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LAS TRANSFORMACIONES DEL
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TESTI NORMATIVI
DI RECENTI RIFORME ITALIANE
(ANCHE IN ITINERE)
DIRITTO SINDACALE
L. 20 maggio 1970, n. 300 (STATUTO DEI LAVORATORI)
TITOLO III - Dell’attività sindacale
Art. 19 - Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali1*
Rappresentanze sindacali aziendali possono
lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito:
essere
costituite
ad iniziativa dei
[a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul
piano nazionale;
b)] delle associazioni sindacali, [non affiliate alle predette confederazioni] che siano
firmatarie di contratti collettivi [nazionali e provinciali] di lavoro applicati nell'unità
produttiva.2
Nell'ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono
istituire organi di coordinamento.
Le parti abrogate, a seguito del referendum popolare dell’11 giugno 1995, sono poste [fra
parentesi quadra].
1
2
La Corte Costituzionale, con sentenza 3 - 23 luglio 2013, n. 231, ha dichiarato di
recente « l'illegittimità costituzionale dell'articolo 19, primo comma, lettera b), della legge
20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della
libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento),
nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere
costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti
collettivi applicati nell'unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione
relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda».
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Legge 14 settembre 2011, n. 148, di conversione del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo)
Art. 8 - Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità
1. I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni
dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale
ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di
legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del 28
giugno 2011, possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i
lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio
maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore
occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all'adozione di forme di partecipazione dei
lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario,
alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove
attività.
2. Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie
inerenti l'organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della
solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell'orario di lavoro;
e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le
collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e
conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro,
fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in
concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall'inizio del periodo di
gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di
età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo
parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il
licenziamento in caso di adozione o affidamento.
2-bis . Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle
normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese di
cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le
materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti
collettivi nazionali di lavoro.
3. Le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti
prima dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei
confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto stesso si riferisce a
condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori.
3-bis [omissis]
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L. 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in mateeria di riforma del mercato del lavoro in
una prospettiva di crescita) [c.d. Riforma Fornero]
Art. 4, comma 62 e 63
partecipazione»]
[legge-delega su «informazione, consultazione e
62. Al fine di conferire organicita' e sistematicita' alle norme in materia di informazione e
consultazione dei lavoratori, nonche' di partecipazione dei dipendenti agli utili e al capitale,
il Governo e' delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, uno o piu'
decreti legislativi finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori
nell'impresa, attivate attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale, nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) individuazione degli obblighi di informazione, consultazione o negoziazione a carico
dell'impresa nei confronti delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori, o di appositi
organi individuati dal contratto medesimo, nel rispetto dei livelli minimi fissati dal decreto
legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, di recepimento della direttiva 2002/14/CE
sull'informazione e consultazione dei lavoratori;
b) previsione di procedure di verifica dell'applicazione e degli esiti di piani o decisioni
concordate, anche attraverso l'istituzione di organismi congiunti, paritetici o comunque
misti, dotati delle prerogative adeguate;
c) istituzione di organismi congiunti, paritetici o comunque misti, dotati di competenze di
controllo e partecipazione nella gestione di materie quali la sicurezza dei luoghi di lavoro e
la salute dei lavoratori, l'organizzazione del lavoro, la formazione professionale, la
promozione e l'attuazione di una situazione effettiva di pari opportunita', le forme di
remunerazione collegate al risultato, i servizi sociali destinati ai lavoratori e alle loro
famiglie, forme di welfare aziendale, ogni altra materia attinente alla responsabilita' sociale
dell'impresa;
d) controllo sull'andamento o su determinate scelte di gestione aziendali, mediante
partecipazione di rappresentanti eletti dai lavoratori o designati dalle organizzazioni
sindacali in organi di sorveglianza;
e) previsione della partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili o al capitale
dell'impresa e della partecipazione dei lavoratori all'attuazione e al risultato di piani
industriali, con istituzione di forme di accesso dei rappresentanti sindacali alle
informazioni sull'andamento dei piani medesimi;
f) previsione che nelle imprese esercitate in forma di societa' per azioni o di societa'
europea, a norma del regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell'8 ottobre 2001,
che occupino complessivamente piu' di trecento lavoratori e nelle quali lo statuto preveda
che l'amministrazione e il controllo sono esercitati da un consiglio di gestione e da un
consiglio di sorveglianza, in conformita' agli articoli da 2409-octies a 2409-quaterdecies
del codice civile, possa essere prevista la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori nel
consiglio di sorveglianza come membri a pieno titolo di tale organo, con gli stessi diritti e
gli stessi obblighi dei membri che rappresentano gli azionisti, compreso il diritto di voto;
g) previsione dell'accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti al possesso di azioni, quote
del capitale dell'impresa, o diritti di opzione sulle stesse, direttamente o mediante la
costituzione di fondazioni, di appositi enti in forma di societa' di investimento a capitale
variabile, oppure di associazioni di lavoratori, i quali abbiano tra i propri scopi un utilizzo
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non speculativo delle partecipazioni e l'esercizio della rappresentanza collettiva nel
governo dell'impresa.
63. Per l'adozione dei decreti legislativi di cui al comma 62 si applicano le disposizioni di
cui al comma 90 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, in quanto
compatibili. Dai decreti legislativi di cui alle lettere a), b), c), d), f) e g) del comma 62 non
devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il decreto
legislativo di cui alla lettera e) del comma 62 puo' essere adottato solo dopo che la legge di
stabilita' relativa all'esercizio in corso al momento della sua adozione avra' disposto le
risorse necessarie per far fronte agli oneri derivanti dal decreto legislativo stesso.
Contratti collettivi [elenco degli atti più importanti]
 Protocollo 3-23 luglio 1993, fra Governo, Confindustria e CGIL-CISL-UIL (fra
l’altro) sugli assetti contrattuali (cd. Protocollo Giugni o Ciampi)
 Accordo Interconfederale 20 dicembre 1993, fra Confindustria e CGIL-CISLUIL, sulle Rappresentanze Sindacali Unitarie
 Accordo Quadro (separato) 22 gennaio 2009, fra Confind. e CISL-UIL, sugli
assetti contrattuali
 Accordo Interconfederale (separato) 15 aprile 2009 (per l’attuazione dell’accordo
precedente)
 Accordo Interconfederale 28 giugno 2011, fra Confind. e CGIL-CISL-UIL, sugli
assetti contrattuali
 Protocollo d’intesa 31 maggio 2013, fra Confind. e CGIL-CISL-UIL (per dare
applicazione all’accordo precedente)
 Testo unico sulla rappresentanza, siglato il 10 gennaio 2014 fra Confindustria e
CGIL-CISL-UIL
 ACCORDI SEPARATI NEL GRUPPO FIAT:

Accordo Pomigliano 15 giugno 2010

Accordo Mirafiori 23 dicembre 2010
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DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI
L. 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in
una prospettiva di crescita) [c.d. Riforma Fornero]
Art. 1 comma 42 [che modifica radicalmente l’art. 18, Statuto dei lavoratori]
42. All'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Tutela del lavoratore in caso di licenziamento
illegittimo»;
b) i commi dal primo al sesto sono sostituiti dai seguenti [dieci commi]:
[1] «Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché
discriminatorio ai sensi dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato
in concomitanza col matrimonio ai sensi dell'articolo 35 del codice delle pari opportunità
tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o in violazione dei
divieti di licenziamento di cui all'articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di
cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perchè
riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito
determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro,
imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro,
indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei
dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai
dirigenti. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto
quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di
lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente
articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato
inefficace perchè intimato in forma orale.
[2] Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al
risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata
accertata la nullità, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione
globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva
reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento
di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere
inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro e'
condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e
assistenziali.
[3] Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al
lavoratore e' data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della
reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima
retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro,
e che non e' assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve
essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o
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dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta
comunicazione.
[4] Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato
motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del
fatto contestato ovvero perchè il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione
conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari
applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel
posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennità risarcitoria
commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a
quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo
di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonchè quanto avrebbe
potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni
caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della
retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro e' condannato, altresì, al versamento dei
contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della
effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione
di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale
contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro
risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello
svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi afferiscano
ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente
all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al
datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende
risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del
datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della
reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma.
[5] Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato
motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il
rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al
pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di
dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in
relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati,
delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti,
con onere di specifica motivazione a tale riguardo.
[6] Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito
di motivazione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966, n. 604, e
successive modificazioni, della procedura di cui all'articolo 7 della presente legge, o della
procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive
modificazioni, si applica il regime di cui al quinto comma, ma con attribuzione al
lavoratore di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla
gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un
minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto,
con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della
domanda del lavoratore, accerti che vi e' anche un difetto di giustificazione del
licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le
tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo.
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[7] Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo
nell'ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai
sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per
motivo oggettivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il
licenziamento e' stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice
civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti la manifesta
insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato
motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il
giudice, ai fini della determinazione dell'indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene
conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la
ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito della
procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive
modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal
lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o
disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo.
[8] Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al datore di lavoro,
imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o
reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze
più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonchè al
datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso
comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo
ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva,
singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro,
imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti.
[9] Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui all'ottavo comma si tiene conto
dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario
effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità
lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non
si computano il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea
diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui all'ottavo comma
non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.
[10] Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purchè effettuata entro il termine di quindici
giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il
rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto
del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non
trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo.
[Seguito dell’art. 18]
[11] Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 22, su istanza congiunta
del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni
stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti
o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro.
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[12] L’ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato
al giudice medesimo che l’ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell’articolo 178,
terzo, quarto quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
[13] L’ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
[14] Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 22, il datore di lavoro
che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all’ordinanza di cui
all’undicesimo comma, non impugnta o confermata dal giudice che l’ha pronunciata, è
tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento
pensioni di una somma pari all’importo della retribuzione dovuta al lavoratore.
IL CD. JOBS ACT
L’espressione Jobs Act, introdotta dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, da alcuni
mesi in Italia indica genericamente qualsiasi intervento, o ipotesi di intervento, in materia
di rapporti di lavoro, di mercato del lavoro e di welfare. Al di là di questo uso generico,
tipico nei mass-media, con l’espressione devono più precisamente intendersi, finora, i
seguenti tre accadimenti:
a) una sorta di proclama del Presidente Renzi, fatto ad inizio gennaio 2014, con il quale ha
annunciato riforme a tutto campo, con l’obiettivo principale della creazione di posti di
lavoro;
b) il decreto legge 20 marzo 2014, n. 34, convertito nella legge 16 maggio 2014, n. 78 (in
breve: l. n. 78/2014), nel quale viene fra l’altro modificata, per la ennesima volta, la
disciplina del contratto di lavoro a termine;
c) il disegno di legge-delega n. 1428, approvato dal Senato della Repubblica la notte del 10
ottobre 2014, dopo che il Governo aveva presentato un emendamento onnicomprensivo. Si
precisa che i principi e criteri direttivi stabiliti in questa legge-delega dovranno essere
approvati pure dalla Camera dei deputati (si prevede, e si auspica, che ciò avvenga entro
l’anno 2014).
A) ANNUNCIO del JOBS ACT (10 gennaio 2014)
Con le parole di Renzi:
«L’obiettivo è creare posti di lavoro, rendendo semplice il sistema, incentivando voglia di
investire dei nostri imprenditori, attraendo capitali stranieri (tra il 2008 e il 2012 l’Italia ha
attratto 12 miliardi di euro all’anno di investimenti stranieri. Metà della Germania, 25
miliardi un terzo della Francia e della Spagna, 37 miliardi). Per la Banca Mondiale siamo
al 73° posto al mondo per facilità di fare impresa (dopo la Romania, prima delle
Seychelles). Per il World Economic Forum siamo al 42° posto per competitività (dopo la
Polonia, prima della Turchia). Vi sembra possibile? No, ovviamente no. E allora basta
ideologia e mettiamoci sotto.
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Parte A – Il Sistema
1. Energia. Il dislivello tra aziende italiane e europee è insostenibile e pesa sulla
produttività. Il primo segnale è ridurre del 10% il costo per le aziende, soprattutto per le
piccole imprese che sono quelle che soffrono di più (Interventi dell’Autorità di Garanzia,
riduzione degli incentivi cosiddetti interrompibili).
2. Tasse. Chi produce lavoro paga di meno, chi si muove in ambito finanziario paga di più,
consentendo una riduzione del 10% dell’IRAP per le aziende. Segnale di equità oltre che
concreto aiuto a chi investe.
3. Revisione della spesa. Vincolo di ogni risparmio di spesa corrente che arriverà dalla
revisione della spesa alla corrispettiva riduzione fiscale sul reddito da lavoro.
4. Azioni dell’agenda digitale. Fatturazione elettronica, pagamenti elettronici, investimenti
sulla rete.
5. Eliminazione dell’obbligo di iscrizione alle Camere di Commercio. Piccolo risparmio
per le aziende, ma segnale contro ogni corporazioni. Funzioni delle Camere assegnate a
Enti territoriali pubblici.
6. Eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Un
dipendente pubblico è a tempo indeterminato se vince concorso. Un dirigente no. Stop allo
strapotere delle burocrazie ministeriali.
7. Burocrazia. Intervento di semplificazione amministrativa sulla procedura di spesa
pubblica sia per i residui ancora aperti (al Ministero dell’Ambiente circa 1 miliardo di euro
sarebbe a disposizione immediatamente) sia per le strutture demaniali sul modello che vale
oggi per gli interventi militari. I Sindaci decidono destinazioni, parere in 60 giorni di tutti i
soggetti interessati, e poi nessuno può interrompere il processo. Obbligo di certezza della
tempistica nel procedimento amministrativo, sia in sede di Conferenza dei servizi che di
valutazione di impatto ambientale. Eliminazione della sospensiva nel giudizio
amministrativo.
8. Adozione dell’obbligo di trasparenza: amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati
hanno il dovere di pubblicare online ogni entrata e ogni uscita, in modo chiaro, preciso e
circostanziato.
Parte B – I nuovi posti di lavoro
Per ognuno di questi sette settori, il JobsAct conterrà un singolo piano industriale con
indicazione delle singole azioni operative e concrete necessarie a creare posti di lavoro.
a) Cultura, turismo, agricoltura e cibo.
b) Made in Italy (dalla moda al design, passando per l’artigianato e per i makers)
c) ICT
d) Green Economy
e) Nuovo Welfare
f) Edilizia
g) Manifattura
Parte C – Le regole
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I. Semplificazione delle norme. Presentazione entro otto mesi di un codice del lavoro che
racchiuda e semplifichi tutte le regole attualmente esistenti e sia ben comprensibile
anche all’estero.
II. Riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40, che hanno prodotto uno spezzatino
insostenibile. Processo verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele
crescenti.
III. Assegno universale per chi perde il posto di lavoro, anche per chi oggi non ne avrebbe
diritto, con l’obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più
di una nuova proposta di lavoro.
IV. Obbligo di rendicontazione online ex post per ogni voce dei denari utilizzati per la
formazione professionale finanziata da denaro pubblico. Ma presupposto dell’erogazione
deve essere l’effettiva domanda delle imprese. Criteri di valutazione meritocratici delle
agenzie di formazione con cancellazione dagli elenchi per chi non rispetta determinati
standard di performance.
V. Agenzia Unica Federale che coordini e indirizzi i centri per l’impiego, la formazione e
l’erogazione degli ammortizzatori sociali.
VI. Legge sulla rappresentatività sindacale e presenza dei rappresentanti eletti direttamente
dai lavoratori nei CDA delle grandi aziende.
Su questi spunti, nei prossimi giorni, ci apriremo alla discussione. Con tutti. Ma con l’idea
di fare. Certo ci saranno polemiche, resistenze. Ma pensiamo che un provvedimento del
genere arricchito dalle singole azioni concrete e dalla certezza dei tempi della pubblica
amministrazione possa dare una spinta agli investitori stranieri. E anche agli italiani. Oggi
stimiamo in circa 3.800 miliardi di euro la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane.
Insomma, ancora qualcuno ha disponibilità di denari. Ma non investe perché ha paura,
perché è bloccato, perché non ha certezze».
B) Legge 16 maggio 2014, n. 78 (di conversione del decreto legge 20 marzo 2014, n. 34)
Non trascriviamo le norme di questa legge perché il loro coordinamento testuale è
disperante e comunque «ingestibile». Pur denominata anch’essa Jobs Act, la legge contiene
più modestamente: «Disposizioni in materia di contratto a termine e di apprendistato»
(capo I: artt. 1, 2, 2-bis) e «Misure in materia di servizi per il lavoro, di verifica della
regolarità contributiva e di contratti di solidarietà» (capo II: artt. 3, 4, 5).
Basti qui precisare l’impatto delle disposizioni raggruppate nell’art. 1 sulla disciplina del
contratto di lavoro a termine (decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368: è stato
modificato, comprendendo un intervento della Corte Costituzionale nel 2009, già tredici
volte!).
Nella nuova disciplina, ulteriormente liberalizzata, viene in toto eliminata la giustificazione
che era richiesta per adottare il rapporto di lavoro a tempo determinato («ragioni di
carattere tecnico, produttivo organizzativo o sostitutivo»: cd. causalone). Il rapporto a
termine può raggiungere 36 mesi di durata (in un unico contratto, essendo possibile la
proroga per cinque volte; o nella sommatoria di più contratti successivi, poiché osservando
gli intervalli è possibile per cinque volte pure il rinnovo del contratto). Viene infine fissato
un limite quantitativo per cui i lavoratori a termine non possono essere più del 20% di
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quelli a tempo indeterminato. Le stesse aperture alla flessibilità erano in sostanza trasferite
nella somministrazione di lavoro a tempo determinato.
C) EMENDAMENTO AL DISEGNO DI LEGGE DELEGA presentato dal Governo
e approvato dal Senato della Repubblica il 10 ottobre 2014
“Gli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 6 sono sostituiti dal seguente:
ART. 1
(Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e
delle politiche attive, nonchè in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e
dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro)
1. Allo scopo di assicurare, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e
legate alla storia contributiva dei lavoratori, di razionalizzare la normativa in materia di
integrazione salariale e di favorire il coinvolgimento attivo di quanti siano espulsi dal
mercato del lavoro ovvero siano beneficiari di ammortizzatori sociali, semplificando le
procedure amministrative e riducendo gli oneri non salariali del lavoro, il Governo è
delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su
proposta [omissis], uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in
materia di ammortizzatori sociali, tenuto conto delle peculiarità dei diversi settori
produttivi.
2. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene, rispettivamente, ai
seguenti principi e criteri direttivi:
a) con riferimento agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro:
1) impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione di attività
aziendale o di un ramo di essa;
2) semplificazione delle procedure burocratiche attraverso l’incentivazione di
strumenti telematici e digitali, considerando anche la possibilità di introdurre
meccanismi standardizzati di concessione prevedendo strumenti certi ed esigibili;
3) necessità di regolare l’accesso alla cassa integrazione guadagni solo a seguito di
esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro,
eventualmente destinando una parte delle risorse attribuite alla cassa integrazione a
favore
dei
contratti
di
solidarietà;
4) revisione dei limiti di durata da rapportare al numero massimo di ore ordinarie
lavorabili nel periodo di intervento della cassa integrazione guadagni ordinaria e
della cassa integrazione guadagni straordinaria e individuazione dei meccanismi di
incentivazione della rotazione;
5) previsione di una maggiore compartecipazione da parte delle imprese utilizzatrici;
6) riduzione degli oneri contributivi ordinari e rimodulazione degli stessi tra i settori
in funzione dell’utilizzo effettivo;
7) revisione dell’ambito di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria e
straordinaria e dei fondi di solidarietà di cui all’articolo 3 della legge 28 giugno 2012,
n. 92, fissando un termine certo per l’avvio dei fondi medesimi e previsione della
possibilità di vincolare destinare gli eventuali risparmi di spesa derivanti
dall’attuazione delle disposizioni di cui alla presente lettera al finanziamento delle
disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4;
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8) revisione dell’ambito di applicazione e delle regole di funzionamento dei contratti
di solidarietà, con particolare riferimento all’articolo 2 del decreto-legge 30 ottobre
1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863,
nonchè alla messa a regime dei contratti di solidarietà di cui all’articolo 5, commi 5 e
8, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificaz. dalla l.19
luglio
1993,
n.
236;
b) con riferimento agli strumenti di sostegno in caso di disoccupazione involontaria:
1) rimodulazione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), con
omogeneizzazione della disciplina relativa ai trattamenti ordinari e ai trattamenti
brevi, rapportando la durata dei trattamenti alla pregressa storia contributiva del
lavoratore;
2) incremento della durata massima per i lavoratori con carriere contributive più
rilevanti;
3) universalizzazione del campo di applicazione dell’ASpI, con estensione ai
lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e con
l’esclusione degli amministratori e sindaci, mediante l’abrogazione degli attuali
strumenti di sostegno del reddito, l’eventuale modifica delle modalità di
accreditamento dei contributi e l’automaticità delle prestazioni, e prevedendo, prima
dell’entrata a regime, un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse
definite;
4)
introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa;
5) eventuale introduzione, dopo la fruizione dell’ASpI, di una prestazione,
eventualmente priva di copertura figurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione
involontaria, che presentino valori ridotti dell’indicatore della situazione economica
equivalente, con previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione
proposte dai servizi competenti;
6) eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a servizi
di carattere assistenziale;
c) con riferimento agli strumenti di cui alle lettere a) e b), individuazione di meccanismi
che prevedano un coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario dei trattamenti di cui
alle lettere a) e b), al fine di favorirne l’attività a beneficio delle comunità locali, tenuto
conto della finalità di incentivare la ricerca attiva di una nuova occupazione da parte del
medesimo soggetto secondo percorsi personalizzati, con modalità che non determinino
aspettative di accesso agevolato alle amministrazioni pubbliche;
d) adeguamento delle sanzioni e delle relative modalità di applicazione, in funzione
della migliore effettività, secondo criteri oggettivi e uniformi, nei confronti del
lavoratore beneficiario di sostegno al reddito che non si rende disponibile ad una nuova
occupazione, a programmi di formazione o alle attività a beneficio di comunità locali di
cui alla lettera c).
3. Allo scopo di garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva
del lavoro su tutto il territorio nazionale, nonchè di assicurare l’esercizio unitario delle
relative funzioni amministrative, il Governo delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, su proposta [omissis], uno o più decreti legislativi
finalizzati al riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive.
[Omissis].
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4. Nell’esercizio della delega di cui al comma 3 il Governo si attiene ai seguenti princìpi
e criteri direttivi:
a) razionalizzazione degli incentivi all’assunzione esistenti, da collegare alle
caratteristiche osservabili per le quali l’analisi statistica evidenzi una minore probabilità
di trovare occupazione, e a criteri di valutazione e di verifica dell’efficacia e
dell’impatto;
b) razionalizzazione degli incentivi per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità, con la
previsione di una cornice giuridica nazionale volta a costituire il punto di riferimento
anche per gli interventi posti in essere da regioni e province autonome;
c) istituzione, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di un’ Agenzia nazionale per
l’occupazione, di seguito denominata “Agenzia”, partecipata da Stato, regioni e
province autonome, vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al cui
funzionamento si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali già
disponibili a legislazione vigente e mediante quanto previsto dalla lettera f);
d) coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle linee di indirizzo generali
dell’azione dell’Agenzia;
e) attribuzione all’Agenzia di competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego,
politiche attive e ASpI;
f) razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali allo scopo di aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’azione
amministrativa, mediante l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie già
disponibili a legislazione vigente;
g) razionalizzazione e revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di
inserimento mirato delle persone con disabilità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, e
degli altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio, al fine di favorirne
l’inserimento e l’integrazione nel mercato del lavoro;
h) possibilità di far confluire, in via prioritaria, nei ruoli delle amministrazioni vigilanti
o dell’Agenzia il personale proveniente dalle amministrazioni o uffici soppressi o
riorganizzati in attuazione della lettera f) nonchè di altre amministrazioni;
i) individuazione del comparto contrattuale del personale dell’Agenzia con modalità tali
da garantire l’invarianza di oneri per la finanza pubblica;
l) determinazione della dotazione organica di fatto dell’Agenzia attraverso la
corrispondente riduzione delle posizioni presenti nella pianta organica di fatto delle
amministrazioni di provenienza del personale ricollocato presso l’Agenzia medesima;
m) rafforzamento delle funzioni di monitoraggio e valutazione delle politiche e dei
servizi;
n) valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati, al fine di rafforzare le
capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevedendo, a tal fine, la definizione
dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato
del lavoro e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per
l’impiego;
o) valorizzazione della bilateralità attraverso il riordino della disciplina vigente in
materia, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, flessibilità e prossimità anche al fine di
definire un sistema di monitoraggio e controllo sui risultati dei servizi di welfare
erogati;
p) introduzione di princìpi di politica attiva del lavoro che prevedano la promozione di
un collegamento tra misure di sostegno al reddito della persona inoccupata o
disoccupata e misure volte al suo inserimento nel tessuto produttivo, anche attraverso la
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conclusione di accordi per la ricollocazione che vedano come parte le agenzie per il
lavoro o altri operatori accreditati, con obbligo di presa in carico, e la previsione di
adeguati strumenti e forme di remunerazione, proporzionate alla difficoltà di
collocamento, a fronte dell’effettivo inserimento almeno per un congruo periodo, a
carico di fondi regionali a ciò destinati, senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica statale o regionale;
q) introduzione di modelli sperimentali, che prevedano l’utilizzo di strumenti per
incentivare il collocamento dei soggetti in cerca di lavoro e che tengano anche conto
delle buone pratiche realizzate a livello regionale;
r) previsione di meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e l’Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS), sia a livello centrale che a livello territoriale;
s) previsione di meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e gli enti che, a livello centrale e
territoriale, esercitano competenze in materia di incentivi all’autoimpiego e
all’autoimpren-ditorialità;
t) attribuzione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali delle competenze in
materia di verifica e controllo del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni che
devono essere garantite su tutto il territorio nazionale;
u) mantenimento in capo alle regioni e alle province autonome delle competenze in
materia di programmazione di politiche attive del lavoro;
v) attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso dal
mercato del lavoro o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la
ricerca attiva di una nuova occupazione, secondo percorsi personalizzati, anche
mediante l’adozione di strumenti di segmentazione dell’utenza basati sull’osservazione
statistica;
z) valorizzazione del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro e il
monitoraggio delle prestazioni erogate, anche attraverso l’istituzione del fascicolo
elettronico unico contenente le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai
periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche ed ai versamenti contributivi;
aa) integrazione del sistema informativo di cui alla lettera z) con la raccolta
sistematica dei dati disponibili nel collocamento mirato nonchè di dati relativi alle
buone pratiche di inclusione lavorativa delle persone con disabilità e agli ausili ed
adattamenti utilizzati sui luoghi di lavoro;
bb) semplificazione amministrativa in materia di lavoro e politiche attive, con
l’impiego delle tecnologie informatiche, secondo le regole tecniche in materia di
interoperabilità e scambio dei dati definite dal codice di cui al decreto legislativo 7
marzo 2005, n. 82, allo scopo di rafforzare l’azione dei servizi pubblici nella
gestione delle politiche attive e favorire la cooperazione con i servizi privati, anche
mediante la previsione di strumenti atti a favorire il conferimento al sistema
nazionale per l’impiego delle informazioni relative ai posti di lavoro vacanti.
5. Allo scopo di conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle
procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro nonchè in materia di igiene e
sicurezza sul lavoro, il Governo │ delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, su proposta [omissis] uno o più decreti legislativi contenenti
disposizioni di semplificazione e razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti a
carico di cittadini e imprese.
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6. Nell’esercizio della delega di cui al comma 5 il Governo si attiene ai seguenti princìpi
e criteri direttivi:
a) razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti, anche
mediante abrogazione di norme, connessi con la costituzione e la gestione del rapporto
di lavoro, con l’obiettivo di dimezzare il numero di atti di gestione del medesimo
rapporto, di carattere amministrativo;
b) eliminazione e semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo,
delle norme interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o
amministrativi;
c) unificazione delle comunicazioni alle pubbliche amministrazioni per i medesimi
eventi e obbligo delle stesse amministrazioni di trasmetterle alle altre amministrazioni
competenti;
d) introduzione del divieto per le pubbliche amministrazioni di richiedere dati dei quali
esse sono in possesso;
e) rafforzamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in via telematica e
abolizione della tenuta di documenti cartacei;
f) revisione del regime delle sanzioni, tenendo conto dell’eventuale natura formale della
violazione, in modo da favorire l’immediata eliminazione degli effetti della condotta
illecita, nonchè valorizzazione degli istituti di tipo premiale;
g) previsione di modalità semplificate per garantire data certa nonchè l’autenticità della
manifestazione di volontà del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione
consensuale del rapporto di lavoro, anche tenuto conto della necessità di assicurare la
certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal
senso del lavoratore;
h) individuazione di modalità organizzative e gestionali che consentano di svolgere
esclusivamente in via telematica tutti gli adempimenti di carattere amministrativo
connessi con la costituzione, la gestione e la cessazione del rapporto di lavoro;
i) revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, in un’ottica
di integrazione nell’ambito della dorsale informativa di cui all’articolo 4, comma 51,
della legge 28 giugno 2012, n. 92, e della banca dati delle politiche attive e passive del
lavoro di cui all’articolo 8 del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
l) promozione del principio di legalità e priorità delle politiche volte a prevenire e
scoraggiare il lavoro sommerso in tutte le sue forme ai sensi delle risoluzioni del
Parlamento europeo del 9 ottobre 2008 sul rafforzamento della lotta al lavoro sommerso
(2008/2035(INI)) e del 14 gennaio 2014 sulle ispezioni sul lavoro efficaci come
strategia per migliorare le condizioni di lavoro in Europa (2013/2112(INI)).
7. Allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte
di coloro che sono in cerca di occupazione, nonchè di riordinare i contratti di lavoro
vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto
occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l’attività ispettiva, il Governo
delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, di
cui uno recante un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie
contrattuali e dei rapporti di lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi, in
coerenza con la regolazione dell’Unione europea e le convenzioni internazionali:
a) individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare
l’effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo nazionale e
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internazionale, in funzione di interventi di semplificazione, modifica o superamento
delle medesime tipologie contrattuali;
b) promuovere, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo
indeterminato come forma privilegiata di contratto di lavoro rendendolo più
conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti;
c) previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele
crescenti in relazione all’anzianità di servizio;
d) revisione della disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione,
ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi,
contemperando l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale con l’interesse
del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di
vita ed economiche, prevedendo limiti alla modifica dell’inquadramento; previsione che
la contrattazione collettiva, anche aziendale ovvero di secondo livello, stipulata con le
organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale a livello interconfederale o di categoria possa individuare ulteriori ipotesi
rispetto a quelle disposte ai sensi della presente lettera;
e) revisione della disciplina dei controlli a distanza, tenendo conto dell’evoluzione
tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la
tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore;
f) introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario
minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato,
nonchè ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati
da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori
di lavoro comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale, previa
consultazione delle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale;
g) previsione, tenuto conto di quanto disposto dall’articolo 70 del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, della possibilità di estendere il ricorso a prestazioni di lavoro
accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali nei diversi settori
produttivi, fatta salva la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati, con contestuale
rideterminazione contributiva di cui all’articolo 72, comma 4, ultimo periodo, del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
h) abrogazione di tutte le disposizioni che disciplinano le singole forme contrattuali,
incompatibili con le disposizioni del testo organico semplificato, al fine di eliminare
duplicazioni normative e difficoltà interpretative e applicative;
i) razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva, attraverso misure di
coordinamento ovvero attraverso l’istituzione, ai sensi dell’articolo 8 del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente, di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l’integrazione in
un’unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
dell’INPS e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
(INAIL), prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle
aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale.
8. Allo scopo di garantire adeguato sostegno alla genitorialità, attraverso misure volte a
tutelare la maternità delle lavoratrici e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di
vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori, il Governo delegato ad adottare, su proposta
del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
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di concerto, per i profili di rispettiva competenza, con il Ministro dell’economia e delle
finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o pi decreti legislativi per la
revisione e l’aggiornamento delle misure volte a tutelare la maternità e le forme di
conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
9. Nell’esercizio della delega di cui al comma 8 il Governo si attiene ai seguenti princìpi
e criteri direttivi:
a) ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell’indennità di maternità,
nella prospettiva di estendere, eventualmente anche in modo graduale, tale prestazione a
tutte le categorie di donne lavoratrici;
b) garanzia, per le lavoratrici madri parasubordinate, del diritto alla prestazione
assistenziale anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di
lavoro;
c) introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne
lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si
trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, e
armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico;
d) incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la flessibilità dell’orario lavorativo
e dell’impiego di premi di produttività, al fine di favorire la conciliazione tra l’esercizio
delle responsabilità genitoriali e dell’assistenza alle persone non autosufficienti e
l’attività lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro;
e) eventuale riconoscimento, compatibilmente con il diritto ai riposi settimanali ed alle
ferie annuali retribuite, della possibilità di cessione fra lavoratori dipendenti dello stesso
datore di lavoro di tutti o parte dei giorni di riposo aggiuntivi spettanti in base al
contratto collettivo nazionale in favore del lavoratore genitore di figlio minore che
necessita di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute;
f) integrazione dell’offerta di servizi per l’infanzia forniti dalle aziende e dai fondi o enti
bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona, anche mediante la
promozione dell’utilizzo ottimale di tali servizi da parte dei lavoratori e dei cittadini
residenti nel territorio in cui sono attivi;
g) ricognizione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità, ai fini di poterne valutare la revisione per garantire una maggiore flessibilità
dei relativi congedi obbligatori e parentali, favorendo le opportunità di conciliazione dei
tempi di vita e di lavoro, anche tenuto conto della funzionalità organizzativa all’interno
delle
imprese;
h) estensione dei princìpi di cui al presente comma, in quanto compatibili e senza nuovi
o maggiori oneri per la finanza pubblica, ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle
pubbliche amministrazioni, con riferimento al riconoscimento della possibilità di
fruizione dei congedi parentali in modo frazionato e alle misure organizzative
finalizzate al rafforzamento degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro.
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13.
14. [omissis]
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