A L C U N I A SPE T T I D E L L O SV IL U PP O D E L SIST E M A
FO N O L O G IC O IT A L IA N O
In Italia non esiste una nonna di pronuncia che sia diventata indicativa
per tutti i parlanti della lingua italiana, e non esiste italiano che parli
senza qualche venatura regionale. G. Tornasi di Lampedusa
descrivendo il protagonista femminile assoluto del romanzo „I1
Gattopardo” parla così di Angelica: „La voce era bella, bassa di tono,
un po’ troppo sorvegliata forse; il collegio fiorentino aveva cancellato
10 strascichio dell’ accento girgentano; di siciliano, nelle parole,
rimaneva soltanto l’aprezza delle consonanti che del resto armonizzava
benissimo con la sua venustà chiara ma greve.” (G. T. di Lampedusa,
11 Gattopardo, Feltrinelli, MI, 1958, p.53.)
Negli ultimi anni si nota un’affermarsi (da molti disapprovato)
delle pronunce regionali. „Parlanti” professionisti (annunciatori, attori,
radiocronisti, telecronisti, politici ecc.) che nel dopoguerra erano
costretti ad imparare una pronuncia „standard”, e che nascondevano
comunque il loro accento originale perché veniva considerato
provinciale, oggi lo fanno sempre meno. Viene accettato il fatto che la
TV statale diventi sempre più romanesca, quella di Berlusconi sempre
più milanese. Nemmeno Cossiga sarebbe stato veramente Cossiga
senza la sua cadenza sarda e, del fascino di Benigni o di Abatantuono
o Dalla, fa parte integrante il loro modo di parlare l’italiano.
Comunque le varianti dell’italiano dal punto di vista fonologico sono
numerose, per adesso si cerca di toccare quei mutamenti rispetto alla
pronuncia standard che sembrano avere una validità generale.
1. Le vocali e, o chiuse e aperte
11 suono aperto o chiuso della e e della o si differenzia nella lingua
parlata di alcune regioni, a causa delle inflessioni dialettali. Viene
considerata esatta la pronuncia usata nell’Italia centrale (Toscana,
Umbria, Marche, Lazio). Risulta problematico, anzi, si nota un
fenomeno di neutralizzazione dell’ opposizione tra queste vocali aperte
e chiuse nelle altre zone del f>aese anche nell’uso delle persone colte
(in Piemonte diranno vérde al posto di vérde, signóre al posto di
signóre, in Lombardia diranno biciclétta al posto di biciclétta, dòpo al
posto di dòpo, in Sicilia Palérmo al posto di Paièrmo, rifórma al posto
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di rifórma ecc.) Questo processo di neutralizzazione è causato dal fatto
che:
- manca una distinzione grafica (praticamente sia il fonema aperto, sia
quello chiuso vengono segnati dallo stesso grafema e, anche nei casi in
cui ci sarebbe la possibilità di distinzione grafica (v. le parole
accentate) si nota sempre di più l’uso uniforme dell’accento grave
(accettato ormai nella scrittura a mano) presente anche nei testi
stampati „Finchè c’è ENI, ci sarà energia.” (Panorama, 13-12-1990 p.
11) „ln regalo la cassetta con le pili belle canzoni delle vacanze”
(Oggi, 31-06-1991 copertina) „Piii procedevo nella lettura del libro,
più mi sentivo invadere da una strana impressione: pur essendo
innegabile l’intelligenza del critico e del commentatore, da ogni pezzo
si traggono molte idee s/', ma confuse.” (Panorama, 22-04-1990 p. 24)
„I1 celebre scienziato restava malissimo e fin/ per mordersi la lingua
...” (Achille Campanile, Vite degli uomini illustri, Rizzoli, MI, 1975,
p. 30).
„Osvaldo raccontò agli scienziati le 165 virt» della banana Strana, così
come gli erano state tramandate dagli antenati.” (Stefano Benni,
Stranalandia, Feltrinelli, MI, 1984, p. 76).
- sia dal Nord, sia dal Sud arrivano correnti forti di uso difforme;
- sono pochissimi i casi quando l’opposizione di grado di apertura fra
due vocali cambia il significato di una parola (v. le parole omografe;
pèsca-pésca, vènti-vénti, affètto-affètto, accétta-accétta, còlto-cólto,
bòtte-bótte, tè-té ecc.) e, a dire la verità, sarebbe proprio difficile
immaginare un contesto in cui possano creare confusione nella
comprensione;
- non esiste una regola alla portata di tutti (ovvero ci sono troppe
regole) per risolvere i problemi che possono sorgere sulla giusta
pronuncia di queste due vocali.
Comun
que non si considera più errata la pronuncia
neutralizzata della e e della o.
2. La s sorda e sonora
In posizione intervocalica la giusta pronuncia della s per la
maggioranza degli italiani è problematica. Anche in questo caso la
mancanza della distinzione grafica e di criteri logici costringerebbe
praticamente a imparare a memoria le singole parole con la s sonora
(daso, viso, rosa ecc.) e con la s sorda (così, cosa, naso ecc.). Nelle
regioni settentrionali notiamo una sonorizzazione della s che prevale,
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mentre a Roma e nel Sud è costante la pronuncia sorda. Si nota una
certa preferenza per la pronuncia settentrionale, .vale a dire sonora
generalizzata certamente per ragioni extralinguistiche.
3. Il dittongo mobile
Secondo la regola i dittonghi -ie- e -uo- dovrebbero perdere la
semiconsonante quando l’accento viene spostato su un’altra sillaba e
dovrebbero ridursi in -e- o in -o-. Nella realtà ciò non avviene sempre.
Oltre i casi della conservazione del dittongo:
- quando la caduta dell’accento è solo teorico (v. le parole composte e
gli avverbi in - mente che praticamente hanno due accenti);
- quando la perdita della semiconsonante causerebbe analogie con altre
parole (v. votavo-vuotavo, piedone-pedone, notavo-nuotavo ecc.);
- quando la parola-base ha un influsso determinante (v. fieno-fienile,
fiero-fierezza ecc.).
Per molti verbi si ha la forma generalizzata con il dittongo (v.
muovere, suonare, lievitare ecc.), per altri invece si è affermata la
forma senza dittongo (v. arrotare, giocare), (ancora: „... ci siamo messi
a giuocare...". Moravia, Racconti, p. 181, - edizione su licenza
dell’editore Bompiani del 1952.)
4. La -d eufonica
Alla preposizione a e alle congiunzioni e, o davanti alle parole con una
vocale iniziale si aggiungeva sempre una d. Oggi la forma od è
praticamente scomparsa e l’uso delle forme ad, ed è limitato; si
adoperano solo quando sono seguite dalle vocali uguali. Anzi, Mauro
Magni consiglia di star attenti ai casi quando l’uso della -d eufonica
può causare confusione citando l’esempio dell’incontro di parole
organizzazioni ed enti” che spesso si sente dire anche alla radio, però
„i dentisti non c’entrano!”. Meglio -secondo Magni- una breve pausa
dopo la e. (1)
Già nell’800 abbiamo testimonianze del cambiamento dell’uso;
secondo Tagliavini, Manzoni per l’edizione del 1840 dei Promessi
sposi cancellò quasi tutte le d eufoniche perfino quelle davanti alla
(1)
Mauro Magni, 4000 errori d'italiano, De Vecchi, Milano, 1990, pp. 149-150
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stessa vocale della congiunzione/preposizione (andate ad aspettare;
andate a aspettare, inclinato ad aiutarvi; inclinato a aiutarvi ecc.)
Oggi sia nella stampa che nella letteratura troviamo
numerosissimi esempi della regola già affermata.
„Così in un’Italia che si avvia a unificare le lingue della pittura in
chiave tosco-romana...,, (Panorama, 22-04-1990 p. 15.) „Ancora oggi
non tutti sono disponibili ad accettare il suo stile...”
„A Reggio Emilia la compagnia terrà una „classe aperta” e /nfine il 26
aprile insieme a Leonetta Bentivoglio, Cunningham parlerà del
rapporto fra danza e le altre arti.” (Panorama 22-04-1990 p. 17.)
„... ed è di recente apparso, Una intuizione metropolitana ancora di un
giovane, Dario Voltolini...” (Panorama, 22-04-1990 p. 23) „Nasce ed è
leggenda.,, (Panorama, 17-09-1989 p. 165)
„E /l giallo è apparso sempre più intricato.” (Oggi, 31-06-1991 p. 14.)
„... obbligandomi poi a rifare la pulizie e a mettere ogni cosa a posto.”
(Tomizza, La miglior vita, Rizzoli, MI, 1979, p. 136)
„Misurava sessanta centimetri di lunghezza ed era intatta in ogni sua
parte:...” (Benni, Stranalandia, p. 6)
„Devo stare attento a ogni gesto,...” (P. F. Campanile, Per amore, solo
per amore, Bompiani, MI, 1983. p. 55)
„Per esempio un amico diceva ad Alessandro:...” (Campanile, Vite
degli Uomini Illustri p. 133.)
5. La i- eufonica (ovvero prostetica)
La i posta davanti alle parole che cominciano con la combinazione
delle consonanti s più una o due altre consonanti dopo una parola che
finisce in consonante è di uso raro (v. in iscuola, per isbaglio, in
Ispagna, in istrada ecc.), mentre prima era di norma.
„LUDOVICO. No, ecco, che s’avvili... per istrada... come una
mendicante...” (L. Pirandello, Vestire gli ignudi, Mondadori, MI.
1942, p. 257)
La incontriamo solo in alcune forme stabilizzate (v. in /scritto).
La pronuncia dei nessi consonantici complessi comincia a non
essere problematica grazie a un numero notevole di forestierismi
(prima di tutto anglicismi) inizianti con la suddetta combinazione di
consonanti: slang, slip, slogan, smog, snob, staff, sport, spot, sponsor,
stress strip ecc. ma, incontriamo non poche parole italiane composte in
cui è presente la s impura (instabile, inspiegabile, perspicuo ecc.). •
Oltre a questi fattori è indiscutibile che abbia contribuito al processo
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della scomparsa della / - prostetica anche una maggiore coscienza
dell ’autonomia delie parole.
6. 11 raddoppiamento fonosintattico
Aldo Gabrielli nel 1969 consigliava ancora di imparare ed esercitare i
casi canonici del raddoppiamento sintattico per „acquistare la corretta
pronunzia italiana”. (2)
Oggi il raddoppiamento fonosintattico si presta a molti dubbi e
incertezze perché:
- in parecchie regioni italiane tutte le consonanti lunghe vengono
pronunciate corte (v. regioni settentrionali),
- l’ortografia moderna tiene conto del suddetto fenomeno soltanto
quando le due parole si scrivono insieme (v. i composti soprattutto,
co/7/raffare, frapporre, cosiddetto, chissà, evviva, lassù ecc.)
(nell’edizione del ’42 dei drammi di Pirandello troviamo ancora:
„SQUATRIGL1A: Ecco, più calmo, sissignora...” Tutto il teatro di
Pirandello, VII. p. 2275),
- nell’Italia centro-meridionale, dove il raddoppiamento fonosintattico
è un fenomeno tipico, non avviene dopo le parole, da dove e ma
(esclusa naturalmente la Toscana).
Così oramai vengono considerate toscanismi le pronunce del
tipo ”da pparte mia”, „da ddove”, „da ffare” ecc.
7. L ’elisione e troncamento
Nel parlato - per la facilitazione fonica e la velocità del discorso - li
incontriamo ancora, però nella lingua scritta vengono usati sempre più
di rado (a parte la poesia, s’intende). Nello scritto prevale il rispetto
dell’autonomia e dell’integrità delle parole e stanno aumentando i casi
quando l’elisione e troncamento sono sconsigliati:
- l’elisione è da evitare nel caso di ci e gli (per ragioni grafiche;
c’aspettano si leggerebbe caspettano, gl’ho dato si leggerebbe glodato,
„Scusami, non c ’ho fatto caso”. L. Cardella, Volevo i pantaloni, p.
43), -l’elisione è da evitare quando potrebbe causare confusione per
ragioni sintattiche (v. d ’ normalmente è la forma elisa della
preposizione di, non è giusto usarla come forma elisa della
preposizione da, se non in locuzioni abbastanza cristallizzate come
d ’altra parte, d ’ora in poi ecc.),___________________________________
(2)
Aldo Gabrielli, Si dico o non si dice? Mondandol i, Milano 1969, pp. 136-137
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-il troncamento è da evitare quando la desinenza ha una funzione
grammaticale
tipica, significante. (Non è da troncare per
esempio l’imperativo del verbo, viene sconsigliato il troncamento della
-o, indicativo, presente, prima persona singolare al di fuori la forma
son del verbo essere)
„Son cose che si dicono.” (Moravia, Racconti, p. 226)
„E poi i poeti son gente capricciosa.” (Campanile, Vite degli Uomini
Illustri, p. 62)
- è da evitare il troncamento quando fra le due parole non esiste un
nesso sintattico stretto (v. il vocativo nel caso del signore, del dottore,
del professore ecc.):
„Niente, signor professore, ...” (Campanile, Vite degli Uomini Illustri
p. 13.)
„Moglie: ^Dottore, gli prescriva un autore che non gli faccia male.”
(Campanile, Vite degli Uomini Illustri, p. 97.)
(ma: „Egregio dottor Brera, chi le scrive è uno che non ha mai
sopportato il calcio italiano...” (la Repubblica, 28-12-1990 p. 32)
Per quello che riguarda l’elisione dell’articolo determinativo
plurale maschile gli davanti ai nomi che cominciano con la i („...al
tempo di Ferdinando IV quando c’erano qui g/7nglesi.” di
Lampedusa, Il Gattopardo, p. 77) è sempre meno frequente; l’uso
preferisce la forma intera anche in questi casi.
„Gli /mpegni calcistici e pubblicitari lo hanno allontanato sempre più
dalla famiglia,...” (Il Venerdì di Repubblica, 26-06-1991, p. 25)
„...il mondo sembra più ristretto nel primo mattino, meno gravosi
riescono gli /mpegni che ci attendono”. (Tomizza, La miglior vita, p.
179.)
Gli indifferenti, Moravia
Comunque testi con tantissimi troncamenti ed elisioni oggi
sembrerebbero affettati o arcaizzanti.
Una parentesi
In quanto alla pronuncia dei forestierismi - di cui l’italiano è
ricchissimo - e specialmente quella degli anglicismi, la maggioranza
degli italiani la fa secondo le regole della corrispondenza grafemafonema della propria lingua (si hanno così le forme ogni tanto buffe di
trust, flirt, Colgate, ecc.). Negli ultimi anni si sta diffondendo anche la
tendenza di cercare di imitare la pronuncia originale (con più o meno
successo) - certamente per l’effetto della proliferazione dello studio
della lingua inglese in Italia, e perché la maggioranza degli anglicismi
-
Ili
-
recenti sono giunti attraverso la lingua parlata. Ma non è da negare
nemmeno il fattore dello snobismo. Questa nuova „moda” ha anche dei
risultati aneddotici:
„Un onorevole interviene nell’aula di Montecitorio:
- Seguiremo attentamente ì ’aiter della legge - dice pronunciando
all’inglese la parola latina iter.
Un collega si accorge della gaffe e prontamente lo corregge,
inciampando a sua volta:
- Onorevole, il suo è un ìepsas -, altra parola latina (lapsus) pronciata
all’inglese”. (3)
Bibliografia
FIORELL1 P.: Corso di pronunzia italiana, Radar, Padova, 1964
GABRIELLI A.: Si dice o non si dice?, Mondadori, Milano
LEVI E. - DOSI, A.: I dubbi della grammatica, TEA, Milano, 1991
Dove va la lingua italiana?, a cura di J. Jakobelli, Laterza, Roma-Bari,
1987
SATTA L.: Bada come parli (e come scrivi), Poligrafici, Bologna,
1986.
SATTA L.: C om esi dice, Sansoni, Firenze, 1968.
MAGNI M.: 4000-errori d ’italiano, De Vecchi, Milano, 1990
Scuola Superiore di Pedagogia
’Bessenyei Gyòrgy” di Nyiregyhàza
HEGYI ÀGOTA
(3)
In Panorama, 12-08-1990, p. 48.
- 112-
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Alcuni aspetti dello sviluppo del sistema fonologico italiano