NUMERO 13
In-formando
A cura di Maria Berretta
Novembre 2012
in Vetrina
Democrazia Economica
Editoriale
“Dalle occasioni mancate alla svolta
sulla produttività”
di Maurizio Petriccioli
“Le nuove norme in tema di partecipazione dei lavoratori:
analisi e riflessioni”
a cura di Emanuela Di Filippo
“Nuovi strumenti per il sindacato a sostegno di una
internazionalizzazione responsabile”
a cura di Cecilia Brighi
Formazione
“Politiche organizzative per la gestione e lo sviluppo
delle persone e delle risorse economiche”
a cura di Luigi Lama
ETUI Trade Union Education Day and Conference, Zagabria
“Resoconto da una missione di studio all’estero”
a cura di Francesco Lauria
Previdenza
“L’odissea dei salvaguardati: quarta puntata”
La Cassetta
degli Attrezzi
Materiali Percorso Legalità
a cura di Valeria Picchio
In Pillole
Formazione Sindacale
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
Editoriale:
“Dalle occasioni mancate alla svolta sulla produttività”
di Maurizio Petriccioli, Segretario Confederale Cisl
Quasi un anno fa, esattamente il 6 dicembre 2011, il Governo
presieduto dal prof. Mario Monti, varava il decreto legge “Salva Italia”,
con il dichiarato obiettivo di tenere insieme il necessario risanamento
dei conti pubblici, la crescita e l’equità.
Dei tre obiettivi dichiarati il primo è stato realizzato, mentre gli altri due
risultano clamorosamente disattesi.
L’incoerenza è il prezzo che la politica paga alla partitocrazia. In un
anno sono accadute tante cose che meritano di essere approfondite,
anche quando si fatica a trovare una logica che vada oltre l’esigenza,
più volte dichiarata, di varare un quadro di riforme realizzate più per
rispettare gli impegni assunti in sede europea e per “tranquillizzare i
mercati” che per ammodernare settori importantissimi dell’economia e
della società.
Così, le riforme del mercato del lavoro, del welfare, della pubblica
amministrazione e gli interventi realizzati a sostegno dello sviluppo e
della competitività delle imprese hanno finito per agire solo su una
parte del problema (l’aumento dell’aspettativa di vita, la competitività
delle imprese nello scenario globale, l’elevato livello della spesa
pubblica), trascurando il contesto nel quale collocare queste delicate
misure (l’adeguatezza delle prestazioni previdenziali, la selettività della
politica economica e fiscale per la crescita e la competitività del
sistema delle imprese, i costi impropri della politica).
La recessione che sta attraversando l’Eurozona è la più pesante fra le
economie più sviluppate del mondo e finisce per determinare un freno
anche allo sviluppo delle economie extraeuropee, come confermano
le ripetute preoccupazioni che il Presidente Obama ha avanzato al
Consiglio dell’Unione europea e alla Banca Centrale Europea.
Le previsioni dei principali organismi interni ed internazionali stimano,
anche per l’intero 2013, una situazione di profonda difficoltà per le
imprese, nonostante i miglioramenti di competitività sui mercati
internazionali dovuti al deprezzamento dell’euro, in concomitanza con
una sostanziale invarianza del costo del lavoro per unità di prodotto.
Il Presidente del Consiglio ha più volte affermato che l’impatto
recessivo delle riforme varate era scontato ma che le misure realizzate
rappresentano la condizione necessaria per avviare la seconda fase di
una politica economica orientata alla crescita e allo sviluppo.
IN-FORMANDO
In occasione dell’adozione da parte del Consiglio dei Ministri del
disegno di legge sulla stabilità avevamo, finalmente, intravisto
un’inversione di tendenza in direzione di uno spostamento progressivo
della tassazione dal lavoro verso le altre manifestazioni di ricchezza, sia
tramite la prospettata riduzione delle prime due aliquote dell’Irpef, sia
attraverso l’introduzione dell’imposta di bollo sulle transazioni finanziarie
e gli stanziamenti per le agevolazioni fiscali a sostegno dell'incremento
della produttività del lavoro.
Certo, la riduzione dell’Irpef era stata originariamente accompagnata
dall’introduzione di una franchigia importante sulle deduzione e
detrazioni d’imposta e da un tetto complessivo di spesa riferito a
queste ultime, ad eccezione di quelle sanitarie.
Per questo la Cisl aveva chiesto che il provvedimento fosse migliorato
per ridurre e riequilibrare l’impatto sociale della manovra soprattutto
introducendo uno strumento sociale (equivalente ad una imposta
negativa) a sostegno degli incapienti che fosse compensativo del
presumibile aumento dei prezzi derivante dal prospettato aumento
dell’Iva.
Nel corso di questo anno, in occasione delle diverse misure varate dal
Governo sul versante previdenziale o fiscale, ci siamo appellati ai partiti
e al Parlamento perché correggessero le storture provocate dal
Governo “tecnico”.
A volte, anche i miti crollano. Analizzando le modifiche varate dalle
Commissioni parlamentari competenti nella discussione della Legge di
Stabilità alla Camera, l’impressione è che i correttivi apportati abbiano
peggiorato l’impianto originariamente varato dal Governo.
L’accordo fra i partiti ha cancellato la riduzione delle prime due
aliquote Irpef, introducendo un modesto aumento delle detrazioni per i
figli a carico che lascia fuori dai benefici il mondo dei pensionati, le
famiglie senza figli e gli incapienti.
L’effetto più evidente è che le risorse derivanti dalla mancata riduzione
delle aliquote Irpef andranno solo per la metà alle famiglie. Il mancato
aumento dell’aliquota Iva del 10% offre benefici sia ai consumatori che
alle imprese, che ottengono sgravi importanti anche sull’Irap.
L’anticipazione al 2013 del Fondo per la riduzione della pressione
fiscale resta, infatti, condizionato ai saldi di finanza pubblica e non
garantisce il principio per il quale le risorse recuperate dalla lotta
all’evasione fiscale debbano servire a ridurre le tasse a chi le paga.
Ancora una volta siamo di fronte ad una falsa partenza sul versante
fiscale che non aiuta il Paese a crescere.
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Sulla vicenda dei lavoratori esodati la soluzione prospettata dalla
Commissione bilancio rappresenta un passo in avanti che, ad
esempio, consente di salvaguardare anche i lavoratori collocati in
mobilità per effetto di accordi anche non governativi e che abbiano
cessato il lavoro entro il 30 settembre 2012. Come pure è positivo il
fatto che tutte le somme destinate alle deroghe previdenziali ed
eventualmente non utilizzate verranno comunque assegnate al nuovo
fondo per gli esodati.
Ma gli interventi legislativi finora realizzati creano un affastellamento
normativo disomogeneo rispetto alle situazioni salvaguardate che
contribuisce ad alimentare una situazione di incertezza e di confusione
fra i soggetti potenzialmente beneficiari. Le ragioni di quanto è
accaduto sono molte. Non ultimo il fatto che nei lavori parlamentari
hanno influito pesantemente l’imminente avvio della campagna
elettorale, la
retorica conservatrice delle associazioni di
rappresentanza delle piccole imprese ed una certa cultura del
“benaltrismo”, non estranea neppure in certi ambiti sindacali.
Il risultato, conti alla mano, è sotto gli occhi di tutti: l’imposta sul reddito
delle persone fisiche (che è di fatto un’imposta sui salari e sulle pensioni
che rappresentano, complessivamente, il 90% del gettito) non si riduce,
peggiorando la progressività e la capacità distributiva del sistema
tributario (considerando anche che meno dell’1% dei contribuenti
italiani dichiara redditi superiori a 100.000 euro lordi l’anno). Come
scriveva Manzoni “non sempre quello che viene dopo è progresso”. Se
la manovra di stabilità verrà varata (com’è quasi scontato che sia,
visto l’accordo unanime di tutti i partiti che sostengono il Governo)
secondo le modifiche finora apportate, non resta altra strada, in attesa
della nuova legislatura, che concentrare tutte le nostre attenzioni sul
versante della produttività.
L’accordo fra le Parti sociali resta infatti, il miglior viatico per evitare il
rischio che possano essere messe in discussione anche le risorse
stanziate per il potenziamento della detassazione dei premi di
produttività, dato che il loro utilizzo è vincolato all’iniziativa del
Governo, a sua volta subordinata all’esito del confronto fra le parti
sociali. L’accordo è anche importante per allontanare la deriva di chi
intenda mettere in discussione il ruolo dei contratti come unico
strumento di regolazione salariale, con l’illusione di sostenere la
competitività delle imprese nello scenario globale tramite la riduzione
dei salari reali. Una soluzione che può essere evitata solo rilanciando il
ruolo della contrattazione di secondo livello nella regolazione di
elementi importanti dell’organizzazione del lavoro e nella correlazione
fra retribuzione accessoria e elementi di produttività, redditività e
qualità d’impresa.
IN-FORMANDO
“Le nuove norme in tema di partecipazione dei lavoratori:
analisi e riflessioni”
di Emanuela Di Filippo
Il seminario organizzato dalla Cisl a fine ottobre sulle recenti norme in
tema di partecipazione dei lavoratori, si proponeva di fornire un’analisi
dettagliata dei testi recentemente pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale.
Ci riferiamo al decreto legislativo di trasposizione della nuova Direttiva
CAE (Dlgs 113 del 22/6/2012) e alla legge delega contenuta nella
norma di Riforma del Mercato del Lavoro (Legge 92/2012 art. 4,
commi 62 e 63). Due norme che rappresentano il risultato di proposte,
dibattiti ed anche conflitti sviluppatisi, a livello Europeo e nelle sedi del
Parlamento Italiano, in un arco di tempo molto lungo. La nuova
Direttiva CAE (2009/38), nata da un confronto difficile in sede europea
sull’opportunità stessa della revisione della precedente Direttiva CAE
(45/94), entra in vigore nel giugno 2009 e fissa nel giugno 2011 il termine
ultimo entro il quale gli Stati membri dovranno adeguare le rispettive
normative nazionali. Il nostro paese giunge in ritardo a tale
adempimento (luglio 2012) perché le procedure per l’espressione del
parere delle parti sociali sull’atto di trasposizione stentano ad avviarsi e
lo stesso Avviso Comune, concordato in via definitiva dalle parti sociali
nell’Aprile 2011, nasce dall’iniziativa diretta delle stesse parti sociali,
senza alcun esplicito coinvolgimento del Governo allora in carica.
L’Avviso Comune rappresenta un testo importante e la sua utilità ed
efficacia è direttamente verificabile nella stesura finale del Decreto
Legislativo che assume, in larga parte, tute le formulazioni concordate
in sede di Avviso Comune. Ed è anche vero che l’Avviso Comune e il
Decreto Legislativo di recepimento, a loro volta, riflettono
inevitabilmente i punti di forza e i limiti della stessa normativa europea.
I punti di forza sono evidenti. Nel Decreto Legislativo di trasposizione
abbiamo una definizione avanzata dei diritti d’informazione e
consultazione (art. 2) adeguata a quanto già presente nella più
avanzata legislazione in ambito Europeo (Direttiva Statuto di Società
Europea, Direttiva Statuto Società Cooperativa Europea, Direttiva
quadro sui diritti di Informazione e Consultazione). La definizione
chiarisce cosa si debba intendere per “informazione” e
“consultazione” e quali siano le procedure che rendono effettivi tali
diritti. Sono definizioni e procedure che consentono ai rappresentanti
dei lavoratori di esercitare un’influenza sul processo decisionale
all’interno delle imprese, prevedendo criteri essenziali di tempestività e
qualità delle informazioni stesse.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
Si chiarisce anche la responsabilità (art. 4), in capo alla direzione
centrale di impresa, di trasmettere alle parti interessate le informazioni
indispensabili all’avvio dei negoziati e la procedura per informare le
competenti organizzazioni europee.
Una norma che risente della giurisprudenza sviluppata in Europa in
seguito a specifici casi trattati dalla Corte di Giustizia e che intende
impedire comportamenti delle imprese di ostacolo all’avvio dei
negoziati istitutivi di nuovi CAE. Riconosce in modo esplicito il ruolo
delle Organizzazioni Sindacali Europee (art. 8) nella negoziazione dei
nuovi CAE, quando prevede che la Delegazione Speciale di
Negoziazione possa essere assistita da esperti, composti anche da
rappresentanti delle Organizzazioni dei Lavoratori riconosciute a livello
comunitario. Valorizza il ruolo stesso dei delegati CAE (art. 12) cui viene
riconosciuta la rappresentanza collettiva degli interessi dei lavoratori
dell’impresa ed i “mezzi necessari” per l’applicazione di tali diritti, mezzi
interpretati dall’Avviso Comune e quindi dal Decreto Legislativo di
recepimento, come diritto ad una formazione maggiormente
finalizzata. Il decreto precisa, infatti, che “i membri della delegazione
speciale di negoziazione usufruiscono di formazione senza perdita di
retribuzione” e che i contenuti della formazione, considerando gli
accordi in atto, sono decisi congiuntamente tra Direzione centrale e
CAE. Si generalizzano per questa via le buone prassi già praticate da
taluni accordi e, soprattutto, si definiscono le premesse per una
formazione più rispondente alle effettive esigenze dei delegati CAE.
I limiti sono, invece, rappresentati da altri punti di più complessa
interpretazione.
La definizione di transnazionalità (art. 1, comma 7) è una questione
delicata perché definisce l’ambito di competenza del CAE, limitata
dalla Direttiva alle questioni transnazionali.
La definizione fornita dalla Direttiva, e quindi dal Decreto Legislativo di
recepimento, rischia di essere limitativa rispetto alla complessità delle
esperienze maturate dai CAE.
Si afferma, infatti, che sono “considerate questioni transnazionali quelle
riguardanti l’impresa di dimensioni comunitarie ….nel loro complesso o
almeno due imprese o due stabilimenti dell’impresa ubicati in due Stati
membri diversi”.
Ne deriva che un processo di ristrutturazione localizzato in una sola
impresa o in un solo stabilimento della impresa transazionale possa
essere presentato come una questione nazionale, al di fuori quindi
dalle competenze dal CAE, mentre nei fatti, un processo di
ristrutturazione in uno stabilimento di impresa transnazionale innesca
inevitabilmente processi di riorganizzazione negli altri stabilimenti
dell’impresa e diventa quindi competenza del CAE.
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Per ovviare a questa contraddizione l’intesa raggiunta tra le parti
sociali in sede di Avviso Comune, assunta poi nel Decreto Legislativo, è
stata quella di riconoscere agli accordi aziendali istitutivi dei CAE la
possibilità di definire margini d’iniziativa più ampi per gli stessi CAE (vedi
art. 9 comma 2, lettera c “…le competenze e le materie della
procedura d’informazione e consultazione del CAE…” mentre il testo
della Direttiva parla di “le attribuzioni e la procedura d’informazione e
consultazione). Altro punto complesso è rappresentato dalla “clausola
di adeguamento” (art 14).
Si afferma, infatti, che, in caso di
“modifiche significative della struttura dell’impresa” di dimensioni
comunitarie e, in assenza di disposizioni negli accordi in vigore, a
direzione centrale avvia di sua iniziativa o su richiesta scritta di almeno
cento lavoratori o di loro rappresentanti, la negoziazione per
l’istituzione del CAE sulla base della nuova normativa. Il testo non
chiarisce cosa si debba intendere per modifiche strutturali. Ricordiamo
che un “considerando” della Direttiva (considerando 40) fa riferimento
a operazioni di fusione, acquisizione o scissione. Ma modifiche
strutturali possono anche essere connesse a fenomeni di
delocalizzazione. Il rischio di adottare formule di fatto restrittive ha poi
privilegiato, nell’Avviso Comune e nel D.Lgs. di trasposizione, la scelta
di demandare alla fase negoziale tra le parti l’individuazione di
definizioni più pertinenti (cfr. art.9, comma 2 , lettera f).
Il principio di un necessario coordinamento tra CAE e organi nazionali
di rappresentanza (art. 13) è elemento di sicura novità presente nel
testo normativo. Le modalità di tale articolazione sono definite, in linea
di massima, nell’accordo istitutivo del CAE (comma 2).
In assenza di tale accordo si afferma che, comunque, le procedure
d’informazione e consultazione devono aver luogo in modo
coordinato nel CAE e negli organi nazionali di rappresentanza dei
lavoratori (comma 3). La definizione adottata nell’Avviso Comune e
nel Decreto Legislativo di trasposizione è una definizione volutamente
generica proprio per salvaguardare tutte le procedure adottate dai
Contratti Collettivi Nazionali di Categoria in seguito alla trasposizione,
nella normativa italiana, di importanti Direttive Europee (trasferimenti di
azienda,
licenziamenti
collettivi,
quadro
generale
relativo
all’informazione e consultazione dei lavoratori).
Ci siamo sin qui soffermati sui punti di maggiore evidenza della Direttiva
CAE, sulle formulazioni definite in sede di Avviso Comune ed assunte
poi nel testo finale del Decreto Legislativo di trasposizione. Ci sono però
punti non affrontati dall’Avviso Comune e sono le materie sottratte alla
competenza delle parti ed esplicitamente affidate, dalla stessa
Direttiva, alla discrezionalità degli Stati membri.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
Parliamo soprattutto di sanzioni e di ciò che nello specifico del Decreto
Legislativo è connesso alle sanzioni e cioè le procedure della
conciliazione.
Il punto di vera novità, introdotto dal decreto legislativo, non è tanto
rappresentato dalle sanzioni, come poi vedremo, ma dalle procedure
di conciliazione preventiva e di irrogazione delle sanzioni (art. 18) che
prevedono la costituzione di una Commissione di Conciliazione.
Ricordiamo che la Commissione di Conciliazione, già presente nel
Decreto Legislativo di trasposizione della prima Direttiva CAE (art. 11
del D.Lgs 74/2002 di trasposizione della Direttiva 94/45), interveniva
nelle contestazioni riguardanti la natura riservata delle informazioni.
Definita in sede di accordo CAE, era composta di tre membri,
designati rispettivamente dal CAE, dalla direzione centrale e dalle parti
di comune accordo, e concludeva i propri lavori entro quindici giorni
dalla data di ricezione del ricorso.
Il D.Lgs 113/2012 dedica un intero articolo (art. 18) alla procedura di
conciliazione preventiva e di irrogazione delle sanzioni.
Nel nuovo testo il ruolo della Commissione di Conciliazione, istituita
dalle parti sociali “per risolvere in via preliminare e non contenziosa le
controversie”, è molto ampliato perché la sua competenza diventa
quella di “….garantire la piena osservanza degli obblighi…” stabiliti
nello stesso Decreto Legislativo. Questo vuol dire la Commissione
quando interviene nelle controversie relative alla mancata trasmissione
delle informazioni indispensabili all’avvio dei negoziati (art. 4, comma
4); alla violazione degli obblighi di informazione e consultazione stabiliti
nell’accordo istitutivo del CAE (art. 9) o nelle prescrizioni accessorie
(art. 16) e degli ulteriori obblighi stabiliti nell’accordo o nelle prescrizioni
accessorie relativi a condizioni e strumenti necessari al funzionamento
del CAE; nelle controversie
relative alla natura riservata delle
informazioni (art. 10) e alla determinazione dei criteri per
l’individuazione delle informazioni riservate; nelle controversie relative
alla divulgazione di informazioni riservate; sulla fondatezza delle ragioni
del diniego opposto alla comunicazione di informazioni.
La Commissione tecnica è composta di tre membri: uno designato dal
CAE, uno dalla direzione centrale e uno designato dalle parti di
comune accordo.
Si costituisce entro venti giorni, su richiesta della parte interessata al
tentativo di conciliazione.
Entro i venti giorni successivi la Commissione formula una proposta per
la definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, delle
risultanze della proposta di conciliazione, non accettata senza
adeguata motivazione, tiene conto il Direttore territoriale del lavoro
nell’applicazione della sanzione amministrativa.
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Deludono invece le sanzioni che restano quelle definite nel
precedente testo normativo nei casi di violazione delle norme sulla
riservatezza (da 1.033 a 6.198 Euro, ma di pari entità per lavoratori e
azienda) e per le violazione da parte delle direzioni aziendali degli
obblighi di informazioni previsti dalla Direttiva (da 5.165 a 30.988 Euro).
Per dare quindi una valutazione complessiva del nuovo testo
normativo, e ci riferiamo alla Direttiva e al Decreto Legislativo di
trasposizione della norma comunitaria, dobbiamo ricordare che la
norma nasce con l’obiettivo di superare le incertezze giuridiche
verificatesi nell’effettiva implementazione della precedente normativa
CAE.
E’ un obiettivo solo parzialmente raggiunto perché il nuovo testo
supera in molti punti le incongruenze della precedente normativa, ma
non le elimina in via definitiva.
La norma dà certezze giuridiche nella definizione e nelle procedure
attuative dei diritti d’informazione e consultazione rendendoli
finalmente adeguati a quanto già indicato dalla più avanzata
legislazione in ambito Europeo. Si riconosce, per questa via, ai
lavoratori un diritto d’influenza sul processo decisionale in azienda.
Chiarisce anche le responsabilità, in capo alla direzione centrale
d’impresa, di trasmettere alle parti interessate le informazioni
indispensabili all’avvio dei negoziati e la procedura per informare le
competenti organizzazioni europee.
Riconosce in modo esplicito il ruolo delle Organizzazioni Sindacali
Europee nella negoziazione dei nuovi CAE e lo stesso ruolo dei delegati
CAE cui viene riconosciuta la rappresentanza politica degli interessi dei
lavoratori di impresa ed i mezzi necessari per l’applicazione di tali diritti,
mezzi interpretati dal Decreto Legislativo, come diritto ad una
formazione maggiormente finalizzata e, nei contenuti, decisa
congiuntamente tra direzione centrale e CAE.
Altri punti restano di più complessa gestione .
La definizione restrittiva del concetto di transnazionalità (art. 1) viene
parzialmente compensata attraverso il riconoscimento di spazi più
ampi alla contrattazione istitutiva del CAE, individuando nello
strumento contrattuale la sede più idonea per una definizione
rispondente alle esigenze e alle attese delle parti sociali.
La “clausola di adeguamento” come abbiamo già detto non chiarisce
quali siano effettivamente le “modifiche strutturali” che consentono la
rinegoziazione degli accordi CAE.
Il rischio di adottare formule restrittive viene evitato con la scelta di
demandare alla fase negoziale tra le parti l’individuazione di definizioni
più pertinenti.
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Il principio del necessario coordinamento tra CAE e Organi nazionali di
rappresentanza dei lavoratori è indicato in termini generali nella
Direttiva 2009/38 ed è volutamente definito in termini generali nel
Decreto Legislativo di trasposizione perché la scelta maturata in sede
di Avviso Comune è stata quella di salvaguardare tutte le procedure
adottate dai Contrattai Collettivi nazionali di Categoria in seguito alla
trasposizione, nella normativa italiana, di fondamentali Direttive
Europee.
E’ sicuramente condivisibile il maggior rilievo attribuito dal Decreto
Legislativo alle procedure della Conciliazione.
La Commissione di conciliazione viene rafforzata nel ruolo e nelle
competenze assumendo così una funzione di garanzia complessiva
sull’effettività dei diritti d’informazione e di consultazione.
Questo elemento si accompagna, però, ad un indebolimento
complessivo delle sanzioni amministrative.
Le sanzioni, in quanto materia sottratta alla competenza delle parti
sociali, non sono state mai oggetto dell’Avviso Comune. Pure le
Organizzazioni sindacali avevano rivolto al Governo l’invito ad
alleggerire le sanzioni a carico del lavoratore dipendente e a
riconsiderare l’entità per quelle a carico dell’impresa; una richiesta
senza esito di fronte alla semplice riproposizione delle ammende già
presenti nel precedente testo legislativo.
Il potenziamento degli strumenti di conciliazione e l’indebolimento
delle sanzioni amministrative rafforzano la prospettiva di un Comitato
Aziendale Europeo forte là dove è forte il dialogo sociale e la volontà
della conciliazione in caso di controversie; inevitabilmente debole
quando mancano questi presupposti.
In definitiva siamo di fronte ad una Direttiva e a un Decreto Legislativo
di trasposizione che, nonostante evidenti dubbi interpretativi,
rappresentano un effettivo miglioramento delle condizioni di
funzionalità ed efficacia dei Comitati Aziendali Europei.
La definizione puntuale di effettivi diritti d’informazione e consultazione
e l’affermazione del diritto dei lavoratori ad una formazione condivisa
nei contenuti rappresentano le condizioni per l’esercizio di un reale
diritto di influenza sulle decisioni aziendali. Un diritto che rappresenta
anche una sfida per giungere a una rappresentanza CAE sempre più
adeguata e competente.
Non c’è dubbio che in Italia la trasposizione delle Direttive Europee in
tema di partecipazione dei lavoratori (CAE, Statuto di Società
Europea, Statuto di Società Cooperativa Europea, Diritti di
Informazione e Consultazione) ha rappresentato un fondamentale
stimolo per definire un testo normativo organico in tema di
partecipazione dei lavoratori.
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La Legge Delega di sostegno alla partecipazione dei lavoratori che
oggi esaminiamo non nasce come testo normativo autonomo ma
come sostanziale emendamento inserito dai Senatori Treu (Pd) e
Castro (PdL) nel quadro ben più ampio e complesso della nuova legge
n. 92/2012 “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in
una prospettiva di crescita”.
Una circostanza che testimonia l’impegno e la sensibilità di alcuni
Parlamentari sul tema e, al tempo stesso, riflette una lunga storia di
elaborazioni, proposte e dibattiti maturati nelle Commissioni
Parlamentari delle ultime Legislature per giungere a un testo condiviso.
Tentativi, come sappiamo, allora senza esito.
Nell’art. 4 (commi 62 e 63) della nuova legge sul mercato del lavoro
confluiscono, quindi, elementi essenziali delle precedenti elaborazioni
prodotte da esponenti del Pd e del PdL.
Ricordiamo che i Senatori Treu e Castro, relatori del Ddl di riforma del
mercato del lavoro, sono stati primi firmatari di due specifici Ddl in
tema di partecipazione dei lavoratori presentati all’inizio della XVI
Legislatura (2008)
Il testo “bipartisan” delega il Governo ad adottare, entro nove mesi
dall’entrata in vigore della legge (18 luglio 2012), uno o più decreti
legislativi finalizzati a favorire forme di “coinvolgimento dei lavoratori
nell’impresa” che diventa effettivo attraverso la successiva stipulazione
in sede aziendale di contratti collettivi nel rispetto dei criteri direttivi
definiti dalla legge.
Sono criteri che definiscono un quadro ampio e articolato di strumenti
di partecipazione e di democrazia economica. I punti di maggior
rilievo sono riconducibili agli obblighi di Informazione e Consultazione;
agli Organismi Bilaterali; alla presenza dei lavoratori negli Organi di
Sorveglianza; la Partecipazione Finanziaria, intesa come alla
partecipazione agli utili e al capitale d’impresa.
Gli obblighi di Informazione, Consultazione (comma 62 lettera A) o
negoziazione a carico dell’impresa nei confronti delle organizzazioni
sindacali, dei lavoratori, o di appositi organi, individuati dal contratto
medesimo, fanno esplicito riferimento al rispetto dei livelli minimi fissati
dal decreto legislativo n. 25/2007 di recepimento del Direttiva 2002/14.
Ricordiamo che la Direttiva, e quindi il D.Lgs. di trasposizione,
forniscono una definizione dettagliata di cosa si debba intendere per
informazione e consultazione precisandone anche le procedure di
attuazione. Sono definizioni e procedure molto più ampie e pervasive
rispetto alle prassi vigenti nel nostro sistema di relazioni industriali.
La norma era esplicitamente prevista nel Disegno di Legge Treu.
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Gli organismi bilaterali (organismi congiunti, paritetici o misti) sono
definiti nei successivi paragrafi (Lettera B e C) .
Si prevedono (Lettera B) procedure di verifica sull’applicazione e sugli
esiti di piani o decisioni concordate anche attraverso l’istituzione di
organismi congiunti, paritetici o misti. E’ una forma di bilateralità
aziendale di controllo sui piani o decisioni concordate già prevista nel
Disegno di Legge Castro.
Il paragrafo successivo (Lettera C) prevede l’istituzione di organismi
congiunti, paritetici o comunque misti con competenze di controllo e
partecipazione nella gestione delle materie quali: la sicurezza dei
luoghi di lavoro e la salute dei lavoratori, l’organizzazione del lavoro, la
formazione professionale, la promozione e l’attuazione di pari
opportunità, le forme di remunerazione collegate al risultato, i servizi
sociali destinati ai lavoratori e alle loro famiglie, le forme di welfare
aziendale e le materie attinenti la responsabilità sociale dell’impresa.
La valorizzazione degli organismi bilaterali nelle materie attinenti
l’organizzazione della produzione, la retribuzione accessoria e il welfare
aziendale è misura già presente nel Ddl Castro.
E’ ampiamente condivisibile la valorizzazione della bilateralità
aziendale negli aspetti inerenti l’organizzazione della produzione, il
welfare aziendale e verifica di piani o decisioni concordate.
E’, però, evidente che un eventuale organismo bilaterale sulla
retribuzione accessoria non può che avere compiti di analisi e
documentazione dato che la negoziazione della retribuzione
accessoria resta una specifica prerogativa della contrattazione
aziendale. Vanno, invece, sviluppati gli organismi bilaterali che
ampliano le conoscenze sulle materie proprie dello sviluppo
tecnologico e produttivo delle aziende e di verifica di piani o decisioni
assunte, in altre parole la bilateralità di governance.
La presenza dei lavoratori negli organi societari (lettera D e F) è tema
di rilievo presente nella legge delega come diritto di partecipazione
dei rappresentanti dei lavoratori negli organi societari di controllo. Si
afferma, infatti (vedi lettera F), che i rappresentanti dei lavoratori
possono essere presenti nei “Consigli di Sorveglianza”, come membri a
pieno titolo, nelle imprese esercitate in forma di società per azioni o di
società europea, che occupino complessivamente più di trecento
lavoratori e nelle quali lo statuto preveda che l’amministrazione e il
controllo siano esercitati da un consiglio di gestione e da un consiglio
di sorveglianza. Tale diritto viene poi esteso prevedendo che (lettera D)
anche nelle altre fattispecie di società commerciali, i rappresentanti
dei lavoratori possano avere un diritto di controllo sull’andamento o su
determinate scelte di gestione aziendale attraverso la partecipazione
in organi di sorveglianza.
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La partecipazione dei lavoratori negli organi societari è la forma di
coinvolgimento di maggior rilievo prevista nel Ddl Treu ed è questo, del
resto, l’elemento di massima differenziazione di tutto il nostro sistema di
relazioni industriali rispetto ai modelli presenti nei paesi del Centro e
Nord-Europa.
La legge delega, prendendo a riferimento le disposizioni contenute
nelle norme di trasposizione della Direttiva sullo Statuto di Società
Europea, assume questa nuova forma di partecipazione.
Un obiettivo fortemente sostenuto dalla Cisl considerando che le
poche applicazioni che si sono avute in Italia del “modello duale”
(consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza), in occasione dei
processi di fusione tra grandi Istituti di Credito, hanno privilegiato gli
assetti di potere esistenti al momento della fusione e non si sono mai
tradotti in momenti di innovazione e democratizzazione della
“governance” aziendale.
E’ importante, poi, che il principio della partecipazione in organismi di
sorveglianza sia proposto anche per le altre fattispecie di società
commerciali sprovviste di uno specifico Consiglio di Sorveglianza.
Nel Ddl Treu tale organismo è rappresentato da un Comitato
Consultivo, composto da rappresentanti dei lavoratori che riceve
informazioni obbligatorie e periodiche dall’organo amministrativo della
società sulla situazione economica e produttiva delle società stesse. Su
tali comunicazioni il comitato consultivo esprime parere preventivo e
non vincolante.
La partecipazione finanziaria (Lettera E e G) è prevista attraverso due
modalità: come partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili o al
capitale d’impresa anche in relazione all’attuazione e al risultato di
determinati piani industriali (Lettera E) con conseguente accesso dei
rappresentanti sindacali alle informazioni sull’andamento dei piani
medesimi. Oppure come accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti
al possesso di azioni (Lettera G). In questo caso l’elemento di maggior
interesse è dato dal fatto che l’azionariato dei dipendenti prevede
strutture di rappresentanza collettiva dei dipendenti azionisti. Le
strutture collettive possono essere rappresentate da Fondazioni, da enti
in forma di Società d’ Investimento a Capitale Variabile (Sicav),
oppure da Associazioni dei lavoratori azionisti.
L’azionariato dei lavoratori, individuale e collettivo, è già presente nei
Ddl dei Senatori Treu e Castro.
Il dato di rilievo è che la Legge Delega, prevedendo entrambe le
modalità, prefigura anche una pluralità di formule organizzative di
gestione delle azioni dei dipendenti, Fondazioni, Sicav e Associazioni
dei dipendenti azionisti.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
Nella strategia della Cisl l’azionariato collettivo è lo strumento che
consente ai dipendenti azionisti di avere diritto di parola nelle sedi
della “governance” sociale: l’Assemblea degli azionisti.
In definitiva quello che dovrà essere sempre garantito, nelle formule
organizzative prescelte, è l’effettiva possibilità per l’insieme dei
lavoratori di esprimere un “voto collettivo” nell’Assemblea degli
azionisti.
La disciplina civilistica attuale pone notevoli difficoltà a tale
adempimento e quest’ostacolo mortifica e penalizza il significato
complessivo delle esperienze di azionariato dei dipendenti.
La praticabilità ed effettività del “voto collettivo” dovrebbe essere
allora un punto ben presente nei decreti legislativi attuativi della Legge
Delega.
Volendo trarre delle considerazioni conclusive possiamo affermare che
l’attuale testo rappresenta un passo importante per la realizzazione di
un quadro normativo di sostegno alla partecipazione dei lavoratori
dipendenti nei luoghi di lavoro. E’ una norma che raccoglie
l’elaborazione decennale delle Commissioni Parlamentari e, in tale
ambito, il contributo della Cisl ha esercitato una specifica influenza. E’
quindi importante che il disegno complessivo contenuto nella Legge
Delega si completi con decreti legislativi che di quelle elaborazioni
tengano conto. Ed è anche importante che le parti sociali esercitino
una presenza vigile sull’iniziativa del Governo per la piena realizzazione
della Legge sulla partecipazione.
L’analisi e l’approfondimento di testi normativi complessi quali sono il
Decreto Legislativo di recepimento della Direttiva CAE (2009/38) e la
Legge Delega sulla partecipazione dei lavoratori ha poi sollecitato, nel
dibattito conclusivo, alcune considerazioni di ordine generale.
L’influenza della legislazione comunitaria, in tema di partecipazione
dei lavoratori, nel nostro paese è stata considerevole e tale da
rappresentare un fattore decisivo nella definizione di una Legge
Delega sull’argomento.
Entrambe le norme in esame realizzano le disposizioni in favore dei
lavoratori solo se sono implementate in sede di contrattazione
collettiva. Senza lo snodo essenziale della contrattazione collettiva, le
norme rappresentano “formidabili strumenti di carta”, strumenti cioè
totalmente privi di efficacia e di reale effettività.
Diventa quindi forte e preminente l’esigenza di adeguare la
contrattazione collettiva, a tutti i livelli, al perseguimento degli obiettivi
di partecipazione resi accessibili dalla nuova legislazione.
C’è sicuramente il problema di una cultura manageriale inadeguata
dato che gli imprenditori manifestano su questi temi atteggiamenti di
indifferenza se non di aperta avversione.
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Una situazione di “svantaggio” che deve però rafforzare nella
dirigenza sindacale a livello nazionale, territoriale e aziendale, la
consapevolezza politica che il tema della partecipazione dei
lavoratori, in un contesto produttivo caratterizzato da profondi
mutamenti, diviene uno degli elementi essenziale per salvaguardare le
relazioni industriali e gli equilibri di potere nei luoghi di lavoro.
Vanno allora adeguate competenze e capacità negoziali a tutti i
livelli.
La sfida delle nuove leggi in tema di partecipazione dei lavoratori è
anche questa .
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
“Nuovi strumenti per il sindacato a sostegno di una
internazionalizzazione responsabile”
di Cecilia Brighi
A settembre scorso in Pakistan, cento lavoratori e lavoratrici della Ali
Enerprises, una azienda tessile di Karachi, sono morti intrappolati in un
incendio.
L’azienda aveva ricevuto ad agosto la certificazione SA8000 da una
rispettabile azienda italiana di certificazione: il RINA.
Tale certificazione era stata concessa dopo una serie di ispezioni, che
ovviamente sono risultate truccate dalla impresa.
In quella azienda in realtà la maggioranza dei lavoratori era a
contratto a termine, non aveva alcuna forma di tutela previdenziale, i
salari erano bassissimi, non c’era alcuna rappresentanza sindacale
etc.. tutte cose nascoste ovviamente ai certificatori, che si sono
fermati a credere alle dichiarazioni della impresa.
Notoriamente si sa che in Pakistan e in molti altri paesi i diritti del lavoro
non sono rispettati, che manca un sistema di ispezione pubblica, che
per conoscere la verità non bisognerebbe fermarsi alle dichiarazioni
formali dei dirigenti di impresa. Invece ingenuamente(?) si è voluto
credere a quello che si vedeva.
Reparti puliti e non sovraffollati, estintori nuovi, registri in ordine.
Le stesse manipolazioni avvengono ripetutamente in molte imprese
cinesi, bengalesi, thailandesi etc… che producono per multinazionali o
PMI straniere. Troppo spesso si hanno notizie di doppi cartellini
presenza, per far vedere che si rispettano gli orari di lavoro.
Non è bastato l’incendio del Pakistan per mettere in allarme le imprese
su come si dovrebbero comportare per tutelare le condizioni di lavoro.
Nel mese di novembre infatti, in Bangladesh, due grandi fabbriche
tessili sono state distrutte da incendi causando la morte dei loro
lavoratori bloccati in fabbrica.
Lì dove non è garantita la libertà sindacale, come nella fabbrica
pakistana, o nelle fabbriche bengalesi o cinesi, in presenza di codici di
condotta, le interviste degli ispettori delle società certificatrici,
vengono spesso pilotate e i lavoratori minacciati e controllati quando
sono intervistati dai certificatori.
L’inefficacia di questi strumenti privati di RSI sono stati denunciati da
sempre dalle organizzazioni sindacali internazionali, che hanno chiesto
strumenti autorevoli ed efficaci in grado di garantire il rispetto dei diritti
fondamentali del lavoro e la tutela delle condizioni di lavoro e
dell’ambiente.
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Nel corso di questi ultimi anni, i casi di violazione dei diritti umani ed
ambientali, invece di diminuire, sono cresciuti esponenzialmente. Il
diffuso processo di parcellizzazione e internazionalizzazione delle
produzioni, ha infatti prodotto una destrutturazione delle grandi
fabbriche a favore di catene di produzione polverizzate in paesi,
troppo spesso privi delle fondamentali regole a garanzia dei diritti dei
lavoratori e dell’ambiente.
Se gli interessi delle grandi lobby industriali hanno sempre impedito la
definizione di norme vincolanti internazionali, i governi hanno dovuto
rispondere alle critiche sindacali e delle ong con una revisione dei
principali strumenti internazionali a partire dalle Linee Guida OCSE sulle
Multinazionali. Tali Linee Guida, vincolanti per i governi OCSE, ma non
vincolanti per le imprese sono stati aggiornate lo scorso anno,
attraverso una continua consultazione con sindacati, imprese e ONG.
Le Linee Guida aggiornate contengono nuovi elementi positivi,
compreso un capitolo sui Diritti Umani; l’inequivocabile applicazione
delle Linee Guida ai fornitori e a tutti gli altri soggetti che hanno
rapporti tra imprese; un ampliamento degli obiettivi del capitolo
sull’Occupazione; regole più stringenti per il funzionamento dei Punti
Nazionali di Contatto (PNC) e un rafforzato ruolo dell’OCSE
nell’attuazione delle Linee Guida.
I governi aderenti dovranno innanzitutto adeguare le strutture e le
procedure dei loro PNC, che rappresentano l’immagine pubblica delle
Linee Guida. Il loro funzionamento, nell’ambito di questo
aggiornamento delle Linee Guida, costituirà un parametro attraverso
cui l’opinione pubblica mondiale ne misurerà il successo.
I PNC dovranno lasciarsi alle spalle la loro cattiva reputazione causata
da un funzionamento irregolare e spesso mediocre e dovranno agire
adottando standard comuni più elevati, sulla base dei nuovi principi di
imparzialità e prevedibilità costruendo anche, organismi di
sorveglianza o consultivi con tutte le parti interessate, individuando, di
concerto con le parti interessate esterne, le priorità per la condivisione
di esperienze e la definizione delle attività di promozione delle Linee
Guida.
Questi elementi accrescono, in modo significativo, l’importanza delle
Linee Guida e il loro potenziale per il miglioramento delle norme in
materia di condotta responsabile delle imprese in un contesto globale.
Il successo dell’aggiornamento dipende dalla loro rapida e piena
attuazione sia da parte dei governi aderenti, sia da parte dell’OCSE e
soprattutto dal loro utilizzo sindacale, sia in via preventiva che
attraverso denunce di violazione dei contenuti delle Linee Guida,
contribuendo a migliorare il rispetto dei diritti umani e del lavoro in tutte
le catene produttive e ad evitare delocalizzazioni inaccettabili.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
Purtroppo spesso, i sindacati dei paesi industrializzati, hanno sofferto e
soffrono tutt’oggi di un certo “provincialismo” e sottovalutano le
possibilità offerte da questo strumento, che seppur con i limiti della non
obbligatorietà permetterebbero di intervenire su tutta la catena
produttiva anche in altri paesi costruendo rapporti di solidarietà con
quei lavoratori e sindacati privi di diritti.
Inoltre nel 2008 il Rappresentante speciale ONU su business e diritti
umani Prof. Ruggie fu nominato per definire la nuova cornice per
affrontare la questione business e diritti umani.
Lo scorso anno il Consiglio ONU per i Diritti Umani ha approvato i
Principi Guida su Business e diritti umani: attuare il quadro dell’Onu
“proteggere, rispettare e risarcire”.
Tali principio si basano su tre pilastri:
• PROTEGGERE: dovere dello stato di proteggere tutti i diritti umani
dagli abusi commessi da o che coinvolgono le imprese.
• RISPETTARE: Responsabilità delle imprese di rispettare i diritti
umani
• RISARCIRE: le vittime devono avere accesso a soluzioni efficaci.
1° pilastro: Il DOVERE DELLO STATO DI PROTEGGERE contro gli abusi dei
diritti umani da parte di terze parti, comprese le imprese.
Questo dovere si fonda sulle leggi internazionali sui diritti umani.
Poiché il dovere di uno stato di proteggere è uno standard di
condotta non uno standard di risultato, gli Stati possono essere
considerati in violazione dei loro obblighi quando non prendono
misure per prevenire, investigare e punire le violazioni dei diritti
umani. Secondo il prof. Ruggie la norma internazionale non è
chiara sulla dimensione extra territoriale di tale dovere, visto che
agli stati non viene richiesto di, ne viene impedito, di regolare le
attività delle imprese nazionali all’estero. E fa riferimento ai casi in
cui gli Stati dovrebbero “incoraggiare” le imprese a rispettare i
diritti all’estero, specialmente dove lo Stato è coinvolto
direttamente (es. appalti, crediti alla esportazione). Ruggie
considera che tali attività “farebbero tirare fuori gli Stati dalla
posizione insostenibile di essere associati con possibili abusi di
imprese all’estero” e da un maggior sostegno agli stati ospitanti.
Ruggie definisce lo status quo come un “approccio limitato” alla
gestione dell’agenda del rapporto tra imprese e diritti umani,
con i diritti umani scarsamente integrati in altri spazi politici.
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2°pilastro: RESPONSABILITA’ DELLE IMPRESE DI RISPETTARE I DIRITTI UMANI
La Responsabilità sociale di rispettare e una norma sociale “quasi
universale” che esiste indipendentemente dal dovere dello Stato
di proteggere e dalla variazione delle leggi nazionali secondo il
Relatore speciale, solo poche imprese hanno adottato sistemi di
verifica del loro rispetto dei diritti umani e le imprese devono
adottare un impegno dovuto per assicurare che non violano i diritti
di altri e identifica tre fattori che devono considerare: a) il paese e
il contesto locale. b) l’impatto delle attività delle imprese nel loro
ruolo di produttori, imprenditori e i vicinato e c) se e come
l’azienda può contribuire agli abusi attraverso le relazioni collegate
alle sue attività come con i business partner, le entità nella catena
del valore, altri attori non statali e agenti di Stato. Ovviamente
alcuni di questi fattori sono fuori dal loro controllo ma, osserva che
le imprese usano la diligenza dovuta per individuare i rischi fuori dal
loro controllo e dovrebbero fare lo stesso per i diritti umani. Ruggie
enfatizza l’importanza di affrontare tutti i diritti umani poiché “le
imprese “possono colpire tutto lo spettro dei diritti umani”. E come
minimo dovrebbero osservare la Dichiarazione Universale dei diritti
umani e la Dichiarazione ILO sui principi e Diritti fondamentali nel
Lavoro.
3° pilastro: ACCESSO AL RISARCIMENTO
Accesso al rimedio è il terzo pilastro ed è anche un importante
componente del 1 e 2 pilastro. Il Rimedio può essere ottenuto
attraverso mezzi giudiziari o di altro tipo a livello di impresa,
nazionale o internazionale. Per quanto riguarda le Linee Guida
Ruggie individua sei principi per la sua efficacia: legittimità,
accessibilità, equità, prevedibilità, compatibilità con i diritti e
trasparenza. In questo quadro i PNC sono strade potenzialmente
importanti per il rimedio al livello nazionale. E la credibilità del
sistema dipende dal rispetto di criteri minimi di performance
(come i sei principi) e i PNC dovrebbero trovare modo di dare
maggior peso ai risultati contro le imprese usando per esempio
l’accesso agli appalti pubblici e ai crediti alla esportazione. A
livello internazionale si dovrebbe migliorare l’accesso a rimedi non
giudiziari come una clearing house, un organismo di capacity
building per aiutare le parti ad usare i meccanismi e un organismo
di esperti per raccogliere e valutare i risultati.
Così oggi anche in Italia è in atto un lavoro che vede insieme le
amministrazioni pubbliche, le imprese e le organizzazioni sindacali per
la attuazione delle linee Guida OCSE, la definizione di un programma
di azione nazionale sulla RSI, che si basa sui principali strumenti
internazionali, la messa a punto di una guida alla due diligence nella
catena di fornitura non solo per le multinazionali ma anche per le PMI.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
Inoltre è in discussione presso il Ministero degli Esteri un piano d’azione
della Pubblica Amministrazione italiana per l’attuazione dei Principi
Guida delle Nazioni Unite sul Business e i Diritti Umani. L’Italia finalmente
sta sostenendo il lavoro dell’OCSE sul Credito all’Esportazione e Diritti
Umani, che sulla base dei Principi Onu dovrebbe identificare i criteri,
comprensivi di vincoli sui diritti umani fondamentali per la concessione
dei crediti all'esportazione. Identificando le principali aree d’azione sui
diritti umani rilevanti per le agenzie di credito all'esportazione
confrontandoli con gli standard della Banca Mondiale e delle IFI, che
già prevedono dei vincoli in tal senso.
La CISL ha contribuito alla definizione delle nuove Linee Guida e al
lavoro del PCN per la loro attuazione.
In Particolare ha presentato una serie di importanti proposte di
integrazione alla proposta di Piano di Azione italiano.
Tra le richieste CISL:
1. la costituzione di un tavolo interistituzionale costituzione di un tavolo
formato dalle amministrazioni centrali e regionali interessate, di
concerto con Camere di Commercio, Associazioni imprenditoriali e
sindacali e gli altri portatori di interesse;
2. inclusione delle LG OCSE tra i paramentri per la concessione di
crediti e sostegni pubblici
3. sostegno alle Regioni per la creazione di un sistema a rete
multistakeholders per la diffusione della RSI;
4. identificazione di meccanismi di sostegno tecnico verso le PMI, gli
stakeholders
5. promozione della informazione sulle procedure delle denunce
(istanze) in caso di violazione delle Linee Guida OCSE;
6. identificazione di corrette ed univoche procedure di monitoraggio
e controllo indipendente delle iniziative di RSI lungo tutta la filiera
del valore; sostegno alla inclusione del rispetto delle Linee Guida
OCSE sulle multinazionali nelle misure contro la corruzione;
7. diffusione e applicazione dei principi, delle norme e delle buone
pratiche di trasparenza e legalità della PA in tutta la filiera degli
acquisti, appalti; Sostegno al lavoro G8/G20 lotta alla corruzione,
paradisi fiscali e transfer pricing;
8. inserimento nelle politiche economiche estere italiane della
promozione di tali strumenti, definendo, in collaborazione tra MAE e
MISE un toolkit per Ambasciate; Previsione di un obbligo delle
Agenzie di Credito a perseguire una funzione pubblica di
promozione di modelli produttivi responsabili e sostenibili e di
sperimentazioni per le imprese che si internazionalizzano per la
attuazione delle LG OCSE nella catena del valore, in particolare
nelle PMI .
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“Percorso formativo: Politiche organizzative per la gestione e
lo sviluppo delle persone e delle risorse economiche”
di Luigi Lama
“Il sindacato è prima di tutto organizzazione (...) Si tratta di adattarsi ai
mutamenti dell'economia e del lavoro, di collocarsi efficacemente nei
contesti politici ed istituzionali, soprattutto si tratta di garantire la durata
nel tempo del proprio patrimonio sociale, di entrare nella storia per
starci.
Non c'è risultato rivendicativo o contrattuale che venga analizzato
esclusivamente sulla base dei benefici conseguiti: ci si domanda
sempre da parte dei sindacalisti quali vantaggi ne tragga
l'organizzazione, poiché senza la sua permanenza qualsiasi esito rischia
di risultare transitorio”1. Così afferma Bruno Manghi ne L'organizzatore
sindacale, un agile libretto del 2007.
Chi opera nel sindacato lo sa. La Cisl lo sa e questa consapevolezza
ha portato la Cisl ad una riorganizzazione avviata già da anni con la
predisposizione di modelli comuni per il bilancio e la costruzione di un
bilancio consolidato, la ripartizione automatica delle quote di iscrizione
e l'anagrafe degli iscritti. Riorganizzazione approfondita dal processo di
accorpamento delle strutture territoriali e categoriali in atto.
La Cisl sa che il dover coniugare contesto, risorse economiche e
umane del sindacato per la realizzazioni dei suoi fini ha sempre
bisogno di sistematicità e strumenti concettuali, ma ancor più nelle fasi
in cui il sindacato è sottoposto a pressioni per adeguare la sua struttura
e modalità di funzionamento.
Da questo obiettivo è nata la proposta del corso “Politiche
organizzative per la gestione e lo sviluppo delle persone e delle risorse
economiche” che si è tenuto al Centro Studi in due moduli, il primo dal
29 al 31 ottobre ed il secondo il 26 e 27 novembre di quest'anno. Il
corso era rivolto esclusivamente ai Segretari Organizzativi e
Amministrativi delle Federazioni Nazionali, delle USR e delle UST
metropolitane. Era stata data la disponibilità di quaranta posti, un po'
sopra alla media corrente dei corsi di formazione. Un numero di queste
dimensioni riduce la possibilità di interazione e di partecipazione attiva,
ma si è compiuta questa scelta per offrire una occasione di incontro a
pressoché tutti i potenziali destinatari, immaginando che l'interesse
sarebbe stato elevato.
Bruni Manghi, L'organizzatore sindacale, Edizioni Lavoro, Roma, 2007, pag. 17-18; corsivo
dell'autore
1
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Così è stato: ci sono stati 42 iscritti e la presenza effettiva è stata quasi
totale nel primo modulo, più ridotta nel secondo modulo di fine
novembre, quando per molti, dato il ruolo che rivestono, sono
diventate ineludibili scadenze legate proprio al processo di
riorganizzazione e alla predisposizione dell'imminente percorso
congressuale.
Sindacato: equilibrio fra efficienza e rappresentanza
Il sindacato deve coniugare efficienza e rappresentanza; è stato il filo
conduttore del corso, nelle relazioni degli esperti, dei dirigenti Cisl, del
dibattito. Si tratta di una ricerca che colloca la struttura organizzativa e
le sue modalità di funzionamento in un punto di equilibrio fra le due
esigenze che non è mai stabilito per sempre, va continuamente
verificato, aggiustato e, se il contesto cambia in modo rilevante,
cambiato per essere capace di esprimere i fini dell'organizzazione
sindacale in quel tempo e luogo concreto.
Diversamente c'è il ridimensionamento, l'incapacità di rispondere alle
aspettative degli associati che può portare fino all'estremo dello
svuotamento dell'organizzazione ed il suo fallimento.
Ripercorriamo schematicamente i contenuti sviluppati nel corso.
Il primo passo è stata una riflessione sui due importanti capisaldi della
riforma organizzativa: anagrafe iscritti e riparto automatico. In questi
ultimi anni la Cisl sta realizzando un cambiamento che per profondità
ed estensione alcuni autorevoli esperti accademici avrebbero
considerato impossibile.
Gli accorpamenti in corso e previsti sono un ulteriore importante passo
avanti e, come è stato illustrato nel primo modulo del corso, sono resi
possibili dalla maggiore trasparenza economica dell'organizzazione
che rendendo più chiari a tutti risultati e risorse richiama ciascuno alle
proprie responsabilità. Non basta avere i dati, occorre avere una base
concettuale per capirli ed interpretarli, conoscere i vincoli di legge e
delle norme Cisl per la rendicontazione. A questo è stata dedicata una
parte specifica. Una particolare attenzione è stata poi dedicata alle
procedure congressuali in relazione agli accorpamenti ed al scelta di
dare maggior voce a chi sta nei luoghi di lavoro sia nel congresso che
negli organismi dirigenti.
Il congresso è un momento di verifica. Affinché questa sia più
trasparente, più legata a dati che impressioni, è stata decisa
l'elaborazione di un bilancio sociale, la cui elaborazione è affidata alla
Fondazione Giulio Pastore.
Il prof. De Santis ha illustrato le linee guida e i principali contenuti del
documento che verrà presentato nei prossimi mesi in corrispondenza al
percorso congressuale.
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Nel dibattito è stata posta la questione sul senso, per una
organizzazione democratica, di affiancare al bilancio di esercizio
economico la redazione di un bilancio sociale; la risposta del prof De
Santis è stata un utile premessa al modulo seguente dove si è partiti
illustrando come la teoria sociologica vede realizzarsi in organizzazioni
come il sindacato una ricerca, mai definitivamente conclusa, sul
rapporto fra efficienza economica, e quindi anche redditività del
nostro agire come sindacato, e affermazione di rappresentanza
sociale e di valori culturali e politici, per di più articolata in settori e
territori.
Nel pomeriggio è stato ripreso il tema del progetto organizzativo Cisl,
approfondito in seguito con i presidenti Canepari di CAF e Sordi di INAS
in una mattinata di particolare densità, in cui è emerso l'intreccio di
problemi di governance e di gestione ai vari livelli.
Il coordinamento di soggetti con funzioni specifiche e necessaria
autonomia necessita di una linfa vitale: dati, informazioni che
permettano di verificare risultati concreti, mutamenti del contesto e
delle prestazione degli altri attori, e valutare se e quanto l'insieme
dell'organizzazione Cisl realizza i suoi obiettivi.
La rappresentanza non è un fatto generico e astratto, una buona
intenzione, è la ricerca di risposte concrete ad interessi materiali e
questo si realizza solo basando le proposte su dati; a questa esigenza
potrà offrire un contributo consistente lo il progetto Moniter, illustrato in
quell'occasione.
L'organizzare: quadrare il cerchio di risorse economiche, risorse umane
e risultati.
La dimensioni amministrativa e organizzativa sono sempre un elemento
cruciale per un organizzazione come il sindacato che deve coniugare
efficienza e rappresentanza. Tanto più in fasi come quella attuale. Il
corso ha avuto l'obiettivo di dare strumenti adeguati per gestire le
scelte organizzative della CISL, comprenderne caratteristiche e
potenzialità, superare eventuali ostacoli per la loro implementazione.
Credo che si possa dire che la l'obiettivo sia stato raggiunto in modo
da soddisfare le aspettative della segreteria confederale che lo ha
voluto e di coloro che vi hanno partecipato.
Una soddisfazione che ha generato ulteriore domanda di formazione.
Nelle giornate conclusive sono tornati più volte i termini "governance" e
"gestione". Aspetti che pongono ancora una volta il rapporto fra
decisioni politiche, la loro realizzazione e la formazione.
Un rapporto sempre delicato, tanto più in una organizzazione che per
la sua natura di rappresentanza democratica ha meccanismi
decisionali in cui il consenso gioca un ruolo rilevante.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
Per la governance la formazione offre un contributo di conoscenza sui
connotati strutturali di una organizzazione di rappresentanza,
l'impossibilità di ridurla a un modello aziendale e il fallimento di qualsiasi
progetto che prendesse la teoria dell'impresa come riferimento ideale.
Per la gestione la questione dell'efficienza, dell'uso attento delle risorse,
della definizione ed il controllo dei risultati previsti e ottenuti ci portano
su aspetti che sono più prossimi alla miglior logica aziendale, che, per
certi ambiti e contesti, offre modelli e procedure ai quali che è
necessario riferirsi.
Un ambito particolarmente delicato è quello della gestione del
personale, su cui potrebbe essere utile uno specifico approfondimento
futuro. Con franchezza sono emerse le difficoltà di gestione in una
organizzazione che opera attraverso il consenso delle parti in causa.
Ciò vuol dire spesso lentezza, scontrarsi con miopie ed egoismi piccoli
e grandi.
In qualsiasi organizzazione quando le risorse sono abbondanti e i gli
obiettivi facili da raggiungere o, meglio ancora, qualsiasi risultato va
bene è piuttosto facile fare l'organizzatore. Può esserci una difficoltà
aggiuntiva quando condizione del fare è soprattutto il consenso degli
interessati, con poca o nulla capacità di costrizione.
Ma quando le risorse sono abbondanti è più facile ottenere anche il
consenso. È diffusa l'idea che la strada più breve per il consenso è
acquistarlo.
In una organizzazione dove le risorse sono assorbite soprattutto dal
personale si può pensare che la strada migliore per vivere tranquilli è
diffondere a pioggia più o meno piccoli privilegi/opportunità di
attività/posizioni remunerate. Se la priorità va al consenso il merito
passa in secondo piano, addirittura può penalizzare.
A chi offre consenso e chiede in cambio una sistemazione tranquilla si
cerca di offrire una posizione dove si la priorità è "non fare danni", per
cui la voglia di far poco o nulla è un fattore positivo.
Se un "organizzatore" non dispone di una collocazione del genere nella
struttura che controlla direttamente la cerca all'esterno, sperando di
mantenere la gratitudine del beneficiario.
Come dicevamo la vita per l'organizzatore è più facile quando le
aspettative sui risultati sono basse.
Diventa più complicato quando queste crescono, la richiesta di
adempimenti di routine è soppiantata da obiettivi, che diventano
"sfidanti" come si dice nel gergo delle imprese private. In questi casi
diventano più numerose e cruciali le posizioni da cui ci si attende
quantità e qualità di produzione.
La fedeltà è sempre gradita, ma diventa importante anche la
competenza se la sua carenza può provocare danni rilevanti.
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In questi casi sorgono diversi problemi.
Occorre utilizzare le risorse, sempre limitate, in funzione degli obiettivi.
Cresce la necessità di collocare all'esterno soggetti inutili e/o dannosi i
quali assorbono risorse che vanno utilizzate in modo più proficuo.
Occorre valutare l'adeguatezza del personale esistente e di potenziali
nuovi soggetti da parte di un organizzatore che non può essere
tuttologo e che ha bisogno di collaboratori con competenze che lui
non possiede in prima persona.
Diventano critici motivazione e impegno, da accendere e mantenere.
Cosa che implica la capacità di richiamare all'ordine, al rispetto degli
impegni presi, senza generare rancore e desiderio di vendetta, al
contrario rafforzare il legame all'organizzazione ed ai suoi obiettivi.
Capacità che chi gestisce un segmento a qualsiasi livello della nostra
organizzazione sa bene quanto siano fragili e indispensabili.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
“Resoconto da una missione di studio all’estero”2.
ETUI Trade Union Education Day and Conference
Zagabria 7 . 8 . 9 November 2012
di Francesco Lauria
7 novembre mattino: “training helps change”
A Zagabria, capitale della Croazia, prossimo stato che entrerà, a luglio
2013, nell’Unione Europea, si sono riuniti quasi cento tra formatori e
sindacalisti provenienti da tutta Europa.
Due gli eventi collegati: la giornata europea dell’educazione
(dedicata alla lotta per l’uguaglianza) e la successiva due giorni
seminariale dell’Istituto Sindacale Europeo (Etui).
La notte precedente il primo giorno di lavori aveva portato alla
rielezione di Barack Obama e, inevitabilmente, il responsabile Etui per
la formazione Ulisse Garrido il 7 novembre ha iniziati la sua relazione
proprio da qui. Insieme allo slogan “training helps change” Garrido ha
ricordato Rosa Parks e la storica lotta per i diritti civili e contro le
discriminazioni negli Stati Uniti, nazione che aveva appunto rieletto, in
quelle ore, un presidente di colore.
Venendo al tema specifico della giornata dell’educazione europea il
sindacalista portoghese ha ricordato la crescita delle disuguaglianze
nell’Europa della crisi, cui si deve fare fronte anche con la formazione
sindacale, strumento che può contribuire a superare un problema non
più confinato prevalentemente in alcuni paesi, ma trasversale a tutta
l’Unione Europea.
La formazione è un diritto di cittadinanza e come tale deve essere
supportata e riconosciuta anche attraverso il sistema europeo di
riconoscimento delle qualifiche e del life long learning.
Tutti temi che sono stati ripresi dai rappresentanti istituzionali e sindacali
croati, anche in vista della prossima entrata, a vent’anni dalla guerra
civile, nell’Unione Europea.
La Croazia, hanno ricordato i sindacalisti, affronta nuove sfide per la
rappresentanza sindacale in un contesto di grave di crisi e di durissime
politiche di austerity portate avanti a prescindere dalla collocazione
politica dei partiti al governo.
2 Cito impudentemente la modalità con la quale definivano i loro resoconti, ai tempi dell’Iscla Cisl, Mario
Romani e Vincenzo Saba.
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Ma è stato il direttore generale dell’ETUI Philippe Pochet a rilanciare in
modo non banale la discussione rallegrandosi, da un lato, per la
vittoria di Obama, ma domandandosi allo stesso tempo come fosse
possibile che un multimiliardario come Mitt Romney, che aveva
dichiarato in campagna elettorale di disinteressarsi totalmente del 30%
più povero dell’elettorato, avesse comunque ottenuto un consenso
così ampio.
“Se come è vero – ha continuato Pochet – che laddove abbiamo più
iscritti come sindacato le disuguaglianze sono inferiori, come possiamo
impegnarci con maggiore incisività per aggredire l’attuale crescita
delle iniquità sociali?”
Pochet ha ricordato il problema del controllo dei media da parte dei
poteri dominanti e dell’attacco di molti governi (spesso di solidarietà
nazionale) ai diritti sindacali, suggerendo ai presenti la consultazione
attenta di un sito internet molto utile: www.equalitytrust.org.uk
Ma la domanda finale è quella più incisiva: come sindacato
difendiamo gli insiders o gli outsiders?
E’ cambiato il profilo dell’iscritto al sindacato – ha chiuso Pochet - è
vero ora i nostri iscritti sono collocati lievemente al sopra il livello medio
dei redditi.” Riflettiamoci.
Ad affrontare i temi più strettamente formativi è stato Michelle Agostini
componente del comitato pedagogico dell’ETUI che ha sviluppato il
concetto di una formazione sindacale come veicolo di identità e
fondamento della lotta contro le ineguaglianze.
La questione di fondo a livello continentale è: bisogna costruire o
rifondare un’identità sindacale europea?
Come l’Unione Europea deve costruire una piena cittadinanza
europea così il sindacato europeo deve costruire una piena identità
sindacale europea.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
L’azione deve costruire ponti comuni superando le innegabili difficoltà
con il dialogo e le mediazioni.
L’identità sindacale europea non deve essere vista in competizione
con la propria appartenenza sindacale nazionale, ma considerata
come un elemento fondamentale e accrescitivo.
Ma che posto accordare alla formazione in questa costruzione
identitaria?
L’identità ha sottolineato Agostini va considerata come un costante
divenire (ciò che ereditiamo, ciò che acquisiamo, ciò che
tramandiamo) ed è una delle due principali funzioni della formazione
sindacale insieme all’acquisizione delle competenze.
La formazione sindacale ha quindi una dimensione cognitiva, affettiva
e socio professionale.
Bisogna essere disponibili al cambiamento e la qualità del
cambiamento
dipende
dalla
coerenza
dei
dispositivi
di
accompagnamento e dalla forza di attrazione del progetto identitario
verso il quale tendere.
Perché il tutto funzioni è necessaria una triplice coerenza tra sindacato
europeo, organizzazione sindacale nazionale di appartenenza e
progetto personale.
“Come non porci, ha concluso Agostini, il tema dell’attrattività
sindacale europea in un contesto di crisi, di desindacalizzazione e di
problematiche di crescita degli egoismi nazionali, etnici e religiosi?
Il Meeting di Zagabria è occasione per lavorare tutti nella stessa
direzione, per portare la riflessione sulla formazione al cuore della
decisione politica in un’ottica di promozione dell’attività di formazione
e life long learning europeo non solo nella società, ma anche tra i
sindacati, essi stessi attori sociali”. L’intervento del segretario
confederale Ces, con delega alla formazione, Luca Visentini si è
concentrato sull’analisi sbagliata della crisi da parte dell’Unione
Europea. Siamo – per Visentini - prigionieri dell’austerità ideologica: il
modello sociale europeo è sotto attacco. Un ulteriore problema è
rappresentato dall’approccio nazionalistico dei paesi dell’Ue che crea
o rafforza sentimenti antieuropeistici. Il Life long learning è importante,
ma non sufficiente. Di fronte al Fiscal Compact proposto dall’Ue, la Ces
ha lanciato la mobilitazione per il “Social Compact for Europe”.
La manifestazione europea del 14 novembre e la mobilitazione
permanente sono state basate su una precisa piattaforma tradotta in
tutte le lingue dell’Unione. Per quel che riguarda la formazione Visentini
ha ammesso ritardi sul riconoscimento delle competenze in molti paesi
europei mentre è un grave problema la volontà di molti paesi di ridurre
il budget dell’Ue ed in particolare del Fondo Sociale Europeo, in vista
della programmazione 2014-2020.
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Le proposte della Ces verranno riassunte in paper che verrà tradotto in
22 lingue. Secondo il giovane segretario della Ces sono stati buttati via
decenni di crescita economica durante i quali non si è lavorato per
ridurre disuguaglianze e si è creato solo posti di lavoro precari senza
valorizzare il capitale umano.
Non si è poi imparato dal fallimento della Strategia di Lisbona nella
preparazione della Strategia Eu 2020: politiche attive, formazione, lll,
non bastano se non si crea occupazione. Bisogna, per la Ces,
rafforzare le politiche di investimento industriale e la creazione di posti
di lavoro nei nuovi settori.
7 novembre pomeriggio: “training across Europe”
I lavori del pomeriggio si sono concentrati sulle esperienze di
formazione per i lavoratori e i sindacalisti nei paesi dell’Unione.
Sono state esposte buone prassi interessanti: il rafforzamento del
congedo di formazione stipendiato per i lavoratori in Austria e la
strategia per la formazione sindacale della Cfdt in Francia (quattro
assi: sostegno all’azione contrattuale, ampia partecipazione degli
iscritti, rafforzamento delle competenze, trasmissione di identità di
organizzazione).
In particolare la Cfdt ha esposto sei esempi di iniziative contro le
diseguaglianze (contratto generazionale, “messa in sicurezza” dei
percorsi professionali, attività formative per i giovani sindacalisti, etc.).
Problematico è stato l’intervento congiunto dei sindacati belgi (Dgb,
Fgtb): in quel contesto il finanziamento della formazione dei sindacati è
molto legato a risorse pubbliche e il sistema è a rischio: le forze
conservatrici e le imprese intendono ridurre il budget destinato ai
sindacati. Per la prima volta stanno diminuendo i partecipanti ai corsi e
non si riesce a formare adeguatamente i nuovi rappresentanti dei
lavoratori nelle aziende.
In Belgio è partito un programma di formazione sui problemi dei
“lavoratori poveri”mentre è sempre più avvertita la necessità di
spiegare meccanismi e dinamiche della crisi economica e finanziaria.
Un focus è stato dedicato al riconoscimento delle competenze.
Un’ultima interessante relazione è stata dedicato al centro
internazionale di formazione dell’Ilo a Torino per cui si rimanda
all’esauriente sito: www.itcilo.org.
Nei lavori di gruppo si è poi discusso della possibile contrapposizione fra
lavoratori nella crisi, dei budget per la formazione sindacale, dello
sviluppo del populismo e dell’estrema destra in Europa e della
necessità di maggiori scambi tra i formatori nazionali per discutere e
migliorare strumenti e metodologie.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
8 novembre mattino: “riflessione interna”
La mattinata dell’8 novembre è stata principalmente destinata alle
questioni interne dell’ETUI.
Il direttore generale Pochet ha riconosciuto l’esistenza di criticità
nell’attività di comunicazione e ha ricordato la recente
riorganizzazione del dipartimento ricerca (78 ricercatori – a fronte ndr –
di 6 formatori…).
Per Pochet l’Etui dovrà in futuro concentrarsi maggiormente su alcune
priorità fondamentali e passare dalla “raccolta delle idee” alla
“narrazione delle stesse”.
Sono poi necessarie sinergie maggiori tra ETUC (Ces) ed ETUI in un
momento che – ha riconosciuto Pochet – vede delle difficoltà anche
nel rapporto tra confederazione europea e sindacati nazionali.
Ulisse Garrido ha fornito una valutazione positiva del lavoro svolto –
nell’ambito formativo – dall’Etui negli ultimi 4 anni, ma ha ricordato la
criticità dell’esistenza di organizzazioni appartenenti alla Ces che ormai
non svolgono formazione a livello nazionale.
Da parte dell’Etui va migliorata l’analisi dei fabbisogni mentre sono
troppo scarsi i contatti con i leader politici delle organizzazioni.
Le attività formative dell’Etui sono state estese e innovate, ma vanno
rafforzati i meccanismi partecipativi anche utilizzando al meglio le
esperienze dei partecipanti ai corsi.
Sono in corso di rinnovamento anche le tecniche formative mentre si
stanno attivando nuove tecnologie per la formazione degli adulti (corsi
on line, social network, etc.)
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Le priorità dell’Etui devono essere le stesse dell’Etuc, in coerenza con il
congresso di Atene (quello che ha dato vita all’istituto…); è necessario
costruire un programma partecipativo e insieme strategico, prodotto
di un’organizzazione che “apprende e trasmette”.
Garrido ha poi ricordato le attività principali svolte e in programma per
il 2013: da quelle per i giovani leaders sindacali, ai corsi per gli
eurotrainers, alla formazione per i membri dei comitati aziendali
europei, ai corsi di lingua.
Un punto debole riconosciuto è legato alle scarse sinergie con le
federazioni europee (totalmente assenti a Zagabria ndr) mentre
occorrerà lavorare di più sui contenuti del Social Compact promosso
dall’Etuc.
Sul piano dei costi è stato confermato un assestarsi dei corsi sui 60 euro
al giorno per partecipante mentre è introdotta una nuova soglia
agevolata (per i paesi a più basso reddito): oltre a quella del 25% una
più onerosa del 40% sui costi pieni.
Da un punto di vista formativo Garrido ha proposto una dicotomia
rispetto ad una formazione additiva (progressivamente da
abbandonare) e una formazione trasformativa (da raggiungere, sul
modello proposto dalla Laval University).
Ha insistito sulla dimensione europea non solo dei partecipanti ai corsi
Etui, ma anche dei programmi mentre ha promesso un rafforzamento
dell’attività dell’Etui (in partnership con Tuc) per la certificazione delle
competenze sindacali.
Altri temi affrontati: la promozione di un network delle scuole sindacali
europee e l’accoglienza da parte di Etui di stagisti (tre mesi di attività)
inviati dalle organizzazioni appartenenti alla Ces.
Ha infine preso impegno per una maggiore visibilità (e presa in
considerazione) delle attività formative all’interno dell’Etui.
8 novembre pomeriggio: ancora “training across Europe”
Nel pomeriggio si è continuata una riflessione sulle esperienze nazionali
di formazione sindacale.
Se il rappresentante sindacale finlandese ha riconosciuto lo scarso
interesse di quadri e impiegati rispetto alla dimensione internazionale, il
sindacato polacco OPZZ ha illustrato un positivo utilizzo delle risorse FSE
per rafforzare contenuti ed estensione della formazione sindacale nel
paese.
Di grande interesse è poi l’esperienza inglese del TUC (si rimanda alla
sezione formazione del sito www.tuc.org.uk)
Il Tuc ha tuttora un imponente struttura formativa finanziata da fondi
statali nella quale sta cercando di aumentare i contenuti europei
all’interno dei programmi di formazione nazionali.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
Si tratta di circa 50.000 corsisti all’anni formati attraverso una
partnership con oltre 60 college e università oltre a circa 250 formatori
e tutor cui il TUC ha riservato un sito apposito.
Oltre a una proficua collaborazione con ETUI rispetto alla formazione
degli Eurotrainers va ricordato il sistema di riconoscimento delle
competenze che TUC sta cercando di trasmettere alla struttura
europea.
Per quel che riguarda Comiciones Obreras l’esposizione delle attività si
è concentrata sul progetto di conoscenza diffusa che ha riguardato
migliaia di delegati e iscritti in tutta la Spagna mentre si è sottolineato
l’interesse di CCOO per un network tra i centri e le scuole sindacali
europee.
L’ICTU (sindacato irlandese) ha invece illustrato in particolare l’azione
formativa per il supporto e il rafforzamento dei networks delle “donne
nel sindacato”, la CGT ha esposto il proprio programma di formazione
europea dei massimi dirigenti dell’organizzazione, i sindacati ciprioti un
progetto sul benessere nei posti di lavoro.
Interessante il progetto del sindacato svedese sull’analisi dei progetti
relativi al FSE presentati dai sindacati che ne enuclea i punti di forza e i
punti di debolezza con performance medie di successo, ahimè inferiori
alla media.
Si è passati poi ai progetti e alle attività strutturate di Etui (relazioni di
Gabriela Portela e Silvana Pennella).
In particolare Etui ha rinnovato profondamente la formazione degli
eurotrainers (i formatori europei) e sta continuando a portare avanti il
servizio “Set up” per favorire la partecipazione sindacale ai bandi della
Commissioni e facilitare i partenariati.
9 novembre: “progettando il futuro”
Ecco i temi all’ordine del giorno nella sessione conclusiva.
Richiesta dei partecipanti di una maggiore partecipazione per la
programmazione delle attività 2013 e impegno per un reciproco
maggiore riconoscimento con le strutture nazionali.
Sono stati presentati un report sulla formazione svolta dall’Etui per i
rappresentanti dei Cae, il portale di ricerca sindacale “The Global
Union Research Network” (www.gurn.info) e l’attività di formazione
sindacale del Perc (sezione europea del sindacato mondiale).
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“L’odissea dei salvaguardati: quarta puntata”
di Valeria Picchio
Con il disegno di legge stabilità approvato con mozione di fiducia alla
Camera dei Deputati lo scorso 22 novembre, si è aggiunta una nuova
puntata all’odissea dei lavoratori che potranno evitare di cadere nelle
maglie dei requisiti pensionistici previsti dalla riforma introdotta dalla
legge 214/2011. In Informando abbiamo più volto affrontato questo
tema sotto vari profili. Questa volta ci limiteremo a fornire
l’aggiornamento rispetto quanto prevede l’articolo 2 comma 16 e
seguenti del DDL 5534-bis-A ora all’esame del Senato. Quest’ultimo
provvedimento, che amplia ulteriormente la platea dei salvaguardati,
prevede che potranno accedere al pensionamento con le norme
precedenti l’art. 24 del decreto legge 201/2011 convertito in legge
214/2011, i lavoratori che raggiungono i vecchi requisiti dopo il
31/12/2011 i quali:
a) siano cessati dal lavoro entro il 30/9/2012 e siano stati collocati in
mobilità ordinaria o in deroga a seguito di accordi governativi o non
governativi stipulati entro il 31/12/2011 e che abbiano raggiunto i requisiti
pensionistici entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità di cui
all’articolo 7 commi 1 e 2 legge 233/1991 ovvero durante il periodo di
godimento dell’indennità di mobilità in deroga e, in ogni caso, entro il
31/12/2014;
b) siano stati autorizzati ai versamenti volontari entro il 4/12/2011 con
almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6/12/2011,
ancorché abbiano svolto successivamente al 4/12/2011 qualsiasi attività
non riconducibile al lavoro dipendente a tempo indeterminato dopo
l’autorizzazione ai versamenti volontari, a condizione che tale attività non
abbia determinato un reddito superire a 7.500 € e che raggiungano la
decorrenza della pensione entro il 6/12/2014;
c) abbiano risolto il rapporto di lavoro entro il 30/6/2012 in ragione di
accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412
c.p.c. ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo
stipulati dalle OO.SS. entro il 31/12/2011 ancorché abbiano svolto, dopo la
cessazione, qualsiasi attività non riconducibile al lavoro dipendente a
tempo indeterminato a condizione che non abbia determinato un
reddito superire a 7.500 € e che raggiungano la decorrenza della
pensione entro il 6/12/2014;
d) siano stati autorizzati ai versamenti volontari entro il 4/12/2011 e
collocati in mobilità ordinaria alla stessa data i quali, poiché fruitori della
mobilità per chiedere l’autorizzazione ai versamenti volontari devono
attendere il termine dell’erogazione dell’indennità, a condizione che
perfezionino il diritto alla decorrenza della pensione entro il 6/12/2014.
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
Con decreto del Ministero del lavoro da emanarsi entro il 1 marzo 2013
dovranno essere definite le modalità di attuazione di queste
disposizioni.
L’INPS provvederà al monitoraggio delle domande di pensione dei
lavoratori che intendono avvalersi dei pregressi requisiti di accesso alla
pensione e delle decorrenze sulla base della data di cessazione del
rapporto di lavoro. Il beneficio è vincolato ad un determinato
stanziamento finanziario annuale secondo la seguente ripartizione:
2013 – 64 mln €
2014 – 134 mln €
2015 – 135 mln €
2016 – 107 mln €
2017 – 46 mln €
2018 – 30 mln €
2019 – 28 mln €
2020 – 10 mln €
Per finanziare i provvedimenti destinati ai lavoratori salvaguardati
dall’applicazione dell’ultima riforma pensionistica, viene istituito presso
il Ministero del lavoro un apposito fondo con una dotazione iniziale di
36 milioni di euro per il 2013, le cui modalità di funzionamento saranno
stabilite con DPCM di concerto con il Ministro del Lavoro e
dell’Economia.
In tale fondo confluiranno anche le risorse derivanti dalle eventuali
economie di carattere pluriennale che vengano accertate a seguito
del monitoraggio sull’attuazione dei decreti relativi alle precedenti
salvaguardie (decreto ministeriale 1/6/2012 e decreto ministeriale
5/10/2012 in attesa di pubblicazione in GU) rispetto agli oneri già
programmati.
Il reperimento delle risorse è determinato anche dal blocco della
perequazione, per l’anno 2014, sulle fasce di importo delle pensioni
superiori a 6 volte il trattamento minimo e sui vitalizi percepiti da coloro
che hanno ricoperto o ricoprono cariche elettive regionali o nazionali.
Tuttavia, entro il 30/9/2013 il Governo provvede, sulla base dei dati
forniti dall’INPS, a monitorare l’esito, anche finanziario, dell’attuazione
delle disposizioni precedenti e quindi nel caso in cui risulti la
disponibilità di risorse continuative dall’anno 2014 verrà riconosciuta, in
tutto o in parte, la rivalutazione automatica a questi trattamenti.
Infine, ogni 6 mesi a partire dal 1/1/2013 il Governo verificherà la
situazione dei lavoratori salvaguardati per individuare idonee misure di
tutela compresi gli strumenti delle politiche attive del lavoro.
IN-FORMANDO
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Riassunto delle puntate precedenti in pillole
Puntata n. 1
Puntata n. 2
Puntata n. 3
Puntata n. 4
Deroghe ai
requisiti
pensionistici
dell’art. 24 legge
214/2011
previste dal
comma 14 art.
24 (a
determinate
condizioni:
lavoratori in
mobilità
ordinaria e
lunga, autorizzati
ai versamenti
volontari, fondi
solidarietà,
esonerati nel
pubblico
impiego)
Modifiche al
comma 14 art.
24 della legge
214/2011 e altre
integrazioni per
effetto del
decreto mille
proroghe n.
216/2012
convertito in
legge 14/2012
(sono inseriti a
determinate
condizioni gli
“esodati” e
genitori figli
disabili gravi)
Ampliamento
della platea
precedente con
articolo 22
decreto
spending review
n. 95/2012
convertito in
legge 135/2012.
Art. 2 commi da
16 a 22 DDL
stabilità 5534-bisA. Ulteriore
ampliamento
della platea
precedente
rispetto ad
accordi di
mobilità non
governativi e in
deroga e
cessazione entro
il 30/9/2012, non
rilevanza
dell’attività
lavorativa a
termine
successiva ai VV
o all’esodo entro
il limite di 7.500 €.
Decreto Min. Lavoro 1/6/2012
pubblicato in GU 24/7/2012 n. 171
Decreto Min.
Lavoro 5/10/2012
non ancora
pubblicato in GU
Decreto Min.
Lavoro da
emanarsi entro il
1/3/2013
65.000 interessati
55.000 interessati
10.130
interessati circa
E’ in corso la definizione della
“classifica” dei salvaguardati in
base alla data di cessazione del
rapporto di lavoro
Dovrà essere
stilata la
“classifica” dei
salvaguardati in
base alla data di
cessazione del
rapporto di
lavoro
Dovrà essere
stilata la
“classifica” dei
salvaguardati in
base alla data di
cessazione del
rapporto di
lavoro
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
In Pillole
Formazione
Seconda sessione Camposcuola Cisl 2012: Centro Studi Cisl di Firenze,
dal 10 al 14 Dicembre 2012.
La partecipazione, a questa seconda sessione del Campscuola 2012, è
esclusivamente rivolta a coloro che hanno preso parte alla prima
sessione di giugno 2012.
Le tematiche che verranno affrontate nelle sessioni di studio
spazieranno dalla formazione alla bilateralità, dalla contrattazione e
sviluppo territoriale ai fondi interprofessionali.
Aggiornamento per i Nuovi Formatori Sindacalisti: Centro Studi Cisl di
Firenze, dal 9 all’11 gennaio 2013.
Il percorso è riservato ai soli partecipanti alla Ia edizione del percorso
Nuovi Formatori Sindacalisti svoltosi nel 2011.
Il percorso Intende realizzare un breve aggiornamento formatori che
ha l’obiettivo di approfondire i temi legati ai cambiamenti
organizzativi, visti in una prospettiva di sviluppo delle competenze
distintive che devono caratterizzare l’agire sindacale nei nuovi contesti
organizzativi.
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Bollettino n.13