Edizione del 26 settembre 2013 Reg. Trib. Civile di Roma sez. stampa n. 371/2009 Associati in partecipazione L’Ancl richiede una proroga Editoriale Quesiti Eventi Il consulente del lavoro guarda avanti pag. 3 Le risposte a cura del Centro Studi Ancl pag. 20 Appuntamenti organizzati dalle UP pag. 26 REDAZIONE Bollettino ufficiale Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Sindacato Unitario Anno 6 - Numero 15 (80) Reg. Tribunale Civile di Roma sezione stampa n. 371 del 19.11.2009 Direttore Responsabile Francesco Longobardi Capo redattore Paola Diana Onder Coordinatori di redazione Silvia Bradaschia Giuliana Della Bianca Francesco Pierro Antonella Scambia Redazione e impaginazione Solcom srl via Salvatore Matarrese, 2/G 70124 Bari Editore Ancl - Segreteria Nazionale via Cristoforo Colombo, 456 Scala B, I piano 00145 Roma Contatti www.anclsu.com [email protected] [email protected] chiuso alle ore 10:00 del 26 settembre 2013 SOMMARIO EDIZIONE DEL 26 settembre 2013 EDITORIALE Il Consulente del Lavoro guarda avanti pag. 3 PRIMO PIANO Associati in partecipazione. “Necessaria la proroga” pag. 5 Focus Gli approfondimenti degli esperti pag. 9 quesiti Le risposte a cura del Centro Studi Ancl pag. 20 EVENTI Gli appuntamenti in programma nei prossimi giorni pag. 26 CHI SIAMO Dirigenti e sedi pag. 27 pag. 3 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 EDITORIALE Il Consulente del Lavoro guarda avanti scrive Francesco Longobardi presidente nazionale ANCL-SU Sempre aperto il dibattito all’interno della Categoria circa le prospettive future dei Consulenti del Lavoro, con particolare riguardo alle debolezze ed incertezze del mercato del lavoro ed alla più generale crisi economica tutt’ora in atto. La riflessione sulle future prospettive è, in questo contesto, una vera e propria necessità. La nostra professione è protagonista di una progressiva evoluzione, sia in termini di competenze, sia in termini di necessità sempre maggiore di conoscenze. Già da tempo, il Consulente del Lavoro non è più e soltanto l’elaboratore della busta paga, ma è al centro delle strategie aziendali, delle politiche occupazionali, del management dell’impresa. E non solo. Oggi il Consulente del Lavoro – tramite la propria organizzazione ordinistica ed il proprio sindacato unitario – è anche il diretto interlocutore della Pubblica Amministrazione e del mondo politico, in ordine alle scelte, alle innovazioni normative, al governo del mercato del lavoro. Tutto ciò è già sufficiente per fare una prima affermazione: la nostra professione e le nostre competenze sono e devono rimanere esclusive. Mi riferisco ovviamente ai più recenti passaggi legislativi che hanno riconosciuto le professioni non regolamentate e la loro legittimità ad agire: tutto il rispetto possibile per tali nuove professioni, ma nessuna abdicazione e nessun cedimento rispetto alle nostre competenze e alle nostre peculiarità. Il mio invito – spesso ripetuto attraverso gli organi di informazione dell’ANCL – a vigilare a 360 gradi sull’eventuale esercizio illecito della nostra professione è sempre rivolto a tutti e senza margini di cedimento. Ciò detto, guardiamo al futuro prossimo auspicando la sempre maggiore caratterizzazione della nostra professione, sperando in una sollecita ripresa economica che consenta anche ai nostri studi di poter tornare a riprendere la strada degli investimenti e di maggiori obiettivi. I consulenti del Lavoro sono stati e sono al centro di questa lunga crisi economica, attraverso l’accompagnamento di aziende e lavoratori nel governo dei cedimenti imprenditoriali ed occupazionali. Lo abbiamo fatto non solo per mestiere o solo per vocazione, ma anche ritenendo che proprio in questo momento fosse maggiormente utile far comprendere le difficoltà del management del capitale umano aziendale, con cui ci confrontiamo tutti i giorni. Non da ultimo, come sindacato e parte sociale, continuiamo a sostenere la necessità, ormai non più rimandabile, di concreta riduzione del costo del lavoro e della tassazione sul lavoro che l’ANCL va auspicando da tempo ed in ogni sede istituzionale. Sembra ora che anche il mondo produttivo e sindacale, ma soprattutto il mondo politico si sia reso conto della insostenibile pressione fiscale sul lavoro, che disincentiva ogni altro investimento, sia nelle aziende che nelle risorse umane: ed è unica strada volta a liberare risorse “ di scopo” mirate al sostegno occupazionale nelle imprese. E per dare un forte segnale alla volontà di ripresa economica, si passi senza indugio a: ridurre i costi della Pubblica Amministrazione e della Politica; ridurre gli stipendi ai Parlamentari; tagliare i compensi dei Presidenti – Direttori Generali – e i Manager della Pubblica Amministrazione; ridurre le pensioni d’oro; eliminare il finanziamento pubblico ai partiti. Con i risparmi derivanti da questi tagli, si inizi da subito a diminuire la pressione fiscale e la diminuzione del costo sul lavoro oltre a detassare tredicesime e quattordicesime ove previste, perche tali mensilità aggiuntive sono da sempre conside- pag. 4 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 EDITORIALE “Il Consulente del Lavoro di domani vuole governare la nuova e sana occupazione” rate utili alla liberazione di risorse per agevolare i consumi e partecipare allo sviluppo dell’economia. Se una mensilità aggiuntiva è aggredita dalle tasse, probabilmente sarebbe preferibile perfino non corrisponderla se non assolve al suo compito di assegnare risorse aggiuntive alle famiglie, anche per coltivare il risparmio o i piccoli investimenti. In tale prospettiva, si alzi anche la soglia di detassazione dei salari di produttività che, allo stato attuale, per la sua modestia, rischia di non essere neanche avvertito dai lavoratori e dalla più generale esigenza di rilanciare consumi ed economia. La liberazione significativa delle tasse sul lavoro deve continuare ad essere un nostro obiettivo principale, non solo perché è un vantaggio per le imprese, ma perché se aumenta più ottimisticamente l’occupazione, aumenta anche il nostro impegno professionale. E’ indubbio quindi che il Consulente del Lavoro di domani, non vuole governare la disoccupazione, ma vuole governare la nuova e sana occupazione in quella società che si chiama Italia e che rappresenta diverse eccellenze nel mondo. Come si vede c’è una strada ambiziosa da percorrere: dalla nostra parte abbiamo la compattezza, la specialità della nostra professione, la competenza e l’autorevolezza. Tutte qualità che sicuramente ci aiuteranno non poco al raggiungimento degli obiettivi più utili alla nostra professione ed al Paese intero. La vignetta - “tra consulenti” pag. 5 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 PRIMO PIANO Associati in partecipazione “Necessaria la proroga” Il presidente nazionale Ancl scrive al ministro Giovannini scrive Francesco Longobardi Presidente Nazionale Ancl Il recente DL 76/2013 come convertito successivamente in legge, ha introdotto l’art 7-bis recante la cosiddetta sanatoria per lavoratori occupati in forma di associazione in partecipazione con apporto di lavoro. La medesima legge di conversione ha stabilito che l’intera procedura, deve concludersi entro il prossimo 30 settembre. A prescindere dal merito del provvedimento, sulla sua bontà ed opportunità, a prescindere dal non aver compreso ancora quali forze sociali abbiano lavorato per sostenere tale sanatoria in sede di conversione, così come a prescindere dalla utilità di neanche mascherati condoni in materia di lavoro “grigio”, è indubbiamente necessario che ci si adoperi nell’immediato per una proroga dei detti termini, in mancanza della quale si rischia di restringere sensibilmente la platea dei possibili fruitori. Ma ricapitoliamo: la novella introdotta dalla legge n. 99/2013, in vigore dal 23 agosto, disciplina una procedura agevolata per la stabilizzazione dell’occupazione degli associati in partecipazione con apporto di lavoro. La procedura richiede la stipula di un contratto collettivo, di qualsiasi livello, tra giugno e settembre, che preveda l’assunzione degli associati con contratto a tempo indeterminato, entro tre mesi, anche con apprendistato e ricor- rendo anche a eventuali incentivi di legge. Unico vincolo: nei primi sei mesi dopo l’assunzione il datore di lavoro può recedere solo per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo. Alla sanatoria (ma si parli anche apertamente di condono) possono farvi ricorso tutte le aziende, incluse quelle già destinatarie di atti amministrativi o giurisdizionali, purché non definitivi, sulla qualificazione dei rapporti di lavoro. Interessa i «soggetti già parti del contratto, in veste di associati, di contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro»; ma in tal caso, precisa il ministero, a prescindere dalla circostanza che per loro siano pendenti accertamenti ispettivi o siano stati adottati provvedimenti amministrativi o giurisdizionali non definitivi. Gli atti di conciliazione. La procedura prevede inoltre che, stipulato il contratto collettivo, i lavoratori interessati sottoscrivano specifici atti di conciliazione su «tutto quanto riguardante i pregressi rapporti di associazione», ex art. 410 del codice di procedura civile. In questo modo, dunque, viene messa la parola fine sul pregresso rapporto di lavoro. Tuttavia, l’efficacia degli atti è risolutivamente condizionata al versamento alla gestione separata Inps, da parte del datore di lavoro, di una somma pari al 5% della quota di contribuzione a carico degli associati per i periodi di vigenza dei contratti di associazione, per massimo sei mesi. Ai fini della verifica della correttezza degli adempimenti, i datori di lavoro sono obbligati a depositare entro il 31 gennaio, presso l’Inps: i contratti collettivi; gli atti di conciliazione; i contratti di lavoro stipulati con i lavoratori; l’attestazione di versamento delle somme alla gestione separata Inps (copie F24). L’Inps verifica che le assunzioni previste dal contratto collettivo siano state fatte e che ad esse corrispondano altrettanti atti di conciliazione, nonché i relativi versamenti alla gestione separata. L’esito della verifica è comunicato, dall’Inps, alle competenti direzioni territoriali del lavoro (DTL) e ai datori di lavoro interessati. All’esito della verifica Inps sono legati gli effetti dei provvedimenti amministrativi o giurisdizionali già in essere e che, durante la procedura, restano sospesi. A tal fine il ministero riconosce alle aziende la facoltà di comunicare direttamente alla competente DTL l’adesione alla stabilizzazione. Il buon esito della verifica Inps comporta l’estinzione degli illeciti in materia di versamenti contributivi, assicurativi e fiscali, anche già in essere al 23 agosto, anche con riferimento a forme di tirocinio avviate dalle aziende sottoscrittrici dei contratti collettivi. Ciò significa, spiega il ministero, che, fermo restando che la stabilizzazione riguarda solo gli associati, il buon esito estingue le eventuali sanzioni sull’impiego sia di associati in partecipazione che di tirocinanti. Il Ministero ha avuto anche modo di chiarire che in caso di verifica ispettiva che ha rilevato irregolarità diverse dall’improprio utilizzo dei contratti di associazione in partecipazione, la sanatoria è applicabi- pag. 6 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 PRIMO PIANO le solo ed esclusivamente a tali forme contrattuali, fermo restando la valenza delle altre irregolarità, per le quali procede senza variazioni l’iter amministrativo e sanzionatorio. Come si può ben guardare, le procedure indicate dal provvedimento sono complesse e rimangono tali per ogni singola azienda interessata alla regolarizzazione. Non ultime, le difficoltà operative rimesse – in così ristretto ambito temporale – ai Consulenti del Lavoro chiamati a governare puntualmente gli adempimenti richiesti. E’ altrettanto evidente che in presenza di realtà aziendali medio-grandi, le ipotesi conciliative e le modalità di stabilizzazione dei lavoratori attraverso nuovi contratti di lavoro, si rilevano obiettivamente complesse e, come tali, non esauribili nel giro di qualche giorno ancora disponibile. E’ quindi assolutamente necessario che si provveda a prorogare i termini indicati dal provvedimento, peraltro a tutto vantaggio – oltre che delle imprese che intendono regolarizzare – anche dei lavoratori che possono formare oggetto di stabilizzazione. Si aggiunga anche che solo negli scorsi giorni si è formata una compiuta interpretazione applicativa della norma, secondo la quale è possibile accedere alla medesima procedura stabilizzatrice anche per i lavoratori utilizzati attraverso tirocini formativi. L’ANCL – Il sindacato unitario di categoria dei Consulenti del lavoro si è resa interprete della necessità della proroga attraverso una specifica richiesta formalizzata al Ministro del Lavoro ed alle strutture ministeriali competenti, interpretando le istanza di numerosissimi Consulenti del Lavoro giunte dall’intero territorio nazionale (il testo della richiesta è disponibile sul sito www.anclsu.com). C’è da auspicarsi che le legittime richieste vengano accolte e che si renda maggiormente disponibile la stabilizzazione introdotta. La lettera di Longobardi al Ministro Oggetto: stabilizzazione di lavoratori occupati con contratto di associazione in partecipazione ed apporto di lavoro Com’è noto, la legge di conversione del DL 76/2013 ha introdotto con l’art. 7 bis del provvedimento una specifica procedura per la stabilizzazione di lavoratori occupati con contratto di associazione in partecipazione. La procedura in questione – come fissato dalla legge – deve concludersi entro il prossimo 30 settembre. Tale termine appare estremamente ravvicinato rispetto alla emanazione del provvedimento, ponendo aziende e Consulenti nella obiettiva difficoltà di esaurire le procedure previste entro il suddetto termine. Le disposizioni di prassi e le interpretazioni applicative più recentemente intervenute che hanno peraltro chiarito l’estensione della citata procedura anche ai tirocini formativi, allargano la platea di potenziali fruitori nel breve margine di tempo rimanente. Si pregano pertanto le SS.LL. di voler valutare l’opportunità di prorogare il suddetto termine, al fine di offrire la facoltà introdotta dalla norma ad un maggior numero di datori di lavoro e lavoratori. Certo di un pronto intervento a riguardo, si porgono i più cordiali saluti. Roma, 16 settembre 2013 Il Presidente Nazionale (Francesco Longobardi) pag. 7 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 PRIMO PIANO Consiglio Nazionale Ancl convocato per giovedì 3 ottobre L’ordine del giorno della seduta presso l’Oly Hotel Ai sensi e per gli effetti dell’art. 36 del nuovo Statuto associativo, il Consiglio Nazionale dell’Associazione è convocato in prima convocazione, alle ore 22,00, del giorno mercoledì 2 ottobre 2013 - presso sede Ancl - SU – via C. Colombo, 456 sc. b Roma, e in seconda convocazione, alle ore 10,30 del giorno giovedì 3 ottobre 2013 presso l’Oly Hotel - via Santuario Regina degli Apostoli n. 36 – Roma. Ordine del Giorno: 1. Approvazione verbale precedente; 2. Bilancio consuntivo anno 2012 – relatore il Tesoriere Nazionale; 3. Bilancio preventivo anno 2014 - relatore il Tesoriere Nazionale; 4. Relazione dei Sindaci Revisori Nazionali; 5. Approvazione bilancio consuntivo 2012 e bilancio preventivo 2014; 6. Quota Associativa 2014 - Determinazioni; 7. Confprofessioni - delibera Confidi quota ANCL – informativa sulle professioni non ordinistiche; 8. Risultanze Gruppi di lavoro – Determinazioni; 9. Elezioni per il rinnovo di un componente Sindaci Revisori Enpacl – Determinazioni; 10. Convenzioni/Protocolli d’intesa; 11. Varie ed eventuali. pag. 9 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS Scuola-lavoro: distanze da accorciare Che vi sia stata coralmente una valutazione più che positiva in ordine al decreto legge varato dal Consiglio dei Ministri sul sistema scolastico, è fuori di dubbio. Non si può non esprimere il plauso per le risorse finanziarie ivi destinate, per il piano non marginale di nuove assunzioni, per l’immissione in ruolo di migliaia di insegnati di sostegno, per l’orientamento dal IV anno della scuola superiore e per la altre notevoli misure previste dal decreto in questione, che interviene dopo anni di tagli a scuole e università. E’ altresì fuori di dubbio che il miglioramento dell’istruzione e dell’offerta formativa – ampiamente condivisa dalle forze politiche e non da oggi - sia alla base della costruzione dei cittadini di domani. Il tema centrale è proprio questo. Se è nobilmente e condivisibilmente al centro della attenzione il miglioramento del nostro sistema scolastico, è altresì evidente la necessità di intervenire non solo sul fronte dell’insegnamento, ma anche e soprattutto sull’altro pilastro del sistema, rappresentato dai fruitori del’istruzione, cioè proprio quei cittadini di domani di cui sopra. Già. Perche quelli studenti fruitori del sistema, non frequentano la scuola per ingannare il tempo, ma evidentemente (ed anche questo è fuori discussione) per prepararsi ad una vita lavorativa, ed ancor prima, per essere in condizioni soggettive di accedere al mercato del lavoro con una adeguata preparazione. sul lavoro, al pari e con pari dignità dell’educazione civica o dell’educazione stradale. Ciò semplicemente perchè quei cittadini di domani, non devono essere solo formati al rispetto delle leggi e delle regole, alla conoscenza della Costituzione, della storia del nostro paese e ancora molto timidamente sul sistema europeo dei Paesi membri, ma soprattutto devono essere formati a quella cultura del lavoro che impegnerà il resto della loro vita. E scusate se è poco. Tanto è il divario tra scuola e lavoro senza ancora un serio meccanismo di transizione, che – tanto per darne un esempio – nel rapporto di apprendistato (ovvero quel rapporto che è lo strumento primario e privilegiato per l’ingresso al lavoro) si è avvertita la necessità – tra l’altro – della formazione di base del giovane apprendista che è dichiaratamente rivolta al recupero del deficit scolastico. In altre parole, la scuola non ha funzionato a dovere in termini di transizione, e il datore di lavoro se ne deve accollare gli oneri. Sistema questo davvero lontano da ben diverse concezioni adottate in altri Stati europei. Già nella rappresentazione dell’ apprendistato, in Francia, ad esempio, tale rapporto viene definito dalla legge n. 572/87 «una forma di istruzione alternata al lavoro», già percorribile al termine della scuola dell’obbligo (16 anni). In Germania, la gran parte dei giovani che non vuole continuare gli studi nel sistema di istruzione dopo il ciclo dell’obbligo, si inserisce in percorsi di formazione professionale in alternanza lavorativa, offerti dal sistema duale ovvero nel sistema di apprendistato Tedesco. Si tratta di percorsi caratterizzati dall’alternanza formativa fra due luoghi: la scuola e l’azienda. Lo snodo cruciale è proprio lì: ad oggi, la scuola vive di luce propria, il lavoro sta da un’altra parte. L’accompagnamento dello studente al prossimo mondo del lavoro appare ancora solo un tema di discussione, senza sviluppi concreti, senza iniziative diffuse e tangibili. Uno studente licenziato positivamente al quinto anno di scuola superiore, è certo ( non possibile, ma certo) che non possiede i minimi fondamenti conoscitivi del mercato del lavoro, né dei servizi per l’impiego, né dei rapporti di lavoro previsti dalla nostra legislazione. Chiedere ad un neodiplomato proiettato nella ricerca di un lavoro, che cos’è un certificato di disponibilità, o un lavoro subordinato, o una collaborazione a progetto, significherebbe altrettanto certamente esporlo ad una pessima figura. E in questo sistema apertamente carente, sembrerebbe quasi una bestemmia inserire almeno negli ultimi due anni delle scuole superiori, la disciplina d’insegnamento della sicurezza Obiettivo di questa formazione è quello di fornire un’ampia preparazione professionale di base e le conoscenze e le abilità tecniche necessarie per svolgere un’attività professionale qualificata. Nei Paesi Bassi, il sistema di istruzione e formazione è disciplinato dalla Legge sull’Educazione e sulla Formazione professionale: in termini generali, il sistema educativo olandese si caratterizza per un obbligo scolastico della durata di dodici anni, assolto a tempo pieno all’interno di una scuola, mediamente dai 5 ai 16 anni e un obbligo formativo fino ai 18 anni di età, che accoglie i giovani che dopo i 16 anni non frequentano nessun altro percorso. Bastano i suddetti esempi, per comprendere quanto i sistemi di istruzione dei coinquilini europei, mirano dritti alla formazione del lavoratore, al garantire un percorso idoneo e tangibile all’ingresso nel mercato del lavoro. Su questo particolare aspetto, va colta davvero con i migliori auspici la destinazione del scrive Renzo La Costa pag. 10 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS predetto decreto legge di circa 6,6 milioni di euro riservati all’orientamento. C’è da augurarsi, per il migliore futuro di quei prossimi cittadini lavoratori, che una reale educazione o cultura del lavoro si possa radicare nel nostro sistema d’istruzione. Spe- rando che non sia persa un’altra occasione per fare davvero sul serio, in un mercato del lavoro già di per sé difficile, che perlomeno sia reso possibile. Apprendistato: le novità dal 1° ottobre scrive RLC Cambia, dal 1° ottobre, la gestione della formazione degli apprendisti: il piano formativo individuale sarà obbligatorio solo per la formazione tecnico-professionale, quella cioè che i contratti collettivi consentono di svolgere contestualmente alla prestazione lavorativa. Quanto alla formazione di base e trasversale, questa sarà oggetto di offerta formativa pubblica resa disponibile dalle Regioni. Dalla medesima data, il DL 76/2013 come convertito, ha introdotto anche la registrazione della formazione impartita, anche attraverso un modello semplificato analogo al libretto del cittadino (vedasi in proposito il DM 10 ottobre 2005 nonché “La registrazione della formazione dell’apprendista” nella sezione “Guide” del sito www.anclsu.com). Quanto alla sussistenza della obbligatorietà della formazione di base e trasversale, il Ministero del Lavoro ha chiarito nella circolare nr. 35/2013 che rimane intatto l’obbligo medesimo, in tutti i casi in cui vi sia l’offerta formativa pubblica. In caso di regioni che non rendano disponibile alcuna offerta formativa, il datore di lavoro non è obbligato a dover ricorrere a corsi diversi o privati. Altro passaggio degno di nota, è quello relativo al sistema sanzionatorio adottabile in caso di mancata o difforme formazione. Secondo la predetta circolare, infatti, l’attenzione assolutamente prioritaria che il personale ispettivo deve porre in essere riguarda il rispetto del piano formativo. Essendo quindi escluso dal piano formativo l’eventuale “tranche” della formazione di base e trasversale, questa fase sarà ininfluente in relazione alle verifiche inerenti la dovuta formazione. Va in proposito osservato che l’esclusione dal piano formativo della formazione di base e trasversale è stata introdotta dal citato DL 76: potrebbe quindi opinarsi che tutti i contratti di apprendistato stipulati prima dell’entrata in vigore di detta disposizione, possono prestarsi a verifiche del piano anche con riguardo alla formazione di base. Appare inoltre ancora incompiuta – ancorchè espressamente prevista dalla disposizione in commento – l’ omogeneizzazione della disciplina inerente le imprese multi localizzate: infatti, per tali imprese, pur essendo previsto che la disciplina da osservarsi può essere quella della regione ove l’impresa ha la propria sede legale, di fatto potrà verificarsi la formazione di un apprendista nella regione d’origine ove è presente l’offerta formativa pubblica, e la formazione di un apprendista in una regione nella quale tale offerta formativa non sussiste, rendendo impossibile l’utilizzo della medesima disciplina. Non è da sottintendere, in tal caso, che una azienda multi localizzata che intende realizzare un complessivo inserimento di apprendisti per una determinata qualifica, si troverà con apprendisti formati anche dal sistema pubblico, ed altri che saranno carenti di tali competenze. Gli ultimi dati sull’apprendistato disponibili, confermano il persistere di una sostanziale diffidenza verso tale forma contrattuale: secondo i numeri forniti dall’Isfol nell’ultimo rapporto, il 2010 ha registrato un calo dell’ -8,9% sull’anno precedente, ed un ulteriore calo di contratti stipulati nel 2011 del -6,9% . E’ evidente che quello che ancora scoraggia è la frammentazione regionale delle discipline ed opportunità, il continuo rimescolare le regole, e conseguentemente un quadro normativo in movimento che non rassicura. E’ di altrettanta evidenza che non è uno sgravio contributivo, pur interessante a guidare la scelta strategica del datore di lavoro in ordine alle tipologie di rapporti da instaurare. La fuga verso altre forme contrattuali non sempre legittime o trasparenti, è servita. Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’amministrazione pubblica di appartenenza. pag. 11 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS Modello UNICO 2013: ultimi controlli per l’invio in scadenza al 30 settembre scrive Celeste Vivenzi A pochi giorni dalla scadenza prevista per l’invio telematico del Modello Unico 2013, con il presente contributo si intende concentrare l’attenzione del Contribuente/Professionista al fine di predisporre le dichiarazioni in maniera corretta. Oltre ovviamente alla compilazione e alla verifica dei quadri contabili, ecco in sintesi i controlli principali che l’intermediario deve effettuare: FRONTESPIZIO MODELLO: controllare che siano state barrate le caselle interessate (redditi, IVA, modulo rw, quadro VO, quadro AC, Studi, Parametri e Ine); se vi fosse la necessità di presentare una dichiarazione integrativa occorre accertarsi di aver barrato le caselle correttiva nei termini, dichiarazione integrativa, dichiarazione integrativa a favore e dichiarazione integrativa art.2 DPR.322-98 a seconda del caso; la casella eventi eccezionali deve essere barrata in presenza delle condizioni richieste dalla normativa (vittime usura, soggetti colpiti dal sisma/avversità atmosferiche ed eventi eccezionali); DATI DEL CONTRIBUENTE: prestare attenzione ai cambi di residenza indicando il giorno, mese e anno in cui è intervenuta la variazione tenendo in considerazione che gli effetti decorrono dal 60 giorno successivo a quello in cui si è verificata; DICHIARAZIONE PRESENTATA DAGLI EREDI/ALTRI SOGGETTI: i soggetti devono indicare i loro dati anagrafici e il codice carica (si tratta dei soggetti eredi del contribuente ovvero del curatore fallimentare); CANONE RAI IMPRESE: come previsto dall’art.17 del D.L. 201-2011 le imprese e le società devono indicare il numero di abbonamento speciale e la categoria di appartenenza del relativo canone RAI oppure indicare il codice 3 in caso di mancata detenzione dell’apparecchio televisivo FIRMA DELLA DICHIARAZIONE: il contribuente deve sottoscrivere la dichiarazione a pena di nullità della stessa; SITUAZIONI PARTICOLARI: la casella riguarda i contribuenti minimi che possono scomputare nel quadro LM “consorzi e imprese” le ritenute subite indicando il codice 1 nella casella situazioni particolari; INVIO AVVISO TELEMATICO: prestare attenzione alla casella “invio telematico all’intermediario” in quanto in caso di barratura e di conseguente accettazione con la segnalazione nella casella “ricezione avviso telematico” l’avviso in oggetto verrà inviato all’intermediario; in caso di mancata scelta la comunicazione sarà inviata con raccomandata A/R al domicilio fiscale del contribuente; è d’obbligo ricordare che l’intermediario è obbligato a portare a conoscenza gli interessati della ricezione della comunicazione di irregolarità ricevuta e che il contribuente ha 30 gg. di tempo, decorsi i 60 gg. dalla trasmissione dell’avviso all’intermediario, per versare il dovuto con riduzione delle sanzioni ad 1/3 (fatti salvi accessi agli uffici per sistemare l’avviso); COMUNICAZIONI ANOMALIE STUDI SETTORE: novità prevista per il corrente anno e, in caso di barratura della casella, le eventuali comunicazioni saranno inviate direttamente all’intermediario; VISTO DI CONFORMITà: il responsabile del CAF o il professionista abilitato dopo aver verificato la conformità dei dati indicati nella dichiarazione può concedere il visto di conformità alla dichiarazione (si ricorda l’obbligatorietà del visto per l’utilizzo del credito IVA in compensazione se di importo superiore ai 15.000 euro); STUDI DI SETTORE: controllare l’effettiva compilazione del modello e l’indicazione delle eventuali cause di esclusione: da quest’anno i soggetti obbligati alla presentazione del modello dei dati rilevanti per l’applicazione degli studi di settore che non trasmettono lo Studio unitamente al Modello UNICO 2013, si troveranno l’attestazione di avvenuta ricezione dei «file» di dichiarazioni con l’indicazione dell’invito a presentare il modello di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore (questa nuova modalità di comunicazione telematica consente al contribuente che non ha provveduto alla presentazione del modello degli studi di settore di porvi rimedio senza incorrere nelle sanzioni previste dal D.L. n. 98/2011 (la sanzione per omessa presentazione del modello studi di settore, a prescindere da ulteriori aspetti quali ad esempio l’accertamento induttivo puro, ecc., è di 2.065 euro). Occorrerà chiarire se sia espe- pag. 12 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS ribile o meno la procedura del ravvedimento operoso nel caso in cui il contribuente intenda ravvedersi entro il termine di presentazione del modello UNICO 2014 presentando entro tale data la dichiarazione integrata del modello studi di settore (riduzione delle sanzioni ad 1/8 e pagare soltanto 258 euro in luogo dei citati 2.065 euro) in quanto, nel caso di specie, vi è dire che l’Agenzia delle entrate è a conoscenza dell’inadempimento (certificato dalla ricevuta entratel) e il fatto potrebbe rappresentare una causa ostativa al ravvedimento in questione (sarebbe interessante sapere cosa ne pensa a proposito la stessa Agenzia). pag. 13 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS Errati versamenti, chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate con la circolare n.27/2013 scrive Ce. Vi. Con la circolare in oggetto l’Agenzia è intervenuta per chiarire i seguenti punti fondamentali: 1) errori relativi al versamento con maggiorazione dello 0,4% (differimento entro 30 gg.) delle imposte; 2) versamenti relativi ai ravvedimenti operosi; 3) errori nei versamenti relativi agli istituti deflattivi; 4) periodo transitorio: la circolare n.27/2013 AE chiarisce che in attesa di un cambiamento del software di controllo al contribuente giungeranno avvisi calcolati con i criteri previgenti alla circolare in oggetto; il contribuente potrà comunque rivolgere autotutela all’ufficio ai fini di richiedere il calcolo corretto delle sanzioni e degli interessi dovuti. TABELLA DEI PUNTI PRINCIPALI PAGAMENTI CON MAGGIORAZIONE 0,4% Come noto, i versamenti derivanti dalla dichiarazione annuale possono essere differiti nei 30 gg. successivi applicando la maggiorazione dello 0,4% a titolo di interessi. Tale maggiorazione non va indicata nel modello F24 con un codice tributo separato ma va aggiunta al tributo dovuto; la problematica dava quindi origine al problema se ritenere il versamento tardivo oppure legalmente differito (magari con versamento carente). In via generale l’Agenzia applicava la prima ipotesi. Esempio: IRPEF da versare a saldo euro 5.000 scadente il 16 giugno 2013; il contribuente decide di versare in unica soluzione il debito al 16-7-2013 con la maggiorazione dello 0,4% (20 euro) ma per errore versa solo i 5.000 euro di pura imposta. L’Agenzia emetteva avviso per tardivo versamento con sanzione del 30 % (1.500 euro) fatta salva la possibilità di procedere al ravvedimento operoso (versando 2 euro + interessi e sanzione pari ad 1-10 se entro 30 gg ovvero 20 euro + interessi e sanzione pari ad 1-8 se dopo 30 gg. ed entro il 30 settembre dell’anno successivo). LA POSIZIONE ATTUALE DELL’AGENZIA invece considera il versamento legittimamente differito e l’Ufficio chiederà al contribuente una maggiore imposta di 20 euro unitamente agli interessi su 20 euro e alla sanzione del 30% sempre su 20 euro (il contribuente potrà comunque versare entro 30 gg. e ridurre la sanzione ad 1-3 ovvero al 10%). Lo stesso principio si applica anche alla casistica dei versamenti parziali quindi: se ho un debito di euro 1.000 e ne verso 200.80 con la maggiorazione dello 0,4% entro 30gg. l’ufficio calcolerà la sanzione del 30 % sulla parte residua e gli interessi sempre sul residuo dovuto. pag. 14 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS PROCEDURA DEL RAVVEDIMENTO OPEROSO La circolare conferma la possibilità di compiere il ravvedimento parziale ovvero: se ho un debito di 5.000 euro posso procedere al versamento alla scadenza originaria di una quota (esempio 1.000) e poi al versamento delle altre quattro rate di 1.000 euro calcolando gli interessi (2,5% a decorrere dalla data originaria) e la sanzione del 30% ridotta ad 1-10 se il versamento si effettua entro 30 gg. ovvero ad 1-8 se dopo i 30 gg. L’agenzia chiarisce l’importanza di determinare la volontà del contribuente nell’effettuare il ravvedimento (occorre manifestare la volontà tramite l’indicazione nel modello F24 del codice tributo riferito alle sanzioni). In buona sostanza con la procedura del ravvedimento operoso l’ufficio tiene in considerazione i seguenti aspetti: 1) verifica la volontà del contribuente di effettuare il ravvedimento; 2) verifica la correttezza delle sanzioni e degli interessi applicati; 3) emette avviso bonario sulla differenza d’ imposta non versata con applicazioni delle sanzioni e degli interessi. VERSAMENTI RELATIVI AGLI ISTITUTI DEFLATTIVI L’esempio della circolare riguarda i versamenti per acquiescenza, definizione delle sole sanzioni e accertamento con adesione (non soni citati gli avvisi bonari, l’adesione al pvc o l’invito al contraddittorio). Deve trattarsi di errori materiali nei versamenti di lieve entità e il contribuente deve provvedere al più presto alla loro regolarizzazione. Quindi l’ufficio, in virtù del principio di “economicità dell’azione amministrativa”, valuta se si è in presenza di carente versamento integrato con lieve ritardo al fine di considerare valida la definizione della lite (il contribuente può tentare comunque di rimettere la valutazione all’ufficio sperando in una risposta positiva anche nelle ipotesi non previste dalla circolare). ESEMPIO RAVVEDIMENTO A RATE Debito euro 5.000 scadenza originaria 16 giugno 2013 Per mancanza di liquidità il contribuente versa al 16 giugno euro 1.000; In data 30 giugno procede al versamento di altri 1.000 euro Calcolando gli interessi per giorni 14 dal 16 giugno al 30 giugno nella misura del 2,5%/anno; calcolando la sanzione dello 0,2% per 14 gg. (2,80 ravvedimento breve); In data 31 luglio procede al versamento del residuo di euro 3.000 calcolando: - Interessi nella misura del 2,5%/anno per gg. 45 su euro 3.000; - Sanzione del 3,75% (1-8 del 30%) su euro 3.000. N.B. Se in data 30 luglio il contribuente subisce una verifica che preclude il ricorso alla procedura del ravvedimento l’ufficio procederà alla richiesta della sanzione del 30% sull’importo di euro 3.000 e gli interessi calcolati dal 16 giugno 2013. pag. 15 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS Prepensionamento a carico delle aziende scrive Livio Lodi (seconda PARTE) La posizione dei lavoratori Con riferimento al punto in epigrafe, l’art. 4, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, pone l’unica condizione che “I lavoratori coinvolti nel programma di cui al comma 1 [quelli cioè oggetto dell’accordo per l’incentivazione all’esodo, n. d. a.] debbono raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro.” La legge non individua perciò requisiti specifici per l’accesso alla prestazione, ma ne subordina riconoscimento al perfezionamento dei requisiti minimi contributivi ed anagrafici, a carico dell’assicurazione previdenziale di appartenenza, entro il periodo massimo di fruizione della prestazione in argomento (che abbiamo già riferito essere di non più di quattro anni). Considerato perciò che gli accordi potranno essere stipulati unicamente dopo l’entrata in vigore della c. d. “Riforma Monti/Fornero” (come è noto, 1° gennaio 2012), i requisiti anagrafico-contributivi per l’accesso ai trattamenti pensionistici non potranno essere che quelli più severi stabiliti dalla riforma medesima. L’accertamento di tale requisito necessita, per quanto ovvio, dell’avallo dell’INPS, il quale, in qualità di Ente gestore delle posizioni assicurative dei singoli lavoratori, potrà verificare la sussistenza della condizione più sopra accennata, condizione che si qualifica come imprescindibile anche per la validità della cessazione del rapporto di lavoro. Ciò è stato confermato dal più volte citato Ministero del lavoro e delle politiche sociali alla lettera C della circolare n. 24, laddove si recita che “Nel caso di accordo con adesione del lavoratore, infatti, quest’ultima sarà resa invalida dalla mancata sussistenza dei presupposti. Qualora, invece, ci si trovi nell’ipotesi di accordo nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo di cui agli articoli 4 e 24 della legge 223/1991, sarà il coinvolgimento del lavoratore ad essere inficiato.” Al punto 3. 2 della circolare n. 119 del 1°agosto 2013, l’INPS ha chiarito, opportunamente, che “Ai fini del perfezionamento dei requisiti contributivi per il diritto alla prestazione sono utili anche i pe- riodi contributivi maturati all’estero in Paesi ai quali si applica la regolamentazione comunitaria in materia di sicurezza sociale (Stati UE [Unione europea, n. d. a.], Svizzera e Paesi SEE [Spazio economico europeo, n. d. a.]) e in Paesi legati all’Italia da convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, rispettando il minimale di contribuzione per l’accesso alla totalizzazione previsto dalla normativa comunitaria (52 settimane) o dalle singole convenzioni bilaterali. Coloro che vogliono far valere periodi di contribuzione nelle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi amministrate dall’INPS (coltivatori diretti, mezzadri, coloni, artigiani, commercianti) perfezionano i requisiti per il diritto alla prestazione con i contributi versati in dette gestioni [che, è noto, sono più rigorosi rispetto a quelli vigenti nell’A. G. O. e nei Fondi sostitutivi della medesima, n. d. a.]. In tali casi l’accertamento del diritto alla pensione deve essere effettuato secondo le disposizioni della gestione dei lavoratori autonomi nella quale il lavoratore ha contribuito da ultimo. Ai fini del perfezionamento dei requisiti contributivi per il diritto alla prestazione, i contributi eventualmente versati per gli stessi periodi in più gestioni assicurative devono essere computati una sola volta. Si precisa che non può essere accolta la domanda di prestazione finalizzata alla pensione anticipata nel caso in cui il lavoratore sia già titolare di pensione di invalidità [quelle riconosciute sulla base dei requisiti contributivi e sanitari antecedenti all’entrata in vigore della legge 12 giugno 1984, n. 222, ossia le prestazioni aventi decorrenza originaria antecedenti al 1° agosto 1984, n. d. a.] ovvero di assegno ordinario di invalidità [quelle riconosciute con decorrenza originaria a partire dalla suddetta data, n. d. a.].” Inoltre, il conseguimento, entro i quattro anni successivi dei requisiti per il pensionamento, dovrà essere verificato tenendo presenti le regole vigenti all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, comprensivi degli adeguamenti relativi all’incremento della speranza di vita accertati fino a quel momento. Il che significa che dovranno essere considerati, ai fini del riscontro della sussistenza del requisito di cui sopra, i soli incrementi della speranza di vita già rilevati al momento della cessazione del rapporto di lavoro e non anche quelli che matureranno nel corso degli anni successivi a tale ultima data, la qual cosa fornisce indubbiamente una base di certezza nella gestione dell’intrigata vicenda lavoristicoprevidenziale. Per contro, l’accertamento del diritto alla futura pensione al termine del percorso di avvicinamen- pag. 16 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS to alla medesima dovrà essere verificato tenendo conto sia degli incrementi della speranza di vita intervenuti dopo il riconoscimento della “prestazione”, sia degli innalzamenti dei requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici nel frattempo legiferati. Premesso che tale complesso argomento sarà ripreso successivamente allorchè si parlerà della necessità di procedere alla rideterminazione dell’importo della fideiussione bancaria, al momento sembra sufficiente anticipare che l’INPS, sul piano meramente amministrativo, ha stabilito che l’erogazione della “prestazione” a carico del datore di lavoro esodante proseguirà per l’ulteriore periodo necessario, fermo restando il limite di 48 mesi: ciò comporterà ovviamente anche l’eventuale rimodulazione dell’importo della garanzia fideiussoria. Il comma cinque della legge n. 92 precisa inoltre che “A seguito dell’accettazione dell’accordo di cui al comma 1 [quello finalizzato all’incentivazione all’esodo, n. d. a.] il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all’INPS la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa”, laddove il comma sette ribadisce il concetto sottolineando ulteriormente che “Il pagamento della prestazione avviene da parte dell’INPS con le modalità previste per il pagamento delle pensioni. L’Istituto provvede contestualmente all’accredito della relativa contribuzione figurativa.” A tale riguardo vale la pena di sottolineare che la messa in quiescenza del lavoratore comporterà per il medesimo, in ogni caso, una perdita economica (di qui anche la conferma dell’indispensabile carattere della volontarietà dell’esodo), dal momento che, qualora il soggetto interessato non aderisse al prepensionamento, potrebbe incrementare l’importo della futura pensione semplicemente differendo la decorrenza al di là di quella che conseguirebbe al termine del percorso previsto dall’art. 4 della legge n. 92. L’estensione del metodo di calcolo nel sistema contributivo a tutte le tipologie di trattamenti pensionistici operata con la “Riforma Monti/Fornero”, farà sì che anche i soggetti che abbiano superato i 40 anni di contribuzione potranno avere interesse a procrastinare il pensionamento, dal momento che il “tetto-limite” quarantennale non potrà essere applicato alle anzianità che si pongono temporalmente dopo il 31 dicembre 2011 nei confronti di coloro che abbiano titolo al riconoscimento del sistema di calcolo nel metodo retributivo. Allo stesso tempo giova rammentare che, a partire dal 1° gennaio 2012, sulla base della disposizione contenuta nell’art. 24, comma 4, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, “l’efficacia delle disposizioni di cui all’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni, opera fino al raggiungimento del predetto limite massimo di flessibilità [settanta anni di età, fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita].” Ne consegue che il divieto di “recesso ad nutum” del datore di lavoro nei cui confronti si applichi il c. d. “Statuto dei lavoratori”, fino al 31 dicembre 2011 limitato alla sola data del conseguimento dei requisiti anagrafici minimi per il diritto alla pensione di vecchiaia, è ora protratto al raggiungimento del settantesimo anno di età, consentendo così, anche in questo caso, una ulteriore lievitazione dell’importo della futura pensione. La posizione dei lavoratori (continua): le modalità di calcolo della prestazione I prestatori d’opera riceveranno dal datore di lavoro, sia pure per il tramite dell’INPS, “una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti” e si vedranno accreditata nella propria posizione assicurativa “la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento.” (art. 4, comma 1, della legge 28 giugno 2012, n. 92). Dal testo della norma non è dato modo di affermare in modo incontestabile se nel calcolo della “prestazione” di cui sopra debba essere compresa anche la contribuzione relativa al periodo che intercorre dalla data del collocamento in esubero fino a quella della maturazione dei requisiti alla pensione ovvero se in detto computo la contribuzione in questione debba rimanerne esclusa. Ricorrendo la prima ipotesi, si renderebbe necessario calcolare provvisoriamente l’importo del trattamento senza includervi i periodi di assicurazione che dovranno essere ancora versati dal datore di lavoro, salvo poi a rideterminarla alla data di maturazione dei requisiti, comprendendovi la contribuzione nel frattempo accreditata. La questione è stata tuttavia risolta sul piano amministrativo dall’INPS, il quale, al punto 7 della più volte citata circolare n. 118, ha chiarito che “Il valore della prestazione è pari all’importo del trattamento pensionistico che spetterebbe al lavoratore al momento di accesso alla prestazione medesima, in base alle regole vigenti, esclusa la contribuzione figurativa correlata che il datore di lavoro si impegna a versare per il periodo di esodo.” Operando in tal modo, al prestatore d’opera sarà effettivamente corrisposta, fino al termine del percorso che porta al pensionamento, il trattamento, sostitutivo della retribuzione, “che gli spetterebbe in base alle regole vigenti”, anche in considerazione del fatto che non si tratta di una pensione vera e propria, bensì di una “prestazione” a carico del datore di lavoro, per cui si appalesa maggiormente conforme all’architettura della norma determinarne l’importo escludendone il periodo di contribuzione che sarà versata dall’azienda (che come vedremo a breve si qualifica come di natura “figurativa”). Sempre con riferimento all’importo della prestazio- pag. 17 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS ne, e sempre allo stesso punto 7 dell’appena citata circolare, è stato ulteriormente specificato che “Eventuali benefici pensionistici utili per il diritto e la misura, previsti da specifiche disposizioni legislative (ad esempio: maggiorazione del periodo di servizio effettivamente svolto da soggetti portatori di invalidità superiore al 74%, benefici amianto, ecc.) devono essere valutati ai fini del diritto e della determinazione dell’importo pensionistico [riteniamo che l’INPS abbia voluto intendere “dell’importo della prestazione, n. d. a.]. Sull’importo della prestazione non è attribuita la perequazione automatica, non spettano i trattamenti di famiglia (ANF), non possono essere effettuate trattenute per il pagamento di oneri (ad esempio: per riscatti e ricongiunzioni che devono quindi essere interamente versati prima dell’accesso alla prestazione; per cessione del quinto dello stipendio; per mutui, ecc.). La prestazione non è reversibile. In caso di decesso del beneficiario, ai superstiti viene liquidata la pensione indiretta, con le norme ordinarie, tenendo conto anche della contribuzione figurativa correlata versata in favore del lavoratore durante il periodo di erogazione della prestazione.” Al successivo punto 12 della stessa norma di prassi l’INPS ha altresì specificato che “La prestazione è soggetta alla tassazione ordinaria. Le detrazioni spettanti per lavoro dipendente e per familiari a carico vengono attribuite a seguito della presentazione della relativa dichiarazione, ai sensi dall’articolo 23 del DPR n. 600 del 29 settembre 1973 come modificato dall’articolo 1, comma 221, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007, e successive modifiche ed integrazioni.” La precisazione non fa altro che ribadire il regime di imposizione fiscale in vigore per tutte le altre prestazioni non pensionistiche erogate dall’INPS (indennità di disoccupazione, ora ASpI, indennità economica di malattia e maternità, integrazione salariale, ecc.) nelle quali l’Ente medesimo, ovvero il datore di lavoro in ipotesi di erogazione diretta da parte di quest’ultimo, assumono, come sappiamo, la funzione di “sostituto d’imposta”. Il lavoratore infra sessantaduenne potrebbe inoltre incorrere nel sistema delle penalizzazioni previste dall’art. 24, comma 10, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (riduzione, sulla quota di trattamento pensionistico calcolata secondo il sistema retributivo, pari ad un punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento anticipato rispetto all’età di 62 anni: tale percentuale è elevata a due punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni). Ciò in quanto l’articolo 4, comma 1, della legge 28 giugno 2012, n. 92, dispone che al soggetto che accede all’esodo, il datore di lavoro deve corrispon- dere “una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe al lavoratore in base alle norme vigenti”. Al punto 8 della circolare n. 119 l’INPS, nel rammentare che “Il comma 2-quater dell’articolo 6 del decreto legge n. 216 del 2011, convertito dalla legge n. 14 del 2012, ha stabilito che le disposizioni dell’articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del più volte citato decreto legge n. 201 del 2011, in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non trovano applicazione, limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora la predetta anzianità contributiva ivi prevista derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.”, ha ulteriormente specificato che “Al riguardo, si fa presente che la contribuzione figurativa correlata accreditata a seguito della cessazione dell’attività lavorativa per accedere alla prestazione in parola non è utile per evitare la riduzione della pensione anticipata. Infatti, ai fini della determinazione dell’anzianità contributiva utile per conseguire, da parte dei soggetti di che trattasi, la pensione anticipata senza la riduzione, deve essere valutata esclusivamente la contribuzione prevista dal comma 2-quater del citato articolo 6.” Anche in questo caso, non aderendo all’esodo ed operando per contro il differimento dell’accesso al pensionamento, ancora di alcuni anni (che potrebbero anche essere contenuti nell’ordine di uno o due), il lavoratore potrebbe evitare la riduzione appena citata, riduzione che, diversamente, gli farebbe carico per tutto il periodo di godimento della prestazione. A tal fine si può legittimamente assumere che qualora all’interno del lasso temporale che porta al prepensionamento il lavoratore abbia raggiunto il sessantaduesimo anno di età, mentre il regime di penalizzazione dovrà ovviamente continuare ad essere applicato per tutta la durata del periodo di percezione della prestazione sostitutiva della retribuzione, sulla pensione che sarà successivamente riconosciuta, la restrizione non dovrà essere applicata o per lo meno così si ha modo di assumere: come dire che, ricorrendo tale caso-limite, la penalizzazione applicata sulla “prestazione da esodo” non si trasferisce sulla pensione. Anche su questo punto sarebbe quanto mai opportuna una precisazione da parte di chi di competenza. Il soggetto interessato all’esodo dovrà pertanto prestare la massima attenzione, valutando i pro ed i contro, prima di aderire alla richiesta datoriale, avvalendosi magari della consulenza degli enti di pag. 18 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS patronato o dei professionisti che operano nello specifico settore, che potrebbero predisporre una simulazione dell’importo approssimativo dei due diversi trattamenti pensionistici (quello immediatamente successivo al termine del periodo di esodo e quello che percepirebbe operando un differimento della richiesta di pensione in quanto non aderente allo stesso esodo) a cui il lavoratore potrebbe alternativamente accedere e regolarsi di conseguenza. Prima di concludere il paragrafo, vale la pena di sottolineare che il lavoratore interessato alla procedura di esodo non potrà beneficiare delle misure di sostegno del reddito, in particolare né all’ASPI e né all’indennità di mobilità. Egli tuttavia avrà la possibilità di proseguire il versamento dei contributi sindacali a favore dell’organizzazione di appartenenza firmataria dell’accordo aziendale. A tale ultimo riguardo, al punto 9 della circolare n. 119, l’INPS ha tuttavia fatto riserva di successive istruzioni in merito. Infine “Entro il mese di scadenza della prestazione, il lavoratore ha l’onere di presentare domanda di pensione alla sede INPS competente, non essendo prevista la trasformazione automatica di questa prestazione in pensione.” (punto 11 della circolare n. 119). Anche in questo caso bisognerà prestare la massima attenzione, atteso che, in ipotesi di conseguimento di un trattamento di prestazione per anzianità (ora pensione anticipata), la presentazione della domanda costituisce una “conditio iuris” per la sua erogazione (con la conseguenza della perdita delle rate antecedenti alla data di presentazione tardiva della richiesta), laddove invece il contenuto patrimoniale sotteso alla pensione di vecchiaia può essere riconosciuto anche con effetto retroattivo, giusta previsione contenuta nell’art. 6, comma 2, della legge 23 aprile 1981, n. 155. Qualche dubbio si porrebbe, pur nel silenzio della norma, circa l’eventuale cumulabilità di altro reddito da lavoro (subordinato, autonomo, parasubordinato o di lavoro accessorio che sia) con la nuova prestazione: non bisogna infatti dimenticare che l’importo mensile che percepirà il lavoratore non riveste le caratteristiche di un trattamento pensionistico, per cui nel caso specifico non opera (o per lo meno così sembrerebbe di poter assumere) la liberalizzazione del cumulo offerta dall’art. 19 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133. A tale riguardo merita segnalazione il fatto che, nonostante che la circolare dell’INPS n. 119, al punto 16, affermi che la legge in esame non prevede specifiche disposizioni per quanto riguarda il cumulo della prestazione in questione con eventuali redditi da lavoro dipendente o autonomo, per cui non si dovrà provvedere ad operare alcuna riduzio- ne dell’importo della prestazione in caso di rioccupazione, una situazione di incertezza si registra in relazione alla circostanza che l’attività lavorativa esercitata durante il godimento della prestazione potrebbe dar luogo (anzi la cosa può essere data per certa nella maggioranza dei casi) all’accreditamento della contribuzione ad essa sottostante. Ricorrendo tale evenienza, bisognerà stabilire se la contribuzione figurativa versata dal datore di lavoro interessato all’esodo potrà essere utilmente asservita alla posizione assicurativa che fa capo al lavoratore esodante, ovvero se dovrà essere annullata con conseguente restituzione all’azienda che se ne è fatta carico. Meno percorribile si presenta infatti la strada dell’utilizzo della doppia contribuzione nella quantificazione dell’importo della futura pensione che sarà riconosciuta al termine del percorso di esodo: ciò in quanto si tratta non già di due contribuzioni conseguenti ad altrettanti rapporti di lavoro posti legittimamente in essere (come spesso accade peraltro nella realtà previdenziale), bensì di contributi assicurativi che semplicemente si giustappongono temporalmente nello stesso periodo, di cui uno effettivamente collegato ad un rapporto di lavoro ed un altro derivante, come più volte sottolineato, da una contribuzione c. d. “figurativa”, la cui sussistenza ed efficacia è, in linea gerarchica, normalmente subordinata alla prima. A ciò bisogna aggiungere l’ulteriore complicazione secondo la quale, alla contribuzione figurativa in generale non è sotteso alcun obbligo di versamento da parte del soggetto a favore della quale viene accreditata (il suo riconoscimento si effettua infatti a titolo gratuito), mentre nel caso in esame ci si trova di fronte ad una contribuzione figurativa il cui onere, raffrontato alla contribuzione derivante da un rapporto di lavoro immediatamente a ridosso della medesima, è stato effettivamente sopportato dal datore di lavoro. Qualche caso di legittima duplicazione dell’accreditamento dei periodi assicurativi si potrebbe verificare qualora il rapporto di lavoro desse luogo a contribuzione nella “gestione separata” di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (lavoro libero professionale per il quale non sia stata previsto una Cassa di previdenza di categoria, prestazioni lavorative derivanti da collaborazione coordinata e continuativa, lavoro accessorio di cui agli artt 70 e segg. del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, lavoro autonomo occasionale, dottorato di ricerca, ecc.). Ciò in quanto tale ultima contribuzione non può essere normalmente considerata né per il riconoscimento del diritto, né per il calcolo della pensione nell’Assicurazione generale obbligatoria e nei Fondi sostitutivi della medesima, laddove il termine “normalmente” sta a significare che, anche ricorrendo pag. 19 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 FOCUS tali evenienze, si registrano delle eccezioni relative al mancato utilizzo della doppia contribuzione (totalizzazione dei periodi contributivi, computo e cumulo dei peridi medesimi). Per quanto sopra esposto, si tratta di una matassa difficilmente dipanabile e per la cui soluzione l’Istituto previdenziale dovrà evidentemente ritornare o quanto meno formulare in ogni caso alcune precisazioni rispetto a quanto affermato fin troppo laconicamente nella circolare dell’INPS n. 119. Staremo a vedere gli sviluppi che tale situazione potrà assumere. La posizione dei lavoratori (continua): le modalità di calcolo della contribuzione figurativa Al punto 14 della più volte citata circolare n. 119, l’INPS ha precisato che “In analogia con quanto previsto per le ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro dall’articolo 2, commi 6 e 10, della legge n. 92/2012 in materia di ASpI, la retribuzione media mensile, sulla quale devono essere commisurati i contributi correlati, è determinata dalla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive (retribuzione imponibile esposta in uniEmens), divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33 [tale coefficiente rappresenta il numero medio delle settimane contenute in un mese, n. d. a.]. Le somme occorrenti alla copertura della contribuzione figurativa correlata sono calcolate sulla base dell’aliquota di finanziamento del Fondo previdenziale di appartenenza del lavoratore, tempo per tempo vigente (si rammenta che l’aliquota di finanziamento del Fondo pensioni lavoratori dipendenti attualmente vigente è pari al 33%). Il versamento della contribuzione figurativa correlata è effettuato per il periodo compreso tra la cessazione del rapporto di lavoro e la maturazione dei requisiti minimi richiesti per il diritto a pensione. Nell’ipotesi di morte del lavoratore, non essendo la reversibile la prestazione, l’obbligo contributivo si estingue e l’Istituto provvederà a rimborsare al datore di lavoro l’eventuale eccedenza della contribuzione figurativa correlata.” Al punto 7 dell’appena citata circolare n. 119 era stato infatti ulteriormente chiarito che “La prestazione non è reversibile. In caso di decesso del beneficiario, ai superstiti viene liquidata la pensione indiretta, con le norme ordinarie, tenendo conto anche della contribuzione figurativa correlata versata in favore del lavoratore durante il periodo di erogazione della prestazione.” Il che significa che la contribuzione figurativa relativa all’esodo farà parte del coacervo di tutti i periodi assicurativi che il prestatore d’opera ha potuto far valere fino al giorno del decesso. In proposito vale la pena di osservare che, nonostante il fatto che l’unità minima di detta contribuzione sia identificata con il mese (o almeno così sembrerebbe di poter assumere), non apparirebbe comunque logico che in ipotesi di decesso intramensile l’intero importo versato nel corso del mese in cui si è verificato l’infausto evento debba essere considerato nel calcolo della prestazione ai superstiti. L’accreditamento parziale (fino cioè alla data del decesso) costituisce indubbiamente la soluzione più appropriata in quanto maggiormente rispondente alle regole che da sempre disciplinano l’accreditamento della contribuzione. Trattandosi inoltre di un periodo di assicurazione afferente un rapporto di lavoro subordinato (nei confronti del quale l’unità minima della contribuzione previdenziale è rappresentato, salvo rarissime eccezioni, dalla settimana) si ritiene che debbano essere accreditati, relativamente al mese del decesso, il numero delle settimane effettivamente maturate fino a tale ultima data: anche su questo punto sarebbe opportuno che l’INPS fornisse ulteriori precisazioni. (PROSEGUE SUL PROSSIMO NUMERO DEL CONSULENTE MILLEOTTANTUNO) pag. 20 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 quesiti a cura di Paola Diana Onder Coordinatrice Centro Studi Nazionale Ancl Tassazione ordinaria o separata, come si agisce in caso di stipendi arretrati? quesito Una società, a causa della grave crisi economica, da alcuni mesi non provvede al pagamento dei salari e degli stipendi, rimanendo a debito nei confronti degli stessi per le retribuzioni di Novembre, Dicembre e la tredicesima mensilità 2012. Con tutti i lavoratori, la direzione aziendale ha raggiunto un accordo per il dilazionamento dell’importo complessivo (importo netto in busta paga) in 10 rate mensili da erogarsi nell’anno 2013 a partire da febbraio. Domande: 1) il modello CUD2013 redditi 2012, dovrà contenere anche le mensilità non pagate alle normali scadenze e dilazionate nel corso dell’anno 2013? 2) Gli importi che saranno erogati nell’anno 2013 subiranno la tassazione ordinaria o la tassazione separata, considerando gli emolumenti “relativi agli anni precedenti” e la situazione analoga a quella descritta nella Circolare della Agenzia delle Entrate n. 23/E/1997 sub b)? Soluzione proposta. Ad avviso del proponente il quesito, tenuto conto che l’importo netto, sarà dilazionato nel corso del 2013, la tassazione dovrà rimanere ORDINARIA e di competenza anno 2012. Risposta Esperto: Paola Maschietto I REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE SONO IMPONIBILI AL MOMENTO DELLA LORO PERCEZIONE SECONDO IL CRITERIO DI CASSA. 1 - Il modello CUD 2013 redditi 2012 dovrà contenere le mensilità pagate nel 2012, fino a tutto il 12 gennaio 2013 (c.d. “principio di cassa allargato). In pratica si dovranno: scorporare le somme lorde fiscali corrispondenti all’importo netto che verrà differito nel pagamento nel corso del 2013; ricalcolare il conguaglio per le sole retribuzioni effettivamente percepite dal lavoratore nel periodo d’imposta considerato. Per la parte previdenziale, invece, vale sempre la competenza. 2 - Nello specifico, a mio parere, dal caso prospettato non si riscontrano le caratteristiche oggettive o giuridiche che possano qualificare un arretrato di lavoro dipendente. Si tratta semplicemente di un differimento nel pagamento dei salari di novembre e dicembre che, visti i tempi, possiamo definire “tecnico” o “fisiologico”, concordato per essere erogato nel periodo d’imposta successivo. Pertanto gli importi lordi fiscali delle retribuzione differite, ancorchè afferenti il 2012, verranno sommati a quelli corrisposti nello stesso periodo, e seguiranno la tassazione ordinaria, considerando che gli emolumenti vengono materialmente corrisposti, e resi disponibili per il lavoratore, nel 2013. pag. 21 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 quesiti Una ditta di trasporto pubblico può avvalersi della prestazione di lavoro autonomo del titolare? quesito La legge 11 agosto 2003 n. 218 disciplina l’attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente. L’articolo 6 comma 1, prevede che: 1 - i conducenti degli autobus adibiti al servizio di noleggio di autobus con conducente possono essere: lavoratori dipendenti, lavoratori con contratto a termine o altre tipologie contrattuali per lavoro temporaneo consentite dalla legge, titolari, soci e collaboratori familiari di imprese titolari delle relaive autorizzazioni; 2 - l’art. 2 comma 1 definisce le imprese esercenti servizio di noleggio autobus con conducente quelle che, in possesso dei requisiti relativi all’accesso alla professione di trasportatore su strada di viaggiatori, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395 e successive modificazioni, svolgono attività di trasporto di persone con le modalità di cui al comma 2, utilizzando autobus rispondenti alle caratteristiche tecniche di esercizio, dei quali hanno la disponibilità; 3 - l’art. 2 comma 5 precisa che per disponibilità degli autobus si intende il legittimo possesso conseguente ad acquisto in proprietà, usufrutto, locazione con facoltà di acquisto, vendita con patto di riservato dominio. Premesso quanto sopra, una ditta che effettua trasporto di persone mediante noleggio di autobus con conducente, per la guida di un proprio autobus, può avvalersi delle prestazioni del titolare di ditta individuale in possesso di autorizzazione per servizio taxi, il quale emetterà regolare fattura per le prestazioni del servizio reso? Soluzione proposta. Ritengo che sia possibile avvalersi delle presrtazioni di titolare di ditta individuale in possesso di autorizzazione per il servizio di taxi. Risposta Esperto: Renzo La Costa Dall’esame della normativa richiamata, e relativamente alla prestazione lavorativa con qualifica di conducente, non appare possano esserci dubbi sulla facoltà di avvalersi di lavoratore autonomo. Infatti, l’art. 6 sopra richiamato non prevede esclusivamente prestazioni di lavoro subordinato, bensì indica espressamente la facoltà di avvalersi di “ lavoratori dipendenti, lavoratori con contratto a termine o altre tipologie contrattuali per lavoro temporaneo consentite dalla legge” e – prosegue la disposizione – “ titolari, soci e collaboratori familiari di imprese titolari delle relative autorizzazioni. Ai fini della individuazione della posizione del prestatore, il medesimo art. 6 –relativamente ai titolari di imprese - dispone la sussistenza del requisito di iscrizione al registro delle imprese presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio. Sempre con riguardo al prestatore, si dovrà accertare preliminarmente se il medesimo è dotato di patente idonea al trasporto con autobus. Si ritiene pertanto, in presenza di tali requisiti, che il conducente di taxi possa esercitare prestazioni di lavoro autonomo quale conducente di autobus per trasporto persone. Infatti, il servizio di noleggio con conducente per il trasporto di persone, analogamente al trasporto di piazza o taxi, rientra tra i servizi pubblici non di linea, cioè tra quei servizi finalizzati, dietro richiesta, al trasporto collettivo od individuale di persone, con funzione complementare ed integrativa rispetto ai servizi pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aerei, effettuati a richiesta del/dei trasportato/i in modo non continuativo o periodico, secondo orari ed itinerari non fissi ma stabiliti caso per caso. Pur tuttavia – essendo la normativa nazionale soggetta anche a taluni profili di competenza regolamentatrice regionale, sarà opportuno verificare presso il locale ufficio della Motorizzazione Civile, l’assenza di ulteriori adempimenti. pag. 22 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 quesiti Borse di studio, come comportarsi ai fini fiscali? quesito L’Università degli Studi di Bari ha indetto un corso di Alta Formazione rivolto a dei Laureati. Quest’ultimi, vincitori della borsa pari ad euro 48.000 al lordo delle ritenute di legge (così cita il bando), come saranno trattati nei confronti dell’Agenzia delle Entrate ed in particolar modo per l’IRPEF (secondo una Risoluzione dell’Agenzia i borsisti, gli stagisti e gli assegni di ricerca sono totalmente esenti) e della Gestione Separata INPS, secondo la quale sempre le figure sopramenzionate hanno l’obbligo di iscrizione? Soluzione proposta. è importante capire a quale figura vengono assimiliati i corsisti; se rientrano in borsisti, titolari di assegni di ricerca o dottorati di ricerca, secondo risoluzioni Agenzia Entrate sono totalmente esenti da IRPEF e secondo l’ultima Riforma Dini rientrano tra coloro obbligati all’iscrizione Gestione Separata INPS Risposta Esperto: Giovambattista Vavalà Fermo restando che deve essere approfondito quanto previsto nel bando, in base all’art. 50, c.1., lettera c) del Tuir, sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante. Per espressa previsione di legge, sono comunque esenti da tassazione le seguenti borse di studio: - quelle corrisposte dalle università e dagli istituti di istruzione universitaria, in base alla legge n. 398 del 30 novembre 1989, per la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione per i corsi di dottorato di ricerca, per attività di ricerca post-dottorato e per i corsi di perfezionamento all’estero; - quelle corrisposte dalle regioni a statuto ordinario, in base alla legge 2 dicembre 1991, n.390, agli studenti universitari e quelle corrisposte dalle regioni a statuto speciale e dalla province autonome di Trento e Bolzano allo stesso titolo; - quelle corrisposte ai sensi del D.Lgs. 8 agosto 1991, n.257 per la frequenza delle scuole universitarie di specializzazione delle facoltà di medicina e chirurgia; - quelle attribuite a vittime del terrorismo e della criminalità organizzata nonché agli orfani ed ai figli di quest’ultimi (legge 23 novembre 1998, n.407). L’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997, ha chiarito che “per la nozione di borsa di studio si deve far riferimento alle erogazioni attribuite a soggetti, anche non studenti, per sostenere l’attività di studio o di ricerca scientifica, di specializzazione, eccetera”. Pertanto, la borsa di studio in questione sembra pienamente imponibile ai fini fiscali (il fatto sembra confermato anche dalla previsione del relativo bando che considera la somma “al lordo delle ritenute”) mentre, ai fini previdenziali, non dovrebbe sussistere obbligo contributivo, in quanto la partecipazione al corso non sembra comportare l’instaurazione di un rapporto di lavoro. Si ritiene invece che, ai fini Inail, i corsisti vadano assicurati se sussiste un rischio di infortunio o malattia professionale, con pagamento del premio da calcolare sulle retribuzioni convenzionali. pag. 23 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 quesiti Verbale di accertamento funzionari Inps, come contestarlo? quesito Con verbale viene notificato il recupero di contributi sulle indennità corrisposte agli amministratori in trasferta. La motivazione è che non si è dimostrata l’effettiva percorrenza anche se è stata presa visione delle schede mensili. Tale verbale è stato impugnato, nei termini, con ricorso amministrativo. Il Comitato di gestione presso l’Inps ha respinto il ricorso. Come ci si deve comportare per ricorrere alla via giudiziaria? Soluzione proposta. Nella consapevolezza che il ricorso amministrativo ha interotto i termini prescrizionali per una nuova impugnazione si deve aspettare l’ordinanza ingiunzione o cartella esattoriale e poi adire la via giudiziaria entro il tremine di 40 gg. è corretto quanto sopra? Il contribuente può essere rappresentato dal consulente del lavoro che già lo rappresentava nella causa amministrativa? Risposta Esperto: Fioravante Davide Ambrogio Premesso che dovrebbe essere l’Inps a dimostrare in giudizio la fondatezza delle proprie pretese contributive, gravando sul contribuente un mero onere di allegazione della documentazione amministrativa a sostegno del proprio operato, chi scrive ritiene di aderire alla soluzione proposta dal collega: i termini per l’impugnazione della cartella di pagamento che l’agente della riscossione emetterà a seguito dell’iscrizione a ruolo da parte dell’INPS sono infatti di 40 giorni. Il giudizio è promosso innanzi al Tribunale Ordinario in funzione di Giudice del Lavoro ai sensi degli artt. 409 e ss c.p.c.; in particolare alle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatoria si applicano le norme di cui al capo II titolo IV ex artt. 442 e ss del c.p.c.. Poiché ai sensi dell’art. 417 c.p.c. “In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non eccede le lire duecentocinquantamila”, si ritiene di poter aderire alla tesi (sostenuta da P. Rausei) secondo cui : “pur nella semplicità del rito, che giustifica la non obbligatorietà della difesa tecnica, il trasgressore e l’obbligato in solido potranno rivolgersi al professionista che assiste tecnicamente l’azienda per i profili della gestione e amministrazione del personale ai sensi della legge 11 gennaio 1979, n. 12. Questi potrà predisporre secondo le proprie competenze professionali il ricorso e redigerlo materialmente, ferma restando l’esclusiva titolarità e sottoscrizione del soggetto interessato (trasgressore e/o obbligato solidale). D’altro canto, può dirsi legittima la presenza del professionista alle udienze, al posto del soggetto interessato, giacché pur senza poter rivestire i panni del sostituto processuale, né tanto meno quelli del procuratore legale, ben potrà il professionista del lavoro, in una applicazione estensiva dell’art. 77, comma 1, c.p.c., rivestire la qualità di “rappresentante processuale volontario”, a seguito di espressa ed esplicita procura da parte del trasgressore e/o dell’obbligato in solido, resa nel ricorso in opposizione ed eventualmente confermata personalmente davanti al giudice dell’opposizione durante la prima udienza, essendo il professionista chiaramente “preposto” agli “affari” inerenti la gestione e l’amministrazione di quei rapporti di lavoro”. Infine, ci pare doveroso ricordare che la regolamentazione della procedura di opposizione innanzi al Tribunale ordinario in funzione di Giudice del Lavoro trova origine nel Codice di Procedura Civile ma non si esaurisce nelle norme ivi richiamate; raccomandiamo quindi al Consulente del Lavoro che voglia sostenere il cliente nel Giudizio del Lavoro di compiere un minuzioso e severo studio sul procedimento per non correre il rischio di compromettere le azioni di difesa disponibili. pag. 24 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 quesiti Contributo ASPI va versato in caso di stabilizzazione del rapporto di lavoro da contratto a chiamata a contratto part-time? quesito L’art. 2, commi 31 – 35, della legge n. 92 del 2012, introduce un contributo destinato al finanziamento dell’ASPI, in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013. In caso di stabilizzazione del rapporto di lavoro da contratto a chiamata a contratto a tempo indeterminato part-time, dove non interviene una vera e propria cessazione del rapporto, il contributo de quo, deve comunque essere versato? Soluzione proposta. Pur in presenza di una formale cessazione del rapporto intermittente e contestuale inizio di un rapporto a tempo indeterminato (stabilizzazione) non interviene una interruzione di lavoro e conseguente periodo di disoccupazione. Ad avviso di chi scrive il contributo ASPI non dovrà essere versato. Risposta Esperto: Paola Maschietto La legge 28 giugno 2012, n. 92 prevede che il contributo si versi solo “nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all’Aspi”. Il contributo è dovuto per il licenziamento di dipendenti con contratto a tempo indeterminato, compresa la cessazione di apprendisti (in quanto a tempo indeterminato) compreso il recesso al termine del periodo formativo.La norma prevede invece l’esclusione per: - dimissioni (anche di apprendisti); - lavoratori a tempo determinato assunti in sostituzione; - nei casi di licenziamento collettivo; - quando sia stato versato il contributo di ingresso per la mobilità; - contratti di collaborazione; - nei casi di licenziamento conseguente a cambio d’appalto con assunzione da parte di altra impresa, quando sia prevista dal CCNL una clausola sociale che garantisca la continuità occupazionale; - nei casi di licenziamento nel settore delle costruzioni edili per il completamento delle attività di chiusura del cantiere. Nel caso prospettato, con la formale cessazione del rapporto di lavoro a chiamata e la contestuale riassunzione con la diversa qualificazione descritta, a tempo parziale indeterminato, non interviene un alcun periodo di disoccupazione che dia diritto all’ASpl. Pertanto, a mio parere, posso presupporre che il contributo non sia dovuto in quanto tale onere dovrebbe essere assolto solo se il rapporto di lavoro fosse stato interrotto per una delle causali che danno diritto a percepire l’indennità. Al momento anche la circolare Inps rimanda a future determinazioni: “In merito ai criteri di determinazione del contributo e alle modalità di versamento si fa riserva di successive indicazioni”. pag. 25 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 quesiti Fondi assistenza sanitaria integrativa, è obbligatorio aderirvi? quesito Vorrei un vostro parere sull’obbligatorietà, o meno, dei fondi per l’assistenza sanitaria integrativa (esempio: METASALUTE, SAN.ARTI). Dalla lettura delle circolari del Ministero del Lavoro, sarebbero obbligatori per le aziende che aderiscono alle Associazioni firmatarie degli accordi istitutivi. Il rilascio del DURC ne sarebbe compromesso? Il dipendente, potrebbe proporre rivendicazioni al Datore di lavoro per la mancata istituzione? Questo sia che ci sia l’adesione ad una associazione sindacale che nel caso contratrio? Soluzione proposta. Secondo me nel caso in cui il datore di lavoro non voglia aumentare il costo del lavoro non è obbligato ad aderirvi. Risposta Esperto: Roberto Sartore Il tema che proponi è stato lungamente trattato in categoria, vale solo la pena ricordare come la bilateralità attuale sia molto diversa da quella vista in tempi passati anche solo per il fatto che vari governi del Paese hanno voluto richiedere alla bilateralità, soprattutto quella che attiene all’intervento sanitario, una veste di “sussidiarietà” volta a scaricare sulle parti sociali oneri che lo Stato stesso ha sempre più difficoltà a sostenere. Per entrare nel merito delle tue richieste, giusto per stare nella stretta attualità , ti cito la circolare SAN. ARTI n. 3/2013 del 1 marzo 2013 dove: al punto 1.1 – Obbligo contributivo:“visto l’accordo sottoscritto dalle parti sociali costituenti il Fondo in data 28 febbraio 2013, la mancata contribuzione al Fondo SAN. ARTI, determina l’obbligo per il datore di lavoro (che non sia iscritto) di erogare un importo forfettario, che dovrà essere chiaramente indicato busta paga sotto la voce “Elemento Aggiuntivo della Retribuzione”, pari a 25 euro lordi mensili per tredici mensilità, così come previsto dagli articoli “Diritto alle Prestazioni della Bilateralità” ed “Assistenza Sanitaria integrativa” dei CCNL di cui all’art. 7 del regolamento del Fondo. Naturalmente questo esaurisce la prima parte del quesito posto sino al “Durc”. Per quanto attiene al dipendente, uso le parole della seconda parte del punto 1.1 della citata circolare che riassume quello che da tempo affermiamo: Le prestazioni erogate da SAN.ARTI, costituiscono inoltre un diritto soggettivo di matrice contrattuale dei lavoratori e pertanto l’Azienda che ometta il versamento della contribuzione al Fondo è altresì responsabile verso i lavoratori non iscritti della perdita delle relative prestazioni sanitarie, fatto salvo il risarcimento del maggior danno subito. Alla luce di quanto espresso, pur salvaguardando la libertà prevista dall’art. 39 della Costituzione non ti sfuggirà, quale Consulente del Lavoro, che applicare la bilateralità anziché erogare i 25 euro: in primis porta in prospettiva un vantaggio al lavoratore che con i 25 euro non riuscirebbe certo ad ottenere sul mercato quello che la mutualità gli permette, ma soprattutto consente all’Azienda, che versa quanto previsto dalla Bilateralità, un risparmio contributivo e soprattutto non la espone a ulteriori richieste da parte del lavoratore. pag. 26 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 EVENTI varese - 30 settembre 2013 VARESE - 4 ottobre 2013 Decreto Lavoro Flessibilità nel mercato del lavoro (aggiornata agli ultimi interventi normativi) convegno organizza: Ancl - UP Varese e Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Varese tema: Decreto Lavoro data: lunedì 30 settembre 2013 dalle ore 9,00 alle ore 13,00 sede: Centro Congressi Ville Ponti – Villa Napoleonica– Sala E – Piazza Litta, 2 – Varese convegno organizza: Ancl - UP Varese e Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Varese, con la partecipazione di Eurointerim spa tema: Flessibilità nel mercato del lavoro (aggiornata agli ultimi interventi normativi) data: venerdì 4 ottobre 2013 dalle ore 8,30 alle 13,30 sede: Malpensafiere – porta B – Sala Ferrario – Via XI Settembre – Busto Arsizio (VA) MILANO - 10 ottobre 2013 MILANO - 14 ottobre 2013 Gestione dell’assenteismo e misure di contrasto Il rapporto di lavoro nell’ambito delle società cooperative corso organizza: Ancl - UP Milano e Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano tema: Gestione dell’assenteismo e misure di contrasto data: giovedì 10 ottobre 2013 dalle ore 14,00 alle ore 18,00 sede: Aula Multimediale - Istituto Salesiani – via Tonale 19 Milano corso MILANO - 18 ottobre 2013 MILANO - 24 ottobre 2013 L’infortunio e la malattia professionale: i presupposti giuridici e gli adempimenti Enti pubblici non economici: aspetti gestionali e contrattuali corso organizza: Ancl - UP Milano e Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano tema: L’infortunio e la malattia professionale: i presupposti giuridici e gli adempimenti data: venerdì 18 ottobre 2013 dalle ore 14,00 alle ore 18,00 sede: Aula Multimediale - Istituto Salesiani – via Tonale 19 Milano organizza: Ancl - UP Milano e Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano tema: Il rapporto di lavoro nell’ambito delle società cooperative data: lunedì 14 ottobre 2013 dalle ore 14,00 alle ore 18,00 sede: Aula Multimediale - Istituto Salesiani – via Tonale 19 Milano corso organizza: Ancl - UP Milano e Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano tema: Enti pubblici non economici: aspetti gestionali e contrattuali - cenni sulla privatizzazione del pubblico impiego data: giovedì 24 ottobre 2013 dalle ore 14,00 alle ore 18,00 sede: Aula Multimediale - Istituto Salesiani – via Tonale 19 Milano pag. 27 - Edizione del 26 settembre - n. 80 - XV del 2013 CHI SIAMO Dirigenti e sedi Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Sindacato Unitario UFFICIO DI PRESIDENZA NAZIONALE Da chi è composto l’Ufficio di presidenza Presidente Nazionale Francesco Longobardi Vice Presidente Nazionale Vicario Stefano Sassara Segretario Tesoriere Luca Bonati Segretario Amministrativo Romana Bettoni Coordinatore del Centro Studi Professionale Paola Diana Onder Componenti Claudio Faggiotto, Manuela Maffiotti, Roberto Morini, Guido Sciacca CONSIGLIO NAZIONALE SINDACI REVISORI Da chi è composto il Consiglio Giammaria Monticelli, Renato Boscutti, Luigi Sabatini CONSIGLIO NAZIONALE PROBIVIRI Da chi è composto il Consiglio Rossano Zanella, Filippo Continisio, Luciano Ognissanti CONSIGLIO NAZIONALE Da chi è composto il Consiglio Consiglieri di estrazione congressuale Walter Agostini, Mario Alborno, Mario Annaro, Omar Barella, Giovanni Besio, Romana Bettoni, Paolo Biscarini, Francesco Blasini, Luca Bonati, Bruno Bravi, Luciana Bruno, Maurizio Buonocore, Biancamaria Burali, Stefano Camassa, Stella Crimi, Nestore D’Alessandro, Laura Della Rosa, Roberto Entilli, Claudio Faggiotto, Vittorina Faoro, Nicola Filippi, Carlo Flagella, Giovanna Formentin, Annarita Formicola, Debora Furlan, Massimiliano Gerardi, Antonietta Giacomin, Zeno Giarola, Daniele Girini, Mariano Giunta, Alfonso Izzo, Manuela Maffiotti, Livio Masi, Domenico Monaco, Dario Montanaro, Roberto Morini, Piervittorio Morsiani, Loredana Nicoli, Paola Diana Onder, Marco Operti, Leonardo Pascazio, Roberto Pasquini, Valeria Rama, Alessandro Rota Porta, Alberto Saitta, Antonio Saporito, Roberto Sartore, Stefano Sassara, Guido Sciacca, Stefania Scoglio, Roberta Sighinolfi, Antonella Spalletti, Giuseppe Trovato, Massimiliano Umbaldo, Enrico Vannicola. Ex presidenti ed ex segretari generali nazionali - consiglieri nazionali di diritto Giancarlo Bottaro, Roberto De Lorenzis, Franco Dolli, Giuseppe Innocenti, Gabriella Perini, Benito Pesenato PRESIDENTI CONSIGLI REGIONALI ANCL I presidenti dei Consigli Regionali dell’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Pasquale Arteritano (Campobasso), Crocifisso Baldari (Puglia), Elisabetta Battistella (Bolzano), Alessandro Bonzio (Veneto), Filippo Carrozzo (Piemonte), Maria Paola Cogotti (Sardegna), Paolo Dressi (Friuli Venezia Giulia), Luca Fedeli (Toscana), Luca Follatello (Lombardia), Gianni Giacobelli (Marche), Anna Maria Granata (Campania), Giacomo Greco (Aosta), Francesca Antonia Laganà (Calabria), Giovanna Manca (Basilicata), Claudia Paoli (Umbria), Fabiano Paoli (Trento), Andrea Parlagreco (Lazio), Luca Piscaglia (Emilia Romagna), Elisabetta Plevano (Abruzzo), Luigi Schenone (Liguria), Stefania Scoglio (Sicilia).