblici) 800.000 X100-500 mSv 15.000 zone evacuate 130.000 30-500 mSv 1.000 zona > contaminata (>600 KBglm 2) 270.000 60- 100 mSv 1.000-1.500 75.000.000 <IO mSv 30.000 intero territorio nate per le Protezioni Radiologiche (ICRP) per l'evacuazione nei casi di emergenza sono compresi tra 50 e 500 mSv. mici dell'incidente, chiamati nella Conferenza di Roma disordini da stress ambientale cronico. Quando si parla di effetti sanitari occorre distinguere quelli deterministici da quelli stocastici o probabilistici. GLI EFFETTI STOCASTICI GLI EFFETTI DETERMINISTICI Gli effetti deterministici più evidenti sono stati gli effetti acuti, manifestati nei liquidatori. Per liquidatori s'intende personale dell'impianto presente al momento dell'incidente, medici e soccorritori, vigili del fuoco, costruttori del sarcofago, addetti alla decontaminazione di case, strade, terreni e materiali, personale di servizio alle zone contaminate. I gravi sintomi causati da alti livelli di esposizione alle radiazioni sono notorianiente definiti con il termine di sindrome da irradiazione acuta (ARS-Acute Radiation Sickness) caratterizzata da: nausea, vomito e diarrea, seguiti, in uno stadio successivo, da emorragia interna ed infezioni con febbre alta. Sono frequenti le lesioni cutanee ed in particolare le ustioni, sia per effetto termico sia per effetto della radiazione beta. Chernobyl sta cambiando il modo di trattare le ARS, oggi cioè si è capito che la somministrazione di fattori emopoietici di crescita - che stimolano le cellule staminali del midollo osseo, generatrici cioè della serie rossa, bianca e delle piastrine del sangue - è una terapia più efficace dei trapianti di midollo o di altre terapie che presuppongono uno stato immunitario non così precario. Dei liquidatori, secondo le stime ufficiali, 28 morirono subito e 19, su 300 con sindrome da irradiazione acuta, nel tempo per effetti da panirradiazione. Anche su questi numeri ci sono pareri discordanti. Si sono registrati aumenti di tassi di mortalità per cause violente, incluso il suicidio, una conseguenza degli effetti distruttivi sociali ed econo- Per quanto riguarda gli effetti stocastici, essi sono: tumori letali e non letali, malformazioni, ecc. Di questi vi sono varie evidenze, ma, dato il periodo di latenza di alcuni, occorrerà aspettare altro tempo per arrivare ad un bilancio conclusivo sugli effetti. Nella Conferenza dell'ANPA e ISS sono emersi i seguenti elementi. l) Aumento dell'incidenza dei tumori alla tiroide (20 volte in Bielorussia e 10 volte in Ucraina) in bambini ed adolescenti, esposti nella fase acuta ad alti livelli di iodio radioattivo. Un incremento di minore entità è stato anche registrato nelle aree contaminate della Federazione Russa. E' stato evidenziato un aumento - rispetto ai valori attesi - nell'incidenza di cancro alla tiroide, più significativo nei bambini molto piccoli delle aree esposte, piuttosto che nei bambini più grandi, come peraltro già noto per l'esposizione a raggi X. Si tratta di carcinomi papillari, piuttosto aggressivi con metastasi nei tessuti circostanti la ghiandola tiroidea e nelle ghiandole linfatiche del collo. La distribuzione temporale dei casi mostra anche un'incidenza fortemente decrescente nei bambini nati sei mesi dopo l'incidente. Infatti, la tiroide comincia a concentrare lo iodio verso il terzo mese della vita intrauterina. Sia l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che l'Unione Europea (UE) hanno realizzato progetti per la diagnosi e cura dei tumori tiroidei nelle popolazioni infantili colpite; questi prevedono l'applicazione di protocolli, la fornitura di apparecchiature e terapie nonché l'addestramento del personale. 2) Per quanto riguarda il possibile aumento delle leucemie nell'infanzia e nella popolazione adulta, non si sono osservate, al momento, variazioni significative rispetto al periodo pre-Chernobyl. Va tenuto presente, però, che il periodo di latenza di questa patologia potrebbe rivelarsi più lungo ed i ricercatori giudicano difficile seguire le popolazioni evacuate nel vasto territorio dove sono andate ad abitare. E' comunque atteso un forte aumento nei prossimi anni di leucemie tra i liquidatori. Dai registri di morbilità dei soggetti maggiormente esposti (i liquidatori) emerge un aumento dell'incidenza di tumori maligni e di patologie psichiatriche, endocrine e del sistema emopoietico. Per una serie di altri fenomeni patologici connessi alla riproduzione come aberrazioni cromosomiche fetali, difetti congeniti, aborti spontanei, tumori indotti in utero, vi sono ancora pareri discordanti in quanto non esistono ad oggi dati epidemiologici validati a livello internazionale. Uno studio dell'ENEA ha messo in evidenza nei bambini alterazioni della risposta immunitaria per deficit della serie linfocitica. Un effetto dell'irraggiamento prenatale evidenziato negli anni '80 sui figli di sopravvissuti ai bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, cioè i ritardi mentali gravi, è oggetto di un apposito studio epidemiologico lanciato e finanziato dall'OMS su queste popolazioni. I primi risultati sembrano indicare un'associazione positiva, ma è allo studio la possibile correlazione con l'accertato stato di grave stress mentale e psicologico dei genitori, LE CONSEGUENZE SANITARIE IN ITALIA Come si ricorderà, un'ordinanza dell'allora Ministro della Sanità onorevole Costante Degan il 2 maggio 1986, proibì "la vendita al pubblico e la somministrazione di verdure fresche a foglie e la somministrazione di latte fresco ai i bambini sino all'età di IO anni ed alle donne in gravidanza" per 15 giorni. Il provvedimento rimase in vigore per il latte fino al 24 maggio su tutto il territorio italiano, mentre per i vegetali fino al ] 7 maggio per l'Italia settentrionale e fino al 12 per l'Italia centrale e meridionale. Infatti secondo la normativa nucleare allora in vigore (DPR 185/64 e suoi decreti applicativi) una volta superati dei livelli stabiliti di contaminazione dell'aria, dell'acqua e del suolo, era compito dell'autorità sanitaria prendere adeguati provvedimenti per la salvaguardia della salute della popolazione. Questi provvedimenti hanno suscitato molte polemiche in balia sia tra gli esperti che tra il più ampio pubblico, sia durante il periodo dell'emergenza che negli anni seguenti, ma ricordiamo che in moltissimi paesi europei sono stati presi provvedimenti restrittivi analoghi o anche più stringenti. Ciò che può porre interrogativi è come mai nei paesi dell'UE non siano stati adottati comportamenti omogenei. Uno dei motivi più importanti è stato l'impreparazione totale ad affrontare un incidente di simili proporzioni e dalle conse- guenze ambientali così vaste, come più volte e da vari autori è stato ricordato durante la conferenza . E noto che in Italia, come negli altri paesi dell'UE, non vi sono stati effetti acuti e gli effetti attesi a causa dell'inquinamento radioattivo ambientale sono solo stocastici, cioè probabilistici. Secondo le stime del Laboratorio di Fisica dell'Istituto Superiore di Sanità, i provvedimenti adottati dal Ministro della Sanità in Italia, diminuendo l ' assunzione di iodio radioattivo nei primi giorni dell'incidente, avrebbero portato ad un risparmio di dose alla tiroide dei lattanti non trascurabile. Infatti, pur con tutte le cautele legate all'incertezza sulle stime degli effetti delle radiazioni per basse dosi, con le attuali stime di rischio accettate ed assunte a livello internazionale dagli esperti del settore, si è valutato che sono stati "risparmiati" in Italia circa 1000 casi di tumori alla tiroide, e sono stati stimati in 3000 i probabili tumori letali indotti dalle ricadute radioattive sul territorio italiano. Non va dimenticato che questi tumori, anche se non rivelabili statisticamente sull'incidenza normale di tumori letali, costituiscono comunque un incremento di casi sanitari gravi. SICUREZZA NUCLEARE L'incidente di Chernobyl ha cambiato in tutto il mondo la percezione della sicurezza nucleare civile e militare ed ha dato il colpo di grazia a questo tipo di produzioni. 11 programma di sviluppo del nucleare Atoms for peace lanciato da Truman nel 1953, che prometteva una fonte energetica sicura ed a basso costo, è stato definitivamente smantellato prima dalla consapevolezza che l'espansione di questa industria è servita per coprire una parte dei costi della produzione industriale di armi nucleari e poi dalla verifica in diretta dell'insicurezza delle centrali nucleari. Nella Conferenza dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA) del 1991 è stato raggiunto un consenso sul fatto che gli standard di sicurezza dei vecchi impianti in esercizio dovrebbero ragionevolmente rispondere agli obiettivi attuali di sicurezza. La causa dell'incidente di Chernobyl è stata la coincidenza di gravi deficienze nella progettazione fisica del reattore con la violazione delle procedure. Dopo la caduta del muro di Berlino, con il superamento dei due blocchi politici e l'inizio di collaborazione tra questi sono state evidenziate le gravi carenze nella sicurezza degli impianti dell'ex-blocco sovietico rispetto agli standard internazionali, non solamente costruttivi, ma 13 anche gestionali ed autorizzativi. Per questo motivo il dopo Chernobyl nei paesi dell'ex-URSS ha imposto una revisione generale, tuttora in corso, della sicurezza dei reattori; revisione per la quale sono sempre più necessari programmi di assistenza occidentale. Per gli impianti simili a quello di Chernobyl (reattori RBMK: reattori a canali di potenza elevata, filiera a cui apparteneva quello incriminato) sono state attuate in questi ultimi 10 anni significative bonifiche, eliminando gli clementi critici che portarono all'incidente ucraino, ma grandi sono ancora i problemi, anche nel breve periodo. Per l'impianto di Chernobyl, vi è un rischio di collasso del sarcofago protettivo con rilascio di polveri radioattive e possibile inizio di nuova criticità. Questo evento, secondo le dichiarazioni ufficiali, potrebbe avere conseguenze solo sulla zona dei 30 km, ma coinvolgerebbe comunque le centinaia (o più) di persone che svolgono regolarmente la loro attività a Chernobyl, dove sono ancora operanti 2 impianti nucleari, ed i circa 500 anziani, assistiti dallo Stato, che hanno ottenuto di tornare nelle loro case abbandonate nel 1986. Va ricordato che a nessuno di questi anziani è permesso ricevere visite; gli incontri possono avvenire solo nella zona al di fuori dei 30 km intorno all'impianto nucleare. Nei paesi occidentali l'incidente di Three Mile Island, che non provocò danni sanitari rilevanti o decessi immediati, aveva già costretto tutta l'industria nucleare occidentale a fare una profonda revisione dei criteri di sicurezza e dei sistemi impiantistici. L'incidente di Chernobyl, invece, non ha determinato sostanziali modifiche nelle strategie di sicurezza in atto, già profondamente più rigorose, ma ha rilanciato lo studio dei possibili incidenti con fusione del nocciolo (cioè del combustibile nucleare), quelli cioè definiti come severi. Più evidente il ripensamento globale dell'impiego dell'energia nucleare, dovuto anche al grande impatto sulla popolazio' ne dell ' incidente del 1986, per l innegabile consapevolezza acquisita della possibile dimensione continentale e transnazionale di alcuni incidenti nucleari. L'INFORMAZIONE AI CITTADINI "Le dimensioni dell ' incidente - ritenuto in Occidente altamente improbabile se non da escludere - e la conseguente impreparazione dei paesi europei a frontegJgiarlo, cui va aggiunto il silenzio iniziale delle autorità sovietiche e delle organizzazioni internazionali, hanno fortemente condizionato l'informazione 14 al pubblico.". Questa affermazione, espressa durante la conferenza, introduce efficacemente il tema dell'informazione alla popolazione. Una delle riflessioni indotte dall'incidente di Chernobyl è quello del diritto all'informazione. Nell'ex-URSS solo 8 giorni dopo fu data alla popolazione un'informazione minima. Furono infatti i paesi nordici ed in particolare la Svezia che dettero l'allarme (prima che fossero diffuse le notizie ufficiali dall'ex-URSS) dopo aver misurato la presenza di iodio radioattivo in aria a livello del suolo e di prodotti di fissione nucleare in atmosfera, e aver verificato che in nessuna centrale del paese si erano verificati incidenti. Tale allarme si materializzerà dopo la richiesta di aiuti da parte dell'Ucraina, ma in carenza di notizie certe (anche su cause, numero di morti), getterà nel panico tutta Europa. La mancanza di linee comuni nei provvedimenti, la politicizzazione della scelta nucleare fecero il resto. Prima dell'informazione vera veniva la difesa delle scelte nucleari, dell'immagine dei prodotti nazionali e l'Italia, specchio della situazione europea, non fu da meno. Un'analisi, a dieci anni di distanza, di come è stata fornita l'informazione nel nostro Paese, mette in luce quella che, nella conferenza, è stata giustamente ricordata come la catastrofe dell'informazione scientifica. Come si ricorderà, l'informazione ufficiale era diffusa dal Ministro della Protezione Civile, sentiti I'ENEA/DISP (che aveva il compito di raccogliere i dati di radioattività) 1'ISS, 1'1SPESL, il Dipartimento della Protezione Civile del Ministero dell'interno e il servizio Meteorologico dell'Aeronautica. Fu scelto lo iodio 131 come radionuclide guida. Furono scelti i valori medi per il nord, centro e sud Italia che, si ritenne allora, consentivano di rappresentare il rischio medio per la popolazione in una situazione di contaminazione diffusa, non senza aver prima accertato la non esistenza eli situazioni individuali di rischio immediato. Il susseguirsi dei comunicati non dileguò la nube. 11 problema dell'informazione alla popolazione rimane sicuramente una questione aperta, non a caso la CEE ha emanato nel 1989 una Direttiva sull'informazione al pubblico in caso di emergenza radiologica, recepita in Italia con il DLgs 230/95 che regola la radioprotezione. L'informazione deve prima di tutto essere comprensibile, ma la questione non si risolve solo con una direttiva o con un decreto; rimangono aperte nel paese alcune questioni di fondo nel rapporto fra cittadini ed istituzioni. L'informazione fu forse lacunosa e forse non tempestiva; di sicuro è opinabile che la comunicazione alla popolazione dei numeri (medi o puntuali), con le loro unità di misura (mSv, kBq, Gy), come allora a gran voce fu richiesto alle autorità, rappresenti l'unico modo corretto e trasparente di fornire l'informazione. Con ciò non si vuole affermare che i numeri non vadano divulgati, o che con la scusa della comprensibilità l'informazione vada alleggerita. Si può certo affermare che in assenza di informazioni sistematiche ed aggiornate sugli effetti della radioattività e dell'energia nucleare e in assenza di un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, l'informazione durante l'emergenza rischia sempre di essere considerata reticente. 1 REATTORI NEL MONDO Alla fine del 1995 sono 430 i reattori commerciali in esercizio nel mondo, per una potenza installata di 340 Gigawatt, pari al 17% della produzione di elettricità nel mondo. Le centrali attualmente in costruzione sono 36, mentre quelle già chiuse, ma non ancora smantellate sono più di 80. Negli USA operano I IO reattori. L'ultimo ordine di costruzione di un reattore nucleare effettivamente realizzato risale a più di 20 anni fa. Negli ultimi 30 anni i reattori ordinati e poi cancellati per i costi crescenti e le proteste della popolazione sono stati 123. Nel 1990 i n Canada i l piano di costruzione di I O reattori entro il 2010 è stato cancellato. A parte la Francia, fortemente dipendente dall'energia nucleare, con le sue 56 centrali, in nessun paese europeo è in costruzione una centrale. In Svezia il congresso del Partito socialdemocratico ha approvato la fuoriuscita dal nucleare, che in questo paese copre ben il 50% della produzione di energia. In Germania, dopo l'unificazione, la centrale di Greifwald -un VVER della prima generazione - nell'ex-DDR fu immediatamente chiusa. In Belgio, un paese ad alta densità abitativa, dove il nucleare copre più del 55% della produzione elettrica il Senato ha chiesto che ogni nuovo reattore venga posto a 30 km dal più vicino centro abitato, cioè da nessuna parte. Come si diceva nell'ex-blocco sovietico la situazione è particolarmente preoccupante sia dal punto di vista della sicurezza immediata, per la presenza di impianti tecnologicamente obsoleti, che delle prospettive di superamento del nucleare. Ma è soprattutto in Asia (Giappone, Corea, India...) che la scelta nucleare sembra non avere particolari ostacoli. PRIMI ESAMI PER I DIPARTIMENTI DI PREVENZIONE di Gian Luca Giovanardi Dipartimento di prevenzione Azienda USL di Parma Il cammino percorso A diciotto mesi dal 30 dicembre `94, data della delibera di istituzione del Dipartimento di Prevenzione (DIP), è tempo, se non di bilanci, almeno di prime riflessioni sul cammino percorso. L'esercizio è senz'altro utile a livello locale (Parma) per cogliere indicazioni su conferme o eventuali correzioni di rotta, ma siamo certi possa essere stimolante per chi, da un osservatorio più lontano, sta monitorando con interesse le prime esperienze dipartimentali nate dai Decreti 502 e 517. Un breve cenno è necessario sulle cose fatte prima del dicembre `94 e su quelle realizzate durante il '95. Direzione generale e gruppo dirigente della prevenzione si trovano concordi nel costruire a livello aziendale un dipartimento che, sinteticamente, sia: • struttura di programmazione (definizione di obiettivi e destinazione di risorse) su tutto l'ambito aziendale (una Provincia organizzata in cinque distretti sanitari); • polo gestionale al fianco del distretto e del presidio ospedaliero, dotato di proprio budget e di contabilità separata, in" line" con la Direzione generale; • articolato in Servizi (igiene pubblica, prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, veterinari), eli norma distrettuali, dotati di autonomia tecnicoorganizzativa nel rispetto delle linee programmatiche dipartimentali; • dotato di una direzione chiamata a svolgere, tra le alt r e, funzioni di controllo di gestione, formazione del personale, gestione dei sistemi informativi e promozione della qualità. Su questi contenuti si procede ad una consultazione differenziata dei diversi soggetti sociali (organizzazioni sindacali e imprenditoriali, autonomie locali, associazionismo), registrando un generale interesse nella sperimentazione del modello. Istituito con atto deliberativo il Dipartimento ed approvato il suo regolamento, attribuiti gli opportuni incarichi di direzione dell'intera struttura e di responsabilità dei diversi Servizi, nel corso del `95 si è proceduto essenzialmente a: • definire alcuni obiettivi di salute e assicurando organizzativi, altri l'informazione all'esterno dell'organizzazione, • avviare una prima analisi dei bisogni di prevenzione su scala aziendale, quale condizione per poter gestire in modo oculato e documentato le risorse disponibili, • organizzare un percorso formativo intensivo verso il gruppo dirigente, per uniformarne metodi di lavoro cd orientamento verso la qualità, ma soprattutto per cementarne la coesione di équipe e l'indirizzo verso successi comuni, • costruire una struttura di Direzione capace di avviare le funzioni sopracitatc, • monitorare il funzionamento dell'organizzazione per coglierne i punti di forza e quelli di debolezza. Alcuni elementi di riflessione Dopo un anno di lavoro, si può affermare che la strada intrapresa è senz'alt r o percorribile e, con alcuni, importanti o addirittura decisivi, accorgimenti, può portare a buoni risultati. Allo stesso modo, il venir meno di alcune condizio- ni più avanti descritte può pregiudicare ancora l'esito dell'esperienza. Tali affermazioni nascono da una disamina serena dell'esperienza fatta, opportunamente pesata rispetto ad alcuni eventi particolarmente "critici" vissuti nell'anno passato: la costituzione di cinque distretti in un'Azienda sorta da quattro Usl e l'avvio dell'ARPA, a livello sperimentale locale dal febbraio, a livello ufficiale regionale dal 1 maggio. Tenendo anche conto di questi due appuntamenti che molto hanno pesato in termini di impegno, sforzo ideativo ed organizzativo ed, anche, sul piano del coinvolgimento professionale e relazionale degli operatori, penso si possano realisticamente individuare nell'esperienza alcuni elementi positivi da sviluppare ed altri più problematici da superare nel prossimo periodo, riassunti nella tabella a pagina 17. Il DIP a connotazione gestionale assicura alla prevenzione una chiara, immediata visibilità organizzativa nella "scacchiera" aziendale. Ciò è vero all'interno dell'organizzazione sanitaria, che tende a riconoscervi una tradizione culturale, uno stile di lavoro. un costante interlocutore nella lettura di problemi di salute ed organizzativi; ma è soprattutto rilevante verso l'esterno. Istituzioni ed Enti, sovente organizzati su una scala territoriale simile a quella delle Aziende USL (di norma provinciale), incontrano un interlocutore più tempestivo e credibile in un dipartimento che supera il ruolo propositivo e di indirizzo per assumerne uno più marcato in senso progettuale e gestionale. Si pensi, a questo proposito, al rapporto tra Dipartimenti e Prefettura, numerosi Assessorati dell'Amministrazione provinciale (Ambiente, Sanità, Agricoltura, Pianificazione territoriale) e, soprattutto, le sedi provinciali delle costituende Agenzie regionali per la prevenzione e l'ambiente (ARPA). Tra gli altri clementi positivi elencati nella tabella, voglio sottolineare l'oppor- 15 (unità che il modello offre di rilanciare la motivazione e l'unità culturale dei dirigenti della prevenzione all'interno dell' Azienda. Uno dei motivi addotti dai fautori del DIP" authority" è quello di evitare la demotivazione dei responsabili dei servizi elle, in un DIP fortemente accentrato, perderebbero non solo autonomia, ma anche spirito d'iniziativa e spinta professionale. Tale preoccupazione, che pur coglie un possibile rischio connesso ad un DIP" struttura", può nascondere tendenze al conservatorismo e resistenze al confronto che mal si sposano con l'attuale fase di incertezza e di ridefinizione di molti ruoli. In realtà, sono convinto che un DIP chiaramente connotato e responsabilizzato sia un possibile, forte polo di attrazione e di integrazione per un gruppo dirigente. E' evidente che occorre la sensibilità di chi è chiamato a guidarlo per unire i dirigenti con una gestione basata sulla trasparenza, la consultazione e la condivisione dei metodi di lavoro. La sperimentazione sta evidenziando anche alcune criticità, che non vanno nascoste ma chiaramente descritte per poterne individuare le soluzioni. Il rapporto tra Servizi del Dipartimento e Direzione del distretto necessita di un approfondimento particolare: la chiarezza organizzativa su questo aspetto è fondamentale per evitare non solo letture personalistiche di eventuali conflitti, ma soprattutto confusione di ruoli con inevitabili ricadute sul funzionamento dei servizi sanitari. Tre sembrano essere i campi a rischio di maggior conflittualità: quello progettuale e gestionale, quello di governo e di uso di spazi aziendali ed, infine, il rapporto con le Amministrazioni locali. Gli obiettivi, e quindi l'operatività dei Servizi di prevenzione, nascono dalla negoziazione con la Direzione generale e sono un insieme" ragionato" di attese su temi di rilevanza aziendale o distrettuale. Su questi, l'area della prevenzione deve però cercare la massima interazione possibile con gli altri servizi sanitari, nella certezza che il" far prevenzione" non è prerogativa esclusiva di alcuni Servizi, ma funzione trasversale a tutta l'organizzazione sanitaria. Visibilità organizzativa cd autonomia gestionale del Dipartimento non significano autarchia progettuale. Pertanto, accanto alla chiara distinzione dei centri di responsabilità e dell'afferenza della spesa, va posta l'esigenza di una progettualità in parte comune o concordata. Per il governo dell'uso dei locali e delle strutture al fine dell'erogazione delle prestazioni, è necessaria una figura unica che sappia armonizzare e finalizzare le 16 diverse esigenze: il Direttore di distretto. Il suo mandato deve essere chiaramente quello di assicurare il massimo di accessibilità e di comfort, ricercando la soddisfazione di tutti gli operatori dell'Azienda e di tutti gli utenti. Delle sue scelte, il direttore ne risponde alla Direzione generale e all'organo di verifica delle Autonomie locali (in Emilia-Romagna, il Comitato di distretto). Altra criticità importante individuata è proprio il rapporto con le Autonomie locali. Non vi sono dubbi sulla titolarità della rappresentanza della Direzione generale e, per suo mandato nella materia specifica, di quella del Dipartimento verso le Istituzioni sovracomunali. Il rapporto coi Comuni, invece, sembra essere più complesso. Il Comune, come espressione dei bisogni della popolazione e come soggetto verificatore degli interventi sanitari, non può non avere, come riferimento nell'AUSL, il Direttore di distretto. Sarà questi che, non esercitando direttamente la gestione dei Servizi di prevenzione, rappresenterà ad essi ed, eventualmente, al Direttore dipartimentale i bisogni e le osservazioni espresse. Diverso è invece il problema del rapporto tra Servizi di prevenzione e Comuni, in quanto utenti : non vi è dubbio che il rapporto debba essere diretto con il Servizio titolare dell'attività d'interesse del Comune. L'ultima criticità descritta risiede nella difficoltà, per il D1P, di esercitare pienamente la gestione, assicurando in proprio le funzioni amministrative ad essa connesse. L'ipotesi di un polo amministrativo appositamente dedicato nel Dipartimento può trovare seri ostacoli, anche giustamente motivati dalla difficile espansibilità delle risorse attuali. Se tale strada non è percorribile, ne vanno cercate altre., basate sull'interazione tra Direzione del DIP, che deve comunque gestire in prima persona alcune funzioni, e nuclei amministrativi dei distretti, che assumerebbero così un ruolo di vero e proprio" service" aziendale per tutte le strutture presenti sul territorio del distretto (ospedali dell'Azienda compresi). Il riparto delle funzioni può essere pensato in diversi riodi. A Parma ci si è indirizzati verso una interazione in cui !a Direzione del DIP cura la predisposizione di tutti gli atti deliberativi di interesse della prevenzione ed effettua costantemente la rilevazione dei bisogni su tutti i beni comuni a più Servizi; i distretti, invece, dovrebbero curare la gestione corrente del personale e, alla luce del budget assegnato al singolo Servizio dal Direttore del DIP, dare seguito amministrativo alle scelte operate dal suo responsabile. Alcune esperienze significative Accanto agli elementi di valutazione più generali, mi preme ricordare brevemente alcuni passaggi della nostra attività `95 che ritengo particolarmente illuminanti rispetto agli obiettivi prefissati. Costruzione di un sistema informativo della prevenzione omogeneo a livello aziendale Muovendoci secondo le linee presentate e discusse a Bussolengo nel Convegno Snop dell'autunno `94, si è cercato di uniformare, e migliorare, finalità, procedure e strumenti dei sistemi informativi già in uso sulle attività, sulle prestazioni e su alcuni" danni" (malattie infettive, mortalità, indicatori di salute alla nascita ecc.). La Relazione sanitaria sull'attività del '95 e la produzione di reports sull'incidenza di alcune patologie sono i primi prodotti del lavoro svolto per ridisegnare nuovi sistemi informativi sulla nuova realtà territoriale. Gestione delle risorse umane E' stato gradualmente avviato il percorso per affermare nella pratica il ruolo gestionale del Dipartimento. In tal senso, nella nuova pianta organica aziendale vi è quella della prevenzione, definita e concertata coi Responsabili di Servizio e le Organizzazioni sindacali: da essa ne derivano assegnazioni ai diversi Servizi dci Distretti, secondo priorità definite dalla Direzione del Dipartimento. Allo stesso modo è stata avviata la gestione di istituti quali lo straordinario e gli obiettivi connessi all'istituto dell'incentivazione: entrambi vengono assegnati dalla Direzione ai Responsabili di Servizio secondo criteri di priorità aziendali e gestiti da questi ultimi all'interno delle équipes distrettuali. Promozione e gestione della formazione La gestione diretta di risorse da investire sulla formazione ha portato, nell'arco del solo `95, a: utilizzo di oltre il 95% del budget assegnato, sostanziale equilibrio (50%) tra formazione" esterna" e formazione organizzata localmente, raddoppio della media di ore di formazione per operatore rispetto alle medie regionali e provinciali degli anni 91-92-93. Predisposizione degli atti deliberativi Lentamente, lutti gli atti deliberativi riguardanti l'area della prevenzione ( e, quindi, le scelte più rilevanti di allocazione di risorse e di gestione) sono stati istruiti dalla, o per conto della, Direzione: le oltre duecento delibere predisposte nel corso del '95 sono la testimonianza della costruzione di un polo di governo che, all'interno della pianificazione aziendale, si candida, al pari del distretto e del presidio ospedaliero, ad ulteriori forme di autonomia e sviluppo gestionali. Costruzione del budget `96 E' stato ]'elemento di programmazione più significativo dell'esperienza ed ha portato, pur in un anno di transizione tra una contabilità finanziaria ancora ufficiale ed una economica virtuale, a definire una previsione di risorse per l'intera area della prevenzione che, con le opportune verifiche da farsi lungo l'anno, costituisce una base preziosa per impostare i nuovi modelli di gestione previsti per il `97. Vale la pena elencare brevemente le tappe principali del percorso seguito: • ricostruzione, per quanto possibile, della spesa storica, sovente anche in modo parziale o limitato a singole voci; • esplicitazione da parte della Direzione generale di alcuni obiettivi generali, Aspetti Positivi e criticità del Dipartimento di Prevenzione di Parma più • Forte connotazione della prevenzione (Amm.ne Prov., Conferenza Sindaci, ARPA, Prefettura, NAS, Magistratura, Ministero) • Programmazione centrata su probblemi prioritari di salute di rilievo aziendale • Razionalizzazione nell'utilizzo delle risorse • Omogeneità nelle procedure e nei comportamenti • Incentivo alla motivazione culturale del gruppo dirigente aziendale prevenzione meno • Ostacoli al Decentramento -autonomia tecnico-organizzativa dei servizi • Rapporto con i direttori di distretto -informazione su problemi, obiettivi e risultati -sviluppo di progetti comuni • Esercizio delle funzioni amministrative a supporto della gestione -polo amm.vo autonomo del dipartimento dei nuclei amm.vi dei distretti come "servite" Previsione di utilizzo di risorse '96 Dipartimento di Prevenzione Azienda USL di Parma (Indicatori tratti della scheda di budget `96) II Dipartimento di prevenzione comprende la funzione di igiene pubblica e degli alimenti, pediatria della comunità, prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, veterinaria e sicurezza impiantistica. Il Dipartimento di Prevenzione non comprende le funzioni di controllo ambientale di supporto laboratoristico, già transitate all'ARPA Il budget del Dipartimento di Prevenzione corrisponde al 5,6% del bilancio generale dell'AUSL. • 0,803 • 86 825 • 108.1 operatori ogni 1000 residenti lire per residente milioni per operatore Budget per voci principali • Personale • Servizi • Beni • Investimenti • Altro 77.0% 12.3% 5.7% 3.0% 2.0% Budget per tipologia dei servizi • Direzione • Servizi Igiene Pubblica • Servizi Veterinari • Servizi Prev. Sic.Amb. Lavoro • Unità per la Sicurezza Impiant. 35% 42.0% 39.0% 12.5% 3.0% • • • • • • rispondenti a priorità o interessi rilevanti del!' Azienda; formulazione di alcuni obiettivi specifici dipartimentali e dei livelli prestazionali da parte della Direzione del Dipartimento, in modo partecipato e consensuale coi Responsabili di Servizio; proposta da parte dei singoli Centri di responsabilità ( i Servizi) di obiettivi specifici locali ed individuazione delle risorse utili al loro conseguimento; valutazione di pertinenza alla strategia aziendale delle proposte con richiesta di correzioni o integrazioni; costruzione di una scheda di budget del Dipartimento comprensiva degli obiettivi specifici di rilevanza aziendale, dei livelli prestazionali previsti a livello aziendale, della previsione di sviluppo in materia di personale, attrezzature ed arredi, della previsione di spesa per le voci principali; negoziazione con il Direttore generale, eventuale ricalibratura degli obiettivi con i Responsabili di Servizio, validazione finale del budget; attribuzione, ai diversi Centri di responsabilità, del budget annuale, con indicazione degli obiettivi assegnati e dei livelli prestazionali validati, nonché delle risorse da acquisire. L'intero percorso, comprensivo di alcuni momenti formativi di" invito al budget", si è interamente svolto tra la metà ottobre `95 e la metà febbraio `96. L'esperienza fatta dovrebbe consentire di concentrare tutto il processo in circa due mesi. La tabella allegata riassume alcune informazioni sul" peso" aziendale della prevenzione e sulla distribuzione delle risorse nelle voci principali: i dati illustrati non hanno ovviamente nessuna valenza quali standard, ma, essendo connessi ad una specifica realtà territoriale, hanno un mero significato metodologico. Ma il cliente...cosa ne pensa? L'interrogativo è legittimo. Uno sforzo progettuale ed organizzativo rilevante ha portato con sé mutamenti positivi rilevabili all'esterno dell'organizzazione? L'esperienza di contatto coi nostri Servizi è migliorata? Non ho risposte certe a questa domanda e, forse, è anche prematuro attenderle. Ad ogni buon conto ci siamo posti il problema e, cogliendo l'occasione della costruzione della Sezione terza della Carta dei servizi sanitari, stiamo lavorando su questo percorso: • identificazione, su alcune attività di prevenzione, di criteri ed indicatori di qualità-cliente, • definizione per ciascuno di essi di 17 standard aziendali o distrettuali, • presentazione delle proposte all'utenza organizzata con avvio di" tavoli" paralleli di approfondimento degli obiettivi e dei criteri presentati, • ridefinizione della proposta ed avvio del monitoraggio insieme ai rappresentanti dell'utenza. Le prospettive immediate Un giudizio, seppur sintetico ed" in itinere", mi fa dire che" si può fare": la scommessa di costruire una prevenzione capace di integrarsi e governarsi su una scala più ampia di quella del singolo distretto è non più una questione di rilevanza ideologica, ma di praticabilità operativa. Sono ovviamente necessari alcuni prerequisiti, tra i quali ricordo: l'orientamento deciso della Direzione generale, l'unità culturale del gruppo dirigente della prevenzione ed, infine, la volontà di ricercare incessantemente non l'isolamento, ma l'integrazione con tutti i servizi sanitari aziendali attraverso progettualità comuni e" service" reciproco. I prossimi 5-6 mesi saranno decisivi al fine di avere conferme o smentite sul cammino percorso: gestione della contabilità economica e rapporto coi distretti, conduzione della costruzione del budget `97 e avvio del confronto sulla qualitàcliente sono i tre terreni immediati di valutazione dell'esperienza. MUCCA PAZZA DALLA DEREGULATION AL CRAC ECONOMICO La vicenda della mucca pazza, o meglio della encefalopatia spongiforme bovina, che ha imperversato sulla stampa nei mesi scorsi ci deve fare riflettere ancora una volta sull'importanza delle regole e della prevenzione. Correvano gli anni `80 e l'Inghilterra di Margaret Thatcher aveva il vento in poppa: patria de] liberismo e della deregulation in tutti campi: zootecnia compresa. Minori vincoli sanitari negli allevamenti e nei mattatoi, trascurato l'obbligo di scaldare a giusta temperatura i resti delle bestie macellate prima di avviarli alla trasformazione in mangime o in farina industriale. Tutto poteva diventare farina animale. Da una parte costi energetici, dall'altra parte lauti guadagni e rischi di infezione. II sistema veterinario inglese venne smantellato: prima i veterinari erano pubblici ufficiali e la loro preoccupazione era quella di fare rispettare le regole di igiene; poi vennero "liberalizzati" al servizio privato di imprese e mattatoi. Concorrenzialità selvaggia: silenzio in cambio di soldi. All'etica della salute si impose quella degli affari. Molti che denunciavano e negavano permessi furono licenziati. Al loro posto, in questi ultimi dieci anni, vennero impiegati non veterinari laureati, ma semplici tecnici, dopo un corso di alfabetizzazione veterinaria di pochi mesi; questi tecnici, molto meno esperti, erano ovviamente pagati molto meno. Le Autorità sanitarie e il Governo inglesi interpretarono sempre in modo restrittivo gli allarmi di numerosi studiosi (il microbiologo Leeds, lo scienziato Lacey) sulla trasmissibilità all'uomo di queste forme morbose, quali la oramai ultranota malattia di Creutzfeldt-Jacoh, una forma gravissima di demenza presenile. Non si promosse certamente la ricerca scientifica per dirimere la questione, e cioè se era o meno possibile infrangere la barriera di specie, ovvero il punto chiave su cui si discute: la trasmissibilità per via alimentare. Il primo annuncio ufficiale sulla esistenza della BSE (enccfalopatia spongiforme bovina) compare nel 1988 quando il microbiolo- 18 go Stephen Dealer affermò che fegato e muscoli delle mucche potevano essere veicolo di infezione; Tim Lang, professore universitario di politiche alimentari, aggiungerà subito l'allarme sulle farine animali date come mangime per il passaggio forzoso degli animali da erbivori a carnivori. Occorre precisare che il Ministro inglese dell'agricoltura, il conservatore William Waldergrave (in carica dal 1986 al 1995) era ed è un grande allevatore e che il successivo Ministro Douglas Hogg, un avvocato tory, non ha difeso certamente gli interessi dei consumatori. La malattia di cui si parla esiste da secoli, ma non è mai passata da una specie all'altra sino che non sono dati da mangiare animali malati ad animali sani. Ci sembra una cosa un po' contro natura dare delle farine animali a degli erbivori, ma così va il mondo. i dati inglesi erano leggibili per tempo: i casi di "mucca pazza" erano infatti 420 nel 1987, 2185 nell'88, 7136 ncll'89 e via via moltiplicando sino a più di 36.000 nel 1993? L'encefalopatia spongiforme venne rilevata non solamente tra i bovini ma tra ovini, scimmie, gatti, topi, visoni, e l'elemento comune sembra legato all'alimentazione a base di mangime proteico derivato da scarti di lavorazione. La questione della "barriera di specie" e della possibile, ó meno, trasmissione per via alimentare, sembra superata nei fatti. Oggi anche il Governo inglese deve ammettere che la metà dei mattatoi e degli allevamenti non hanno regole e che bisogna approfondire il problema. Ma quale prezzo, anche economico, per tutti? Fortunatamente in Italia i più di 5.000 veterinari delle USL e del Ministero della Sanità, motivati e preparati, continuano i loro controlli minuziosi su animali e carni importate per impedire traffici clandestini attraverso frontiere stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali. Per sino nel fuoco delle polemiche il sistema veterinario pubblico italiano, e l'ex Ministro Guzzanti, sono passati LE MALATTIE DA PRIONI Il fatto abbastanza sconvolgente della storia della mucca pazza è non tanto o non solamente che ci si possa ammalare mangiando, quanto che il responsabile della infezione non sia un batterio o un virus, ma una proteina: una particella proteica detta prione, che può alterarsi e inserirsi nel genoma. I prioni in questione sono semplici aggregati di aminoacidi in grado di entrare nell'organismo, penetrare dentro i neuroni e riprodursi distruggendo tessuto nervoso. Nel cromosoma 20 vi è un gene che fabbrica la proteina prionica; se per una mutazione genetica vi è un aminoacido sbagliato, la proteina diventa indigeribile dalle proteasi, si accumula, si appallottola nelle cellule che vengono distrutte. L' organismo non sembra in grado di rispondere con reazioni immunitarie o infiammatorie, perché "non vede" il pericolo, cioè considera i prioni proteine normali anche se hanno una conformazione diversa. Non tutti gli organismi sono attaccati: occorre infatti una predisposizione genetica che dia le istruzioni per riprodurre la proteina prionica. Questo spiega per ora la scarsa dif- indenni e vincitori per gli scetticissimi mass-media (ad esempio la trasmissione Tempo Reale nel mese di marzo), proprio perché il nostro sistema è legato alla sanità pubblica e non (solamente) alle implacabili leggi dell'economia di mercato. Ma sicuramente tutta questa vicenda non può essere risolta solamente con un sistema di controlli rigorosi, e vi é una necessità urgente di una revisione profonda, anche economico-filosofica, dei sistemi di allevamento e dei consumi. fusione della malattia umana a fronte di una larghissima diffusione della malattia bovina. La tabella che segue tratta da un non più recente articolo del neurobiologo californiano Stanley B.Prusiner, il massimo studioso in materia, mostra come le più importanti malattie umane da prioni abbiano in comune non solamente la causa: l'accumularsi di proteine anomale nel cervello, ma anche i quadri patologici (demenza e incoordinazione motoria), in quanto le aree maggiormente colpite sono la corteccia cerebrale e il cervelletto. Nell'uomo sono state sino ad ora attribuite ai prioni quattro malattie neurologiche: la malattia di Creutzfeldt-Jacob, osservata come conseguenza accidentale di un trattamento farmacologico: la terapia per correggere la bassa statura con ormone della crescita non di sintesi ma estratto da cadaveri; l'insonnia familiare fatale scoperta (primo caso descritto in Veneto nel 1986 da Elio Luganesi), la sindrome di Gestmann Strausser-Scheinker: una forma di demenza e il Kuru, diffuso negli anni Cinquanta in tribù montane di Papua (Nuova Guinea) che mangiavano, per motivi religiosi, il cervello dei defunti. Nelle forme non ereditarie, le più frequenti, la proteina prionica sbagliata pare entri nel sistema alterando la proteina prionica normale: un modello copiato dal sistema dottor jekyll e Mr. Hyde? Per ora il numero di casi umani di malattia da prioni non ereditaria (alimentare quindi?) sono ancora pochi, ma l'effetto dovrà essere "contato" nei prossimi anni. E' vero che, come dice Prusiner, neurologo e massimo esperto mondiale di malattie prioniche,"25 anni di epidemiologia insegnano che i prioni non passano dalle pecore (che avevano avuto impressionanti epidemie) all'uomo 'Ma la sequenza di aminoacidi della proteina prionica nelle pecore differisce da quella bovina per pochi aminoacidi (non a caso i bovini inglesi si stanno infettando mangiando resti di pecore malate), mentre è estremamente lontana dalia configurazione di quella umana. Gli studiosi affermano che quanto impareremo dalle malattie da prioni ci aiuterà forse a capire altre e più comuni affezioni degenerative del Sistema Nervoso Centrale, come il morbo di Alzheimer o il Parkinson, che assomigliano molto sia sul piano clinico (demenza, incoordinazione, tremore) che su quello istologico (un aspetto di" cellule attaccate") alle malattie da prioni. Prusiner pensa infatti che tutte queste malattie siano riconducibili ad uno schema comune: il cambiamento di forma per cui una proteina da normale diventa patologica. Tabella Le malattie da prioni nell'uomo malattia sintomi tipici trasmissione distribuzione Kuru incoordinazione demenza cannibalismo Papua Nuova Guinea circa 2.600 casi Malattia di Creutzfeldt Jakob demenza incoordinazione tratt. farmacologico gene alterato alimenti 80 casi trattati 100 famiglie casi sporadici Malattia di Gerstamann Straussler Scheinker incoordinazione demenza gene alterato 50 famiglie Insonnia familiare fatale demenza gene alterato 9 famiglie Laura Bodini Fonte: Le Scienze, Marzo 1995 19 MATERIALI DI LAVORO LA VALUTAZIONE DEI RISCHI È INIZIATA Suggerimenti pratici e riflessioni teoriche scaturite dal'analisi dei primi documenti redatti dalle aziende di Gianni Saretto Nicoletta Cornaggia Roberto Zanelli UOTSLL -Azienda USSL 43 Vigevano (PV) la redazione Con le integrazioni e correzioni introdotte dal D.Lvo 242 del 1913196, le incertezze legate ai continui differimenti delle scadenze sono state finalmente superate e gli imprenditori sembrano ormai avviati ad affrontare concretamente l'obbligo di valutazione dei rischi di cui all'art. 4 del D.L.vo 626196. 2. difficoltà metodologiche che emergono a livello della identificazione sia dei fattori di rischio che dei lavoratori esposti 3. difficoltà metodologiche che emergono a livello della vera e propria valutazione dei fattori di rischio identificati 4. problemi teorici aperti Un segnale di questa nuova fase è rappresentato dalle sempre più frequenti domande che vengono rivolte agli operatori delle UOtsll da parte di coloro che sono attivamente impegnati nella valutazione dei rischi, domande mirate a capire come concretamente deve essere effettuata la valutazione e redatto il documento; vengono inoltre richiesti ai servizi pareri sulle questioni procedurali rimaste incerte. A queste domande si cerca di rispondere attraverso l'attività di informazione ed assistenza, ormai uno dei principali e qualificati compiti dei futuri programmi di lavoro delle UOtsll. Questa UOtsll ha già informalmente ricevuto almeno una ventina di bozze di documento di valutazione; dall'analisi di questi primi elaborati scaturisce la presente riflessione che vuole, pertanto, essere fortemente vincolata a quanto sta avvenendo nelle Aziende del nostro territorio, anche se per alcune questioni è risultato obbligatorio il richiamo a concetti di fondo (punto 4). Le considerazioni che seguiranno risultano così ordinate: 1. Descrizione delle fasi comunemente svolte dalle Aziende nella realizzazione della valutazione e redazione dei documento 1. descrizione delle fasi comunemente svolte dalle Aziende nella realizzazione della valutazione e redazione del documento 20 Presentiamo in questo numero un primo contributo di carattere tecnico sulla "valutazione delle valutazioni", offerto alla discussione dai colleghi di Vigevano. Il testo si inserisce nella polemica scientifica seguita all'intervento del prof: Magnavita. sulle colonne della " Medicina del lavoro " . il quale stigmatizzava l'uso troppo disinvolto di formule matematiche per la creazione di priorità nell'inter v ento sui rischi rilevati nelle aziende. Ci é sembrato particolarmente utile presentare il punto di vista di operatori pubblici che da anni lavorano sull ' argomento e che propongono un approccio diverso da quello sostenuto nella lettera alla rivista milanese. I documenti analizzati presentano una struttura sostanzialmente omogenea. La conduzione della valutazione è stata, nella maggioranza dei casi, articolata in fasi, come è stato indicato dal Coordinamento Tecnico per la prevenzione delle Regioni, Documento n 1 "La valutazione per il controllo dei rischi" approvato il 27110195, ovvero: fase I - Identificazione Identificazione dei fattori di rischio Identificazione, dei lavoratori esposti fase II - Valutazione Stima della entità della esposizione Stima della gravità degli effetti che ne possono derivare Stima della probabilità che tali effetti si manifestino fase 111 - Controllo Ricerca di misure tecniche, organizzative, procedurali, per eliminare o ridurre l'esposizione e/o il numero di esposti Definizione di un piano e cronogramma per la messa in atto delle misure individuate. 2. Difficoltà metodologiche che emergono a livello della fase I: identificazione dei fattori di rischio e dei lavoratori esposti Lo strumento comunemente impiegato per la identificazione è quello delle Liste di controllo. Si considera centrale la esigenza di dover descrivere in modo esaustivo la situazione osservata e si impiegano elenchi di fattori di rischio (30-40 fattori di riferimento) ed elenchi di dettagli per ciascuno dei fattori di rischio identificati (1000-1500 dettagli). Il momento successivo della fase identificativa, riferito all'individuazione dei lavoratori esposti, è invece normalmente realizzato con un approccio che impiega due entrate per la classificazione dei rischi: • entrata secondo aree omogenee o reparti o sezioni; • entrata secondo le mansioni svolte dagli addetti all'interno delle varie aree omogenee. Nella tabelle l a e l b sono riportati esempi di questa doppia entrata per la classificazione; gli esempi sono riferiti al comparto calzaturiero, settore molto rappresentato nel nostro territorio. Un aspetto criticabile in molti documenti si rileva proprio nell ' utilizzo di questa doppia entrata; infatti sia la face di identificazione dei .fattori di rischio e dei successivi dettagli sia la fase della vera e propria valutazione vengono spesso effettuate riferendosi sia alla tabella che classifica i fattori di rischio secondo le aree omogenee sia a quella che li classifica a partire dalle mansioni. Il risultato che si ottiene in questa ripetizione del lavoro è spesso quello di pro- dune inutili e dispersivi doppioni di giudizio o in qualche caso addirittura dei giudizi contraddittori. Proponiamo una soluzione a tale questione basata sull'adozione di una iniziale suddivisione dei fattori di rischio in quelli da riferire fondamentalmente alle aree di lavoro ed in quelli più pertinenti alle mansioni (si veda l'esempio riportato nella tabella 2). Pertanto un fattore di rischio sarà da subito considerato appartenente ad uno dei due gruppi con il risultato che i successivi passaggi, quello di ricerca dei dettagli di rischio e quello della valutazione. saranno svolti una sola volta. 3. Difficoltà metodologiche che emergono a livello della fase II: vera e propria valutazione dei fattori di rischio identificati Dallo studio dei documenti pervenuti è emerso che la valutazione del rischio viene affrontata perlopiù con la metodologia basata sulla matrice determinata dalla nota funzione R=f(P,D) si veda a riguardo il prossimo punto 4-; in alcuni casi abbiamo comunque osservato approcci alla valutazione diversi. Riteniamo utile presentare un elenco esaustivo delle metodologie da noi osservate o a noi note il cui ordine di Tabella la I ° ENTRATA: CLASSIFICAZIONE PER AREE OMOGENEE DI LAVORO (sett. calzaturiero) MAGAZZINO(mag) TAGLI O(tag) SCARNITURA(sca) TRANCERIA(tra) ORLATURA(orl) INGUARNITURA(ing) MONTAGGIO(mon) FONDO(fon) MOCASSINISTI(moc) MODELLERIA(mod) UFFICI(uff) SERVIZI TECNICI(ser) ATTIVITA'-MANSIONE ORLATURA PREPARAZIONE A MANO PIEGATURA A MACCHINA MOCASSINISTA SCARNITURA MODELLISTI TAGLIO CON TRANCIA TAGLIO A MANO TIMBRATURA LEVACHIODI SMERIGLIATORE INCOLLAGGIO PIANTATACCHI E GUARDOLO FORNO FRESATORE-PRESSISTA MACCHINE PER SPAZZOLE COLORATURA A MANO TIMBRATRICE E RIFILATRICE TRANCIATURA MAGAZZINIERE 3.1 Metodologie impiegate per la valutazione dei rischi 3.1.1 Confronto con • norme di legge • norme di buona tecnica • norme aziendali 3.1.2 Giudizio con matrici semiquantitative Probabilità del dannolGravità dello stesso R P*D Il metodo è descritto al punto 4. 3.1.3 Giudizio con scale ordinali Appartengono a questa classe molti di quei procedimenti messi a punto negli anni 180 dai Servizi territoriali di medicina del lavoro per l'esecuzione di indagini di comparto ; tali procedimenti, ritenuti spesso " poco scientifici " e perciò snobbati, sono stati ora riconsiderati perché scoperti utili strumenti di valutazione. Questi mirano a fornire un giudizio su un determinato rischio operando una sintesi delle informazioni relative a tale rischio attraverso un indice numerico capace di fornire un'indicazione immediata del livello di gravità. ° AREE DI STABILIMENTO Tabella I b 2° ENTRATA: CLASSIFICAZIONE SECONDO MANSIONI (sett. calzaturiero) presentazione è indicativo anche della diversa capacità informativa (valutativa di ciascuna, crescente a nostro parere da l a 5, così come lo è il costo di realizzazione. Tabella 2 SUDDIVISIONE DEI FATTORI DI RISCHIO DA TRATTARE O NELL'AMBITO DELLE "AREE DI LAVORO" O NELL'AMBITO "MANSIONI" (sett. calzaturiero) AREE FATTORI DI RISCHIO Porte e portoni Vie ed uscite d'emergenza Vie dicircolazione, pavimenti e passaggi Spii di lavoro Scale Aerazione -Ventilazione Microclima-Climatizzazione Illuminazione Incendio-Scariche atmosferiche -Impianti Elettrici Servizi Igienici ed assistenziali Organizzazione -Norme e procedimenti di lavoro Formazione/Informazione Manutenzione Macchine Agenti chimici-Polveri Rumore-Vibrazioni Carico di lavoro fisico-Posture incongrue Dispositivi di protezione individuale Emergenza e Pronto Soccorso Sorveglianza Sanitaria Segnaletica Autorizzazioni-Tutela lavoratori a rischio elevato 21 MANSIONI Il procedimento impiegato per la determinazione dell' indice è pertanto quello di attribuire alla situazione osservata un certo punteggio numerico. E' ovvio che tale metodica pecca di approssimazione, ma consente comunque di rappresentare in un solo dato un giudizio sulla rispondenza igienica o la sicurezza del fattore di rischio in esame e di orientare le priorità del successivo intervento di controllo del rischio. Nella tabella 3 viene riportato un esempio di un procedimento di giudizio con scale ordinali impiegato per la valutazione del rischio collanti nel comparto calzaturiero. 3.1.4 Misure indirette Con questo tipo di procedimento un fattore di rischio viene valutato attraverso una misura di una o più variabili ad esso fortemente correlate; le variabili misurate risultano ovviamente più facilmente determinabili (sostanzialmente minor costo per avere l'informazione) rispetto alla misura diretta dell'agente di rischio. Alcuni esempi: nel settore calzaturiero si potrà effettuare la misurazione con anemometro della velocità d'aspirazione delle cappe sul punto di incollaggio ottenendo una valutazione indiretta sul rischio da collanti. Oppure nel comparto verniciatura si potranno impiegare i modelli proposti dal CRAM (Cassa Regionale Assicurazione Malattie - Francia) o dall'ISPESL, applicabili agli impianti di verniciatura con cabina pressurizzata per la valutazione del rischio da impiego di vernici. Essi sono basati sulla determinazione della velocità dell'aria misurata con anemometro a filo caldo e della pressione statica differenziale interno-esterno. Tali modelli di valutazione hanno già avuto numerose verifiche tanto che si è in grado di affermare che al di sopra di certi livelli delle due variabili misurate (velocità e pressione) viene garantito il contenimento della concentrazione di inquinanti al di sotto del 30% del TLVTWA. Tabella 3 GIUDIZIO SUL FATTORE DI RISCHIO COLLANTI CON SCALA ORDINALE Ricavare con l ' osservazione: • Numero di postazioni d'impiego dei prodotti (a) indicativo della qualità di collante utilizzata • Numero di cappe assenti (b), parametro rappresentativo del livello d'attenzione posto da un'Azienda nell'applicazione di norme igieniche. I=axb Fascia I .Calzaturifici con 1=0. Condizioni di bonifica attuata. Rischio presumibilmente basso. 3.1.5 Misure dirette E' questa la valutazione tradizionale ottenuta attraverso la misurazione dell'agente fisico o chimico di rischio ed attraverso le misure epidemiologiche di danno. Esempi ovvi: il livello d'inquinamento di un solvente viene determinato attraverso il monitoraggio ambientale o biologico; il livello di rumorosità attraverso la misura del Lepd; tassi d'incidenza per i vari danni indotti. Dopo questa rassegna di metodiche Fascia 2.Calzaturifici con I compreso tra I e IO. Bonifica da attuare. Rischio presumibilmente presente. Fascia 3.Calzaturifici con I maggiore di IO. Bonifica da attuare. Rischio presumibilmente medio-alto. Tabella 4 ESEMPIO DI RAFFORZAMENTO DELLA SCALA DI RIFERIMENTO PER LA GRAVITA' DEL DANNO INDICE 2 DEFINIZIONE CRITERI IDENTIFICATIVI DANNI TIPO LIEVE Nessun tipo di inabilità Esposizione senza effetti significativi Escoriazioni Contusioni Tagli curabili con medicazioni Scottature con dolore senza bruciature Irritazioni cutanee Arrossamenti oculari Congiuntiviti Emanazioni sgradevoli SERIA Inabilità temporanea Schiacciamenti Tagli che richiedono suture Fulminazioni Fratture Ustioni di I° e 2° grado Intossicazioni Irritazioni Esposizione con effetti lievi e reversibili 3 GRAVE Inabilità permanente 1 Esposizione con effetti gravi ma reversibili 4 IRREPARABILE 22 Possibile morte Esposizione con effetti irreversibili Fratture multiple Perdita di arti Sensibile abbassamento dell'udito Sensibile abbassamento della vista Sensibilizzazioni Intossicazioni Fulminazioni potenzialmente impiegabili per la valutazione si propongono le seguenti considerazioni conclusive: • tutti i fattori di rischio dovrebbero essere inizialmente valutati cori il confronto con le norme legislative vigenti, appositamente introdotte per ottenere il contenimento dei loro effetti. Si ricorda che in questa fase della valutazione si stanno comunque trattando e "misurando" delle variabili, anche se con i principi delle scale nominali. Dalla valutazione si ottengono risultati binari (SI/NO) decisi dopo aver stabilito la conformità o meno di una osservazione ad un disposto di legge. • un gruppo numeroso di fattori di rischio potrà essere valutato unicamente al primo livello sopra descritto, quello del confronto tra ciò che si osserva ed il contenuto di una norma cori un giudizio di adempimento/non adempimento. E importante ancora dire che nella valutazione dei rischi questa tipologia di fattori è quella maggiormente rappresentata: appartengono infatti a questa famiglia tutti i fattori di rischio legati a un giudizio sui requisiti dei luoghi di lavoro, dei servizi igienici e assistenziali, dell'organizzazione del servizio di sicurezza, della sicurezza delle macchine; • passeranno alle fasi successive di valutazione, con uno o più degli approcci sopraelencati, quei fattori di rischio che, benché risultati a norma, ammettano comunque un rischio residuo. Nello stesso modo verranno trattate: • sia le situazioni di non conformità evidenziate dalla prima analisi che sono state successivamente "normalizzate"; -sia le situazioni che, quantunque configurino un'omissione del rispetto della normativa vigente, richiedano per essere normalizzate o richiedano uno studio specifico o il ricorso a specialisti o un intervento di complessa attuazione (indicazione data dal Coordinamento Tecnico per la prevenzione delle Regioni - Documento n. 1- pag.9 approvato il 27114/95: La valutazione per il controllo dei rischi); • è tuttavia evidente che laddove venga impiegata, per obbligo normativo, vedi rumore, o per scelta del valutatore, una metodica con più capacità informativa diventerà inutile l'applicazione di approcci meno potenti: ad esempio se si effettua un monitoraggio biologico o ambientale di un inquinante chimico di cui si conoscono i limiti d'esposizione (BEI o TLV) diventerà inutile valutare tale rischio anche con l'applicazione della matrice R=f(P`D). 4. Problemi teorici aperti Proponiamo infine alcune considerazioni che risultano più inserite nella discussione teorica in corso sulla validità dei vari strumenti di valutazione e pertanto forse meno pratiche. Come abbiamo sopra visto gli approcci valutativi potranno essere a volte qualitativi, a volte di giudizio quantitativo, a volte ancora misti. E noto agli operatori che negli ultimi mesi svariati approfondimenti critici su questi algoritmi di valutazione sono stati presentati in riviste e giornali della nostra area così come nel corso di Convegni sul tema. Particolarmente bersagliata è stata la diffusa formula R= P*D (e più in generale gli approcci con scale ordinali). Vediamo brevemente le due principali critiche: a) con l'impiego della formula R= P*D e del metodo collegato a tale formula per la valutazione del rischio, si opererebbero almeno due scelte improprie, ovvero: • quella di rapportare due grandezze appartenenti a scale diverse, P intesa come probabilità del danno da un lato e D intesa come gravità dello stesso dall'altro. L'errore consiste nel relazionare con somme o moltiplicazioni due grandezze differenti • quella di voler legare le due variabili P e D con una comune operazione "aritmetica", un prodotto, quando l'aritmetica non può essere applicata a grandezze non parametriche. (Magnavita N., De Lorenzo G., Sacco A. in "La Medicina del Lavo ro" Vol. 87, n I, Gen-Feb 1996 pag. 76, Lettere in redazione) b) la seconda critica rivolge più l'attenzione alla debolezza dell'algoritmo R= P*D. Sostiene infatti che esso porta ad una valutazione qualitativa o semiquantitativa del rischio, meno potente della valutazione quantitativa che impiega invece sia il concetto di dose del fattore di rischio sia una misura epidemiologica di danno quale è il Rischio Relativo. La formula R=P*D può pertanto generare conclusioni equivoche dovute all'arbitrarietà del giudizio nell'attribuire un punteggio sulle due scale P e D. E noto che l'algoritmo più in uso è quello che prevede per entrambe le variabili un range per il giudizio da 1 a 4 con valori discreti. (Colombi A., Nicoli E. "Sistemi attuali di valutazione dei rischi" relazione al Convegno "Rischio, , fattori di rischio, D.Lvo 626/94" Associazione Lombarda di Medicina del Lavoro, Clinica del Lavoro di Pavia; Pavia 19/4/96) Come già sopra anticipato, riteniamo che il metodo R=P'`D non sia altro che un'applicazione di una moltiplicazione tra due grandezze misurate su scale ordinali. La teoria ammette la possibilità di impiego di scale ordinali di misura quando si osserva un insieme di oggetti che posseggono qualche proprietà o caratteristiche. Nel nostro caso l'oggetto di valutazione è la condizione igienica e di sicurezza di un certo ambiente di lavoro mentre le variabili (caratteri o attributi) a cui siamo interessati sono i fattori di rischio individuati. Il passo seguente della metodologia consiste nell'assegnare ad ogni osservazione fatta un numero, indicante appunto il carattere o la proprietà dell'oggetto. A livello teorico si ammette che nell'impiego di queste scale sarà spesso impossibile determinare direttamente tale numero, sicché ci si dovrà accontentare di proporre delle semplici regole per l'allocazione dell'osservazione nella giusta classe. Questo problema si trasforma nella ricerca di definizioni e criteri chiari per assegnare una certa osservazione al livello I piuttosto che 4 delle scale 23 Danno/Probabilità. Si sottolinea che questo procedimento è comunque incluso dalla teoria nei procedimenti di misurazione, al pari di quelli che si basano su scale di intervalli e scale di rapporti. Sarà indispensabile ovviamente che le varie misure riflettano le vere grandezze del carattere. In particolare ad un numero alto dovrà corrispondere l'osservazione con caratteristiche "alte", al contrario per il numero basso. Sempre secondo la teoria, date queste premesse, con il procedimento di misurazione a livello ordinale, i numeri ottenuti potranno essere formalmente assoggettati a tutte le regole dell'aritmetica, anche se i risultati complessivi tuttavia non potranno essere interpretati in termini delle vere grandezze delle proprietà studiate. Pertanto, al contrario di quanto sostenuto dalle due critiche sopra riportate, non ci pare così eretico l'impiego del R=P`{'D; semmai andrebbero rinforzate le regole di assegnazione delle varie osservazioni nelle classi così da assicurare che l'ordine 1, 2, 3, 4 rifletta effettivamente situazioni e condizioni via via sempre meno accettabili (la tabella 5 propone un esempio di rafforzamento della scala del danno e vuole essere un invito agli operatori affinché si percorrano queste vie per la ricerca di definizioni sempre più precise per l'allocazione delle osservazioni nei vari livelli). In conclusione riteniamo che sia fondamentale che l'applicazione del D.Lvo 626/94, al di là degli adempimenti formali di valutazione, debba soprattutto essere l'occasione per permettere alle Aziende di fare concreti passi in avanti nella direzione del miglioramento dei luoghi di lavoro. In questo senso il punto di partenza per analizzare ed affrontare correttamente le importanti questioni teoriche dianzi esposte dovrà essere collocato in un ambito che sta più a monte delle procedure tecniche, cioè nel campo problematico della individuazione delle finalità della valutazione (o misurazione). Riteniamo in sostanza che ci si debba anzitutto porre il problema del perché si vuole misurare, dell'aspetto finalistico della misura piuttosto che quello degli aspetti tecnici di scelta e. regolamentazione dello strumento più corretto di misurazione. Vale insomma la regola che il prof. Grieco ricordava nel Convegno di Pavia sopra richiamato: non ci servono approcci e metodiche sofisticate per misurare tutto, quando poi si interpreta poco od addirittura non si cambia nulla. 24 AREE DISMESSE Molti servizi stanno convivendo con un nuovo tener di lavoro: la dismissione di grandi e piccole aree, siano esse siderurgiche o petrolchimiche, siano semplicemente vecchie fabbriche in disuso. Tecniche di demolizione di impianti, " nuove " presenze di amianto che vengono cella luce in coibentazioni nascoste, in fasciatili di tubi lunghi migliaia di metri, depositi e serbatoi da conoscere, terreni da analizzare e asportare, strutture edilizie e impianti da fare scomparire in sicurezza: tutti questi sono problemi da conoscere e affrontare con una professionalità con tempi di azione alti. Fabbriche centenarie che vengono smantellate in quc'dche decina di giorni, ma come? Con quali piani di sicurezza e da chi? Con quale formazione alla conoscenza e alla preven- e zione del rischio e con quali attrezzature? La dismissione delle aree industriali ci deve far misurare inoltre con la capacità di lavorare insieme della Pubblica Amministrazione: servizi di tutela ambientale e di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, presidi multizonali e altri: un banco di prova sull'integrazione tra dipartimenti di prevenzione e sistema ambiente, ma anche con la nostra capacità di dare risposte professionali e pronte, di confrontarsi e controllare il mondo delle imprese private che ha in questo settore un nuovo importante business. lmt iziamo con il contributo dei colleghi di Napoli, in vista di un appuntamento che SNOP organizzerò su questo tema nei primi mesi del 1997 La redazione NAPOLI La Raffineria di Napoli, nata alle porte della città agli inizi degli anni sessanta, col tempo era venuta a trovarsi nel cuore della città, a ridosso del moderno Centro Direzionale e del centro abitato con gli insediamenti abitativi del post-terremoto dei 1980. La sua delocalizzazione era entrata nel dibattito cittadino legato al risanamento igienico-ambientale della città ed era assunta come impegno prioritario dall'Amministrazione Comunale, vedi porto turistico a Bagnoli e parco tecnologico dell'area orientale. Non veniva quindi rinnovata dall'Amministrazione stessa la concessione di utilizzo del territorio e gli impianti venivano fermati. Per questi motivi la direzione della Raffineria, dovendo procedere allo smontaggio degli impianti, in data 311/95 comunicava alla ex USL 45 di Napoli, competente per territorio che "a seguito della fermata degli impianti di produzione", aveva in programma lo studio di un piano operativo per la bonifica degli stessi, e chiedeva un incontro preliminare per affrontare le problematiche relative al rispetto della normativa e delle procedure di sicurezza dei lavori. Nell'incontro tenutosi il giorno 10 dello stesso mese, vennero affrontati alcuni aspetti preliminari del piano, nonché i programmi di attuazione, e vennero richieste notizie relative ad eventuali mappature di materiali contenenti amianto all'interno dell'impianto, redatti ai sensi del DL 277/91. Alla luce della recente normativa, dei vincoli e delle attribuzioni a carico della Pubblica Amministrazione, si ponevano alla nostra attenzione alcuni problemi interpretativi, nonché operativi, e cioè: a) potevano le coibentazioni dell'impianto industriale in esame, avendo con la fermata perso la loro destinazione d'uso, essere considerate "rifiuto d'amianto" e tali quindi da rendere necessari e obbligatoria la loro rimozione prima dello smontaggio?; b) data la complessità e peculiarità dei lavori, questi potevano essere affidati a. ditte qualsiasi, senza le dovute competenze?; c) in questo caso, trattandosi di impianto industriale e trovandosi le coibentazioni di amianto intorno a tubazioni all'aperto, era applicabile la metodologia prescritta nel DM 6/9/94?; d) quale ruolo doveva avere il servizio pubblico in tutta la fase di programmazione e di esecuzione dei lavori? Di fatto, con la fermata del processo produttivo, si può senz'altro affermare che questo abbia perso la sua destinazione d'uso, e questo anche per le coibentazioni; sono realizzate, quindi, le condizioni di cui alla lettera C dell'art. 2 DL 257/92, definendo le coibentazioni delle tubazioni quali "rifiuti d'amianto". Come indicato al capo 2, paragrafo 2B del DM 619/94. queste rappresentavano materiali integri, allo stato, suscettibili di danneggiamento senza il necessario intervento di manutenzione, e d'altra parte, come indicato nella tab. I dello stesso DM, i rivestimenti delle tubazioni presentavano elevato rischio di rilascio di fibre se la protezione esterna, in questo caso lamierini, non era tenuta in condizioni di sicurezza. Per tali ragioni, con le prescrizioni trasmesse in data 2/3/95, ritenemmo che l'intervento di rimozione dell'amianto dovesse essere totale e prioritario a qualsiasi altro intervento di bonifica degli impianti della Raffineria. Tra i criteri generali venivano individuate alcune procedure relative ai piani di lavoro, alle modalità degli interventi di bonifica, al personale impiegato, al monito- raggio ambientale, allo smaltimento dei rifiuti e alla restituibilità dei luoghi. Tenuto conto della complessità dell'intervento, i lavori avrebbero dovuto necessariamente essere affidati a più imprese e ciò poneva problemi di gestione delle varie fasi e delle procedure prima accennate, e quindi andavano predefinite alcune questioni importanti, e cioè: Ditte interessate Le ditte interessate ai lavori avrebbero dovuto essere iscritte ad una sezione speciale, di cui all'art. lt) del DL 31/10/87 n. 361, come prescritto dall'art. 12 comma 4 del DL 257/92; attualmente tale sezione non è ancora istituita e la necessaria competenza in questo tipo di lavori viene verificata dai rispettivi curriculum, dall'esame delle dichiarazioni rilasciate ai sensi dell'articolo. 9 DL 257/92 e dall'attenta valutazione del grado di conoscenza della normativa di riferimento e della tecnologia. Dalle loro capacità di intervenire sui materiali da rimuovere potevano derivare rischi ambientali legati al rilascio delle fibre in un ter r itorio ad elevato indice di urbanizzazione. Le ditte avrebbero dovuto presentare un piano di lavoro, ai sensi dell'articolo. 34 del DL 277/91, in cui dovevano essere chiariti, oltre ai requisiti generali dell'impresa, anche l'elenco delle attrezzature e delle schede tecniche dei materiali utilizzati, le certificazioni sanitarie del personale impiegato, generalità del responsabile di cantiere, attestazioni comprovanti la formazione del personale sulle modalità tecniche di rimozione amianto e sui rischi per la salute connessi a queste attività. Tenuto conto della presenza di più ditte (la mole di lavoro, anche per le esigenze della Raffineria, era impensabile che fosse gestita da una singola impresa), i piani avrebbero dovuto essere correlati fra loro, sotto la responsabilità del Direttore dei lavori. Bonifica degli impianti Data la tipologia degli impianti, la particolarità delle produzioni e delle condizioni di lavoro precedenti, gli impianti di raffineria (tubazioni, caldaie ecc.) dovevano ricevere una verifica di sicurezza, anche a mezzo di campionamenti, per prevenire eventuali esalazioni di prodotti tossici o nocivi. Ciò era particolarmente importante anche per le condizioni in cui dovevano essere necessariamente eseguite le lavorazioni di rimozione amianto. Cantieri di rimozione Evidentemente, nella fase di allestimento dei cantieri di lavoro, dovevano essere tenuti in considerazione i dettati del DM 25 619194, anche se questo era riferito alle bonifiche di amianto in edifici, ed in particolare dei punti 5a e 5b. Trattandosi di aree cantiere non naturalmente confinate, bisognava prevedere il confinamento con polietilene montato su incastellature metalliche (confinamento statico) e verificare la tenuta degli stessi con depressione costante rispetto all'esterno (confinamento dinamico). L'esperienza maturata successivamente nel corso delle operazioni ci ha indotto a prescrivere che le incastellature metalliche, costruite con ponteggi da ditte specializzate, fossero progettate con tetti a capanna, e che questi fossero ricoperti con fogli di polietilene retinato per prevenire eventuali rotture dovute alle avversità delle intemperie. Adiacente al cantiere avrebbe dovuto essere allestita l'area di decontarnina zione, così come previsto al punto 5, lettera A, comma 3 del DM 619194; questa può essere costruita anch'essa con polietilene su incastellatura metallica, oppure essere rappresentata da containcrs appositamente modificati. Si raccomandava di non installare più di tre aree cantiere; successivamente, con verifica delle procedure e dell'affidabilità delle ditte impegnate, si è passati ad autorizzare 4 aree cantiere in contemporaneo. Le aree confinate non dovevano superare i 2000 mc di volume per assicurare la tenuta del confinamento e l'efficacia delle misure di protezione e prevenzione. In un impianto industriale così complesso potevano presentarsi strutture che sarebbero state difficili da gestire con procedure standard, come ad esempio alcune torri alte fino a 60 in. circa; le difficoltà erano legate alla possibilità di mantenere l'integrità delle barriere di polietilene con l'effetto vela che le stesse producono, alla difficoltà del trasporto del materiale rimosso dalle zone più alte, all'accesso del personale nel rispetto delle misure di prevenzione. In una prima fase si era ipotizzata una procedura che prevedeva la possibilità che le torri potessero essere bonificate nella parte inferiore e successivamente tagliate e messe a terra per la successiva bonifica in area confinata; tale procedura però avrebbe comportato seri problemi legati alla possibilità di liberazione di fibre nell'ambiente nella fase di taglio e posa a terra della torre. Attualmente si sta studiando la possibilità che le torri siano bonificate in situ e con unico cantiere, allestendo aree di lavoro di due piani per volta, montati su ponteggio allestito intorno a tutta la struttura ed opportunamente ancorato al suolo; in tal modo si eviterebbe l'effetto vela e si potrebbero garantire idonee misure di sicurezza per i lavoratori addetti, con area di decontaminazione allestita al 26 piano immediatamente sottostante. Rimane comunque ancora ampiamente irrisolto il problema del trasporto del materiale rimosso. Il nulla osta alt' inizio dei lavori rimane vincolato al collaudo del cantiere con accurata prova fumo, a cura dell'impresa, e alla verifica della depressione interna. Tecniche di rimozione Per quanto attiene alle modalità di intervento sul materiale contenente amianto, ci si è rifatti comunque a quanto stabilito nel più volte citato DM, in particolare il punto 5, lettera A, comma 5. La coibentazione quindi doveva essere prima imbibita con soluzioni acquose e impregnanti attraverso fori praticati sulla superficie; soluzioni acquose dovevano essere comunque spruzzate sulla superficie del materiale durante le fasi di lavoro, soprattutto in presenza di materiali non sufficientemente imbibiti. Monitoraggio ambientale Un quotidiano monitoraggio delle fibre aerodisperse avrebbe dovuto essere programmato all'interno dei cantieri di bonifica. Il monitoraggio è effettuato dal Committente KRC, per omogeneità e garanzie procedurali. Il campionamento comincia prima dell'inizio delle azioni di disturbo sull'amianto e continua fino alle operazioni di pulizia finale. In particolare, vengono controllate le seguenti zone: • punti esterni alle barriere di confinamento; • uscite dalle unità di decontaminazione; • uscita degli estrattori; • interno dei cantieri; • uscita dei rifiuti. Il monitoraggio viene effettuato con tecnica analitica MOCF, secondo quanto indicato nell'allegato 2 del DM 619194 e dell'allegato 5 del DL 277191. Personale impiegato Il personale impegnato nelle operazioni di bonifica avrebbe dovuto, come prima ricordato, avere innanzitutto i requisiti sanitari di idoneità, certificata dal medico competente; avrebbe dovuto ricevere inoltre la formazione e l'informazione prescritta dal DL 277191, che deve essere fornita dal datore di lavoro mediante corsi appositamente approntati. 11 grado di conoscenza dei lavoratori, relativamente alle tecniche di lavoro e al rischio connesso, viene verificato attraverso questionario formulato dall'Organo di Vigilanza. Smaltimento Lo smaltimento dei rifiuti doveva essere gestito, così come per il monitoraggio, dal Committente, sempre per omogeneità e garanzie procedurali. Il materiale prodotto a regime è di considerevole quantità, per cui si è reso necessario avere più canali per il trasporto e la discarica, e cioè: a) trasportatore autorizzato, con trasporti quotidiani e permanenza nell'impianto di un container carrabile di scorta; b) ferrovie dello stato per eventuali emergenze, con la permanenza anche in questo caso di un vagone ferroviario autorizzato al trasporto di tali materiali. Restituibilità dei luoghi Sebbene gli impianti debbano essere smontati prima di qualsiasi altro intervento, sugli stessi doveva essere certificata "la restituzione all'uso", in questo caso la possibilità di libero accesso per gli ulteriori interventi. A tale scopo comunque si è proceduto, non essendovi attrezzature adatte presso il nostro distretto, ad inoltrare richiesta a firma del Direttore Sanitario, ad un laboratorio di tossicologia industriale ubicato nel territorio del nostro Distretto, di utilizzo gratuito di microscopio ottico a contrasto di fase e di eventuali campionatori per il personale di questa UOPLL. Avuta questa disponibilità, i] nostro personale è attualmente in grado di certificare la restituzione delle aree scoibentate; più complessa appare la restituzione finale, che la legge prescrive con la tecnica SEM. La complessità dei lavori e la necessità di una verifica costante dei lavori ci ha convinto della necessità di attivare un presidio fisso presso la Raffineria con la presenza costante di almeno un operatore, per lo meno durante le prime fasi delle attività di rimozione. Per avere un'idea della complessità dei lavori, si propongono alcuni dati in nostro possesso o forniti da stime di previsione della Direzione KRC: • 60.000 mq di materiale coibente di natura friabile con un contenuto in amianto di ca. 2500 t; • 8 ditte impegnate, di cui 5 di scoibentazione, 1 per la ponteggiatura, I per la politenatura, 1 per la messa in sicurezza in casi di emergenza; • 30.000 giornate lavorative complessivamente; • 104 aree di confinamento: 52 per l'impianto di raffinazione e 52 per l'area chimica; • cantieri con altezza di 34 m. fino ad un massimo di 65 m.; • 90.000 mq di ponteggiatura; • 100.000 mq di polietilene; • 50 t di materiale prodotte nel solo mese di gennaio `96; se ne prevedono 100 t mensili a regime; • 1000 campionamenti esterni e 300 interni fino ad oggi; • 8000 Big Bags; • 40.000 sacchetti da 100 l; • 400.000 sacchetti da 20 1. I lavori di rimozione sono attualmente in una fase abbastanza avanzata, anche se molto rimane ancora da fare, e l'esperienza maturata, le cui risultanze potranno essere in una fase successiva oggetto di nuovo intervento, ha confermato che importante e fondamentale rimane l ' intervento della Pubblica Amministrazione per il rispetto e lo sviluppo dei processi di prevenzione e, in modo particolare, in riferimento ai problemi che ci avevano impegnato: A) i lavori di rimozione di materiali sui cui non viene più praticata la manutenzione devono essere obbligatori ed avere la necessaria tempestività prima che comincino a presentarsi fenomeni di disgregazione dei materiali con conseguente rilascio di fibre; purtroppo è stato necessario intervenire, in presenza di significativo riscontro di fibre aerodisperse intorno ai cantieri, con la prescrizione di interventi di messa in sicurezza di tubazioni che presentavano caduta di materiali coibenti. Da qui anche un richiamo alle Istituzioni Regionali per l'emanazione dei piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, di cui al DPR 818/94. in riferimento particolarmente alle coperture in cemento-amianto di vecchi capannoni industriali dismessi o di altre realtà abbandonate in cui può essere presente il rilascio di fibre di amianto e rispetto a cui non può svolgersi il necessario intervento di controllo e prescrizione delle Strutture di Prevenzione senza il dovuto riferimento normativo; B) i lavori di rimozione, di bonifica o di manutenzione dei materiali contenenti amianto non può essere affidato a ditte che non presentino la conoscenza reale del rischio e della tecnologia connessa; infatti, difficile sarebbe stato il rapporto con ditte che non avevano tali conoscenze, o che avrebbero cercato di praticare metodi di intervento mirati più al risparmio che alle esigenze della prevenzione e sicurezza dei lavoratori impegnati (troppo spesso si è dovuto intervenire per fermare lavori in presenza di eccesso di fibre all'interno dei cantieri o di altri inconvenienti); C) il DM 619194 rappresenta un necessario riferimento per le tecniche e le modalità di intervento, con i limiti di essere formulato per gli edifici e non per impianti industriali; necessitano quindi gli opportuni accorgimenti e le necessarie modifiche rispetto alle singole realtà; D) sicuramente questo tipo di lavori rappresenta una realtà su cui il controllo della ASL deve esercitarsi costantemente dalla fase di progettazione alla fine dei lavori, intendendo con questa la certificazione di restituzione; infatti, qui si configura quello che era già previsto dalla legge di Riforma Sanitaria, e cioè la necessità che le ex USL. assumano un molo di consulenza e informazione, oltre che di controllo del rispetto della normativa, e ciò fin dalle prime fasi di studio dei progetti e di formulazione dei piani. Queste note sicuramente non sono esaustive delle problematiche, delle difficoltà incontrate e delle soluzioni adottate durante tutte le fasi di lavoro in un complesso così particolare, ma vogliono essere un contributo alla discussione che si sta tenendo in questo momento nel nostro Paese, in preparazione del DM specifico per gli interventi di bonifica da amianto degli impianti industriali. Nella prima fase le nostre maggiori difficoltà erano legate infatti alla mancanza di una normativa specifica di riferimento e, come si è detto, ci siamo rifatti sia alla circolare del Ministero della Sanità n. 45 del 1017/86 sia al DM 6/9194, che la successiva circolare del Ministero della Sanità n. 7 del 1214195 ha chiarito possa, in questa fase, essere utilizzato per i lavori su impianti industriali, sia pure con i necessari accorgimenti tecnici, dettando anche norme per le certificazioni di restituibilità prima ricordate. Paolino llrinchese Gerardo Barbera ASL NA] 27 MATERIALI DI LAVORO ABBIGLIAMENTO E CONFEZIONI Manuale della Collana Impresa Sicura di EBER viale A. Silvani. 6 - 40122 Bologna Tel 05 I-552422 - fax 051-55 1 779 Linee Guida per la valutazione dei rischi per laboratori di abbi g liamento e pelletteria a cura della USL di Ravenna via Teodorico. 15 - Ravenna Tel 0544-290930 - fax 0544-290936 CALZATURE E PELLETTERIA Manuale della Collana Impresa Sicura di EBER in collaboraz. con SPISAL di Dolo viale A. Silvani. 6 - 40122 Bologna Tel 051-552422 - fax 05 I -551779 Indicazioni e soluzioni tecniche per la sicurezza delle macchine del comparto calzaturiero a cura della UOTSLL della Azienda USSL 43 Vigevano via Montegrappa, 5 - 27029 Vigevano (PV1 Tel 0381-324449 - fax 038131130 2 edilizia: un'esperienza di prevenzione" rif. UOTSLL Azienda USSL 21 via C. Battisti, .5 - 46100 Mantova Tel 0376-334693 - fax 0376-334691 Linee Guida per la valutazione dei rischi nelle aziende artigiane del comparto edilizia a cura della U.O. Medicina del Lavoro della Provincia di Trento chiedere a Servizio Programmazione e Ricerca via Gilli. 4 - 38100 Trento Tel 046 1-494037 - fax 046 1-49407 3 FONDERIE DI SECONDA FUSIONE Applicazione di un modello di valutazione dei rischi SPSAL - PMP Medio Friuli Politecnico di Milano rif. Azienda USSL 4 via S.Valentino, 18- 33100 Udine Tel 0432-553866 - fax 0432-553865 FRANTOI Nota informativa su prevenzione e sicurezza a cura del gruppo di lavoro della Regione Toscana e delle Aziende USL di Firenze e Empoli GRAFICA CERAMICA ARTISTICA ARTIGIANALE Linee Guida per la valutazione dei rischi per laboratori di ceramica artistica artigianale a cura della USL di Ravenna via Teodorico, 15 - Ravenna Tel 0544-290930 - fax 0544-290936 EDILIZIA La prevenzione del mal di schiena a cura della USSL di Mantova dell'Unità di Ricerca EPM e della Regione Lombardia - Assessorato alla Sanità materiale disponibile: Opuscolo Corso di formazione sulla prevenzione del mal di schiena in • edilizia (ca. 200 diapositive che descrivono il ciclo lavrativo dell'edilizia tradizionale ed il rischio associato alle posture e alla movimentazione carichi. Manuale "Rischi e danni posturali in 28 Manuale della Collana Impresa Sicura a cura di EBER viale A. Silvani. 6 - 40122 Bologna Tel 051-552422 - fax 051-551779 GRU A TORRE Analisi dei fattori di rischio Installazione e utilizzo delle gru a torre in Fo g li di Inform. ISPELS n. 3 - 1995 LEGNO Manuale della Collana Impresa Sicura a cura di EBER viale A. Silvani, 6 - 40122 Bologna Tel 051-552422 - fax 05 1-55 1 779 METALMECCANICA Linee Guida per la valutazione dei rischi nelle aziende artigiane del comparto metalmeccanica a cura della U.O. Medicina del Lavoro della Provincia di Trento chiedere a Servizio Programmazione e Ricerca via Gilli, 4 - 38100 Trento Tel 0461-494037 - fax 0461-494073 ODONTOTECNICI Schede per la rilevazione dei dati a cura di ANTLO Associazione Nazionale Titolari Laboratori Odontotecnici in Fogli di Inforco. ISPELS n. 3 - 1995 ORAFI Opuscolo su prevenzione, igiene e sicurezza nel comparto orafo a cura SPISAL USSL 6 di Vicenza Associazione Artigiani - API - CNA rif. SPISAL USSL 6 Via IV Novembre. 46 - 36100 Vicenza Tel 04-14-992213 - fax 0444-5I I I27 CNA Via Giordano. 4- 36100 Vicenza PANIFICAZIONE E PASTICCERIA Manuale della Collana Impresa Sicura a cura di EBER viale A. Silvani. 6 - 40122 Bologna Tel 051-552422 - fax 051-551770 Linee Guida per la valutazione dei rischi per formai. pasticceri e gelatai a cura della USL di Ravenna via Teodorico. 15 - Ravenna Tel 0544-290930 - fax 0544-290936 PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Speciale Dossier Ambiente n. 34 che riassume gli Atti del Convegno SNOP di Torino del 30 e 31 maggio 1996 Note su Scuola. Raccolta e trattamento RSU. Lavoro di sportello. Operatori cimiteriali. Mense. Lavoro di Assistenza da richiedere ad Ambiente Lavoro Tel 02-26223120 - fax 02-26223130 TESSITURA Manuale della Collana Impresa Sicura a cura di EBER viale A. Silvani. 6 - 40122 Bologna Tel 051-552422 - fax 051-551770 CARO 626 TI SCRIVO... Con questo articolo vogliamo lanciare una proposta di lavoro che può sortire effetti positivi sulla prevenzione infortuni, con limitati costi di tempo ed energie per i Servizi di Prevenzione delle ULSS. Da cinque anni lo SPISAL di Vicenza verifica se, in occasione di infortuni di una certa rilevanza, vengano ricercate e rimosse, da parte delle aziende, le cause che li hanno determinati. Per gli infortuni con prima prognosi superiore ai trenta giorni si svolgono indagini, mentre per quelli di un certo interesse, ma con prognosi inferiore, viene inviata una lettera all'azienda. Per condurre questa verifica si segue lo schema indicato di seguito. Tralasciando per ora la linea A e l'analisi statistica della cause, già parzialmente trattata (vedi atti del convegno di Bussolengo, 9-11 novembre, pagg. 74-79) e su cui ritorneremo, vogliamo qui illustrare gli aspetti più utili della linea B, anche tenendo conto degli elementi di novità introdotti dal D. Lgs. 626194. Si invia la lettera per gli infortuni " interessanti " , intendendo con questo termine tutti quelli con prognosi superiore ai 20 gg. e quelli che, pur avendo una prognosi inferiore, sembrano, ad una prima lettura, essere accaduti per carenze preventive (su macchine, per non uso di DPI, per errata organizzazione ecc.). Le aziende sono invitate a fornire risposta in merito a: • Descrizione delle modalità di accadimento; • Individuazione delle cause; • Bonifiche messe in atto per evitare il ripetei-si di eventi analoghi. Se la risposta non appare soddisfacente, dopo una telefonata chiarificatrice per individuare le vere cause dell'infortunio, o per indicare altri interventi di bonifica, si attende un'ulteriore lettera dell'azienda. Vengono così annualmente trattati circa 250-300 infortuni su cui sarebbe Pronto soccorso t Invio certificati allo Spisal Linea A Linea B lettera all'azienda per infortuni "interessanti" ma con prognosi < 30 giorni indagini per infortuni con prognosi > 30 giorni $ impossibile intervenire con una indagine. Le indagini per infortunio eseguite annualmente sono infatti circa 130-140 e dallo studio svolto per i "carichi di lavoro" risulta che occupano circa 2200 ore del Servizio. Queste lettere sono poi classificate come "inchieste brevi per infortuni" e comportano, una volta computerizzate, un carico di lavoro di circa 600 ore. Nella lettura delle risposte, per indicare il fattore di rischio prevalente, si utilizzano tre categorie alternative tra loro: 1) causa oggettiva: contiene tutte le situazioni in cui sono risultate carenti le misure di protezione relativamente alle condizioni di rischio presenti (dai dispositivi di sicurezza alle procedure per eseguire il lavoro in sicurezza); 2) comportamento imprudente: esprime il fatto che i comportamenti errati (dell'infortunato o di terzi) sono stati il motivo principale dell'infortunio; 3) accidentale: categoria utilizzata in assenza di uno dei due fattori precedenti. Dall'individuazione di uno dei punti precedenti scaturiscono poi le ipotesi di intervento preventivo (istruzioni, controllo lavoratori, uso di DPI, apprestamenti antinfortunistici) che si richiede all'azienda di mettere in atto. Nelle ultime tre colonne della tabella a lato si riportano le percentuali di eventi in cui, stabilito che l ' infortunio non era accidentale, si è riusciti ad ottenere da parte della ditta l'intervento necessario. Si può notare che, pur con qualche eccezione, le percentuali delle bonifiche ottenute crescono con l'aumentare dell'esperienza nell'utilizzo delle procedure messe in atto. analisi della risposta $ eventuali nuove richieste o indicazioni Individuazione e eventuale eliminazione delle cause t analisi statistica anno n. lettere % bonifiche su causa oggettiva 1992 1993 1994 1995 278 293 234 236 60,0% 91,5% 78,0% 80,5% % bonifiche su % bonifiche su comport. imprudente macchine non a norma 35,0% 43,0% 47,2% 62,5% 58,5% 63,5% 85,5% 84,0% Tenendo conto che con l'applicazione del D. Lgs. 626/94 i rischi dovrebbero essere valutati, stimati ed eliminati (o contenuti), e che di questi interventi dovrebbero essere informati, oltre al datore di lavoro, anche il Responsabile SPP e il Rappresentante dei la Sicurezza per i lavoratori, la lettera è stata modificata nel seguente modo (parte in neretto). • Descrivere a quali mansioni era addetto l'infortunato, con quali attrezzi, macchine o impianti lavorava. • Descrivere la dinamica dell'infortunio • Descrivere per quali cause o motivi è accaduto l'infortunio • Queste cause erano state considerate nella valutazione dei rischi (D. Lgs. 626194)? SI NO • Se sì, perché è successo l'infortunio? • Si dica quali iniziative si intendono 29 assumere per evitare che in futuro si ripetano infortuni analoghi. Si chiede quindi che la risposta non sia più solo firmata dal datore di lavoro, ma anche dal responsabile SPP e dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Dal confronto con altri Servizi sono spesso emerse le seguenti preoccupazioni: a) la risposta del titolare può costituire un'autodenuncia? h) nel caso di successive richieste di indagini (Procura, Pretura, INAIL) può essere utilizzata in sostituzione dell'indagine? La risposta è no per entrambe le domande, in quanto le cause di un infortunio vanno accertate "de visu" o con le sommarie informazioni testimoniali raccolte in maniera ufficiale. Questo è stato chiarito anche alle associazioni imprenditoriali e ai singoli datori di lavoro. Per inciso, si sottolinea che la Procura non effettua praticamente più richieste di intervento, dato che i Comuni e il Pronto Soccorso inviano il primo certificato solo al Servizio. Questa è anche una precisa indicazione del D. Lgs. 758/94. Lo stesso vale per l'INAIL, in quanto alla sede locale viene sempre comunicato l'esito delle indagini che si svolgono, o dichiarando che non si sono riscontrate violazioni alle norme o, in alternativa, segnalando il numero di registrazione in Procura (D.P.R. 1124, art. 56, ultimi due capoversi). Questi contatti con l'INAIL sono curati dal solo personale amministrativo. Resta inteso che, per infortuni iniziati con prognosi brevi ma che hanno superato i 40 gg. con certificati medici successivi, è sempre possibile che, pur avendo già scritto una lettera, il Servizio esegua anche l'indagine per lesioni personali gravi. Per finire, citiamo un esempio che dimostra come queste lettere rappresentino uno stimolo importante perché, partendo da infortuni già verificatisi, si ti-ovino le soluzioni antinfortunistiche adeguate. Nel caso specifico si trattava di un titolare unico e lo SPISAL non sarebbe nemmeno intervenuto. Descrizione dell'infortunio sul certificato del Pronto Soccorso: "Scendendo le scale del negozio scivolava su uno scalino bagnato". Si trattava di un fruttivendolo che, avendo il deposito al piano inferiore al negozio, scendeva con cassette di verdura bagnata, che facevano cadere acqua sugli scalini. Soluzione trovata dal titolare: "Tappeto saldamente ancorato agli scalini". Celestino Piz 30 z Nf W N z E' USCITA LA DIRETTIVA CANTIERI di Flavio Coato Finalmente la 92/57, direttiva cantieri temporanei e mobili, ha preso la veste di un decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri dell'8 agosto scorso. Mentre andiamo in stampa, non è stato ancora pubblicato sulla GLI e quindi non si può ancora sapere la data dell'entrata in vigore, che scatta sei mesi dopo la pubblicazione. un documento molto puntuale di critiche positive alla bozza, accogliendo molte delle osservazioni centrali del nostro documento. Desideriamo pertanto ringraziare e dare il giusto riconoscimento ai Senatori che hanno lavorato nella Commissione e al Presidente, Senatore Smuraglia, in particolare. La SNOP ha promosso e partecipato nei mesi scorsi a numerose iniziative di dibattito sulle bozze di recepimento che circolavano in via ufficiosa. Sono stati elaborati due documenti successivi da un gruppo di lavoro della CIIP, coordinato da SNOP e AIAS, sufficientemente critici sull'ipotesi del decreto. I documenti sono stati inviati al Ministero del Lavoro, alle Commissioni di Camera e Senato, alle OO.SS. e Imprenditoriali, cercando di far inserire alcuni elementi di chiarezza, mirati all'obiettivo di rendere la norma uno strumento utile per la riduzione dei rischi del settore che, come tutti sanno, è per struttura e tipologia produttiva nettamente diverso dagli altri impianti industriali. Abbiamo notato con molto piacere che la Commissione del Senato ha prodotto NEL MERITO DEL DECRETO Pur non avendo il tempo necessario per approfondirne ogni singolo aspetto, e sapendo per esperienza che norme così innovative per il nostro ordinamento hanno bisogno di essere sedimentate e sperimentate prima di poterle valutare compiutamente, il primo giudizio è improntato ad un moderato ottimismo; se saremo in grado di farlo marciare, contiene delle potenzialità tali da indurre un notevole salto in avanti nell'organizzazione preventiva dei cantieri. Si delinea infatti un circuito di compiti e responsabilità che coinvolge tutte le figure interessate e lascia poco spazio alla violazione delle norme: il committente, o il responsabile dei lavori da lui nominato, i professionisti della sicurezza (anche questi nominati dal committente), uno con il compito di progettare in sicurezza e l'altro con il compito di vigilare sull'applicazione dei piani di sicurezza e salute in cantiere, e le imprese, con le responsabilità e i compiti già assegnati loro dal 626 e ribaditi qui. I costi della prevenzione sono già chiari nel progetto esecutivo, e quindi nel contratto d'appalto, e il committente avrà tutto l'interesse, come d'altra parte l'impresa, a non essere coinvolto in responsabilità penali, richiedendo perciò il pieno rispetto del contratto, anche per le parti relative alle opere di prevenzione. Campo di applicazione: il decreto, per le parti più impegnative (nomina da parte del committente dei coordinatori in materia di sicurezza e salute - i professionisti della sicurezza di cui sopra - e relativi obblighi), si applica (art. 3 punto 3) ai cantieri con presenza, anche non simultanea, di più imprese, con durata presunta dei lavori di 100 uominilgiorno, o in quelli in cui, pur essendovi una sola ditta impegnata (casi rari), la durata presunta dei lavori sia superiore a 500 uominilgiorno o vi siano impegnati per più di 30 giorni 20 lavoratori, si applica anche a quei cantieri con durata presunta dei lavori superiore a 300 uominilgiorno, nel caso siano soggetti a rischi particolari (all. Il). Direi che vi entrano la stragrande maggioranza dei cantieri: sotto questa dimensione, potrebbe infatti risultare notevolmente complicato e pesante far funzionare un impianto preventivo così complesso cd innovativo, soprattutto per il ruolo assegnato al committente. Un problema si verificherà per la gestione delle notifiche all'organo di vigilanza, che saranno obbligatorie per cantieri di una certa dimensione o per quelli a rischio particolare (art. 11 e all. II). Si tratterà di interpretare univocamente l'allegato e di gestire meglio i dati per la vigilanza. Un impatto notevole sul comparto, sugli ordini e sui collegi professionali e sui servizi di prevenzione delle ULSS l'avrà l'art. 10, che prevede l'obbligo per chi avrà i titoli e vorrà svolgere il ruolo di coordinatore in materia di sicurezza e salute, di .frequentare un corso di 120 ore, o di 60 per chi entra nelle nonne transitorie (art. 19); l'organizzazione dei corsi è affidata alle strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale delle Regioni e ad altri Enti. oltre all'obbligo di utilizzare correttamente le attrezzature e i dispositivi di protezione individuale, avranno l'obbligo di adeguarsi alle indicazioni fornite dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori; l'articolo è sanzionato penalmente. Meno positivo, a mio avviso, l'art. 14 sulla consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, anche se la stesura definitiva è migliore della bozza che avevamo preso in esame. Poco produttivo l'articolo sul rumore, che risulta poco chiaro e assolutamente inadatto ad individuare le fonti da bonificare. Pesante il ruolo del medico competente (art. 17 punto 12), il quale, dovendo fare riferimento ad ogni singolo cantiere anziché all'impresa nel suo complesso (come da noi suggerito), dovrà effettuare due sopralluoghilanno in tutti i cantieri con durata presunta dei lavori superiore a sei mesi, con il rischio di trovare i lavoratori della stessa impresa che si spostano, a seconda delle esigenze, da un cantiere all'altro e che, nonostante questo gravoso impegno, è tenuto fuori dal centro della prevenzione, non essendo chiamato a dare il suo parere sulla valutazione dei rischi (sostituita dal piano di sicurezza, art. 9 punto 2) né a partecipare, per cantieri con durata inferiore all'anno, alla riunione periodica di cui all'art. 11 del 626, sostituita a norma dell'art. 14. Questi i primi commenti. Un'analisi e un giudizio più completo è rimandato al "3° Convegno nazionale Sicurezza in Edilizia", che si terrà a Vicenza il 10 e 1 ottobre prossimi, di cui si dà notizia in altra parte della rivista. La seconda giornata sarà dedicata quasi per intero al decreto di recepirnento della Direttiva. Fe rri EPE? 7 EPASAISNOP CONVEGNO DI PISA DEL 13114 GIUGNO 11 convegno di Pisa ha rappresentato l'ideale conclusione del percorso iniziato lo scorso anno a Pieve di Cento. Stavolta, forse la stanchezza per l'interminabile periodo di latenza della nuova legislazione europea, forse uno sciopero delle ferrovie, hanno tenuto lontano dal Palazzo dei Congressi dell'ateneo pisano le masse presenti, invece, a Pieve di Cento. Tuttavia, i presenti, comunque numerosi, hanno potuto trarre il massimo beneficio dalla partecipazione a questa vera e propria "convention" sulla prevenzione nelle PMI e nell'artigianato. Gli argomenti affrontati nelle sessioni parallele sono stati l'edilizia, da una parte, e i comparti trascurati a Pieve di Cento. Tra questi ultimi le pelletterie e i calzaturifici, i trasporti, alcune lavorazioni dei servizi (raccolta rifiuti urbani) ecc. Il taglio degli interventi è stato sempre applicativo e volto ad analizzare i pericoli e a valutare rischi e possibili danni, nello spirito della nuova normativa. Ancora una volta, il pregio maggiore di simili convegni si conferma quello di consentire la circolazione più ampia di materiali di letteratura "grigia" (peraltro spesso multiformi e variopinti in modo altamente gradevole!), quella cioè frutto del lavoro quotidiano di operatori della prevenzione di varia origine, ma quasi sempre di filiazione dai servizi di prevenzione dell'ente pubblico. Questo materiale copre, spesso in modo brillante, il gap esistente fra conoscenze tecnologiche e scientifiche racchiuse nei "santuari" della cultura accademica e mondo delle imprese che, specie nel caso del settore artigiano e delle PMI, soffre di un isolamento notevole da questo punto di vista. Insomma, un connubio virtuoso fra volgarizzazione nobile e desiderio di aggiornamento, che produce linfa vitale per tutto ciò che ha a che fare con la Prevenzione. In fondo, vedendola dal punto di vista delle imprese, l'applicazione della nuova normativa europea deve essere l'occasione per innescare i miglioramenti ambientali, impiantistici e macchinistici nel solco primario del perseguimento della Qualità Totale. E a questo più di un relatore nelle sessioni congiunte ha fatto riferimento. L'art. 7 è dedicato ai lavoratori autonomi, numerosissimi nel settore, i quali, 31 ■. PREVENZIONE CAMPANIA E' singolare che, mentre in Italia si discute sul futuro di una società scientifica come SNOP, che partendo dal bilancio delle sue attività nei suoi l0 anni di vita cerca di ridefinire i suoi obiettivi e le sue strategie operative, con una particolare attenzione a quello che è lo stato dei Servizi nel meridione d'Italia, si debbano registrare le difficoltà che questa Società, o i Servizi che questa rappresenta, continua ad avere proprio nella Regione Campania per legittimare la sua esistenza e il suo "peso politico" nelle scelte organizzative sui temi della Prevenzione. Forse che anche sui temi della salute, nei luoghi di lavoro o sul territorio, esiste una questione meridionale? Leggendo le tesi per la Convention d'autunno, nelle prime considerazioni viene ricordato il ruolo del Sindacato nella crescita e nello sviluppo della cultura della Prevenzione sui luoghi di lavoro, a partire dagli anni `60. che ha portato alla crescita e allo sviluppo dei Servizi di prevenzione nelle ex USL., soprattutto nell'Italia settentrionale. A tale proposito, mi vengono in mente le tante iniziative portate avanti e mai risolte nella battaglia sindacale in Regione Campana, vedi la denuncia dell'atteggiamento FIAT sugli infortuni sul lavoro a Pomigliano d'Arco, l'allarme per la pericolosità dei lavori nelle concerie solofrane e la denuncia sindacale sulla pericolosità dei lavori in presenza di amianto, alle officine FF.SS. di S. Maria la Bruna o all'Isochimica di Avellino. Quelle iniziative niente o quasi hanno prodotto in termini di sviluppo culturale e istituzionale, ed anche per lo stesso sindacato, sul versante delle rivendicazione, non hanno portato a molte conquiste sui temi della prevenzione e dello sviluppi" di maggiori livelli di sicurezza sui luoghi di lavoro e nei luoghi di vita. Viene spontaneo chiedersi dove sono naufragate quelle iniziative. Forse esse rappresentavano solo la vetrina del funzionario di turno? O forse esse non avevano le gambe per camminare? Sarei indotto a pensare che probabilmente, riguardo ai temi della salute in fabbrica o sul territorio, esiste una questione meridionale che sta dent r o al sindacato! Ancora oggi, con l'emanazione del 626 di recepimento della normativa comunitaria, non riesce il sindacato ad instaurare un rapporto collaborativo, o di sfida sulle proprie funzioni. con i Servizi ter- 32 ritoriali di prevenzione sui luoghi di lavoro e collettivi. In molte grandi aziende di Napoli e Provincia (parlo di quelle che conosco) non si è riuscito ad eleggere i rappresentanti per la sicurezza; addirittura qualche segretario comprensoriale, interpellato sull'applicazione del 626, risponde: "Per me è soltanto un numero". Questo la dice lunga sull'attenzione che le organizzazioni dei lavoratori hanno per i temi in questione, e il risultato è che la Regione Campania è stata una delle pochissime regioni italiane che non ha emanato la L.R., applicativa della 833, sull'istituzione dei Presidi Multizonali di Prevenzione. Senza voler eccessivamente polemizzare, credo che per una crescita complessiva della cultura della Prevenzione sia necessario e indispensabile un ruolo propositivo, in termini politici e rivendicativi, da parte del sindacato, che stimoli le coscienze e le energie culturali e scientifiche, che pure ci sono, della nostra Regione. deve avere l'Università per gli aspetti che le competono dal punto di vista istituzionale, come la ricerca, la formazione ecc., ma anche su questi temi, senza il contributo degli operatori dei Servizi territoriali o degli altri oggetti prima citati, anche le sue iniziative saranno poco eflicaci. perché verranno a mancare le gambe alla realizzazione di qualsiasi progetto, e anche perché non ci sarà il necessario confronto con le realtà lavorative sul territorio. A questo punto credo che sia indispensabile innanzitutto, perché l'iniziativa sindacale sia efficace e coerente, chiarire quali sono oggi i soggetti o gli attori che si presentano sullo scenario della battaglia per la Prevenzione nel nostro Paese, e questo a maggior ragione con l'approvazione del DL 626/bis, e cioè: • i lavoratori, su cui ricade l'azione lesiva dei rischi lavorativi; • le imprese che, oltre a sostenere le responsabilità legali della Prevenzione, debbono acquisire nel loro bagaglio culturale che i costi di questa sono parte integrante del bilancio aziendale; • l ' Organo di Vigilanza, rappresentato dai servizi territoriali delle AA.SS.LL., che anche in Regione Campania, con l'attuazione della L.R. 32, stanno diventando una realtà con cui gli altri soggetti dovranno confrontarsi nello svolgimento dei propri compiti istituzionali; • la magistratura, i cui compiti sono ormai da vari anni definiti e che in alcune realtà ha avuto un ruolo estremamente propositivo, dal punto di vista non solo repressivo ma anche formativo-cultu r ale e legiferativo; essa assume oggi nuovi compiti con il recepimento di alcune direttive comunitarie e con l'entrata in vigore del DL 758/94. "una situazione in cui il datore di lavoro è sempre debitore di sicurezza atei confronti dei lavoratori, a una in cui il datore di lavoro è sempre debitore di sicurezza, mia a soggetti attivi e consapevoli", Senza il contributo congiunto e coordinato di questi quattro soggetti, scarse e poco significative saranno, dal punto di vista del miglioramento delle condizioni di lavoro, le iniziative o le azioni svolte dai singoli. Un ruolo sicuramente importante può e Comunque, senza voler entrare nel merito delle politiche sindacali nell'ambito della Regione Campania, e rinviando questa specifica trattazione a momenti più opportuni, quali il congresso della CGIL in Campania, credo che l'applicazione del DL 626/94 rappresenti un'occasione storica da non perdere sia per i lavoratori e le loro rappresentanze, sia per gli operatori dei Servizi territoriali. Infatti, se è vero, come ha scritto di recente Attilio Pagano, che con l'entrata in vigore della normativa si passa da ciò pone all'azione dei sindacato grandi problemi sia dal punto di vista della formulazione dell'azione rivendicativa, sia dal punto di vista delle risposte a tutti i soggetti a cui si rivolge, imprenditori, rappresentanti per la sicurezza e lavoratori. Ma soprattutto pone all'azione del Sindacato la necessità di un confronto costante e qualificato con i Servizi di Prevenzione, che d'altra parte non potranno più essere improvvisati e scarsamente incisivi. Questo significa che è arrivato il momento in cui, anche in Campania, nell'ambito delle rappresentanze sindacali, le problematiche della sicurezza sui luoghi di lavoro non possano essere affidate a pur necessarie consulenze, ma a "professionisti" interni che abbiano la possibilità di lavorare senza la necessità di essere funzionali a qualcuno, e nell'esclusivo interesse dei lavoratori, ma soprattutto che siano capaci di confrontarsi con quelli che poi saranno i riferimenti obbligati per avere le risposte alla proprie istanze, e cioè i Servizi di Prevenzione. A tale proposito, credo che attualmente sia innanzitutto necessario, al di là dei momenti congressuali, operare perché in ogni luogo di lavoro siano eletti i rappresentanti per la sicurezza e che, in secondo luogo, questi debbano essere formati al saper essere e al saper fare. Dal punto di vista istituzionale, lo stato delle cose oggi nell'ambito della Regione Campania è rappresentato da una dif- fusione dei Servizi deputati alla vigilanza sul rispetto della normativa in materia di sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro, nati in applicazione della legge di riordino del sistema sanitario regionale, L.R. 32194; questi sono costretti a lavorare con scarsi mezzi, scarse risorse umane, scarsi st r umenti operativi, poca omogeneità di lavoro. Per i Servizi di giovane istituzione, è arduo cimentarsi sulla bozza presentata dall'Associazione per la Convention d'autunno, ma questa può rappresentare uno stimolo importante anche per cominciare ad ipotizzare criteri e metodi di lavoro. In primo luogo, credo sia importante acquisire alla nostra mentalità operativa il criterio della omogeneità dei metodi e degli obiettivi del nostro lavoro. • Lavorare per comparii. Cominciamo a specializzare alcuni servizi su specifici rischi lavorativi che possono presentarsi nel territorio di appartenenza. Non mi convince il criterio che tutti debbano essere per forza bravi in tutto; questa impostazione è difensiva e rappresenta un arretramento culturale, laddove questo sarebbe ancora possibile. • E' indispensabile rendere visibili i Servizi ai riferimenti esterni: istituzioni, ispettorati del lavoro, magistratura, associazioni dei lavoratori. • Ciò sarà possibile attraverso la sviluppo e la diffusione delle professionalità presenti all'interno dei servizi; una sterile rivendicazione di ruoli e di posizioni funzionali rappresenta senza dubbio un limite culturale e ancora un arretramento rispetto alle possibilità di essere noi stessi "riferimento obbligato" per altre istituzioni. In questa prima fase i Servizi dovranno essere necessariamente capaci di definire una propria autonomia organizzativa e culturale, anche attraverso coraggiose iniziative dei responsabili dei Servizi stessi e dei Direttori generali; sarà facile cedere, a volte anche in modo strumentale, a stimoli che possono venire da varie parti, come il sindacato e soprattutto la magistratura (a tale proposito varrà la pena fare una seria riflessione sulle nostre funzioni di vigilanza). Cedere ad una parte o all'altra, a seconda del momento e dell'opportunità, significherà abdicare al proprio ruolo e alle proprie funzioni; dovranno essere gli altri a misurarsi sulla nostra capacità di analisi dei luoghi di lavoro, sulla nostra capacità di proporre iniziative valide, sulla nostra capacità di dare risposte e soluzioni ai problemi che potranno presentarsi. • Credo che sarà opportuno lavorare alla creazione di canali di comunicazione e di diffusione delle nostre iniziative attraverso un rapporto positivo con gli organi della stampa locale e nazionale, bollettini sindacali o di categorie imprenditoriali. La lettura della bozza, per la verità, è divisa tra i toni della nostalgia e del pessimismo che può presentarsi agli operatori in una "azienda sanitaria" che ha il compito di quadrare i bilanci e produrre risorse economiche, ma credo che gli spunti che essa offre su una moderna visione della Prevenzione, anche in termini di risposta "politica" ai messaggi dominanti, sia da sviluppare e sostenere con lo stesso rigore scientifico e propositivo che ha caratterizzato la vita della Società. Ma credo che, soprattutto nel mezzogiorno d'Italia e per quanto mi riguarda in Campania, questo rappresenti un'occasione da non sottovalutare; probabilmente qui sarà più facile incoraggiare e stimolare risposte agli aberranti messaggi che possono provenire dal mondo sociale e politico sul "privato ad ogni costo", perché qui le strutture organizzative e mentali degli operatori sono ancora sensibili e stimolate a cimentarsi sui problemi reali della salute e della prevenzione, proprio perché qui è tutto da costruire. Se nell'Italia del nord (non quella di Bossi) la sfida è di "non ridursi a fare il funzionario", nel mezzogiorno d'Italia la sfida sarà quella di "non accettare di fare il funzionario", che d'altra parte può rappresentare per gli operatori che si affac- ciano ai Servizi territoriali lo sbocco e la scelta più facile. Allora, che farà il sindacato? Certo continuerà a rivolgersi ad autorevoli universitari che gli daranno la consulenza più brillante. Ma con quali strumenti potranno garantire l'applicazione della normativa sui temi della prevenzione nei luoghi di lavoro? Con quali soluzioni? La sfida è ardua, come prima dicevo, ma da un rapporto costruttivo e concreto si potranno avere traguardi e livelli di elaborazione di grande rilievo, sia per le organizzazioni dei lavoratori, che potrano contare sul fatto di avere interlocutori certi e garanti, sia per gli operatori dei neonati Servizi terr itoriali di prevenzione, che potranno cimentarsi su progetti e programmi, piuttosto che fermarsi a fare da "guardiani della normativa" (o fare i funzionari). Queste note vogliono essere solo di modesto contributo alla discussione in atto nell'ambito della SNOP nazionale, ma anche di stimolo all'imminente congresso del sindacato CGIL per una nuova e positiva stagione politica sui temi della salvaguardia della salute nei luoghi di lavoro nell'ambito della Regione Campania, rispetto ai vecchi e nuovi fattori di rischio lavorativi, rispetto alle vecchie e nuove cristallizzazioni funzionali che finora hanno paralizzato l'azione di entrambi. Paolino Trinchese ASL NA-I 33 LETTERA AL MINISTRO DELLA SANITÀ ONOREVOLE ROSY BINDI Le scriviamo a nome della nostra Associazione, nei primi giorni del Suo mandato, con la fiducia che il nostro saluto e le considerazioni che Le inviamo possano portare ad un incontro nel quale scambiare alcune riflessioni. Aderiscono allo SNOP gli operatori della prevenzione, coloro che si occupano professionalmente di prevenzione nella Sanità pubblica ma anche tutti i soggetti "professionalmente coinvolti" nella prevenzione occupazionale e ambientale: le iniziative della nostra Associazione vanno infatti dalla prevenzione nei luoghi di lavoro a quella ambientale, temi evidentemente di grande rilievo per il futuro della nostra società. La SNOP è nata da circa 12 anni, raccogliendo l'esperienza del Coordinamento nazionale degli operatori dei Servizi pubblici di prevenzione nei luoghi di lavoro, attivo dal 1977, con gli obiettivi principali di: • promuovere conoscenze ed attività che sviluppino la prevenzione e la tutela del benessere psicofisico dei lavoratori e della popolazione in relazione ai rischi derivanti dall'attività produttiva; • sostenere l'impegno politico e culturale per lo sviluppo di un sistema integrato di servizi pubblici di prevenzione negli ambienti di vita e eli lavoro, finalizzato alla rimozione dei rischi derivanti dalle attività produttive; • favorire lo scambio di esperienze e informazioni , fra gli operatori e il confronto sulla metodologia ed i contenuti dell'attività per raggiungere l ' omogeneità delle rnoclalità di intervento e della qualità del lavoro a livello nazionale; • promuovere un ampio confronto con le istituzioni, le forze sociali e le Associazioni scientifiche su questi temi, diffondere l'informazione e la cultura della prevenzione. Con questi obiettivi statutari abbiamo lavorato in questi anni per contribuire 34 allo sviluppo ed al perseguimento di alcuni dei più qualificanti obiettivi della riforma sanitaria, talora da soli, spesso a fianco delle forze sociali, di altre associazioni scientifiche e culturali, delle regioni e del loro coordinamento, producendo un'ingente quantità di materiali scientifici, di proposte e indirizzi di lavoro, di metodologia, di soluzione ai problemi esistenti in tenia di salute e sicurezza legate alle attività produttive. In varie occasioni abbiamo raccolto l'attenzione di rappresentanti delle istituzioni centrali, del Parlamento, come in occasione delle indagini delle Commissioni Parlamentari di Camera e Senato del 1989, ai cui lavori abbiamo contribuito con le nostre conoscenze ed esperienze (come si può desumere dagli atti dei lavori delle Commissioni e dai documenti finali delle stesse). Molta strada è stata fatta nel decennio `80: in molte regioni le attività di prevenzione, gli interventi dei servizi di prevenzione delle USL sono divenuti realtà ed hanno portato a sensibili miglioramenti delle condizioni di lavoro, dello stato di sicurezza e di salute dei lavoratori. Ma ancora molto va fatto: tuttora in intere regioni, specialmente nel Sud ma non solo, il sistema sanitario pubblico è carente in particolare rispetto alle attività di prevenzione, tuttora conseguentemente le attività di lavoro - non indirizzate rispetto alla salute ed alla sicurezza dei lavoratori, non controllate e non assistite - si svolgono in condizioni di rischio e di pericolo inaccettabili per un paese moderno; tuttora centinaia di migliaia di uomini e donne lasciano la salute e spesso la vita per causa di lavoro; la crisi dello stato sociale degli ultimi anni ha accresciuto le difficoltà, gli stessi problemi attraversati dalle organizzazioni sindacali hanno fatto diminuire la domanda di prevenzione e l'attenzione a questa rivolta. Per quanto riguarda il sistema sanitario pubblico, si sono aggiunte in questi anni le modifiche alla 833, i Decreti Legislativi 502 e 517, la nascita delle aziende USL, che certo non hanno giovato al decollo della prevenzione pubblica. i Dipartimenti di prevenzione stentano a funzionare nelle nuove aziende USL, spesso condizionate da logiche di tipo economico e dalle insufficienti risorse; gli stessi dati recentemente diffusi dalla Corte dei Conti sui Livelli Uniformi di Assistenza nel 1993 evidenziano clamorosamente la diffusa carenza di finanziamento, in pressocché tutte le regioni, delle attività complessive di prevenzione rispetto a quanto è stato dedicato alle attività di assistenza e cura. Ci pare sempre più indilazionabile, in proposito, la definizione di un budget autonomo e decoroso per tali attività, da prevedere nella prossima Legge finanziaria per il 1997. Anche sul fronte dell'ambiente, del resto, le agenzie regionali nate dal referendum del `93 non sono divenute ancora una realtà diffusa, e l'intervento prima affidato alle USL è divenuto in questa fase ancor più disorganico ed insufficiente. Il Ministero della Sanità purtroppo, l'in dalla promulgazione della 833, ormai 18 anni or sono, ha trascurato gravemente tutto il settore della prevenzione, in particolare di quella occupazionale ed ambientale. Tuttora, perse le competenze in materia ambientale, non vi è una Direzione generale sui temi della prevenzione, non vi è un sufficiente impegno di indirizzo e coordinamento da parte del Ministero (delegato sostanzialmente alle attività degli Istituti superiori, ISPELS e ISS, le cui iniziative in merito alla prevenzione occupazionale ed ambientale sono rimaste sporadiche e di efficacia complessivamente poco rilevante), non vi è un sufficiente apporto di risorse al sistema pubblico di prevenzione, ai servizi e presidi multizonali, non vi è un proficuo rapporto con le Regioni e con il loro Coordinamento, la cui attività, il cui ruolo andrebbero invece ulteriormente promossi e vivificati. Le nuove normative, tra l'altro, hanno acuito la questione della concorrenza tra Ministeri in tema di vigilanza sul rispetto delle stesse: in particolare permane un'annosa questione tra il Ministero della Sanità e quello del Lavoro, che mantiene le competenze legislative in tema soprattutto di conversione e recepimento delle normative comunitarie (a fronte della perdita dei compiti diretti fino al 1978 svolti in tema di igiene e sicurezza del lavoro da parte degli ispettorati provinciali del lavoro). Tra le Sue prime dichiarazioni di questi giorni, abbiamo ascoltato la Sua chiara opinione sull'importanza di assunzione di responsabilità sempre maggiori in materia sanitaria da parte delle Regioni. Concordiamo con questa Sua convinzione, ma ci auguriamo vivamente che alla sempre maggiore responsabilizzazione delle Regioni si accompagni la presenza di un ruolo forte di indirizzo c di verifica da parte del Ministero della Sanità, quale soggetto responsabile e qualificato rispetto agli altri Ministeri con competenze reciproche in materia di lavoro e rapporti tra le attività produttive e la salute c sicurezza: ciò comporta evidentemente una conseguente organizzazione del Ministero, cui non dovrebbero mancare le molte competenze ed esperienze che nel Paese esistono. Le recenti normative di ispirazione europea, fino all'ultimo D.L.vo 626 e gli stessi ulteriori Decreti di prossimo rece- pimento (Direttive Macchine e Cantieri mobili e temporanei) portano ad una forte responsabilizzazione dei soggetti interni al mondo del lavoro, datori di lavoro e lavoratori, verso un progressivo principio di autovalutazione e autocertificazione. Noi riteniamo però che le tradizioni, ormai radicate in questo Paese, di civiltà, solidarietà e giustizia sociale impongano che alla tendenza all'autovalutazione cd all'autocertificazione corrisponda un intervento dello Stato, della Pubblica Amministrazione, di promozione e di controllo, di regolazione dei processi interni al mondo del lavoro, con garanzie - almeno su determinati livelli minimi etici - di eguali diritti per lavoratori e cit- tadini di tutto il Paese. Un intervento nel quale i vari Ministeri competenti (dalla Sanità al Lavoro all'industria ai Lavori Pubblici, per citarne solo alcuni) concretizzino un ruolo coordinato cd intrecciato, nell'ambito di un'azione complessiva di governo che di questo ruolo faccia un obiettivo di impegno specifico. Circa 10 anni or sono la SNOP realizzò una ricognizione sullo stato dei Servizi di prevenzione (che chiamammo "Operazione Prevenzione"), che portò all'attenzione di tutti: molti dei dati allora emersi furono poi utilizzati dalle stesse Commissioni Parlamentari, in particolare dalla Commissione Lama. Riteniamo che sarebbe opportuno e significativo che, tra le sue prime iniziative, vi fosse anche una verifica dell'attuale situazione in tutte le USL per "fare il punto" sulle attuali capacità, potenzialità e carenze del sistema pubblico su questa materia, legando allo stesso anche un bilancio delle attività del Coordinamento degli Assessorati alla Sanità delle Regioni e delle Province Autonome: insomma, una nuova Operazione Prevenzione, questa volta rappresentativa del nuovo impegno delle istituzioni, in particolare del Ministero della Sanità, ma più in generale di tutto il Governo. Sarebbe auspicabile, in quest'ambito, pensare ad una campagna pubblica di informazione e promozione a tutti i livelli delle iniziative di prevenzione, non svincolata da una particolare attenzione al tema della formazione su questi aspetti. Siamo certi che la Sua esperienza umana e politica anche sul fronte della solidarietà e giustizia sociale La renderanno un giusto protagonista rispetto agli impegni e agli obiettivi cui abbiamo accennato. Speriamo vivamente che il Governo dell'Ulivo, sul quale molta parte del Paese ha investito in voti e speranze, i temi che ci riguardano trovino nuovi sviluppi. Siamo fiduciosi in particolare della Sua nuova attenzione ai problemi che riguardano la tutela delle condizioni di lavoro ed il rilancio del sistema pubblico di prevenzione. Le rivolgiamo i nostri più sinceri e calorosi auguri per il Suo alto impegno, confidando che voglia incontrarci onde approfondire ciò che in parte Le abbiamo enunciato in questa nota. Con i più cordiali saluti per il Direttivo Nazionale Il Presidente SNOP Laura Bodini 35 UN PASSO IN AVANTI NELLA PREVENZIONE IN EDILIZIA Quando si parla di sicurezza in edilizia, si notano sempre più spesso facce annoiate di operatori che hanno profuso un grande impegno per la vigilanza nei cantieri e che ora, ritenendo di aver portato a regime il loro intervento nel comparto, ambirebbero ad occuparsi d'altro. Un interesse molto vivo rimane fra i consulenti che si occupano di 626 e che vedono nell'edilizia un campo vergine, ancora incontaminato dal mercato delle consulenze. Così pure rinnovano iniziative gli Enti che fanno formazione per far fronte alle nuove esigenze poste dalla normativa. Da parte mia, ritengo vi sia ancora un grande margine di miglioramento, sia sul versante delle qualità dell'intervento dei Servizi di prevenzione, sia sul versante del livello oggettivo della prevenzione nel settore.lnfatti, dopo anni in cui molti di noi hanno puntato sulla vigilanza fatta bene, capace cioè di coprire il massimo del territorio provinciale, regionale o nazionale, pensando potesse essere risolutiva, occorre ora ragionare sul fatto che la prevenzione, e la sicurezza in specifico, dipende da un concorso di forze complesse e diversificatele USL hanno un ruolo diretto importante, ma ciò non basta. E non basta neppu r e occuparsi solo di sicurezza. Non è possibile infatti creare un decisivo cambio eli mentalità, settorializzando la prevenzione: i lavoratori edili hanno diritto, alla pari di tutti gli altri lavoratori, di avere salvaguardata la salute anche nei confronti dei rischi chimici, fisici e da movimentazione manuale dei carichi, di mangiare in condizioni decenti ecc... Hanno diritto ad essere controllati da un medico competente, così come previsto dalla legge. E devono di contro essere chiamati a rispettare gli obblighi posti a loro carico.ln definitiva, non ci si può occupare del rischio d'infortuni e trascurare il resto; non è credibile, è un atteggiamento che alla lunga non paga. Mi sono convinto che il salto di qualità si può fare solo mettendo in movimento una circolarità di forze positive, che noi possiamo e dobbiamo stimolare. Siamo nel punto giusto dell'ingranaggio per poterlo fare. Ne elenco alcune. Gli ordini professionali dei geometri, degli ingegneri e degli architetti, stimolandoli ad organizzare l'aggiornamento per i propri iscritti in materia di sicurezza e salute nei cantieri. 36 Il Collegio costruttori e le altre associazioni imprenditoriali: è importante che si schierino apertamente dalla parte delle Aziende che investono in prevenzione, legittimando in maniera inequivocabile l'opera di vigilanza dei Servizi quando vanno sul territorio a controllare i cantieri non in regola, quelli cioè che risparmiano sulla sicurezza, creando di fatto una fascia di concorrenza sleale. Dobbiamo chiedere che siano al nostro fianco nella preparazione delle campagne di controllo e nella presentazione dei risultati tramite stampa e televisione. Le Organizzazioni sindacali: loro compito è organizzare la formazione dei RLS, e in questo i Servizi di prevenzione possono dare un loro contributo qualificato di metodo e contenuto. Ma gli organismi sui quali propongo che i Servizi indirizzino la loro attenzione particolare sono 1) le scuole: gli interventi possibili sono diversi, a seconda del tipo di Istituto. Ritengo importante promuovere i concetti di prevenzione in edilizia negli istituti tecnici e per geometri in particolare. In specifico, è però importante intervenire sulle scuole edili presenti, almeno sulla carta. in tutte le province. E' molto importante che gli operatori dei Servizi partecipino all'attività delle scuole fornendo il loro contributo formativo (magari interessando il personale tecnico, con prestazioni a pagamento fuori orario di lavoro!). Di grande interesse può essere inoltre la partecipazione ai corsi, in qualità di allievi, quando vi sono incontri su aspetti particolari del processo costruttivo, la cui conoscenza, per molti di noi, non è per niente scontata; in questo modo si potranno evidenziare le operazioni a maggior rischio e si potranno discutere le modalità per operare in sicu r ezza. 2) I Comitati Paritetici Territoriali: sono enti che vivono con le trattenute sui salari dei lavoratori e che possono dare veramente un contributo notevole. Sono previsti in tutte le province ma, da quanto mi risulta, sono veramente funzionanti in una piccola minoranza di realtà. Per quanto riguarda il Veneto, conosco bene quello di Verona. E' attivo dal 1991 e si serve di liberi professionisti. una ventina tra geometri, ingegneri e architetti, che rispondono ad un coordinatore tecnico. Fra le attività che svolge, la più significativa riguarda le visite nei cantieri al fine di valutare lo stato di sicurezza. Nel 1995 il CPT di Verona ha effettuato 1548 sopralluoghi in cantiere, 1860 nel `94 e 1740 nel 93. L'elemento qualitativo di maggior spicco riguarda il metodo formativo e le modalità di effettuazione dei sopralluoghi. Tutti i liberi professionisti sono stati formati presso 1'Edilscuola con corsi di 100 ore, organizzati in collaborazione con l'USL; i docenti sono stati scelti tra i tecnici dei Servizi ed esperti del settore. Si è in questo modo stabilito un rapporto di fiducia e collaborazione tra Ente pubblico e CPT e, soprattutto, si sono stabiliti i criteri di effettuazione dei sopralluoghi, che prevedono obbligatoriamente la rivisita per la i'eriJica della sistemazione delle situazioni riscontrate non a norma e le priorità sulle cose da controllare, di modo che non si verifichi che quanto prescritto dal tecnico CPT sia diverso da quanto prescritto dal tecnico USL. Siamo pertanto in presenza di un intervento omogeneo, derivante da due strutture tra loro complementari che si potenziano a vicenda, con il risultato che si moltiplica il numero di cantieri "stimolati" a regolarizzare le loro strutture, le loro modalità operative e, in definitiva, il loro livello di prevenzione. Proposta. In considerazione di quanto sopra, propongo che in ogni provincia i Servizi di prevenzione mettano in movimento le loro potenzialità per far partire realmente e con modalità corrette i CPT. In contemporanea, le sezioni regionali SNOP aprano una "vertenza" con il Sindacato regionale. Flavio Coato LAVORI "AGRICOLI" IN SICILIA Il 22 giugno a Samperi (RG), si è tenuto un seminario dal titolo: "La tutela della salute dei lavoratori agricoli", organizzato da SNOP-SICILIA e da FLAI-CGIL. Rivolto principalmente ai RLS, ai lavoratori e ai responsabili per la sicurezza delle aziende agricole, ha visto la partecipazione di oltre 150 addetti, che si cimenteranno nei prossimi mesi nella redazione del documento di valutazione dei rischi in questo particolare settore. La scelta di tenere un seminario in questa parte della Sicilia non è stata casuale, visto che più di 4000 ha. della fascia costiera del ragusano sono coperti da serre. Non molti sono stati gli operatori dei servizi intervenuti, anche per un ritardo nell'invio degli annunci; nonostante questo, possiamo dire che gli obiettivi sono stati raggiunti. Piuttosto che un convegno passerella per propagandare check-list o programmi pronti all'uso, si è puntato sull'informazione ai lavoratori, al sindacato, ai datori di lavoro, che in questa regione registrano un ritardo sulle problematiche della sicurezza. Come SNOP si è puntato anche sulla necessità sempre viva di rendere "visibile" la Società, a cui ormai viene riconosciuto un ruolo importante anche in Sicilia. Durante la giornata si è parlato delle difficoltà di affrontare la sorveglianza sanitaria, di cancerogeni (Laura Settimi del1'I.S.S.), dei rischi presenti nel comparto della serricoltura, dei criteri generali da seguire per una buona valutazione dei rischi; dei progetti dell'Assessorato Regionale alla Sanità ha parlato Francesco Garufi, in veste di rappresentante della Regione. 11 servizio M.L. di Siracusa ha presentato un interessante video da utilizzare per la formazione. L'infaticabile Longo, Vicepresidente SNOP, nonostante l'atroce scirocco che spirava in quei giorni, ha partecipato al Seminario, facendoci sentire meno soli, con una relazione sul ruolo dei Servizi Pubblici in questo settore produttivo. Un bilancio positivo per una delle prime iniziative della SNOP-SICILIA; infatti, buona parte degli interventi sono stati di soci, che così confermano il ruolo che la SNOP siciliana sta cominciando a svolgere nel contesto regionale. Presente durante tutta la giornata dei lavori il Presidente della Commissione Agricoltura al Senato, On. Scivoletto, che ha manifestato un forte interesse alle problematiche. La necessità di intervenire sul versante della Formazione è stata affermata fra gli intervenuti al Seminario, confermando un bisogno che nella nostra regione, più che in alt r e, è sentito come prioritario. Questo bisogno è sentito nel sindacato, che risulta carente sul versante del "saper fare", e questo handicap si evidenzia più volte nel corso del lavoro quotidiano dei Servizi. La FLAI ha assicurato il finanziamento della stampa degli atti del Seminario, che contiamo di avere nel prossimo autunno. Paolo Ravalli INCONTRO AL MINISTERO DELLA SANITÀ Si è svolto il 31 luglio scorso un importante incontro tra una delegazione SNOP e il sottosegretario al Ministero della Sanità, sen. Viserta. La delegazione era composta da due vicepresidenti, Dotti e Longo, e dai segretari di Toscana e Abruzzo, Baldasseroni e Digiammarco. Il colloquio, lungo e amichevole, ha avuto come oggetto lo stato della prevenzione nei luoghi di lavoro, nell'ambito del servizio sanitario nazionale. Il sottosegretario ha infatti ricevuto la delega ad occuparsi del settore della prevenzione nei luoghi di lavoro e della veterinaria. Un importante passo avanti, già attuato dal governo in carica, è stato annunciato durante il colloquio dal sen. Viserta: si tratta della creazione di un quarto Dipartimento in seno alla struttura del Ministero di viale dell'Industria. Questo Dipartimento si occuperà esplicitamente di prevenzione, ricalcando in sede centrale l'attuale articolazione dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende sanitarie. Ciò rappresenta un importante passo avanti per consentire l'individuazione a livello ministeriale di un interlocutore autorevole sui temi centrali nell'impegno della SNOP. A conclusione della riunione, svoltasi in un clima di collaborazione, è stato stabilito di rivedersi, insieme agli altri interlocutori convocati dal sen. Viserta, nel mese di settembre, con l'intento di pianificare il rilancio della prevenzione. Nel frattempo, sono già state intraprese alcune iniziative di collaborazione, che consentiranno di avere un quadro più chiaro dello stato dei servizi preposti alle attività di vigilanza e controllo nei luoghi di lavoro in ogni regione. PUBBLICA AMMINISTRAZIONE A TORINO II 30 e 31 maggio si è tenuto a Torino il Seminario SNOP su Pubblica Amministrazione e 626. Non altissima la partecipazione per un Seminario rivolto soprattutto agli operatori dei servizi, sempre in maggiore difficoltà a partecipare alle iniziative per i noti tagli alle spese, e ai funzionari dei servizi di prevenzione e protezione dci grandi Comuni presenti in poche unità. Non dobbiamo dimenticare che questo comparto dai servizi alla persona, al lavoro di sportello al pubblico, dalla raccolta e trattamento dei rifiuti al variegato mondo della scuola riguarda più di 3 milioni di lavoratori e tutti i servizi di prevenzione. Dal Convegno sono emerse (a volte con toni eccessivamente lamentosi) le difficoltà gestionali ed economiche di questo settore, buon ultimo nella messa in sicurezza di impianti e strutture, ma anche una volontà di uscire dal guado, contando sulle tante forze presenti in uffici tecnici, settori didattici e formativi. Nel Forum sulla Pubblica Amministrazione tenuto a Roma ai primi di maggio, l'ISPESL aveva incredibilmente affermato che esistevano grandi difficoltà nella valutazione dei rischi. Niente di più assurdo: i problemi sono noti e non complessi e le soluzioni impiantistiche e tecniche, sia per la messa in sicurezza di una scuola o la dotazione di ausili alla raccolta dei RSU o nei lavori in un cimitero o alla movimentazione delle pentole non sono tecnicamente complesse! Il difficile è cambiare mentalità e rimboccarsi le maniche, prendendosi delle responsabilità. L'aspetto che rende diversa la Pubblica Amministrazione è "l'oggetto vivente" del servizio reso,, sia esso un certificato,, una multa o l'assistenza domiciliare e questo complica le cose. Le carenze di organico, la spaventosa bur ocrazia, la mancanza di attrezzature moderne si ripercuotono sia sull'utente. (modernamente chiamato "cliente" ma non sempre trattato come tale), ma anche sul disagio degli operatori che si trovano a vivere da lavoratori aprioristicamente fannulloni ! L'applicazione del 626, insomma, non è solamente un'occasione per mettere a posto finalmente l'impianto elettrico e imbiancare le pa r eti, ma soprattutto un'occasione per valorizzare la risorsa umana,, quella più importante. 37 EUROPEAN HEALTH OF THE WORKERS A History of our Days (2nd Part) The first phasc of the debate between operators of the Coordination (CNO) ended with affida] publication of the Health Reform Law 833/78, sanctioning adoption of the primary Prevention mode] utiIized by the occupational medicine services being cstablished in that time. For those working in such services before Law 833/78, the expanding opportunities granted by the new law made the discovery of a previously unknown world possible. This world predorninantly consisted of thousands and thousands of small and even smaller husinesses, and multitudes of workers that may or may not bave been unionized, and if so, were far from the struggles in the big factories of the 1960's and 1970's. Testimony of this period is represented by the following initiatives, often created by operators together with craftsmen, such as members of EPASA, and issued by the National Confederation of Craftsmen (CNA). The period from the approvai of Law 833/78 to actual transfer of responsibilities from old to new occupational health structures, 1978-1982, was also a cruda] moment in the weakening and virtual demise of strugg]es for social change and amplification of democracy in our country. so strong in the 1970's. In 1980, after 60 days of strikc and occupation Fiat Mirafiori in Torino, the largest auto manufacturing plani in Europe, was abandoned by the defeated workers in a very harsh labor dispute that resulted in the dismissal of thirty thousand workers, thereby ending an era of union strength in Italy. Paradoxically, this was also the moment of maximum success in the application of ideas bora ten years before for promoting workplace health and safety. In 1982 in fact, the power of uniimited access to any workplace was "inherited" by the new occupational medecine services boro from the health reform. At the same time, the service 38 operators acquircd other functions of the Judicial Policy, previously the sole jurisdiction of the Work Inspector. It was a true transformation for these operators and their work methods. Beffire then, thcy could enter factories only with specific rcqucsts from the trade unions (art. 9 of the Statute of Workers' Rights, Law 300/70), or by mutual agreement of both parties to confront related health problems (except Lombardy, that saw early involvement of engineers and chcmists of Milan Polytechnic). The origina] role of these occupational health service structures before the reform, was one which Bave an answer to a ]ively and articulate question on health and safety that carne from one of the game's two players, that of the workers. The role now underwent a profound transformation. Both the initiative and the programs of intervention could be developed by the saure service, thanks to the "unlimited" right of access to workplaces. The operators inserted themselves roto the institutional and regulatory rcalm of the old regime, risking neverthelessan alteration of the originai spirit animating this experience at its foundations. Tbc National Congress in Bologna, 1983 (Fifth Congress CNO, Typographic Compositors of Bologna 1985, published acts edited by CNO, Fourth Congress held at Ascoli Piceno, 1982) recorded a great participation of operators, many of who were new faces, and sonietimes oflicials of the dissolved or dissolving institutions (ENPI or ANCC. respectively) who were offered a chance to transfer to the new services by the reform law. The contrast between operators coming from the "revolutionary" experiences, operators from other fronts, from the academic world, and the "delegates" of politica] parties, could noi bave been more dramatic. The events on stage in Bologna followed in alternating languages, passwords and jargon expressions of profoundly different contexts. Front that reunion, the Coordination was left divided and perplexed. ls it possible to continue with volunteerism and an absence of defined spaces of debate, while at the saure time busy with the problems of institutional legitimacy? At this point, the Coordination represented the only forum where circulation of ideas and information could be formd between employees and those interested in the prohlem of prevention and protection. It proposed itself as a legitimate site for such a function, and as part of the State institution, not a result this time of decisions from above, but from below, from the workers themselves. The Heaith Ministcr, always a strong force of obstinate opposition to reform, continucd to ignore the issue of protection in the workplace. The Higher Institute for the Protection and Security of Work (ISPESL), a centrai institution delegated by law to culturai and methodological elaboration on those themes, noisily failed in its duty. The Locai Health Unit (USL) chose inescapable confrontation i nstead of participation, and from the beginning demonstrated greater interest in the treatment side of disease and accidcntthan in prevention of hazards and risks. Only some regions tried to organize their territories into true and proper service networks. OUTLOOK One year after Bologna, the decision to create a Scientific Society of Operators was made during the annual convention at Caramanico Terme, dedicated that year to the Information Systel (Sixth Congress CNO, Caramanico Terme 1984, Popoli Fracasso Press, 1986, edited by CNO). In January 1985, the National Coordination of Operators ceded its piace to the National Society of Prevention Operators (SNOP), which was formally created in Bologna on the hasis of a "declaration of purpose" and "regulation" (where SNOP was the first named National Operators Coordination for Prevention in Work Environments, CNOPAL) approved at Caramanico Terme. Appearing among the purposes in the constitution of the new Society: 1. Guarantee of an effective representative in each part of the country, and a national network of operators within the Society. 2. Answer to the dcmands of operators found working in environments just beginning to change. 3. Outline final techno-scientific proposals and related materiale for circulation at a national leve]: Organization of service jobs; Basic model of Service Information System; Standardization of the criteria for the application of regulations in the health, safety and health supervision fields; Standardization of forms for Supervision and Inspection activities. 4. Develop education and information services for other employees in the USL and the Regions. 5. Institute a periodical spokesman to the press. 6. Organize further annual conventions, other meetings and seminars, to address both strategy and subjects of prevention and protection activities. 7. Demonstrate the Society's continua] and qualified presence via the information unite. 8. Activate regular and formalized relations with institutions and the trade unions, as well as other Societies, Associations and Institutes, particularly in relation with trade unions supporting broad activities of cultural recovery for the workers, and above all with union administrators and the service operators, to avoid the ever-present danger of excessive proxy delegation on one side, or a hegemony of leadership power on the other. Finally, prepare hypotheses for law proposals on worker hygiene and sceurity, and begin relationships with responsible committees in the House of Deputies and the Senato (Acts of the Sixth National Congress of Operators, Caramanico Terme, November 19-21, 1984). Assessment of the fundamental failure to carve out spaces of debate within the traditional Italian Society of Occupational Medicine and industriai Hygiene (SIMLII) on themes of the function of services, forced these operators to create an autonomous scientific and cultura] community, which became SNOP itself. In the years that followed, SIMLII experienced an identity crisis and an unavoidable process of fragmentation. In the middle of winter 1985, in the slightly spectral resort town of Rimini, the first congress of SNOP took piace (Acts edited by SNOP) and the tool of society communication, the SNOP Bulletin, was born. In the opening editoria] of the builetin, the president pro-temp, Leopoldo Magelli, clarified unambiguously that the new Society had to start with application of the Health Reform Law in areas where no reforms had occurred (the southern regions of Italy, some pockets of the north) as well as continue the empowcrment of public service networks in regions where some reforms had already begun. Attention turned espccially to the occupational medicine service operators, but a gesture was made also to the remaining structures of Prevention, Public Health, Veterinary Medicine and Materna]-Infant Services. In the following years, SNOP developed a wider range of activity, with its two camps becoming the twin foundations of its existence. The techno-scientific side activated the Work Group themes at a national leve], which resulted in a revision of the mcthodological tools in the work of services (the interventions of the Department, Arezzo, 1986; the Health Surveillance arnong apprentices and minors, Florence, 1989 and 1994; the authorized procedure for industrial building permits and approvals, Arezzo, 1986; the Department of Prevention, Pesaro, 1987; the Automated Information System, Genoa, 1988), and an analysis of prevention interventions achieved by the operators in diverse categories of labor (Woodworkers, Sesto San Giovanni, 1986; Steelworkers and Laminators, Brescia, 1985-1987; Plastics, Milan, 1987; Leatherworkers and Shocmakers, Florence, 1988; Quarry and Stoneworkers, Morbegno, 1990; Building Trades, lst and 2nd meetings, Vicenza, 1989-1991; New technology and health, Rome, 1991; Protection and environment of craft trades, Pesaro, 1991; Health and Safety in the Health Department, Comano Terme, 1989-1990). The othcr side pursued the themes of health policy relatiog to prevention and protection (Operation Prevention, Rome, 1988). (2nd part) by Franco Carnevale* Alberto Baldasseroni* Amparo Casals (*) Occupational Health Sert'ice Locai Health Una 10/1), Florence, Italy 39 quindi a non idoneità del soggetto, e che il coinvolgimento di terzi in questi incidenti è eccezionale. L'ing. Alfano ha ribadito che il microclima dei trasporti deve tener conto dell'attività svolta dalla persona, dell'abbigliamento, della temperatura dell'aria, della velocità, umidità e temperatura radiante, e il Dr. Cascella che il processo lavorativo va semplificato. Rassicurante lo studio presentato dal Prof. Bergamaschi sugli ultimi modelli di autobus circolanti nella capitale. Le vibrazioni a mezzo carico e scarico sono accettabili, se si considera come riferimento la Direttiva CEE 931C77102. Gli autisti e i meccanici (n. 430) sono stati sottoposti a controllo medico e si è evidenziata una prevalenza di mal di schiena (low back pain) anche tra i più giovani. La patologia distale è risultata nettamente più frequente tra i meccanici rispetto agli autisti. W N I-O z W J COMPLESSITÀ E RISCHI LAVORATIVI Si è svolto a Roma, nel bel Centro Congressi Cavour, il simposio "Valutazione dei rischi e idoneità a compiti lavorativi complessi nel settore dei trasporti " , promosso dall'Ispesl, Dipartimento di Medicina del lavoro. Il simposio aveva lo scopo di presentare il lavoro svolto dal Gruppo permanente di studio dei compiti lavorativi complessi e di sicurezza nei trasporti, pubblicato di recente dalla Franco Angeli. Assente il Dr. Moccaldi, ha aperto i lavori il Prof. A. Grieco, il quale ha sottolineato che non bisogna limitarsi ai giudizi di idoneità psico-fisica, ma bisogna procedere a dare l'idoneità al posto di lavoro. Ciò è possibile solo utilizzando i principi dell'ergonomia, che deve analizzare le tecniche di lavoro le quali, per essere esaminate, necessitano di un metodo di analisi del lavoro. Il metodo, che discende da una visione della complessità interdisciplinare, è il Metodo delle Congruenze Organizzative, che guarda al rapporto tra lavoro e salute con un quadro concettuale in grado di individuare le diverse variabili in gioco, l'interazione tra aree disciplinari diverse (l'area politecnica e l'arca psico-sociale), le diverse scelte organizzative possibili. Un invito a produrre le cifre dei costi delle diverse progettazioni e a parlare correttamente di interdisciplinarietà ha chiuso l'intervento. La D.ssa Camerino ha definito i compiti complessi come "compiti caratterizzati da molteplicità qualitativa e quantitativa 40 di informazioni, che può indurre una risposta comportamentale con conseguente aumento del rischio di incidente o infortunio". In particolare, i compiti multifatloricali (subcomponenti presentate simultaneamente o in rapida successione), plurisensoriali (diverse stimolazioni contemporanee o in rapida successione nei diversi canali sensoriali), in stretta relazione con la sicurezza. Tra i compiti complessi vengono individuati il trasporto di persone elo cose, il controllo del traffico (aereo o per mare), i servizi di emergenza, il controllo, la manutenzione e manipolazione di impianti industriali. L'idoneità psicofisiologica è compito difficile, a causa della variabilità interisoggettiva e della personalità. Sono da valutare comunque le integrità neurosensoriali, neuro-motrici e le integrità psicologiche. Il Dr. Palma, delle Ferrovie dello Stato, si è soffermato sui requisiti dell'idoneità alla guida dei veicoli e alle figure che intervengono per I'ergoftalmologia, che esplora le non idoneità legate all'acuità visiva, alla visione periferica, al senso cromatico, all'adattamento, alla motilità oculare, agli annessi e alle superfici oculari. Il Prof. Costa, in totale sintonia con Grieco, ha ribadito che occorre analizzare il posto cli lavoro, analizzare l'idoneità della persona e arrivare ad un giudizio di compatibilità, e ha anche mostrato i dati ISTAT sugli infortuni, che rilevano come una percentuale minima degli incidenti sia attribuibile a malore della persona, e La D.ssa Fattorini è stata invitata a sintetizzare al massimo il suo intervento a favore di una breve comunicazione sul problema dell'amianto. Ha sottolineato come sia importante la qualità della vita, il benessere degli operatori per la qualità del servizio. Se l'organizzazione del lavoro non funziona, il soggetto continua a pensare al lavoro con forme di ansia, che nel tempo conducono a una diminuzione della performance. E' stato un peccato che gli organizzatori abbiano deciso di sacrificare proprio l'unico intervento sulla valutazione psicologica! I1 dibattito a seguire si è acceso solo sugli aspetti normativi (leggi D.L. 626194), che ormai sembrano essere diventati quelli più importanti, a discapito di qualsiasi discorso sui "reali problemi" di chi opera. A proposito di lavoratori e lavoratrici del settore, erano presenti nella tavola rotonda del pomeriggio, coordinata dal Dr. Fanelli, Alitalia, Ferrovie dello Stato, FITA-CNA, ATAC, FILT-CGIL, Centro Superiore di ricerche e prove, i quali hanno aperto un vasto e interessante dibattito che ha riguardato anche il modello di sviluppo dei trasporti nel nostro paese e la necessità di un riequilibrio nel modo di circolazione delle merci. Peccato che della voce di chi lavora in compiti complessi non vi sia stata traccia. L'analisi della complessità è ancora di là da venire, e con essa la possibilità di trattare la salute non solo come un problema di chi la deve valutare, ma come problema soprattutto per chi lavora! Silvana Salerno PUGLIA DECOLLANO I DIPARTIMENTI DI PREVENZIONE Nel quadro generale di riordino della disciplina sanitaria, l'istituzione del Dipartimento di Prevenzione (DIP) è stata preceduta da numerosi incontri in merito agli assetti tecnico-organizzativi, ai modelli operativi, all'esercizio di funzioni sempre vincolate a parametri di qualità, efficienza, omogeneità, valutazione dei costi. Del resto, la normativa nazionale (D. Lgs. 502/92, modificato dal 517/93, L. 61/94), affidando alle Regioni il compito di riordinare il sistema della prevenzione mediante l'istituzione dell'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale e del Dipartimento di Prevenzione delI' AUSL ha favorito la nascita di un sistemaintegrato e coordinato, in grado finalmente di consentire certezze nell'attribuzione di funzioni tra le istituzioni, di compiti e attività tra le strutture operative, senza sovrapposizioni e confusione di ruoli. A poco più di un anno dalla nascita dei DIP nella Regione Puglia, il Dipartimento dell'ASL FG13 ha organizzato il 4 luglio scorso un convegno regionale dal titolo " Dipartimento di Prevenzione: attualità e prospettive", con l'intenzione di fare il punto sulla situazione pugliese e indicare le linee guida per la definizione degli scenari futuri. La relazione di Cipriani, Dirigente DIP ASL FG/3, introducendo i lavori della mattinata, ha posto l'accento sull'articolazione in distr etti del DIP di Foggia e sulla sua organizzazione per settori e unità operative: a livello centrale, il Dirigente del Dipartimento si avvale del Comitato di Direzione (sostituito dai responsabili dei Servizi e dei moduli distrettuali) e di un ufficio operativo di supporto alle attività dipartimentali (amministrazione, epidemiologia, formazione ecc.); in ogni Distretto esiste un responsabile di unità operativa. Ha inoltre illustrato in sintesi le principali attività nelle quali è stato impegnato i] DIP: elaborazione del regolamento del DIP e di un nuovo calendario vaccinale (in collaborazione con l'Istituto di Igiene dell'Università di Bari), l'istituzione del laboratorio di formazione e educazione sanitaria "Salute e Lavoro", della conferenza dei servizi per il rilascio dei pareri sui nuovi insediamenti produttivi e del "Centro di controllo micologico", la realizzazione del " foglio epidemiologico " che, con gli studi sulle tavole di mortalità e con l'allestimento del registro dei tumori, permetterà di avviare interventi di prevenzione più mirati, l'avvio di un'incisiva azione combinata di repressione e educazione sanitaria contro la vendita abusiva di frutti di mare. La sfida posta davanti, ha concluso il relatore, è conce ripensare al tema della "prevenzione" nel nuovo contesto organizzativo aziendale: non ci si può fermare ad un utilizzo bu r ocratico di leggi e regolamenti, ma occorre lavorare per obiettivi, per funzioni trasversali, per linee di processo e per attività in un contesto integrato e in "presa diretta" con le istanze dei cittadini. In armonia con tale impostazione, i Responsabili dei Dipartimenti e dei Servizi delle altre ASL pugliesi, intendendo il Dipartimento un'aggregazione di più Servizi funzionalmente coordinati, in grado di attuare interventi operativi di carattere globale e unitario, hanno sottolineato la necessità di attivare sul piano regionale un osservatorio statistico-epidemiologico per le esigenze dipartimentali, un centro di documentazione sui rischi e danni da lavoro e di colmare la cronica carenza delle dotazioni organiche dei Servizi dovuta sia all'insufficiente attenzione ai problemi della prevenzione, sia ai vincoli introdotti dalle varie leggi finanziarie, che hanno finito per penalizzare il settore più "precario" della sanità pubblica. Per quanto riguarda l'applicazione del D. Lgs. 626/94, Fanelli, Responsabile SPSAL dell'ASL FG/3, ha riferito che grande spazio è stato dato in questa fase alla prevenzione primaria integrata, intesa come continuo dialogo con gli altri soggetti della prevenzione nei luoghi di lavoro (associazioni di categoria, tecnici, rappresentanti dei lavoratori, pubblica amministrazione, organizzazioni sociali e di volontariato ecc.). In tale ambito lo SPSAL di Foggia sta dando particolare valenza al percorso formativo degli operatori pubblici per migliorare la qualità complessiva degli interventi forniti all'utenza. Per la Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione (SNOP) è intervenuto il vicepresidente Longo che, partendo dall'analisi relativa all'istituzione dei DIP sul territorio nazionale, ha auspicato un'azione capillare da parte della Regione Puglia e ASL per eliminare la situazione a "macchia di leopardo" ancora presente, in particolare per gli SPSAL, a causa della quale ognuno può risultare fortunato o sfortunato in base al comune di residenza, o di attività ln rappresentanza dell'Assessorato alla Sanità della Regione Puglia, il dr. Ventrella ha posto l'accento sull'operato della Giunta Regionale. in materia di prevenzione: l'approvazione dei regolamenti delle Aziende U.S.L. e l ' istituzione dell'ARPA devono favorire la realizzazione di una rete regionale di certezze in tema di prevenzione. Il Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, dr. Carella, chiudendo i lavori della mattinata, ha sottolineato la necessità di verificare la corretta applicazione del D. Lgs. 502/517 che, a distanza di qualche anno, evidenzia una scarsa omogeneità di applicazione sull'intero territorio nazionale; i distretti, in particolare, in alcune zone sono stati attivati, mentre in altre esistono solo sulla carta. Altro punto rilevante del suo intervento ha riguardato il principio di aziendalizzazione delle Aziende USL che, sebbene condivisibile, ha causato spesso un'eccessiva attenzione al pareggio dei bilanci senza favorire la difesa, la promozione e la prevenzione della salute dei cittadini. Andrebbero attivati tutti gli indicatori dello stato di salute della popolazione e, su base epidemiologico-statistica, individuate le necessità e forniti alle Aziende U.S.L. i propri obiettivi. A parere del Senatore, fulcro della nuova organizzazione del sistema di prevenzione sono i distretti, intesi come luogo in cui viene fornita ai cittadini l'assistenza sanitaria primaria e dove si integra il sociale con il sanitario, la medicina del territorio con l'ospedale. La sessione pomeridiana è stata dedicata all'esposizione dei lavori realizzati da numerosi operatori dei Servizi del Dipartimento di Prevenzione dell'ASL FG/3, a testimonianza di un qualificante impegno professionale. Particolare rilievo è stato assegnato alle tematiche emergenti sul territorio, quali la vigilanza sulle operazioni di bonifica di rotabili delle F.S. contenenti amianto, la valutazione con misurazione dell'inquinamento acustico in ambienti di lavoro (è stato presentato un modello di analisi del rapporto di valutazione ex D. Lgs. 277/91), le problematiche inerenti l'applicazione del D. Lgs. 230/95 sulle misure di radioprotezione. Il Convegno, collegato ad una documentata "sessione poster" su alcuni temi della prevenzione, ha registrato una numerosa e attenta partecipazione di pubblico, a testimonianza del crescente interesse degli operatori e dei cittadini non solo per i problemi generali di tutela della salute, ma anche per le modalità organizzative, le finalità, le metodologie, le forme partecipative del sistema di prevenzione, strettamente correlate alla qualità della vita. Antonio Nigri A. U.SL FG-3 41 CORRUZIONE Si chiamava Roberto Raponi ed era "distaccato" in Pretura a Roma per occuparsi delle ispezioni nei cantieri edili. Si è ucciso dopo essere stato scoperto mentre intascava due milioni da un imprenditore edile, il cui cantiere aveva appunto ispezionato pochi giorni prima. Roberto Raponi era in origine un vigile sanitario della USL che aveva scelto la nuova collocazione diversi anni fa. La Pietà umana per il gesto estremo compiuto non deve trattenerci dal riflettere su quanto questo episodio porta alla luce. Innanzitutto perché non si tratta di un episodio isolato. Solo pochi giorni prima, a Orbassano, era stato scoperto un vero e proprio "giro" di autorizzazioni a pagamento, organizzato da un vigile sanitario della USL a casa propria, trasformata in una sorta di ufficio-ombra. Anche in Toscana sono segnalati analoghi episodi nella USL di Lucca. Questo conferma la vulnerabilità del sistema al tarlo della corruzione, piaga che affligge la pubblica amministrazione in Italia più che ovunque altro nel mondo sviluppato. Le analisi hanno finora puntato soprattutto sulla pletora legislativa e sui meandri di cavilli che caratterizzano la nostra legislazione, e non solo in questa materia, facilitando con l'oscurità delle norme e la loro sovente contraddittorietà l'annidarsi di chi vuole sfruttare a proprio profitto personale tale situazione. Ma c'è un altro aspetto del problema che non è finora stato sufficientemente focalizzato, quello dell'isolamento in cui operano sempre coloro i quali finiscono per cedere alle lusinghe del profitto illecito. In altre parole, è quando viene meno il "controllo" sociale esercitato dall'ambiente di lavoro circostante, dai colleghi che quotidianamente interagiscono, dai superiori che verificano, bene o male, ciò che viene fatto, che nasce la solitudine operativa e da questa, prima o poi, scaturisce la corruzione. Non è un luogo comune sociologico la constatazione che il disgregarsi dei vincoli che tengono unito un organismo provoca l' ingovernabilità e il corrompimento dell'insieme. E questo è ciò che avviene quando si isolano e delegano certe funzioni (in questo caso quella ispettiva) ad alcuni individui, separandoli dal resto del sistema, nell'illusione che I'ultraspecializzazione realizzata dai singoli possa sopperire alla forza di un insieme. Ciò che preoccupa nel contesto attuale di sviluppo (o inviluppo?) dei servizi di 42 prevenzione nei luoghi di lavoro, ma anche nel campo non meno delicato delle competenze in capo ai servizi di igiene pubblica, è la tendenza a segmentare, separare, disgregare i servizi in quanto tali, creando improbabili unità operative, sezioni, gruppi e sottogruppi, spesso a carattere monoprofessionale, in assenza di chiare responsabilità di divisione del lavoro e di supervisione. Almeno questo è ciò che sta avvenendo in Toscana, dove le spinte corporative hanno avuto la meglio, ar rivando al bel risultato di distruggere l'unitarietà dei servizi, ormai frammentati in tre o quattro sottorganismi sostanzialmente autonomi. Il forte timore è che alla fine di questa strada si trovi non la supposta "autonomia professionale" ma l' "isolamento operativo", matrice di molti dei corrompimenti vissuti di recente. Alberto Baldasseroni PUBBLICO O PRIVATO? Si è svolto a Roma, presso l'istituto Superiore di Sanità, un dibattito su "Pubblico e Privato", promosso dalla rivista Sapere. Quello che state leggendo non è in realtà il contributo di una partecipante, ma quello di una investigatrice che ha raccolto testimonianze dirette. In breve, mi scuso con i lettori della sintesi, suggerendo loro la lettura del numero monografico della rivista (3-4 1996) sopra citata. L'ex Ministro della Sanità, Elio Guzzanti, in uno dei suoi ultimi interventi da ministro, ha colto l'occasione per inviare un messaggio di tranquillità rispetto ai tagli finanziari: "Il giudizio sulla nostra Sanità non può essere il risparmio". E' necessario invece procedere ad interventi di razionalità organizzativa, di efficienza, discutendo sulle varie opzioni organizzate in base ai dati statistici, che comunque premiano il Servizio Sanitario Nazionale italiano. Sulle stesse posizioni ha proseguito Giovanni Berlinguer, evidenziando un certo imbarazzo nell'entrare nella dicotomia tra pubblico e privato, salute e malattia, senza una premessa: "La salute è innanzitutto problema della persona". E' utile ricordare che la Costituzione italiana parla di salute come di "un diritto dell'individuo e interesse della colletti- vità". Il linguaggio economico, anzi monetario, è dunque solo fuorviante se a termini come risparmio ed efficienza non si aggiunge l'obiettivo(efficacia): miglioramento del benessere umano. (N.d.A.: un professore del Massachusetts institute of Technology ha così sintetizzato la posizione degli economisti: "Dare un prezzo a tutto e valore a niente?"). Non si può pensare sempre di guardare alla quadratura del bilancio senza verificare un bilancio positivo per la salute della popolazione! Possiamo pure parlare di aziende (sulla posizione di G. Berlinguer vedere anche la recensione del suo libro "Etica della salute", Snop n. 34/35, 1995), ma il prodotto da verificare è il valore aggiunto di salute. Le risorse non coincidono con la spesa: esse sono anche educazione, equità, partecipazione, prevenzione, ambiente. Esiste una tendenza ovunque ad integrare l'impegno collettivo con l'iniziativa dei singoli; proprio per questo gli USA guardano con interesse le esperienze europee (e viceversa). Ma ogni esperienza va valutata per i suoi aspetti positivi? Carlo La Vecchia, dell'istituto Mario Negri, ha sottolineato come, negli ultimi 30 anni, è diminuita nel nostro paese la mortalità per l'infarto del miocardio e ]'ictus cerebrale. Sono aumentati tuttavia i suicidi e necessitano di maggiore attenzione i "deboli" per età, per handicap mentali o fisici. Gli studiosi di management Alberto Donzelli e Donatella Sghedoni hanno infine esposto la tesi che "pubblico è bello" (N.d.A.: finalmente voci fuori dal coro!). Il sistema pubblico garantisce equità, efficacia, sicurezza, economia. Gli USA, a dispetto del sistema assicurativo basato su assicurazioni volontarie, spendono più di tutti (3299 dollari, rispetto a 1523 in Italia) e non "guadagnano" come la Sanità italiana 1500 anni di vita ogni 100.000 abitanti, con un risparmio del 30% rispetto ai costi sanitari di quel paese. Anche in Europa si spende più che in Italia; la Francia e il Belgio, per esempio, spendono il 2328% in più e hanno rispettivamente 1122 e 1148 anni di vita ogni 100.000 abitanti. Nella Sanità, in sintesi, la Stato fa meglio del privato ed è meglio decidere di "pagare la salute" e non "pagare la malattia". insomma, anche i medici "competenti" e non stiano attenti: da domani si paga la prevenzione! Silvana Salerno ANCORA IN EVOLUZIONE LE NORME SUL RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE Il Decreto del Ministro dell'Ambiente del 13.05.96 (G.U. 03.07.96 n°154) stabilisce le categorie di modifiche alle attività esistenti che comportano implicazioni per i rischi rilevanti e le modalità di autodichiarazione nei casi di modifiche che non comportano aggravi dei preesistenti livelli di rischio. Con l'ennesima reiterazione (8 luglio 96), il Decreto Legge n°351 1 (G.U. 08.07.96 n°158) introduce un sistema aziendale di autocertificazione e istituisce un nuovo obbligo di informazione diretto fra imprese e cittadinanza. Il sistema di gestione della sicurezza e l'informazione prodotta direttamente dagli esercenti hanno entrambi il medesimo obiettivo : aumentare il grado di sicurezza degli impianti tramite la responsabilizzazione volontaria degli Esercenti e la trasparenza. Queste modifiche hanno tutte il giusto scopo di depontenziare un nemico subdolo, molto diffuso e sempre più insopportabile: la burocrazia acefala e inconcludente, ostacolo e non servizio. Gli adempimenti inerenti al grande rischio hanno infatti disatteso la maggior parte delle attese di prevenzione suscitate all'origine e l'inclusione di una Azienda negli obblighi di Dichiarazione e Notifica ha prevalentemente ingenerato paura, fastidio e diffidenza: • fra i cittadini, per cui è invalsa spesso l'equazione azienda in Notifica o Dichiarazione bomba ecologica • fra gli amministratori, schiacciati fra responsabilità senza competenze, interessi aziendali, Enti latitanti e cittadini e gruppi a volte con problemi reali a volte con secondi fini. Ad esempio l'essere in Dichiarazione o Notifica è considerata in molti Comuni motivo di incompatibilità in toto con il PRG e l'insediamento, o il parere dell'Usl diventa automaticamente negativo indipendentemente dalle reali condizioni aziendali. • fra i responsabili e funzionari dei (numerosissimi) uffici competenti della Pubblica Amministrazione, più attenti a scaricare responsabilità vere o presunte, ad acquisire spazi di potere e prestigio, a condurre non necessa rie mediazioni, che ad impegnarsi in reali interventi e richiedere adeguati mezzi di intervento ove (quasi sempre) carenti. Un esempio valga per tutti : in nessun caso in Italia è stata verificata l'effettiva avvenuta informazione degli addetti e delle Aziende in appalto in insediamenti a rischio o l'operatività delle squadre e piani di emergenza da parte di qualsivoglia ente o funzionario. • fra gli esercenti, dove la confusione normativa e culturale e la paura di immagine negativa hanno portato di fatto a sterilizzare gli adempimenti sostanziali preoccupandosi solo di rispettare gli adempimenti burocratici, produrre voluminosi (costosi e inquinanti) dossier cartacei di scarsa utilità, ma riprodotti in decine di copie a disposizione di Enti ed Uffici che spesso ne richiedono inutilmente copie (perdendole) ad ogni nuovo titolo. • fra i lavoratori anch'essi oscillanti fra la preoccupazione di mantenere il posto di lavoro minacciato dagli esterni e lo spauracchio degli esposti `per la sicurezza' a volte brandito come arma para-sindacale per spostare rapporti di forza altrimenti sfavorevoli. I risultati sono evidenti: le condizioni di sicurezza delle aziende sono del tutto indipendenti dal fatto di risultare o no in 175, di avere avuto o no (quasi mai) verifiche dei rapporti di sicurezza. Le istruttorie sono sempre poche, un po' di più i censimenti, le conclusioni poi, scarne e anch'esse ininfluenti sugli effettivi livelli di rischio. Come già ribadito nella precedente nota pubblicata sul Snop37 (Che fine ha fatto la Seveso?) anche se ulteriori e più coraggiosi passi saranno necessari, le modifiche introdotte potrebbero creare un effettivo circuito di autovalutazione certificata dei sistemi di sicurezza aziendale e contribuire a garantire un maggior livello di informazione e accettazione da parte dei cittadini facilitando anche il compito degli Enti di Controllo. in ogni caso sarà necessario valorizzare gli adempimenti per le aziende rientranti nell'articolo 31175, cioè esentate dalla Dichiarazione o Notifica ma sottoposte al Decreto, nonché definire i criteri, gli standard e i sistemi di verifica per informazione, formazione, addestramento di lavoratori, squadre di emergenza, funzionari P.A., cittadini residenti e programmi educativi e scolastici (lo Stato ha da dire qualcosa per educare alla sicurezza o si lasciano questi temi in appalto a Federchimica con "Fabbriche aperte" e visite di scolaresche guidate?). Gianandrea Gino (e-mail [email protected]) SPIGOLATURE Da un catalogo di una Scuola Superiore di Amministrazione Pubblica ecc. ecc., nel quale vengono anche proposti un numero impressionante di corsi sui temi dell'ambiente e della sicurezza nei luoghi di lavoro: "Corso B3I8: TITOLO: La disciplina del cerimoniale nella pubblica amministrazione. MOTIVAZIONI E DESTINATARI: Non esistono regole scritte sul cerimoniale e tuttavia, se esse non vengono seguite, si hanno sempre conseguenze molto negative. Ogni funzionario di ente o azienda al quale siano affidate le relazioni esterne non può pertanto ignorare le disposizioni sul cerimoniale. PROGRAMMA: I compiti del cerimoniale, gli inviti, il posto d'onore e l'ordine delle precedenze. Organizzazione di cerimonie, premiazioni e inaugurazioni. Incontri e visite ufficiali e di lavoro, composizione delle delegazioni, firma degli accordi. Colazioni e pranzi: i posti a tavola, il menù di un pranzo ufficiale e lo svolgimento del convivio. Cerimonie religiose ufficiali. Messaggi e lettere: il titolo di Onorevole, il titolo di Eccellenza, gli altri titoli. Premi e doni di rappresentanza. Festività e lutti. Gli abiti: come vestirsi nelle occasioni ufficiali. Costo del corso E. 980.000 + IVA 19%; orario di svolgimento 09,00-14,30; durata tre giorni." 43 L'OMBRA DI 16.000 PIOPPI SUL D. LGS. 626194 Applicando al concetto di salute, mutuato dall'OMS, tutti gli attributi di una stato di benessere psico-fisico di chi vive in un contesto sociale a sé confacente, non si può dubitare che il trovarsi in un ambiente di vita e di lavoro confortevole, ameno, privo di rischi e che dispone nella giusta quantità delle risorse necessarie per la vita, faccia parte dei requisiti per il mantenimento di uno stato di salute così definito. L'interpretazione tutta formale di leggi volte alla tutela dei lavoratori - come si è osservato per il D. Lgs. 277191 - porta, di fatto, alla proliferazione di atti burocratici ripetitivi e di scarso significato prevenzionistico e che comportano, quanto meno, un dispendio energetico, di risorse e un impatto ambientale non giustificati. Si preannuncia così una "... fase di sviluppo economico in cui i costi del mantenimento della burocrazia superano le capacità produttive della società e l'intero sistema si piega sotto il carico della sua complessità". Generalmente, i consulenti, cui si rivolgono attualmente gli imprenditori per la redazione del documento sul rischio da rumore previsto dal D. Lgs. 277191, integm ano i dati relativi alle valutazioni dei rischi con molte pagine che riportano testo della legge, promemoria per il datore di lavoro, informazioni generali e quanto altro un serio consulente ha il dovere di comunicare al committente, spesso non esperto della materia. Ovviamente, l'onorario del professionista tiene conto anche di questa parte informativa del documento. Monti datori di lavoro non si rendono conto che quella relazione è una loro dichiarazione, al punto che, richiesti di fornire in copia i dati di esposizione dei loro dipendenti, non esitano a riprodurre e fornire all'organo di vigilanza l'intero documento, consigli e leggi compresi, ingorgando così l'archivio della USL competente di una quantità di relazioni che differiscono fra loro solo per i dati anagrafici dell'Azienda e per la tabella contenuta in una delle tante pagine, tutte rigorosamente uguali. In casi estremi, i consulenti allegano, sempre a pagamento, tutti i referti di misura, analisi e registrazioni del fattore di rischio valutato, con notevole aggravio di spesa per il datore di lavoro e di spreco di carta ed energie profuse per la realizzazione (e successivo smaltimento) di queste pachidermiche relazio- 44 ni. Abbiamo pertanto ritenuto utile valutare quantitativamente tale spreco, anche in vista di quanto andrà a moltiplicarsi con l'entrata in vigore del Decreto 626. Abbiamo preso in esame il rapporto di esposizione a rumore redatto da un professionista noto in tutta Italia. Sono state rilevate le dosi giornaliere di esposizione a rumore di 74 lavoratori che operano in uno stabilimento che copre un'area di circa 100 mq. La relazione si compone di: due pagine in cui si riportano i dati anagrafici dell'Azienda, la descrizione del ciclo lavorativo e tutti i dati identificativi dell'unità locale; cinque pagine in cui si enunciano le metodiche di rilevamento e di calcolo utilizzate. In quattro pagine sono poi riportati in sintesi i principali adempimenti cui è tenuto il datore di lavoro, senza tuttavia gli specifici riferimenti ai singoli gruppi di lavoratori, ma con l'indicazione delle pene previste per gli inadempienti. I dati relativi all'esposizione a rumore dei lavoratori e le relative azioni da intraprendere da parte del datore di lavoro sono sintetizzati nelle successive venti pagine. Sono poi riportati, per ogni singolo lavoratore, i diversi livelli sonori cui è sottoposto durante le diverse fasi del lavoro, peraltro senza l'indicazione di quali siano queste fasi. Ogni lavoratore è rappresentato da una pagina, per un totale di altre 74. Vengono infine riportati i tracciati relativi alla registrazione grafica di un periodo di misura (è intuitivo l'interesse del datore di lavoro e delle maestranze per questi documenti): 65 tracciati, uno per pagina. Tutte le pagine sono riprodotte in unica facciata, per cui la relazione, compresi frontespizi, interpagine, copertine e titoli, consta di 172 fogli. La carta era del tipo ultra candido (cioè sbiancata chimicamente), del peso di 80 g/mq. L'organo di Vigilanza - Autori compresi - giudicava sostanzialmente incompleta tale relazione, nonché concettualmente inesatta. Veniva quindi integrata da una provvisoria valutazione (32 fogli) e finalmente sostituita da una nuova relazione redatta secondo le indicazioni (altri 180 fogli). L'adempimento comportava pertanto l'utilizzo di circa 1,871 Kg. di carta. Considerando che la valutazione dei rischi prevista dal D. Lgs. 626194 dovrà necessariamente contenere più informazioni di quella relativa al solo rischio rumore, ci appare verosimile, seppure a nostro avviso sottostimata, una previsione di circa 2 Kg. di carta per la redazione di un documento concepito come sopra esposto. Considerando che (dati ISTAT 7° censimento generale dell'industria e dei servizi, 2] ottobre 1991) in Italia esistono 3.227.297 imprese e che per produrre un Kg. di carta occorrono 4,4 l. di acqua e si consumano 0,05 KWh di energia, con semplici calcoli si può stimare che verranno consumati circa 24.000.000 1. di acqua e 300.000 KWh di energia. Ponendo un ricavo medio di 380 Kg. di carta da un pioppo, con analoghi calcoli si può ipotizzare l'abbattimento di circa 16.000 pioppi, pari al danno recato da un incendio boschivo di media estensione. L'auspicio è che il nuovo corso della prevenzione dei rischi si inquadri all'intcrno di un contesto sostanzialmente, e sinceramente, "ecologico", riferendosi alle due variabili principali di energia ed entropia, per conseguire le finalità implicite nel titolo del "miglioramento delle condizioni di salute". F. Borgogni I. Finto az. USL 7 di Stenti UFFICIO GRANDI RISCHI A ISPRA Le Commissioni UE: XI (Ambiente) e XII (Ricerca) hanno annunciato la creazione di una struttura per la prevenzione del rischio chimico grave, così come disciplinato dalla legislazione comunitaria, presso il Centro Comune di Ricerca di ISPRA. Tra le funzioni che l'ufficio sarà chiamato a svolgere figurano l'analisi degli incidenti più gravi, la diffusione della informazione destinata alla prevenzione degli incidenti, la gestione di un centro di documentazione comunitario sui rischi industriali, il sostegno e l'organizzazione di studi e seminari. Ricordiamo che in occasione dei gravi incidenti del passato:Flixborough (Regno Unito, 1974), Seveso (Italia, 1976), Bophal (India, 1984) la trasparenza e l'attendibilità delle informazioni destinate (anche) al grande pubblico furono particolarmente avare e carenti. Le ultime modifiche della Direttiva Seveso vanno in tal senso. Per maggiori informazioni Major Accidents Hazards Bureau (MAHB) TP 670 I- 21020 ISPRA te l 0332-785485 fax 0332-789007 STRUMENTI INFORMATICI CDS Il Centro di documentazione per la salute dell'Emilia Romagna continua a tessere la sua rete informatica. I collegamenti on-line con le principali banche dati europee e con i principali host privati, consentono già l'accesso alle basi di dati - di tipo bibliografico o fattuale prodotte da enti di ricerca, biblioteche e istituzioni scientifiche in tutto il mondo. Intanto, il Centro sta perfezionando il progetto di ingresso in INTERNET, strumento utile per sviluppare i rapporti e gli scambi con interlocutori lontani. INTERNET diventerebbe anche un ' occasione per l'accesso diretto alt' informazione del Cds da parte di esterni: il Centro di documentazione per la salute si sta attrezzando anche in questo senso. Ha cominciato con "Arianna " , la base dati per le prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro prodotta insieme al Cedif (attualmente struttura dell'Arpa toscana), distribuita su dischetto e consultabile on-line. "Arianna" conduce, attraverso gli archivi di Cds e Cedif, alla ricerca di elenchi di documenti e di notizie sulle iniziative e le attività dei servizi di prevenzione e di promozione della salute. In questi ultimi mesi, poi, il Centro ha installato il suo bollettino di bordo telematico, o B13S che dir si voglia: per collegarsi è sufficiente avere un qualunque computer, un modem e un programma di comunicazione di qualsiasi tipo. E il numero, naturalmente: 051/399966. Una volta collegati, è possibile recuperare o inviare file, fare richieste di documentazione, intrattenere rapporti in linea con il Cds e con altri utenti, partecipare a gruppi di lavoro e discussioni tematiche. Al momento, è in fase di sperimentazione la produzione "in proprio" di CD-ROM attraverso la versione italiana del programma per la predisposizione di conipaci disk prodotto dal Centro canadese per la salute e la sicurezza del lavoro. Chi vuole saperne di più, o ricevere "Arianna", o inviare informazioni e materiali utili per gli archivi, può mettersi in contatto con Rossana D'Arrigo, Centro di documentazione per la salute, Via Triachini 17, 40138 Bologna, tel. 051/396310, fece 051/392416. ARIANNA • base dati per la prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro • prodotta dai Centri regionali di documentazione dell'Emilia Romagna e della Toscana • è in distribuzione nella versione aggiornata al 31 dicembre 1995 • contiene DOC, base bibliografica di documentazione anche grigia INFO, base dati di notizie sulle esperienze e le attività degli operatori della prevenzione in totale oltre 8.300 record • è distribuita gratuitamente facendone richiesta scritta a: CDS - Az. USL di Bologna e di Ravenna, Via Triachini 17. 40138 Bologna tel. 05 1/3 963 1 0, .fax 051/392516• CEDIF-ARPAT, Via San Salvi 12, 50135 Firenze te/. 055/5663663, fax 055/5663657 CHI VIGILA SUI VIGILI DEL FUOCO Esattamente un anno fa a Reggio Emilia è morto un Vigile del Fuoco durante l'operazione di spegnimento di un incendio scoppiato in un capannone industriale a causa di un fulmine che aveva colpito l'antenna radio posta sul tetto del capannone stesso. A lato dell'edificio passa una linea elettrica ad alta tensione, 15.000 volt, montata su pali di cemento, e il giovane Vigile del Fuoco, salito sulla scala montata sull'automezzo dei Vigili, è rimasto fulminato, non si sa se toccando i fili dell'alta tensione con il casco o perché era entrato nell'arco voltaico creato dall'umidità che gravava nell'aria. L'indagine disposta dalla Magistratura in seguito al tragico evento, effettuata dall'USL, mise in evidenza che, presumibilmente, la scala retrattile era stata posizionata troppo vicino ai fili dell'alta tensione. Si parlò di inavvertenza, di mancanza di osservanza delle norme precauzionali e, come al solito, di tragica fatalità. Un paio di mesi fa un altro incidente vide coinvolti due Vigili del Fuoco che si erano calati in una cisterna contenente vinaccia per prestare soccorso a tre operai, che erano rimasti intossicati dalle esalazioni di anidride carbonica di cui era saturo l'ambiente. Purtroppo, uno degli operai perse la vita, gli altri due operai e i Vigili del Fuoco rimasero intossicati ma, per fortuna, senza conseguenze mortali. Le indagini sono ancora in corso, ma sembra che il locale non fosse stato arieggiato preventivamente e, soprattutto per quanto riguarda il coinvolgimento dei due Vigili, perché non erano dotati dell'attrezzatura idonea per scendere nella cisterna (dato il poco spazio a disposizione, avrebbero dovuto avere maschere con il tubo sufficientemente lungo per poter lasciare le bombole di ossigeno all'esterno). Questi sono fatti più gravi, ma in una successiva assemblea sindacale sono emersi altri problemi contro i quali si scontrano quotidianamente gli appartenenti al Corpo. Innanzitutto, e questo è il dilemma fondamentale a cui si dovrebbe poter rispondere, dove finisce l'etica professionale, il dovere (con eventuale relativa accusa di omissione di soccorso), dato che i Vigili del Fuoco, ma non solo, fanno parte dei Servizi di Protezione Civile, e dove cominciano gli obblighi legislativi sulla sicurezza personale? Se nello svolgimento della loro opera di trovano a dover scegliere, a quale dei due doveri devono dare preminenza? Inoltre, se si rendono conto che in una specifica circostanza non sono dotati di attrezzature adeguate (come purtroppo a volte succede), hanno il dovere/diritto di rifiutarsi di intervenire o di nuovo possono essere accusati di omissione di soccorso? Ancora, cosa succederebbe nell'eventualità di un incidente durante il tragitto per raggiungere il luogo di un incendio o di un incidente, dato che sono soggetti all'osservanza del codice della strada e non sono coperti da alcuna forma assicurativa, né RCA, né di responsabilità civile, né di responsabilità penale? Sarebbe importante che a questi interrogativi si potesse dare una risposta esaustiva, visto che l'opera di questo Corpo, ma anche di tutti quelli che rientrano nell'accezione "Servizi di Protezione Civile",é vitale. L'ex D. Lgs. 626194 e il 242/96 all'art. I comma 2 rimandano a uno dei 23 decreti che dovranno essere emanati di concerto tra il Ministero del Lavoro c i Ministri competenti (in questo caso il Ministro dell'Interno, a cui fa capo la Protezione Civile). La CGIL di Reggio Emilia (Funzione Pubblica e dip. Prevenzione e Tutela) sta cercando di organizzare una tavola rotonda di approfondimento, invitando a discutere un Magistrato, un Parlamentare, un Funzionario del Ministero dell'Interno, la Medicina del Lavoro, il Prefetto, il Comandante dei VV.FF. Provinciale, l'Ispettore Regionale dell'Emilia Romagna e, ovviamente, il Sindacato. Poiché riteniamo che questo problema abbia una valenza nazionale, ci impegniamo a continuare a fornire informazioni sui suoi sviluppi. Anna Ruozi Dip. Prevenzione e Tutela della CGIL di Reggio Emilia 45 TRENI E BICICLETTE Perché chiedere il potenziamento dei trasporti pubblici e la creazione di una rete di piste ciclabili. 11 Comitato per il Trasporto Pubblico in Brianza si è costituito dal giugno `95 allo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla necessità di: • ridurre il numero di auto e camion circolanti, dato che la viabilità è sempre più difficoltosa, perché le strade provinciali, statali, le autostrade sono congestionate da automobili e camion; • ridurre il numero di incidenti stradali, che provocano sempre più spesso morti e invalidi permanenti? L'incidente stradale rappresenta la prima causa di morte fra giovani e giovanissimi ed una delle cause più frequenti degli infortuni mortali sul lavoro; • ridurre l'inquinamento atmosferico, che nelle nostre città e paesi è spesso a livelli allarmanti (come risulta dai dati forniti dalle centraline di rilevamento), con conseguenti "inviti" da parte dei Sindaci a stare in casa per vecchi e bambini e a non usare l'auto. Si sa infatti che, dopo che il metano ha sostituito la nafta per il riscaldamento domestico, oltre la metà degli inquinanti è dovuta al traffico veicolare. Le conseguenze dell'inquinamento atmosferico sulla nostra salute sono note: aumento delle malattie dell'apparato respiratorio e delle malattie allergiche; ma pesante è anche la conseguenza sull'ambiente, perché si formano piogge acide che danneggiano intere foreste; • ridurre l'inquinamento sonoro in città e nei centri abitati: oggi risulta che non siano più tanto le attività industriali ed artigianali a produrre il rumore quanto il traffico veicolare. Le conseguenze sulla salute sono una progressiva diminuzione dell'udito e un peggioramento della qualità della vita (stress, nervosismo); • ridurre il consumo energetico: il trasporto privato consuma energia in maniera molto maggiore di quello pubblico. Sappiamo che le risorse energetiche sulla terra non sono infinite e che inoltre sono consumate in modo molto squilibrato, con Europa e USA che fanno la parte del Icone 46 rispetto al resto del mondo. Il Rapporto sullo Sviluppo dell'ONU 1996 ha evidenziato che lo squilibrio tra nord e sud del mondo si è accentuato (in 15 paesi che. raggruppano un quarto della popolazione mondiale la povertà, negli ultimi trent'anni, ha continuato a crescere). Anche il recente "Libro Verde" della Commissione Europea (La rete dei cittadini - Realizzare le potenzialità del trasporto pubblico di viaggiatori in Europa, Bruxelles 1995, Commissione delle Comunità Europee) indica che "la solu- zione ideale per ridurre l'inquinamento e il traffico non consiste nell'aumentare la capacità della rete stradale per ... costi delle strade e dei parcheggi in continua crescita ... e per ... aumento degli spostamenti in auto ..., ma nel potenziare i servizi di trasporto pubblico, spostando quote il più possibile consistenti di traffico (auto e camion) dalla strada allo . ferrovia", come avviene ormai nella maggior parte dei paesi europei (Svizzera, Germania, Austria ecc.). In Italia, invece, le soluzioni per la viabilità vanno sempre nella direzione di creare nuove strade! Si "parla" di un rilancio delle ferrovie ma, tranne che per l'alta velocità, non si rendono disponibili i finanziamenti per realizzare opere di ammodernamento della rete, con notevoli disagi per i passeggeri (tempi di percorrenza lunghissimi, stazioni fatiscenti ecc.) e quote irrisorie di merci trasportate su ferro rispetto agli altri paesi europei. Noi del Comitato per il Trasporto Pubblico in Brianza riteniamo che vada studiato e realizzato un piano di mobilità complessivo, globale, che preveda: • il potenziamento della ferrovia per persone e merci, con possibilità di spostarsi in tempi ragionevoli sia verso nord-sud (Lecco-Milano) che verso est-ovest (Como-Bergamo) con 1 la realizzazione del raddoppio ferroviario Carnate-Calolziocorte, 2 il potenziamento di tutti i cosiddetti "rami secchi", 3 la realizzazione della linea Pedemontana Ferroviaria, progettata dall'ing. Semenza, dell'ACI: si tratta di una ferrovia a doppio binario, che collega città e paesi da Varese a Como. Lecco, Bergamo, Brescia con treni navetta, ogni 15-20 minuti, che trasportano camion e TIR, treni metrò e treni turistici per i week-end. La spesa prevista è di 1600 miliardi, contro i 3800 dell'intera Pedemontana autostradale ed un impatto ambientale di gran lunga inferiore (2 binari per 14 metri di larghezza contro i 40 metri e le 6 corsie della Varese-Dalmine), • la creazione di una rete di autobus (piccoli, confortevoli, accessibili anche ai disabili, non inquinanti, frequenti, visibili) che colleghino città e paesi fra loro, • la creazione di una rete di piste ciclopedonali, che colleghino frazioni, paesi e città fra loro, in modo da poter andare in bicicletta a scuola, alla stazione, in palestra, al supermercato ecc. senza i fumi dei tubi di scappamento e il rumore di auto e camion e senza essere schiacciati ai bordi delle strade. Noi crediamo che: • le piazze e le vie delle nostre città e paesi debbano ritornare ad essere luoghi in cui i bambini e gli adulti possano piacevolmente camminare, passeggiare, sostare (non come succede oggi con le auto in doppia, tripla fila); • le aree verdi non debbano far posto a nuove strade e nuovi parcheggi; • le famiglie non debbano essere più costrette ad acquistare la seconda e la terza automobile da lasciare, per esempio, tutto il giorno ferma in un parcheggio; • le stazioni ferroviarie e i mezzi pubblici debbano essere luoghi confortevoli in cui poter conversare e leggere un libro; • l'aria che respiriamo noi e i nostri figli debba essere pulita e che le nostre città e paesi debbano essere più silenziosi; • che debba essere risparmiata energia, perché vogliamo poter guardare negli occhi con meno rimorsi un africano; • meno ragazzi debbano morire sulle strade e che le giornate di festa, i ponti, non debbano essere sempre più funestati da vittime di incidenti; • sia possibile che i privati investano anche per la realizzazione di ferrovie, e non solo di autostrade, in tempi rapidi; • l'Italia non si debba ancora di più allontanare dall'Europa per quanto riguarda i trasporti. Da ultimo, come lda Magli, ammiriamo le stile essenziale ed efficace del Mini- sino Di Pietro. Sembra un sogno vedere prendere in tempi rapidi decisioni attese da anni! Vorremmo solo che il Ministro lavorasse con i] suo zelo non per nuove strade, ma per realizzare-ammodernare le ferrovie, rimaste in Italia quelle di fine `800, solo un po' invecchiate. Noi crediamo che sia ancora possibile che l'Italia diventi un paese più civile, ma crediamo che occorrano decisioni rapide nella direzione della difesa ambientale e dello sviluppo sostenibile. Comitato per il Trasporto Pubblico in Brianza Via Castelbarco, 9 lmbersago (LC) rel. 039/9920817-9900178 fax 039/9920817 RICORDI SULLO STABILIMENTO RUMIANCA DI PIEVE VERGONTE Abbiamo abitato davanti allo stabilimento Rumianca di Pieve Vergonte da] 1958 al 1967. Stavamo nelle villette degli impiegati: davanti c'era la strada, un piccolo campo dove giocavamo a pallone, il muro dello stabilimento e poi i serbatoi, credo del cloro. Lo stabilimento era onnipresente; per noi ragazzi era bellissimo: sembrava un enorme giocattolo, rumoroso e puzzolente, ma divertente. L'odore lo ricordo bene: quando tornavamo dalle vacanze con il naso ripulito, risalendo la Val d'Ossola lo si sentiva già verso Premosello, 15 chilometri a valle: era una miscela di tutto quello che lo stabilimento produceva. Lo stabilimento: lo si chiamava così; non fabbrica, al massimo la Rutniancct, anche quando poi è diventata SIR. Produceva acido solforico, cloro e soda, ammoniaca, DDT, altri prodotti inorganici e organici che non ricordo. il I° maggio si andava a visitare la fabbrica. Mio padre lavorava alla manutenzione. Tutti i padri dei miei amici lavoravano nello stabilimento. Li ritrovavamo dentro, con lo stabilimento tirato a lucido, che voleva dire senza tutta la polvere che normalmente riempiva le strade, dentro e fuori. Dentro si identificava finalmente l'origine di certi rombi profondi che fuori si sentivano attutiti: i reattori per la sintesi dell'ammoniaca, che facevano proprio il rumore degli aeroplani. Ogni volta si andava a vedere il laboratorio d'analisi dove, in una vasca, dei pesci rossi segnalavano che l'acqua era pulita. Che acqua pulita fosse non era chiaro, ma quello allora per noi non era un problema. Il problema erano i divieti che le madri ponevano alla nostra libera circolazione: lo stabilimento era infatti l'acilmente penetrabile, almeno in alcune sue parti. Ad esempio, si poteva risalire un po' attraverso la Marmazza, i] torrente che passava sotto lo stabilimento. I più grandi dicevano che si trovavano pozze di mercu r io, uno dei prodotti più ambiti. Non ho mai trovato niente, non so se perché non c'era niente, oppure per la paura del buio che mi impediva di entrare a sufficienza. Il mercurio - tantissimo - lo vedevamo solo quando, durante le visite, si andava a visitare l'impianto del clorosoda. C'era sempre l'operaio che faceva vedere che tutti gli orologi si fermavano per i campi magnetici. Ogni tanto qualcuno riusciva a ottenere qualche bottiglietta di mercurio per giocare con le gocce. Sul mercu r io - come su tante altre cose c'erano le storie, non so quanto vere e quanto piccole leggende: si diceva che gli operai portassero fuori il mercu r io di nascosto, dentro i telai delle biciclette, per andare ad estrarre l'oro in Valle Anzasca. Anche mio padre, prima della guerra, aveva lavorato alle miniere d ' oro della Rumianca, in valle. Credo che l'estrazione fosse fatta con i cianuri. Altre storie - vere negli effetti, non so quanto nelle cause - erano le morti: si diceva che qualcuno fosse morto (questo era vero...) perché, non volendo (o non potendo) andare in gabinetto, si era accucciato in luoghi nascosti dove ristagnava del gas (C03, se non ricordo male). Non ci crederete, ma se ne parlava tra ragazzi come di una punizione eccessiva ad una cosa sconveniente, che comunque non si doveva fare. Cose vere erano le petunie piantate la mattina e bruciate il giorno dopo: mia madre i primi anni ci aveva provato ad avere il balcone fiorito, poi ci aveva rinunciato, cominciando ad odiare il posto, lo stabilimento. Vere erano le fughe verso Piedimulera perché usciva il cloro, come si diceva. Poi tornavamo ed i prati erano gialli, qualche gatto morto (avevamo tantissimi gatti). Una volta erano morti tutti i cuccioli bianchi di una gatta: da allora mi è rimasta la convinzione di una intrinseca debolezza fisica dei gatti bianchi. C'era l'impianto dell'acido solforico, a destra lungo la strada che andava alla stazione. Nelle giornate umide bisognava passare in fretta, perché altrimenti alle donne si bucavano le calze e a noi quegli impermeabili lucidi che non si usano più, con il cappellino. Però si trovavano le piriti e i pezzi di zolfo. Un altro posto dove non si doveva andare erano le vasche di decantazione diet ro lo stabilimento, verso il canale e il Toce. Ci si andava con gli stivali a cercare non si sa che cosa, in mezzo alla terra rossa. Per quello che mi ricordo erano semplici bacini di terra, tipo risaia, per intenderci. Ora ho visto che ci passa sopra la superstrada; chissà se sotto è rimasto qualcosa. Intorno allo stabilimento pascolavano le mucche. Molti operai avevano mucche. Poco dopo le villette, dopo il Circolo, c'era il paese, con le case vecchie e ancora qualche stalla. 11 latte si andava a prendere in latteria, con il pentolino. Chissà se è mai stato fatto un controllo sulle cause di morte della popolazione, o se il campione è troppo piccolo e non significativo. Poi siamo andati via; mia madre non ce la faceva più; mio fratello e io ci divertivamo, invece, credo. Non mi sono più interessato ai destini dello stabilimento, che ha seguito la crisi della SIR, fino a diventare Enichem. Non mi sono mai spiegato perché, controllando fabbriche nel milanese, non ho mai cercato di sapere qualche cosa di più dello stabilimento della mia infanzia. Una sorta di pudore e di rispetto, forse: era il lavoro di mio padre, anche sc ormai è in pensione da 20 anni. Ho provato a chiedere a mio padre se si ricorda qualche cosa dello stabilimento: 47 qualche discarica abusiva, degli incidenti. Purtroppo sta molto male, soprattutto la memoria non c'è quasi più. Si ricorda dei direttori sostituiti perché condannati per aver fatto morire i pesci fino al lago Maggiore, per evitare che una ricondanna creasse ulteriori problemi penali, ma questo lo ricordo anche io. Ha una vaga memoria di altri problemi con il DDT, ma sono cose degli anni `60. Cercare di farlo ricordare, però gli ha fatto bene: lo stabilimento, insieme alla guerra, è gran parte dei suoi ricordi. Suoi e della maggior parte della sua generazione. A lui è andata bene - in fondo - perché è arrivato ad 82 anni. In ospedale, dove è ricoverato, abbiamo concordato che ci sarebbe da vedere cosa ne è stato del mercurio, e forse anche dell'arsenico delle piriti, oltre che del DDT. Andare a vedere cosa c'è sotto gli impianti. Non sappiamo che bonifiche sono state fatte in questi decenni: forse tutte, forse nessuna. Forse si è tutto diluito. Non credo che mio padre abbia mai considerato realmente pericoloso lo stabilimento, anche se mi ricordo che si arrabbiava per manutenzioni fatte dopo il guasto e non prima. Era il suo lavoro. Chissà se in giro per l'Italia ci sono ancora stabilimenti come la Rumianca della mia infanzia, o se sono stati tutti esportati nel terzo mondo. Dario e Erminio Tagini IL PROBLEMA ACQUA E' stato votata dalla Commissione Ambiente della UE alla unanimi una risoluzione sulla strategia globale che si dovrà adottare in Europa in materia di risorse idriche. La qualità dei corsi d'acqua superficiali ha registrato dei leggeri miglioramenti, ma vi sono ancora gravi problemi di monitoraggio degli scarichi in acqua così come vi sono Europa e inondazioni in quelli nordici. L'Italia presenta tutte e due i problemi: perdite e alluvioni. I principi fondamentali della direttiva quadro sulle acque che la Commissione dovrebbe presentare entro il 1996 saranno: . • monitoraggio e fissazione di obiettivi di qualità con programmi di gestione; • trasparenza delle procedure di applicazione; • alto livello di protezione ambientale; 48 V O NUOVE VISITE DI IDONEITÀ Man mano che procede l'incardinamento istituzionale dei servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro, aumenta la massa di adempimenti forma]-burocratici che vengono richiesti ai suoi operatori. Dopo la vergognosa vicenda delle visite ex-lege 122 per l'autorizzazione all ' esercizio di direttori di autofficine e gommisti, ecco profilarsi all ' orizzonte l'ombra minacciosa di un numero imprecisato, ma comunque ingente, di "visite" atte a certificare l'idoneità al lavoro di pubblici dipendenti o a certificare il possesso di requisiti fisici e psichici necessari a svariate licenze sempre connesse al lavoro. i due generi di problemi (certificati di idoneità per pubblici dipendenti e certificati per il rilascio di licenze varie) configurano certamente problemi differenti. Il primo genere di atti viene di norma richiesto dagli enti pubblici che, pur se equiparati in tutto dalle nuove normative 626194 e 242196 ai corrispettivi privati, godono tuttora di "strani" privilegi. Per esempio, quello di pretendere che il proprio futuro dipendente paghi di tasca propria una visita e tutti gli accertamenti integrativi (si parla di centinaia di migliaia di lire) atti a garantire all'azienda che lo assume le sue condizioni di idoneità alla mansione. Quindi, un atto sanitario svolto nel solo - o prevalente - interesse del datore di lavoro (visita di assunzione), viene fatto pagare al dipendente stesso! Inoltre, il datore di lavoro pubblico esige che tale accertamento venga svolto da un medico pubblico (in questo caso il medico del lavoro del servizio di prevenzione nei luoghi di lavoro), che quindi funge da consulente del datore di lavoro stesso, pur essendo invece il controllore. Un guazzabuglio inestricabile, innescato da norme di legge peculiari del pubblico impiego e risalenti ad epoche lontane nel tempo, spesso retaggio di contratti di lavoro che, fino ai primi anni `90, avevano forza di legge. Nel frattempo il mondo è cambiato, i privilegi burocratici degli enti pubblici sono stati a chiacchiere aboliti, salvo constatare, more solito nel nostro paese, che la nuova legge, supposta innovativa (nel caso in questione 626194 e segg.), si sovrappone, senza cancellare nulla, al vecchio ordinamento, che resiste imperterrito a fronteggiare "il nuovo che avanza". Differente è il discorso circa gli accertamenti sanitari richiesti per il rilascio di licenze e autorizzazioni in determinati lavori. In questo caso esiste un interesse sociale a garantire che certe mansioni, operazioni, manipolazioni di sostanze, vengano effettuate da chi è in grado di non nuocere a se stesso e, soprattutto, alla popolazione, sia perché capace di fare l'operazione pericolosa prevista, sia perché dotato di sufficiente equilibrio psico-fisico per effettuarla nei momenti e nei casi giusti. Qui il problema nasce dai cosiddetti "protocolli" adottati per accertarsi e quindi certificare tali requisiti. L'esempio eclatante venuto alla nostra osservazione ha riguardato il rilascio di certificazione di permanenza dei requisiti psico-fisici atti a consentire il rinnovo dell'autorizzazione alla manipolazione di gas tossici, certificazione richiesta ogni cinque anni, dietro emanazione di un apposito DM del Ministero degli Interni (sic!). Il protocollo adottato è dettato dalla norma del 1927 sull'uso dei gas tossici (RD gennaio 1927 n. 147), che all'art. 27, comma 4° del capo VII specifica che il medico certificatore deve verificare che l'applicante: • non sia affetto da malattie fisiche o psichiche e non presenti deficienze organiche di qualsiasi specie che gli impediscano di eseguire con sicurezza le operazioni relative all'impiego dei gas tossici; • non presenti segni di intossicazione alcoolica o da sostanze stupefacenti; • abbia integri il senso dell'olfatto e la pervietà nasale; • percepisca la voce afona ad almeno otto metri di distanza da ciascun orecchio; • possieda il visus complessivamente non inferiore a 14110 (tavola di Snellen), purché da un occhio non inferiore a 5110. Il testo del Mari (R. Mari, "Gas Tossici", Pirola editore, Milano, 1990) aggiunge poi, per soprammercato, che l'applicante debba anche presentare: • funzionalità epatica e renale nella norma; • non presenti disturbi di funzionalità respiratoria e dell'apparato polmonare. L'elenco di cui sopra lascia intravedere, oltre che esilaranti anacronismi (l'esame audiometrico tonale in cabina silente, sostituito da un'improbabile percezione della voce afona a otto metri di distanza...), una concezione del tutto superata del concetto di idoneità. L'errore è quello di considerare separatamente l'esame fisico e psichico del soggetto dal suo ambiente di lavoro. La manipolazione di gas tossici non deve essere limitata a superuomini in grado di resistere ai danni dovuti a tale operazione meglio di altri, bensì, come noto dal razionale che sta dietro agli accertamenti per minori e apprendisti, deve essere effettuata in tali condizioni di sicurezza da non causare danni ad alcuno. In sostanza, di tutto l'elenco sovrastante, l'unico requisito da normare per legge appare quello relativo al primo punto, l'assenza cioè di malattie o condizioni particolari che impediscano la corretta e sicura effettuazione dell'operazione interessata all'autorizzazione. Norme di buona pratica e il continuo avanzamento delle tecnologie diagnostiche potranno poi costituire il corredo di esami da effettuare a completamento di tale accertamento, senza però vincolarsi rigidamente, pena la caduta in ulteriori situazioni grottesche, come quella riguardante l'acuità visiva (oltre che quella già esaminata sull'acuità uditiva). In questo ultimo caso, il problema nasce dal fatto che la visita di rilascio iniziale del patentino prevede che il candidato sia in possesso di un'ottima vista senza correzione di lenti. Ma si sa che l'età, in questo caso, non perdona e provoca un inevitabile degrado di questo organo. Come fare allora con tutti quei lavoratori che, con l'andare dell'età, perdevano questo essenziale requisito di idoneità? (Si pensi ai problemi per un galvanico esperto di bagni al cianuro, giunto nell'età della sua maggiore produttività, i quaranta-cinquanta anni). Ed ecco sopperire il Ministero della Sanità che, con una circolare del 2 agosto 1967 n. 133 (quaranta anni dopo la legge tuttora in vigore), conveniva che "come noto, l'acutezza visiva si riduce in genere con il progredire dell'età e motivi di carattere sociale o pratico legati all'utilizzazione di personale qualificato ed esperto nel campo dell'impiego di gas tossici consigliano l'adozione di tale discriminazione sul requisito del visus", cioè l'ammissione della misura del visus corretto con lenti! Come dire: il buon senso a volte (di rado) ha il sopravvento. Ma l'elenco delle bestialità burocratiche in questo campo è lungo. Chi di voi non si è sentito fare almeno una volta la fatidica domanda: "Dottore, me lo fa in bollo, per piacere...Sa, non si sa mai"? I D F- Mirko D. Grmek (a cura di) STORIA DEL PENSIERO MEDICO OCCIDENTALE coordinamento di Bernardino Fantini 2. Dal Rinascimento all'inizio dell'Ottocento Editori Laterza, Roma-Bari, 1996 pagine 613 - Lire 65.000 Come era stato promesso da Grmek, curatore o meglio ispiratore, ci troviamo di fronte al secondo atto di un'impresa (il primo volume, stampato in Italia nel 1993, si occupa dell'Antichità e del Medioevo, il terzo, preannunciato per il 1998, spazierà dall'età romantica sino alla medicina moderna), la quale, a differenza o di più che nelle pur pregevoli storie della medicina (o meglio dell'arte sanitaria) del passato (In Italia si debbono ricordare quelle di De Renzi, di Castiglioni, di Pazzini), tende a isolare, a focalizzare non tanto le scoperte e i nomi, quanto le idee-guida della medicina in rapporto alla storia della cultura e della civiltà generale del mondo occidentale. Il progetto prevedeva il superamento dei vincoli con i quali si sono dibattuti gli storici con approccio positivista (come, tra gli altri, ha fatto Littré), oppure, per altri versi, gli storici "sociali" (Shryock, ad esempio, ma di più altri epigoni), "colpevoli" sino al punto di scrivere "una storia della medicina senza medicina". La scelta dei collaboratori (specialisti delle diverse metodologie e dei diversi periodi storici, come Bernabeo, Debus, Rudolph, Mazzolini, Rey, Risse, Porter, Mollaret e lo stesso Grmek) ha indubbiamente giocato un ruolo decisivo per il raggiungimento ria°t, segue 49 degli obiettivi posti. Ciò che tuttavia sta alla base della novità e dell'importanza dell'opera sono l'individuazione delle idee-guida, la loro completa illustrazione e quindi la sintesi architettonica che ne risulta; quest'ultima non è quella di un tessuto omogeneo o di un filo continuo, ma quella di un edificio complesso, articolato. anche irregolare, ma stabile e funzionale. Già i titoli di alcuni capitoli rendono conto di una tale ipotesi di lettura: la macchina del corpo, la medicina chimica nella prima età moderna, la misurazione e l'esperimento, l'anima il corpo e il vivente, la sintesi tra anatomia e clinica ecc. Il volume di per sé non appai-e, di primo acchito, di facile lettura; è possibile venire atti-atti da un capitolo prima o più che da un altro, ma a un certo punto l'esigenza di approfondire la portata delle rivoluzioni nel campo delle scienze e delle tecniche della vita (e in particolare di quella parallela alla rivoluzione galileiana) contagia anche il lettore, che non può fare a meno di andare fino in fondo, anche se irregolarmente rispetto al procedere degli avvenimenti storici veri e propri. La traduzione dei vari capitoli è fatta a più mani, ma sempre soddisfacente e piuttosto omogenea. Ammirevole è il rigore e la completezza con cui è redatta, alla fine del volume, la bibliografia, sia quella delle "fonti" (assolutamente originale in questa forma nel panorama della letteratura di storia della medicina italiana) che quella riguardante gli "studi" (dove prevale la letteratura di lingua inglese e quella di lingua tedesca, poco conosciuta in Italia). Non si può non segnalare, infine, il contributo di Giorgio Cosmacini, ospitato nel volume, "Il medico nella società: il caso italiano (il medico dei poveri, il medico dei lavoratori, il medico politico, il medico sociale)": è un contributo che brilla per acutezza, per scorrevolezza e per ampiezza di prospettiva culturale. E' il caso di ricordare che sempre Cosmacini ha appena pubblicato un gradevolissimo "Medici nella storia d'Italia" (Laterza, Roma-Bari. 1996, pagine 220, Lire 35.000): è un regalo in più di un autore che ha un particolare dono di scrittura, ma che ha anche come bagaglio inesauribile la famosa "Storia della medicina e della sanità in Italia", pubblicata in tre volume, sempre dagli Editori Laterza, tra il 1988 e il 1994. F. Carnevale 50 CGIL-CISL-UIL Lombardia (a cura ) MANUALE DEL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA Periplo Edizioni, maggio 1996, Lire 100.000 La struttura unitaria CGIL-CISL-UIL della Lombardia, con il prezioso e indispensabile contributo tecnico scientifico della SNOP, come di altri esperti, ha prodotto il "Manuale del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza". Questo manuale è strutturato nella forma di un cofanetto e contiene, oltre ad un volume generale, tredici monografie relative a diversi comparti produttivi o di servizio. Perché questo manuale? Quest'opera è appunto la risposta ad un bisogno di chi, come il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, deve conoscere la realtà nella quale agisce, proprio perché si trova quotidianamente sul campo di fronte ai problemi. L'impostazione che è stata data all'opera è quindi rivolta a meglio soddisfare questo bisogno. Difatti non sono stati affrontati dei rischi, come per esempio la movimentazione dei carichi, che può investire diversi comparti, ma si è invece esaminata la situazione specifica, ricomponendola sulla base della effettiva realtà del singolo settore o comparto, che è una miscela di rischi. Questa scelta di partire da una situazione concreta è stata possibile grazie al lavoro e all'esperienza di chi ha per anni operato nella prevenzione, in particolare tecnici e medici, ma anche lavoratori e sindacalisti. Questa particolarità contraddistingue l'opera come unica nel panorama attuale, e quindi riteniamo sia di particolare interesse e pregio. quantomeno per l'originalità del lavoro e per l'esperienza compiuta. In ogni comparto esaminato viene descritta l'attività lavorativa, i rischi connessi e le conseguenze sulla salute, le bonifiche e gli interventi possibili, la sorveglianza sanitaria e le norme di legge e contrattuali relativa; inoltre sono allegate schede informative su aspetti particolari, come le vibrazioni "whole body" nell'opuscolo dedicato ai trasporti, o la sindrome di "burn out" nella monografia dedicata alla sanità. Le tredici monografie riguardano: rifiuti solidi urbani, terziario impiegatizio, metalmeccanica, grafica, tessile, trasporti, industria alimentare, legno, commercio, sanità, operatori cimiteriali, imprese di pulizia e vigilanza urbana. Nel volume generale sono contenute parti che riguardano tutti i settori e che era utile accorpare insieme. Segnaliamo, tra le altre, un compendio delle principali norme di prevenzione, una proposta di linee guida per la valutazione dei rischi, l'esame del ruolo dei RLS, una serie di schede relative all'ambiente (inquinamento acqua, aria, suolo); vi è allegato inoltre il testo del D. Lgs. 626194, modificato dal recente D. Lgs. 242196, con le variazioni evidenziate in neretto. Il cofanetto è rivolto a tutti coloro che si occupano di prevenzione. La sua struttura in opuscoli tascabili, con un'esposizione semplice ma con contenuti alti, gli permette di essere utilizzato sia da chi è alle prime armi, come percorso di formazione, sia da chi è già esperto e può trovarvi utili indicazioni o efficaci riferimenti. ln prospettiva, abbiamo previsto di completare le monografie con altri comparti, come la chimica, l'agricoltura e la scuola. Questo lavoro non vuole essere il tipico manuale che prende per mano il lettore e lo guida più o meno inconsapevolmente, ma cerca di stimolare le capacità di comprensione e di decodifica della realtà, per intervenirvi allo scopo di migliorarla. . E' proprio con lo spirito di fornire strumenti immediatamente utilizzabili per la migliore applicazione della normativa, ma che indirizzino nella prospettiva ad una vera e propria rivoluzione culturale (che deve investire tutta la realtà lavorativa, affinché la prevenzione sia effettivamente un obiettivo comune di tutte le parti coinvolte e che il percorso per raggiungerla sia quello della partecipazione, che è stato progettato il Manuale del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. La casa editrice è la Periplo di Lecco, tel. 03411286943 - fax 03411286950. Il prezzo dell'intero cofanetto è di £ 100.000, ma possono essere richieste anche singole monografie. Domenico Marcucci CGIL Lombardia resp. Dipartimento "Ambiente salute e sicurezza" Atteso da lungo tempo, è finalmente uscito il manuale del delegato alla sicurezza, realizzato a cura della CGILCISL-UIL lombarda con la decisiva collaborazione di SNOP lombarda. Difficile essere obiettivi nel valutare un simile lavoro: troppi i motivi di coinvolgimento, di identificazione addirittura, di simpatia per il significato dello scritto e la competenza ed esperienza degli scrittori. Tuttavia, una volta tanto, la qualità del prodotto supera ogni possibile polemica. Si tratta di un'opera brillante, aggiornatissima, ben tagliata per il target di destinazione, sia nei contenuti (le descrizioni dei fattori di rischio, possibili danni, precauzioni e bonifiche adottabili) che nel contenitore (agili volumetti, ben illustrati, dotati di una grafica scorrevole e accattivante). Per un lavoro del genere, in particolare, il veicolo era della massima importanza, rivolgendosi tutto il materiale a persone che sono sì sensibili c sensibilizzate ai temi trattati, ma sono pur sempre dei "laici" rispetto alla materia. Ed è giusto che così sia. Ma allora la capacità di veicolare il "messaggio" era di cruciale importanza per sperare nella fruizione dei contenuti. Ed è ciò che è stato fatto. Quanto ai contenuti: ad un volumetto più tradizionale di presentazione e inquadramento concettuale e legislativo del problema della sicurezza, salubrità e della prevenzione dei rischi per la salute, si affiancano ben 13 fascicoletti, formato dépliant, di diverso spessore, dedicati ad altrettanti settori di lavoro. 1 settori trattati coprono la gran parte della manodopera impiegata, con un impegno particolare in quei campi poco noti o poco studiati, per i quali reperire altro materiale di eguale tipo sarebbe stato impresa veramente ardua (basti pensare, per esempio, ai volumetti su "Operatori cimiteriali", "Imprese di pulizia", "Trasporti", "Industria alimentare" ecc.). La costante presenza, all'interno di ogni fascicolo, di un capitolo dedicato alle soluzioni e alla bonifiche garantisce per il delegato che ne vorrà fare uso una maggiore capacità di proposta e di interlocuzione verso le istanze aziendali, semmai doviziose di analisi dei rischi, ma spesso reticenti sui possibili rimedi da adottare. Forse, volendo trovare il classico "pelo nell'uovo", un maggiore spazio a questi aspetti, rispetto ad alcune descrizioni un po' stereotipe eli fattori di rischio e possibile danno, avrebbe giovato. In fondo, il delegato dovrà confrontarsi soprattutto sul piano delle scale di priorità degli interventi di miglioramento proposti dal management aziendale, laddove lo "stato dell'arte" in termini tecnici ed economici fungerà da bussola di orientamento (la cosiddetta fattibilità tecnica, ma anche economica). Quindi, essere ben attrezzato a dimostrare possibili tecnicamente, e a discutere dialetticamente come possibili economicamente, talune soluzioni, senza accettare a scatola chiusa l'opinione del datore di lavoro, sarà elemento cruciale per il delegato. I singoli fascicoli sono ovviamente acquistabili separatamente a prezzo veramente popolare e se ne auspica quindi una larga e capillare diffusione. Magari in un'edizione che consenta un adattamento alle singole realtà regionali, spesso difformi per terminologia, ma anche per modalità di funzionamento degli organi preposti al controllo e alla vigilanza. Alberto Baldasseroni Marco Geddes Elisabetta Chellini (a cura di) OZONO Conoscerlo per difendersi Suppl. al n.314 del mensile "Silenzio Stampa" lavoro "en plein air", che potrebbero prevedere in estate (a maggior densità di eventi rischiosi) orari di lavoro inter r otti nel periodo incriminato. Come dire: istituzionalizziamo la "pennichella". Edizioni Cultura della Pace Alberto Baldasseroni Firenze, 1966, Lire 10.000 Marco Geddes ed Elisabetta Chellini presentano in questo volumetto un bell'esempio di divulgazione scientifica ad uso dei cittadini. L'argomento all'ordine del giorno è l'ozono, noto inquinante atmosferico, ma altresì elemento essenziale per la protezione del nostro pianeta. Il paradosso di un elemento come 03, la cui carenza nella stratosfera determina il temibile "buco dell'ozono" e il cui eccesso nella troposfera crea invece disturbi alla salute, viene trattato in maniera chiara ed efficace dagli autori. I dati del laboratorio dell'ARPAT sono descritti dettagliatamente, ma anche in modo da essere comprensibili. Insomma, un lavoro ben fatto, come era da attendersi, data l'esperienza proprio in fatto di divulgazione scientifica accumulata dai due autori. L'unica perplessità che scaturisce dalla lettura delle pagine del libretto si ha quando a pagine 5 gli autori, citando a dire il vero un dépliant prodotto dal Comune di Firenze, sostengono che: "1 datori di lavoro, tramite i loro servizi di Prevenzione e Protezione, dovranno valutare il rischio ozono, informando i Rappresentanti per la Sicurezza dei Lavoratori, e dovranno prendere idonee misure per ridurre l'esposizione durante i lavori all'aperto. I medici competenti aziendali dovranno altresì disporre l'allontanamento dal lavoro all'aperto dei lavoratori con patologie respiratorie suscettibili di aggravamento, nelle fasce orarie sopra indicate [ore 1217] dei giorni in cui viene superata la soglia di attenzione." La laconicità delle espressioni usate non rende giustizia della vastità delle conseguenze che verrebbero determinate da un'applicazione rigida di un tale comandamento. Il novero delle categorie di lavoratori coinvolti è vastissimo, dagli operatori ecologici agli autisti di mezzi pubblici, dai vigili urbani alle guide turistiche, senza contare che si porrebbe il problema di cosa fare in quelle zone non coperte da controlli ambientali (aree urbane non comunali, aree dei comuni limitrofi ecc.), ma verosimilmente a rischio simile. La preoccupazione maggiore scaturisce dalle zone di incertezza, dove si dovrebbe agire per analogia e non basandosi su dati rilevati. L'innescarsi di conflitti applicativi sembra inevitabile, soprattutto nel pubblico impiego. Piò saggio sembrerebbe proporre un graduale adeguamento delle forme organizzative del EDUCAZIONE ALLA SALUTE NELLE SCUOLE PROFESSIONALI SULLA PREVENZIONE E LA SICUREZZA NEGLI AMBIENTI DI LAVORO Aussl 27 Cernusco slN Milano L'attività di Educazione Sanitaria si é sviluppata dal 1992 al 1996. La motivazione che ha spinto gli operatori del Servizio ad intraprendere questa iniziativa è stata quella che, in occasione delle visite mediche per gli apprendisti e i minori, sono state rilevate nei ragazzi scarse conoscenze in merito ai rischi correlati alle diverse attività lavorative nella quali sarebbero stati, o anche nelle quali erano già, impegnati. L'obiettivo che ci si è proposti è stato quello di informare e sensibilizzare i lavoratori di domani in merito ai concetti fondamentali di igiene e sicurezza del lavoro. Con i ragazzi sono stati trattati argomenti inerenti in modo specifico all'indirizzo scolastico seguito dai ragazzi, in occasione degli incontri che sono stati tenuti da un medico e da un tecnico della Uotssl. Si è fatta la scelta di fornire agli studenti alcune informazioni e alcuni spunti di riflessione, nell'intento di sviluppare la curiosità e l'interesse a chiedere chiarimento sulla salute nei luoghi di lavoro. Sono stati anche prodotti dall'Azienda USSL alcuni opuscoli, al fine di favorire un loro primo approfondimento di quanto trattato. Gli opuscoli trattano i seguenti argomenti: • Antinfortunistica e sicurezza del lavoro • Il cantiere edile • La sicurezza nei cantieri edili • Il laboratorio chimico • La sicurezza nel laboratorio chimico • Il posto di lavoro al videoterminale • I pericoli della corrente elettrica • La corrente elettrica • Il laboratorio meccanico • La manutenzione degli autoveicoli • 11 circuito stampato. Gli opuscoli possono essere richiesti agli operatori della UOTSLL-AUSSL 27: Giuseppe Leocata e/o Raffaella Albani, Tel. 0219511557-9511525-95131069514820 o fax 0219516291. Giuseppe Leocata 51 WWW.SNOP SNOP VIRTUALE Ci siamo! Nasce SNOP virtuale. Cosa vuoi dire? Che in pratica, d'ora in poi, esisteranno più canali d'informazione per soci, simpatizzanti, semplici curiosi delle nostre cose per poter "parlarsi". Il glorioso Bollettino cartaceo, superata la boa del decennio di vita, proseguirà la sua navigazione nel mare dell'informazione tradizionale, ma ad esso si affiancheranno a poco a poco altri "media" (mai come in questo caso definizione adeguata). In particolare, si sta già realizzando la pagina ipertestuale (html) su INTERNET, grazie alla quale sarà possibile rendere accessibile una grande quantità di informazioni su SNOP a chiunque nel mondo. Dovrà nascere al fianco della più tradizionale e popolare "mailing list" SNOP, da tutti apprezzata per la sua completezza e capillarità, anche una nuova "E-mailing list" capace di raggiungere con posta elettronica i quattro capi del mondo (basterebbe l'Italia per ora) nel giro di alcuni istanti e a costi praticamente zero. Ma si annunciano anche aperture di Forum di discussione elettronica sui temi che più ci stanno a cuore (vedi Rete Civica Milanese) e forse chat-lines prevenzionali. L'entusiasmo per lo scenario che ci si prospetta è molto, il lavoro da fare altrettanto, ma come al solito molto dipenderà dalla volontà dei singoli soci di aprirsi al nuovo, di mettersi in rete, di diventare una volta di più dei veri "knowledge workers". A proposito, si sta organizzando una presentazione dell'intero progetto per la prima giornata della Convention autunnale. E' nostra intenzione organizzare poi un vero e proprio seminario introduttivo alle nuove tecniche di telecomunicazione ad uso e consumo di utenti dei servizi di prevenzione. NIGHTMARE "L'accensione del brow.ser- non aveva riservato sorprese stavolta. La hornepage del host-server scendeva regolare e veloce a coprire la window del mio screen. Anche la velocità raggiunta era buona: navigavo sui 21000 bauds/s, buona data l'ora. La dura giornata di lavoro mi aveva spossato al punto che non avevo voglia di impegnarmi in 52 alcunché di preciso. A questo punto si trattava di scegliere un buon motore di ricerca, possibilmente rapido, efficiente, magari un tantino sciovinista, almeno a livello europeo. Le precedenti esperienze con strumenti come Yellovv Page o Yahoo! erano state eccitanti, ma avevano messo in evidenza l'orientamento eccessivamente nordamericano di questi motori. Tuttavia, avevo ormai realizzato che il gap tecnologico faceva sì che il collegamento con server statunitensi consentisse una navigazione infinitamente più veloce che con quelli italiani. Non deve stupire quindi scoprire che una delle migliori finestre sui siti del nostro paese la si trovi nel nodo dell ' Università dello Utah, stato americano noto finora per la stravagante abitudine poligamica dei suoi abitanti maschi." Potrebbe cominciare così un racconto su INTERNET di un normale " navigatore " notturno (Telecom-costretto). In effetti, le tecniche ludiche devono essere alla base dell'apprendimento di questi strumenti, nei confronti dei quali anche utenti mediamente competenti in questioni di informatica mostrano i loro limiti. E' inutile negarlo: siamo come bambini di tre-quattro anni d ' età alle prese con lo scatolone dei giochi variopinti. Davanti ai nostri occhi si dispongono fantastici scenari, molti dei quali di grande fascino visuale. Talvolta si riesce a cogliere i primi passi nella trasmissione di suoni e voci, altre volte ci si imbatte in più o meno rudimentali animazioni d'immagini. E' un magma ribollente che scorre sotto i nostri sensi, e la sensazione che coglie l'incerto navigatore ai primi passi è quella della vertigine e della meraviglia. Tutto è a portata di mano. Nessun luogo del mondo è irraggiungibile. Lo scibile umano, attualmente giacente per gran parte nelle biblioteche americane, è facilmente accessibile per una sua elencazione. I mitici documenti delle agenzie governative americane, inglesi, francesi ecc. sono lì, tranquilli nei loro siti, disponibili per numerosi download, sempre consultabili e aggiornatissimi sulle ultime novità. Insomma, il problema cambia natura: da quello di "avere accesso" ai santuari dell'informazione per la prevenzione a quello di "scegliere l'accesso" migliore, più adeguato alle proprie esigenze. più aggiornato, più generoso nel concedere gratuitamente parte del proprio knowhow. E' quindi un ruolo di "cacciatori della rete" quello che più necessita. E' prezioso l'amico che ti suggerisce il sito da visitare, che magari ha già esplorato lui, segnalandoti pregi e difetti di quello che lì è presente. La rubrica che si apre oggi sulla rivistavuole essere un "help on-line" del navigatore solitario, un faro cui riferirsi per evitare le secche di un inutile e frustrante aggirarsi tra i milioni di pagine web a disposizione. La rubrica è aperta ai contributi di tutti i colleghi che abbiano da segnalare siti utili, esplorati più o meno a fondo, pertinenti con la nostra materia, che generalmente andrà sotto il titolo di prevenzione dei rischi e dei danni per la salute sia negli ambienti di vita che di lavoro. Segnaleremo anche il "sito del mese" ed eleggeremo il "sito dell'anno". E adesso al lavoro, la caccia è aperta. SITO DEL MESE http:Ilturva.me.tut.fi/cis/home.html ILO-ICIS International Occupational Safety and Health Information Centre Segnalato sull'ultimo numero della rivista dell ' ISPELS (cfr. Fogli d ' Informazione ISPELS n. 2/95, p. 157), questo sito INTERNET rappresenta senz'altro un'ottima piattaforma di lancio nello spazio dell'informazione sui problemi della sicurezza e dell'igiene del lavoro. La home-page si presenta gradevole da un punto di vista grafico, facile da caricare, ben ordinata nei suoi link ipertestuali, che sono molti e attraenti. Ne abbiamo visitati alcuni per saggiare ciò che si può ottenere, senza pensare neppure per un momento di riuscire ad esplorare l'intero sito. Tra i link più interessanti segnaliamo quelli a "International Directory of Occupational Safety and Health Institutions", "ILO-CIS Chemica] Database", "CIS Bulletin Board". Il link a "ILO WWW Server" rappresenta un'ottima porta d'entrata nell'oceano INTERNET dell ' informazione dedicata a questi temi. L'uso in alternativa dei consueti motori di ricerca a soggetto o a parola-chiave è certamente meno specifico e più dispendioso in termini di tempo e di scatti del telefono. Attraverso questa porta si riesce ad entrare anche nella rete delle organizzazioni non governative di difesa della salute. Caratteristica singolare del sito è quella di essere costruito e gestito in Finlandia dal dr. Takala dell'Università di Tampere. L'aggiornamento delle pagine risultava tempestivo (le più "vecchie" risalivano a febbraio di quest'anno); la velocità di accesso, in condizioni hardware non ottimali, buona, a livello degli accessi alle pagine dei server americani. Alberto Baldasseroni DIRETTIVO SNOP OTTOBRE `96 tLOMBARDIA Laura Bodini (presidente SNOP e direttore della rivista) UOTSLL - ASL n. 3 I via Oslavia, I 20099 Sesto S.Giovanni (MI) Tel. 0212625763 I Fax 02126223083 Dario Tagini (segretario regionale) Tel. 021980585 I7 Enrico Cigada (tesoreria) Servizio n. I - ASL n. 3 I via Oslavia, I 20099 Sesto S. Giovanni (MI) Tel. 02126257625 Fax 02126223083 EMILIA ROMAGNA Graziano Frigeri (ufficio di presidenza) Distretto Parma città viale Barsetti, 8 43100 PARMA Tel. 05211259846 Fax 05211259896 Franco Pugliese (segretario regionale) Azienda USL Piacenza corso Colombo, 26 29010 S. Polo Podenzano (PC) Tel. 05231302022 Fax 05231302006 VENETO Flavio Coato (vicepresidente SNOP) Emilio Cipriani (segretario regionale) SPISAL-USL n. 22 via Foro Boario, 28 37012 Bussolengo (VR) Tel. 04516769427 Fax 04516700347 Marcello Potì SPISAL-USSL n. 20 via P. Cosma, I 35012 Carnposanpiero Tel. 049/93241 I I Fax 04919324343 PIEMONTE VALLE D'AOSTA Silvano Bosia (segretario regionale) USL n. 19 via Baracca, 6 14100 ASTI Tel. 0 1411392871 Fax 01411392894 USL n. I via Lombroso, 16 10125 TORINO Tel. 01 1/6698822 Fax 01 011/6690150 TOSCANA Alberto Baldasseroni (segretario regionale vicedirettore rivista) l- SPISLL - USSL n.10 viale Guidoni, 1781A 50125 FIRENZE Tel. 05514224407 Fax 05514224405 CAMPANIA Milena Pelosi (segretario regionale) Azienda USL NA2 via Salvo d'Acquisto, 7 80100 NAPOLI Tel. 08118552660 Fax 08 1 1876 1 098 MARCHE Giuliano Tagliavento LIGURIA Stefania Silvano (segretario regionale) USL n. 19 corso Sardegna 19100 LA SPEZIA Tel. 0 1 8715 3 3 74 1 Fax 0 1 8 715 3 3472 Az. USL n. 7 via 25 Aprile, 61 60022 Castelfidardo (AN) Tel. 07 117 1 30407 Fax 07117130405 Claudio Calabresi (ufficio di presidenza) UOPSAL n. I corso Gastaldi, 7 16138 GENOVA Tel. 0 1 015 3 6 1 647 Fax 01013620638 UMBRIA Armando Mattioli (segretario regionale) via del Campanile, 121A 06034 Foligno (PG) Te!. 07421339580-339502 Fax 07421340501 FRIULI VENEZIA GIULIA Umberto Laureni (segretario regionale) ASL I piazzale Canestrini, 2 33 127 TRIESTE Tel. 04013997402 Fax 04013997403 SARDEGNA Antonio Onnis (segretario regionale e ufficio di presidenza) USL n.15 via Tirso, 71 09037 S. Gavino (CA) Tel. 07019375204 Fax 07019375205 LAZIO Fabrizio Magrelli (segretario regionale) USL RM13 via E Meda, 35 00157 ROMA Te]. 0614160 1207 Fax 0614 1 60 1 2 20 CALABRIA Bernardo Cirillo (segretario regionale) UOML via Discesa Poerio, 3 88100 CATANZARO Tel. 09611747554 Fax 09611747556 (segreario regionale) PUGLIA Roberto Giua (segretario regionale) Dipartimento di Prevenzione Ospedale Testa 74100 TARANTO Tel. 09914786232 Fax 09914786296 Fulvio Longo (vicepresidente SNOP) USL BA114 via Lecce, 5 70010 Casamassima (BA) Tel. 080/674832 Fax 0801676 1 1 7 SICILIA Paolo Ravalli (segretario regionale) Servizio MdLAUSL n. 7 Zona Industriale I° 97100 FASE DI RAGUSA Tel. 09321667002 Fax 09321667807 ALTRI RIFERIMENTI Stefan Faes Laboratorio Medico Provinciale via Amba Alagi, 5 39100 BOLZANO Tel. 04711286530 Fax 04711272631 Annamaria di Giammarco USL n. 12 via della Stazione, I 65026 Scafa (PE) Tel. 0851854 I276 Fax 08518 54 3 1 2 3 Sergio Scorpio USL n. 0I via Conca Casale, 15 86079 Venafro (IS) Tel. 08651900952 Fax 08651903335 Ermanno Lisanti PMIPASL 4 via Montescaglioso 75100 MATERA Tel. 08351243594 Fax 08351243653