Quanti bambini lavorano? La prostituzione minorile I bambini soldato Le aree interessate Conseguenza fisiche e psicologiche Cosa possiamo fare? “Sono 246 milioni i baby lavoratori nel mondo. Un esercito di bambini e ragazzi impiegati in vari settori per lo più senza nessuna tutela. Di questi, la maggior parte (186,3 milioni) ha meno di 14 anni. Lo denuncia il rapporto dell'Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro) pubblicato oggi a Ginevra in occasione della terza giornata mondiale sul lavoro minorile che si svolge domani 12 giugno. L'Osservatorio sul lavoro minorile in Italia ha diffuso oggi i dati Istat sul fenomeno. Nel nostro Paese i baby lavoratori sono 144.285. Oltre la metà (il 59%) lavora con genitori o parenti.” Corriere della sera – 6 giugno 2004 Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, i bambini al lavoro al mondo sono oltre 250 milioni. Molti di essi operano - come ha evidenziato la campagna internazionale sui palloni da calcio - nella catena del subappalto e producono beni destinati anche al nostro consumo. Ma ciò non avviene solo in Pakistan, India, Bangladesh, Cina o Tailandia: recenti indagini giudiziarie hanno messo in evidenza come anche in Italia vi siano moltissimi laboratori clandestini dove gli adulti lavorano in nero e sono presenti anche molti bambini (circa mezzo milione). Le forme del lavoro minorile sono tra le più diverse: si va dalla riduzione in schiavitù vera e propria (diffusa in particolare nel settore dei lavoratori domestici: in Kenia il 78% dei domestici minorenni viene "pagato" in natura con gli avanzi dei pasti) al lavoro in fabbriche, laboratori, o nel settore agricolo. I bambini vivono spesso in condizioni drammatiche, con orari disumani, salari minimi ed assenza di ogni tutela della salute. Secondo una indagine di International Union Rights, il 70% del lavoro minorile nel sud est asiatico è legato alle imprese che esportano nei paesi industrializzati o a imprese transnazionali. Non ultime le fabbriche di tessuti o di giocattoli. Le convenzioni internazionali fissano per legge l'età minima di accesso al lavoro ma tali leggi sono del tutto disattese nei vari paesi. La prostituzione minorile Certo, qualcuno dirà che si tratta di sfruttamento e non di lavoro... Come lavorare in miniera a 10 anni, del resto. Nel mondo, ogni anno, almeno un milione di bambine viene avviato e costretto alla prostituzione. Un giro d'affari di diversi miliardi di dollari che vede coinvolti clienti senza scrupoli, sfruttatori, faccendieri ecc. Il motivo per cui molti bambine e molte bambine sono venduti ai mercanti della prostituzione è sempre il solito: la povertà. Molte famiglie sono costrette a consegnare i propri figli in cambio del riscatto del debito che non riescono a saldare. Il fenomeno è assai preoccupante, perché comporta la devastazione di una personalità; perché cagiona la totale caduta di ogni forma di autostima percependosi la persona come mero oggetto; perché spesso sviluppa un desiderio di annientarsi, di punirsi e di degradare con sé l'altro, ripagando con la violenza sul cliente la violenza subita. Recuperare queste persone non è impossibile: certo non è facile anche perché, ovviamente si sviluppa una forte pressione in senso contrario da parte di chi ha organizzato l'attività prostituiva e vive sugli ingenti proventi di questo fenomeno. La prostituzione minorile… Comunque è assai penoso il dover constatare come - malgrado le nuove illuminate disposizioni legislative che puniscono non solo il favoreggiatore e lo sfruttatore ma anche il semplice cliente che ha avuto un rapporto con una prostituta/o di minore età, e malgrado le deprecazioni sulla pedofilia nel nostro paese - la domanda di prostituzione giovanile non sia affatto diminuita anzi vada aumentando. In queste situazioni la mera civiltà repressiva - pur - necessaria - non può essere sufficiente: sarebbe indispensabile un radicale mutamento di cultura che invece non sembra affatto che si stia realizzando se solo si guarda a come il fenomeno è giudicato e rappresentato dai mezzi di comunicazione di massa. Bambini soldato Un settore, questo, in grande espansione. E' apparso in tutta la sua ampiezza durante le guerre africane degli ultimi anni. Il fenomeno è difficilmente quantificabile. Secondo il rapporto Unicef del 1996 i bambini soldato erano circa 200.000. Oggi il loro numero è certamente cresciuto. In Liberia sono circa 20.000 (un quarto dei combattenti in azione). Anche in Sierra Leone i bambini soldato sono molto "apprezzati": non devo essere pagati (al limite solo drogati), non hanno il senso del pericolo, sono particolarmente coraggiosi, vengono spesso usati come carne da macello da buttare in prima linea per rompere il fronte avversario o anche solo per aprire piste nei campi minati. In Mozambico una delle fazioni in lotta (la Renamo) ne ha utilizzati almeno 10.000. In Angola il 36% dei bambini aveva partecipato ad azioni di guerra ed il 7% aveva sparato ad un nemico. Durante il genocidio e la guerra in Rwanda i bambini venivano usati per "stanare" nella boscaglia gli adulti. Per alcuni di essi il premio era la testa mozzata della preda. Attualmente in Rwanda i baby soldato sono circa 8.000. Ricerche dell'Acnur testimonia della difficoltà immensa del recupero di personalità che abbiano subito o partecipato a così gravi violenze. Il motivo per cui si diventa baby soldato è semplice: se la guerra ti ha lasciato orfano, senza prospettive, senza possibilità di sopravvivere... Altre scelte non hai. La geografia del fenomeno: le aree interessate Le aree principalmente interessate al lavoro minorile sono Asia, soprattutto India, Pakistan, Nepal; Africa; America Latina, soprattutto Colombia, Brasile. Non sono però esclusi dal fenomeno Stati Uniti ed Europa, in particolare Regno Unito, Portogallo, Francia, Italia, e grandi città come Bogotá (Colombia) e Sialkot (Pakistan). Generalmente in tutto il mondo è presente il lavoro infantile, ma soprattutto nei paesi economicamente sottosviluppati, dove si presentano determinate condizioni che favoriscono questo fenomeno. Il lavoro infantile si presenta anche in regioni ricche di risorse e con un’economia florida, in cui però il reddito pro capite è molto basso e vi è un numero consistente di persone in stato di povertà, paesi dove, ad esempio in agricoltura, poche persone controllano buona parte dei terreni coltivabili. Le conseguenze fisiche, psicologiche e sociali L’esposizione continua a polveri, prodotti chimici, danneggia gli organi respiratori, gli occhi, il fegato, i reni. Portare pesi o assumere posture forzate molto a lungo può pregiudicare lo sviluppo osseo e la crescita. I rumori eccessivi causano sordità parziali. L’assenza di gioco o riposo, l’eventuale lontananza dalla famiglia hanno ripercussioni negative sulla psiche infantile. Il ricorso a bambini lavoratori sottopagati va di pari passo con la disoccupazione degli adulti e con una distribuzione ineguale della ricchezza. Senza bambini a disposizione per le piantagioni e le fabbriche, il lavoro dovrebbe essere assegnato agli adulti, i quali, eliminata questa concorrenza imbattibile, avrebbero anche un maggior potere di rivendicazione salariale e sociale. L’impiego in ambito familiare dei figli come braccianti nei campi e l’alto tasso di mortalità infantile presente in molti paesi, incentivano un gran numero di nascite, aumentando così la massa di lavoratori a basso costo. Un’altra grave conseguenza del lavoro infantile è rappresentata dal fatto che i bambini non possono frequentare regolarmente la scuola; oppure, se già la frequentano, devono abbandonarla, rimanendo come già affermato in precedenza in una condizione di analfabetismo. Cosa possiamo fare? Le iniziative di maggior effetto che il Nord del mondo sta compiendo per aiutare i lavoratori bambini, sono soprattutto a favore del Sud del mondo. Solo negli ultimi anni si sta affermando la consapevolezza che il problema si sta allargando anche dentro le nostre società. Negli ultimi anni abbiamo assistito a denunce molto forti relativamente ad aziende note che hanno dovuto rivedere, almeno in parte, i loro processi produttivi ed i rapporti con le ditte che forniscono il prodotto sul quale appongono il loro marchio. Alcune aziende sono arrivate a darsi anche codici di autoregolamentazione per tranquillizzare i consumatori relativamente all'eticità delle loro produzioni. Il ruolo dei consumatori è quindi molto importante per chiedere il controllo delle condizioni di lavoro quando si produce la merce, pena la sospensione degli acquisti. Cosa possiamo fare? L'obiettivo di queste azioni è far crescere fra i consumatori un criterio etico che guidi nel fare i propri acquisti, il che significa considerare quando si acquista qualcosa non solo se il prodotto è bello, di buona qualità, o con un prezzo adeguato ma anche se è stato realizzato senza violazione dei diritti umani. Le campagne di boicottaggio sono una delle vie praticate contro lo sfruttamento del lavoro minorile: una volta che si viene a sapere che una certa azienda o un certo prodotto incorpora il lavoro dei minori, si lancia una campagna chiedendo ai consumatori di non comprare quei prodotti. L'obiettivo di una campagna di boicottaggio è quello di indurre un singolo produttore o una multinazionale ad abbandonare comportamenti scorretti.