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Anno XVIII N° 5/2009 - 1 aprile
UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA
C
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Be r l usconi, incoronato presi d e n t e d e l P d l ,
dichiara: «Questa Sinistra fa opposizione al Paese»
Segnata la nascita di un “triumvirato”
«La nostra missione di governo è quella di portare l’Italia fuori da questa grave crisi causata
da “un virus’’ proveniente dagli Stati Uniti», ha rimarcato il presidente del Consiglio
Giorgio Lambrinopulos
S
ulle note di ‘Meno
male che Silvio c’è’ il
Cavaliere ha fatto il
suo ingresso al congresso
del Pdl che lo ha incoronato
presidente del Popolo della
libertà ed ha segnato la nascita del cosiddetto ‘triumvirato’, con la nomina dei
coordinatori Ignazio La
Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi. Berlusconi è arrivato al padiglione della
Fiera di Roma nel momento
esatto in cui veniva proclamata la sua elezione. Ad accoglierlo una standing ovation e cori da stadio.
Assenti Gianfranco Fini e
Renato Schifani che hanno
seguito l’evento da casa.
“Non esagerate, perché
l’emozione e la commozione a una certa età può far
male...” ha detto il premier
salendo sul palco. Quindi
ha preso il via il suo intervento conclusivo al primo
congresso fondativo del Popolo della libertà, scandito
dagli applausi della platea a
ogni passaggio. Innanzitutto una dichiarazione di intenti. ‘’Cercherò di non deludervi mai - ha assicurato
il Cavaliere - Mi avete affidato una grande ed entusia-
Silvio Berlusconi, presidente del Popolo della Libertà
smante responsabilità, quella di guidarvi, di guidare il
Popolo della libertà. Mi auguro di essere all’altezza’’.
Poi dal palco subito un affondo
all’opposizione:
“Questa sinistra è arretrata
e faziosa. Ha ragione Tremonti: questa sinistra fa op-
posizione al Paese”. E il riferimento a una vecchia
promessa ancora attuale:
“Dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli
un nuovo miracolo italiano”. ‘’La nostra missione di
governo è quella di portare
l’Italia fuori da questa gra-
ve crisi’’ causata da ‘’un virus’’ proveniente dagli Stati
Uniti, ha rimarcato il presidente del Consiglio. Una
crisi che comunque ‘’non ci
impedirà di portare avanti
quello che avevamo intenzione di fare per i giovani,
per la scuola, per l’universi-
«Economia 2010 prevalentemente piatta»
È l’Ocse ad averlo annunciato
C
alo record nel mese
di marzo 2009 per
gli indici della Commissione Ue (Esi e Bci) che
misurano la fiducia e il clima i imprenditoriale europei, precipitati al livello più
basso dal gennaio 1985. Lo
ha reso noto la Commissione Ue in una nota. I Paesi
dell’area Ocse potrebbero
perdere nel 2009 il 4,3% del
pil. Lo ha annunciato il segretario generale dell’Ocse,
Angel Gurria, intervenendo
al G8 del lavoro in corso a
Roma. Il dato sarà pubblicato sull’outlook di domani. Gurria ha sottolineato
che l’economia nel 2010
sarà “prevalentemente piatta” e che le previsioni sono
“un po’ più pessimistiche di
quelle di qualche settimana
fa”. A proposito dell’occupazione, Gurria ha ribadito
i dati diffusi ieri secondo i
quali nell’area Ocse la disoccupazione dovrebbe avvicinarsi al 10% nel 2010
per la maggior parte dei Paesi “praticamente senza eccezioni”. “Questo significa
- ha concluso - circa 25 milioni di disoccupati in più
solo nell’area”. Le politiche
sociali possono essere il
motore della ripresa economica. Ne è convinto il ministro del Lavoro, Maurizio
Sacconi, che intervenendo
al G8 del lavoro in corso a
Roma ha sottolineato come
queste politiche che proteggono la persona possano
contribuire “alla ricostru-
zione della fiducia nel futuro”. La fiducia può essere
ricostruita sia attraverso il
sostegno diretto a reddito
per coloro che hanno perso
il lavoro sia indirettamente
con le risposte dei governi
sulla salute, l’istruzione e le
altre questioni che riguardano direttamente la persona.
“Le politiche sociali sono
essenziali - ha spiegato
Sacconi - il nostro compito
è ridare alle persone fiducia
nel futuro. L’obiettivo prioritario è garantire il reddito
a chi perde il lavoro”. Sacconi ha ribadito la necessità
di occuparsi soprattutto delle fasce più deboli, i lavoratori anziani che rischiano di
essere estromessi dal lavoro, le donne e i giovani che
rischiano invece di restare ai margini del mercato.
La sostenibilità sociale, ha
spiegato il ministro, è il parametro fondamentale per
la stabilità economica. Le
“preoccupazioni sulla crisi
crescono di giorno in giorno”, ma è bene che le organizzazioni internazionali
che dovrebbero indicare le
prospettive sull’economia
e sul lavoro non alimentino il clima di sfiducia. Lo
sottolinea il ministro del
Lavoro Maurizio Sacconi,
secondo il quale sarebbe
meglio “indicare le forbici”
sui possibili scenari futuri
dando conto della possibile involuzione del circolo
Continua a pag 2
tà, per le donne e per l’ambiente’’. E proprio in merito
all’università ha annunciato
che ‘’ci saranno 135.000
borse di studio’’ per studenti meritevoli nell’ambito di
un nuovo sistema universitario che dice basta alla
‘’moltiplicazione dei corsi e
delle sedi distaccate’’.
Quanto all’ambiente, Berlusconi accoglie la richiesta
del presidente americano
Barack Obama di avviare
una riunione parallela in occasione del G8 della Maddalena. “Abbiamo dato il
via libera, la nostra attenzione per l’ambiente è nei
fatti” rimarca il premier.
Che torna anche sul piano
casa. ‘’Una parte importante - garantisce - sarà dedicata proprio alle giovani coppie per cui la ricerca di
un’abitazione non dovrà
rappresentare più un freno
all’uscita dal guscio rappresentato dalla famiglia’’. Nel
suo intervento il Cavaliere
parla anche dell’’’altra metà
del cielo’’, rivendicando
per il suo esecutivo il merito di essersi adoperato con
leggi a favore delle donne, a
partire da quella sullo stalking. ‘’Noi abbiamo fatto
sette leggi. I governi della
sinistra - attacca - non ne
hanno fatta nemmeno una’’.
Prendendo poi spunto dalle
parole di Gianfranco Fini
sulla necessità di riformare
la Carta, il presidente del
Pdl ha sottolineato che ‘’la
Costituzione va rivitalizzata e arricchita’’. ‘’Una delle
missioni della nostra maggioranza è ammodernare
l’architettura istituzionale
dello Stato - rileva - Ha ragione Fini quando usa la
metafora del calabrone e
della farfalla. Ora è il tempo
di passare dal calabrone alla
crisalide ed è tempo che la
crisalide diventi finalmente
farfalla. Noi faremo di tutto
perché la farfalla, che rappresenta la nuova Italia,
spicchi il suo volo’’. E su
questa materia auspica ‘’il
confronto e il concorso
dell’opposizione’’. Berlusconi ribadisce quindi la
sua convinzione che i poteri
del premier vanno rafforzati. “Si è molto ironizzato su
di me e sul ruolo di presidente del Consiglio, ma la
verità è che io posso solo
redigere l’ordine del giorno
Continua a pag 2
Marcello Veneziani
Sud
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Il Sud si sta svuotando di anime, culture e popolazione, tra
emigrati e denatalità. Marcello Veneziani non parte dal
Nord e si ferma a Eboli, come
Levi col suo Cristo, ma parte
dal Sud più estremo e profondo e arriva a Eboli. Risultato
del suo viaggio è un rapporto
letterario e civile sul Meridione presente e passato.
Politica
2
Segue dalla prima
del Consiglio dei ministri ed esercitare la mia moral suasion”, dice
il Cavaliere ricordando che “i poteri che la Costituzione assegna al
presidente del Consiglio sono praticamente inesistenti” e senza paragone rispetto “ai governi delle
altre grandi democrazie”. Vanno
quindi “rafforzati”, perché la “governabilità” è ciò di cui il Paese
ha bisogno. Il tema delle riforme è
stato anche motivo per un nuovo
attacco all’opposizione (‘’C’è da
dubitare sulla serietà della nostra
controparte’’ ha scandito il Cavaliere) e per ‘’sfatare un luogo comune’’ sul federalismo: “Non è né
un tributo pagato alla Lega di
Bossi né una mera redistribuzione
su base territoriale delle risorse
fiscali e delle spese. E’ qualcosa di
più in cui io e Bossi abbiamo creduto fin dall’inizio della nostra
carriera comune”. Immancabile
inoltre il riferimento alle prossime
elezioni europee, alla luce dell’ultimo sondaggio relativo alla fine
della prima giornata del congresso secondo il quale ‘’il Pdl ha superato il consenso del 44 per cento degli italiani’’. ‘’Ma un grande
partito non si accontenta e si candida a ottenere il 51 per cento dei
consensi - torna a ribadire il leader del Pdl - Puntiamo a diventare
il primo gruppo nel Ppe’’. E conferma che sarà capolista alle prossime europee, replicando alle critiche di Franceschini con una
sfida: ‘’Sarebbe bene che anche
un leader dell’opposizione, se esistesse un leader, facesse altrettanto’’. Da parte sua, Berlusconi rivendica che la sua candidatura e il
forte consenso elettorale conferirà
un ulteriore prestigio al nostro paese sullo scenario internazionale.
Il presidente Berlusconi ha spiegato la sua candidatura perche’
dice che ottenendo un grande successo elettorale conferirebbe a lui
e al paese un ulteriore prestigio
nei consessi internazionali ed europei”. Dopo un’ora di discorso il
Cavaliere, che ha voluto accanto a
sé sul palco tutti i ‘suoi’, si è congedato tra gli applausi della platea
con una promessa “assoluta”:
“Sapremo uscire da questa crisi e
ne usciremo bene senza lasciare
indietro nessuno”. Non solo:
“Cambieremo l’Italia, difenderemo la nostra democrazia e la nostra libertà”. E poi tutti insieme in
coro a cantare l’Inno di Mameli.
Sotto l’occhio vigile di un notaio
e con una marea di ‘cartellini gialli’, il congresso del Pdl approva il
suo statuto. Una votazione rapida
e dall’esito scontato: su 5.820 delegati, 4 hanno votato contro e 5 si
sono astenuti. Poi tocca al presidente del partito. Anche Silvio
Berlusconi è eletto per alzata di
mano, anche “potrebbe essere accalmato”, dice Giorgia Meloni
dalla presidenza. Nessuna sorpresa: unanimità. La procedura di ratifica delle nuove regole e di elezione del leader avviene nel giro
di pochi minuti. Approvato lo statuto, tocca a Giorgia Meloni, ministro della Gioventù, proclamare
formalmente eletto il nuovo leader. Poco prima, tra i sorrisi generali, ha letto il verbale in cui si
dice che la commissione elettorale ha approvato l’unica candidatura pervenuta per la leadership del
partito, quella di Berlusconi, appunto. Dalla platea parte un lungo
applauso in piedi che in realtà sostituisce l’alzata di delega. Eletto
il presidente, lo statuto fresco di
approvazione, prevede che il leader nomini i tre coordinatori. E’ lo
stesso Cavaliere però ad infrangere per primo le regole. Ignazio La
Russa, Denis Verdini e Sandro
Bondi, coordinatori in pectore, attendono sotto il palco la ‘chiamata’, ma il premier invece invita a
salire sul palco tutto l’ufficio di
presidenza. Una squadra di 34
persone. La nomina dei tre avviene quindi di fatto, per ‘chiamata
sul palco’. Sviste a parte, lo statuto definitivo del nuovo partito - 51
articoli più le norme transitorie prevede ‘superpoteri’ per il presidente e una serie di compiti per gli
organismi dirigenti. Il presidente
ha il compito di convocare il congresso in via ordinaria ogni 3 anni
o quando ne fa richiesta l’ufficio
di presidenza o il 40% dei componenti del consiglio nazionale,
inoltre rappresenta il Pdl in tutte
le sedi, definisce le linee politiche
e programmatiche. Presiede l’ufficio di presidenza, la direzione e
il consiglio nazionale. Procede
inoltre, d’intesa con l’ufficio di
presidenza, alle nomine del partito come ad esempio quelle dei coordinatori regionali. A vigilare
sull’organizzazione nazionale e
periferica del Pdl saranno invece i
tre coordinatori che hanno in via
esclusiva la possibilità di utilizzare il logo del partito e di presentare le liste e le candidature elettorali. Inoltre, spetta ai tre la gestione
dei fondi destinate alla campagna
elettorale. A collaborare con La
Russa, Verdini e Bondi saranno i
responsabili di settore: 12 persone
più un portavoce del coordinamento. I ministri faranno invece
parte dell’ufficio di presidenza.
Un organismo di 34 persone composto anche da: i presidenti di Regione del Pdl, un parlamentare
europeo, due esponenti dei partiti
minori che hanno aderito al Pdl, e
poi due sottosegretari (Alfredo
Mantovano e Adolfo Urso) e un
deputato (Marco Martinelli) per
bilanciare i posti per An. Spetta
poi all’ufficio di presidenza decidere entro il mese di settembre di
ogni anno la quota associativa per
aderire al partito. A rappresentare
legalmente il Popolo della Libertà
sarà invece il segretario amministrativo ed il suo vice, entrambi
eletti che dalla direzione nazionale. Definito infine il destino dei
circoli che, secondo le nuove norme, diventeranno associazioni tematiche. Acclamato presidente
del Pdl, come primo atto Silvio
Berlusconi proclama che si battera’, con o senza il consenso
dell’opposizione, per ammodernare la Costituzione, dando al premier (quindi, oggi, a se’ stesso)
‘’poteri veri’’ e non ‘’finti’’, come
quelli che attualmente ha. Subito
dopo il Cavaliere getta il guanto
della sfida al segretario del Pd Dario Franceschini, che gli contesta
la candidatura alle Europee: ‘’Io
mi candido, come deve avere il
coraggio di fare un vero leader
che chiama a raccolta dietro alla
sua bandiera la sua gente. Sarebbe
bene, se anche a sinistra ne esistesse uno, che facesse altrettanto’’. Ecco dunque il Cavaliere
sventolare il vessillo bianco del
Pdl, investire con il suo spadone
del titolo di ‘’missionari di liberta’’ i 6000 delegati, porsi a capo
del suo popolo per la battaglia
delle battaglie: cambiare l’Italia e
la Costituzione. ‘’Se sulle riforme
ci sara’ un atteggiamento di confronto, di concorso delle opposizioni - dice Berlusconi - saro’ il
primo a rallegrarmene e a darne
atto ai leader della minoranza.
Ma nel frattempo la nostra maggioranza e il Popolo della Liberta’ non possono sottrarsi al dovere di fare la loro parte,
sciogliere questo nodo, nelle
forme costituzionalmente previste, e offrire agli italiani la soluzione per un governo che governi e un Parlamento che
controlli’’. Del resto, per il premier, l’opposizione ha ben poco
da applaudire, oggi, a chi chiede
riforme. Fu proprio una ‘’sinistra irresponsabile’’ a dire prima
si’ e poi ad ‘’impedire’’ le riforme, con il suo ‘no’ al referendum del maggio 2006 e con ‘’ridicole accuse di regime e di
attentato alla democrazia’’. Fini’
nel cestino cosi’ la riforma costituzionale del centrodestra ed i
poteri piu’ forti per il premier in
essa previsti. Percio’, dopo
l’esperienza negativa del passato, per Berlusconi ‘’c’e’ molto
da dubitare sulla serieta’ della
nostra controparte’’. Tra le riforme da fare subito quella ‘’non
piu’ rinviabile’’ dei regolamenti
parlamentari. Una riforma che
‘’non mortifichera’ il Parlamento, ma gli restituira’ la sua piena
dignita’ e la possibilita’ di votare
provvedimenti con una urgenza
imposta non dai decreti del governo, ma dalle circostanze’’.
Poi, c’e’ il federalismo che ‘’non
e’ un tributo a Bossi’’. Berlusconi promette che le risorse risparmiate verranno usate per ‘’ridurre le tasse’’. Nel compito di
ammodernamento delle istituzioni, comunque ‘’Parlamento e
governo dovranno fare ognuno
la propria parte, rispettare ciascuno il proprio ruolo’’. Berlusconi ha quindi ben chiaro che
‘’naturalmente non spetta al governo cambiare i poteri del premier’’. L’esecutivo ha altre
‘mission’. ‘’Porteremo l’Italia
fuori dalla crisi senza lasciare
indietro nessuno, e difenderemo
democrazia e liberta’’’, promette
ad esempio il premier, riepilogando lo ‘’straordinario complesso delle cose fatte dal governo’’ ma ben sapendo che
‘’cambiare l’Italia va oltre questo’’. Solo sulle riforme il Cavaliere risponde agli urgenti quesiti
posti ieri da Gianfranco Fini, che
oggi non e’ venuto ad ascoltarlo.
Quando Berlusconi dice che
‘’Fini ha ragione’’ non e’ per rispondergli su referendum, biotestamento, laicita’, stato etico, immigrazione. Su tutto cio’ il
premier glissa. Ma al ‘’caro Gianfranco’’ riconosce di aver colto
nel segno parlando della sua ‘’lucida follia’’, che oggi porta al Pdl.
Un partito ‘’oggi al 44%, che si
candida a raggiungere il 51%, e
punta ad essere il primo gruppo
del Ppe’’, una forza ‘’moderata,
liberale, nazionale, riformista, intorno alla quale ruotera’ la politica
italiana dei prossimi decenni’’.
Un partito dove, assicura Berlusconi, ‘’in spirito unitario e senza
mai essere correntismo’’ avranno
pieno titolo dibattito politico, confronto di idee e pluralismo ‘’vero
lievito della democrazia’’. E per
smentire che il Pdl sia stato concepito solo per celebrare il culto
del Capo, Berlusconi garantisce:
‘’Durera’ nel tempo, sopravvivera’ ai suoi fondatori’’. Perche’
oggi si scrive ‘’una pagina di storia’’.
Giorgio Lambrinopulos
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
Segue dalla prima
vizioso della sfiducia, ma anche
la possibile evoluzione positiva
dello scenario. Nel suo intervento alla riunione del G8 Lavoro in
corso a Roma, Sacconi ha sottolineato la necessità di ricostruire
il clima di fiducia partendo dalla
stabilità dei mercati ma anche attraverso la protezione delle persone colpite dalla crisi. “Alcuni
indicatori” sull’andamento della
disoccupazione e del mercato
del lavoro, “preoccupano”, ma
è necessaria la “massima cautela” per quanto riguarda le stime
e le “cifre che spesso appaiono
non coordinate, dando messaggi non coincidenti”. E’ quanto
ha sottolineato il ministro degli
Esteri, Franco Frattini, nel corso
del suo intervento di apertura alla
seconda giornata del G8 Lavoro,
in corso a Roma. Stime che - ha
proseguito Frattini - “spesso impongono delle correzioni dopo
la pubblicazione”. L’importante
è la “sostanza: ricercare cioé la
stabilità sociale nell’economia
avanzate e quelle in via di sviluppo, attraverso azioni coordinate
e rapide”. Mettere le persone al
centro. E’ questo il senso del G8
del Lavoro, il Social Summit, che
fino a martedi’ 31 marzo discutera’ a Roma delle politiche sociali,
di tutela e di sostegno, necessarie
per tutelare i lavoratori colpiti in
tutto il mondo dalle conseguenze
della crisi economica internazionale. Conseguenze che, secondo
un allarme lanciato dall’Ocse,
potrebbero portare dall’anno
prossimo tassi di disoccupazione
‘’a due cifre’’. Dopo i mercati finanziari e le banche e’ quindi ora
la volta del mondo del lavoro e
della sostenibilita’ sociale, componente fondamentale, secondo
il ministro del Welfare, Maurizio
Sacconi, della stabilita’ economica. ‘’Occorre ricostruire il circolo della fiducia, partendo dalla
protezione sociale, dalle persone.
Siamo qui per affrontare insieme
la dimensione umana della crisi
- ha sottolineato il ministro inaugurando la tre giorni del vertice
- contro la quale servono misure
tempestive e mirate, anche temporanee per proteggere il reddito.
Misure che salvaguardino la base
produttiva e l’occupazione consentendo cosi’ di affrontare anche
la formazione dei lavoratori’’. Le
conseguenze della crisi sono del
resto gia’ evidenti nelle stime degli istituti internazionali. Secondo
l’Ilo il numero di disoccupati potrebbe aumentare di 50 milioni di
persone nel 2009, dopo gli 11 milioni in piu’ registrati nel 2008, e la
recessione del mercato del lavoro
potrebbe essere ‘’prolungata’’ per
4-5 anni dopo la ripresa economica. E secondo l’Ocse le prospettive
non sono rosee: la ripresa arrivera’
nel 2010, dopo un ulteriore rallentamento quest’anno, e sara’ ‘’sottotono’’, comunque sotto il potenziale dell’area. In piu’ il tasso di
disoccupazione entro l’anno prossimo si avvicinera’ - in tutti i Paesi
del G8 e anche in quelli membri
dell’organizzazione - a tassi ‘’a
due cifre’’, cioe’ almeno al 10%. I
sindacati mondiali temono inoltre
200 milioni di lavoratori a rischio
poverta’. Come gia’ di fronte alle
previsioni di Confindustria, che
‘’realisticamente’’ secondo il vicepresidente Alberto Bombassei
indicavano una perdita di 500.000
posti in Italia in 2 anni, Sacconi
invita pero’ ad andarci piano con
le stime: ‘’Andrei cauto con le diverse previsioni che continuano ad
essere prodotte, - ha detto - perche’
spesso le stesse organizzazioni che
le fanno sono costrette a correggerle. Non aiuta il continuo prodursi
di previsioni in sequenza l’una con
l’altra’’. Di fronte ai ‘’deficit della
politica’’ sulle tutele sociali, i sindacati mondiali, anche loro seduti
al tavolo del summit, invocano un
cambiamento di rotta gia’ al G20
di Londra e poi al G8 della Maddalena, chiedendo, per bocca del
segretario generale della Uil Luigi
Angeletti, di parteciparvi con un
proprio rappresentante. Risposta
immediatamente positiva da parte
del governo: ‘’il governo incontrera’ i sindacati alla vigilia del G8
alla Maddalena, cosi’ come fece
a Genova. - ha assicurato Sacconi - Questa e’ una testimonianza
dell’importanza attribuita dal premier Silvio Berlusconi al dialogo
sociale’’.
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G.L.
Politica
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
3
La nascita del Pdl, molto
più della “grande destra”
N
ella lunga serie di rievocazioni (apparse nei giorni
scorsi sulla stampa) delle
esperienze vissute dalla destra nel
dopoguerra, dalla fondazione del
Msi alla nascita del Pdl, numerosi si sono sbizzarriti a cercare
precedenti. Sovente, in particolare da alcuni esponenti di An,
è stato fatto il nome di Giorgio
Almirante, quale preconizzatore
del nuovo partito. Sarebbe stato
meglio cercare altri personaggi e
dimenticare, invece, Almirante.
Torniamo, per un attimo, ai mesi
fra l’autunno del ’46 e l’inverno
del ’47. A destra della Dc pullulava una serie infinita di sigle, conventicole, partitini, gruppi, la cui
base potenziale era vasta e che,
anzi, poteva addirittura umiliare
la stessa Dc, come si vide nelle
elezioni comunali nel Centro Sud,
cominciando da Roma. Insomma:
se allora vi fosse stato un politico
capace di essere il capo di questa
congerie di uomini rissosi e divisi (un uomo equivalente a quello
che allora fu De Gasperi nella Dc
e che è stato nel ’94 Berlusconi),
il grande partito dei moderati sarebbe potuto sorgere in quei frangenti. Non erano pochi coloro che
ambivano a costituirlo, a partire
da Guglielmo Giannini, forse il
più popolare fra tutti, ma anche
il meno scafato politicamente.
Vinsero gli egoismi, i personalismi, la ricerca del predominio nel
proprio orticello. Si affermarono
perfino le rancorose divisioni –
legate agli anni fra la grande guerra e il fascismo, cioè a un quarto
di secolo prima – che rendevano
l’un l’altro ostili Nitti, Bonomi,
Orlando, Croce. Si riuscì soltanto,
non bene invero, a costituire alcuni partiti che raggruppavano ciascuno infinite etichette (come il
Pnm e il Msi) o a formare sfortunati cartelli meramente elettorali
(come il Blocco nazionale). Negli
anni Cinquanta l’idea di una vasta alleanza degli anticomunisti
prese piede. Anche se pochi parvero rendersene conto, elettori e
dirigenti liberali, missini, monarchici erano divisi non appena ci
si volgeva indietro di pochi anni,
ma in concreto abbastanza uniti
nella politica presente. Chiusa poi
l’esperienza centrista, l’avvento
deleterio del centro-sinistra, negli
anni Sessanta, segnò di fatto uniformità parlamentare e politica di
Pli, Msi e Pdium: si pensi soltanto
all’asperrima lotta condotta contro il regionalismo (oggi, gli eredi
di quegli uomini sono divenuti,
incresciosamente, altrettanti fede-
C
ralisti!). La “grande destra”, come
(forse poco felicemente) venne
chiamata, non nacque, anche per
egoismi di singoli o cattive previsioni. Malagodi, ad esempio, riteneva di poter assorbire gli elettori
monarchici senza doversi fondere: ma ciò avvenne solo in parte,
posto che una fascia di monarchici meridionali passò addirittura
a sinistra, ed altri nella Dc, altri
ancora nel Msi, il cui elettorato,
a sua volta, rimase sempre ampiamente superiore al milione di voti.
Almirante, negli anni Cinquanta,
osteggiava finanche il semplice
apparentamento elettorale amministrativo fra missini e monarchici. Erano, invece, uomini come
Arturo Michelini, come Augusto
de Marsanich, come Alfredo Covelli, come Achille Lauro, come il
maresciallo Giovanni Messe, che,
pur fra mille difficoltà, lanciavano ponti reciproci, pensando alla
costruzione di un organismo più
ampio della rispettiva formazione
politica. Si vedano i testi poche
settimane addietro presentati da
Francesco Perfetti alla Camera,
provenienti dall’archivio di Covelli, per capire come per decenni
il segretario monarchico sapesse
traguardare l’azione immediata
del proprio partito. Certo, c’era
la Dc, che da sola fungeva da collettore del vastissimo elettorato
anticomunista. Era la “diga”, costruita con accortezza da politici
e uomini di Chiesa nel ’48, e da
allora sopravvissuta grazie appunto alla funzione di antemurale contro il comunismo, come si
vide ottimamente nel 1976, col
timore del “sorpasso” comunista
e l’appello montanelliano del “turatevi il naso”. La Dc esibiva nei
momenti elettorali i Pella, i Togni,
gli Scelba, mettendo a tacere la sinistra interna; poi, ottenuti i voti,
agiva seguendo i neodossettiani
imperversanti nel partito. Ma la
Dc esercitava di fatto la funzione
di grande collettore dei moderati.
La riprova si ebbe, e contrario,
quando nelle amministrative del
’93, dissolta da due anni l’Unione Sovietica, milioni di elettori
lasciarono il partito nel quale erano per anni, o per decenni, confluiti, e votarono in libertà: Lega
o Msi, essenzialmente. Almirante
creò la Destra nazionale e poi la
Costituente di destra, si dice. Ebbene: egli ebbe il gravissimo torto
di non voler mai lasciar sorgere
alcun movimento alla destra del
proprio partito. Anzi, subito dopo
il suo ritorno alla segreteria del
Msi, nel ’69, promosse il rientro di
Ordine Nuovo. Gianfranco Fini,
ben diversamente, non soltanto ha
tollerato, ma verosimilmente ha
gradito che gruppuscoli vari occupassero lo spazio dell’estrema. La
politica di Destra nazionale inizialmente condotta da Almirante
era quella predicata da Michelini,
del quale prima era stato avversario interno; e fu condotta con
estrema cautela, come dimostra
l’abbandono, da parte dell’ammiraglio Gino Birindelli, della presidenza del partito (anzi, del partito
medesimo). Di fatto, il comportamento di non pochi esponenti
del Msi cozzava con la politica
a parole predicata da Almirante:
sintomi evidenti, fra i tanti, gl’incidenti di Milano nella primavera
del ’73 (con la morte dell’agente
Marino) e l’infausto comizio di
Sandro Saccucci a Sezze nel ‘76.
Quanto alla Costituente di Destra,
venne lanciata da Almirante con
l’esclusivo intento di superare un
grave momento di difficoltà interna. In essa, egli mai credette:
tant’è che non ne tradusse in atto
i postulati, che avrebbero dovuto
recare alla sparizione medesima
del Msi come partito (questa, sì,
che sarebbe stata un’anticipazione della politica perseguita dopo
l’avvento di Berlusconi). La scis-
sione di Democrazia Nazionale
fu una conferma dell’ambiguità
di Almirante e del suo perseguire il potere personale a qualsiasi
costo. Si ritorni a vedere quanto sostennero allora Ernesto de
Marzio, Mario Tedeschi, Raffaele
Delfino, Gianni Roberti, Gastone
Nencioni, e ci si renderà conto
quali fossero i reali antesignani
di svolte politiche avvenute con
successo decenni dopo. Dove Almirante collocasse il Msi-Dn, del
resto, è evidente dalla posizione
internazionale assunta con la fallimentare esperienza dell’Eurodestra: unici reali alleati, Le Pen in
Francia e una formazione nostalgica franchista in Ispagna (quan-
Giorgio Almirante
Marco Bertoncini
È nato il partito degli italiani
S
e il buongiorno si vede
dal mattino è chiaro che
il PDL è nato veramente bene. Nel DNA di qualsiasi
cosa, anche di un nuovo partito c’è scritto come sarà questa
nuova cosa: se avrà un carattere
somatico piuttosto che un altro,
una malattia genetica strutturata
piuttosto che un elemento biologico positivo, tutto è iscritto
nel DNA. Ecco perché sono
importanti gli aspetti originari.
Perché cambiare in corsa, o rifondare, o modificare è sempre
operazione complicata, se non
impossibile. Ecco perché penso
che il Popolo delle Libertà sia
nato veramente bene, perché
ieri, 27 Marzo 2009, ho visto
qualcosa assolutamente unico
nel panorama politico nazionale
ed internazionale; un qualcosa
che è anni luce avanti rispetto a
tutti gli altri partiti di oggi e di
ieri. Proverò ad elencarne qualcuno: A) Alla presentazione del
nuovo partito, è stata definitivamente archiviata tutta la vecchia liturgia della politica. Non
Italia. Oggi quei valori che gli Italiani, dal ‘48 sino
ai giorni nostri, non hanno mai perso di vista hanno
una nuova casa, il PDL, è questo grazie alla tenacia e
alla lungimiranza di Silvio Berlusconi, l’uomo che la
storia annovererà tra i grandi che hanno avuto il coraggio di mettere in discussione tutto di sé pur di salvare l’Italia dall’infame morsa comunista. Per questi
motivi e non per altri Silvio Berlusconi è stato riconosciuto leader, mentre gli autorevoli interventi che
si sono succeduti nella tre giorni congressuale hanno
incontrovertibilmente evidenziato un altro importante dato: il PDL non è un partito per Fini. te sono stati quattro giovani.
Senza piercing, senza tatuaggi, senza fronzoli per la testa,
consci delle difficoltà ma anche
fiduciosi in un cambiamento
sociale. Orgogliosi di essere le
generazioni future di un popolo
che conta le sue forze su pochi
ma essenziali valori: libertà,
famiglia, centralità della Persona, unità sociale, solidarietà,
iniziativa privata, tradizione
cristiana. “Più società civile e
meno burocrazia; più asili nido
e meno pensionati baby; più
donne al lavoro e meno femministe; più prestiti d’onore e
meno ammortizzatori; amiamo
l’inno d’Italia anche quando non
c’è la nazionale in TV ”, hanno
chiosato in un magistrale passaggio le belle e giovani Giada Presente e Alessia Amore. Messaggi
semplici quanto profondi che rafforzano quelli che sono i cardini
della nostra tradizione occidentale e cristiana che una certa dittatura relativistica voleva, senza
riuscirci, distruggere. La verità
che bisogna affermare ad ogni
piè sospinto, come ha dichiarato
Fabrizio Cicchitto, è che: “Silvio
ha smontato l’egemonia culturale della sinistra che tanto danno
aveva prodotto nel nostro Paese
”. Dopo questa fase che è durata
ben 15 anni, Berlusconi adesso
si appresta a ricostruire il Paese
Italia, basandosi su una certezza
che ha ripetuto, parola più parola
meno, ieri alla 1^ Assemblea Costituente e che ha entusiasmato le
migliaia di persone presenti: “le
idee giuste non si possono uccidere, le idee giuste si impongono
da sole!”.
Nicola Currò
Alessandro Pagano
ha parlato nessuno dei big, nessun discorso verboso e ripetitivo è stato fatto da parte di chi
conta, ma non perché il capo
dovesse essere l’unico (che sia
unico ci pensa il popolo a decretarlo tutti i giorni), ma perché doveva essere chiaro che le
nomenclature non appartengono a questo mondo. E’ un nuovo
stile politico che Berlusconi ha
lanciato come messaggio chiaro
e forte: i rappresentanti ufficiali
del PDL sono al servizio. Solo
il popolo è sovrano. Non esistono caste e non ci sono privilegi.
Tanto è coerente questo ragionamento che giustamente, tutti
i dirigenti e i quadri eravamo
nelle file dietro. Davanti c’era
la gente comune, quella che
spera tutti i giorni e che sorregge questa straordinaria Italia.
Un messaggio profondo ed intelligente che se ancora non ha
cambiato la mentalità di tanti
politici, certamente la cambierà
sia nel modo di pensare che di
agire. B) Sul palco gli unici che
hanno parlato, oltre al Presiden-
Il Pdl non è un partito per Fini
alato il sipario sul 1° Congresso nazionale del
PDL valgono le considerazioni fatte subito
dopo le elezioni del 2006, le famose elezioni
che Prodi e la sinistra vinsero perdendo e che Berlusconi perse vincendo. Allora l’Udc e Gianfranco
Fini, conducendo una campagna elettorale scialba,
fiacca e strafottente, caratterizzata più dalla voglia di
annientare il Cavaliere che dall’aspirazione a sconfiggere la comica armata Brancaleone capitanata
da Prodi, dimostrarono di non avere ben chiaro che
in gioco c’era la sussistenza stessa del Berlusconismo. L’Udc e Fini tutto questo dimostrarono di non
averlo ben presente, accecati com’erano dalla voglia
di un ricambio di leadership, l’ebbe chiaro invece
do altri, invece, si alleavano con
Fraga e la sua Alleanza Popolare,
donde derivò poi l’odierno Partito
Popolare). Era una condizione di
mera nostalgia del passato e di destra arroccata e chiusa: altro che il
Partito Popolare Europeo nel quale entreranno gli “ex” di An. Del
resto, pure la concreta politica di
An, dopo il ’96, fu sovente lontana dalle aperture predicate praticate fra il ’94 e il ’96. Molti uomini di altra provenienza vennero
emarginati, come ha ricordato
l’ex repubblicano Pietro Armani
in questi giorni, per lasciare progressivamente spazio e potere a
quanti provenivano dal Msi. Alla
fine, però, l’intero partito, dopo
aver subìto l’opportuna scissione di Storace e Buontempo, ha
deciso di compiere un passo decisivo verso quella che non è la
“grande destra” sognata mezzo
secolo addietro, ma addirittura
molto di più. Il Pdl non è l’hortus conclusus nel quale amava
vivere Almirante (soprattutto per
esserne il primo). Almirante era
tetragono nella supposta ortodossia di rispetto per l’ “idea”, allorquando reggeva la corrente di
Rinnovamento. Fu aperto verso
gruppi di giovani che meglio sarebbe stato avesse lasciato fuori
del partito. Mai compì un’autentica revisione critica del passato.
Mai seppe indicare nuovi rapporti con gli altri partiti, nemmeno
negli anni della Destra nazionale.
L’operazione Pdl non può avere
riferimento alcuno con Giorgio
Almirante.
Berlusconi il quale, battendosi come un leone, riuscì
nell’impresa di rimontare agli avversari quasi 9 punti
percentuali di svantaggio, facendo sì che il Berlusconismo uscisse indenne dal tritacarne giustizialista e
forcaiolo che la sinistra, ancora una volta, gli stava riservando. Oggi Berlusconi è stato eletto all’unanimità leader indiscusso del PDL e questo non per un atto
dovuto, come la solita sinistra radical-chic vorrebbe
far credere, ma perché Silvio ha dimostrato sul campo di meritare tale riconoscimento. Oggi quei valori
che da sempre hanno caratterizzato e caratterizzano
il nostro Paese, valori di libertà, di democrazia, di difesa della sacralità e della dignità della vita e della
famiglia, hanno nuovamente trovato cittadinanza in
Politica
4
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
I politici fantasma dell’Europarlamento
L
Italia nord orientale
e tabelle che pubblichiamo
parlano da sole. Nel 2004
gli elettori, con le loro preferenze, destinarono 78 candidati
a rappresentarli al Parlamento Europeo. Di questi, alcuni nemmeno
vennero proclamati eletti, essendo
incompatibili. Altri rinunciarono.
Altri si dimisero. Al punto che di
quei 78 scelti dai cittadini solo 28
rimangono oggi in carica. Il fenomeno ha molteplici cause. Le candidature plurime, intanto, tali che vi
sono stati candidati eletti in due, tre,
quattro o perfino cinque circoscrizioni. Il fenomeno era già noto per
la Camera (fino a tre circoscrizioni)
e per il Senato (fino a tre collegi
nella stessa regione), nel sistema in
uso fino al ’92; dal ’94 al 2001 ci
furono frequenti casi di plurieletti
nella quota proporzionale (quasi
sempre anche con un collegio uninominale); nel 2006 e ancor più nel
2008 la possibilità è stata sfruttata
all’inverosimile per la Camera. Non
la si può giustificare asserendo che
alla fin fine gli elettori di una circoscrizione sono in ogni caso rappresentati dal loro candidato preferito, anche se questo ha optato per
un’altra circoscrizione. Questo non
è assolutamente vero, perché il candidato è legato alla circoscrizione
a favore della quale opta. La rappresentanza è sempre territoriale.
Altre cause: ineleggibilità e incompatibilità. Ministri, presidenti di regione o di provincia, presidente del
Consiglio, deputati, senatori, consiglieri regionali, sindaci dei Comuni
con oltre 15mila abitanti e simili
si guardano bene dall’occupare la
poltrona europea, preferendo quella
nazionale. Ai subentri immediati,
all’inizio della legislatura, fanno
seguito quelli in corso di mandato:
un colpo notevole venne inferto, ad
esempio, dalle politiche del 2006 e
del 2008, con dimissioni e successioni. Eppoi ci sono casi specifici,
come la nomina ad un più elevato
incarico europeo. Conclusione. Gli
elettori mandano in Europa politici
che, in due casi su tre, lasciano immediatamente o presto o più tardi
l’incarico. Succede così (si vedano
le tabelle) che subentrino candidati,
non eletti, i quali avevano riportato
un numero di preferenze molto, ma
molto più limitato di quelle necessarie per l’elezione. Si è arrivati a
promuovere i terzi, i quarti, i quinti
dei non eletti, aventi un patrimonio
di suffragi personali pari a un settimo, un ottavo, un decimo di quanti
sarebbero occorsi per l’elezione
piena. Qualche esempio: l’eurodeputato Basile (An, sud) è settimo
dei non eletti, con 25mila preferenze, laddove per l’elezione ne sarebbero state necessarie oltre 200mila.
Cappato (Lista Bonino, nord est)
era secondo dei non eletti, con poco
più di 4.000 preferenze, mentre per
l’elezione gli sarebbe occorso superare quota 50mila. Aita (Rifondazione, sud) siede a Bruxelles da
quarto dei non eletti, con poco più
di 11mila suffragi, laddove avrebbe
dovuto ottenerne quasi nove volte
tanto. Certo: milioni di elettori elargiscono preferenze ai grandi nomi
(Berlusconi, Fini, Bosso, Bersani) o
ai nomi sostenuti ad hoc dal partito
(Gruber, Santoro), disinteressandosi, di fatto, della loro possibile o
inesistente attività europarlamentare. In concreto, trasformano le
elezioni europee in una sorta di duplice conta, quella politica (a mero
uso interno italiano, senza alcun
aggancio continentale) e quella preferenziale (come attestato personale
di stima). Resta, in ogni caso, la
constatazione che, sulla carta, la
volontà degli elettori è disattesa.
In ogni partito. Ecco, infatti, la
situazione, lista per lista, degli
eurodeputati eletti dagli elettori e
degli eurodeputati oggi in carica:
Ulivo 24 eletti, 11 rimasti; Fi 16
eletti, 7 rimasti; An 10 eletti, 3
rimasti. Nessun rimasto a Bruxelles dei 3 scelti dagli elettori della
Lega, dei 5 di Rifondazione, dei 5
dell’Udc, dei due radicali, dei due
dipietristi. In questo quadro l’unica eccezione di una formazione
politica (a parte i casi di alcuni
singoli eletti, poi rimasti: Volkspartei, Fiamma, pensionati) è
data dai due socialisti. Sono oggi
gli stessi inviati cinque anni fa dai
loro elettori all’Europarlamento.
In tal modo gli europarlamentari
italiani si possono dividere in due
categorie fondamentali: una minoranza di professionisti dell’Europa, che s’impegnano a livello
continentale; una maggioranza di
professionisti della politica italiana, che usano la poltrona europea
per esclusivi fini interni e sono del
tutto disinteressati all’Europarlamento.
Ulivo
5
Gruber 327.181
Letta 178.707
Berlinguer 149.431
V. Prodi 124.453
Zani 94.280
Costa 92.822
Gottardi 62.434
FI
3
Berlusconi 434.043
Brunetta 91.711
Carollo 56.710
Sartori 42.881
Gardini 33.336
AN
1
Fini 166.194
LEGA
1
Bossi 95.227
Berlato 41.705
Gobbo 37.392
Boso 10.810
RC
1
Bertinotti 47.411
UDC
1
De Poli 27.473
Musacchio 7.699
Giovanardi 20.788
Braghetto 8.204
Verdi
Bonino
1
1
Kusstatscher 29.256
Bonino 50.281
Pannella 10.107
Cappato 4.350
SVP
1
Ebner 93.302
Marco Bertoncini
Italia centrale
Ulivo
6
Gruber 803.539
Zingaretti 218.130
Italia nord occidentale
Napoletano 156.223
Sbarbati 114.064
Ulivo
6
Bersani 342.683
Pistelli 80.900
Santoro 203.591
Sacconi 73.042
Ciani 60.715
Vincenzi 149.429
Marini 57.771
Toia 113.357
Giovanelli 42.685
Bresso 112.630
Antinucci 35.289
Panzeri 105.194
Giuntini 25.514
FI
Locatelli 50.204
3
Berlusconi 436.861
Tajani 123.201
Rivera 45.392
Antoniozzi 61.533
Susta 32.496
Zappalà 47.347
Ferrari 29.553
FI
5
Bartolozzi 46.296
AN
Berlusconi 719.210
2
Fini 390.925
Angelilli 87.635
Albertini 140.383
Matteoli 77.648
Mauro 86.769
Foglietta 71.122
Podestà 52.378
RC
1
Bertinotti 104.780
UDC
1
Dionisi 70.971
Comunisti
1
Diliberto 25.018
Socialisti
Alternat.soc.
1
1
Battilocchio 9.625
Mantovani 47.550
Morgantini 30.063
Gawronski 34.533
C. Casini 54.546
Zanicchi 34.387
LEGA
3
Bossi 182.323
Guidoni 7.101
Borghezio 36.139
Speroni 32.045
Mussolini 39.823
Fiore 5.252
Salvini 14.707
Robusti 12.048
AN
2
La Russa 66.521
RC
1
Italia meridionale
Fini 231.285
Ulivo
5
Santoro 528.332
Tremaglia 14.473
Andria 176.148
Mussa 14.403
Del Turco 174.598
Bertinotti 80.418
Pittella 132.798
Agnoletto 31.352
UDC
1
D'Alema 836.707
Muscardini 20.738
Lavarra 111.251
Follini 47.696
Procacci 95.148
Bonsignore 21.161
Bonino
1
Losco 82.314
Bonino 71.849
Veraldi 78.897
Pannella 13.456
Verdi
1
Pagano 65.218
Frassoni 8.549
Comunisti
Di Pietro
1
1
Bova 67.485
Pecoraro 13.650
FI
3
Rizzo 10.336
Berlusconi 454.088
Gargani 80.321
Di Pietro 40.426
Ventre 86.622
Occhetto 13.857
Chiesa 13.664
Pensionati
1
Vernola 61.186
AN
3
Fatuzzo 10.761
Fini 397.194
Alemanno 280.681
Gasparri 203.644
Italia insulare
Poli Bortone 92.222
Tatarella 52.961
Ulivo
2
Legenda
Per ciascuna circoscrizione
elettorale del Parlamento Europeo sono riportati: le liste
che ottennero seggi (prima
colonna); il numero di seggi
riportato (seconda colonna);
i candidati che ottennero più
preferenze e che sarebbero
stati eletti (in grassetto quelli
attualmente in carica; terza colonna); i candidati subentranti
(in grassetto quelli attualmente
in carica; quarta colonna).
Elaborazione su dati Ministero
dell’interno e Parlamento Europeo
FI
2
Fava 222.516
Pirilli 46.876
Cocilovo 158.285
Cirielli 41.617
Berlusconi 295.420
Nespoli 39.801
Taglialatela 34.930
Castiglione 95.224
Basile 25.466
Musotto 84.610
Leontini 50.998
UDC
1
Cesa 104.238
RC
1
Bertinotti 94.651
Patriciello 68.065
Lo Curto 49.575
Cimino 41.912
Vendola 38.746
Calia 33.781
AN
1
Agnoletto 26.798
Fini 153.065
Gabriele 14.049
Musumeci 116.732
UDC
1
Aita 11.284
Cuffaro 162.054
Lombardo 124.390
UDEur
1
Mastella 102.923
Cirino Pomicino 41.709
Lo Monte 74.353
Drago 56.400
Sanzarello 32.332
RC
1
Veneto 17.206
Socialisti 1
Di Pietro 1
De Michelis 33.908
Di Pietro 64.029
Bertinotti 53.517
Occhetto 21.089
Morgantini 12.237
Catania 12.181
Donnici 12.089
Fiamma
1
Romagnoli 2.603
Politica
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
5
Mobilità e lavoro autonomo non sono incompatibili
Proposta di revisione alla luce della dottrina sociale della Chiesa
Antonio Savo
Ultima Parte
Il lavoro, un diritto – dovere
inalienabile1
La dottrina sociale insegna
che il lavoro è da considerarsi un diritto-dovere di natura,
che appartiene all’uomo, creato come persona; nessun ente,
quindi, nemmeno lo Stato può
alienarlo. Attraverso il lavoro
l’uomo partecipa all’opera della
creazione, dando un contributo personale alla realizzazione
del piano provvidenziale di Dio
nella storia; a misura delle proprie possibilità in un certo senso
continua a svilupparla, a completarla, avanzando sempre più
nella scoperta delle risorse e dei
valori racchiusi in tutto quanto il creato (Giovanni Paolo
II, Laborem Exercens (LE), n.
25; Il Catechismo della Chiesa
Cattolica, n. 2460). La consapevolezza che mediante il lavoro l’uomo partecipa all’opera
della creazione, costituisce il
più profondo movente per intraprenderlo in vari settori (Lumen
Gentium (LG), n. 36).
Il sudore e la fatica che il
lavoro necessariamente comporta nella condizione presente
dell’umanità, offrono ad ogni
uomo la possibilità di partecipare nell’amore all’opera che
Cristo è venuto a compiere.
Quest’opera di salvezza è avvenuta per mezzo della sofferenza e della morte di croce. Sopportando la fatica del lavoro in
unione con Cristo, crocifisso
per noi, l’uomo collabora in
qualche modo con il Figlio di
Dio alla redenzione dell’umanità. Egli si dimostra vero discepolo di Gesù, portando a
sua volta la croce ogni giorno
nell’attività che è chiamato a
compiere. Nel lavoro il cristiano ritrova una piccola parte
della croce di Cristo e l’accetta
nello stesso spirito di redenzione, nel quale il Cristo ha accettato per noi la sua croce (LE,
nn. 26–27; Il Catechismo della
Chiesa Cattolica, n. 2427).
L’uomo che lavora non soltanto modifica le cose e la società,
ma perfeziona anche se stesso.
Apprende molte cose, sviluppa
le sue facoltà è portato ad uscire
da sé e a superarsi. Tale sviluppo
se ben compreso vale più delle
ricchezze esteriori che si possono accumulare. Pertanto questa è
la norma dell’attività umana: che
secondo il disegno e la volontà
di Dio essa corrisponda al vero
bene dell’umanità e permetta
all’uomo singolo o come membro della società di coltivare e di
attuare la sua integrale vocazione
(Gaudium et Spes, n.35).
L’uomo deve lavorare sia perché il Creatore glielo ha ordinato, sia per la sua stessa umanità,
il cui mantenimento e sviluppo
esigono il lavoro. L’uomo deve
lavorare per riguardo al prossimo, specialmente per riguardo
alla propria famiglia, ma anche
alla società alla quale appartiene, alla nazione di cui è membro, essendo erede del lavoro di
generazioni e insieme coartefice
del futuro di coloro che verranno dopo di lui nel succedersi
della storia. Tutto ciò costituisce
l’obbligo morale del lavoro, inteso nella sua ampia accezione
(LE n. 16). “Chi non vuole lavorare neppure mangi”, attraverso
il lavoro l’uomo è chiamato alla
santificazione e all’animazione
delle realtà terrene nello Spirito
di Cristo (Il Catechismo della
Chiesa Cattolica, n. 2427).
Se il lavoro è un obbligo, cioè
un dovere, al tempo stesso esso
è anche una sorgente di diritti
da parte del lavoratore. I diritti umani che scaturiscono dal
lavoro rientrano nel più vasto
contesto di quei fondamentali
diritti della persona (LE, n. 16).
L’obbligo di guadagnare il pane
con il sudore della propria fronte suppone al tempo stesso un
diritto (Giovanni Paolo II, Centesimus Annus (CA), n. 43).
Attraverso la remunerazione
del lavoro gli uomini accedono
a quei beni che sono destinati
all’uso comune: sia beni della
natura, sia quelli che sono frutto della produzione. Gli uni e
gli altri diventano accessibili
grazie al salario, che egli riceve
in cambio del suo lavoro. Una
giusta remunerazione è quella
sufficiente per fondare e mantenere degnamente una famiglia e per garantirne il futuro.
Deve corrispondere alle effettive necessità, cioè al numero
delle persone a carico per tutto
il tempo che esse non siano in
grado di assumersi degnamente
la responsabilità della propria
vita (LE, n. 19). Il salario deve
essere dunque sufficiente a
mantenere l’operaio e la sua famiglia. Se il lavoratore costretto dalle necessità o per timore
del peggio accetta patti più
duri perché imposti dal datore
di lavoro, è chiaro che subisce
una violenza contro la quale la
giustizia protesta. (CA, n. 8-n.
15; Il Catechismo della Chiesa
Cattolica, n. 2428).
Il lavoro è la condizione per
rendere possibile la fondazione
di una famiglia, poiché questa
esige i mezzi di sussistenza che
in via normale l’uomo acquista
mediante il lavoro. Qui entrano
in gioco due aspetti del lavoro:
quello che consente la vita e il
mantenimento della famiglia e
quello mediante il quale si realizzano gli scopi della famiglia
stessa, sopratutto l’educazione.
La famiglia è al tempo stesso una
comunità resa possibile dal lavoro e la prima interna scuola di
lavoro per ogni uomo (LE, n. 10).
Sostegno alla disoccupazione e
responsabilità di chi lo riceve
La dottrina sociale insegna
che tra i diritti connessi al lavoro c’è il sostegno da parte
dello Stato nel caso di perdita
del lavoro; indica altresì che il
sussidio ricevuto deve essere
ricambiato operando a favore
della società. Ai fini del lavoro
lo Stato deve concorrere indi-
rettamente, secondo il principio di sussidiarietà, creando
le condizioni favorevoli ad
una abbondante opportunità di
lavoro; deve concorrere direttamente secondo il principio
di solidarietà ponendo a difesa del più debole alcuni limiti
all’autonomia delle parti che
decidono le condizioni di lavoro e assicurando in ogni caso
un minimo vitale al lavoratore
disoccupato (CA, n. 15). L’obbligo delle prestazioni in favore dei disoccupati, il dovere di
corrispondere le convenienti
sovvenzioni indispensabili per
la sussistenza dei lavoratori disoccupati e delle loro famiglie
è un dovere che scaturisce dal
principio fondamentale dell’ordine morale in questo campo
cioè dal principio dell’uso comune dei beni o parlando in un
altro modo ancora più semplice
dal diritto alla vita ed alla sussistenza. (LE, n. 18)
Coloro che contano di più,
disponendo di una porzione più
grande dei beni e di servizi comuni, si sentano responsabili dei
più deboli. Costoro, nella stessa
linea di solidarietà, non adottino un atteggiamento puramente
passivo o distruttivo del tessuto
sociale ma, pur rivendicando i
loro legittimi diritti, facciano
quanto loro spetta per il bene di
tutti (Giovanni Paolo II, Sollicitudo Rei Socialis, n. 39).
Il monito a fare quanto spetta
per il bene di tutti indica l’atteggiamento da assumere se si
riceve il sussidio di disoccupazione: la disponibilità a fare
qualcosa a vantaggio della società costituisce una via per
contraccambiare quello che si
è ricevuto. Al contrario dell’atteggiamento statalista che vieta
il lavoro a chi recepisce il sussidio, il Magistero della Chiesa
indica che l’assunzione di responsabilità si deve manifestare nel contraccambiare facendo
qualcosa per la società.
Proposta di revisione dell’incompatibilità tra lavori saltuari e sussidi di mobilità
Chi riceve un sussidio deve
dunque fare quanto può a vantaggio della società; sulla base
di questo monito si formula una
proposta di superamento del divieto di svolgere attività lavorativa.
È noto che i tentativi di imporre a chi riceve i sussidi
un’assunzione di responsabilità sono finora sostanzialmente falliti2: la proposta di lavori
cosiddetti socialmente utili è
spesso percepita come soluzione umiliante specie se viene rivolta alla disoccupazione intellettuale. Affinché l’indicazione
alla responsabilità sia perseguita con successo, la proposta di
lavoro va stimolata e resa vantaggiosa, piuttosto che imposta.
Allora, per stimolare la responsabilizzazione, si può concedere di esercitare l’attività autonoma, pretendendo in cambio
che si offra parte della attività
lavorativa a istituzioni locali o
a corpi intermedi, gratuitamente, a titolo compensativo del
sussidio ricevuto. Chi rifiuta è
soggetto a controlli più accurati
e, nel caso di infrazioni, a pene
più severe. L’attività prestata
in forma gratuita sarà consona
a quella esercitata in forma autonoma, cosicché non verranno
proposte attività dequalificanti
e le Amministrazioni pubbliche
si avvantaggeranno di professionalità consolidate.
Ne beneficiano i servizi di manutenzione per i quali, nella P.A,
le risorse sono precarie; ne beneficiano i Call Center, sempre
in carenza di organico, i servizi
di progettazione per via della
grande quantità di tecnici in cassa integrazione, ne beneficiano
le scuole, che possono avviare
servizi di tutor, doposcuola gratuito ecc. sia con professionalità provenienti dal mondo delle
aziende, sia con insegnanti precari a cui non viene rinnovato il
lavoro. L’Amministrazione Centrale dovrà definire una nuova
normativa, stabilendo il volume
d’affari entro cui il lavoro esercitato in forma autonoma non
rappresenta un arricchimento
incompatibile con il trattamento
di disoccupazione; dovrà definire un regime fiscale agevolato,
che favorisca l’emersione; dovrà
stabilire le condizioni e le modalità attraverso cui le Amministrazioni locali potranno usufruire delle professionalità che si
dichiarano disponibili.
La soluzione non prevede
costi aggiuntivi per lo Stato,
anzi il fisco ne beneficia poiché l’emersione del lavoro nero
consente la parziale copertura
dei sussidi erogati. Ad esempio
se la compatibilità fosse estesa
al “regime fiscale dei minimi”,
con volume d’affari di 25.000
euro ed un reddito di circa
18.000 euro, lo Stato otterrebbe un versamento di imposta
di 3.600 euro quasi la metà del
sussidio erogato dall’INPS3.
La proposta può essere sintetizzata nei seguenti cinque
punti:
1 ) La percezione dei sussidi
di mobilità è incompatibile con
qualsiasi attività autonoma che
produca arricchimento inappropriato, è compatibile con attività finalizzate alla integrazione
del sussidio ricevuto;
2) l’attività autonoma è autorizzata fino
ad un volume d’affari massimo
che non può superare una soglia
(da stabilirsi in funzione dei carichi familiari);
3) se l’iscritto
alle liste di mobilità dichiara
la disponibilità a prestare gratuitamente la propria opera per
una PA (o per un ente di Stato,
un’azienda di servizi pubblici,
un corpo intermedio), il tetto
massimo del volume d’affari
può essere innalzato in proporzione alla quantità (o al valore)
della attività resa alla PA, fino
ad un tetto da stabilirsi. In tal
caso l’opera svolta in qualità di
lavoro autonomo è soggetta al
regime fiscale dei minimi;
4) se
l’iscritto alle liste di mobilità si
dichiara disponibile a prestare
attività in forma gratuita, ma
non viene impegnato da alcuna Amministrazione, è comunque soggetto al regime fiscale
dei minimi con l’impegno ad
espletare l’attività, non appena
venga fatta richiesta da una PA;
se l’attività non viene espletata
entro 5 anni, l’iscritto sarà tenuto al rimborso della differenza tra il normale regime fiscale
ed il regime dei minimi;
5) ogni
forma di attività autonoma che
non risponda ai criteri così definiti è da considerarsi fonte di
arricchimento
inappropriato,
è punita con la cancellazione
dalla lista di mobilità, con la
restituzione dei sussidi ricevuti, la perdita dei benefici previdenziali e con una ammenda (da
definirsi in misura rilevante).
Il successo di questa operazione si misurerà con l’entità dell’
emersione del lavoro nero, con
l’entità di nuove entrate fiscali,
con l’entità dei risparmi conseguiti dalle Amministrazioni
Pubbliche. Dipenderà quindi
dall’equilibrio con cui l’amministrazione centrale definirà i
limiti entro i quali il lavoro effettuato potrà ancora essere definito saltuario, dall’entità del
prelievo fiscale, dall’entità del
lavoro da offrirsi gratuitamente
alla Pubblica Amministrazione,
e dipenderà anche dai necessari
inasprimenti costrittivi indirizzati verso coloro che strumentalizzeranno la direttiva. Il limite
di fatturato e l’entità della tassazione dovranno necessariamente
tenere conto dei carichi familiari, per rispondere innanzitutto
ad un corretto criterio di equità
e così facendo adempiendo ai
criteri di centralità della famiglia cui si richiama la dottrina
sociale. È una proposta che risponde appieno al modello di
governance proposto dall’attuale ministro del Lavoro, on. Sacconi: garantisce la sostenibilità
finanziaria, attribuisce al livello
centrale i compiti di regia, affida
alle istituzioni locali ed ai corpi
intermedi, secondo i principi di
sussidiarietà, l’erogazione dei
servizi in funzione di standard
qualitativi e livelli essenziali
delle prestazioni. L’Amministrazione Centrale è dunque chiamata ad esercitare con grande
equilibrio, il proprio ruolo normativo avendo come obiettivo il
contemporaneo perseguimento
dell’efficienza, della giustizia
sociale e del bene comune.
Note
1
Le considerazioni riportate costituiscono una rielaborazione sintetica
dei testi cui si fa riferimento
2
La Vita Buona nella Società attiva. Libro Verde sul futuro del modello
sociale, Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali - Welfare to Work,
quesito n. 4, pag. 9, “Cosa impedisce
l’operatività della basilare regola di
responsabilità, prevista dalla Riforma Biagi che vuole sanzionato con
la decadenza dal beneficio o dalla indennità il percettore del trattamento
che rifiuti una occasione congrua di
lavoro?”.
3
In media nel 2008 l’assegno annuo ammontava a 9.049 euro, quindi inferiore ai 1.000 euro al mese. Il
dato è tratto da un’anticipazione del
“Rapporto annuale dell’Inps”, presentato il 18 marzo 2009. http://www.
tgcom.mediaset.it/tgfin/articoli/articolo443433.shtml
Attualità
6
Si tirano le somme per il dopo Africa
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
Dalla parte del
Santo Padre
C
Benedetto XVI in Africa
S
i sono spenti i riflettori sul viaggio del Papa
in Africa, adesso si tirano le somme, lo ha fatto il
cardinale Bagnasco lamentandosi per le critiche tanto
astiose e pesanti come raramente se ne erano ascoltate,
rivolte al romano Pontefice.
Il sospetto di una regìa, o
quanto meno di un tacito ordine d’attacco ha sfiorato più
d’uno. Tanto che Avvenire
ha parlato di “attacchi concentrici” in cui “la volgarità
non è più un tabù, è anzi un
must”. Più esplicito è stato
Pier Ferdinando Casini, che
dietro quelle bordate a palle incatenate ci aveva visto
“la manina della massoneria internazionale”. Anche
il direttore di Avvenire Dino
Boffo, in un’intervista al Foglio, accennava al complotto, a proposito del caso Englaro: “una cupola di indole
massonica, che ha messo in
campo una solidarietà formidabile, cementata in modo
trasversale, capace di superare qualsiasi appartenenza politica, di categoria, di
professione”. Il caso Engla-
I
ro, quello che per qualcuno
rappresenta una “Porta Pia”
bioetica. Un piccolo segnale
che ultimamente nelle gerarchie cattoliche, se non una
sindrome da complotto, si sta
facendo strada la consapevolezza di essere nel mirino di
molti e potenti nemici. Sulla questione del preservativo
e dell’Aids, Benedetto XVI
non ha fatto altro che essere
fedele al pensiero e al magistero dei suoi predecessori,
lo ha fatto con rigore morale.
In Africa Benedetto XVI ha
parlato di tanti e gravi problemi. Ma tutto è stato ridotto ad una battuta, usata per
attaccarlo personalmente, in
modo volgare, insistito. Impedendo, di fatto, al Papa di
far sentire le sue parole. Per
il sociologo delle religioni Massimo Introvigne, si è
voluto togliere l’attenzione
da quelle cento pagine pesantissime dell’‘Istrumentum laboris’ per il Sinodo
dell’Africa, un documento
chiave, frutto di vent’anni di
lavoro della chiesa, che dà
giudizi duri su fatti e istituzioni. I giornali africani ne
Le lobby dei preservativi
politici che nei giorni scorsi
hanno criticato il papa per le
parole pronunciate in Africa sul
preservativo, sono degli emeriti somari, o sono al soldo di interessi occulti? Perché nonostante molteplici
istituti scientifici, ultimo in ordine
di tempo il centro Harvard per gli
Studi su Popolazione Sviluppo, abbiano accertato che il virus dell’Hiv
può trasmettersi anche se il preservativo è usato correttamente, i governi non divulgano tali dati? Forse
per non mettere in pericolo il business di certe lobby a cui sono legati
a doppio filo? La verità è che una
propaganda interessata a cui non
mancano ingenti mezzi economici, è riuscita, non solo a spacciare
una menzogna per verità, ma pure
a screditare l’unica voce controcorrente: la Chiesa Cattolica. Le
accuse mosse sono sempre le stes-
se: Chiesa oscurantista, retrograda,
senz’anima e crudele. Insomma,
un refrain già sentito fin dell’era
dei lumi. Il dato sconosciuto che la
Chiesa e gli ambienti scientifici seri
cercano di divulgare, è che il virus
dell’Aids è infinitamente più piccolo degli spermatozoi (0,1 micron),
e che perciò non presenta difficoltà
alcuna a passare attraverso il profilattico che appare al microscopio
come un insieme di crateri e di pori
del diametro medio di 5 micron.
Ciò significa un collegamento diretto tra l’interno e l’esterno del
preservativo attraverso un condotto grande 50 volte il virus. Perché
continuare a negare che la peste del
secolo si può fermare soltanto con
la fedeltà, e non un colabrodo al
silicone? Siamo uomini o animali?
Gianni Toffali
hanno parlato come di un testo fondamentale. Invece in
occidente si parla solo del
condom…”. Ma chi avrebbe interesse ad una manovra
simile? “Non certo la massoneria, o una Spectre, non
sono un complottista. Sono
invece realista - afferma Introvigne - il Papa è andato
in Africa, un continente che
la chiesa ritiene centrale,
con un documento in cui finiscono sotto accusa per le
loro scelte politiche e per
i loro affari l’Onu, la Ue,
molte istituzioni internazionali nonché molti governi e
anche parecchie multinazionali.
C’è molta gente che
preferisce che non si parli
di questo - insiste Introvigne - E il modo migliore è
attaccare il Papa spostando
il discorso”. E’ una battaglia
inedita “Le lobby gay, omosessuali, abortiste ci sono
sempre state e attaccheranno
sempre: Wojtyla non fu trattato meglio di Ratzinger. E
neppure Montini. La novità
di oggi è che la chiesa, su
molti fronti, dice cose importanti e che danno fastidio a
molti. Se fosse irrilevante,
nessuno se ne occuperebbe.
Il Papa sotto attacco non è
un segno di debolezza, è il
contrario”.
L’Istrumentum
Laboris, col sottotitolo: La
Chiesa in Africa al servizio
della Riconciliazione della
Giustizia e della Accoglienza, sono 100 pagine intense che ho letto, dedicate ai
problemi dell’Africa e sono
tanti, dalla fame, alla mancanza d’acqua, alle guerre
tribali, le forme di schiavitù
e tanto altro.
Ma di chi è
la colpa di questa crisi endemica del continente africano? Nel 1962 l’agronomo
francese René Dumont, in
un libro destinato a far discutere, L’Afrique noire est
mal partie(“L’Africa nera è
partita male”) criticava l’indipendenza dal dominio coloniale europeo, accolta con
entusiasmo, come una nuova
era per l’Africa. Invece alle
vecchie amministrazioni an-
on una mossa a sorpresa,
Benedetto XVI con tanta
umiltà e allo stesso tempo con molta determinazione, è
stato costretto a scrivere una decina di giorni fa una lunga, inusuale e durissima lettera, quasi
come un normale giornalista, per
spiegare personalmente all’episcopato cattolico la revoca della scomunica ai quattro vescovi
lefebvriani che ha suscitato non
poche polemiche. Un intervento,
che ha come obiettivo dichiarato
quello di “contribuire alla pace
nella chiesa”. Infatti la lettera
è rivolta soprattutto ai cattolici
e Benedetto XVI si lamenta del
comportamento dei “suoi”, non
degli altri. “I nemici hanno studiato gli stessi suoi libri, agitano il vangelo. Attaccano il Papa,
non il teologo Joseph Ratzinger:
se fosse così, lui sorriderebbe,
perchè ci ha fatto il callo, in
cinquant’anni le ha date e le ha
prese”. (Renato Farina, Il Papa è
solo. Mettiamoci al suo fianco!
Libero del 13/03/2009). Ma Benedetto XVI, è profondamente
amareggiato: “Oggi tra i cattolici ci si morde e ci si divora come
ai tempi di Paolo”. Con la scusa
delle deliranti dichiarazioni del
Vescovo Lefevriano Williamson
sugli ebrei, si è orchestrata una
campagna mediatica, rivolta a
incrinare l’immagine del Papa.
Una campagna che vede protagonisti i soliti laicisti “mangiapreti”, ma soprattutto i cattolici
progressisti che non gli perdo-
nano di aver accolto nella chiesa
gli ex seguaci di Mons. Lefèvre.
Infatti in questi mesi si è diffusa nell’opinione pubblica e nel
mondo cattolico l’immagine falsata e artefatta di un Papa che ha
lo sguardo tutto rivolto al passato
e mosso unicamente da una ferrea volontà conservatrice. Nella
Chiesa esiste un fronte culturale
anti Benedetto XVI “una sorta di
pensiero dominante che si nutre
di luoghi comuni ormai in voga
da decenni e che venera anch’esso i suoi totem ideologici” (Gianteo Bordero, 12.3.09 Ragionpolitica.it). Il Papa usa parole ancora
più precise: “A volte si ha l’impressione che la nostra società
abbia bisogno di un gruppo, al
quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter
tranquillamente scagliarsi con
odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa
– perde anche lui il diritto alla
tolleranza e può pure lui essere
trattato con odio senza timore
e riserbo”. Con queste lettere
è sembrato quasi che Benedetto
XVI abbia chiesto il sostegno e
l’aiuto del popolo, affermano in
tanti e fra questi lo storico Marco
Invernizzi da Radio Maria. Ma
a giudicare dal successo travolgente che il Pontefice continua a
mietere da tutte le parti del mondo non dovrebbero esserci dubbi:
la gente è con lui!
davano sostituendosi le dittature deliranti. Nel 1986,
Jacques Giri, consulente
francese della cooperazione
internazionale allo sviluppo,
illustrava in un saggio, venti anni di fallimenti sotto le
apparenze di uno sviluppo
economico in realtà mancato. Infine nel 1991una giovane studiosa camerunense,
Axelle Kabou, nel suo “E se
l’Africa rifiutasse lo sviluppo”, spiegava i fattori culturali che impediscono agli
africani di sconfiggere la povertà. Per aver detto queste
cose Kabou è stata accusata
di tradire le proprie origini
e di essersi venduta all’imperialismo occidentale.
A
40 anni dalle indipendenze,
l’Africa conferma le previsioni più negative. “Quasi tutte
gli Stati africani si collocano al fondo dell’indice dello
Sviluppo Umano pubblicato
ogni anno dallo United Nations Development Program.
Oltre ai conflitti, alle carestie, alla pessima situazione
sanitaria, e all’aids, a creare
una situazione così disperata,
ha contribuito il fallimento
economico. La colpa ricade,
esclusivamente sulle leadership che si sono avvicendate
alla guida degli Stati africani dopo le indipendenze.
Questi ne hanno approfittato
per appropriarsi delle risorse nazionali e poi disporne,
come fossero proprietà personali, per conservare il po-
tere e soddisfare ambizioni
di status sfrenate. Risultato:
un saccheggio di ricchezze
di portata quasi inimmaginabile. Quello politico é l’altro fallimento: gli eroi delle
guerre d’indipendenza avevano la fiducia dei loro popoli
e la solidarietà internazionale
promettendo democrazia e rispetto dei diritti umani. Conquistato il potere, si può dire
che nessuno abbia veramente
mantenuto fede agli impegni
presi e la maggior parte dei
loro successori hanno fatto
altrettanto. Il risultato è che
in Africa le istituzioni politiche spesso non sono altro
che simulacri di democrazia,
spesso dittature feroci e quasi
sempre incapaci e irresponsabili. Inoltre si affiancano
le istituzioni tribali che limitano la libertà personale,
infliggendo violenze fisiche
e morali, generando discriminazioni: matrimoni imposti e
precoci, prezzo della sposa,
mutilazioni genitali femminili, classi d’età. Oggi in Africa
la semplice applicazione della frase di San Paolo: “ogni
creatura è bene”, può costare
la vita, come è successo alla
missionaria laica Annalena
Tonelli, uno dei tanti martiri
cristiani, assassinata cinque
anni fa, il 5 ottobre 2003. “E’
stata uccisa perché curava
tutti”, aveva commentato il
vescovo di Gibuti.
Alessandro Pagano
Domenico Bonvegna
Domenico Bonvegna
INSERTO
Corriere Letterario
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
A cura di Antonio D’Ettoris
Fascisti in democrazia
Voci della destra italiana nel dopoguerra
Marco Bertoncini
D
opo decenni di ostracismo
politico, personale e culturale, la storia della destra
politica nel dopoguerra viene finalmente studiata alla luce non dei
pregiudizi, bensì dei documenti.
Ecco quindi emergere l’affresco di
una molteplicità di personaggi e di
gruppi, di libri e di riviste, animati
sovente da visioni diverse, perfino
contrapposte. Si comprende così
come una vivacità politica, e anche
culturale, animasse quel mondo,
con dimensioni e profondità che a
molti oggi giungono inattese
Fascisti in democrazia è un
bell’esempio di voci presenti nella
destra italiana subito dopo la guerra, fino agli anni Cinquanta avanzati. Ne è autore Giuseppe Pardini,
contemporaneista dell’ateneo molisano, al quale si debbono apprezzate ricerche su singoli personaggi
(Farinacci, Malaparte), su peculiari aspetti del fascismo (l’Ovra, la
censura), su territori specifici (la
Rsi a Lucca). Il volume esce nella
“Biblioteca di Nuova Storia Contemporanea”, diretta da Francesco
Perfetti per Le Lettere (pp. 194, €
18).
Il libro studia le strade percorse da alcuni gruppi post fascisti in
continuità o in distacco ideale col
sistema politico fascista. Intorno ad
alcuni settimanali – l’autore ne esamina tre: La Rivolta Ideale, Asso di
bastoni e Brancaleone – si enuclearono modi diversi d’intendere il
passato e di affrontare il presente.
Si scontrarono così posizioni che
volevano rimanere rigorosamente
neofasciste, e anzi rivendicavano
una sorta di purezza ideale da continuare senza curarsi delle contingenze politiche (Asso di bastoni), e
altre che intendevano stemperare il
passato fascista, guardando all’edificazione del presente e dell’avvenire e quindi cercando alleati (La
Rivolta Ideale). Su un piano diverso stava chi (Brancaleone) si proponeva di rompere col nostalgismo,
considerando chiuso il passato, anche se lo rivendicava per molteplici
aspetti, rievocandone in particolare
i momenti militari.
Pardini, alla luce anche di documenti inediti, approfondisce l’attività svolta da organizzazioni ancora poco conosciute, come il Fronte
dell’italiano e l’Alleanza tricolore
italiana, che svolsero un ruolo in
alcuni rilevanti momenti nell’Italia
del dopoguerra. A lui abbiamo posto alcune domande.
A volte sembra di poter leggere in chiave contemporanea episodi del passato. Potremmo, ad
esempio, asserire che le proposte
politiche sostenute dal gruppo de
La Rivolta Ideale anticipassero la
linea di An o addirittura del Pdl?
Bruno Brigo, Giuseppe Capano
Prevenire il cancro a tavola
Tecniche Nuove
pp. 118 €. 8,90
Indubbiamente, è proprio così.
Nel rileggere certi articoli e nel
ripercorrere certe vicende di anni
ormai così distanti (si tratta del
1948…), si rimane colpiti dalla
lucida visione, soprattutto in ottica
futura, che alcuni uomini di questa componente “ex-nostalgica”
avevano e della situazione politica
italiana e della destra nazionale nel
suo complesso. Occorreva superare lo stesso post-fascismo: questi
uomini, insomma, non si consideravano neo-fascisti, né avrebbero
voluto parlare di Msi come partito
neofascista, ma volevano superare
gli stretti confini di un mondo ritenuto irreversibilmente crollato,
e tutto questo pur senza mai sganciarsi dal loro bagaglio culturale,
ideologico e affettivo, tipico – senza alcun dubbio – di un movimento
propriamente di destra, finalizzato
a vivificare quel che di attuale poteva essere salvato e impiantato in un
nuovo sistema liberal-democratico,
quale quello italiano del secondo
dopoguerra.
Gli uomini dell’Asso di bastoni,
invece, rimasero agganciati ad
una visione scarsamente pragmatica, mirando all’ortodossia e
quindi collocandosi contro quelli
che erano visti come scismatici,
eretici o perfino apostati. Sempre
in una lettura odierna, possiamo
vederli come i gruppuscoli a destra
di An?
Dieci regole per ridurre il tumore: meno
calorie; consumo di verdura e frutta; preferenza per i cibi a basso indice glicemico;
riduzione dei grassi di origine animale;
assunzione degli omega 3; moderato consumo di bevande alcoliche; niente fumo;
praticare un’attività fisica moderata; mantenimento del peso forma; controllo medico
periodico.
Il pitagorismo ha svolto una funzione fondamenKitty Ferguson
tale nel Cinquecento e nel Seicento, fornendo
La musica di Pitagora
strumenti e stimoli a Copernico, Galileo e soLonganesi
prattutto Keplero, imbevuto di idee pitagoriche,
pp.
416 €. 19,60
come attestano il suo uso cosmologico dei poliedri pitagorici e il costante studio della musica
delle sfere. In questo libro Kitty Ferguson restituisce ora nuova vita a
uno dei più misteriosi sapienti dell’antichità, che i suoi discepoli chiamavano “il divino”.
Edward Said
Post-orientalismo
Meltemi
pp. 297 €. 25,00
Questa raccolta propone, da un lato, alcuni dei
saggi più significativi del percorso intellettuale di
Edward Said: “Teoria in viaggio”, “Altre considerazioni sull’orientalismo”, “Teoria in viaggio: una
rilettura”;dall’altro, alcuni fra gli studi più importanti e incisivi firmati da Gyan Prakash, Aijaz Ahmad, Lata Mani e Ruth Frankenberg - sulle grandi
questioni teoriche, politiche ed epistemologiche
aperte dal suo lavoro più noto: “Orientalismo”.
Richard Templar
“Le regole per i genitori” sono una serie di principi
Le regole per i genitori
e comportamenti preziosi per muoversi tra le sfide
tipiche del rapporto genitori-figli con tenacia, buonVallardi
senso e rispetto. Perché l’amore non basta.
pp. 253 €. 13,00
Il prof. Giuseppe Pardini
Beh, direi di no, perché gli
“Amici di Asso”, e tanti altri come
loro, erano comunque pienamente nel solco del retaggio politico
del neofascismo della Rsi, di cui
avrebbero continuato per lunghi
anni ancora a considerarsi cittadini e combattenti nel vero senso
della parola, rifiutando la contaminazione col sistema repubblicano
e liberal-democratico. Loro erano
nemici di quel sistema ed erano
fuori dal sistema.
Brancaleone aiutò non poco la
Dc, recandole un apporto di decine e decine di migliaia di voti,
sottratti al Msi. Con molta fatica, i democristiani ricambiarono
l’aiuto approvando, a metà degli
anni Cinquanta, leggi in favore
dei mutilati della Rsi o degli ex
della Milizia; ma dal Suo libro
risulta che pubblicamente non
si compromisero mai, nemmeno
con semplici presenze fisiche.
E’ vero; la Dc, almeno nei primi
anni, dovette molto a quei gruppi
fiancheggiatori dello Scudocrociato raccolti attorno a Brancaleone, e
che volevano spostare i nostalgici e gli ex fascisti verso De Gasperi: Michelini
sosteneva che quei gruppi
avessero sottratto al Msi
almeno 200 mila voti. Certo, la Dc si adoperò molto
per alcune delle ragioni
Marco Marzano
Cattolicesimo magico
Bompiani
pp. 187 €. 9,50
7
sociali e civili di alcune categorie
di ex fascisti, ma non si spinse mai
a “riconoscere” il ruolo, nel sistema
politico, degli scrittori e degli uomini raccolti intorno al settimanale
diretto da Attilio Crepas. E ciò, al
contrario di quanto fece il Pci nei
confronti di altri uomini, i cosiddetti “fascisti rossi”, che erano gruppetti estremamente minuscoli e privi di peso specifico paragonabile a
quello dei “fascisti bianchi”.
Negli anni Quaranta e Cinquanta più volte apparvero
momenti in cui poteva sembrare possibile l’unificazione delle
sparse membra costituenti il vasto mondo di anticomunisti non
diccì. Pur essendo i partiti che li
rappresentavano quasi sempre
d’accordo sul presente, si scannavano ogni volta che guardavano
il passato. Ci sono voluti decenni,
fino al crollo della Dc, per unire
questi elettori.
La questione istituzionale pesava ancora, e a lungo avrebbe pesato. Il Msi è sempre stato un partito
di attivisti, e gli attivisti guardavano quasi sempre più al passato, che
al futuro. Di qui la sconfitta di un
gruppo dirigente, più illuminato e
realista dei puri e dei “nostalgici”,
impossibilitato a realizzare una
politica di ampio respiro e finalizzata a rompere l’isolamento. I veri
nemici degli uomini che sostenevano la necessità e l’opportunità
della “grande destra” stavano, invero, troppo spesso proprio all’interno del Msi. C’era un equivoco
di fondo nella Fiamma tricolore,
che se da un lato ha consentito di
salvare la “memoria”, dall’altro ha
altresì causato la nascita del “ghetto”. E le contorsioni ideologiche
e i repentini cambiamenti, se non
sono maturati con un’elaborazione
profonda e critica del passato, non
hanno e non possono mai avere la
gamba lunga.
Il libro è il racconto autobiografico del viaggio all’interno di un cattolicesimo spesso invisibile al resto
della pubblica opinione. Per compiere l’indagine,
l’autore si è per lungo tempo mescolato ai fedeli, osservandoli durante i loro riti, entrando nelle loro case,
intervistandoli per ore, accompagnandoli nei lunghi
pellegrinaggi verso i “luoghi santi” di Medjugorje o
in singolari “ritiri spirituali” carismatici.
Nell’Italia di oggi, presa nella morsa di una
Franco Marcoaldi
crisi globale, il libro di Marcoaldi trasporta il
Viaggio al centro della
lettore in quel tessuto di nervature sotterranee
provincia
in cui si stringono assieme uomini e terriEinaudi
torio, tempo e spazio, opere e credenze: le
pp.
XIII-182
€. 16,00
fondamenta stesse in cui crescono le comunità. E ci offre un personale contributo a quel
“racconto nazionale” di cui l’Italia ha bisogno per
ricomporre lo specchio rotto della sua identità.
Raffaello Uboldi
La presa del potere di
Benito Mussolini
Mondadori
pp. 302 €. 19,00
Narrando in forma di diario, giorno per giorno, ora
per ora, i fatti più importanti dell’ottobre del 1922,
Raffaello Uboldi illustra le ragioni note e segrete, le
paure e le speranze, il coraggio e le viltà dei protagonisti della marcia su Roma. Un libro che mostra
come un colpo di stato, destinato al più clamoroso
fallimento, abbia invece avuto successo e come si
siano mossi i principali artefici degli eventi che aprirono le porte del potere all’uomo avrebbe imposto
all’Italia venti anni di dittatura.
Con stile ironico e avvincente, il dottor Trout
offre un campionario di piacevoli e divertenti
aneddoti che tratteggiano un ritratto della commedia e della tragedia, delle difficoltà e delle
ricompense che caratterizzano la vita di chi ama
e guarisce gli animali.
Nick Trout
Qua la zampa dottore!
De Agostini
pp. 332 €. 16,00
LIBRI DA LEGGERE
8
Neil Levy
Neuroetica
Apogeo
pp. VI-345 €. 18,00
L’autore, mettendo in luce
le implicazioni degli studi
empirici sulle basi neurologiche del senso morale
e dell’utilizzo delle neurotecnologie sulle teorie
etiche esistenti ci conduce
nell’esplorazione di noi
stessi e della nostra mente.
LIBRI
INSERTO
è
LEGGERE
Una casa senza biblioteca è
come una fortezza senza armeria
(da un antico detto monastico)
a cura di Maria Grazia D’Ettoris
Ultimo banchetto a Trezza
E
’ stato presentato
Domenica 1 marzo
, nel salone grande
dell’Oratorio parrocchiale
di Acitrezza, il nuovo libro
di don Salvatore Coco “Ultimo banchetto a Trezza”.
A presentare l’ultima fatica
letteraria di don Salvatore,
edita dalla casa Bonanno
di Acireale, è stato Umberto D’Arrò, già apprezzato
giornalista e vice direttore
dell’Ansa, autore, scrittore
e componente della Consulta nazionale filatelica,
originario di Calatabiano
e da molti anni trezzoto
d’adozione. Ad intervenire,
davanti ad una platea numerosa e calorosa, sono stati il
Vescovo di Acireale monsignor Pio Vittorio Vigo, il
Vice presidente della Provincia regionale di Catania
ed assessore alle Politiche
culturali Nello Catalano,
ed il parroco don Giovanni Mammino. Presenti in
sala anche il Vice Sindaco
del Comune di Acicastello
Marisa Ferlito con l’Assessore comunale Salvatore
Mirabella, il Consigliere
provinciale Enzo D’Agata,
il Vicario episcopale monsignor Salvatore Di Bella,
ed il canonico Salvatore
Pappalardo che ha curato
la prefazione del volume.
Nel suo intervento il dottor
D’Arrò ha voluto soffermarsi sulle peculiarità del
borgo marinaro di Trezza, e sulla veridicità dei
passaggi storici che sono
documentati all’interno
del libro ed intrecciati con
le vicende di vita, gli usi
ed i costumi della comunità trezzota tra la metà
del ‘600 ed il 1960. Don
Salvatore Coco, invece,
ha voluto porre l’accento sul filo conduttore che
lega i racconti del libro,
ovvero il banchetto, che
allude al godimento dei
frutti al termine di una
stagione, che sono vari
ed abbondanti sono se le
sfide di ogni epoca sono
state affrontate con serietà. Il termine “ultimo”
indica proprio il risultato
conclusivo di una stagione, però già riesce a richiamare la preparazione
per il periodo che segue.
“Ultimo banchetto a Trezza”, come ha dichiarato
don Salvatore, diventa
dunque la metafora di
un percorso che conduce
ad una autentica solidarietà e ad una riscoperta
del nostro vivere in questo paese e della propria
identità, con tanti compagni di viaggio. Infine, il
Vice presidente della Provincia Nello Catalano ha
C
annunciato che in questi
giorni darà disposizioni,
agli uffici dell’assessorato
alle Politiche culturali, di
provvedere all’acquisto di
N
Secondo la filosofia ambientalista ci sono
troppe persone sulla Terra; queste persone utilizzano un modello di sviluppo che
consuma troppe risorse; e il frutto di questo consumo è un sempre maggiore inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo.
In realtà il XX secolo è stato il secolo della salute e della longevità. Mai il genere
umano è vissuto così a lungo e meglio di
oggi.
Benjamin Stora
La guerra d’Algeria
Il Mulino
pp. 164 €. 11,50
Primo novembre 1954: ad Algeri scoppia
un’insurrezione contro il dominio francese. Prende avvio una delle maggiori guerre
di decolonizzazione, otto anni di conflitto
sanguinoso che termineranno nel 1962
con l’indipendenza dell’Algeria. Questa
informata sintesi riesce a dire l’essenziale di ciò che occorre sapere sulla guerra
d’Algeria.
cento volumi da destinare
alle biblioteche di proprietà
dell’ente. La serata si è poi
conclusa con la vendita del
libro, il cui ricavato è stato
destinato al completamento
per le opere di ristrutturazione dell’Oratorio parrocchiale.
Fiabe da ascoltare
onostante la crisi
economica che segna il mercato editoriale con una importante
flessione, il fenomeno degli
audiolibri è in costante crescita. Il mercato europeo
in questo settore indica nel
2008 un saldo positivo del
20% (BBC Audiobooks).
“Il successo degli audiolibri
– dichiara Roberto Besana,
Direttore generale di Istituto
Geografico De Agostini – è
dovuto al fatto che il supporto digitale non è proposto
mai come fruizione alternativa dell’opera letteraria, e
in sostituzione della lettura,
ma come momento complementare ad essa. Questo è
vero soprattutto per audiolibri pensati per i bambini tra
i 4 e i 7 anni. Recenti studi di
pediatri americani confermano che l’ascolto di audiolibri,
affiancato alla lettura, rafforza e incrementa le capacità di
apprendimento del bambino.
Infatti, dare voce a un autore oppure utilizzare narratori
brillanti, arricchisce l’esperienza emotiva e cognitiva,
onservali nella tua
Riccardo Cascioli, Antonio
Gaspari
I padroni del pianeta
Piemme
pp. 205 €. 13,50
CULTURA
mentre l’uso di effetti sonori e
musiche di accompagnamento
stimola l’immaginazione”. Per
questo la Casa editrice novarese, che ha sempre mostrato
molta attenzione al valore educativo delle proprie produzioni
editoriali soprattutto rivolte ai
più piccoli, dal 2008 ha deciso di lanciare sul mercato la
nuova collana per bambini
“Audiolibri – Leggi e ascolta”,
che a oggi ha già raggiunto 5
titoli a catalogo e ha venduto
più di 20.000 di copie. Fiabe
da ridere, Fiabe del mare, Fiabe del bosco sono i titoli già
in libreria e in questi giorni
sono in uscita Fate Principi e
Principesse e Favole e rime
della fattoria. Ogni audiolibro
raccoglie tante storie originali,
divertenti e coinvolgenti interpretate da narratori esperti
e dalle voci più note del doppiaggio italiano. Il packaging
è colorato e accattivante: ogni
confezione contiene il cd audio in ecolbox (un materiale
in cartone, privo di elementi
in plastica, quindi interamente
riciclabile) e un libretto illustrato.
B
Giulio Ercolessi
L’Europa verso il suicidio?
Dedalo
pp. 240 €. 16,00
La dimensione europea determina ormai la
nostra vita civile non meno di quella nazionale. Solo attraverso una vera unione federale noi europei potremo ancora contare
qualcosa nel mondo globale e non essere
interamente oggetto di decisioni altrui. Solo
così anche l’Italia, per quanto pessimamente governata, potrà forse sfuggire alla bancarotta civile ed economica.
Dennis Mercury
I maestri dell’inganno
Vallardi
pp. 253 € 16,50 “I maestri dell’inganno” è un viaggio nel
mondo degli impostori, dove il crimine
s’intreccia con l’arte e la menzogna è più
forte della verità. Questo libro si addentra
nella realtà della falsificazione attraverso le
storie dei suoi protagonisti - cioè i principali creatori di copie, imitazioni e invenzioni
fasulle - che sono riusciti a ingannare specialisti, critici, collezionisti, musei, mondo
scientifico, università, e anche ingenui acquirenti.
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
R. Sala, G. Massariello Marzagora
Radio Colonia
Utet
pp. 256 €. 21,00
Il libro racconta l’esperienza degli italiani
in Germania tramite la voce degli stessi protagonisti:
presenta, infatti, una selezione delle lettere inviate negli anni Sessanta e Settanta a Radio Colonia, una trasmissione in lingua italiana diffusa dagli enti radiofonici
tedeschi, nell’ambito dei programmi per gli immigrati
stranieri. La vita nelle baracche, la separazione dalle famiglie, le continue discriminazioni, il rapporto difficile
con la politica e le istituzioni sono soltanto alcuni degli
aspetti che emergono dalla raccolta. Le lettere rappresentano una preziosa testimonianza oltre che del vivere
quotidiano nell’emigrazione, anche del rapporto con la
scrittura da parte di persone per le quali la lingua madre
era rappresentata dal dialetto e che non avevano ancora
instaurato un rapporto di confidenza e di consuetudine
con la lingua nazionale. Nei saggi che accompagnano le
lettere, si affronta una doppia riflessione, storico-sociale
da un lato, socio-linguistica dall’altro, attraverso una
panoramica storica che tratteggia la storia dell’emigrazione italiana in Germania e delle trasmissioni radio in
lingua straniera.
Silvia Salvatici
Senza casa e senza paese
Il Mulino
pp. 349 €. 25,00
La fine del secondo conflitto mondiale lascia sullo scenario europeo, segnato dai lutti e dalle distruzioni, una moltitudine di persone che nel corso della
guerra sono state deportate o hanno dovuto abbandonare
il proprio paese. Nella sola Germania occidentale sono
circa sette milioni. Frutto di un’approfondita ricerca,
il volume riporta alla luce questa storia largamente dimenticata. L’autrice espone in primo luogo le politiche
adottate dagli Alleati per risolvere la questione delle
“displaced persons”, dai primi piani di rimpatrio ai successivi programmi di emigrazione nei paesi occidentali.
Ricostruisce poi la quotidianità dei campi di raccolta, attraverso le storie di uomini, donne e bambini che hanno
alle spalle l’esperienza della deportazione o della fuga,
vivono la precarietà del presente e devono confrontarsi
con le incertezze del futuro.
iblioteca
Jean Andreau, Raymond Descat
Gli schiavi nel mondo greco e
romano
Il Mulino
pp. 243 €. 19,00
Gli autori illustrano che cosa significava
essere schiavi, come lo si diventava, e sulla base delle testimonianze antiche stimano la consistenza del fenomeno nel corso
delle varie epoche e nelle diverse regioni.
Raccontano poi la funzione e il peso degli
schiavi nei diversi settori della vita economica, la loro presenza nell’organizzazione
della vita familiare e nelle città, analizzando anche come si potesse uscire dallo stato
di schiavitù.
Virgilio Bernardoni
Verso Bohème
Olschki
pp. X-276 €. 32,00
La bohème di Giacomo Puccini nacque da
un processo assai eleborato di gestazione
del libretto, che comportò redazioni plurime dei testi e varie fasi di selezione e assemblaggio delle parti che lo compongono.
Gli archivi di Giuseppe Giacosa e Luigi
Illica conservano una parte cospicua degli
abbozzi e dei materiali prodotti allo scopo.
Di essi si compie per la prima volta un’edizione integrale e si considera la storia alla
luce della librettistica coeva.
A cura di Marco Ariani
La metafora in Dante
Olschki
pp. VI-286 €. 25,00
Le varie epifanie della luce e dei fenomeni naturali, l’uso di immagini domestiche per ardue ascensioni visionarie,
le metafore belliche come stazioni della
drammaturgia oltremondana, sono dettate nella Commedia da uno stupefacente esercizio di invenzione metaforica
che non ha eguali nella tradizione letteraria italiana. Questo volume illustra
quindi le meraviglie della metafora in
Dante.
Ong Thong Hoeung
Ho creduto nei Khmer rossi
Guerini e Associati
pp. 235 € 20,00
Nell’aprile del 1975 i Khmer rossi presero
il potere a Phnom Penh. Per Ong Thong
Hoeueng, studente cambogiano emigrato
in Francia, si trattò di una svolta attesa a
lungo, nella convinzione che il cambiamento politico avrebbe aperto un’era di
pace e prosperità in una nazione a lungo
sotto il dominio coloniale. Il ritorno in patria e la speranza di trovare un paese liberato, si trasformarono presto in un incubo.
INSERTO
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
9
Romanzando
Successi
x
Ernest Miller Hemingway
(1899-1961)
Pupi Avati
Gli amici del bar margherita
Garzanti
pp. 143 €. 12,60
Bologna, 1954. Il Bar Margherita, sotto i portici di via Saragozza, è frequentato dai campioni della città: campioni nel biliardo, nel poker, nella briscola,
nella conquista delle donne, nelle gare di
boogie, nelle bevute, nel guidare spericolatamente ma, soprattutto, nell’investire
gran parte del tempo negli scherzi da riservare agli amici. Tutto sembra andare per il
meglio finché non accade l’irreparabile: il
fidanzamento dell’ingenuo Bep con la navigata Beatrice…
Elle Newmark
L’apprendista di Venezia
Longanesi
pp. 380 €. 18,60
Venezia, Anno Domini 1498: un
giovane ladruncolo ruba una melagrana al
mercato di Rialto. Amato Ferrero, lo chef
del doge, lo coglie in fallo ed è conquistato
dall’eleganza del gesto: il furto di una melagrana, non di “pane muffito con cui riempirsi la bocca senza pensare”. Per questo,
invece di denunciarlo, decide di prenderlo
con sé come apprendista….
August Strindberg
Le sale gotiche
Utet
pp. 367 €. 15,00
“Le Sale Gotiche” è il nome di
un locale di Stoccolma, quello stesso, radicalmente ristrutturato, che in
precedenza era denominato La Sala Rossa
e nel quale era ambientato l’omonimo romanzo sociale e satirico scritto da Strindberg 25 anni prima. La stessa ambientazione (rimodernata) fa da palcoscenico
agli stessi personaggi, quantomeno a quelli
sopravvissuti. E inizia una sorta di “come
eravamo” che coinvolge in uno spietato
raffronto persone e situazioni sociali e politiche…
Jack London
John Barleycorn
Utet
pp. 320 €. 21,00
Allegrissima, tragica e disperatamente vitale autobiografia alcolica di
Jack London. La riscrittura in chiave etilistica di “Martin Eden”. A bordo della sua
Razzle Dazzle il giovane re dei razziatori
di ostriche attracca nei saloon dell’angiporto di Oakland per bere e offrire da
bere dimostrando la propria resistenza e
generosità per essere accettato in quella
consorteria di “veri uomini”…
Clive Staples Lewis
(1898-1963)
Romanzi d’Amore
Chiara Gamberale
Una passione sinistra
Bompiani
pp. 106 €. 9,50
La vita di Nina e Bernardo è ispirata da grandi
ideali di sinistra, quella di Giulio e Simonetta da principi concreti di destra. Due
coppie, insomma, con aspirazioni diverse
ed esistenze fra loro apparentemente inconciliabili: ma uno scherzo del destino
le fa incontrare e rivela loro una sotterranea possibilità di contatto... Complice la
Grande Storia, quella delle vicende politiche e sociali di un’Italia in piena fase di
transizione…
Carolly Erickson
L’ultima moglie di
Enrico VIII
Mondadori
pp. 358 €. 19,00
Catherine Parr ha soltanto
sette anni quando il suo
destino incrocia per la
prima volta quello di Enrico VIII, il re
d’Inghilterra divenuto celebre per aver
incarnato lo spirito dell’assolutismo e
aver rotto con la Chiesa di Roma. Bionda
e con gli occhi azzurri, Cat - come tutti la
chiamano - proviene da una famiglia della piccola nobiltà al seguito della regina
Caterina d’Aragona. I due si incontrano
durante un torneo che vede in gara il re
d’Inghilterra e quello di Francia, al quale Cat viene portata dalla famiglia con lo
scopo di trovarle un marito…
Leonardo Vittorio Arena
Il lago incantato
Piemme
pp. 143 €. 12,00
È attraverso l’amore che
si impara ad apprezzare
la vita e a dare il meglio
di se stessi. In un mondo
dominato dall’ossessione dell’efficienza
e della prestazione, la strada per raggiungere l’amore autentico coincide con il
“coraggio dei sentimenti”. Il coraggio di
abbandonarsi a essi per riuscire a esprimerli senza paura e a viverli in pienezza.
Da questo - secondo le antiche tradizioni
orientali - dipende la vera felicità…
Patrizia Varetto
Cuori imperfetti
Mondadori
pp. 307 €. 18,00
Carla ha quarant’anni e occhi profondi
che sanno scrutare nell’intimo chi ha di
fronte, ma si fermano smarriti sui lineamenti acerbi di Alessandro, suo figlio,
alle prese con una difficile adolescenza.
Carla ha anche un lavoro che ama - fa il
medico omeopata -, un compagno che
forse ama un po’ meno, un ex marito
scostante, e infine una
madre... che non è sua
madre. Sì, perché quando
Carla aveva quattro anni
la sua mamma “vera” si è
innamorata di un altro e
ha abbandonato per sempre lei e suo padre…
Utet Narrativa
Heinrich Mann
Il suddito
Utet
pp. 530 €. 18,00
Un romanzo profetico (il nazismo è lì, in trasparenza) che delinea con
crudo e grottesco sarcasmo il ritratto del
perfetto suddito tedesco. Il protagonista,
Diederich Essling, viene seguito a partire
dall’infanzia segnata dalle prussiane frustate del padre fino al trionfo politico e sociale.
Tutte le tappe della sua “maturazione” sono
delineate e scandite con ritmica ferocia…
Karel Capek
La guerra delle salamandre
Utet
pp. XII-354 €. 15,00
Un geniale apologo pieno di
spirito e amara ironia significativamente scritto nel 1936: in una baia
dei mari del Sud viene scoperta una strana
e mite “salamandra” antropomorfa. I primi
esemplari vengono usati nella pesca delle perle o portati in giro nei circhi. Poi si
scopre che le salamandre imparano a parlare facilmente e si comincia a usarle come
manodopera (alquanto schiavizzata) per
complesse lavorazioni subacquee e iniziano
agevoli tentativi di “civilizzarle”…
Jan Neruda
I racconti di mala strana
Utet
pp. 400 €. 19,00
Malá Strana è il più fascinoso, e oggi anche il più turistico… e
il più magico quartiere della magica
Praga. Chiese barocche, viuzze selciate, palazzi nobiliari e casette sghembe.
Un conglomerato animato da artigiani
e burocrati, bottegai e artisti, zitelle e
mendicanti, ragazzacci e musicisti che
si incontrano e si scontrano inanellando vorticosi giri di valzer…
José Eustasio Rivera
La voragine
Utet
pp. 380 €. 20,50
È la confessione che apre magnificamente La voragine. Chi la enuncia è
Arturo Cova, il protagonista e la voce
narrante. Il romanzo inizia con la sua
fuga da Bogotà assieme ad Alicia che
ha sedotto. Fuori dallo spazio urbano lo
attende la foresta amazzonica, popolata
di avventurieri e caucheros e di straordinarie e carnali figure femminili…
Shoko Tendo
Il drago nel cuore
Garzanti
pp. 199 €. 17,60
Shoko Tendo lo rivendica fin dall’inizio: è la
figlia di un boss della
yakuza, la potentissima organizzazione
mafiosa giapponese. Ma è prima di tutto
una ragazza orgogliosa e ribelle, assetata di libertà, che rifiuta ogni forma di costrizione. Non può naturalmente restare
estranea ai modelli di vita che la circondano e reagisce d’istinto alle discriminazioni e alle violenze che lei stessa
subisce: a casa, a scuola, nelle risse tra
gang giovanili, in riformatorio...
Jean-Luc Nancy
M’ama non m’ama
Utet
pp. 92 €. 7,00
“Io ti amo, noi ci amiamo, non ti amo
più, amiamoci l’un l’altro”. L’infinita
coniugazione del verbo amare racchiude in sé tutte le storie degli uomini.
Che significa amare? Cosa ha da dirci
la Filosofia, l’amica della saggezza? In
un’epoca in cui si moltiplicano le “ricette” per farsi amare di
più, che cosa può darci
la riflessione di un filosofo? Uno dei più grandi
filosofi viventi ci consegna una breve riflessione che vuole parlare a
tutti dell’amore.
Georges Courteline
I mezzemaniche
Utet
pp. 176 €. 13,00
Una satira feroce ed esilarante, un capolavoro della letteratura comica. Forte di una sua giovanile
esperienza sul campo, Courteline fa
muovere i suoi mezzemaniche in uno
scenario da teatro dell’assurdo. Impigliati dentro il ministero, si aggirano
e parlano, con evidenza e assurdità
d’ogni genere, tipi umani che vivono
“oltre quel luogo e quel tempo”…
Charles Robert Maturin
Melmoth l’errante
Utet
pp. 750 €. 22,00
Il capolavoro del romanzo “nero”. Uno dei
migliori “horror” inglesi dell’inizio
dell’Ottocento. Melmoth ha fatto un
patto col diavolo per ottenere il prolungamento della vita. E se riuscirà
a trovare chi condivida la sua sorte
eviterà la dannazione. Il patto risale al
XVII secolo e generazione per generazione, Melmoth ottiene solo rifiuti:
anche il prigioniero di un manicomio,
anche una vittima dell’Inquisizione,
nessuno accetta il suo patto…
Religione
10
La gioia del perdono
Inga Conti
N
el presente volume Annal i s a G i u l i a n i n i a ff r o n t a u n
tema di scottante attualità,
quello del perdono giacché spesso una fetta della società subisce
violenze, abusi di ogni genere e
ingiustizie. Per di più si tende a
d i ff o n d e r e u n m a l e s s e r e g e n e r a l e
perché viene a mancare una maggiore comprensione tra individui.
Quando una persona non comprende l’altra, tra le due non c’è
armonia e pace. Se una delle due
non sopporta l’idea di trovarsi a
vivere in simili circostanze, comincia ad accusare l’altro perché
l o r i t i e n e r e s p o n s a b i l e d i a v e rg l i
creato tale disagio. Accusa dunque non perdona. Saper perdonare
n o n è u n ’ a b i l i t à i n n a t a . Ta l e c a pacità l’individuo comincia ad acquisirla nei primi anni di vita se non
è affetto da particolari patologie.
Tra quelle non si dimentichi il disturbo della personalità proprio dei
soggetti borderlaine essi non sono
in grado di percepire l’altro, la realtà che li circonda in modo obiettivo. Osservano l’ambiente mantenendo sempre una differenziazione
tra l’immagine di sé e l’altro. Sono
incapaci di perdonare giacché il
perdono è un atto complesso, un
processo che, si basa sull’integrazione di aspetti positivi con quelli
negativi dell’offensore. A questo
proposito Annalisa Giulianini invita i lettori a riflettere sul concetto di perdono inteso proprio
come un processo che coinvolge
la persona su un piano cognitivo,
emotivo e comportamentale. Mette a confronto il concetto stesso
del perdono con quelli del ricordo,
della riconciliazione e della giusti-
Alfredo Battisti
Sulle tracce del Risorto
Paoline
pp. 120 €. 9,00
L’autore, con la sua esperienza e saggezza, risponde a domande quali: la risurrezione di Cristo è un fatto storico? Gesù
ha parlato solo in passato o vuol parlare
anche oggi? Come ascoltare lo Spirito
Santo che vuol parlare nella nostra storia?
Che cosa dice la risurrezione di Cristo rispetto al mistero della morte?Testo di meditazione semplice ed essenziale, ricco di
citazioni bibliche, di autori famosi e del
magistero.
Via Crucis con
Sant’Agostino
Ancora
pp. 32 €. 3,00
Uno degli aforismi più celebri di
sant’Agostino esprime il senso della morte in Croce di Gesù come dono d’amore
senza misura e, per questo, messaggio
forte di speranza per i fedeli di oggi. In
questa Via Crucis i commenti alle stazioni tradizionali sono attinti dagli scritti
di sant’Agostino. La ricchezza spirituale e teologica delle lunghe meditazioni
agostiniane riportate in ogni stazione ne
fanno un sussidio particolarmente indicato per le comunità più preparate e per la
preghiera personale.
zia. Ricorda tutti gli studi che sono
stati compiuti; per lo meno i più
significativi: quelli che si basano
su un approccio evolutivo-cognitivo, su uno di tipo processuale op pure su di uno che dà più rilievo
ai fattore psico-sociali. Dopo aver
analizzato nei dettagli il concetto
di perdono nella seconda parte del
volume l’autrice inizia a prendere
in esame l’uomo religioso perché
cerca di comprendere quale valore il perdono ha per lui. Oggett,
quindi, di studio è il cristiano in
riferimento a Dio, suo modello,suo
unico creatore. Ogni buon cristia no sente sempre il bisogno di sta bilire un dialogo costruttivo con
Dio. La Giulianini rileva come il
tipo di relazione che si instaura tra
credente-Dio possa influire sulla
capaità di perdonare. Si presenta
la figura di un Dio misericordioso,
pieno di pietà che raramente si arrabbia. È sempre vicino all’uomo
in qualsiasi momento della vita in
quanto Dio è il padre di tutti gli
uomini. Ama tutti senza fare alcuna
discriminazione e in modo incondizionato. Perdona le loro colpe, le
loro trasgressioni e i loro peccati.
L’uomo cristiano dovrebbe imitarlo. Non sempre riesce. La Giulianini ricorda quali difficoltà incontra
nel concedere il perdono a se stesso, gli altri e nel riceverlo. Il buon
fedele è colui che non reagisce mai
in modo vendicativo nei confronti del responsabile dell’offesa. È,
quindi, sempre propenso a perdonare l’altro.
Il libro
La Capacità di perdonare
Annalisa Giulianini
Paoline
pp. 160 €. 9,50
I
L
Per ogni enunciato del “Credo”, un racconto, tanti spunti per la meditazione e una
preghiera. I fondamenti della fede vengono
così “passati” ai bambini in modo chiaro e
comprensibile, consentendo una catechesi
coinvolgente e attiva. Il libretto è illustrato
con simpatici disegni. Da una casa editrice
specializzata in libri per bambini un volumetto denso di spiritualità.
Disegni di Franca Vitali
La mia piccola grande Bibbia
Elledici
pp. 112 €. 2,50
Questo piccolo grande libro raccoglie, con
sapienza teologica e pedagogica, il cuore
di tutta la Bibbia, i temi più importanti e
le storie più belle. Lo stile è semplice ed
essenziale, e presenta il messaggio biblico
in modo comprensibile ai bambini. Sono
pagine da leggere da soli o in gruppo, da
raccontare e vivere, da portare con sé per
illuminare il cammino della vita di tutti i
giorni. Il libro è illustrato da vivaci disegni.
Riflettiamo con i Libri
Si sono seduti tutti su comode poltrone
l’autrice, Giovannino, Don Camillo e… Peppone.
Hanno gustato strozzapreti e spongata di Brescello
e poi stracotti, stufatini… non è mancato il culatello.
Fra i ricordi della Bassa e di Lambrusco un bicchierino hanno scritto un ricettario che è proprio un gioiellino. E per voi, lettori buongustai, qualcosa in più:
abbinamenti con vini, ristoranti scelti e ottimi menu.
Luisa Vassallo
La cucina di don
Camillo
Ancora
pp. 208 €. 16,00
In queste pagine si presentano brevi schede esplicative
Giulio Meazzini
per conoscere i nuovi media e non averne paura, ma
La famiglia e i nuovi
soprattutto si propone lo sviluppo di una cultura e di una
media
coscienza etica all’altezza delle sfide del futuro, perché
Città Nuova
la scienza aiuti la nascita e la cresita di un’umanità libera e solidale.
pp. 178 €. 12,00
A. Ascione, G. Ruggiero
Abbiamo vinto insieme
Messaggero
pp. 150 €. 8,00
Mai come in questo caso è vero che la
guarigione è stata il frutto di un’alleanza
medico-paziente. Giovanni Ruggiero,
giornalista di Avvenire, e Antonio Ascione, epatologo, hanno raccontato insieme
l’avventura della malattia, del trapianto di
fegato e della “vittoria”. Lo hanno fatto in un
libro intenso e commovente.
Kris ha trentuno anni quando le viene diagnostiKris Carr
cato un cancro. Ha imparato su di sé quanto sia
Ho il cancro, vado a
importante affrontare la malattia con il giusto
comprarmi un rossetto
spirito, fin dal primo momento. Alcuni dei suoi
Piemme
consigli sono “crazy”, cioè controcorrente, altri
pp. 291 €. 16,50
ispirati al più sano buon senso, altri ancora perfino “sexy”, tutti servono per vivere nel modo
migliore possibile un momento difficile, travolgente.
Il testo La pedagogia del quotidiano è
una bella risposta a questa ricerca, al
tentativo di passare dall’emergenza alla
progettualità educativa, ed è basato sulla vita concreta di un educatore, Gianfranco La Rosa, che ha tessuto la sua
esistenza di trame educative, di pazienza, di dialoghi, di
speranze, di compagnia quotidiana, di azioni e riflessioni, di concretezza e di orizzonti ampi.
G. Monaco, M. Pappalardo
La pedagogia del quotidiano
Effatà
pp. 80 €. 7,50
Cinquanta brevi argomenti su cui riflettere e sorridere, come ad esempio amore, tradimenti, ma anche, perdono, riconoscenza, attenzione al quotidiano, dolore, gioia... scritti con fluidità di pensiero
e divertita auto-ironia. Sono presenti anche alcuni
luoghi comuni.
ibri dello
Anna Peiretti, Bruno Ferrero
Il credo raccontato ai bambini
Elledici
pp. 47 €. 4,00
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
S
pirito
Raniero Cantalamessa
Il potere della croce II
Ancora
pp. 128 €. 12,00
Per sapere chi siamo occorre tornare sempre alla croce di Cristo. La contemplazione
del Crocifisso ha segnato la fe­de, la vita e
la pietà del popolo cristiano. Le riflessioni
proposte in questo secon­do volume sono i
commenti alla lettura della Passione, tenuti
nella Basilica di San Pietro durante la liturgia del Vener­dì Santo, dal 1999 al 2008, a
cavallo dei due pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Stefano Trombatore
Il tesoro nel campo
Ignazio Spatola, contadino di Dio
Città Nuova
pp. 152 €. 12,00
Nato in una famiglia benestante, figlio di
un ricco proprietario terriero, Ignazio eredita dal padre l’azienda agricola che dirige
giovanissimo con autorità. Nel 1957 partecipa a Fiera di Primiero in Trentino ad una
Mariapoli, un convegno di più giorni del
Movimento dei Focolari. Qui incontra la
spiritualità dell’unità di Chiara Lubich. È la
scoperta di Dio Amore.
Lucio Lanza
Per stare bene insieme
Paoline
pp. 136 €. 8,00
Francesco Bianchini
Lettera ai Galati
Città Nuova
pp. 168 €. 15,00
Quella ai Galati è, da sempre, una delle
lettere paoline più rilevanti, ed ha provocato un vivo interesse nel corso dei
secoli. Paolo, come in nessun’altra delle
sue lettere, si esprime qui con toni forti e decisi, così da stupire ancora oggi
l’ascoltatore moderno. È un documento
pieno di vita, definito “la magna charta
della libertà cristiana” oppure “la verità
dell’evangelo”.
Zaira Zuffetti
Le mani di Maria
Ancora
pp. 176 €. 29,50
In questo prezioso volume, ricco di illustrazioni, le mani della Vergine ci “parlano” dai dipinti in cui compaiono, dal
Beato Angelico a Caravaggio, da Giotto
a Mantegna, da Raffaello a Tiziano. Più
di venti capolavori della storia dell’arte,
riletti con sensibilità e competenza, narrano la vita di Maria attraverso la storia
delle sue mani.
Cultura
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
ß
11
Il maestro della
musica del papa
Intervista con Monsignor Giuseppe Liberto,
direttore della “Cappella Musicale Sistina”
Mons. Giuseppe Liberto nella
“cantoria” della celeberrima
“Cappella Sistina”
Renzo Allegri
S
ono milioni le persone nel
mondo che, durante le principali solennità religiose, seguono, attraverso la televisione e la
radio, le celebrazioni del Papa nella
basilica di San Pietro. E sono milioni, quindi, le persone che ascoltano
e apprezzano i canti che accompagnano quelle cerimonie, eseguiti dal
coro più antico che si conosca, la
“Cappella Sistina”.
Il nome, mitico, richiama subito
alla mente quella particolare chiesa
all’interno del Vaticano, dove, da
secoli, i Cardinali si radunano per
nominare un nuovo Papa. E anche i
capolavori pittorici che ne impreziosiscono le pareti, opere immortali di
Botticelli, Signorelli, Perugino, Pinturicchio, Ghirlandaio e, soprattutto,
gli affreschi di Michelangelo, in particolare il Giudizio Universale. Ma
in quella cappella è anche cresciuta la “Schola Cantorum” del Papa,
quel coro che da secoli esegue tutte
le parti musicali nelle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice.
Un complesso artistico unico e prestigiosissimo. E per conoscerlo da
vicino abbiamo incontrato il direttore, monsignor Giuseppe Liberto,
siciliano, maestro di musica di alto
valore, che da 12 anni è alla guida
della Schola cantorum del Papa.
«Si chiama “Cappella Sistina” in
onore di Papa Sisto IV della Rovere, che, subito dopo la sua elezione
a Pontefice, nel 1471, se ne occupò
personalmente organizzandola in
modo sistematico», dice monsignor
Giuseppe Liberto. «Il nome completo è “Cappella Musicale Pontificia
Sistina”. Esisteva già molto prima di
Sisto IV. Si hanno notizie che risalgono alla fine del sesto secolo, sotto
Papa Gregorio Magno, il compilatore
del canto gregoriano. Ma fu Sisto IV
a darle organicità e una sede stabile.
Subito dopo la sua elezione, Papa
Della Rovere fece costruire, all’interno dei Palazzi Vaticani, una cappella,
riservata alle celebrazioni liturgiche
papali. E stabilì che le parti musicali delle celebrazioni fossero eseguite
sempre e solo dalla stessa “Schola
cantorum” che prese il nome dal fondatore: “Cappella Sistina”».
Sessantacinque anni, laureato in
filosofia e teologia, diplomato in
composizione, Monsignor Giuseppe Liberto è nato con la musica nel
sangue e fin da giovane ha offerto a
Dio questo suo grande talento artistico usandolo come mezzo di evangelizzazione. Subito dopo la sua ordinazione sacerdotale, fu nominato
direttore della “Schola cantorum”
della Cattedrale di Monreale in Sicilia, la sua diocesi, dove si affermò
non solo come “direttore musicale”,
ma anche come compositore e, nel
1997, Giovanni Paolo II lo volle in
Vaticano, assegnandogli il compito
di Maestro Direttore della “Cappella
Musicale Pontificia Sistina”. Incarico eccezionale. Giuseppe Liberto
saliva sul podio che per un secolo
era stato occupato da due celeberrimi Maestri: Lorenzo Perosi, dal
1898 al 1956, e Domenico Bartolucci dal 1956 al 1997. Ognuno
dei due, essendo anche straordinari
compositori, ha lasciato un’eredità
compositiva di prestigio e ora quel
prestigio grava sulle spalle di monsignor Liberto.
«L’incarico comporta realmente
una grande responsabilità», dice il
maestro. «Non solo perché la musica eseguita dalla “Cappella Sistina”
raggiunge oggi, grazie alla radio,
alla televisione, ai CD, ai DVD,
ecc., un pubblico incalcolabile, ma
soprattutto perché il suo compito
nei confronti dei credenti è del tutto
particolare. La musica della Cappella Sistina non deve mirare solo al
risultato artistico, che è certamente
doveroso, trattandosi della “Schola
cantorum” del “centro” della cristianità, che vanta oltre quindici secoli
di tradizione, ma deve soprattutto
aiutare chi l’ascolta a vivere e seguire con spirito di fede le celebrazioni
liturgiche del Papa, e deve quindi
diventare essa stessa preghiera. Un
compito che diventa “missione” ».
Affabile, sorridente, gentilissimo,
monsignor Liberto ci introduce nei
Palazzi Vaticani. Passiamo per ampi
corridoi, sale enormi piene di luce
e affrescate da leggendari maestri
della pittura. Incontriamo guardie
svizzere, monsignori, vescovi, cardinali e tutti salutano calorosamente
il maestro, che risponde con altrettanta cordialità. Conosce tutti. Le
sue parole, i suoi gesti, tutto il suo
portamento sono armoniosi, “musicali”. Dalla sua persona emana una
contagiosa energia positiva e serena.
Ci fa entrare nella Cappella Sistina. Ci indica la cantoria, a destra
del grande affresco del “Giudizio”
di Michelangelo, e dice: «Ecco, là è
nato il coro che io ora dirigo. Sisto
IV iniziò a celebrare le funzioni liturgiche in questa cappella intorno al
1473 e proprio da lì il coro eseguiva
il suo repertorio. Sono quindi oltre
cinquecento anni che, quando i Papi
celebrano tra queste mura, la musica
si sprigiona da quella cantoria».
Fa aprire una porticina segreta e
attraverso una scaletta ripida e stretta, saliamo nella cantoria. Da lassù
si domina l’intera Cappella Sistina.
Si vedono i capolavori dei grandi
maestri da una prospettiva unica.
Le pareti che delimitano la cantoria brulicano di firme lasciate lungo
i secoli. «Sono quelle dei cantori»,
spiega monsignor Liberto. «Sapevano di far parte della storia e hanno
voluto lasciare un loro segno. Decifrando quei nomi, si potrebbero trovare sorprese incredibili. Per esempio, uno dei cantori della “Cappella
Sistina” nel 1500 si chiamava Pier
Luigi da Palestrina: proprio lui, il
più grande polifonista, autore di
capolavori che ancora eseguiamo
e stupiscono il mondo. Ma anche
altri celebri musicisti di quel tempo furono cantori della “Cappella
Sistina”. Per esempio, Luca Marenzio (1553-1599), madrigalista;
Cristobal Morales, (1500-1553),
il più importante compositore spagnolo di musica vocale della prima
metà del Cinquecento; Costanzo
Festa (1490-1545); Josquin de Prez
(1455-1521), il più famoso compositore della scuola franco-fiamminga e Gregorio Allegri, un presbitero
romano, buon musicista, vissuto a
Roma dal 1582 al 1652, autore di
un “Miserere” a nove voci, divenuto leggendario. Talmente famoso,
quel “Miserere”, che il Papa aveva comminato la scomunica a chi
ne avesse diffuso lo spartito fuori
dal Vaticano. Veniva eseguito dalla
Cappella Sistina in San Pietro durante i riti della Settimana Santa, e
suscitava emozioni fortissime. Non
solo per la musica, che è abbastanza semplice, ma anche per il luogo
dell’esecuzione, il tipo di liturgia in
cui era inserito, con il Papa e i cardinali prostrati a terra; le candele
e le torce che venivano spente una
ad una fino a lasciare la Basilica al
buio totale, come quel buio che era
calato su Gerusalemme alla morte
di Gesù. Quel canto, eseguito con
straordinaria maestria, alternando
piani e forti, rallentati, accelerazioni improvvise e filati che sembrano
lamenti, diventava indimenticabile.
Del resto, provoca ancora grandi
emozioni, e lo dimostrano le numerose incisioni che sono in commercio e che hanno un buon mercato.
«Nel Cinquecento, nel Seicento,
nel Settecento, molti personaggi illustri raggiungevano Roma per assistere in San Pietro alle cerimonie
della Settimana Santa, celebrate dal
papa, e per ascoltare il famoso “Miserere” dell’Allegri, che veniva eseguito il mercoledì e il venerdì santo.
A questa consuetudine è legato un
episodio molto significativo che riguarda il giovane Wolfgang Amadeus Mozart».
«Nel 1770, anche Mozart arrivò a
Roma, accompagnato da suo padre
Leopold. Mozart aveva soltanto 14
anni, ma il suo genio musicale era già
noto in tutta Europa. Ascoltò il canto
del “Miserere” il mercoledì santo e
ne riportò una impressione enorme.
Rientrato in albergo, trascrisse a memoria quanto aveva udito. Tornò in
San Pietro il venerdì e, dopo questo
secondo ascolto, perfezionò quanto
aveva scritto. Aveva portato fuori
dai Palazzi Vaticani lo spartito di
quel “Miserere” e per questo avrebbe dovuto incorrere nella scomunica.
Ma si racconta che il Papa, informato di quanto era accaduto, invece di
scomunicare il giovane Mozart volle
premiarlo con una prestigiosa onorificenza pontificia».
Di quanti cantori è composta attualmente la “Cappella Musicale
Pontificia Sistina”?
«Circa 55: venti cantori adulti,
che sono dei professionisti, dipendenti vaticani, e circa 35 ragazzi, i
Mons. Giuseppe Liberto durante le prove con i “Pueri cantores”
Mons. Giuseppe Liberto, mentre si reca al lavoro, attraversa la
Sala Regia che precede la Cappella Sistina
ß
“Pueri cantores”, che costituiscono
la sezione di voci bianche. L’origine dei “Pueri cantores” del Coro
della Cappella Sistina risale al sesto
secolo. Poi, soprattutto nel Rinascimento, erano stati sostituiti dai
cantanti evirati, ma Lorenzo Perosi,
all’inizio del Novecento, riprese la
consuetudine antica. I “Pueri Cantores” non erano però membri a tutti
gli effetti della Cappella, venivano
utilizzati all’occorrenza. Solo nel
1956 Domenico Bartolucci, li inglobò come cantori fissi».
L’attività della Cappella Musicale Sistina si esaurisce nel partecipare alle celebrazioni liturgiche
del Papa?
«No, abbiamo anche una intensa attività concertistica in Italia e
all’estero. Negli ultimi dieci anni
abbiamo effettuato tournée in Giappone, Ungheria, Malta, Spagna,
Croazia, Albania, Germania, Montenegro, e moltissimi concerti a
Roma e in varie città italiane».
Lei è anche compositore.
«Il direttore della Cappella Sistina ha anche il compito di comporre
le musiche per le varie celebrazioni.
Come era in passato. Si riprendono
musiche del repertorio antico, ma
spesso vengono scritte appositamente. È un lavoro delicatissimo. Come
ho già detto, non si tratta di comporre
musiche per un concerto o per uno
spettacolo. Queste musiche nascono per la liturgia e, nell’esecuzione,
vengono conglobate all’azione liturgica e diventano preghiera della
Chiesa. In genere, per tradizione,
questo genere di musica viene chiamato “musica sacra”. Io amo riservare quell’espressione alla musica che
ha un contenuto “genericamente”
religioso. Mentre, per la musica finalizzata alla liturgia, preferisco usare
l’espressione “musica santa”.
«Comporre “musica santa” richiede certamente professionalità,
ma soprattutto consapevolezza di
essere al servizio dell’azione orante
della Chiesa che celebra il Mistero
pasquale di Cristo. La musica deve
aiutare a pregare le persone di oggi.
Bisogna quindi trovare il linguaggio
giusto, che sia vivo e non arcaico.
«Un ottimo suggerimento per
seguire questa strada, l’ho avuto
anche dal Santo Padre Benedetto
XVI, che è un grande intenditore
di musica. Ogni anno offriamo al
Papa, qui nella Cappella Sistina, un
concerto natalizio. Si tratta di un
incontro tra il Pontefice e i componenti della sua Cappella Musicale.
Al termine del concerto, il Papa ci
rivolge sempre un discorso molto
affettuoso. Un anno fa ho inserito
nel programma anche due canti natalizi tradizionali: Tu scendi
dalle stelle e Astro del ciel, da me
armonizzati in una forma un po’
moderna. Al termine del concerto,
il Papa mi ha fatto i complimenti.
Quasi scusandomi, gli ho detto che,
nel complesso dei vari brani classici, avevo voluto inserire anche
quei due canti popolari. “Bene, la
musica viene da lì, dal popolo”,
disse il Papa. “Però”, aggiunsi “li
ho armonizzati in forma forse un
po’ troppo moderna”. E lui: “No,
no, va bene così. Bisogna guardare
avanti, esprimersi con un linguaggio adatto al tempo in cui viviamo”,
indicandomi, con queste sue parole, la giusta regola che deve osservare chi compone “musica santa”
oggi”».
12
Cultura
Alla riscoperta dei grandi d’ogni tempo che hanno
I
San Francesco in meditazione
olio su tela cm 123x 92,5
Roma, chiesa di San Pietro a
Carpineto in deposito presso
la Galleria Nazionale
d’Arte antica
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
saputo rendere visibile ciò che non si vedeva
A
CARAVAGGIO
Caravaggio l’antiaccademico, Caravaggio che non mistifica, che
non nasconde il suo essere concretamente uno del popolo, calato
nella veracità del suo tempo, entusiasta della cristianità dei primordi ispirata ai dettami della povertà e della semplicità.
nvito all’
Natività con i
santi Lorenzo e
Francesco
olio su tela
cm 268 x 197
rte
Inaugurata la mostra Costanti del classico
nell’arte del XX e XXI secolo
Adriana Ginammi Crisafulli
C
atania - Palazzo Valle, capolavoro
catanese del Vaccarini, rinato dopo
uno splendido restauro durato quattro anni, è diventato per la volontà del proprietario Alfo Puglisi Cosentino la sede della
Fondazione che porta il suo nome, destinata
a diventare un punto di riferimento internazionale nella promozione dell’arte, in particolare dell’arte contemporanea. Per Catania
una svolta importante che colma una lacuna
e apre la città a molte iniziative culturali:
mostre, seminari, convegni, attività di studi
e di ricerca ed altri eventi che saranno, col
Barocco, un polo di attrazione per i turisti
che visiteranno la città. Una grande mostra
“Costanti del classico nell’arte del XX e XXI
secolo”, per l’importanza e il numero delle
opere, più di settanta, ha inaugurato l’attività della Fondazione. La rassegna si avvale
della direzione artistica di Bruno Corà e di
un prestigioso comitato scientifico composto
da Franca Falletti, Rudi Fuchs, Marie Laure Bernadac, Gillo Dorfles, Manolo BorjaVillel. Attraverso il maestoso portone che da
R
Villa Landolina
Via Vittorio Emanuele immette nel cortile
del Palazzo le istallazioni permanenti di due
artisti contemporanei, Giovanni Anselmo e
Jannins Kounellis, accolgono i visitatori. Da
quel primo impatto cominciamo a riflettere
su come riconoscere il classico in un’opera
d’arte contemporanea? L’interessante percorso della mostra non segue un ordine cronologico pone a confronto opere di artisti di
varie generalità e generazioni, tutte di alto
livello, prestate da musei, collezionisti e gallerie d’arte. L’osservatore può esercitare uno
sguardo critico sui capolavori esposti o ammirarne la forma e la bellezza. L’ida che ha
ispirato la mostra è, per Bruno Corà ” quella
di orientare l’attenzione di ciò che nel tempo si rivela “costante” e che, pure apparendo
di volta in volta, diverso, partecipa di una
medesima, irrinunciabile essenza”. A questa
qualità essenziale va ricondotta la nozione
di classico rispetto all’opera d’arte. Nozione
che, quindi, secondo il curatore, va riqualificata, dove diventare dinamica, dialettica, in
continua trasformazione, definendosi soprattutto per ciò che nel tempo si rivela appunto
costante. La mostra è di largo respiro, tra il
primo e il secondo piano del palazzo diciotto
La collezione Caprai esposta
al Museo Napoleonico
oma - La mostra “In quelle trine morbide. Merletti dell’Ottocento dalla Collezione Arnaldo Caprai” presenta al Museo
Napoleonico una selezione di merletti provenienti dalla collezione Arnaldo Caprai di Foligno, considerata una delle più importanti raccolte
tessili europee private. La collezione
è costituita da circa 4.500 merletti prodotti tra il XVI e il XIX secolo
e racchiude la più ampia rassegna di
questa tipologia di prodotto artistico presente in un’unica collezione.
La ricchezza delle varietà delle tecniche esecutive e la presenza di manufatti per gli usi più diversi come bordure, colletti, fichu, cappe, mantiglie,
ventagli, ombrellini, cuffie, fazzoletti,
rendono questa collezione unica nel
suo genere.
L’esposizione offre una panoramica
delle diverse manifatture europee di
merletti e della loro diversificata ed
elegante produzione in un arco di tempo che copre tutto l’800.
Per l’occasione sarà presentata an- Parasole, merletto a fuselli Chantilly Francia, 1875-1900 1945
che la piccola ma preziosa collezione
di merletti conservata al Museo Napoleonico, il stocratico, Napoleone rilancerà la manifattura dei
cui nucleo più omogeneo è costituito da un gruppo merletti attraverso generosi finanziamenti statali,
di venti dentelles appartenuti a Eugenia, moglie di rendendo obbligatorio l’uso di accessori trinati
Napoleone III. Tra i pezzi più rilevanti la preziosa nell’abbigliamento di corte. Da questo momento
mantiglia di pizzo nero donata all’ex imperatrice in poi regine, imperatrici, principesse orneranno
nel 1876 in occasione di un suo viaggio in Spagna. i loro abiti e quelli dei loro figli con morbide triIl secolo d’oro del merletto fu senza dubbio il ne; soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento
Seicento; nel secolo successivo Maria Antoniet- quando due sovrane, l’imperatrice Eugenia e la
ta aveva determinato con la sua passione per le regina Vittoria, riporteranno all’antico, lussuoso
trine, un cambiamento sostanziale nella moda del splendore il merletto.
La mostra è promossa dal Comune di Roma,
suo tempo, adottando stoffe leggere e di colore
chiaro. Dopo la tempesta rivoluzionaria che vide Assessorato alle Politiche Culturali e della Coun “rifiuto” del merletto considerato troppo ari- municazione, Sovraintendenza ai Beni Culturali,
sale espongono dipinti, sculture, istallazioni
di artisti che vanno dall’inizio del XX secolo, con una bella scultura di Medardo Rosso
(1906), ai capolavori dei grandi del Novecento e a molti artisti contemporanei. Anche
se i curatori hanno raggruppato alcune opere
per una qualità o caratteristiche che condividono in campi ben individuati, noi ci muoviamo trascinati dall’impatto emotivo che
molte opere ci procurano. Gli artisti sono
tanti, tutti presenti con una sola opera: Giacometti, Degas, Matisse, Mondrian, i fratelli
De Chirico; c’è un’opera di Sironi di una forza straordinaria, poi Kandinsky, Malewich,
Klee, un grande Fontana e una notevole scultura di Melotti e poi ancora Magritte, interessante e Carla Accardi. C’è una foto di Robert
Mapplethorp e (1988) rappresenta un uomo
accovacciato: nasconde la testa tirando a se
le ginocchia che stringe con forza, in primo
piano la rigorosa composizione della figura,
la tensione dei muscoli delle gambe e delle mani, la lucidità della pelle non è molto
dissimile da una scultura classica, ne ha la
stessa forza e bellezza. Notevoli le opere dei
contemporanei. “Vesuvio Circle” di Richard
Long, uno dei maggiori rappresentanti della
Lard Art nata nel 1960 (ricordiamo la grande mostra romana del 1994 a Palazzo delle
Esposizioni), le sue sculture nate in luoghi
lontani, eseguite con materiali del posto, per
lo più in forme geometriche e poi fotografate, trasmettono una forte potenza evocativa, riusciamo a camminare e vedere con lui
gli stessi luoghi. In “Microcosmo” opera di
Eliseo Mattiacci la spazialità è sentita come
tensione interiore che qui si esprime in forma circolare. “ Tel Aviv Man XVII- 2003” di
Jaume Piensa è un corpo umano che si libra
senza gambe è formato da lettere alfabetiche
metalliche, la sua ombra si moltiplica sulle
pareti e l’effetto è suggestivo. Fra installazioni “Luce e notte” 2006 di Colombo Mannelli coinvolge il visitatore e fa pensare: in
una stanza buia un faro proietta a terra, su
un cerchio, una frase desunta da uno scritto
di Parmenide sulla ciclicità della vita, mentre si sente il suono della risacca del mare.
Altrettanto intrigante l’installazione di Rebecca Horne “Watchyng the Sea” sempre
in movimento. Molti ancora i contemporanei: Castellani, Uncini, Lo Savio. Dopo gli
anni sessanta Pistoletto, Fabbro, Paolini,
Calzolari, Dibb-ets, Parmigiani. Negli anni
settanta Ranaldi, Messina, Bassiri, Nunzio,
Tirelli. Questa grande rassegna della Fondazione Puglisi Cosentino è solo un inizio, il
Presidente ha annunziato per settembre una
mostra ad un artista noto per ora top-secret,
è un’altra che lancerà un promettente artista
siciliano, un’iniziativa che aiuterà i nuovi talenti in campo internazionale.
con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura
.Il Museo Napoleonico si trova in piazza di Ponte
Umberto I, 1a mostra dura fino al 29 marzo 2009
con i seguenti orari: da martedì a domenica dalle
9 alle ore 19 (ingresso fino alle 18.30); 24 e 31
dicembre 9.00-14.00 (ingresso fino alle 13.30);
chiuso il lunedì, 25 dicembre, 1 gennaio.
Biglietto: intero € 5.50; ridotto € 4.00; gratuito
per le categorie previste dalla tariffazione vigente
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Economia
14
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
A cura di Gianfranco D’Ettoris
Piano casa, un’occasione Affitti e condominio
Confedilizia risponde
per rilanciare l’affitto
Corrado Sforza Fogliani
Presidente Confedilizia
P
ur nell’attesa di conoscere nel
dettaglio le norme che saranno varate, le misure di liberalizzazione urbanistica annunciate
dal Governo appaiono apprezzabili.
Sono un segnale importante, che
non potrà non esercitare benefici
effetti, soprattutto sul piano psicologico. Una misura perlomeno
altrettanto efficace, se non più efficace, sarebbe il rilancio dell’affitto
attraverso la tassazione separata dei
canoni. Se la locazione di immobili
– oggi soffocata dalla fiscalità erariale e locale – tornasse alla redditività, il recupero di tanti immobili
oggi inutilizzati perché bisognosi
di lavori di ristrutturazione o di
rimessa in pristino, sarebbe immediato. Al proposito, la Confedilizia
calcola che in Italia vi siano fra i
700 e gli 800 mila immobili inabitabili perché da ristrutturare o da
rimettere in pristino, in gran parte
situati nei centri storici. Le annunciate disposizioni del Governo in
materia di edilizia renderebbero più
facile l’utilizzo di questi immobili
per i casi in cui i proprietari siano
intenzionati ad adibire gli stessi a
loro abitazione. Molti di essi potrebbero peraltro anche essere destinati all’affitto a canoni agevolati,
vale a dire stabiliti dagli accordi
stipulati dalla Confedilizia in tutta
Italia con i sindacati degli inquilini,
come prevede la legge. Ma perché
tali immobili vengano destinati alla
locazione, occorre che l’affitto torni ad avere una redditività, ed è per
questo che la Confedilizia chiede
che la maggioranza – dando attuazione, fra l’altro, ad un preciso punto del suo programma – introduca
per i contratti di locazione agevolati
una cedolare secca del 18-20%.
L’introduzione della cedolare secca
per i contratti di locazione agevolati
– che, secondo i calcoli dell’Ufficio
Studi della Confedilizia, costerebbe
all’Erario meno di 200 milioni di
euro – contribuirebbe, da un lato,
a rilanciare l’affitto e, dall’altro,
ad agevolare tutte quelle famiglie
che sono alla ricerca di immobili
in affitto, magari quale via d’uscita
da mutui già in essere ovvero quale
alternativa all’accensione di nuovi
mutui. Nelle bozze in circolazione
del Piano casa, però, c’è una norma
che ci preoccupa, quella che prevede l’introduzione del fascicolo
del fabbricato, un vecchio arnese
inventato dal Governo D’Alema.
Il Piano dovrebbe servire a mettere in moto l’edilizia. Il fascicolo,
al contrario, metterà in moto solo
carte, gravando chi voglia eseguire
una nuova costruzione o ricostruire
un immobile a seguito di integrale
demolizione, di nuove spese. Allo
stato, per quanto se ne sa, la formazione del fascicolo sarebbe infatti
demandata ai Comuni, ma è facile
comprendere che questi scaricheranno allo scopo nuovi adempimenti, e quindi nuove spese, a carico di
chi voglia costruire. Addirittura il
testo concederebbe ai Comuni la
facoltà di provvedere alla formazione del fascicolo e di una scheda
tecnica descrittiva anche per i fabbricati esistenti. E si prevederebbe
espressamente che in occasione di
ogni successivo intervento edilizio
eccedente la manutenzione ordinaria, il fascicolo dovrebbe essere
aggiornato, “su richiesta del Comune e a cura dei proprietari”, entro
sessanta giorni dall’ultimazione dei
lavori. Se una norma di tale portata sarà confermata, ci si troverebbe davanti ad un provvedimento
contraddittorio in piena
regola. Da una parte, si
dice di voler sburocratiz-
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capitale e le gite fuori città, da Chartres
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Paris.
La rubrica fornisce risposta solo a quesiti di interesse generale. Non saranno, pertanto, presi in considerazione quesiti
né a carattere personale né relativi a questioni già pendenti
innanzi all’Autorità Giudi­zia­ria.
I quesiti vanno inoltrati alla Confedilizia tramite le oltre 200
Associazioni territoriali aderenti alla stessa e presso le quali è
possibile attingere anche ogni ulteriore informazione. Per gli
indirizzi delle Associazioni consultare i siti www.con­fe­dilizia.it
www.con­fe­di­li­zia.­eu oppure telefonare al numero 06.67.93.489.
TRASFORMAZIONE
DELLA FINESTRA IN
PORTA DI ACCESSO AL CORTILE
Un condomino ha trasformato la
propria finestra in una porta di
accesso al cortile condominiale. Si
chiede se ciò sia legittimo.
La risposta è affermativa. Secondo la Cassazione, infatti, un intervento del genere non costituisce
abuso della cosa comune (sent. n.
1112 del 4.2.’88).
zare ed aiutare la ripresa edilizia, e
dall’altra si torna a porre, di fatto ed
anche formalmente, nuovi obblighi
e nuove spese a carico della proprietà. Nella sostanza si fa poi tutto
il contrario di quanto hanno in più
occasioni stabilito i giudici di ogni
ordine e grado, fino al Consiglio
di Stato, ripetutamente bocciando
il fascicolo in questione. C’è da
restare increduli e fino all’ultimo
speriamo in un diretto intervento
del Presidente del Consiglio che
valga a scongiurare un provvedimento iniquo, di cui gli italiani
– in un momento in cui si deve
puntare sul lavoro produttivo e
non sul lavoro buroindotto – non
hanno proprio bisogno.
U
tilità
Sian Berry
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ed energia
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Il libro propone cinquanta idee per: prevenire i cambiamenti climatici e risparmiare
denaro; muovere tutti i piccoli passi necessari a ottenere grandi cambiamenti; imparare a rispettare la natura in ogni aspetto della
vita. Sian Berry è stata candidata a sindaco
di Londra per il partito dei Verdi e fondatrice dell’Alliance Against Urban 4x4 contro
i Suv in Città.
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Codice del condominio negli
edifici
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L’opera è aggiornata con: la L. 30 dicembre
2008, n. 210, di conversione, con modificazioni, del D.L 6 novembre 2008, n. 172,
di modifica della normativa sugli scarichi
in reti fognarie; la L. 18 dicembre 2008,
n. 199, di conversione, con modificazioni,
del D.L. 20 ottobre 2008, n. 158, recante
il nuovo provvedimento “blocco sfratti”;
il nuovo Contratto Collettivo Nazionale
di lavoro dei dipendenti da proprietari di
fabbricati.
COSTITUZIONE DEL
SUPERCONDOMINIO
Si domanda quali condizioni debbano ricorrere per la costituzione di
un supercondominio.
Ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né
la manifestazione di volontà dell’originario costruttore né quella di tutti i
proprietari delle unità immobiliari di
ciascun condominio. E’ sufficiente,
invece, che “i singoli edifici abbiano,
materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell’ambito
di applicazione dell’art. 1117 cod. civ.
(quali, ad esempio, il viale d’ingresso,
l’impianto centrale per il riscaldamento, i locali per la portineria, l’alloggio
del portiere) in quanto collegati da
un vincolo di accessorietà necessaria
a ciascuno degli stabili, spettando, di
conseguenza, a ciascuno dei condòmini dei singoli fabbricati la titolarità pro
quota su tali parti comuni e l’obbligo
di corrispondere gli oneri condominiali relativi alla loro manutenzione”
(Cass. sent. n. 2305 del 31.1.’08).
RINUNCIA DEL
CONDUTTORE AL
RINNOVO ALLA PRIMA SCADENZA
Si domanda se sia legittima la rinuncia, da parte del conduttore di un
immobile ad uso commerciale, al diritto di rinnovazione alla prima scadenza, nel caso in cui tale rinuncia
intervenga nel corso della locazione.
La giurisprudenza ha precisato che
la sanzione di nullità prevista dall’art.
79 della legge n. 392 del 1978 si riferisce alle pattuizioni che preventivamente tendono a limitare i diritti
attribuiti al conduttore dalle disposizioni inderogabili di cui alla medesima
legge 392/’78 e non esclude, quindi, la
facoltà del conduttore di rinunziare a
questi diritti dopo che essi sono sorti
(in tal senso, Cass. sent. n. 4709 del
29.4.’91). La risposta al quesito è pertanto positiva.
CASA DI CURA
PER ANZIANI
Si domanda se spetti l’indennità di
avviamento ad un inquilino che abbia adibito l’immobile commerciale
a lui locato a casa di cura per anziani.
Al quesito ha risposto la Cassazione che sul punto si è così testualmente
espressa: “In tema di indennità per la
perdita dell’avviamento commerciale
di cui all’art. 34 della legge 27 luglio
1978, n. 392, esclusa, a norma dell’art.
35 della stessa legge, in relazione ai
contratti di locazione di immobili nei
quali venga esercitata un’attività professionale (avente un contenuto fiduciario, che prescinde dalla ubicazione
dei locali nei quali l’attività medesima
si svolge), nel caso di gestione di una
casa di cura per anziani la sussistenza
del diritto alla predetta indennità postula la prevalenza di un’attività organizzativa di natura strettamente imprenditoriale commerciale. Qualora,
invece, prevalga un’opera definibile
come professionale per la qualità e la
quantità del personale impiegato e per
il tipo delle prestazioni eseguite, deve
escludersi la configurabilità del diritto
alla indennità in questione” (sent. n.
4505 del 28.3.’01).
A cura della CONFEDILIZIA di Crotone - Via Lucifero 40 - Tel. 0962/905192
Sito Internet: www.godel.it/confediliziakr
C. Sforza Fogliani, S. Maglia
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L’opera è aggiornata con: la L. 18 dicembre
2008, n. 199, di conversione, con modificazioni, del D.L 20 ottobre 2008, n. 158, recante le nuove norme in materia di blocco
degli sfratti; le norme nazionali e regionali
in materia di risparmio energetico nei fabbricati, fra le quali segnaliamo: il D.L.vo
19 agosto 2005, n. 192; il D.M. 19 febbraio 2007, n. 1 e la L.R. Liguria 29 maggio
2007, n. 22; la giurisprudenza più recente
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di cui non sappiamo più fare a meno, talmente indispensabili e comuni da apparire scontati. Sembra che siano sempre esistiti. Eppure anche la più semplice delle
idee è balenata per la prima volta nella
mente di qualcuno, da qualche parte nel
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e le dinamiche di un sistema finanziario
svincolato da ogni controllo abbiano prodotto la peggiore crisi dagli anni Trenta a
oggi. E ci illustra le misure che bisogna
prendere perché fenomeni del genere non
si ripetano.
N° 5/2009 - ANNO XVIII - 1 aprile
A cura di
Maria Grazia D’Ettoris
Speciale scuola
15
Leggere che passione!
La storia infinita, un libro che aiuta a credere nei sogni
I ragazzi della Giovanni XXIII di Crotone entusiasti esprimono le loro opinioni
I
l giorno 12 marzo, con i miei
compagni e la professoressa
siamo andati alla biblioteca
Pier Giorgio Frassati. Da scuola siamo partiti verso le 8,30 e lì
siamo arrivati alle 9,00 appena
siamo entrati, la bibliotecaria ci
ha fatto sedere, poi ci ha detto
il libro che avremmo letto che
era “La storia infinita” di Michael Ende. La signora ci ha un
po’ raccontato la storia di questo scrittore e poi ha parlato di
come era il libro, praticamente
si tratta di un libro dentro ad
un altro libro. La storia parla
di un bambino che si chiamava
Bastian che, purtroppo, non ha
più la madre e vive solo con il
padre, e la sua è una vita molto triste. Bastian va a scuola
ma i compagni lo prendono in
giro perché sono dei bulli. Una
mattina Bastian si ritrova in
una libreria, dove c’è un uomo
che odia i bambini perché non
sanno apprendere le cose belle
e i libri. Quest’uomo parla un
po’ con Bastian poi a un certo
punto, squilla il telefono e lui
va a rispondere. Intanto Bastian
vede un libro, che per lui era
piuttosto interessante, e allora
scappa via con il libro in mano,
ma con l’intenzione poi di restituirlo. Da qui Bastian incomincia a leggere il libro, che
appunto si intitola “La storia
infinita”, ed immagina di essere lui nel libro. Questa storia è
il racconto di tante avventure,
che deve superare Atreyu, il
protagonista, insieme a dei suoi
piccoli amici come: draghi, tartarughe giganti e tanti altri personaggi fantastici. Dopo che la
signora della biblioteca ha letto
il testo, ci ha fatto vedere il film
e, come sempre, ci ha detto di
stare attenti alle differenze. Tra
queste ho notato che nel film
si parla di Bastian come di un
bambino magro, mentre nel libro lui è piuttosto grassottello;
un’altra differenza è che nel
film lui ed il padre parlano quasi sempre, mentre il libro dice
il contrario, poi ho notato altre
differenze riguardanti i nomi,
e dopo tante chiacchiere siamo
usciti e ritornati a scuola. Io
credo che questo libro che abbiamo letto in biblioteca, voglia
far capire che bisogna credere
di più nei sogni ed avere più
immaginazione e fantasia. Sono
molto contenta di questa bella
esperienza vissuta quest’anno,
mi è servita per trascorrere tre
belle giornate sempre utili dal
punto di vista didattico ma anche piacevoli, perché trascorse
con i miei compagni di classe.
Mi ha insegnato ad apprezzare
di più la lettura e a guardare con
meno superficialità e più attenzione le varie scene di un film
esprimendo il mio giudizio e
imparando anche a partecipare
con “occhio critico”.
Silvia Primerano
Classe I D
G. XXIII
I
l giorno 12 marzo sono andata
con la mia classe a fare l’ultimo incontro alla biblioteca
Pier Giorgio Frassati, dove abbiamo letto il libro “ La storia infinita” e lo abbiamo confrontato con
il film. La storia infinita racconta
di un ragazzo che, in un mondo
tendenzialmente moderno in cui i
giovani spesso amano l’elettronica, è invece appassionato di libri.
Un ragazzo così è fatto oggetto di
scherno da parte dei suoi coetanei.
Pertanto si rifugia in una vecchia
soffitta con un prezioso libro preso in “prestito” in una libreria. E’
così che il libro si rivela veramente
appassionante e misterioso. Doveva trattarsi proprio di un libro
magico perché il lettore viene
trasportato all’interno della storia
narrata dal libro. E’ una classica
battaglia tra bene e male, fatta di
personaggi strani e fiabeschi. Lo
stesso ragazzo diventa protagonista in quanto gli viene chiesto,
alla fine, da parte dell’imperatrice
del regno di Fantasia, di liberare
questo dal Nulla. Intanto nel libro,
il protagonista Atreyu che è stato
chiamato a sconfiggere il Nulla
inizia il viaggio con un cavallo che
lo conduce in una palude dove la
bestia, presa dalla tristezza, perde
la vita. Il ragazzo si incammina da
solo e sarebbe stato vinto dal Nulla
se non fosse venuto in suo soccorso il drago buono volante. Con le
indicazioni della saggia tartaruga millenaria giunge alla dimora
di due anziani elfi che con i loro
preziosi consigli spingono il pro-
La paura aiuta a crescere
I bambini della Montessori disegnano le loro paure
A
nna e la paura più
grande (San Paolo,
2002) è stato uno dei
tanti libri letti presso la biblioteca Pier Giorgio Frassati ai bambini della scuola
Giorgia Asteriti
Classe III C
Maria Montessori. Lo scopo
è stato quello di far comprendere, che non sono soltanto i piccoli ad aver paura, ma anche gli adulti. La
paura cambia in base all’età
e ai momenti, ma può aiutare
l’uomo a maturare nel corso
della vita. Serve inoltre, a
dirci quali sono le cose pericolose, “La gente – scrive
l’autrice del libro – se non
avesse paura, attraverserebbe
la strada senza guardare, oppure infilerebbe le dita nelle
prese della corrente”. Non
bisogna dunque vergognarsi
di avere paura, dal momento
che questa ci aiuta ad essere
più coraggiosi.
Vincenzo Bassano
Classe III C
tagonista ad affrontare tre difficili
prove per giungere all’Oracolo.
Infine deve affrontare il terribile
lupo nero con gli occhi di fuoco,
Gmork che combatte per il nulla.
Il bene rappresentato dal ragazzo
trionferà ed il regno di Fantasia
sarà salvo. Il lieto fine di questa
storia sarà che il ragazzo riuscirà
ad avere la meglio anche su quei
ragazzi prepotenti ed arroganti che
lo deridevano. Alla fine del film
abbiamo notato delle differenze fra
B
questo e il libro e siamo ritornati in
classe. Questo film mi è sembrato
molto appassionante, perché ricco
di personaggi fantastici e con un
lieto fine. Di più mi ha colpito che
il timido ragazzo, divenuto protagonista eroico nella storia incantata, nella realtà è riuscito a battere
quei suoi sgarbati coetanei.
Maria Rosaria Lumare
Classe I D
G. XXIII
D
astian è un ragazzino tormentato dai suoi compagni
di scuola. Un giorno, nel tentativo di sfuggire al loro inseguimento, finisce in una libreria il cui proprietario gli mostra un antico libro.
Incuriosito e approfittando di una
breve distrazione del vecchio che risponde al telefono, Bastian “prende
in prestito” il libro e si rifugia nella soffitta della scuola per leggerlo.
Finisce così risucchiato nella storia e
nel mondo incantato di Fantasia che
è alla disperata ricerca di un eroe, che
lo salvi dalla distruzione, dal Nulla.
La storia comincia presentandoci tre
fantastiche creature: un Mordiroccia,
un Maghetto e un Omino che si recano alla Torre D’Avorio per discutere
del Nulla che minaccia le loro terre e
trovare una soluzione, un eroe che li
salvi e viene convocato un giovane,
di nome Atreyu, che subito accetta
l’incarico e parte alla ricerca delle
terre di Fantasia. Dopo aver superato due porte, si reca dall’oracolo
il quale gli rivela, poi, che l’unico
modo per salvare Fantasia è trovare un nuovo nome all’imperatrice
afflitta da un grave male e che solo
un essere umano può farlo. Successivamente, Atreyu incontra il Lupo
Nero che gli rivela che Fantasia non
ha confini perché è fatta dei sogni
degli esseri umani e che il Nulla è la
dimostrazione che essi non sognano
più. Atreyu però, sconfigge il suo
anemico, il Lupo Nero appunto, e
decide di andare dall’imperatrice per
ammettere di aver fallito la missione.
Giunto là, lei sembra però contenta,
perché il “Giovane Umano”, cioè
Bastian ha seguito tutte le avventure del giovane Atreyu ed in realtà è
stato sempre con loro. Bastian non
vuole ammettere che l’imperatrice
stia parlando proprio con lui e solo
quando quest’ultima lo implora chiamandolo per nome, egli si convince
di essere l’unico in grado di salvare
Fantasia. Preso dal coraggio, urla il
nome che era di sua madre e si ritrova
nel buio totale di fronte all’imperatrice, nonostante i suoi sforzi l’unica
fonte di luce che resta del vasto regno
è un granello di sabbia. Successivamente l’imperatrice chiede a Bastian
di ricreare quel mondo attraverso i
suoi desideri…A me è piaciuto molto
il ruolo di Bastian perché mi ha fatto
capire il vero senso della lettura, perché con i libri si viaggia in un mondo
fantastico, alla ricerca di avventure
magnifiche e strabilianti. Un doveroso ringraziamento devo alla biblioteca Pier Giorgio Frassati della Fondazione D’Ettoris che mi ha regalato
questa opportunità.
el progetto “Leggifilm”
che frequento con la scuola, oggi è stato il terzo e
ultimo incontro per quest’anno;
però devo dire che è stato il più
divertente. Oggi abbiamo ascoltato il riassunto del libro e guardato il film “La storia infinita”, un
romanzo scritto da Michael Ende
che parla di Bastiano, il personaggio principale, che si appassiona
di un libro che ha preso in “prestito” da uno strano libraio; il titolo
del libro era, appunto, “La storia
infinita” e sulla copertina c’erano raffigurati due serpenti che
si mordevano la coda a vicenda.
Tra libro e film ci sono parecchie
differenze: quella che salta subito all’occhio è il finale, perché,
mentre nel film Bastiano torna nel
mondo reale sopra il drago della
fortuna, nel libro il personaggio
resta a Fantasia molto tempo nel
quale sceglie un cammino sbagliato, perché cerca il potere, per
fortuna i suoi amici lo aiutano e lo
fanno ritornare nel mondo reale,
dove lui sembra non essere mancato. Facendo un passo indietro,
notiamo altre differenze: il Fuoco
Fatuo nel film non viene citato ed
è il Mordiroccia ad annunciare
l’arrivo del Nulla; inoltre Cairone nel libro è un centauro mentre
nel film no; un’altra differenza e
che mentre nel libro Atreyu viene
chiamato da Cairone in persona,
nel film è stato mandato a chiamare. L’ennesima differenza è
che mentre nella torre d’Avorio
nel film c’erano creature di tutto
il regno che chiedevano udienza
con l’imperatrice, nel libro invece
c’erano ben 499 medici che stavano cercando di capire la causa del
male della regina; in più Atrax, il
cavallo di Atreyu, mentre nel libro
sa parlare nel film no; e un’altra
differenza ancora è che nel film
non c’è la scena in cui il ragno gigante e il drago combattono e naturalmente ce ne sono altre. Sono
rimasta molto colpita da questa
storia non soltanto per l’articolazione di questa ma anche perché
questo libro ci insegna a credere
nei sogni, a viaggiare con l’immaginazione e con la fantasia e a credere in noi stessi perché, se c’è la
forza di volontà, tutti i nostri sogni si possono realizzare. In ogni
caso consiglio di leggere questo
libro perché è bello, fa viaggiare con l’immaginazione e perché
sono sicura che anche a chi non
piace leggere, questo libro può far
appassionare alla lettura.
Alessandro Pane
Classe I D
G. XXIII
Giulia Ruperti
Classe I D
G. XXIII
Nicoletta Hristodorescu
L’apprendimento intelligente
Volume primo, “Teoria dei luoghi” della mente e modello neuromimetico TDL, pp. 272, Euro 18,00
Volume secondo, La “Nuova didattica” Metodologia per favorire lo sviluppo delle capacità intellettive, pp. 214, Euro 12,00
L’apprendimento intelligente è una metodologia di gestione ottimale delle risorse intellettive che tutti possono acquisire per
migliorare l’efficienza del proprio sistema cognitivo. In effetti, l’energia della mente è potenzialmente illimitata, ma non tutti
sanno usarla in modo appropriato per il loro profitto e per il profitto degli altri.
La “Teoria dei luoghi” (Tdl) formula alcune ipotesi sulla natura e la struttura della mente umana, partendo dal presupposto
che il cervello non è un contenitore in cui vengono immagazzinate, alla rinfusa, le informazioni in entrata, ma una struttura di
strutture citoarchitettoniche geneticamente predisposte ad essere organizzate. Il modello neuro mimetico descritto dalla “Teoria dei Luoghi” è il risultato di studi che riguardano non soltanto le Neuroscienze, ma anche la Cibernetica, la Psicologia, la
Linguistica e le problematiche connesse all’insegnamento. Nessuna sperimentazione diretta sull’essere umano può accertare
con mezzi non invasivi le modalità in cui i processi intellettivi di alto livello (creativo, scientifico, religioso) siano soddisfatti
dal comportamento funzionale dei singoli neuroni, all’interno delle strutture alle quali essi appartengono.
La Hristodorescu descrive in maniera approfondita questi processi nel preciso intento di porre le basi di una metodologia che
possa favorire il processo di apprendimento e dotare l’insegnamento scolastico di presupposti scientifici più efficaci e consapevoli del funzionamento cerebrale. L’autrice completa il suo studio con una sua personale teoria da lei applicata ai suoi
alunni che consente un graduale e sostanziale miglioramento del quoziente intellettivo.
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Segnata la nascita di un “triumvirato”