articoli La responsabilità di un rinvio (De Lorenzis) La materia giuslavoristica è del consulente (Buscema) I liberi professionisti vogliono rappresentanza (Buonocore) Riallineamento retributivo e contributivo/1 (Balzano) Contributo soggettivo Enpacl entro il 15 aprile Agevolazioni ex L. 407/90 alle cooperative (La Costa) Convegno sugli spezzoni contributivi (Campilii) rubriche Week Work (Studio associato Paoli) Fisco in pillole (agevolazioni agli investimenti, ddt, cessioni gratuite) Storie di lavoro (Paoli) CONVEGNI ❑ A Firenze il 7 aprile (a pag. 235) ❑ A Torino il 9 aprile (a pag. 234) ❑ A Parma il 10 aprile (a pag. 242) ❑ A Firenze il 15 aprile (a pag. 235) ❑ A Bergamo il 15 aprile (v. n. 10/99) 230 234 236 237 240 241 242 243 244 246 Successo della manifestazione a Venezia (Forcolin a pag. 232) 3° Congresso Nazionale Sorrento 28, 29, 30 aprile (a pag. 231) Elezioni Enpacl La responsabilità di un rinvio C ome già saprete le elezioni del Consiglio di amministrazione dell’Enpacl, che dovevano tenersi il 26.3.99, sono state rinviate alla data che deciderà il vecchio Cda, presumibilmente il giorno 23 aprile 1999. Non è mia abitudine rivangare fatti accaduti alla ricerca del colpevole ma poiché mi sono reso conto che in occasione di queste elezioni sono state raccontate, ad arte, una serie di menzogne desidero far conoscere quanto realmente successo ad evitare che la costante campagna diffamatoria finisca con l’attribuire all’Ancl responsabilità che non ha. Sarebbe facile dire che si è trattato di un errore del Comitato elettorale, ma è troppo semplice prendersela con quei colleghi che hanno accettato il gravoso compito di far parte del Comitato elettorale e che, nella confusione del momento, hanno sbagliato, “in vigilando” e trascurare, invece, le responsabilità “politiche” di chi ha contribuito a creare i presupposti perché avvenisse l’errore e di chi lo ha materialmente commesso. L’assemblea dei delegati era presieduta dal collega Oreste Bertucci, in qualità di delegato anziano. Ma il collega, in tutti questi anni, non ha mai trovato il tempo di studiare il regolamento e così, anziché lasciare al Comitato elettorale il compito di valutare e proporre i limiti temporali per la raccolta delle presentazioni di li- ste ed accettazioni di candidatura, provvedeva egli stesso a mettere in votazione una sua proposta, che prevedeva margini temporali assai ristretti e che, pur accettata, ha comunque creato i presupposti della confusione e del sovraffollamento che hanno reso più facile l’errore. Candidati e presentatori di lista dovevano firmare entro le ore 13.00. La lista dell’Ancl è stata regolarmente presentata nei termini previsti, unitamente alle firme di presentazione ed accettazione candidature. Una seconda lista Ancl è stata presentata e poi ritirata perché 2 candidati, Zovetti e Rossi, che fino a 10 minuti prima avevano garantito la loro presenza in lista si sono invece candidati nella terza lista, senza neanche avvisarci. Così la terza lista raccoglieva un gruppo quanto mai “eterogeneo”, dalla collega Gheido a De Crignis della Fenasicl (anche lui con noi fino al mattino), dalla collega D’Alessandro ad Adalberto Bertucci. Fino a qui tutto bene, se non fosse per il fatto che le colleghe Gheido e D’Alessandro, le capolista, sapendo che i delegati a loro vicini non avrebbero mai firmato una lista in presenza della candidatura del collega Bertucci, hanno prima raccolto le firme di presentazione su una lista di 7 candidati e soltanto dopo aggiunto all’ottavo posto il candidato Adalberto Bertucci. A quel punto il termine per la - 230 - sottoscrizione era scaduto e c’erano già gli estremi per dichiarare illegittima la lista ma, nell’intento di non rinviare le elezioni, non abbiamo frapposto ostacoli affinché si domandasse ai presentatori di confermare la loro sottoscrizione pur in presenza del nominativo aggiunto. Ben 4 presentatori non hanno confermato la sottoscrizione, dichiarando esplicitamente di non condividere più quella lista e denunciando così di essere stati presi in giro. Venute meno queste 4 sottoscrizioni la lista era ferma a quota 19 sottoscrittori, non sufficienti in quanto il numero minimo è di 20. La proposta di riaprire i termini per la presentazione delle liste veniva respinta dall’assemblea dei delegati nel convincimento che una delibera in tal senso avrebbe potuto essere impugnata con ragione da chiunque perché illegittima. A quel punto, preso atto della presenza di una sola lista valida (quella dell’Ancl) le elezioni venivano rinviate, come previsto dal regolamento. Una conclusione amara, che costerà alla categoria circa 100 milioni di oneri diretti a carico dell’Enpacl, oltre ai disagi provocati a più di 100 colleghi, che dovranno assentarsi dallo studio in un momento così delicato per il lavoro. Ciò testimonia ancora una volta come l’arroganza di certi colleghi non si fermi di fronte a nulla. Roberto De Lorenzis N. 14 del 3 aprile 1999 CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO con l’alto patronato del Presidente della Repubblica On. Oscar Luigi Scalfaro organizza il 3° CONGRESSO NAZIONALE DEI CONSULENTI DEL LAVORO per i giorni mercoledì 28, giovedì 29 e venerdì 30 aprile 1999 presso il Sorrento Palace – Via S. Antonio – Sorrento (NA) I GIORNATA – 28 aprile 1999 cdl ROBERTO DE LORENZIS; cdl EDMONDO DURACCIO; prof. DOMENICO GAROFALO; cdl PAOLO MENEGHETTI. Inizio dei lavori ore 15.30. Saluto ai partecipanti: dott. EDMONDO DURACCIO, Presidente del Consiglio Provinciale dell’Ordine di Napoli; prof. FERDINANDO PINTO, Sindaco di Sorrento. Coordinamento dei lavori a cura del prof. MARIO NAPOLI. Interventi programmati. Dibattito – Tavola rotonda: moderatore dott. MARCO FABIO RINFORZI, Capo Redattore de “Il Sole 24 ore”. Relazione del Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine, GABRIELLA PERINI. III GIORNATA – 30 aprile 1999 Presentazione risultati indagine del Censis sui consulenti del lavoro. La qualità nella professione di consulente del lavoro Interventi programmati. Relazioni: II GIORNATA – 29 aprile 1999 I consulenti del lavoro, l’impresa e l’occupazione Relazioni: ● ● ● ● ● ● ● Ricognizione degli attuali costi normativi ed economici del lavoro Strumenti per l’ingresso nel mercato del lavoro La flessibilità previdenziale L’impatto sul mercato del lavoro della previdenza complementare La flessibilità nella contrattazione collettiva Verso una flessibilità degli incentivi La pressione fiscale ostacolo all’occupazione e alla crescita dell’impresa. Quali rimedi? Relatori: prof.ssa MARIA NOVELLA BETTINI; avv. ANTONIO PILEGGI; avv. PIERO GUALTIEROTTI; prof. EDOARDO GHERA; ● ● La certificazione delle competenze La certificazione della struttura Relatori: dott.ssa MARIA PIA CAMUSI; ing. PIERO CONVERSANO. Interventi programmati. L’organizzazione delle attività professionali Relazioni: ● ● Legge quadro di riforma degli Ordinamenti professionali e società tra professionisti Giudizio di conformità delle proposte formulate con gli orientamenti comunitari Relatori: prof. GIOVANNI PUOTI. prof. UMBERTO CARABELLI. Interventi programmati. Conclusione del Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine, GABRIELLA PERINI. Termine dei lavori ore 13.30. Segreteria organizzativa: Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro – Via Cristoforo Colombo, 456 – 00145 R O M A Tel. 06/5412025 – Fax 06/5408282 – e-mail: [email protected] N. 14 del 3 aprile 1999 - 231 - Quasi 500 i colleghi presenti Grande successo della manifestazione di Venezia L a manifestazione nazionale svoltasi a Venezia – isola della Giudecca – sabato 20 marzo 1999 è stata un grande successo ed ha visto la partecipazione di quasi 500 colleghi, alcuni provenienti anche da lontano. Grande merito va riconosciuto ai colleghi del Veneto, che hanno saputo recuperare il ritardo iniziale ed hanno curato in ogni dettaglio la manifestazione, ottenendo perfino una bellissima giornata primaverile. Presenti tutti i vertici della nostra categoria. Di alto livello la rappresentanza “politica”, che ha visto la partecipazione di ben due Sottosegretari al Ministero del lavoro, i senatori Bianca Maria Fiorillo e Luigi Viviani. I loro interventi hanno ovviamente ricalcato la linea del Governo sulle libere professioni suscitando, altrettanto ovviamente, la disapprovazione dei colleghi presenti. Al di là delle differenze di opinione, riteniamo comunque un fatto positivo il dialogo aperto con i politici, che dovrebbero però avere la bontà di ascoltare anche le ragioni degli altri e non fuggire sistematicamente dopo il loro intervento. Molto interessanti ed applauditi, invece, gli interventi del prof. Brunetta e del dott. Sacconi, Direttore dell’OIL (International Labour Office) per l’Italia nonché, come egli stesso ha ricordato, socio onorario dell’Ancl. Fra le altre professioni particolarmente gradita la partecipazione del Presidente Nazionale dei dottori commercialisti, Francesco Serao; anche il suo intervento merita attenta analisi, soprattutto per la proposta di referendum abrogativo dei caf. Molto gradito anche l’intervento del dr. Sponchia, Presidente Aniv, che ha tenuto a sottolineare la grande professionalità dei consulenti del lavoro e la tranquillità dei funzionari Inps quando sanno di avere di fronte a loro professionisti preparati. Nei prossimi numeri dedicheremo ampio spazio agli interventi ed all’analisi delle relazioni proposte, perché la manifestazione di Venezia, boicottata come al solito da “IL SOLE-24 ORE”, resta una tappa importante nel dibattito in corso sulle libere professioni. I professionisti nel mondo dell’economia P er inquadrare esattamente i professionisti nel mondo dell’economia basta soffermarci un attimo e chiederci chi, oggi, essi siano. Per esprimere delle valutazioni macroeconomiche delle loro potenzialità, del loro radicamento nel tessuto economico e sociale italiano, delle nuove possibilità di sviluppo nel breve/ medio periodo, basta fare riferimento, anzitutto, all’esperienza quotidiana, sotto gli occhi di tutti. Le professioni liberali sono una galassia composita e variegata di soggetti: dal medico all’avvocato, dal consulente del lavoro al geologo, dal ragioniere all’architetto, dal dottore commercialista all’ingegnere, dal giornalista al geometra; le professioni rappresentate presso il CNEL sono, infatti, più di 130 e tendono ad aumentare di giorno in giorno. I più recenti studi sulle attività economiche indicano in circa 10.000 i “mestieri”, le professioni attualmente esercitate; si ritiene che nel giro di 10/15 anni altrettante ne saranno inventate e molte di queste graviteranno nel mondo delle libere professioni. Ma, è bene chiederci oggi chi e quanti siano veramente i professionisti in Italia; sono un numero consistente che, nell’ultimo ventennio, dall’inizio degli anni ’80 ad oggi, ha conosciuto il maggiore trend di crescita rispetto a qualsiasi altra attività economica. Il CENSIS stima che i professionisti siano cir- - 232 - ca 1.500.000, per l’esattezza 1.560.000. Essi non pesano solo per il loro numero, ma anche per l’occupazione che direttamente e indirettamente riescono a creare. Stime approfondite non ne esistono. Per difetto è possibile ipotizzare che l’occupazione diretta nelle libere professioni pesi per circa 1,2/ 1,5 milioni di altri addetti, tra lavoratori subordinati e parasubordinati. A tale proposito, chiedo ai politici: a quando l’emanazione di un testo unico sul parasubordinato? Testo unico che speriamo, e sarebbe la prima volta, possa nascere chiaro e trasparente, permetta di evitare l’emanazione di migliaia di circolari esplicative e non lasci troppo spazio a interpretazioni individuali, diverse da burocrate a burocrate. L’occupazione nel settore delle libere professioni può essere valutata complessivamente a 2,7/3 milioni di addetti; siamo il ramo produttivo con maggior numero di addetti e di occupazione nelle attività economiche e nelle piccole/medie imprese il numero di addetti diviso per aggregati è quello riportato nella tabella alla pagina seguente. Le libere professioni sono, quindi, l’attività economica che in Italia vanta il maggior numero di occupati. Al tavolo delle trattative per il patto sociale, stranamente, le libere professioni non sono ancora state invitate, pur potendo pesare sul ➦ N. 14 del 3 aprile 1999 (segue) imposte dirette versate (Irpef): L. 7.500/9.000 miliardi; ● retribuzioni erogate ai dipendenti: L. 8.000/9.000 miliardi; ● contributi versati all’Inps: L. 3.000/3.600 miliardi. Dati economici aggregati che rappresentano più del doppio del comparto moda in Italia. I recenti provvedimenti legislativi di assistenza fiscale dei caaf (D.Lgs. 28.12.98, n. 490) rischiano di mettere a repentaglio la potenzialità delle tre professioni se non verrà corretta l’attuale normativa. Le professioni comunque resteranno per molti anni senza un vero e preciso sviluppo. Per far ciò si vuole introdurre il professionismo di Stato, ponendo un contributo a carico della collettività per finanziare attività di tipo privatistico che in ogni altro Paese occidentale a economia liberale sono invece poste a carico del singolo utente e ciò non per calmierare i prezzi, ma per fornire un sostanzioso aiuto 250/ 300 miliardi ai caaf che, attualmente, non possono che essere di derivazione sindacale. È in definitiva un aiuto alle organizzazioni sindacali per trovare iscritti. Non sta a noi dire se ciò sia corretto oppure no; certo è che non possiamo non rilevare con grande insoddisfazione che così vengono stravolte le regole del mercato; regole che l’esecutivo dice di voler introdurre, perché obbligato dall’anti-trust, quando parla della riforma e della parziale abolizione degli Ordini professionali. Che furbata! Contemporaneamente infatti crea sacche di privilegio a beneficio del sindacato, a scapito delle professionalità, e, appare chiaro, delle garanzie degli utenti. Noi pensiamo che lo Stato non dovrebbe intervenire nel mondo dell’economia in modo tanto squilibrato. Qualora ritenesse necessario intervenire dovrebbe farlo con equità nel rispetto di tutti i soggetti presenti sul mercato. Probabilmente i liberi professionisti si sono macchiati di un peccato originale che devono ancora scontare. Per loro stessa natura sono individualisti e mal sopportano una disciplina di gruppo, non sentono con altre categorie economiche la ne● tessuto socio-economico italiano con i numeri suindicati. Una dimenticanza? Nessuno lo crede. Pare piuttosto che la scelta degli interlocutori alla trattativa sia più importante della soluzione dei problemi. Prendiamo ad esempio la disoccupazione. È serio affrontare questo problema sociale ed economico senza trovare al tavolo i professionisti? Se si vuole veramente affrontare il più importante problema italiano, la disoccupazione, i professionisti non possono essere tenuti fuori dalla porta, ma devono partecipare con pari responsabilità e con pari dignità alle trattative tra le forze economiche e il Governo. Proseguendo nella disamina dei dati economici relativi alla galassia delle libere professioni dobbiamo rilevare dati macroeconomici significativi; i professionisti pesano sull’economia italiana per: ● volume d’affari L. 230.000/280.000 miliardi; ● imposte indirette pagate (Iva, tasse comunali) L. 35.000/42.000 miliardi; ● imposte dirette pagate (Irpef) L. 90.000/115.000 miliardi. Anche sotto l’aspetto del welfare i professionisti presentano dati che non possono non essere presi in considerazione. Essi pagano qualcosa come 28.000/30.000 miliardi di retribuzioni; i versamenti dei contributi dovuti per legge all’Inps ammontano a 15.000/18.000 miliardi. Sono cifre che da sole non hanno bisogno di altri commenti. Restringendo il campo ai professionisti economici (dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali, consulenti del lavoro) essi pesano economicamente per: ● professionisti iscritti ai 3 Ordini professionali: n. 100.000; ● n. addetti complessivi del comparto: n. 360.000/400.000; ● volume d’affari: L. 25.000/30.000 miliardi; ● imposte indirette versate (Iva, imposte comunali): L. 6.000/7.000 miliardi; Distribuzione addetti per settore SETTORE Libere professioni Aziende artigiane Aziende commerciali Altre aziende inf. ai 50 addetti Aziende del terziario Totale p./m. imprese N. 14 del 3 aprile 1999 POSIZIONI INDIVIDUALI 1.560.000 1.300.000 850.000 200.000 150.000 4.060.000 N. ADDETTI COMPLESSIVI 2.700.000/3.000.000 2.700.000 2.000.000 2.000.000 1.200.000 10.600.000/10.900.000 - 233 - cessità di fare gruppo. Ritengono, ormai a torto, di poter fare da soli; devono invece imparare che per essere protagonisti devono fare gruppo, devono, così come facciamo oggi, conoscere e far conoscere la loro forza; in ultima analisi, devono poter contare per quello che pesano. Le professioni liberali hanno sbagliato a non chiedere mai; se avessero battuto i pugni e mostrato i muscoli, magari minacciando riduzioni di personale e licenziamenti, avrebbero ottenuto quello che i grandi gruppi industriali italiani per mezzo secolo hanno sempre avuto, promettendo posti di lavoro che in realtà quasi mai hanno realizzato. I professionisti possono però sostenere con orgoglio che quello che hanno fatto, l’apporto che hanno dato allo sviluppo del nostro Paese è stato vero, profondo e duraturo; essi non hanno mai delocalizzato all’estero nei Paesi emergenti per sfruttare bassi salari, né hanno esportato fuori dell’Italia i capitali nei cosiddetti paradisi fiscali. Siamo stati bravi professionisti e altrettanto bravi cittadini, abbiamo fatto la nostra parte con coscienza e dignità. Vorremmo e potremmo fare di più; sta al nostro Stato, all’Italia, alla classe politica che oggi ci comanda sfruttare al meglio le nostre conoscenze. Vorremmo che si voltasse finalmente pagina e che da oggi si pensasse al mondo professionale come a quella parte del tessuto sociale ed economico che non può essere uccisa, pena l’impoverimento culturale e professionale della nostra società. Oggi possiamo dire, senza tema di essere smentiti, che vorremmo diventare da esecutori a propositori. I professionisti, se interpellati, potrebbero diventare effettivamente i consulenti tecnici, ognuno per il proprio ramo d’attività, dello Stato; se interpellati saremmo sicuramente in grado di proporre rimedi pratici per risolvere la gigantesca burocrazia dello Stato che riesce ad emanare migliaia di circolari all’anno spesso in contrasto l’una con l’altra. Mi limito ad un esempio: le professioni economiche potrebbero, se interessate, dare una mano a questa povera Italia che, in certe parti, riesce ad assumere più di 300.000 cittadini extracomunitari ed in altre parti ha una disoccupazione, specialmente giovanile, identica a quella dei Paesi del Magreb. Ovviamente, signori politici, non lo faremo gratis, ma la storia e l’economia ci insegnano che, oggi più che mai, è ancora valido l’insegnamento di Adam Smith: “... non ci aspettiamo la nostra ricchezza dalla benevolenza dello Stato, ma dal suo tornaconto ...”; quindi, chiediamo maggior coinvolgimento perché siamo sicuramente in grado di fare la nostra parte. Giorgio Forcolin Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del Tar La materia giuslavoristica è del consulente S top all’affidamento dell’attività di elaborazione delle buste paga ai ced. È questa la conclusione a cui è giunto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 243/99 depositata il 2 marzo scorso. I giudici di palazzo Spada, infatti, hanno respinto senza mezzi termini il ricorso in appello proposto dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale per l’annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio n. 913 del 14 agosto 1987. Con la sentenza anzidetta, il Tar del Lazio aveva dato ragione ai consulenti del lavoro che avevano impugnato la circolare del Ministero del lavoro 12.7. 1986, n. 82, con la quale il dicastero di via Flavia, ai fini della repressione dell’abusivismo nella professione di consulente del lavoro, aveva affidato al “prudente apprezzamento degli ispettori regionali e provinciali del lavoro l’individuazione delle piccole imprese e delle imprese artigiane” legittimate a usufruire dei servizi predisposti dalle associazioni di categoria per lo svolgimento delle attività riservate ai consulenti del lavoro. Il Ministero, di fronte al Consiglio di Stato, aveva ribadito, nel merito, la legittimità della circolare nella parte in cui consentiva ai datori di lavoro di avvalersi dei centri elaborazione dati per servizi e attività di calcolo che egli poteva svolgere direttamente. I giudici del Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, han- no invece osservato che la circolare 82 “detta disposizioni, dichiaratamente, praeter legem, le quali, indipendentemente dalla verifica se si pongano o no anche contra legem, sono preordinate, in quanto tali, a integrare l’ordinamento vigente, dettando, in via di autoregolamentazione nel suo complesso e in via di etero regolamentazione dell’attività specifica degli Ispettorati del lavoro, norme di comportamento generali, idonee a vulnerare immediatamente l’interesse della categoria professionale dei consulenti del lavoro a veder rispettate le competenze a essa riservate, in via esclusiva, dalla norma primaria”. Tale lesione si consuma, invero, nel momento stesso in cui si impartiscono direttive agli organi ispettivi perché si discostino dalla “pedissequa applicazione delle norme di legge” e adottino un criterio di valutazione soggettivo, fondato, senza ulteriori indicazioni, sul loro “prudente apprezzamento”, a prescindere, poi, dalla circostanza che, nella effettuazione dei singoli controlli, si giunga o meno a conclusioni conformi alla normativa vigente. Sostanzialmente è stato considerato illegittimo il comportamento dell’amministrazione, in quanto ha introdotto margini di discrezionalità in una materia vincolata al rispetto di ben precise norme di legge. In riferimento all’attività dei centri elaborazione dati e in particolare all’alibi, dietro il quale spesso si sono trincerati, di eseguire compiti meramente esecutivi o di avvalersi di consulenti del lavoro, il Consiglio di Stato ha, giustamente, bocciato in toto la loro attività se riguardante la materia del lavoro. Secondo i giudici, si legge nella sentenza, anche i compiti di natura esecutiva non possono essere svolti da soggetti diversi da quelli espressamente contemplati dalla legge 12/79, i quali, peraltro, secondo quanto previsto dall’art. 2 della citata legge, possono avvalersi esclusivamente dell’opera dei propri dipendenti (ovvero perfettamente il contrario rispetto ai ced dotati di consulente). La sentenza consente ora di avere dei punti di riferimento più precisi affinché si possano, ➦ Incontro a Torino Il Consiglio Provinciale dell’UP Ancl di Torino ha programmato un incontro sindacale-professionale per il giorno 9 aprile 1999 alle ore 14,30 presso la Sala Ascom, Via Massena 20, con Roberto De Lorenzis, Presidente Ancl, e con Giovanni Cirmi, membro del Consiglio di amministrazione del Previclav. - 234 - N. 14 del 3 aprile 1999 (segue) UP ANCL DI FIRENZE finalmente, arginare il dilagante fenomeno dell’abusivismo e l’inaccettabile raggiro al contributo integrativo dovuto da parte di coloro che si avvalgono di ced interni. Estremamente positivi i giudizi in seno alla categoria dei consulenti del lavoro; il Presidente dell’Ancl, commentando il giudizio del Consiglio di Stato, ha affermato che “la sentenza conferma il ruolo insostituibile del consulente del lavoro nell’elaborazione dei listini paga. Ne prendiamo atto con piacere”, prosegue, “perché, se è vero che le professioni si spogliano dei compiti più semplici, è pur vero che fino a oggi questi compiti rappresentano la maggior fetta della domanda, una domanda che ci dà da vivere e che non intendiamo farci portare via da nessuno”. Rilancia De Lorenzis: “questa sentenza rende indispensabile la presenza nei caf di consulenti del lavoro. Questo ci spinge a rivendicare la possibilità di avere la direzione tecnica dei caf”. Circa i riflessi della sentenza il Presidente dell’Ancl ha dichiarato che “la sentenza afferma una realtà importante, che dobbiamo rivendicare anche nei confronti della pubblica amministrazione e degli enti locali. Infatti, proprio per l’amministrazione del personale negli enti locali, aziende pubbliche, municipalizzate ed ex municipalizzate, nella nuova visione di ricerca di efficienza, organizzazione ed economicità, si fa strada l’esigenza di fornire in outsourcing l’amministrazione stessa. Questo servizio è prestazione professionale, non può quindi essere affidato a centri elaborazione dati, ma deve necessariamente essere svolto da consulenti del lavoro”. Giuseppe Buscema N. 14 del 3 aprile 1999 in collaborazione con i CONSIGLI PROVINCIALI DELL’ORDINE DEI CDL DI FIRENZE E DI PRATO organizza due INCONTRI DI STUDIO per il giorno mercoledì 7 aprile 1999 alle ore 15.00 presso la Sala Siena – Hotel Novotel Firenze Nord Aereoporto – Via Tevere, 23 – Osmannoro (FI) sui temi COMPENSAZIONI D’IMPOSTA E VERSAMENTI RAVVEDIMENTO OPEROSO IN MATERIA DI VERSAMENTI MODULISTICA F24 E F23 DICHIARAZIONI: TEMPI, MODALITÀ, PRINCIPALI NOVITÀ RELATORI: dr. Cesare Pace e dr.ssa Simona Mannina, Direz. reg.le delle entrate per la Toscana; dr. Annibale Zaccagnini, Ufficio provinciale Iva di Firenze. ◆◆◆ per il giorno giovedì 15 aprile 1999, alle ore 14.30 presso l’Auditorium – Banca Toscana – Via Panciatichi – FIRENZE sui temi MODELLO 770/99 TRASMISSIONE TELEMATICA DELLE DICHIARAZIONI RELATORI: dr.ssa Laura Zaccaria; dr.ssa Carla Coppola. Segreteria: UP Ancl di Firenze – Tel. 055/7323029 – Fax 055/7323763. - 235 - Finalmente avviato il coordinamento unitario I liberi professionisti vogliono rappresentanza I l Governo è impegnato in una “ricognizione” per la verifica del grado di coesione dei liberi professionisti, in relazione alla riforma che coinvolge tale comparto; infatti in due occasioni ha convocato i massimi organismi delle categorie, prima gli Ordini, il 15 marzo, e il 22 le Associazioni. In entrambi gli incontri l’impressione che abbiamo ricevuto, in un uditorio poco attento, era quella di una grande apertura alle tematiche, ma, per gli osservatori più attenti, la sensazione è che si parli di argomenti già decisi in altre stanze con altri interlocutori. A riprova di ciò, nell’incontro del 22, la scaletta degli interventi è stata saggiamente composta, dando la parola in primis alla Fita, notoriamente componente di Confindustria, che non è benevola nei confronti dei professionisti, a suo dire superati in virtù di un libero mercato sempre più aperto alla concorrenza estera. Tutti gli altri interventi sono stati dello stesso tenore, quasi fossero concertati. Credo che chi come me era presente all’incontro, in rappresentanza delle libere professioni regolamentate, ha avuto la netta sensazione che il Governo non è ancora consapevole delle difficoltà a cui va incontro, nella speranza di concentrare l’attenzione sulla riforma degli Ordini da attuarsi con una legge delega in materia o con uno stralcio della normativa per le società professionali. La libertà delle professioni non può essere messa in discussione in funzione di un asservimento al ca- pitale, è una logica che non ci trova d’accordo, poiché la possibilità di infiltrazioni malavitose è elevata e la logica dei grandi numeri si scontra con la qualità della prestazione e determina la perdita dell’indipendenza del professionista. Vero è che il comparto deve essere modernizzato, ma questo non deve necessariamente essere uno stravolgimento dell’essenza delle libere professioni, che hanno contribuito, e contribuiranno, allo sviluppo economico del nostro Paese, in armonia con i trattati comunitari. In Europa il ruolo delle libere professioni ha una collocazione ben diversa; infatti esse vengono consultate preventivamente alla vigilia dell’emanazione di nuove leggi, per verificare l’impatto normativo sull’economia. La sorte di circa 4.500.000 cittadini-elettori, tra operatori diretti e indiretti, non può essere decisa attraverso una legge delega, soprattutto alla vigilia di importanti scadenze elettorali comunitarie. I liberi professionisti hanno bisogno di sapere se chi li rappresenterà al Parlamento europeo potrà farlo fino in fondo e con serenità d’animo: tali posizioni devono emergere in maniera netta prima della consultazione. Fino a oggi il nostro comparto è stato caratterizzato da una frammentazione di rappresentanza, che ha fatto comodo ai vari interlocutori politici, ma ora, per iniziativa della Consilp-Confprofessioni, degli Ordini, delle Casse e delle Associazioni, si è finalmente avviato un coordinamento unitario. I liberi professionisti non spa- - 236 - riranno nella notte senza offrire alcuna resistenza, in nome di un libero mercato che sembra solo uno slogan per mascherare l’accordo fra Confindustria e i sindacati dei lavoratori, che tende a lasciare sempre fuori dalla concertazione i liberi professionisti. Non si possono convocare i rappresentanti dei liberi professionisti al lunedì e al sabato precedente inviare il capo staff economico della Presidenza del Consiglio, Nicola Rossi, a una manifestazione nazionale organizzata dalla sinistra giovanile dal titolo:“Trasgredire gli Ordini”; questo atteggiamento non fa che confermare quanto affermato all’inizio: ci troviamo di fronte a un disegno già delineato. Immaginate solo per un attimo se contemporaneamente fosse proclamato uno sciopero nei settori della giustizia, medicina, professioni amministrative in concomitanza con scadenze tributarie; è evidente che il Paese potrebbe subirne le conseguenze, ma il nostro buon senso ci porta a considerare tali atteggiamenti come estremi e residuali rispetto a una logica di vera concertazione, che è la strada giusta per dipanare questa intricata matassa. Queste poche considerazioni devono far riflettere sul livello di esasperazione in cui vivono più di un milione di cittadini della Repubblica. La speranza è che l’azione del Governo tenda a stemperare tutte queste evidenti contraddizioni, per il benessere collettivo. Maurizio Buonocore N. 14 del 3 aprile 1999 Importante relazione tenuta a Napoli il 17 marzo u.s. Riallineamento retributivo e contributivo/1 rgomento interessantissimo e più attuale che mai, se non altro per la valenza che esso assume sui piani sociale ed economico del nostro Paese in quanto strettamente collegato al fenomeno del c.d. lavoro nero. Il primo timido tentativo esperito dal legislatore nell’affrontare lo spinoso problema dell’emersione graduale dal sommerso risale al lontano dicembre del 1988. Fu l’art. 10, comma 10, del DL 548/88, infatti, a battezzare la gracile norma che avrebbe dovuto consentire alle imprese ubicate nel territorio del Mezzogiorno d’Italia e nelle zone economicamente svantaggiate di riallineare le retribuzioni di fatto corrisposte ai propri dipendenti ai trattamenti economici previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Il legislatore, avvertendo la necessità di alleggerire in qualche modo il pesante ed, in molti casi, insostenibile gravame contributivo scaturente dall’applicazione dell’art. 1, comma 1, del decreto stesso (antesignano della tanto discussa retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale), affidò, ripiegato tra le norme della fiscalizzazione ed entro determinati limiti di spesa, alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, il potere di operare sconti A N. 14 del 3 aprile 1999 ai contratti collettivi nazionali di lavoro da esse stesse firmati, affinché avessero, a loro volta, prodotto sconti contributivi in deroga a quanto generalmente sancito, proprio come si fa con i prodotti di seconda scelta o durante il periodo dei saldi. Il percorso appariva fin troppo semplice. Bastava presentare al Ministero del lavoro un programma di riallineamento graduale dei trattamenti economici dei lavoratori ai livelli previsti nel corrispondente ccnl, indicare le modalità di attuazione ed i relativi tempi, e, mediante l’emanazione di un apposito decreto di concerto con il Ministero del tesoro, lo sconto retributivo e contributivo era assicurato. Dopo circa un anno, l’art. 6 della legge 389/89 recepì finalmente la disciplina del riallineamento retributivo, ma ancora una volta tutto si risolveva in sole poche righe, quelle del comma 11 che, non tenendo più conto delle aree territoriali economicamente svantaggiate, in caso di attuazione di un programma graduale di riallineamento alle retribuzioni da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza, offriva alle predette imprese la possibilità di sospendere la condizione prevista dalla sola lettera c) del comma nono dello stesso articolo 6, - 237 - che escludeva dal beneficio delle riduzioni contributive degli sgravi e delle fiscalizzazioni i lavoratori retribuiti con retribuzioni inferiori rispetto a quelle stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi nazionali di lavoro ovvero accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne fosse derivata una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo. Totalmente carente di dettagli, la norma si prestò a diverse interpretazioni che spaziarono dalla possibilità di ridurre gli oneri contributivi (utilizzando le retribuzioni di riallineamento come imponibile previdenziale) a quella di sanare situazioni pregresse in ordine a differenze retributive rivendicate dai lavoratori. Ma alla prevista scadenza del 31 maggio 1991, data ultima per il deposito degli accordi provinciali stabilita dal DL n. 129/90, calarono il sipario ed il silenzio sulla striminzita quanto apparentemente “generosa” norma. Confermando pienamente il carisma espressivo del famoso adagio che recita: “La lingua batte dove il dente duole”, a distanza di cinque anni e mezzo, dopo le ripetute prove effettuate sotto la regia di ben dieci decreti legge, sulle note della legge 608/96, si aprì il sipario del secondo atto. Il ➦ (segue) libretto fu scritto dall’art. 5, in verità più corposo dell’antenato comma 11, ma, a nostro avviso, ancora molto carente, anche se portatore di sostanziali novità, alcune delle quali, certamente allettanti, qui di seguito riportate: a) fu ridotto alle sole imprese industriali ed artigiane il campo di applicazione della norma, prima destinata a tutte le imprese; b) fu lasciato invariato l’effetto della sospensione alla sola condizione di lavoratori non retribuiti con retribuzioni conformi alle leggi, ai regolamenti e ai contratti collettivi nazionali di lavoro (lettera c) del predetto comma nono). Restavano dunque fuori dalla possibilità di regolarizzare la propria posizione le imprese totalmente sommerse e quelle che avevano denunciato orari e giornate di lavoro inferiori a quelli effettivamente svolti; c) fu ampliata la platea delle parti contraenti rimettendo la possibilità di definire accordi provinciali non solo alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative ma a tutte le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale di riferimento; d) fu riconosciuta agli accordi provinciali di riallineamento la stessa validità attribuita ai ccnl, anche ai fini dell’applicazione di tutte le normative nazionali e comunitarie, quindi, la possibilità di beneficiare, durante il periodo in itinere del riallineamento retributivo, non solo di sgravi e di fiscalizzazioni ma anche di altri benefici previsti dalla legge. L’impresa, al fine di rendere efficace tale sospensione, doveva sottoscrivere apposito verbale di recepimento con le stesse parti che avevano stipulato l’accordo provinciale; e) fu conseguentemente ammessa la riduzione dell’imponibile contributivo ai valori delle minori retribuzioni previste dal programma di riallineamento; f) fu introdotta la sanatoria generalizzata di tutte le pendenze contributive, anche pregresse; g) fu, infine, ammessa, anche se per una sola volta, la possibilità di modificare i programmi di riallineamento contributivo, compresi quelli già stipulati, in caso fossero intervenuti eventi rilevanti e non prevedibili. Così doveva essere legittimato e quindi sanato il comportamento dei pionieri del riallineamento retributivo che, negli anni 1989 e 1990, avevano in tal senso vaticinato la primitiva norma. Il comma 4 dell’art. 5 della legge 608/96, infatti, con il suo testo conciso e categorico, non generava dubbi. Il secondo periodo dello stesso comma 4, nel proporsi quale norma di interpretazione autentica dell’art. 1, comma 1, della legge 389/89 e nel riconoscere ai predetti accordi provinciali pari validità attribuita ai contratti collettivi nazionali, obliterava, per i contratti di riallinea- - 238 - mento, il biglietto speciale per accedere alla sanatoria contributiva attraverso la corsia preferenziale dei minimali contributivi di fonte contrattuale. Apriti cielo! L’Inps subito corse ai ripari regalandoci l’interpretazione dell’interpretazione che potremmo così simpaticamente riassumere. Care imprese e signori consulenti, badate bene che la disposizione di cui al comma 4 dell’art. 5 della legge 608/96 riguarda il solo comma 1 dell’art. 1 della legge 389/89. Ed il comma 2, quello che mantiene in vigore il minimale legale, l’avete dimenticato? Distinti saluti. E fu così che l’interpretazione autentica divenne autentica limitazione della voluntas legis considerato che la portata della norma costituiva per l’Istituto un pericolo davvero grande. La nuova disposizione, come detto, da una parte aveva ridotto il numero delle imprese partecipanti, dall’altra aveva ampliato il numero dei suoi gestori in quanto offriva la possibilità di stipulare contratti provinciali di riallineamento non solo alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, bensì a tutte quelle firmatarie del contratto collettivo cui il programma faceva riferimento, comprese a questo punto quelle che, pur non avendo partecipato alla sua stipulazione, l’avessero successivamente sottoscritto per adesione (cfr. ultima parte del secondo periodo del comma 1). La possibilità, poi offerta alle parti contraenti in sede provinciale, di apportare variazioni e proroghe al program➦ N. 14 del 3 aprile 1999 (segue) ma di riallineamento in caso di “rilevanti eventi non prevedibili” rappresentava per l’Istituto previdenziale la goccia che faceva traboccare il vaso. Entriamo nel merito. Dal momento che il comma 1 dell’art. 5 della legge 608/96 aveva riconosciuto agli accordi provinciali di riallineamento retributivo validità pari a quella attribuita ai contratti collettivi nazionali, le aziende che li recepivano venivano a trovarsi in presenza di due contratti collettivi vigenti nell’ambito dello stesso settore o categoria in cui operavano. A questo punto diventava importante per l’Inps verificare se le parti contraenti erano legittimate o meno alla stipula dei predetti accordi, memore della vigente legislazione che attribuisce detta legittimazione alle oo.ss. considerate maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Non solo. Attesa la necessità di garantire alle imprese parità di condizioni ai fini contributivi, si poneva il problema della retribuzione imponibile. Doveva essere uguale per tutte le aziende del settore, oppure poteva differenziarsi sulla base dei diversi contratti eventualmente esistenti? Mentre la norma in questione aveva naturalmente superato il problema della valenza contrattuale ed aveva sufficientemente precisato l’aspetto della retribuzione di riallineamento ai fini contributivi, nulla aveva chiarito rispetto al minimale contributivo legale. E sulla tigre del mancato riferimento al comma 2 dell’articolo N. 14 del 3 aprile 1999 1 della legge 389/89 l’Inps, ispirandosi all’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale il rapporto assicurativo previdenziale resta autonomo rispetto a quello retributivo (il primo deriva da un obbligo di legge, il secondo si fonda sull’autonomia negoziale delle parti), cavalcò il contrattacco modificando il valore dell’interpretazione autentica, dimenticando che la questione era stata già risolta dal legislatore con l’art. 2, comma 26, della legge n. 549 del 20 dicembre ’95. Tale norma aveva infatti sancito che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle oo.ss. dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative in una determinata categoria. Considerata la valenza di ordine generale della succitata disposizione, sia ai fini contributivi che nei casi in cui la legge prevede particolari agevolazioni come gli sgravi, si deduce che la presunta “parzialità” dell’interpretazione autentica dell’art. 1, comma 1, della legge 389/89, resa dal comma 4 dell’art. 5 della legge 608/ 96, altro non è che sistematica conoscenza della legislazione all’epoca vigente e quindi cosciente comportamento del legislatore atto ad evitare una repetita. Apparve dunque pretestuoso l’atteggiamento dell’Inps nell’appellarsi al rispetto di minimali che il legislatore non aveva voluto individuare proprio in virtù del valore speciale che intendeva attribuire alla norma, attesa la straordinarietà dell’obiettivo che si era prefissato. - 239 - Comprendiamo bene la reazione dell’Istituto previdenziale, ma non possiamo fare a meno di comprendere anche quella delle imprese eventualmente interessate a qualche programma di riallineamento retributivo. L’incertezza interpretativa sul versante contributivo e la totale mancanza di previsione degli aspetti fiscali, di quelli afferenti le sanzionatorie ed i contenziosi in corso, di quelli relativi alla salute ed alla sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, rappresentavano per esse carenze talmente importanti da rendersi determinanti ai fini del recepimento degli accordi e del riflesso conseguimento degli effetti sociali che il legislatore s’attendeva dall’applicazione della norma in questione. Questi, resosi conto dei “rischi” cui l’impresa “emergente” andava incontro, pensò di rivisitarla attraverso l’art. 23 della legge 196/97. Vediamo quali furono le modificazioni e le integrazioni più importanti. – Fu nuovamente generalizzata a tutte le imprese la possibilità di accedere al riallineamento. – La sospensione della condizione di corresponsione dell’ammontare retributivo fu estesa ai casi previsti dalle lettere a) e b) del comma 9 dell’art. 6 della legge 689/89: come ricordato, lavoratori non denunciati agli istituti previdenziali (lettera a), oppure denunciati con orari e giornate di lavoro inferiori a quelli effettivamente svolti, ovvero con retribuzioni inferiori a quelle previste al comma 1 ➦ come riferimento per il calcolo dei contributi era quella degli accordi di riallineamento. (segue) dell’art. 1 della legge stessa (lettera b). – Fu chiarito che la sanatoria, anche per i periodi pregressi, oltre a riguardare “le pendenze contributive ed a titolo di fiscalizzazione, ovvero di sgravi contributivi”, comprendeva le pendenze a titolo di leggi speciali in materia contributiva e delle sanzioni a ciascuna di esse relative, con estensione anche ai provvedimenti di esecuzione in corso, in qualsiasi fase e grado, contemplandola in tutti i suoi aspetti amministrativi, fiscali e penali. – Lasciando alle parti contraenti la libertà di modulare, in tempi e valori, il programma graduale di adeguamento ai trattamenti economici del ccnl di riferimento, furono indicati il limite minimo dell’imponibile contributivo iniziale – che non poteva essere inferiore al 25% del minimale contributivo – ed il tempo massimo di trentasei mesi entro il quale doveva avvenire l’accostamento al minimale contributivo legale, così superando ogni fantastica interpretazione. – Fu esplicitamente detto che la retribuzione da prendere – Fu disposto l’accredito dei contributi figurativi in ordine alle differenze scaturenti dal confronto tra i valori retributivi del contratto di riferimento e quelli stabiliti dall’accordo di riallineamento e, dulcis in fundo, fu stabilito che, “all’atto del definitivo riallineamento retributivo ai livelli previsti nei corrispondenti ccnl, sottoscritti dalle oo.ss. comparativamente più rappresentative”, venivano riconosciuti alle imprese, per i lavoratori interessati dagli accordi, gli incentivi previsti dalle norme vigenti per i casi di nuova occupazione. Vincenzo Balzano COORDINATORE CENTRO STUDI UP ANCL DI NAPOLI “O. BARONCELLI” (1 – continua) Contributo soggettivo Enpacl 1999 entro il 15 aprile Il contributo soggettivo annuo obbligatorio è riscosso a mezzo di bollettini di conto corrente postale, uno per ciascuna delle quattro rate previste aventi scadenza: 1ª rata: 15 aprile 1999 2ª rata: 15 giugno 1999 3ª rata: 15 settembre 1999 4ª rata: 15 novembre 1999 La prima rata del contributo soggettivo 1999 scade giovedì 15 APRILE 1999 Gli iscritti all’Enpacl dovranno effettuare il versamento della prima rata mediante l’apposito bollettino di conto corrente (mod. 12/Sogg.) precompilato incluso nel plico raccomandato che l’Enpacl ha spedito ai consulenti del lavoro. Il versamento deve essere eseguito esclusivamente con i bollettini precompilati dall’Ente. L’importo del contributo soggettivo annuo obbligatorio per l’anno ’99 è di L. 3.880.000 (euro 2003,85) nella misura intera e di L. 1.940.000 (euro 1001,93) nella misura ridotta. L’importo del contributo per l’indennità di maternità per libere professioniste ’99 ex lege 379/90 è di L. 100.000 (euro 51,64) ed è riscosso unitamente alla prima rata del contributo soggettivo. Per informazioni gli iscritti potranno rivolgersi al Servizio contributi dell’Enpacl – Viale del Caravaggio, 78 – 00147 Roma – Tel. 06/510541-Fax 06/51054225. - 240 - N. 14 del 3 aprile 1999 Ingiustificata l’esclusione Agevolazioni ex L. 407/90 alle cooperative C on messaggio n. 22923 dell’11 marzo 1999, l’Inps ha reso noto che l’agevolazione prevista dall’articolo 8, comma 9, della legge 407/90, ovvero la riduzione contributiva del 50% dei contributi assistenziali e previdenziali per assunzioni di lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi, o la riduzione totale per pari assunzioni effettuate nei territori del Mezzogiorno, non trova applicazione a favore dei soci lavoratori di società cooperative. Ciò in quanto – motiva l’Inps – la prestazione dell’attività lavorativa del socio in una cooperativa di produzione lavoro è da ricondursi all’adempimento del cd. contratto sociale e non all’adempimento dell’obbligazione scaturente dal tipico rapporto subordinato. Tale interpretazione restrittiva della norma, si auspica possa essere a breve riveduta in quanto, evidentemente, scaturita unicamente dall’interesse economico dell’Istituto e ben lungi dall’estensione da tempo in atto delle misure di tutela e contrattuali ai soci lavoratori di cooperative. Va preliminarmente affermato che il comma 9 del detto articolo 8 riveste carattere agevolativo esclusivamente contributivo, non individuando espressamente particolari categorie di N. 14 del 3 aprile 1999 datori di lavoro idonee alla fruizione del beneficio. Posta tale premessa, sulla caratterizzazione della società cooperativa nei confronti del proprio socio lavoratore e nei confronti dell’Istituto di previdenza, deve farsi invece riferimento alla recente sentenza della Suprema Corte n. 638/97, sezione lavoro, che ha motivato la successiva circolare del Ministero del lavoro n. 5/ 25558 del 7.3.1997 in materia di estensione del part-time ai soci lavoratori. Nella citata sentenza viene affermato che “… per una generale fictio-iuris propria della materia previdenziale, la cooperativa – ai fini contributivi – è considerata datrice di lavoro dei propri soci …”. Pertanto, nulla eccependo circa la conclamata prevalenza del rapporto societario tra socio e cooperativa rispetto alla prestazione lavorativa in adempimento al contratto sociale, e non intervenendo sulla particolare forma mutualistica che disciplina il lavoro cooperativo, la Corte ha inteso collocare la società cooperativa – ai fini contributivi – nello stesso ambito di altri soggetti datori di lavoro. In forza di tale sentenza non può quindi considerarsi la cooperativa unicamente soggetto passivo di contribuzioni al pari di al- - 241 - tri soggetti datoriali e privarla poi della posizione attiva da esercitarsi in occasione della fruizione di benefici previdenziali. Tenuto conto quindi che il tenore autentico del richiamato comma 9, articolo 8, L. 407/90 riserva l’agevolazione contributiva ai datori di lavoro e che di datore di lavoro si tratta anche in caso di cooperativa nello specifico dei fini contributivi, appare davvero difficoltoso sostenere la non applicabilità dell’agevolazione a favore delle cooperative. Ove si consideri inoltre che la collocazione al lavoro di un socio è palesemente riconosciuta quale realizzazione della funzione sociale delle imprese cooperative, come peraltro espressamente recita l’art. 45 della Costituzione, e che trattasi di agevolazione da concedersi a impresa senza fine di lucro e disciplinata da scopo e princìpi mutualistici, sorge la legittima convinzione che, in una ipotetica graduatoria dei soggetti idonei a fruire dell’agevolazione in argomento, la società cooperativa di produzione lavoro occuperebbe di certo il posto più in alto. Renzo La Costa CAPO SEZIONE DIREZIONE REGIONALE DEL LAVORO – BARI Dopo la sentenza della Corte Costituzionale Convegno sugli spezzoni contributivi L’ Associazione R ING, promotrice delle cause-pilota cui si riferisce la sentenza della Corte Costituzionale 61/99, analizza i problemi conseguenti a detta sentenza, che sono di ordine costituzionale e di ordine previdenziale. Secondo questa sentenza, chi ha versato spezzoni contributivi presso diverse gestioni previdenziali, senza poter conseguire il diritto a pensione per l’eccessivo frazionamento, potrà scegliere fra la costosissima ricongiunzione presso un’unica gestione e la totalizzazione gratuita, ossia l’attribuzione di tanti pezzi di pensione, lasciando i contributi là dove sono stati versati. Ma le modalità devono essere stabilite con legge. L’aspetto costituzionale concerne la tipologia della sentenza, la sua applicabilità ai casi pendenti, la sua efficacia nei confronti delle Casse privatizzate, che oggi incassano i contributi obbligatori da tutti i professionisti, pur pagando le pensioni soltanto a quelli che si iscrivono prima del 40° anno di età. Gli aspetti pensionistici riguardano i modi di attuazione della storica sentenza, la necessità di fare chiarezza sui costi, la convenienza a scegliere la ricon- giunzione o la totalizzazione. Per un dibattito su questi problemi sono invitati parlamentari, rappresentanti delle gestioni previdenziali, professionisti, lavoratori dipendenti interessati al fenomeno del frazionamento con- tributivo, sindacalisti. Il pomeriggio sarà dedicato ai soli associati per discutere aspetti organizzativi ed eventuali problematiche personali. Anna Campilii ASSOCIAZIONE RING – COMITATO PREVIDENZA PROFESSIONISTI organizza un PUBBLICO DIBATTITO per il giorno sabato 10 aprile 1999 dalle ore 9,30 alle ore 13,00 presso la Camera di Commercio – Via Verdi, 2 – PARMA sul tema PENSIONI FRAZIONATE Nuove prospettive dopo la sentenza C.Costituzionale n. 61/99 RELATORI: sen. Michele De Luca, Presidente Commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali; avv. prof. Anna Campilii, previdenzialista. L’argomento riguarda professionisti e dipendenti con problemi di ricongiunzione contributiva. La situazione è sintetizzata dallo slogan:“chi cambia lavoro perde la pensione”. Ora è intervenuta la sentenza C. Costituzionale 61/99, la quale ammette la possibilità di ottenere delle pensioni pro-quota, ma rinvia ad una legge. Sono invitati parlamentari, sindacalisti, professionisti e lavoratori dipendenti interessati al fenomeno del frazionamento contributivo. Segreteria: Associazione Ring – Comitato previdenza professionisti Via Mazzini, 43 – Parma – Tel. 0521/487642-492261 – Fax 0521/487643-241292. - 242 - N. 14 del 3 aprile 1999 In un lampo passano le informazioni nei nostri studi. Proviamo a fermarne qualcuna, indicandone la fonte. Contiamo così di dare una mano a chi per un attimo si è distratto, come capita spesso anche a noi. (studio associato Paoli) WEEK WORK WORK WEEK N. Argomento 69 Assistenza malattia Visite di controllo Non riguardano gli infortunati Ai fini del controllo nelle fasce orarie, il lavoratore assente dall’azien- “Italia Oggi” del da ha l’obbligo di restare a casa solo in caso di malattia e non di in- 20.3.99 fortunio. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati tassativamente da leggi speciali. La 638 del 1983 affronta le ipotesi di assenza per malattia e non per infortunio (sentenza Cassazione, sezione lavoro, n. 1452 del 20.2.99). 70 Pubblica amministrazione Semplificazione Inps e autocertificazioni La semplificazione amministrativa degli enti pubblici prosegue con “Guida Normatialti e bassi. L’Inps comunque segnala ai propri dipendenti che le au- va” n. 50 del tocertificazioni presentate dal richiedente dovranno essere sotto- 19.3.99 scritte davanti all’addetto Inps, il quale annoterà gli estremi del documento e redigerà la formula che la sottoscrizione è avvenuta in sua presenza. Se l’autocertificazione è invece inviata per posta, per essere valida deve essere accompagnata da copia del documento di riconoscimento (messaggio Inps n. 21116 del 26.2.99). 71 Assicurazione infortuni Artigiani Tutela infortunistica L’art. 4 del TU indica, fra i soggetti tutelati, gli artigiani, presi in consi- “Rivista di consuderazione in quanto tali, nella loro complessa veste di lavoratori-im- lenza aziendale” prenditori. Un consistente indirizzo giurisprudenziale ha però disat- n. 5 del 15.3.99 teso tale principio limitando la tutela infortunistica alle prestazioni manuali “stricto sensu” dell’artigiano. Più correttamente ora la Cassazione sta riconoscendo il diritto alla tutela di tutte quelle mansioni che si ricollegano alla tipica attività artigianale. Utili considerazioni di P. Gualtierotti. 72 Associazione in partecipazione Criteri distintivi Sentenza pretorile Un gestore di ristorante aveva stipulato delle associazioni in parteci- “Rivista di consupazione con tutti i lavoratori (dal direttore al lavapiatti). Ad essi era lenza aziendale” demandato il compito di far funzionare il locale. Il Pretore di Pistoia, n. 5 del 15.3.99 attraverso l’analisi del comportamento delle parti (nessuno aveva mai preteso l’assunzione; i pagamenti erano conguagliati con gli incassi del ristorante, c’era il rendiconto, ecc.), è giunto al convincimento della genuinità e validità del contratto di aip. Anzi, per la lavapiatti sembra più confacente non tanto l’aip, quanto un generico rapporto di lavoro coordinato ma autonomo (sentenza del 19 gennaio 1999). 73 Retribuzione Superminimo Meccanismi di assorbimento Analizzati i princìpi giuridici del meccanismo di assorbimento dei “Notiziario del lasuperminimi, M. Meucci analizza le vicende di tale voce retributiva voro” n. 9/99, De nel caso di rinnovo contrattuale e di passaggio di categoria. Il confe- Lillo editore rimento di un superminimo o il suo assorbimento costituiscono un momento importante nelle relazioni all’interno dell’azienda. Utili considerazioni. N. 14 del 3 aprile 1999 Oggetto - 243 - Fonte FISCO IN PILLOLE Agevolazioni – Patto sociale Sconti alle imprese per nuovi investimenti C on la pubblicazione, sulla GU n. 64 del 18.3.99, del DL 12.3.99, n. 63, il sistema tributario italiano si è arricchito di un nuovo elemento: la disciplina per la tassazione degli investimenti. Nelle intenzioni del Governo si vuole contrastare l’attuale momento congiunturale di recessione incentivando il ricorso immediato agli investimenti da parte delle imprese. “Le misure urgenti in materia di investimenti e di occupazione” – di cui al DL 63/99 – prevedono infatti la tassazione separata, con aliquota ridotta pari al 19%, di una parte del reddito Irpeg e Irpef delle società di capitali, degli enti commerciali residenti e delle società ed enti non residenti, con stabile organizzazione nello Stato, delle società di persone ed imprese individuali, pari all'ammontare degli investimenti in beni strumentali nuovi al netto degli ammortamenti deducibili nell'esercizio, nei limiti dei conferimenti in denaro e degli utili accantonati a riserva. Esso introduce, pertanto, nuo- vi incentivi fiscali a favore delle imprese, operanti in qualsiasi zona del territorio italiano, che effettuano nuovi investimenti negli anni 1999 e 2000. Già con la Finanziaria ’99 tali incentivi erano stati previsti nel “collegato ordinamentale” di cui si sta ancora discutendo in Parlamento, ma, data la lungaggine del provvedimento legislativo, il Governo ha voluto anticipare alcune rilevanti misure contenute nel “patto sociale” (dovrebbe trattarsi di un “decreto a perdere”, come già si verificò per la restituzione dell’eurotassa, perché verrà fatto decadere con l’approvazione del collegato ordinamentale). In pratica, l’adozione della forma del decreto legge ha la sola finalità di anticipare l’entrata in vigore delle agevolazioni. Possono beneficiare dell’agevolazione le imprese con qualsiasi forma giuridica, a prescindere dall’ubicazione territoriale, dalla dimensione e dal sistema di contabilità (ordinaria o semplificata) adottato. Abbiamo già detto, per sommi capi, in cosa consistono queste agevolazioni: le imprese che nel 1999 e nel 2000 effettuano investimenti in beni strumentali potranno beneficiare di una riduzione dell’aliquota Irpeg e Irpef purché, tuttavia, venga aumentato il capitale investito nell’impresa. Congiuntamente agli investimenti in beni strumentali si deve verificare un aumento del capita- - 244 - le investito nell’impresa: il provvedimento vuol favorire, cioè, le imprese che investono incrementando i mezzi propri. E in materia la nozione varia a seconda che trattasi di società o di imprese individuali: per le società rilevano gli accantonamenti di utili e i conferimenti in denaro, mentre per le imprese individuali rilevano gli utili non prelevati e gli apporti di denaro. L’incremento di mezzi propri va calcolato, secondo il DL 63/99, applicando le regole previste ai fini della dit (dual income tax). L’autonomia fra i due periodi d’imposta 1999 e 2000 è assoluta e tale da impedire il riporto di una eventuale eccedenza. Esempio: se un’impresa, nel 1999, effettua nuovi investimenti pari a 100 con un aumento di capitale pari a 100, ma ha un reddito imponibile di 70, non potrà riportare l’eccedenza di 30, non utilizzata nel ’99, sul reddito del 2000 (e così dicasi per il 2000 rispetto al 2001). I beni agevolabili sono quelli strumentali ammortizzabili nuovi, cioè acquistati dal produttore, dal rivenditore o prodotti dall’impresa, da destinare a strutture situate in Italia, con esclusione, in ogni caso, degli immobili, delle autovetture e degli altri veicoli. Gli investimenti vanno considerati al netto delle cessioni, delle dismissioni e degli ammortamenti ➦ N. 14 del 3 aprile 1999 (segue Fisco in pillole) deducibili nel periodo (esempio: se si acquista un macchinario che vale 100 e la quota annuale di ammortamento è pari a 10, l’ammontare agevolabile è di 90). Senza entrare ancora in complicati dettagli tecnici, possiamo dire che il provvedimento, il quale nelle intenzioni dovrebbe facilitare e semplificare il rilancio del sistema economico, in pratica presenta troppi vincoli per esse- re concretamente applicato nel 1999: basti pensare che i conferimenti in denaro nel corso dell’anno devono essere computati in giorni, la coincidenza tra i due parametri di fondo (investimenti e incrementi patrimoniali) deve avvenire all’interno dello stesso anno e l’eventuale eccedenza non è riportabile nell’anno successivo. In particolare, sarà necessario fare attenzione a calco- lare gli investimenti netti tenendo conto anche delle cessioni, delle dismissioni e degli ammortamenti dedotti nel periodo e a calcolare gli incrementi di patrimonio che rilevano per intero se si tratta di utili accantonati a riserva, mentre si computano in giorni se derivano da versamenti in denaro; i decrementi hanno sempre rilievo dall’inizio del periodo d’imposta. Iva – Presunzione codice fiscale dell’acquirente; – ricevuta fiscale purché integrata a cura dell’emittente con i dati identificativi del cliente; – documento di trasporto (ddt) o di consegna, di cui al DPR 472/ 96, progressivamente numerato dal ricevente; – altro valido documento di trasporto, come, ad es., la lettera di vettura, la polizza di carico, ecc. In mancanza di tali documenti la presunzione è superata da: – annotazione nel libro giornale tenuto a norma del codice civile; – annotazione in un apposito registro tenuto a norma dell’art. 39 del DPR 633/72. – atto registrato presso l’ufficio del Registro; – annotazione nel registro degli acquisti, tenuto ai fini Iva, contenente le indicazioni delle generalità del cedente, la natura e la quantità dei beni e la data di ricezione degli stessi. Ovviamente il documento di trasporto deve essere numerato da parte del ricevente nella sola ipotesi in cui si tratti di merce ricevuta a titolo diverso dalla vendita, cioè in conto lavorazione, deposi- to, comodato, appalto, ecc., e comunque per effetto di titolo traslativo della proprietà. Per le cessioni gratuite di beni, di cui all’art. 2, n. 4, del DPR 633/72, fatte ad enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficienza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle onlus, che il successivo art. 10, n. 12, considera esenti da Iva, occorre procedere nel modo seguente: La numerazione del ddt e la cessione gratuita dei beni I l DPR 441 del 10.11.97, che detta nuove norme in materia di“presunzione”,dopo la soppressione della bolla di accompagnamento, ha anche previsto, all’art. 3, la numerazione progressiva, da parte sia dell’emittente che del ricevente, del documento di trasporto o di consegna allo scopo di vincere la presunzione. Il DPR suddetto precisa, infatti, che per i beni, i quali formano oggetto dell’attività propria dell’impresa e che si trovino nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, siano essi acquistati, importati o prodotti, la presunzione di acquisto può essere vinta se risulta da uno dei seguenti documenti: – fattura di acquisto; – scontrino fiscale “parlante”,cioè con la specificazione degli elementi attinenti la natura, la qualità e la quantità dell’operazione e l’indicazione del numero di N. 14 del 3 aprile 1999 - 245 - – comunicazione scritta del cedente che deve pervenire all’ufficio Iva e al comando della Guardia di finanza almeno 5 giorni prima della consegna, se il costo dei beni è superiore a 10 milioni di lire; – in tale comunicazione vanno indicati: la data, l’ora e il luogo d’inizio del trasporto; il luogo finale di destinazione; l’ammontare complessivo sulla base del prezzo di acquisto dei beni ceduti gratuitamente; il numero progressivo del ddt; la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, o l’autocertificazione, con la quale l’ente ricevente attesta la natura, la quantità e la qualità dei beni ricevuti gratuitamente. STORIE DI LAVORO I l cav. Trombetti guarda la posta. Caro principale, dice una raccomandata, si ricorda di me? Sono Mario C., quel ragazzino che lei chiamava fulmine perché facevo gli scalini quattro a quattro. Ora non li faccio più, ho quasi 60 anni e sto per andare in pensione. Ho visto però all’Inps che mi mancano le marche dei cinque anni che ho lavorato con lei. Senza quella tessera non raggiungo i contributi necessari. Me la può inviare con cortese urgenza? Distintamente. Caro Mario, mi ricordo di te e di come volavi su e giù per le scale. Mi dispiace che tu abbia difficoltà con la pensione. Posso dirti solo che io ho sempre pagato puntualmente i contributi ogni mese e conservo tutti i documenti. Naturalmente ho anche le ricevute Inps di quei 5 anni, come puoi vedere dalle fotocopie che ti mando. Spero che l’Inps si accontenti. Auguri. Caro principale, l’Inps non si accontenta, dice che non bastava a quel tempo versare i contributi integrativi. Bisognava anche acquistare le marche, applicarle sulla tessera che le avevo consegnato al momento della mia assunzione. Tessera che, all’atto della cessazione del rapporto, doveva essere restituita all’Inps o a me ai sensi dell’art. 42 del r.d. 1422/24 (Cassazione 29.7.93, n. 8427; Cassazione 21.10.92, n. 11492). Ma io non ho mai ricevuto la Il tempo delle marche tessera e neanche l’Inps. Ad evitare complicazioni legali la prego caldamente di fare le debite ricerche. Il cav. Trombetti parla al consulente, che conferma: occorre assolutamente trovare quella tessera, altrimenti bisognerà pagare per quel periodo ottanta milioni con la procedura prevista dall’art. 13 della L. 1338/62 (costituzione di rendita vitalizia mediante versamento della riserva matematica). Oggi è domenica. Sono le 14 e tutti i bravi cittadini si avviano allo stadio. Tra loro però non c’è il cav. Trombetti e neanche il consulente. Essi sono in soffitta, bianchi di polvere che più bianchi non si può neanche col candeggio. Aprono enormi fagotti invitando alcuni sorci, piuttosto risentiti per l’intrusione, a farsi da parte e soprattutto a non scacarellare dappertutto, in modo così incivile. Ecco gli anni del dopoguerra, le carte ingiallite di allora, quando c’era il miracolo e neanche ce ne accorgevamo, quando Mario C. faceva gli scalini a quattro e quattro. Ed ecco, ma proprio in fondo, la tessera con cinque anni di marche. Il cavaliere e il consulente la baciano e gridano di gioia, mentre anche dallo stadio arriva l’urlo della vittoria. Valfrido Paoli TANTO PER RIDERE - 246 - N. 14 del 3 aprile 1999 Sempre più utile per i consulenti Servizio 730/99 telematico Ancl Un servizio ideato e realizzato tra colleghi professionisti per riportare le dichiarazioni 730 nell’ambito delle categorie professionali. 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