Paolo Bettini
Professionalizzare la laurea triennale1
L'UNIVERSITÀ ITALIANA NON STA BENISSIMO
Secondo la classifica pubblicata recentemente (2005) nel Times Higher Education
Supplement,2 fra le prime 100 università del mondo, non ce n'è neppure una italiana. Nelle seconde 100 ce ne sono tre: Roma La Sapienza (125° posto), Bologna
(159°) e Firenze (199°).
Gli americani invece ne piazzano sei fra le prime otto (Harvard al 1° posto e l'MIT al
2°, entrambe a Cambridge MA; al 5° Stanford, al 6° Berkeley, al 7° Yale, all'8° il CalTech). Gli inglesi hanno Oxford al 3°, Cambridge al 4°, la London School of Economics
all'11°, l'Imperial College di Londra al 13°. Pechino è al 15° posto, Tokyo al 16° e Singapore (meno di 4 milioni di abitanti) al 22°.
In Europa il miglior sistema universitario risulta quello olandese con dieci università
fra le prime 200, davanti a Francia e Germania che ne hanno nove.3
GLI ARCHITETTI ITALIANI NON STANNO BENISSIMO
Gli architetti italiani sono 122.608,4 che rapportati alla popolazione (57.700.000)
fanno uno ogni 470 abitanti. Una quantità spropositata che non ha uguali in Europa,
dove la media è di un architetto ogni 1.800 abitanti (Croazia 1/3.300, Irlanda e Turchia
1/2.500, Austria e Francia 1/2.300, Svezia 1/2.200, Gran Bretagna 1/2.000, Spagna
1/1.600, Grecia 1/730, ecc.).
Insomma, a essere ottimisti, abbiamo quattro volte gli architetti che ci servono,
cui vanno aggiunti 100.000 geometri e 186.547 ingegneri. Il divario col resto d'Europa
è destinato a crescere ulteriormente: sono iscritti all'università altri 80.000 aspiranti
architetti, qualcosa come tutti gli attuali architetti tedeschi (92.000) e due volte e mezzo gli architetti inglesi (30.600).
Ci basta? Macché, ogni anno ne immatricoliamo altri 10.0005 (e per fortuna che c'è il
numero "programmato") e continuiamo allegramente ad aprire nuovi corsi di laurea,
ormai più di cento fra Rieti, Mondovì, Rende, Dalmine, Enna, Campobasso, Udine, Aversa, San Donà di Piave, Agrigento, Cava dei Tirreni6…
Un disastro. Il buon senso vorrebbe che si riducessero drasticamente gli iscritti,
bocciando senza pietà tutti i palesemente non idonei. E mettendo in grado i pochi sopravvissuti di competere sul mercato internazionale, stante la palese asfitticità del
mercato italiano.
LA FACOLTA' DI ARCHITETTURA DI PESCARA NON STA BENISSIMO
Nel quadro demoralizzante testè delineato, Pescara sta peggio di altre Facoltà: l'ultimo rapporto CENSIS7 ci colloca, alle solite, nella parte bassa della classifica. Qual1 Documento presentato al Consiglio del Dipartimento Ambiente Reti Territorio di Pescara il 18/1/2006.
2 www.archimagazine.com/nharvard.htm
3 Nota aggiunta il 13.12.2007: Negli ultimi due anni siamo ancora peggiorati. Nel 2007 la graduatoria
mondiale compilata dalla Thes-Qs (www.topuniversities.com) vede la prima università italiana, Bologna, al
173° posto e la seconda, Roma La Sapienza, al 183°. Rimaniamo sempre molto dietro agli americani, agli inglesi, ai canadesi e ad altri europei, ma anche a Tokyo (17° posto), Hong Kong (18°), Singapore (33°), Pechino (36°), Seoul (51°) e Gerusalemme (128°).
4 È un dato del CENSIS (Repubblica, 23/12/2005). Nel 2003, secondo Dal Co (Casabella 739-740, dicembre 2005 – gennaio 06), erano 111.063.
5 Da quando con la Legge 2 agosto 1999 n. 264 è stato istituito il numero "programmato", i posti disponibili per aspiranti architetti sono costantemente aumentati (tranne che nel 2006) ogni anno: dagli iniziali
6.795 nel 1998-99 (di cui 225 a Pescara), si è passati a 7.260 nel 1999-2000 (260 a PE), 7.596 nel 2000-01
(260 a PE), 8.280 nel 2001-02 (320 a PE), 9.535 nel 2002-03 (320 a PE), 9.763 nel 2003-04 (315 a PE),
10.133 nel 2005-06 (di cui 300 a PE), 10.035 nel 2006-07 totali (di cui 300 a PE), 10.676 nel 2007-08. Per
il 2004-05 mancano inspiegabilmente i dati ministeriali [nota aggiunta il 10/9/2007].
6 Vedi l'amaro editoriale di Dal Co in Casabella 737, ottobre 2005, che trovate anche qui nei >reprint.
7 www.repubblica.it/speciale/2005/guida_universita/
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cuno dirà che il rapporto Censis non è affidabile, ma tant'è: quella classifica orienta la
scelta degli studenti. Per cui, se vogliamo che da noi accorrano numerosi – condizione
necessaria per selezionarne 300 (tanti ce ne spettano) della migliore qualità - occorre
porre in atto delle strategie per scalare la classifica. Provo a fare qualche proposta su
quel che dovremmo fare.
NON RIESUMARE LA LAUREA QUINQUENNALE
Per prima cosa non dovremmo ripristinare il "ciclo unico", perché ha solo degli
svantaggi rispetto al 3+2, alla cui revisione va invece dedicato tutto il nostro impegno. Inutile richiamare le ragioni che ci avevano fatto abbandonare il 5 per il 3+2 e che
in questi anni non sono per nulla venute meno: in primis quella di fornire una laurea
spendibile già a 22-23 anni sul mercato del lavoro, come avviene in tanti altri Paesi civili. Se poi il laureato triennale vuol proseguire gli studi, non ha che l'imbarazzo della
scelta fra un +due, un master, un corso di specializzazione, ecc., nella nostra Facoltà o
in altre, in Italia o all'estero.
RIPORTARE IL CREDITO A 25 ORE
Poi dovremmo ridurre il carico didattico, iniziando col riportare il credito a 25 ore.
Infatti, nell'anno, 10-12 settimane se ne vanno per esami (d'ammissione, di stato),
recupero di "debiti formativi", vacanze e festività varie. Ne rimangono 40.
Col credito a 30 ore occorrono 30x60=1800 ore/anno, che divise per le 40 settimane fanno 45 ore la settimana, cioè 9 ore/giorno per cinque giorni oppure 7,5 ore
per sei giorni: un carico palesemente eccessivo.
Invece col credito a 25 ore lo studente è impegnato per 25x60=1500 ore/anno: nelle 40 settimane utili fanno 7,5 ore al giorno, per 5 giorni la settimana.
ELIMINARE LA DIVISIONE DELL'ANNO IN DUE "CICLI"
Mi pare del tutto inutile la divisione pescarese dell'anno in due "cicli" (con il secondo
che dura due volte il primo), come d'altronde quella, in uso altrove, in "semestri" (ciascuno da 30 cfu, cioè da 16-17 settimane).
Nell'organizzazione "a crediti" i corsi (anzi le "attività formative") possono durare un
numero di ore a piacere, secondo i crediti attribuiti. Eliminati i "cicli", possiamo distribuire i corsi più liberamente lungo tutto l'arco dell'anno, collocando, poniamo, un corso da 2 cfu in aprile, uno da 4 cfu in settembre-ottobre, uno da 12 cfu lungo tutto
l'anno, e così via.
ELIMINARE I PERIODI "D'ESAME" (E "DI STUDIO" PRIMA DEGLI ESAMI)
Del pari da eliminare i periodi dedicati esclusivamente agli esami, con sospensione
delle attività didattiche a gennaio-febbraio e a giugno-luglio.
Le 25 ore/cedito comprendono infatti anche le "verifiche dell'apprendimento": ogni
docente decide come e quando farle, se alla fine del tempo assegnato (con il tradizionale esame), oppure in itinere (con esercitazioni, consegne intermedie, redazione di
papers, interrogazioni in aula, scambio di e-mail o altro).
Del pari ricompresa nelle 25 ore/credito è la preparazione dello studente alle verifiche in questione.
ELIMINARE L'OBBLIGO DI FREQUENZA
È evidente che va eliminato anche l'obbligo di frequenza (la legge fra l'altro non lo
richiede): sarà semmai il singolo docente a prendere le frequenze (io l'ho sempre fatto), se le considera fra le "verifiche" da attivare.
Per inciso, a Pescara l'"obbligo di frequenza" (ai soli Laboratori) è oggi tutto tranne
che un obbligo. Basta vedere che le lezioni iniziavano il 12 settembre (per la "Guida agli studi", perché per il calendarietto distribuito dal Rettorato iniziavano il 2 novembre),
mentre gli studenti potevano immatricolarsi fino al 4 novembre, quando ad es. il mio
corso di "Teorie" - con "obbligo di frequenza" - era già arrivato alla nona giornata su
dodici…
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ELIMINARE I LABORATORI
Eliminato l'obbligo di frequenza ai Laboratori, eliminerei pure i Laboratori. Negli ultimi due anni vi sono stato, mio malgrado, inserito e posso dire che non hanno minimamente funzionato. Se proprio li vogliamo mantenere, almeno mettiamoci "attività
formative" che possano realmente collaborare sul medesimo progetto, ritagliandosi
ciascuna la propria parte. Va da sé che in un Laboratorio di progettazione architettonica gli altri corsi dovrebbero essere "al servizio" o "ancillari" al corso principale, il che
può dispiacere ai docenti delle materie costrette a tale ruolo di secondo piano. Per cui
è molto meglio eliminare tout-court i Laboratori e lasciare alla libera decisione dei
docenti se eventualmente convergere su di un tema comune.
ELIMINARE L'ASSEGNAZIONE ALFABETICA DEGLI STUDENTI AI CORSI PLURI-DOCENTE
Quando la stessa materia è insegnata da più docenti, gli studenti pescaresi vengono
oggi ripartiti in base alla lettera iniziale del loro cognome. Mi sembra un criterio ottuso
e illiberale, quand'anche pratico. Penso si dovrebbe invece, almeno per le prime duetre settimane dei corsi omologhi, lasciare gli studenti liberi di optare per il docente
che preferiscono; dopodiché quelli che non hanno ancora scelto li si potrebbe ripartire d'ufficio, riequilibrando il carico fra i vari docenti.
ELIMINARE I CORSI DI LINGUA STRANIERA
La lingua è utilissima, ma non la si può imparare nei 4 cfu previsti dall'attuale piano
di studi pescarese, e non è sensato aumentare quei crediti a scapito di altre materie.
Occorre invece stabilire il livello minimo di conoscenza della lingua (ovviamente
l'inglese) richiesto allo studente per laurearlo: basta che s'arrangi in un viaggio? O deve
saper tradurre un articolo di architettura? O deve saper scrivere la relazione a un concorso? O deve ottenere il "Cambridge first Certificate", il "Certificate in Advanced English", il "Certificate in Proficiency English", o altro di ufficialmente riconosciuto a livello internazionale?
Deciso il livello minimo, nei test d'ammissione un docente madrelingua accerterà il
livello del candidato. Se raggiunge il livello minimo, gli attribuisce immediatamente i
cfu previsti. Altrimenti stabilisce il "debito formativo" che dovrà assolvere prima di laurearsi, seguendo, fuori orario, un corso serale, un corso estivo o altro (la facoltà può
attivare delle convenzioni). Quando sarà pronto - indifferentemente nel primo, secondo o terzo anno – sosterrà, sempre con un docente madrelingua, la prova di conoscenza.
DEBITI FORMATIVI
Oltre ai "debiti formativi" relativi alla conoscenza della lingua straniera, ce ne possono essere di altro tipo.
A Parma, ad es., dove il test d'ammissione è diviso in quattro "aree" (logica e cultura
generale, storia, disegno e rappresentazione, matematica e fisica), considerano "debitore" in una certa area chi non abbia risposto correttamente ad almeno il 40% dei quesiti. Gli fanno sostenere gli esami di quell'area solo se ha frequentato almeno il 70%
delle ore di lezione ed esercitazione. E se ha il debito nell'area della matematica deve
seguire – fuori orario - anche un apposito corso di "Esercitazioni complementari di
matematica" (2 ore la settimana per tutto il primo semestre del prim'anno). Il debito
formativo lo considerano estinto se lo studente supera entro la sessione estiva del II
anno tutti gli esami previsti nel I anno per quell'area. Se ciò non avviene, lo iscrivono al
II anno come "ripetente".
A Pescara ammettiamo al primo anno i primi 300 studenti in graduatoria, qualunque
punteggio abbiano totalizzato. Se i candidati sono meno di 300 li prendiamo tutti,
compresi quelli che magari non hanno risposto ad alcun test! Il Decreto 509 non lo esclude: dice solo di assegnare a chi è stato carente nei test d'ingesso dei "debiti formativi", da recuperare entro il prim'anno. Dovremmo stabilire qualcosa in merito, magari attingendo alla "Guida agli studi" di Parma, molto chiara e ben fatta, scaricabile dal
sito www.unipr.it > organizzazione > guida dello studente.
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STUDENTI A TEMPO PIENO E A TEMPO PARZIALE
I regolamenti didattici approvati da alcuni atenei prevedono la distinzione fra studenti "a tempo pieno" e "part-time", con obblighi diversi. Forse dovremmo prevederla
anche noi, per favorire gli studenti che lavorano (tenendo conto che gli studenti lavorano di solito "in nero", e quindi non possono dimostrarlo…) o che per altri motivi non
possono frequentare a tempo pieno.
POTENZIARE L'INSEGNAMENTO A DISTANZA
Per favorire gli studenti part-time, e non solo, è opportuno potenziare l'insegnamento a distanza, con studenti e docenti che si muovono sempre meno dalle proprie
sedi di residenza, con lezioni e bibliografie in rete, revisioni via e-mail, esami in gran
parte sostituiti da procedure standard di autovalutazione.
A Ingegneria on-line, a Milano, ad es., "tutto parte con una serie di dischetti, ciascuno dedicato a uno degli esami in programma nel semestre. Lezioni ed esercitazioni
guidate, che lo studente può seguire per conto proprio quando ne ha la possibilità.
Senza perdere tempo però, perché ogni settimana, negli orari scelti all'inizio, si tengono lezioni online dove docenti e assistenti svolgono approfondimenti, fanno domande, chiedono partecipazione. «Tu scegli gli orari ma è il Politecnico a dare il ritmo,
ogni settimana bisogna studiare le lezioni e partecipare alle sessioni live», racconta Filomena Avolio, 24 anni di Corigliano Calabro, rappresentante degli studenti. Dopo le
lezioni, si tenta di dare una mano a chi non ha capito: spazio allora alle discussioni telematiche e ai messaggi di posta elettronica".
I docenti in grado di sviluppare, a Pescara, il loro corso "a distanza" andrebbero incentivati come orario, come benefit e possibilmente come stipendio.8
L'uso dei computer, della rete, ecc. va incrementato non solo a distanza ma anche in
sede. A questo proposito va attivato finalmente in ogni aula – mi viene promesso da
anni – almeno un collegamento internet, meglio ancora se wireless, a uso dei professori e degli studenti.
PRIMO ANNO PROPEDEUTICO
I corsi che prima chiamavo – ahimé - "di servizio" dovrebbero sempre svilupparsi
prima dei corsi "serviti". Oggi lo studente inizia il primo corso compositivo privo di una
serie di informazioni essenziali: non conosce esempi significativi di edifici del medesimo tipo di quello che si accinge a progettare, non sa disegnare al computer, ignora le
prescrizioni di legge, manca di rudimenti statico-strutturali, impiantistici, ecc.
Supplisce, per quel che può, il docente di Composizione; ma sarebbe meglio se
quelle conoscenze fossero già apprese dallo studente in modo più sistematico. Vedo
perciò con favore l'istituzione di un primo anno propedeutico, magari comune anche
al "ciclo unico", nel caso s'insista a volerlo attivare. Al termine del primo anno lo studente deciderebbe con maggior cognizione di causa se optare per i rimanenti due anni
del "tre" (1+2) o per i rimanenti quattro del "ciclo unico" (1+4).
COSA DOVREBBE SAPER FARE L'ARCHITETTO JUNIOR DI CLASSE 4
Dice la legge che gli architetti junior di classe 4 "svolgeranno attività professionali in
diversi ambiti, concorrendo e collaborando ecc." Sono dunque collaboratori di progettisti più esperti, ad essi per lo più subordinati, con autonomia limitata a "piccoli" lavori.
Il "collaboratore" ideale, per me, è quello che sa utilizzare il computer per scrivere,
fare preventivi e fatture, ritoccare fotografie, presentare i progetti ai clienti, impaginare, dimensionare semplici strutture, programmare il cantiere, realizzare e manutenere il sito web dello studio; archiviare indirizzi, materiali e dati di vario tipo; costruire libraries di soluzioni standard di pronto impiego (bagni completi, infissi, ascensori, pareti e coperture ventilate…); reperire in rete i vincoli urbanistici, geologici,
ecc. che gravano su di una determinata area; usare la posta elettronica.
8 Più in generale, mi pare ingiusto (e incostituzionale) che un docente, poniamo, da 4 cfu sia pagato come
un docente da 12 cfu. Occorre studiare meccanismi che consentano di differenziare gli stipendi in relazione
ai carichi didattici, come avviene in ogni Paese civile.
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E in primis sa, ovviamente, disegnare: il rilievo di un edificio col distanziometro laser collegato al portatile, un semiesecutivo da presentare in Comune mettendo in pulito idee progettuali per lo più non sue ma del titolare dello studio o del responsabile
ufficio progetti (alle quali può semmai "contribuire"), un esecutivo da dare in cantiere
(con i dettagli), dei rendering, delle animazioni, per la presentazione al cliente o alla
giuria di un concorso, ecc.
Nel fare i disegni, per avere una sufficiente autonomia, deve conoscere i materiali e
le tecniche costruttive più comuni (fondazioni, getti, murature piene e forate, solai in
laterocemento, infissi di legno e di metallo, ecc.); sa consultare riviste e depliant in internet, visitare consapevolmente esposizioni merceologiche tipo il SAIE, telefonare ai
rappresentanti…
Poi, sul cantiere, deve saper dare e trasmettere disposizioni, verificare il realizzato, attuare un piano di sicurezza, stendere un verbale, compilare un "libretto", redigere uno stato d'avanzamento…
Per inciso, la figura professionale appena descritta è la stessa che ispira la bozza del
nuovo Esame di Stato, approvata dal Consiglio dei Ministri il 22 dicembre 2005.9
QUALI "ATTIVITÀ FORMATIVE" ATTIVARE
Se decidiamo che è quella la figura professionale da formare, non è difficile stabilire
quali debbano essere le "attività formative", naturalmente abbastanza diverse da quelle
attualmente previste.
Oggi, ad es., lo studente deve fare nei primi due anni ben sei esami di "disegno" ICAR 17 (Fondamenti e applicaz. di geom. descrittiva, Storia della rappresentazione, Disegno digitale, Rilevamento architettonico e ambientale, Tecnologie digitali per il rilevamento architettonico e urbano, Disegno di progetto), più altri cinque nel terz'anno
se opta per l'"Orientamento in Disegno" (Disegno dell'architettura, Tecniche di rappresentazione, Disegno digitale, Rappresentazione e comunicazione digitale, Comunicazione visiva).
Undici esami di disegno in tre anni mi paiono francamente troppi, soprattutto se poi
altri settori risultano gravemente sguarniti: ad es. il settore giuridico ha in tutto 8 cfu
di "Diritto urbanistico", mentre non c'è nulla sulle leggi non-urbanistiche, quelle che
riguardano scuole, ospedali, disabili, sicurezza, incendi, risparmio energetico, responsabilità civile, condomìni, società di progettazione, albi degli architetti, validità del
titolo in Europa, ecc. ecc. I nostri "junior" non devono saperne nulla?
Provo a buttar giù un quadro indicativo10 delle "attività formative" che vorrei:
I anno (propedeutico)
1) storia dell'architettura del XX e XXI secolo
2) strutture 1 (basi matematiche e intuitive alla Salvadori o alla Torroja)
3) materiali e tecniche costruttive 1 (fondaz, murature, solai, pavim.…)
4) leggi e norme edilizie
5) leggi e norme urbanistiche
6) CAD (esercitazioni di disegno bi e tridimensionale, rendering…)
TOT I anno crediti
cfu
12
12
10
8
8
10
60
9 Scaricabile da www.edilportale.com/newsletter/newsletter25122005.htm. In tale bozza è inoltre previsto che i geometri, per iscriversi al loro albo – ma a quel punto anche all'albo degli architetti e degli ingegneri - debbano essere laureati. Molte facoltà di architettura e di ingegneria (Udine, Ravenna, Catania, Modena…) si sono già attrezzate istituendo corsi di laurea ad hoc di classe 4 ("Tecniche costruttive", "Tecniche
del territorio", "Tecnico dell'edilizia" e simili), spesso promossi con il contributo anche economico dei locali
Ordini dei Geometri.
10 Volendo rendere effettivo lo schema, occorre adattarlo ai disposti del Decreto 509, che fra l'altro impone come vincolanti in sede nazionale al minimo 81 crediti su 180 e precisamente: a) attività formative di
base 18 cfu, b) caratterizzanti 18, c) affini o integrative 18, d) scelte dallo studente 9, e) preparazione dell'esame finale e apprendimento lingue straniere 9, f) altre attività (lingue straniere, informatica, abilità relazionali, stages, ecc.) 9. Molti utili chiarimenti in merito si trovano in www.unifi.it/statuto/crediti/indice.html
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Progettisti si diventa
II anno
7) tendenze dell'architettura attuale (concorsi, Pritzker, Biennali, riviste…)
8) distribuzione, funzioni (abitazioni, commercio, servizi…)
9) strutture 2 (calcolo automatico delle strutture più usuali…)
10) progetto urbanistico 1 (una lottizzazione con urbanizzazioni, norme…)
11) progetto architettonico 1 (un edificio residenziale)
12) progetto impiantistico (elettrico, idro-termo-sanitario, fotovoltaico…)
TOT II anno crediti
10
10
10
10
12
8
60
III anno
13) economia (estimo, computi, appalti…)
14) progetto urbanistico 2 (un Piano)
15) progetto architettonico 2 (un Edificio non residenziale)
- a scelta dello studente
- lingua straniera e preparazione prova finale (portfolio)
- altre attività (tirocinio…)
TOT III anno crediti
8
12
12
13
9
9
60
RENDERE RICONOSCIBILE IN POSITIVO LA FACOLTA' PESCARESE
Voglio concludere con un'ultima considerazione: oggi s'iscrivono a Pescara solo studenti locali, abruzzesi. Vuol dire che non ci scelgono: vengono da noi per banali ragioni logistiche. Non mi pare un gran successo.
D'altronde, chi ha un'alternativa "sotto casa" (ad Ascoli, ad Ancona Ingegneria, a Bari…), perché dovrebbe fare lo sforzo – anche economico - di venire da noi? Per attrarre
studenti "lontani" dovremmo avere un'immagine molto migliore di quella che ci ritroviamo, dovremmo entrare nell'immaginario dei giovani per una qualche ragione… Dovrebbero pensare, e dire: "vorrei fare Architettura proprio a Pescara, perché…". Già,
perché?
La risposta l'ho già data: è nel tipo di "architetto junior" che ho descritto e nelle "attività formative" che ho di conseguenza proposto di attivare. Almeno una delle nostre
lauree triennali di classe 4 vorrei che fornisse tutte (o quasi…) le basi necessarie per
fare la professione dell'architetto junior (o del "geometra laureato").
A molti colleghi non sembrerà una prospettiva esaltante. Ma in Italia, come sa
chiunque abbia fatto parte di una commissione d'Esame di Stato, i laureati triennali, e
anche quinquennali (che magari ci hanno messo in media una dozzina d'anni per laurearsi), per lo più non sono in grado di fare un progetto decente, che stia in piedi, che
rispetti le leggi. Ne consegue una produzione edilizia media italiana di livello assai inferiore alla media europea (basta uscire dalle frontiere con l'Austria, la Svizzera, la
Francia … perfino con la Slovenia, per verificarlo). Vogliamo continuare così?
Dopo aver caratterizzato in senso professionale almeno una delle nostre lauree
triennali di classe 4, si tratterà di comunicarlo adeguatamente ai nostri potenziali
"clienti": i diplomati. Che oggi, per scegliere in che Facoltà iscriversi, si basano sempre
più su quel che trovano navigando in internet. Quel che trovano non solo sulla Facoltà, ma anche sul suo "intorno": sulla città (il clima, la gente, la facilità di trovare un
alloggio economico, le biblioteche, i cinema, i teatri, i servizi, i ristoranti, lo sport, i divertimenti, la vita notturna…).
Dunque bisognerà migliorare sostanzialmente il nostro sito, inserendovi fra l'altro
dei lavori significativi degli studenti e dei docenti da cui emerga la nostra "filosofia". E deve trattarsi di una filosofia convincente, attraente, aggiornata, che gli studenti
desiderino far propria…
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