articoli
La responsabilità di un rinvio (De Lorenzis)
La materia giuslavoristica è del consulente (Buscema)
I liberi professionisti vogliono rappresentanza (Buonocore)
Riallineamento retributivo e contributivo/1 (Balzano)
Contributo soggettivo Enpacl entro il 15 aprile
Agevolazioni ex L. 407/90 alle cooperative (La Costa)
Convegno sugli spezzoni contributivi (Campilii)
rubriche
Week Work (Studio associato Paoli)
Fisco in pillole (agevolazioni agli investimenti, ddt, cessioni gratuite)
Storie di lavoro (Paoli)
CONVEGNI
❑
A Firenze il 7 aprile
(a pag. 235)
❑
A Torino il 9 aprile
(a pag. 234)
❑
A Parma il 10 aprile
(a pag. 242)
❑
A Firenze il 15 aprile
(a pag. 235)
❑
A Bergamo il 15 aprile (v. n. 10/99)
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Successo della manifestazione
a Venezia
(Forcolin a pag. 232)
3° Congresso Nazionale
Sorrento 28, 29, 30 aprile
(a pag. 231)
Elezioni Enpacl
La responsabilità di un rinvio
C
ome già saprete le elezioni del Consiglio di amministrazione dell’Enpacl,
che dovevano tenersi il 26.3.99,
sono state rinviate alla data che
deciderà il vecchio Cda, presumibilmente il giorno 23 aprile 1999.
Non è mia abitudine rivangare fatti accaduti alla ricerca del
colpevole ma poiché mi sono
reso conto che in occasione di
queste elezioni sono state raccontate, ad arte, una serie di
menzogne desidero far conoscere quanto realmente successo ad
evitare che la costante campagna diffamatoria finisca con l’attribuire all’Ancl responsabilità
che non ha.
Sarebbe facile dire che si è
trattato di un errore del Comitato
elettorale, ma è troppo semplice
prendersela con quei colleghi che
hanno accettato il gravoso compito di far parte del Comitato elettorale e che, nella confusione del
momento, hanno sbagliato, “in vigilando” e trascurare, invece, le responsabilità “politiche” di chi ha
contribuito a creare i presupposti
perché avvenisse l’errore e di chi
lo ha materialmente commesso.
L’assemblea dei delegati era
presieduta dal collega Oreste Bertucci, in qualità di delegato anziano.
Ma il collega, in tutti questi
anni, non ha mai trovato il tempo di studiare il regolamento e
così, anziché lasciare al Comitato
elettorale il compito di valutare e
proporre i limiti temporali per la
raccolta delle presentazioni di li-
ste ed accettazioni di candidatura, provvedeva egli stesso a mettere in votazione una sua proposta, che prevedeva margini temporali assai ristretti e che, pur accettata, ha comunque creato i
presupposti della confusione e
del sovraffollamento che hanno
reso più facile l’errore.
Candidati e presentatori di lista dovevano firmare entro le ore
13.00.
La lista dell’Ancl è stata regolarmente presentata nei termini previsti, unitamente alle firme di presentazione ed accettazione candidature.
Una seconda lista Ancl è stata presentata e poi ritirata perché
2 candidati, Zovetti e Rossi, che
fino a 10 minuti prima avevano
garantito la loro presenza in lista
si sono invece candidati nella terza lista, senza neanche avvisarci.
Così la terza lista raccoglieva
un gruppo quanto mai “eterogeneo”, dalla collega Gheido a De
Crignis della Fenasicl (anche lui
con noi fino al mattino), dalla collega D’Alessandro ad Adalberto
Bertucci. Fino a qui tutto bene, se
non fosse per il fatto che le colleghe Gheido e D’Alessandro, le capolista, sapendo che i delegati a
loro vicini non avrebbero mai firmato una lista in presenza della
candidatura del collega Bertucci,
hanno prima raccolto le firme di
presentazione su una lista di 7
candidati e soltanto dopo aggiunto all’ottavo posto il candidato Adalberto Bertucci.
A quel punto il termine per la
- 230 -
sottoscrizione era scaduto e
c’erano già gli estremi per dichiarare illegittima la lista ma, nell’intento di non rinviare le elezioni,
non abbiamo frapposto ostacoli
affinché si domandasse ai presentatori di confermare la loro
sottoscrizione pur in presenza del
nominativo aggiunto.
Ben 4 presentatori non hanno confermato la sottoscrizione,
dichiarando esplicitamente di
non condividere più quella lista
e denunciando così di essere stati presi in giro.
Venute meno queste 4 sottoscrizioni la lista era ferma a quota
19 sottoscrittori, non sufficienti in
quanto il numero minimo è di 20.
La proposta di riaprire i termini per la presentazione delle liste
veniva respinta dall’assemblea
dei delegati nel convincimento
che una delibera in tal senso avrebbe potuto essere impugnata con ragione da chiunque perché illegittima.
A quel punto, preso atto della presenza di una sola lista valida (quella dell’Ancl) le elezioni
venivano rinviate, come previsto
dal regolamento.
Una conclusione amara, che
costerà alla categoria circa 100 milioni di oneri diretti a carico dell’Enpacl, oltre ai disagi provocati a
più di 100 colleghi, che dovranno
assentarsi dallo studio in un momento così delicato per il lavoro.
Ciò testimonia ancora una volta
come l’arroganza di certi colleghi
non si fermi di fronte a nulla.
Roberto De Lorenzis
N. 14 del 3 aprile 1999
CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO
con l’alto patronato del Presidente della Repubblica
On. Oscar Luigi Scalfaro
organizza il
3° CONGRESSO NAZIONALE DEI CONSULENTI DEL LAVORO
per i giorni mercoledì 28, giovedì 29 e venerdì 30 aprile 1999
presso il Sorrento Palace – Via S. Antonio – Sorrento (NA)
I GIORNATA – 28 aprile 1999
cdl ROBERTO DE LORENZIS;
cdl EDMONDO DURACCIO;
prof. DOMENICO GAROFALO;
cdl PAOLO MENEGHETTI.
Inizio dei lavori ore 15.30.
Saluto ai partecipanti: dott. EDMONDO DURACCIO,
Presidente del Consiglio Provinciale
dell’Ordine di Napoli;
prof. FERDINANDO PINTO,
Sindaco di Sorrento.
Coordinamento dei lavori a cura del prof. MARIO NAPOLI.
Interventi programmati.
Dibattito – Tavola rotonda: moderatore dott. MARCO FABIO RINFORZI,
Capo Redattore de “Il Sole 24 ore”.
Relazione del Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine,
GABRIELLA PERINI.
III GIORNATA – 30 aprile 1999
Presentazione risultati indagine del Censis sui consulenti del lavoro.
La qualità nella professione di consulente del lavoro
Interventi programmati.
Relazioni:
II GIORNATA – 29 aprile 1999
I consulenti del lavoro, l’impresa e l’occupazione
Relazioni:
●
●
●
●
●
●
●
Ricognizione degli attuali costi normativi
ed economici del lavoro
Strumenti per l’ingresso nel mercato del lavoro
La flessibilità previdenziale
L’impatto sul mercato
del lavoro della previdenza complementare
La flessibilità nella contrattazione collettiva
Verso una flessibilità degli incentivi
La pressione fiscale ostacolo all’occupazione
e alla crescita dell’impresa. Quali rimedi?
Relatori: prof.ssa MARIA NOVELLA BETTINI;
avv. ANTONIO PILEGGI;
avv. PIERO GUALTIEROTTI;
prof. EDOARDO GHERA;
●
●
La certificazione delle competenze
La certificazione della struttura
Relatori: dott.ssa MARIA PIA CAMUSI;
ing. PIERO CONVERSANO.
Interventi programmati.
L’organizzazione delle attività professionali
Relazioni:
●
●
Legge quadro di riforma degli Ordinamenti professionali
e società tra professionisti
Giudizio di conformità delle proposte formulate con gli
orientamenti comunitari
Relatori: prof. GIOVANNI PUOTI.
prof. UMBERTO CARABELLI.
Interventi programmati.
Conclusione del Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine,
GABRIELLA PERINI.
Termine dei lavori ore 13.30.
Segreteria organizzativa: Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro – Via Cristoforo Colombo, 456 – 00145 R O M A
Tel. 06/5412025 – Fax 06/5408282 – e-mail: [email protected]
N. 14 del 3 aprile 1999
- 231 -
Quasi 500 i colleghi presenti
Grande successo della manifestazione di Venezia
L
a manifestazione nazionale svoltasi a Venezia – isola
della Giudecca – sabato 20
marzo 1999 è stata un grande successo ed ha visto la partecipazione
di quasi 500 colleghi, alcuni provenienti anche da lontano.
Grande merito va riconosciuto
ai colleghi del Veneto, che hanno
saputo recuperare il ritardo iniziale ed hanno curato in ogni dettaglio la manifestazione, ottenendo
perfino una bellissima giornata primaverile. Presenti tutti i vertici della nostra categoria.
Di alto livello la rappresentanza “politica”, che ha visto la partecipazione di ben due Sottosegretari
al Ministero del lavoro, i senatori
Bianca Maria Fiorillo e Luigi Viviani.
I loro interventi hanno ovviamente ricalcato la linea del Governo
sulle libere professioni suscitando,
altrettanto ovviamente, la disapprovazione dei colleghi presenti.
Al di là delle differenze di opinione, riteniamo comunque un
fatto positivo il dialogo aperto con
i politici, che dovrebbero però avere la bontà di ascoltare anche le ragioni degli altri e non fuggire sistematicamente dopo il loro intervento.
Molto interessanti ed applauditi, invece, gli interventi del prof.
Brunetta e del dott. Sacconi, Direttore dell’OIL (International Labour
Office) per l’Italia nonché, come
egli stesso ha ricordato, socio onorario dell’Ancl.
Fra le altre professioni particolarmente gradita la partecipazione
del Presidente Nazionale dei dottori
commercialisti, Francesco Serao; anche il suo intervento merita attenta
analisi, soprattutto per la proposta
di referendum abrogativo dei caf.
Molto gradito anche l’intervento del dr. Sponchia, Presidente Aniv,
che ha tenuto a sottolineare la
grande professionalità dei consulenti del lavoro e la tranquillità dei
funzionari Inps quando sanno di
avere di fronte a loro professionisti
preparati.
Nei prossimi numeri dedicheremo ampio spazio agli interventi
ed all’analisi delle relazioni proposte, perché la manifestazione di Venezia, boicottata come al solito da
“IL SOLE-24 ORE”, resta una tappa importante nel dibattito in corso sulle libere professioni.
I professionisti nel mondo dell’economia
P
er inquadrare esattamente i professionisti nel mondo dell’economia basta soffermarci un attimo e chiederci
chi, oggi, essi siano.
Per esprimere delle valutazioni macroeconomiche delle loro potenzialità, del loro radicamento nel tessuto economico e sociale italiano,
delle nuove possibilità di sviluppo nel breve/
medio periodo, basta fare riferimento, anzitutto, all’esperienza quotidiana, sotto gli occhi di
tutti.
Le professioni liberali sono una galassia
composita e variegata di soggetti: dal medico
all’avvocato, dal consulente del lavoro al geologo, dal ragioniere all’architetto, dal dottore commercialista all’ingegnere, dal giornalista al geometra; le professioni rappresentate presso il
CNEL sono, infatti, più di 130 e tendono ad aumentare di giorno in giorno.
I più recenti studi sulle attività economiche indicano in circa 10.000 i “mestieri”, le professioni attualmente esercitate; si ritiene che nel
giro di 10/15 anni altrettante ne saranno inventate e molte di queste graviteranno nel mondo
delle libere professioni.
Ma, è bene chiederci oggi chi e quanti siano veramente i professionisti in Italia; sono un
numero consistente che, nell’ultimo ventennio,
dall’inizio degli anni ’80 ad oggi, ha conosciuto
il maggiore trend di crescita rispetto a qualsiasi
altra attività economica.
Il CENSIS stima che i professionisti siano cir-
- 232 -
ca 1.500.000, per l’esattezza 1.560.000. Essi non
pesano solo per il loro numero, ma anche per
l’occupazione che direttamente e indirettamente riescono a creare.
Stime approfondite non ne esistono. Per
difetto è possibile ipotizzare che l’occupazione
diretta nelle libere professioni pesi per circa 1,2/
1,5 milioni di altri addetti, tra lavoratori subordinati e parasubordinati.
A tale proposito, chiedo ai politici: a quando l’emanazione di un testo unico sul parasubordinato? Testo unico che speriamo, e sarebbe
la prima volta, possa nascere chiaro e trasparente, permetta di evitare l’emanazione di migliaia di circolari esplicative e non lasci troppo
spazio a interpretazioni individuali, diverse da
burocrate a burocrate.
L’occupazione nel settore delle libere professioni può essere valutata complessivamente
a 2,7/3 milioni di addetti; siamo il ramo produttivo con maggior numero di addetti e di occupazione nelle attività economiche e nelle piccole/medie imprese il numero di addetti diviso
per aggregati è quello riportato nella tabella alla
pagina seguente.
Le libere professioni sono, quindi, l’attività economica che in Italia vanta il maggior numero di occupati.
Al tavolo delle trattative per il patto sociale, stranamente, le libere professioni non sono
ancora state invitate, pur potendo pesare sul
➦
N. 14 del 3 aprile 1999
(segue)
imposte dirette versate (Irpef):
L. 7.500/9.000 miliardi;
● retribuzioni erogate ai dipendenti:
L. 8.000/9.000 miliardi;
● contributi versati all’Inps:
L. 3.000/3.600 miliardi.
Dati economici aggregati che rappresentano più del doppio del comparto moda in Italia.
I recenti provvedimenti legislativi di assistenza fiscale dei caaf (D.Lgs. 28.12.98, n. 490)
rischiano di mettere a repentaglio la potenzialità delle tre professioni se non verrà corretta
l’attuale normativa. Le professioni comunque
resteranno per molti anni senza un vero e preciso sviluppo. Per far ciò si vuole introdurre il professionismo di Stato, ponendo un contributo a
carico della collettività per finanziare attività di
tipo privatistico che in ogni altro Paese occidentale a economia liberale sono invece poste a carico del singolo utente e ciò non per calmierare
i prezzi, ma per fornire un sostanzioso aiuto 250/
300 miliardi ai caaf che, attualmente, non possono che essere di derivazione sindacale. È in
definitiva un aiuto alle organizzazioni sindacali
per trovare iscritti. Non sta a noi dire se ciò sia
corretto oppure no; certo è che non possiamo
non rilevare con grande insoddisfazione che così
vengono stravolte le regole del mercato; regole
che l’esecutivo dice di voler introdurre, perché
obbligato dall’anti-trust, quando parla della riforma e della parziale abolizione degli Ordini
professionali. Che furbata! Contemporaneamente infatti crea sacche di privilegio a beneficio del sindacato, a scapito delle professionalità, e, appare chiaro, delle garanzie degli utenti.
Noi pensiamo che lo Stato non dovrebbe
intervenire nel mondo dell’economia in modo
tanto squilibrato. Qualora ritenesse necessario
intervenire dovrebbe farlo con equità nel rispetto di tutti i soggetti presenti sul mercato.
Probabilmente i liberi professionisti si sono
macchiati di un peccato originale che devono
ancora scontare.
Per loro stessa natura sono individualisti e
mal sopportano una disciplina di gruppo, non
sentono con altre categorie economiche la ne●
tessuto socio-economico italiano con i numeri
suindicati. Una dimenticanza? Nessuno lo crede.
Pare piuttosto che la scelta degli interlocutori
alla trattativa sia più importante della soluzione
dei problemi. Prendiamo ad esempio la disoccupazione. È serio affrontare questo problema
sociale ed economico senza trovare al tavolo i
professionisti? Se si vuole veramente affrontare
il più importante problema italiano, la disoccupazione, i professionisti non possono essere tenuti fuori dalla porta, ma devono partecipare
con pari responsabilità e con pari dignità alle
trattative tra le forze economiche e il Governo.
Proseguendo nella disamina dei dati economici relativi alla galassia delle libere professioni dobbiamo rilevare dati macroeconomici
significativi; i professionisti pesano sull’economia italiana per:
● volume d’affari L. 230.000/280.000 miliardi;
● imposte indirette pagate (Iva, tasse comunali)
L. 35.000/42.000 miliardi;
● imposte dirette pagate (Irpef)
L. 90.000/115.000 miliardi.
Anche sotto l’aspetto del welfare i professionisti presentano dati che non possono non
essere presi in considerazione.
Essi pagano qualcosa come 28.000/30.000
miliardi di retribuzioni; i versamenti dei contributi dovuti per legge all’Inps ammontano a
15.000/18.000 miliardi.
Sono cifre che da sole non hanno bisogno
di altri commenti.
Restringendo il campo ai professionisti
economici (dottori commercialisti, ragionieri e
periti commerciali, consulenti del lavoro) essi
pesano economicamente per:
● professionisti iscritti ai 3 Ordini professionali:
n. 100.000;
● n. addetti complessivi del comparto:
n. 360.000/400.000;
● volume d’affari: L. 25.000/30.000 miliardi;
● imposte indirette versate (Iva, imposte comunali):
L. 6.000/7.000 miliardi;
Distribuzione addetti per settore
SETTORE
Libere professioni
Aziende artigiane
Aziende commerciali
Altre aziende inf. ai 50 addetti
Aziende del terziario
Totale p./m. imprese
N. 14 del 3 aprile 1999
POSIZIONI INDIVIDUALI
1.560.000
1.300.000
850.000
200.000
150.000
4.060.000
N. ADDETTI COMPLESSIVI
2.700.000/3.000.000
2.700.000
2.000.000
2.000.000
1.200.000
10.600.000/10.900.000
- 233 -
cessità di fare gruppo. Ritengono, ormai a torto, di poter fare da soli; devono invece imparare
che per essere protagonisti devono fare gruppo, devono, così come facciamo oggi, conoscere e far conoscere la loro forza; in ultima analisi,
devono poter contare per quello che pesano.
Le professioni liberali hanno sbagliato a non
chiedere mai; se avessero battuto i pugni e mostrato i muscoli, magari minacciando riduzioni di
personale e licenziamenti, avrebbero ottenuto
quello che i grandi gruppi industriali italiani per
mezzo secolo hanno sempre avuto, promettendo
posti di lavoro che in realtà quasi mai hanno realizzato. I professionisti possono però sostenere
con orgoglio che quello che hanno fatto, l’apporto
che hanno dato allo sviluppo del nostro Paese è
stato vero, profondo e duraturo; essi non hanno
mai delocalizzato all’estero nei Paesi emergenti
per sfruttare bassi salari, né hanno esportato fuori
dell’Italia i capitali nei cosiddetti paradisi fiscali.
Siamo stati bravi professionisti e altrettanto bravi cittadini, abbiamo fatto la nostra parte
con coscienza e dignità. Vorremmo e potremmo fare di più; sta al nostro Stato, all’Italia, alla
classe politica che oggi ci comanda sfruttare al
meglio le nostre conoscenze. Vorremmo che si
voltasse finalmente pagina e che da oggi si pensasse al mondo professionale come a quella parte del tessuto sociale ed economico che non può
essere uccisa, pena l’impoverimento culturale
e professionale della nostra società. Oggi possiamo dire, senza tema di essere smentiti, che
vorremmo diventare da esecutori a propositori.
I professionisti, se interpellati, potrebbero
diventare effettivamente i consulenti tecnici,
ognuno per il proprio ramo d’attività, dello Stato; se interpellati saremmo sicuramente in grado di proporre rimedi pratici per risolvere la gigantesca burocrazia dello Stato che riesce ad
emanare migliaia di circolari all’anno spesso in
contrasto l’una con l’altra. Mi limito ad un esempio: le professioni economiche potrebbero, se
interessate, dare una mano a questa povera Italia che, in certe parti, riesce ad assumere più di
300.000 cittadini extracomunitari ed in altre
parti ha una disoccupazione, specialmente giovanile, identica a quella dei Paesi del Magreb.
Ovviamente, signori politici, non lo faremo gratis, ma la storia e l’economia ci insegnano che, oggi più che mai, è ancora valido l’insegnamento di Adam Smith: “... non ci aspettiamo la nostra ricchezza dalla benevolenza dello
Stato, ma dal suo tornaconto ...”; quindi, chiediamo maggior coinvolgimento perché siamo
sicuramente in grado di fare la nostra parte.
Giorgio Forcolin
Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del Tar
La materia giuslavoristica è del consulente
S
top all’affidamento dell’attività di elaborazione
delle buste paga ai ced. È
questa la conclusione a cui è
giunto il Consiglio di Stato con la
sentenza n. 243/99 depositata il
2 marzo scorso. I giudici di palazzo Spada, infatti, hanno respinto
senza mezzi termini il ricorso in
appello proposto dal Ministero
del lavoro e della previdenza sociale per l’annullamento della
sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio n. 913
del 14 agosto 1987.
Con la sentenza anzidetta, il
Tar del Lazio aveva dato ragione
ai consulenti del lavoro che avevano impugnato la circolare del
Ministero del lavoro 12.7. 1986, n.
82, con la quale il dicastero di via
Flavia, ai fini della repressione
dell’abusivismo nella professione
di consulente del lavoro, aveva affidato al “prudente apprezzamento degli ispettori regionali e provinciali del lavoro l’individuazione
delle piccole imprese e delle imprese artigiane” legittimate a usufruire dei servizi predisposti dalle associazioni di categoria per lo svolgimento delle attività riservate ai
consulenti del lavoro.
Il Ministero, di fronte al Consiglio di Stato, aveva ribadito, nel
merito, la legittimità della circolare nella parte in cui consentiva
ai datori di lavoro di avvalersi dei
centri elaborazione dati per servizi e attività di calcolo che egli
poteva svolgere direttamente.
I giudici del Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, han-
no invece osservato che la circolare 82 “detta disposizioni, dichiaratamente, praeter legem, le quali, indipendentemente dalla verifica se si pongano o no anche contra legem, sono preordinate, in
quanto tali, a integrare l’ordinamento vigente, dettando, in via di
autoregolamentazione nel suo
complesso e in via di etero regolamentazione dell’attività specifica
degli Ispettorati del lavoro, norme
di comportamento generali, idonee a vulnerare immediatamente
l’interesse della categoria professionale dei consulenti del lavoro a
veder rispettate le competenze a
essa riservate, in via esclusiva, dalla norma primaria”.
Tale lesione si consuma, invero, nel momento stesso in cui si
impartiscono direttive agli organi ispettivi perché si discostino
dalla “pedissequa applicazione
delle norme di legge” e adottino
un criterio di valutazione soggettivo, fondato, senza ulteriori indicazioni, sul loro “prudente apprezzamento”, a prescindere, poi,
dalla circostanza che, nella effettuazione dei singoli controlli, si
giunga o meno a conclusioni
conformi alla normativa vigente.
Sostanzialmente è stato considerato illegittimo il comportamento dell’amministrazione, in
quanto ha introdotto margini di
discrezionalità in una materia
vincolata al rispetto di ben precise norme di legge.
In riferimento all’attività dei
centri elaborazione dati e in particolare all’alibi, dietro il quale
spesso si sono trincerati, di eseguire compiti meramente esecutivi o di avvalersi di consulenti del
lavoro, il Consiglio di Stato ha,
giustamente, bocciato in toto la
loro attività se riguardante la materia del lavoro. Secondo i giudici, si legge nella sentenza, anche
i compiti di natura esecutiva non
possono essere svolti da soggetti diversi da quelli espressamente contemplati dalla legge 12/79,
i quali, peraltro, secondo quanto
previsto dall’art. 2 della citata legge, possono avvalersi esclusivamente dell’opera dei propri dipendenti (ovvero perfettamente
il contrario rispetto ai ced dotati
di consulente).
La sentenza consente ora di
avere dei punti di riferimento
più precisi affinché si possano,
➦
Incontro a Torino
Il Consiglio Provinciale dell’UP Ancl di Torino ha programmato
un incontro sindacale-professionale per il giorno 9 aprile 1999 alle
ore 14,30 presso la Sala Ascom, Via Massena 20, con Roberto De
Lorenzis, Presidente Ancl, e con Giovanni Cirmi, membro del Consiglio di amministrazione del Previclav.
- 234 -
N. 14 del 3 aprile 1999
(segue)
UP ANCL DI FIRENZE
finalmente, arginare il dilagante
fenomeno dell’abusivismo e
l’inaccettabile raggiro al contributo integrativo dovuto da parte di coloro che si avvalgono di
ced interni. Estremamente positivi i giudizi in seno alla categoria dei consulenti del lavoro; il
Presidente dell’Ancl, commentando il giudizio del Consiglio di
Stato, ha affermato che “la sentenza conferma il ruolo insostituibile del consulente del lavoro
nell’elaborazione dei listini paga.
Ne prendiamo atto con piacere”,
prosegue, “perché, se è vero che
le professioni si spogliano dei
compiti più semplici, è pur vero
che fino a oggi questi compiti
rappresentano la maggior fetta
della domanda, una domanda
che ci dà da vivere e che non intendiamo farci portare via da
nessuno”.
Rilancia De Lorenzis: “questa
sentenza rende indispensabile la
presenza nei caf di consulenti del
lavoro. Questo ci spinge a rivendicare la possibilità di avere la direzione tecnica dei caf”.
Circa i riflessi della sentenza il
Presidente dell’Ancl ha dichiarato che “la sentenza afferma una realtà importante, che dobbiamo rivendicare anche nei confronti della pubblica amministrazione e degli enti locali. Infatti, proprio per
l’amministrazione del personale
negli enti locali, aziende pubbliche,
municipalizzate ed ex municipalizzate, nella nuova visione di ricerca
di efficienza, organizzazione ed
economicità, si fa strada l’esigenza di fornire in outsourcing l’amministrazione stessa. Questo servizio è prestazione professionale,
non può quindi essere affidato a
centri elaborazione dati, ma deve
necessariamente essere svolto da
consulenti del lavoro”.
Giuseppe Buscema
N. 14 del 3 aprile 1999
in collaborazione con i
CONSIGLI PROVINCIALI DELL’ORDINE DEI CDL DI FIRENZE E DI PRATO
organizza due
INCONTRI DI STUDIO
per il giorno mercoledì 7 aprile 1999
alle ore 15.00
presso la Sala Siena – Hotel Novotel
Firenze Nord Aereoporto – Via Tevere, 23 – Osmannoro (FI)
sui temi
COMPENSAZIONI D’IMPOSTA E VERSAMENTI
RAVVEDIMENTO OPEROSO
IN MATERIA DI VERSAMENTI
MODULISTICA F24 E F23
DICHIARAZIONI:
TEMPI, MODALITÀ, PRINCIPALI NOVITÀ
RELATORI:
dr. Cesare Pace e dr.ssa Simona Mannina, Direz. reg.le delle entrate per la Toscana;
dr. Annibale Zaccagnini, Ufficio provinciale Iva di Firenze.
◆◆◆
per il giorno giovedì 15 aprile 1999,
alle ore 14.30
presso l’Auditorium – Banca Toscana – Via Panciatichi – FIRENZE
sui temi
MODELLO 770/99
TRASMISSIONE TELEMATICA
DELLE DICHIARAZIONI
RELATORI:
dr.ssa Laura Zaccaria;
dr.ssa Carla Coppola.
Segreteria:
UP Ancl di Firenze – Tel. 055/7323029 – Fax 055/7323763.
- 235 -
Finalmente avviato il coordinamento unitario
I liberi professionisti vogliono rappresentanza
I
l Governo è impegnato in
una “ricognizione” per la
verifica del grado di coesione dei liberi professionisti, in relazione alla riforma che coinvolge
tale comparto; infatti in due occasioni ha convocato i massimi organismi delle categorie, prima gli Ordini, il 15 marzo, e il 22 le Associazioni. In entrambi gli incontri l’impressione che abbiamo ricevuto, in
un uditorio poco attento, era quella di una grande apertura alle tematiche, ma, per gli osservatori più attenti, la sensazione è che si parli di
argomenti già decisi in altre stanze
con altri interlocutori.
A riprova di ciò, nell’incontro
del 22, la scaletta degli interventi è
stata saggiamente composta, dando la parola in primis alla Fita, notoriamente componente di Confindustria, che non è benevola nei
confronti dei professionisti, a suo
dire superati in virtù di un libero
mercato sempre più aperto alla
concorrenza estera. Tutti gli altri interventi sono stati dello stesso tenore, quasi fossero concertati.
Credo che chi come me era presente all’incontro, in rappresentanza delle libere professioni regolamentate, ha avuto la netta sensazione che il Governo non è ancora
consapevole delle difficoltà a cui va
incontro, nella speranza di concentrare l’attenzione sulla riforma degli Ordini da attuarsi con una legge delega in materia o con uno
stralcio della normativa per le società professionali.
La libertà delle professioni non
può essere messa in discussione in
funzione di un asservimento al ca-
pitale, è una logica che non ci trova d’accordo, poiché la possibilità
di infiltrazioni malavitose è elevata
e la logica dei grandi numeri si
scontra con la qualità della prestazione e determina la perdita dell’indipendenza del professionista.
Vero è che il comparto deve essere modernizzato, ma questo non
deve necessariamente essere uno
stravolgimento dell’essenza delle
libere professioni, che hanno contribuito, e contribuiranno, allo sviluppo economico del nostro Paese,
in armonia con i trattati comunitari.
In Europa il ruolo delle libere
professioni ha una collocazione
ben diversa; infatti esse vengono
consultate preventivamente alla vigilia dell’emanazione di nuove leggi, per verificare l’impatto normativo sull’economia.
La sorte di circa 4.500.000 cittadini-elettori, tra operatori diretti e indiretti, non può essere decisa attraverso una legge delega, soprattutto
alla vigilia di importanti scadenze
elettorali comunitarie. I liberi professionisti hanno bisogno di sapere se
chi li rappresenterà al Parlamento
europeo potrà farlo fino in fondo e
con serenità d’animo: tali posizioni
devono emergere in maniera netta
prima della consultazione.
Fino a oggi il nostro comparto
è stato caratterizzato da una frammentazione di rappresentanza, che
ha fatto comodo ai vari interlocutori politici, ma ora, per iniziativa
della Consilp-Confprofessioni, degli Ordini, delle Casse e delle Associazioni, si è finalmente avviato un
coordinamento unitario.
I liberi professionisti non spa-
- 236 -
riranno nella notte senza offrire alcuna resistenza, in nome di un libero mercato che sembra solo uno
slogan per mascherare l’accordo fra
Confindustria e i sindacati dei lavoratori, che tende a lasciare sempre
fuori dalla concertazione i liberi
professionisti.
Non si possono convocare i rappresentanti dei liberi professionisti
al lunedì e al sabato precedente inviare il capo staff economico della
Presidenza del Consiglio, Nicola
Rossi, a una manifestazione nazionale organizzata dalla sinistra giovanile dal titolo:“Trasgredire gli Ordini”; questo atteggiamento non fa
che confermare quanto affermato
all’inizio: ci troviamo di fronte a un
disegno già delineato.
Immaginate solo per un attimo se contemporaneamente fosse proclamato uno sciopero nei
settori della giustizia, medicina,
professioni amministrative in concomitanza con scadenze tributarie; è evidente che il Paese potrebbe subirne le conseguenze, ma il
nostro buon senso ci porta a considerare tali atteggiamenti come
estremi e residuali rispetto a una
logica di vera concertazione, che è
la strada giusta per dipanare questa intricata matassa.
Queste poche considerazioni
devono far riflettere sul livello di
esasperazione in cui vivono più di
un milione di cittadini della Repubblica. La speranza è che l’azione del
Governo tenda a stemperare tutte
queste evidenti contraddizioni, per
il benessere collettivo.
Maurizio Buonocore
N. 14 del 3 aprile 1999
Importante relazione tenuta a Napoli il 17 marzo u.s.
Riallineamento retributivo e contributivo/1
rgomento interessantissimo e più attuale che mai,
se non altro per la valenza
che esso assume sui piani sociale
ed economico del nostro Paese in
quanto strettamente collegato al
fenomeno del c.d. lavoro nero.
Il primo timido tentativo esperito dal legislatore nell’affrontare lo spinoso problema dell’emersione graduale dal sommerso
risale al lontano dicembre del
1988. Fu l’art. 10, comma 10, del
DL 548/88, infatti, a battezzare la
gracile norma che avrebbe dovuto consentire alle imprese ubicate
nel territorio del Mezzogiorno
d’Italia e nelle zone economicamente svantaggiate di riallineare
le retribuzioni di fatto corrisposte
ai propri dipendenti ai trattamenti economici previsti dai contratti
collettivi nazionali di lavoro.
Il legislatore, avvertendo la
necessità di alleggerire in qualche modo il pesante ed, in molti
casi, insostenibile gravame contributivo scaturente dall’applicazione dell’art. 1, comma 1, del
decreto stesso (antesignano della tanto discussa retribuzione da
assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e
di assistenza sociale), affidò, ripiegato tra le norme della fiscalizzazione ed entro determinati limiti
di spesa, alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, il potere di operare sconti
A
N. 14 del 3 aprile 1999
ai contratti collettivi nazionali di
lavoro da esse stesse firmati, affinché avessero, a loro volta, prodotto sconti contributivi in deroga a quanto generalmente sancito, proprio come si fa con i prodotti di seconda scelta o durante
il periodo dei saldi.
Il percorso appariva fin troppo semplice. Bastava presentare
al Ministero del lavoro un programma di riallineamento graduale dei trattamenti economici
dei lavoratori ai livelli previsti nel
corrispondente ccnl, indicare le
modalità di attuazione ed i relativi tempi, e, mediante l’emanazione di un apposito decreto di
concerto con il Ministero del tesoro, lo sconto retributivo e contributivo era assicurato.
Dopo circa un anno, l’art. 6
della legge 389/89 recepì finalmente la disciplina del riallineamento retributivo, ma ancora una
volta tutto si risolveva in sole poche righe, quelle del comma 11
che, non tenendo più conto delle aree territoriali economicamente svantaggiate, in caso di
attuazione di un programma graduale di riallineamento alle retribuzioni da assumere come base
per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza, offriva alle
predette imprese la possibilità di
sospendere la condizione prevista dalla sola lettera c) del comma nono dello stesso articolo 6,
- 237 -
che escludeva dal beneficio delle riduzioni contributive degli
sgravi e delle fiscalizzazioni i lavoratori retribuiti con retribuzioni inferiori rispetto a quelle stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi nazionali di lavoro
ovvero accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne fosse derivata una retribuzione di
importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.
Totalmente carente di dettagli, la norma si prestò a diverse interpretazioni che spaziarono dalla possibilità di ridurre gli oneri
contributivi (utilizzando le retribuzioni di riallineamento come
imponibile previdenziale) a quella di sanare situazioni pregresse
in ordine a differenze retributive
rivendicate dai lavoratori.
Ma alla prevista scadenza del
31 maggio 1991, data ultima per
il deposito degli accordi provinciali stabilita dal DL n. 129/90,
calarono il sipario ed il silenzio
sulla striminzita quanto apparentemente “generosa” norma.
Confermando pienamente il
carisma espressivo del famoso
adagio che recita: “La lingua batte dove il dente duole”, a distanza
di cinque anni e mezzo, dopo le
ripetute prove effettuate sotto la
regia di ben dieci decreti legge,
sulle note della legge 608/96, si
aprì il sipario del secondo atto. Il
➦
(segue)
libretto fu scritto dall’art. 5, in verità più corposo dell’antenato
comma 11, ma, a nostro avviso,
ancora molto carente, anche se
portatore di sostanziali novità, alcune delle quali, certamente allettanti, qui di seguito riportate:
a) fu ridotto alle sole imprese industriali ed artigiane il campo di applicazione della norma, prima destinata a tutte le
imprese;
b) fu lasciato invariato l’effetto
della sospensione alla sola
condizione di lavoratori non
retribuiti con retribuzioni conformi alle leggi, ai regolamenti e ai contratti collettivi nazionali di lavoro (lettera c) del
predetto comma nono). Restavano dunque fuori dalla
possibilità di regolarizzare la
propria posizione le imprese
totalmente sommerse e quelle che avevano denunciato
orari e giornate di lavoro inferiori a quelli effettivamente
svolti;
c) fu ampliata la platea delle
parti contraenti rimettendo la
possibilità di definire accordi
provinciali non solo alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative
ma a tutte le organizzazioni
sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale di
riferimento;
d) fu riconosciuta agli accordi
provinciali di riallineamento
la stessa validità attribuita ai
ccnl, anche ai fini dell’applicazione di tutte le normative nazionali e comunitarie, quindi,
la possibilità di beneficiare,
durante il periodo in itinere
del riallineamento retributivo,
non solo di sgravi e di fiscalizzazioni ma anche di altri benefici previsti dalla legge.
L’impresa, al fine di rendere
efficace tale sospensione, doveva sottoscrivere apposito
verbale di recepimento con le
stesse parti che avevano stipulato l’accordo provinciale;
e) fu conseguentemente ammessa la riduzione dell’imponibile contributivo ai valori
delle minori retribuzioni previste dal programma di riallineamento;
f) fu introdotta la sanatoria generalizzata di tutte le pendenze contributive, anche pregresse;
g) fu, infine, ammessa, anche se
per una sola volta, la possibilità di modificare i programmi di riallineamento contributivo, compresi quelli già stipulati, in caso fossero intervenuti eventi rilevanti e non prevedibili.
Così doveva essere legittimato e quindi sanato il comportamento dei pionieri del riallineamento retributivo che, negli anni
1989 e 1990, avevano in tal senso vaticinato la primitiva norma.
Il comma 4 dell’art. 5 della
legge 608/96, infatti, con il suo
testo conciso e categorico, non
generava dubbi. Il secondo periodo dello stesso comma 4, nel
proporsi quale norma di interpretazione autentica dell’art. 1, comma 1, della legge 389/89 e nel riconoscere ai predetti accordi provinciali pari validità attribuita ai
contratti collettivi nazionali, obliterava, per i contratti di riallinea-
- 238 -
mento, il biglietto speciale per
accedere alla sanatoria contributiva attraverso la corsia preferenziale dei minimali contributivi di
fonte contrattuale.
Apriti cielo! L’Inps subito corse ai ripari regalandoci l’interpretazione dell’interpretazione che
potremmo così simpaticamente
riassumere.
Care imprese e signori consulenti, badate bene che la disposizione di cui al comma 4 dell’art. 5
della legge 608/96 riguarda il solo
comma 1 dell’art. 1 della legge
389/89.
Ed il comma 2, quello che mantiene in vigore il minimale legale,
l’avete dimenticato?
Distinti saluti.
E fu così che l’interpretazione
autentica divenne autentica limitazione della voluntas legis considerato che la portata della norma
costituiva per l’Istituto un pericolo davvero grande. La nuova disposizione, come detto, da una
parte aveva ridotto il numero delle imprese partecipanti, dall’altra
aveva ampliato il numero dei suoi
gestori in quanto offriva la possibilità di stipulare contratti provinciali di riallineamento non solo
alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, bensì
a tutte quelle firmatarie del contratto collettivo cui il programma
faceva riferimento, comprese a
questo punto quelle che, pur non
avendo partecipato alla sua stipulazione, l’avessero successivamente sottoscritto per adesione
(cfr. ultima parte del secondo periodo del comma 1). La possibilità, poi offerta alle parti contraenti
in sede provinciale, di apportare
variazioni e proroghe al program➦
N. 14 del 3 aprile 1999
(segue)
ma di riallineamento in caso di “rilevanti eventi non prevedibili” rappresentava per l’Istituto previdenziale la goccia che faceva traboccare il vaso.
Entriamo nel merito.
Dal momento che il comma
1 dell’art. 5 della legge 608/96
aveva riconosciuto agli accordi
provinciali di riallineamento retributivo validità pari a quella
attribuita ai contratti collettivi
nazionali, le aziende che li recepivano venivano a trovarsi in
presenza di due contratti collettivi vigenti nell’ambito dello
stesso settore o categoria in cui
operavano. A questo punto diventava importante per l’Inps
verificare se le parti contraenti
erano legittimate o meno alla
stipula dei predetti accordi, memore della vigente legislazione
che attribuisce detta legittimazione alle oo.ss. considerate
maggiormente rappresentative
sul piano nazionale. Non solo.
Attesa la necessità di garantire
alle imprese parità di condizioni
ai fini contributivi, si poneva il
problema della retribuzione imponibile. Doveva essere uguale
per tutte le aziende del settore,
oppure poteva differenziarsi
sulla base dei diversi contratti
eventualmente esistenti?
Mentre la norma in questione aveva naturalmente superato
il problema della valenza contrattuale ed aveva sufficientemente precisato l’aspetto della
retribuzione di riallineamento ai
fini contributivi, nulla aveva chiarito rispetto al minimale contributivo legale.
E sulla tigre del mancato riferimento al comma 2 dell’articolo
N. 14 del 3 aprile 1999
1 della legge 389/89 l’Inps, ispirandosi all’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale il rapporto assicurativo previdenziale resta autonomo
rispetto a quello retributivo (il primo deriva da un obbligo di legge, il secondo si fonda sull’autonomia negoziale delle parti), cavalcò il contrattacco modificando
il valore dell’interpretazione autentica, dimenticando che la questione era stata già risolta dal legislatore con l’art. 2, comma 26,
della legge n. 549 del 20 dicembre ’95. Tale norma aveva infatti
sancito che la retribuzione da assumere come base per il calcolo
dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai
contratti collettivi stipulati dalle
oo.ss. dei lavoratori e dei datori di
lavoro comparativamente più
rappresentative in una determinata categoria.
Considerata la valenza di ordine generale della succitata disposizione, sia ai fini contributivi che
nei casi in cui la legge prevede
particolari agevolazioni come gli
sgravi, si deduce che la presunta
“parzialità” dell’interpretazione
autentica dell’art. 1, comma 1,
della legge 389/89, resa dal comma 4 dell’art. 5 della legge 608/
96, altro non è che sistematica conoscenza della legislazione all’epoca vigente e quindi cosciente comportamento del legislatore atto ad evitare una repetita.
Apparve dunque pretestuoso
l’atteggiamento dell’Inps nell’appellarsi al rispetto di minimali che
il legislatore non aveva voluto individuare proprio in virtù del valore speciale che intendeva attribuire alla norma, attesa la straordinarietà dell’obiettivo che si era
prefissato.
- 239 -
Comprendiamo bene la reazione dell’Istituto previdenziale,
ma non possiamo fare a meno di
comprendere anche quella delle
imprese eventualmente interessate a qualche programma di riallineamento retributivo. L’incertezza interpretativa sul versante
contributivo e la totale mancanza di previsione degli aspetti fiscali, di quelli afferenti le sanzionatorie ed i contenziosi in corso,
di quelli relativi alla salute ed alla
sicurezza dei lavoratori sui luoghi
di lavoro, rappresentavano per
esse carenze talmente importanti
da rendersi determinanti ai fini
del recepimento degli accordi e
del riflesso conseguimento degli
effetti sociali che il legislatore s’attendeva dall’applicazione della
norma in questione. Questi, resosi conto dei “rischi” cui l’impresa
“emergente” andava incontro,
pensò di rivisitarla attraverso l’art.
23 della legge 196/97.
Vediamo quali furono le modificazioni e le integrazioni più
importanti.
– Fu nuovamente generalizzata a tutte le imprese la possibilità di accedere al riallineamento.
– La sospensione della condizione di corresponsione dell’ammontare retributivo fu
estesa ai casi previsti dalle lettere a) e b) del comma 9 dell’art. 6 della legge 689/89: come ricordato, lavoratori non
denunciati agli istituti previdenziali (lettera a), oppure
denunciati con orari e giornate di lavoro inferiori a quelli
effettivamente svolti, ovvero
con retribuzioni inferiori a
quelle previste al comma 1
➦
come riferimento per il calcolo dei contributi era quella degli accordi di riallineamento.
(segue)
dell’art. 1 della legge stessa
(lettera b).
– Fu chiarito che la sanatoria,
anche per i periodi pregressi,
oltre a riguardare “le pendenze contributive ed a titolo di fiscalizzazione, ovvero di sgravi
contributivi”, comprendeva le
pendenze a titolo di leggi
speciali in materia contributiva e delle sanzioni a ciascuna di esse relative, con estensione anche ai provvedimenti di esecuzione in corso, in
qualsiasi fase e grado, contemplandola in tutti i suoi
aspetti amministrativi, fiscali
e penali.
– Lasciando alle parti contraenti la libertà di modulare, in
tempi e valori, il programma
graduale di adeguamento ai
trattamenti economici del
ccnl di riferimento, furono indicati il limite minimo dell’imponibile contributivo iniziale
– che non poteva essere inferiore al 25% del minimale
contributivo – ed il tempo
massimo di trentasei mesi entro il quale doveva avvenire
l’accostamento al minimale
contributivo legale, così superando ogni fantastica interpretazione.
– Fu esplicitamente detto che
la retribuzione da prendere
– Fu disposto l’accredito dei
contributi figurativi in ordine
alle differenze scaturenti dal
confronto tra i valori retributivi del contratto di riferimento e quelli stabiliti dall’accordo di riallineamento e, dulcis
in fundo, fu stabilito che, “all’atto del definitivo riallineamento retributivo ai livelli previsti nei corrispondenti ccnl,
sottoscritti dalle oo.ss. comparativamente più rappresentative”, venivano riconosciuti alle
imprese, per i lavoratori interessati dagli accordi, gli incentivi previsti dalle norme vigenti per i casi di nuova occupazione.
Vincenzo Balzano
COORDINATORE CENTRO STUDI
UP ANCL DI NAPOLI
“O. BARONCELLI”
(1 – continua)
Contributo soggettivo Enpacl 1999 entro il 15 aprile
Il contributo soggettivo annuo obbligatorio è riscosso a mezzo di bollettini di conto corrente postale, uno per ciascuna delle quattro rate previste aventi scadenza:
1ª rata: 15 aprile 1999
2ª rata: 15 giugno 1999
3ª rata: 15 settembre 1999
4ª rata: 15 novembre 1999
La prima rata del contributo soggettivo 1999 scade giovedì
15 APRILE 1999
Gli iscritti all’Enpacl dovranno effettuare il versamento della prima rata mediante l’apposito bollettino di conto corrente (mod. 12/Sogg.) precompilato incluso nel plico raccomandato che l’Enpacl ha
spedito ai consulenti del lavoro.
Il versamento deve essere eseguito esclusivamente con i bollettini precompilati dall’Ente.
L’importo del contributo soggettivo annuo obbligatorio per l’anno ’99 è di L. 3.880.000 (euro 2003,85)
nella misura intera e di L. 1.940.000 (euro 1001,93) nella misura ridotta.
L’importo del contributo per l’indennità di maternità per libere professioniste ’99 ex lege 379/90 è
di L. 100.000 (euro 51,64) ed è riscosso unitamente alla prima rata del contributo soggettivo.
Per informazioni gli iscritti potranno rivolgersi al Servizio contributi dell’Enpacl – Viale del
Caravaggio, 78 – 00147 Roma – Tel. 06/510541-Fax 06/51054225.
- 240 -
N. 14 del 3 aprile 1999
Ingiustificata l’esclusione
Agevolazioni ex L. 407/90 alle cooperative
C
on messaggio n. 22923
dell’11 marzo 1999, l’Inps
ha reso noto che l’agevolazione prevista dall’articolo 8,
comma 9, della legge 407/90,
ovvero la riduzione contributiva
del 50% dei contributi assistenziali e previdenziali per assunzioni di lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi, o la riduzione totale per pari assunzioni effettuate nei territori del Mezzogiorno,
non trova applicazione a favore
dei soci lavoratori di società cooperative. Ciò in quanto – motiva
l’Inps – la prestazione dell’attività lavorativa del socio in una cooperativa di produzione lavoro è
da ricondursi all’adempimento
del cd. contratto sociale e non all’adempimento dell’obbligazione scaturente dal tipico rapporto subordinato. Tale interpretazione restrittiva della norma, si
auspica possa essere a breve riveduta in quanto, evidentemente, scaturita unicamente dall’interesse economico dell’Istituto e
ben lungi dall’estensione da
tempo in atto delle misure di tutela e contrattuali ai soci lavoratori di cooperative.
Va preliminarmente affermato che il comma 9 del detto articolo 8 riveste carattere agevolativo esclusivamente contributivo, non individuando espressamente particolari categorie di
N. 14 del 3 aprile 1999
datori di lavoro idonee alla fruizione del beneficio. Posta tale
premessa, sulla caratterizzazione della società cooperativa nei
confronti del proprio socio lavoratore e nei confronti dell’Istituto di previdenza, deve farsi invece riferimento alla recente sentenza della Suprema Corte n.
638/97, sezione lavoro, che ha
motivato la successiva circolare
del Ministero del lavoro n. 5/
25558 del 7.3.1997 in materia di
estensione del part-time ai soci
lavoratori.
Nella citata sentenza viene
affermato che “… per una generale fictio-iuris propria della materia previdenziale, la cooperativa
– ai fini contributivi – è considerata datrice di lavoro dei propri
soci …”. Pertanto, nulla eccependo circa la conclamata prevalenza del rapporto societario tra socio e cooperativa rispetto alla
prestazione lavorativa in adempimento al contratto sociale, e
non intervenendo sulla particolare forma mutualistica che disciplina il lavoro cooperativo, la
Corte ha inteso collocare la società cooperativa – ai fini contributivi – nello stesso ambito di altri soggetti datori di lavoro.
In forza di tale sentenza non
può quindi considerarsi la cooperativa unicamente soggetto passivo di contribuzioni al pari di al-
- 241 -
tri soggetti datoriali e privarla poi
della posizione attiva da esercitarsi in occasione della fruizione
di benefici previdenziali.
Tenuto conto quindi che il
tenore autentico del richiamato
comma 9, articolo 8, L. 407/90
riserva l’agevolazione contributiva ai datori di lavoro e che di
datore di lavoro si tratta anche
in caso di cooperativa nello specifico dei fini contributivi, appare davvero difficoltoso sostenere la non applicabilità dell’agevolazione a favore delle cooperative.
Ove si consideri inoltre che la
collocazione al lavoro di un socio
è palesemente riconosciuta quale realizzazione della funzione sociale delle imprese cooperative,
come peraltro espressamente recita l’art. 45 della Costituzione, e
che trattasi di agevolazione da
concedersi a impresa senza fine
di lucro e disciplinata da scopo e
princìpi mutualistici, sorge la legittima convinzione che, in una
ipotetica graduatoria dei soggetti
idonei a fruire dell’agevolazione
in argomento, la società cooperativa di produzione lavoro occuperebbe di certo il posto più in
alto.
Renzo La Costa
CAPO SEZIONE
DIREZIONE REGIONALE DEL LAVORO – BARI
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale
Convegno sugli spezzoni contributivi
L’
Associazione R ING, promotrice delle cause-pilota cui si riferisce la sentenza della Corte Costituzionale
61/99, analizza i problemi conseguenti a detta sentenza, che
sono di ordine costituzionale e
di ordine previdenziale.
Secondo questa sentenza, chi
ha versato spezzoni contributivi
presso diverse gestioni previdenziali, senza poter conseguire il diritto a pensione per l’eccessivo
frazionamento, potrà scegliere
fra la costosissima ricongiunzione presso un’unica gestione e la
totalizzazione gratuita, ossia l’attribuzione di tanti pezzi di pensione, lasciando i contributi là
dove sono stati versati. Ma le
modalità devono essere stabilite
con legge.
L’aspetto costituzionale concerne la tipologia della sentenza,
la sua applicabilità ai casi pendenti, la sua efficacia nei confronti delle Casse privatizzate, che oggi incassano i contributi obbligatori da tutti i professionisti, pur
pagando le pensioni soltanto a
quelli che si iscrivono prima del
40° anno di età.
Gli aspetti pensionistici riguardano i modi di attuazione
della storica sentenza, la necessità di fare chiarezza sui costi, la
convenienza a scegliere la ricon-
giunzione o la totalizzazione.
Per un dibattito su questi problemi sono invitati parlamentari,
rappresentanti delle gestioni
previdenziali, professionisti, lavoratori dipendenti interessati al fenomeno del frazionamento con-
tributivo, sindacalisti.
Il pomeriggio sarà dedicato ai
soli associati per discutere aspetti
organizzativi ed eventuali problematiche personali.
Anna Campilii
ASSOCIAZIONE RING – COMITATO PREVIDENZA PROFESSIONISTI
organizza un
PUBBLICO DIBATTITO
per il giorno sabato 10 aprile 1999 dalle ore 9,30 alle ore 13,00
presso la Camera di Commercio – Via Verdi, 2 – PARMA
sul tema
PENSIONI FRAZIONATE
Nuove prospettive dopo la sentenza C.Costituzionale n. 61/99
RELATORI:
sen. Michele De Luca,
Presidente Commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali;
avv. prof. Anna Campilii,
previdenzialista.
L’argomento riguarda professionisti e dipendenti con problemi di ricongiunzione contributiva.
La situazione è sintetizzata dallo slogan:“chi cambia lavoro perde la pensione”.
Ora è intervenuta la sentenza C. Costituzionale 61/99, la quale ammette la
possibilità di ottenere delle pensioni pro-quota, ma rinvia ad una legge.
Sono invitati parlamentari, sindacalisti, professionisti e lavoratori dipendenti interessati al fenomeno del frazionamento contributivo.
Segreteria:
Associazione Ring – Comitato previdenza professionisti
Via Mazzini, 43 – Parma – Tel. 0521/487642-492261 – Fax 0521/487643-241292.
- 242 -
N. 14 del 3 aprile 1999
In un lampo passano le informazioni nei nostri studi. Proviamo a fermarne
qualcuna, indicandone la fonte. Contiamo così di dare una mano a chi per un attimo
si è distratto, come capita spesso anche a noi. (studio associato Paoli)
WEEK WORK
WORK
WEEK
N.
Argomento
69
Assistenza
malattia
Visite di controllo
Non riguardano
gli infortunati
Ai fini del controllo nelle fasce orarie, il lavoratore assente dall’azien- “Italia Oggi” del
da ha l’obbligo di restare a casa solo in caso di malattia e non di in- 20.3.99
fortunio. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati tassativamente da leggi speciali. La 638 del 1983 affronta le ipotesi di assenza per
malattia e non per infortunio (sentenza Cassazione, sezione lavoro,
n. 1452 del 20.2.99).
70
Pubblica
amministrazione
Semplificazione
Inps e
autocertificazioni
La semplificazione amministrativa degli enti pubblici prosegue con “Guida Normatialti e bassi. L’Inps comunque segnala ai propri dipendenti che le au- va” n. 50 del
tocertificazioni presentate dal richiedente dovranno essere sotto- 19.3.99
scritte davanti all’addetto Inps, il quale annoterà gli estremi del documento e redigerà la formula che la sottoscrizione è avvenuta in
sua presenza. Se l’autocertificazione è invece inviata per posta, per
essere valida deve essere accompagnata da copia del documento di
riconoscimento (messaggio Inps n. 21116 del 26.2.99).
71
Assicurazione
infortuni
Artigiani
Tutela
infortunistica
L’art. 4 del TU indica, fra i soggetti tutelati, gli artigiani, presi in consi- “Rivista di consuderazione in quanto tali, nella loro complessa veste di lavoratori-im- lenza aziendale”
prenditori. Un consistente indirizzo giurisprudenziale ha però disat- n. 5 del 15.3.99
teso tale principio limitando la tutela infortunistica alle prestazioni
manuali “stricto sensu” dell’artigiano. Più correttamente ora la Cassazione sta riconoscendo il diritto alla tutela di tutte quelle mansioni
che si ricollegano alla tipica attività artigianale. Utili considerazioni
di P. Gualtierotti.
72
Associazione in
partecipazione
Criteri distintivi
Sentenza
pretorile
Un gestore di ristorante aveva stipulato delle associazioni in parteci- “Rivista di consupazione con tutti i lavoratori (dal direttore al lavapiatti). Ad essi era lenza aziendale”
demandato il compito di far funzionare il locale. Il Pretore di Pistoia, n. 5 del 15.3.99
attraverso l’analisi del comportamento delle parti (nessuno aveva
mai preteso l’assunzione; i pagamenti erano conguagliati con gli incassi del ristorante, c’era il rendiconto, ecc.), è giunto al convincimento della genuinità e validità del contratto di aip. Anzi, per la lavapiatti
sembra più confacente non tanto l’aip, quanto un generico rapporto di lavoro coordinato ma autonomo (sentenza del 19 gennaio 1999).
73
Retribuzione
Superminimo
Meccanismi
di assorbimento
Analizzati i princìpi giuridici del meccanismo di assorbimento dei “Notiziario del lasuperminimi, M. Meucci analizza le vicende di tale voce retributiva voro” n. 9/99, De
nel caso di rinnovo contrattuale e di passaggio di categoria. Il confe- Lillo editore
rimento di un superminimo o il suo assorbimento costituiscono un
momento importante nelle relazioni all’interno dell’azienda. Utili considerazioni.
N. 14 del 3 aprile 1999
Oggetto
- 243 -
Fonte
FISCO IN PILLOLE
Agevolazioni – Patto sociale
Sconti alle imprese
per nuovi
investimenti
C
on la pubblicazione, sulla GU n. 64 del 18.3.99, del
DL 12.3.99, n. 63, il sistema tributario italiano si è arricchito di un nuovo elemento: la disciplina per la tassazione degli investimenti.
Nelle intenzioni del Governo
si vuole contrastare l’attuale momento congiunturale di recessione incentivando il ricorso immediato agli investimenti da parte
delle imprese.
“Le misure urgenti in materia di
investimenti e di occupazione” – di
cui al DL 63/99 – prevedono infatti la tassazione separata, con
aliquota ridotta pari al 19%, di
una parte del reddito Irpeg e Irpef delle società di capitali, degli
enti commerciali residenti e delle società ed enti non residenti,
con stabile organizzazione nello
Stato, delle società di persone ed
imprese individuali, pari all'ammontare degli investimenti in
beni strumentali nuovi al netto
degli ammortamenti deducibili
nell'esercizio, nei limiti dei conferimenti in denaro e degli utili accantonati a riserva.
Esso introduce, pertanto, nuo-
vi incentivi fiscali a favore delle imprese, operanti in qualsiasi zona
del territorio italiano, che effettuano nuovi investimenti negli anni
1999 e 2000.
Già con la Finanziaria ’99 tali
incentivi erano stati previsti nel
“collegato ordinamentale” di cui
si sta ancora discutendo in Parlamento, ma, data la lungaggine
del provvedimento legislativo, il
Governo ha voluto anticipare alcune rilevanti misure contenute
nel “patto sociale” (dovrebbe trattarsi di un “decreto a perdere”,
come già si verificò per la restituzione dell’eurotassa, perché verrà
fatto decadere con l’approvazione del collegato ordinamentale).
In pratica, l’adozione della forma
del decreto legge ha la sola finalità di anticipare l’entrata in vigore
delle agevolazioni. Possono beneficiare dell’agevolazione le imprese con qualsiasi forma giuridica, a prescindere dall’ubicazione
territoriale, dalla dimensione e
dal sistema di contabilità (ordinaria o semplificata) adottato.
Abbiamo già detto, per sommi capi, in cosa consistono queste
agevolazioni: le imprese che nel
1999 e nel 2000 effettuano investimenti in beni strumentali potranno beneficiare di una riduzione dell’aliquota Irpeg e Irpef purché, tuttavia, venga aumentato il
capitale investito nell’impresa.
Congiuntamente agli investimenti in beni strumentali si deve
verificare un aumento del capita-
- 244 -
le investito nell’impresa: il provvedimento vuol favorire, cioè, le
imprese che investono incrementando i mezzi propri. E in
materia la nozione varia a seconda che trattasi di società o di imprese individuali: per le società rilevano gli accantonamenti di utili
e i conferimenti in denaro, mentre per le imprese individuali rilevano gli utili non prelevati e gli
apporti di denaro. L’incremento
di mezzi propri va calcolato, secondo il DL 63/99, applicando le
regole previste ai fini della dit
(dual income tax).
L’autonomia fra i due periodi
d’imposta 1999 e 2000 è assoluta e tale da impedire il riporto
di una eventuale eccedenza.
Esempio: se un’impresa, nel 1999,
effettua nuovi investimenti pari a
100 con un aumento di capitale
pari a 100, ma ha un reddito imponibile di 70, non potrà riportare l’eccedenza di 30, non utilizzata nel ’99, sul reddito del 2000 (e
così dicasi per il 2000 rispetto al
2001).
I beni agevolabili sono quelli
strumentali ammortizzabili nuovi, cioè acquistati dal produttore,
dal rivenditore o prodotti dall’impresa, da destinare a strutture situate in Italia, con esclusione, in
ogni caso, degli immobili, delle
autovetture e degli altri veicoli.
Gli investimenti vanno considerati al netto delle cessioni, delle
dismissioni e degli ammortamenti
➦
N. 14 del 3 aprile 1999
(segue Fisco in pillole)
deducibili nel periodo (esempio:
se si acquista un macchinario che
vale 100 e la quota annuale di ammortamento è pari a 10, l’ammontare agevolabile è di 90).
Senza entrare ancora in complicati dettagli tecnici, possiamo
dire che il provvedimento, il quale nelle intenzioni dovrebbe facilitare e semplificare il rilancio del
sistema economico, in pratica
presenta troppi vincoli per esse-
re concretamente applicato nel
1999: basti pensare che i conferimenti in denaro nel corso dell’anno devono essere computati
in giorni, la coincidenza tra i due
parametri di fondo (investimenti
e incrementi patrimoniali) deve
avvenire all’interno dello stesso
anno e l’eventuale eccedenza
non è riportabile nell’anno successivo. In particolare, sarà necessario fare attenzione a calco-
lare gli investimenti netti tenendo conto anche delle cessioni,
delle dismissioni e degli ammortamenti dedotti nel periodo e a
calcolare gli incrementi di patrimonio che rilevano per intero se
si tratta di utili accantonati a riserva, mentre si computano in
giorni se derivano da versamenti
in denaro; i decrementi hanno
sempre rilievo dall’inizio del periodo d’imposta.
Iva – Presunzione
codice fiscale dell’acquirente;
– ricevuta fiscale purché integrata a cura dell’emittente con i
dati identificativi del cliente;
– documento di trasporto (ddt) o
di consegna, di cui al DPR 472/
96, progressivamente numerato dal ricevente;
– altro valido documento di trasporto, come, ad es., la lettera di
vettura, la polizza di carico, ecc.
In mancanza di tali documenti la presunzione è superata da:
– annotazione nel libro giornale
tenuto a norma del codice civile;
– annotazione in un apposito registro tenuto a norma dell’art.
39 del DPR 633/72.
– atto registrato presso l’ufficio
del Registro;
– annotazione nel registro degli
acquisti, tenuto ai fini Iva, contenente le indicazioni delle generalità del cedente, la natura
e la quantità dei beni e la data
di ricezione degli stessi.
Ovviamente il documento di
trasporto deve essere numerato
da parte del ricevente nella sola
ipotesi in cui si tratti di merce ricevuta a titolo diverso dalla vendita,
cioè in conto lavorazione, deposi-
to, comodato, appalto, ecc., e comunque per effetto di titolo traslativo della proprietà.
Per le cessioni gratuite di
beni, di cui all’art. 2, n. 4, del DPR
633/72, fatte ad enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficienza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle onlus, che il
successivo art. 10, n. 12, considera
esenti da Iva, occorre procedere
nel modo seguente:
La numerazione
del ddt e la cessione
gratuita dei beni
I
l DPR 441 del 10.11.97, che
detta nuove norme in materia di“presunzione”,dopo
la soppressione della bolla di accompagnamento, ha anche previsto, all’art. 3, la numerazione progressiva, da parte sia dell’emittente che del ricevente, del documento di trasporto o di consegna allo
scopo di vincere la presunzione.
Il DPR suddetto precisa, infatti, che per i beni, i quali formano
oggetto dell’attività propria dell’impresa e che si trovino nei luoghi in cui il contribuente svolge
le proprie operazioni, siano essi
acquistati, importati o prodotti, la
presunzione di acquisto può essere vinta se risulta da uno dei
seguenti documenti:
– fattura di acquisto;
– scontrino fiscale “parlante”,cioè
con la specificazione degli elementi attinenti la natura, la qualità e la quantità dell’operazione
e l’indicazione del numero di
N. 14 del 3 aprile 1999
- 245 -
– comunicazione scritta del cedente che deve pervenire all’ufficio Iva e al comando della
Guardia di finanza almeno 5
giorni prima della consegna, se
il costo dei beni è superiore a 10
milioni di lire;
– in tale comunicazione vanno indicati: la data, l’ora e il luogo
d’inizio del trasporto; il luogo
finale di destinazione; l’ammontare complessivo sulla base del prezzo di acquisto dei
beni ceduti gratuitamente; il
numero progressivo del ddt; la
dichiarazione sostitutiva di atto
notorio, o l’autocertificazione,
con la quale l’ente ricevente
attesta la natura, la quantità e
la qualità dei beni ricevuti gratuitamente.
STORIE DI LAVORO
I
l cav. Trombetti guarda
la posta. Caro principale,
dice una raccomandata,
si ricorda di me? Sono Mario C.,
quel ragazzino che lei chiamava
fulmine perché facevo gli scalini
quattro a quattro. Ora non li faccio più, ho quasi 60 anni e sto per
andare in pensione. Ho visto però
all’Inps che mi mancano le marche dei cinque anni che ho lavorato con lei. Senza quella tessera
non raggiungo i contributi necessari. Me la può inviare con cortese urgenza? Distintamente.
Caro Mario, mi ricordo di te
e di come volavi su e giù per le
scale. Mi dispiace che tu abbia
difficoltà con la pensione. Posso
dirti solo che io ho sempre pagato
puntualmente i contributi ogni
mese e conservo tutti i documenti. Naturalmente ho anche le ricevute Inps di quei 5 anni, come
puoi vedere dalle fotocopie che ti
mando. Spero che l’Inps si accontenti. Auguri.
Caro principale, l’Inps non si
accontenta, dice che non bastava
a quel tempo versare i contributi
integrativi. Bisognava anche acquistare le marche, applicarle sulla tessera che le avevo consegnato al momento della mia assunzione. Tessera che, all’atto della cessazione del rapporto, doveva essere restituita all’Inps o a me ai
sensi dell’art. 42 del r.d. 1422/24
(Cassazione 29.7.93, n. 8427; Cassazione 21.10.92, n. 11492).
Ma io non ho mai ricevuto la
Il tempo delle marche
tessera e neanche l’Inps. Ad evitare complicazioni legali la prego
caldamente di fare le debite ricerche.
Il cav. Trombetti parla al
consulente, che conferma: occorre assolutamente trovare quella tessera, altrimenti bisognerà
pagare per quel periodo ottanta
milioni con la procedura prevista
dall’art. 13 della L. 1338/62 (costituzione di rendita vitalizia mediante versamento della riserva
matematica).
Oggi è domenica. Sono le 14
e tutti i bravi cittadini si avviano
allo stadio. Tra loro però non c’è il
cav. Trombetti e neanche il consulente. Essi sono in soffitta, bianchi di polvere che più bianchi non
si può neanche col candeggio.
Aprono enormi fagotti invitando alcuni sorci, piuttosto risentiti per l’intrusione, a farsi da
parte e soprattutto a non scacarellare dappertutto, in modo così
incivile.
Ecco gli anni del dopoguerra, le carte ingiallite di allora,
quando c’era il miracolo e neanche ce ne accorgevamo, quando
Mario C. faceva gli scalini a quattro e quattro. Ed ecco, ma proprio
in fondo, la tessera con cinque
anni di marche. Il cavaliere e il
consulente la baciano e gridano
di gioia, mentre anche dallo stadio arriva l’urlo della vittoria.
Valfrido Paoli
TANTO PER RIDERE
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N. 14 del 3 aprile 1999
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N. 14 del 3 aprile 1999
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