1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL’EUROPA. RADICI CULTURALI E POLITICA INTERNAZIONALE XVII CICLO “VRIJGEESTEN” [SPIRITI LIBERI] NELL’OLANDA SPINOZIANA. UN TRATTO DI STORIA DELLA CULTURA EUROPEA DELLA TOLLERANZA Dottoranda Federica Grassi Coordinatore Prof. Paolo Simoncelli ANNO ACCADEMICO 2003-2004 2 Al mio Professore di Nederlandese, Jan Hendrik Meter I 3 NDICE Capitolo I 1.1 Adriaan e Jan Koerbagh: gli anni universitari ad Utrecht e Leiden 1.2 I collegianti ………………………… p.1 ……………………………………………………….. p.9 Capitolo II 2.1 La diffusione del socinianesimo nell’Uione delle Sette Province …. p.21 2.2 La circolazione dei libri sociniani ………………………………….. p.29 2.3 Il collegio di Amsterdam …………………………………………… p.41 Capitolo III 3.1 Il Circolo di Spinosa e ‘t Nieuwe Woorden-boek der Regten ............. p.50 3.2 Il Bloemhof …………………………………………………………. p.55 Capitolo IV 4.1 La posizione politico-rrligiosa di Adriaan Koerbagh ……………….. p.71 4.2 L’abuso delle parole ………………………………………………… p.80 4.3 4 L’interpretazione della Bibbia ………………………………………. p.88 Capitolo V 5.1 Jan e Adriaan Koerbagh dinanzi al Concistoro di Amsterdam ……… p.100 5.2 La situazione politica di Amsterdam ………………………………… p.107 5.3 Jan Koerbagh dinanzi al Concistoro per la seconda volta …………… p.113 Capitolo VI 6.1 Een Ligt schynende in duystere plaatsen ............................................ p.116 6.2 Il processo …………………………………………………………… p.128 6.3 Epilogo ……………………………………………………………… p.138 Appendice …………………………………………………………….. I Bibliografia …………………………………………………………… p.1 1 Capitolo I 1.1 Adriaan e Jan Koerbagh: gli anni universitari ad Utrecht e Leiden. Il 15 ottobre del 1669 ad Amsterdam, un galletto nero1 si posò su una bara che usciva dal Rasphuis2. Era quella di Adriaan Koerbagh: medico e giurista di 37 anni che un anno prima aveva suscitato scandalo con la pubblicazione di un Dizionario sui termini stranieri entrati in uso nella lingua nederlandese, dal titolo: Een bloemhof van allerley lieflijkheyd sonder verdriet geplant (Un giardino pieno di dolcezze piantate senza dolore). Esponente di quello che oggi viene definito da Jonathan Israel3, il pensiero radicale del primo illuminismo, Koerbagh era anche intimo amico di Baruch Spinoza. A tutt’oggi esistono ancora pochi studi su Adriaan Koerbagh e sui rapporti che ebbe con il circolo di intellettuali che ruotava attorno a Spinoza, pur avendo subìto un processo per blasfemia, insieme al fratello Jan e, soprattutto, essendo stato una delle tre sole vittime delle pressioni 1 Il primo a citare l’episodio del galletto nero (Pik-zwarte haan) volato sulla bara di Adriaan Koerbagh è Willem Goeree nel suo libro Kerklyke en Wereldlyke Historien del 1705. A pagina 665 scrive: “Want zijn dood Lijk zullende gravewaards gedragen worden; vloog bij toeval onder ’t henen gaan, een Pik-zwarte haan op de kist, die er lang op bleef zitten, zonder dat ze met dreygen, goojen en weuwen met de Hoeden, dat was af te jagen; gelykhonderden van mensen gezien hebben en elk er zyn beduyding over maakte”. L’episodio è riportato anche in: Ewoud Sanders, Woorden van de duivel: een bloemlezing uit het enige verboden nederlandse woordenboek, De Bijenkorf, 1993, p. 7. Archief voor nederlandsche kerkgeschiedinis, onder de redactie van J.G.R. Acquoy, H.C. Rogge, Aem.W. Wybrands., I parte, ’s-Gravenhage, M. Nijhoff 1885, a pag 53 in un articolo a cura di Aem.W. Wybrands. S.B.J. Zilverberg, Dissidenten in de gouden eeuw, ten Brink bv, Meppel 1971, p. 85. 2 Una prigione della città in cui i detenuti erano sottoposti ai lavori forzati. Secondo S.B.J. Zilverberg, Adriaan fu prima imprigionato nel Rasphuis che si trovava a Heiligeweg, una traversa del Singel e dopo un po’ di tempo, fu condotto al Willige Rasphuis in Kattenburg dove morì (cfr. S.B.J. Zilverberg, Dissidenten, cit. p. 84). La rivista De Navorscher, nomina solo il Willige Rasphuis affermando che si trovava nei pressi dello Schippersgracht (cfr. De Navorscher, onder de bestuur van P. Leendertz. Wz., Amsterdam 1877, bij J.C. Loman Jr., pag 489). 3 J. I. Israel, Radical Enlightenment, philosophy and the making of modernity 1650-1750, Oxford 2001. 2 esercitate dalla chiesa calvinista di Amsterdam sul governo olandese, tra il 1660 e il 1710. In tutti e tre i casi, si trattò di autori che erano stati influenzati dal pensiero di Spinoza e che avevano scritto le loro opere in nederlandese: Hendrik Wyermars, Aert Wolsgreyn e Adriaan Koerbagh4. Il primo storico che toglie la polvere dei secoli dalla vicenda dei fratelli Koerbagh pubblicando ampi stralci degli atti del processo da loro subìto, è K. O. Meinsma con il libro Spinoza en zijn kring, over Hollandse Vrijgeesten, edito nel 18965. Già a Meinsma appariva assai strano che nessuno studio fosse stato condotto sulla vita di Koerbagh6, che pure era stato significativamente citato nell’opera di Willem Goeree, Kerklyke en Wereldlyke Historien, pubblicata nel 1705 ad Amsterdam7, e che aveva fornito indicazioni su Spinoza e sul suo maestro, “il gesuita in declino”8 Franciscus van den Enden. Ancora nel Settecento, è il Grosses Vollstandige Universal Lexicon a documentare l’esistenza di Koerbagh. L’opera, in 64 volumi, pubblicata da Johann Heinrich Zedler a Leipzig e Halle tra il 1732 e il 1750, riporta, oltre la voce “Spinoza”, anche una lista di “spinozisti” e un’altra con l’elenco di quanti erano considerati fortemente influenzati dalle idee del filosofo olandese. Adriaan Koerbagh naturalmente rientrava nella prima lista, assieme a Toland, Boulainvilliers e altri. I “settari” nederlandesi, come li definisce G. C. Van Niftrik in un articolo del 1962, che vennero dipinti come “Spinozisti”, non erano in realtà un gruppetto isolato, una singolarità di una provincia del Nord, ma 4 I. Weekhout, Boekcensuur in de Noordelijke Nederlanden. De vrijheid van drukpers in de XVIIe eeuw. Sdu uitgevers, Den Haag 1998, p. 104. H. Vandenbossche, Adriaan Koerbagh en Spinoza, Mededelingen XXXIX vanwege het Spinozahuis, Leiden, E.J. Brill, 1978, p. 4. 5 Vedi G. van Suchtelen, K.O. Meinsma en de kring van Spinoza, in Tijdschrift voor de studie van de Verlichting en van het vrijdenken, 13, Vrije Universiteit Brussel, 1985. 6 Vedi la prefazione a p. XV. 7 A pagina 665, Willem Goeree, parlando della vita di Spinoza e del suo maestro van den Enden dice che anche il medico: “Coerbach door verkering met die man (cioè Spinoza), niet veel goeds uit zijn vergiftige Prammen gezogen; gelyk gebleken is, in al die lasterlyke loopjes, met welke hij zijn Woorden-Boek of Stinkenden Bloem-hof, door meuijerd heeft: en ten laasten in zijn Lykstaatzie, een koddige naspraak onder ‘t gemeene Volk liet.” 8 L’epiteto fu coniato da Willem Goeree, cit., p. 665. 3 erano considerati portatori di una forma di consapevolezza religiosa che ebbe grande influenza nell’Europa occidentale della seconda metà del XVII secolo9. La famiglia Koerbagh, verosimilmente di provenienza tedesca10, era originaria di Bergen op Zoom ma si trasferì molto presto ad Amsterdam11, dove il padre, Hans, commerciava in manifatture. Adriaan nasce nel 1632. La madre, l’ostetrica Trijntje Claes Roch, ebbe altri due figli: Lucia e Jan, quest’ultimo di due anni più giovane di Adriaan. Nel 1644 il padre muore, lasciando però la famiglia in condizioni economiche tali da permettere ai due fratelli di studiare senza doversi preoccupare di lavorare. Adriaan ha come tutore Lambert Rijnst, futuro burgemeester (sindaco con funzioni amministrative) e Schout (capo della polizia) di Amsterdam12. Nel settembre del 1653, Adriaan e Jan si iscrivono alla Facoltà di filosofia dell’Univesità di Utrecht13. Agli inizi degli anni Cinquanta, le Università di Leiden e di Utrecht non avevano ancora preso una posizione definitiva rispetto alla diffusione del cartesianesimo: a Utrecht, Lambert van Velthuysen, un eminente cartesiano del Consiglio comunale, sosteneva che fosse lecito insegnare la dottrina del filosofo francese, mentre il professore di teologia Gijsbert Voetius era convinto che questa fosse contraria alla religione, alla filosofia e alla scienza14. Già nel 1639, Voetius aveva organizzato a Utrecht una serie di discussioni teologiche che avevano avuto come argomento l’ateismo, distinto in “ateismo diretto” e “ateismo 9 G.C. Niftrik, Spinoza en de sectariers van zijn tijd, Mededeling XVIII vanwege het Spinozahuis, Leiden 1962, p. 5. 10 Nieuw Nederlandsch Biografisch Woordenboek, 7, Leiden 1927, p. 719. M. Francès, Spinoza dans les Pays Néerlandais de la seconde moitié du XVIIe siècle, Paris Librairie Félix Alcan 1937, p. 61. 11 J. I. Israel, Radical, cit., p. 185. 12 H. Vandenbossche, Adriaan Koerbagh, cit., p.1. 13 Ivi. 14 J.I. Israel, The dutch Republic, its rise, greatness and fall, 1477-1806, Clarendon press, Oxford 1995, p.891. 4 celato”, di cui Vanini e Descartes erano, secondo lui, i massimi paradigmi15. La scuola di Voetius sosteneva che il cartesianesimo, proprio perché basato sulla pratica del dubbio, potesse condurre ad una forma di celato ateismo e, per questo, spinse il Senato accademico a bandire tale dottrina dall’Università senza riuscire però ad impedirne la diffusione. Il risultato di questa politica fu una discrepanza tra quella che era la posizione accademica ufficiale e ciò che realmente avveniva nelle aule16. L’approccio scettico dei cartesiani verso i miracoli e la considerazione che la Bibbia non potesse essere presa alla lettera era ciò che i voetiani criticavano e che invece stabilì il legame tra il cartesianesimo e la teologia di Johannes Cocceius, professore a Leiden sin dal 1650 e sostenitore di un’interpretazione biblica non letterale e legata al contesto storico17. La diatriba teologica tra l’ala conservatrice, guidata da Voetius, e quella liberale di Cocceius, all’interno della chiesa riformata, si intrecciò con le istanze della nuova filosofia di Cartesio e diede vita a degli schieramenti precisi in politica, nelle scienze e nella filosofia18. La tradizionale contrapposizione tra le Università di Utrecht e Leiden, che già aveva animato le Province all’inizio del secolo con lo scontro tra Arminiani e Gomaristi, risoltosi nei formulari del Sinodo di Dordrecht, si riproponeva, quaranta anni dopo, nel contrasto tra Cocceiani e Voetiani19. Ancora una volta, la chiesa olandese si trovava ad essere divisa in due fazioni, in due diversi modi di interpretare i precetti divini20. 15 A.J Vanderjagt, Renè Descartes et Martin Schoock: “La querelle d’Utrecht”. Textes établis, traduits et annotés par T. Verbeek, Algemeene nederlands tijdschrift voor wijsbegeerte, 82, 1, 1990, p. 30-31. 16 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 889-890. 17 Ivi, p. 892. 18 J.I.Israel, Radical, cit., p. 25. 19 J.I. Israel, The dutch, cit.,p. 664. 20 E. van der Wall, Orthodoxy and scepticism, cit, p. 123- 124. 5 Quella che era cominciata come una disputa tra Voetius e Cartesio, si estese, negli anni cinquanta, a conflitto nazionale tra i membri stessi della chiesa riformata a tutti i livelli, grazie anche alla gran quantità di pamphlet pubblicati in nederlandese sulla questione21. Nel 1656, i fratelli Koerbagh si trasferiscono dunque all’Università di Leiden: Adriaan si laurea nel 1659 in medicina con il cartesiano Sylvius De la Boe22 e il 13 aprile del 1661 in legge, con una tesi dal titolo: Disputatio Juridica Inauguralis, de querela in officiosi testamenti et legitima23. Lo scontro tra la posizione di Cocceius, all’Università di Leiden, e quella di Voetius, a Utrecht, si traduceva in quegli anni, nella polemica sul concetto di “accomodamento”, relativo all’esegesi scritturale. Nel 1651 infatti fu pubblicato ad Utrecht un trattato scritto intorno agli anni quaranta del secolo scorso da Georg Joachim Rheticus, allievo di Copernico24. Rheticus sosteneva che in molti punti la Bibbia era stata scritta in modo da non essere comprensibile all’intelletto umano e che quindi sarebbe stato un errore accogliere l’interpretazione letterale del testo. La pubblicazione del trattato di Rheticus, sicuramente voluta da qualche cartesiano locale25, gettò nuova legna sul fuoco dello scontro con i sostenitori di Voetius che invece erano per un’interpretazione letterale del testo sacro. La campagna anti-cartesiana, portata avanti dai Voetiani, era contrastata dall’azione sempre più esplicita di alcuni professori che, con le loro lezioni, portavano dalla parte di Cartesio molti studenti. La situazione di tensione, tra l’ala conservatrice e quella liberale della 21 Ivi, p. 125. H. Vandenbossche, Adriaan Koerbagh, cit., p.1. 23 P. C. Molhuysen, Bronnen tot de geschiedenis der leidsche Univerisiteit, derde deel, ’s-Gravenhage, 1918, p. 294. Sulla tesi, c’è la dedica a Lambert Reijnst “Olim curator suo”. 24 W. Van Bunge, From Stevin to Spinoza, an essay on philosophy in the seventh-century dutch Republic, Leiden, Brill 2001, p. 50 e A. Fantoli, Galileo, per il copernicanesimo e per la chiesa, Specola vaticana, 1993, p. 26. Sull’argomento, vedi anche R. Vermij, The calvinist copernicans: the reception of the new astronomy in the dutch Republic, 1575-1750, Amsterdam 2002. 25 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 890. 22 6 chiesa riformata, divenne evidente anche a Utrecht quando, proprio nell’anno di pubblicazione del trattato di Rheticus, la composizione del Consiglio comunale cambiò a sfavore degli orangisti, alleati dei voetiani, come, ad inizio secolo, lo erano stati dei gomaristi26. Lo spostamento dell’equilibrio politico incoraggiò alcuni professori a venire allo scoperto. Henricus Regius, docente di medicina all’Università dei Utrecht, emerse come sostenitore del metodo di Cartesio applicato alla scienza e a Leiden, uno dei tre professori di teologia dell’Università, Abraham Heidanus, si schierò apertamente a sostegno del cartesianesimo27. Il livello di tensione tra le due posizioni crebbe al punto da provocare l’intervento degli Stati d’Olanda che, grazie al Gran Pensionario Johan De Witt, riuscirono ad evitare il bando della filosofia cartesiana dalle Università della Provincia e a “prevenire abusi nella libertà di filosofare a detrimento della vera teologia e della Sacra Scrittura”28. Questo compromesso dell’ottobre del 1656, sebbene sollevasse le obiezioni dei Voetiani, mostrava in realtà un grado elevato di considerazione delle loro istanze e, separando la teologia dalla filosofia, preservava un nucleo significativo di “libertas philosophandi” per i cartesiani 29. Intanto nel 1660, Jan Koerbagh si laureava in teologia30, giurando sul credo Calvinista e il Catechismo di Heidelberg31. È probabile che proprio verso la fine degli anni ’50, i due fratelli abbiano cominciato a frequentare il circolo amsterdamense di Franciscus van 26 Ivi, p. 890. Ivi, cit., p. 890. 28 Verbeek T., From learned ignorance to Scepticism. Descartes and Calvinist Orthodoxy, in R.H. Popkin e A.J. Vanderjagt, Scepticism and irreligion in the 17th and 18th centuries, Leiden 1993, p. 36. 29 J.I. Israel, Radical, p. 28. 30 P.C. Molhuysen, Bronnen, cit., p. 293. 31 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 289. 27 7 den Enden, di cui facevano parte anche Lodewijk Meyer32, Abraham van Berckel e Johannes Bouwmeester, tutti iscritti, in quegli anni all’Università di Leiden33. Come si legge nel diario di Olaus Borch, un erudito danese che tra il 1661 e il 1662 visitò l’Olanda, van den Enden era un cartesiano e un ateista “che non credeva nella natura divina di Gesù”34. Nella sua opera principale, Vrye Politijke Stellingen (Libere istituzioni politiche), pubblicata nel 1665, van den Enden non si concentra in un’analisi sistematica dell’istituzione monarchica (come faranno invece i fratelli Pieter e Johannes De La Court35 per perorare la causa repubblicana) ma, dando per scontato la perversità e l’arbitrarietà di un tale sistema, egli focalizza la sua attenzione sulla riforma dell’educazione e l’avanzamento dell’uguaglianza attraverso l’illuminazione del popolo. Nella sua idea di riforma, van den Enden insiste sulla necessità di togliere dalle mani dei cosiddetti “esperti”, tutte quelle aree del sapere che essi proteggono con una terminologia astrusa e con l’uso del latino per escludere dalla conoscenza tutti coloro che non sanno destreggiarsi tra questi strumenti36 così da assicurarsi il controllo esclusivo del Sapere per loro personale vantaggio e potere. Il suo obiettivo, e la sua utopia, era garantire l’accesso alla conoscenza al 32 Vedi B.P.M. Dongelmans, Nil volentibus arduum: documenten en bronnen. Voorzien van een inleiding, commentaar en een lijstvan N.V.A, drukken door Dongelmans, Hes, Utrecht 1982; G. van Suchtelen, Nil volentibus arduum: les amis de Spinoza au travail, in Studia spinozana, 3, 1987; R. Bordoli, Ragione e scrittura tra Descartes e Spinoza: saggio sulla Philosophia S.Scripturae Interpres di Lodewijk Meyer e sulle sua ricezione, F. Angeli, Milano 1997; R. Bordoli, Etica, arte e scienza tra Descartes e Spinoza: Lodewijk Meyer (1629-1681) e l’associazione Nil volentibus arduum, F. Angeli, Mlano 2001. 33 Il 19 marzo del 1660, L. Meyer si laurea con una tesi dal titolo De materia eiusque affectionibus, motu et quiete , P.C. Molhuysen, Bronnen, cit., p. 292. 34 W. Klever, Spinoza and Van den Enden in Borch’s diary in 1661 and 1662, Studia spinozana, V, 1989, p. 318-19. 35 Vedi il capitolo 4 della tesi. 36 A voler esser curiosi, sulla questione della assoluta incomprensibilità del linguaggio parlato e scritto dai tecnici, si può confrontare anche un articolo di Italo Calvino apparso sul quotidiano “Il Giorno” il 3 febbraio 1965 dal titolo “L’antilingua” che si inserisce nel dibattito aperto da Pier Paolo Pasolini sul nuovo italiano “tecnologico”. “Caratteristica principale dell’antilingua – scrive Calvino – è il terrore semantico, cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stesso un significato, come se “fiasco”, “stufa”, “carbone”, fossero parole oscene […]. Nell’antilingua, i significati sono costantemente allontanati, relegati in fondo ad una prospettiva di vocaboli che di per se stessi non vogliono dire niente”. Vedi: Italo Calvino, Una pietra sopra, Oscar Mondadori, Milano 1995, p. 150. 8 pubblico più ampio, trasmettendola attraverso un linguaggio semplice e comprensibile, considerando l’illuminazione del popolo, il fondamento della libertà repubblicana37. Van den Enden aveva messo su, nella sua casa sul Singel, uno dei grandi canali concentrici di Amsterdam, una scuola di latino e di altre discipline umanistiche che preparava agli studi universitari38. Anche Spinoza frequentava le lezioni di latino di van den Enden e con tutta probabilità i due si conobbero tra il 1654 e il 165539. E’ ipotizzabile, considerando la compatibilità di idee, che proprio van den Enden sia stato il contatto tra Spinoza, Pieter Balling, Jarig Jelles, Simon Joosten de Vries e Jan Rieuwerts, cioè gli eruditi che, alla fine degli anni cinquanta sarebbero diventati assidui del circolo del filosofo olandese40, ne avrebbero condiviso le idee e curato l’edizione postuma delle sue opere41. Tra questi, come fa notare Adriaan Beverland, c’era anche Koerbagh: “ (Parlando di Esdra, dei rabini, degli scribi e dei Farisei) Quibus scrupoli minime fides nostra labefactur, quasi Pentateuchus multis post Mosen seculis ab auruspice quodam fictus videretur, ut cum Hobbesio suo impie ratiocinatur Ceurbachii commilito & Iohannis vanden Eynde discipulis, bis terve notatus ille Spinoza”42. 1.2 I collegianti 37 J. I. Israel, Radical, p. 176-77. S. Nadler, Baruch Spinoza e l’Olanda del seicento, Einaudi, Torino 2002, p. 114. 39 Ivi, p. 118. 40 Ivi, p. 118. K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 124. 41 Jarig Jelles scrisse la prefazione (Voorreeden) ai Nagelate Schriften di Spinoza pubblicati nel 1677 ad Amsterdam con il titolo “Opera Posthuma”. Cfr. F. Akkerman, Studies in the Posthumus Works of Spinoza, Groningen 1980, cap. VI. 42 A. Beverland, De Peccato originali, Ex typographeio M.DC.LXXIX, Leiden, p. 110. 38 9 Non era affatto infrequente, a quell’epoca, che gruppi di liberi pensatori, si riunissero in cosiddetti “collegi”, per discutere e commentare passi della Bibbia. In Olanda, collegi di protestanti eterodossi cominciarono a formarsi subito dopo i decreti del sinodo di Dordrecht (13 novembre 1618- 9 maggio 1619)43, sede della vincente rivoluzione calvinista dei controrimostranti che alterò la bilancia politica nella Repubblica, facendo della chiesa riformata olandese un bastione dell’ortodossia calvinista44. Il Sinodo fu la sede di una sistemazione dottrinale interna al calvinismo olandese. La diatriba religiosa era scoppiata nel 1604 quando il professore di teologia dell’Università di Leiden, Jacobus Arminus (1560-1609) iniziò con il suo collega, Franciscus Gomarus (1563-1641) una polemica sulla dottrina calvinista della predestinazione. Secondo Gomarus, la salvezza dell’uomo è opera esclusiva della Grazia di Dio, decisa già al tempo della creazione. Per Arminio invece, l’uomo era libero di scegliere se accettare o meno la Grazia di Dio e la salvezza. Nel 1610, quarantaquattro arminiani presentarono una rimostranza agli Stati d’Olanda che definiva la loro posizione dottrinale e chiedeva un Sinodo nazionale. I gomaristi opposero una controrimostranza45. La classe dei reggenti non aveva simpatie per la dottrina sostenuta da Gomarus, soprattutto perché il teologo non riconosceva all’autorità civile il diritto di occuparsi di questioni ecclesiastiche e accusava la politica di Oldenbarneveld di intromissioni nonché di aver messo in pericolo la sicurezza delle Province con la firma della tregua con la Spagna46. 43 Actes du Synode National, Teni à Dordrecht, l’an MDCXIIX & XIX. Ensemble les Jugemens tant des théologiens estrangers que de ceux des Provinces Unies des Pais Bas, Mis en francois par Richard Jean de Nerée, 4 voll, Isaac Elsevier, Leiden 1624. 44 La 137esima seduta del Sinodo di Dordrecht condannò gli arminiani come eretici, disseminatori di false dottrine e perturbatori della pace della chiesa e dello Stato. Cfr. J.I. Israel, The dutch, cit., pp. 460-465. Vedi anche H. Kaajan, De groote synode van Dordrecht in 1618-1619, De Standard, Amsterdam 1918; H.C. Rogge, Beschrijvende catalogus der pamfletten-verzameling van de boekerij der Remostrantsche Kerk te Amsterdam, J.H. Scheltema, Amsterdam 1862-1865, 5 voll. 45 W. Van Bunge, From Stevin to Spinoza, cit., p.18-19. 46 J.I.Israel, The dutch, cit., p. 423. 10 Nel 1611, Oldenbarneveld sceglie per la cattedra di teologia di Leiden, rimasta scoperta dopo la morte nel 1609 di Arminio, il teologo tedesco Conraad Vorstius che, con i suoi scritti, aveva influenzato molto il suo predecessore ma era anche riuscito a farsi attribuire l’etichetta di sociniano47. Le proteste dei teologi controrimostranti per la nomina di Vorstius furono così clamorose che la questione della chiesa olandese oltrepassò i confini delle Sette Province e provocò la reazione di Giacomo I di Inghilterra, il quale considerava Vorstius alla stregua di un eretico48. I controrimostranti definivano la politica degli Stati d’Olanda fallimentare nel proteggere l’ortodossia della chiesa nazionale e invocavano l’aiuto inglese49. Il Pensionario di Rotterdam, Ugo Grozio (Hugo de Groot), fu spedito a Londra per tranquillizzare il re sullo stato di apparente anarchia religiosa nelle Province50. Ma né Grotius né Oldenbarneveld furono in grado di riportare stabilità e unità all’interno dello Stato e i disordini nelle città aumentarono fino a quando divenne inevitabile la convocazione di un sinodo nazionale per risolvere la controversia tra Arminiani e Gomaristi. Nel frattempo, una risoluzione segreta degli Stati Generali autorizzava il principe Maurizio d’Orange, che solo l’anno prima aveva mostrato apertamente le sue simpatie gomariste51, ad arrestare Oldenbarneveld e Grotius, colpevoli di azioni sovversive contro l’Unione delle Sette Province52. Nei confronti degli arminiani, cominciarono le epurazioni. Il 3 luglio del 1619, subito dopo la chiusura del sinodo, un’ordinanza degli Stati Generali proibiva le riunioni e le prediche dei 47 Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 57-59. J.I. Israel, The dutch, cit., p. 428. 49 S.Lubbertus, Brief D. Sibrandi Lubberti…aenden Aertsbisschop van Cantelberch, Delft 1613, p. 6. 50 J.I.Israel, The dutch, cit., p. 430. 51 Ivi, p. 423. 52 Ivi, cap 19. 48 11 rimostranti53 e due giorni dopo veniva emessa la sentenza di esilio dei circa trecento predicatori arminiani54. Quattro giorni dopo, in un frutteto nei pressi della cittadina di Warmond, si teneva il primo collegio di questi profughi della chiesa calvinista55, mentre il 4 ottobre ad Antwerpen, Episcopius, Uytenbogaert e altri fuggiaschi si riunivano per riorganizzare la chiesa rimostrante e per tornare in patria ai loro posti, sfidando l’ordinanza del 3 luglio56. La formazione dei cosiddetti “collegi” nasceva dalla necessità pratica di alcuni villaggi che, con la cacciata del loro pastore schedato come arminiano, erano rimasti senza nessuno che si occupasse dei servizi religiosi. A Warmond, Christiaan Sopingius aveva operato come pastore ed insegnante sin dal 1612 o 1613, ma si rifiutò, insieme a molti altri, di firmare i decreti del sinodo di Dordrecht e fu sospeso dall’incarico57. Sopingius fu sostituito dal controrimostrante Ambrosius Theunemans ma, per gli arminiani di Warmond rimaneva il problema di come esercitare la loro religione non avendo più un pastore58. L’organizzazione del collegio fu opera dei fratelli van der Kodde, in particolare di Gijsbert, formatisi spiritualmente sugli scritti degli “eretici italiani del cinquecento”: Jacopo Aconcio e Sebastiano Castellione e l’olandese Dirk Volkertszoon Coornhert59. I collegi non erano una novità: la Riforma, con il suo accento sulla conoscenza diretta delle Sacre Scritture, aveva già organizzato questi “collegia prophetica” per formare i nuovi predicatori e per insegnare, 53 J.C. van Slee, De Rijnsburger collegianten, Haarlem 1895, p. 14. Ivi, p. 14-15. 55 Ivi, p. 18. 56 Ivi, p. 37. 57 Ivi, p. 16-17. 58 Ivi, p. 18-19. 59 Ivi, p. 22. 54 12 missione ardua e ardita, l’esatto significato della Bibbia60. “Il vaso di Pandora aperto da Lutero […] era destinato a far sentire a lungo la sua azione, non solo in campo teologico, ma in tutta la sfera della cultura”61. Il rifiuto luterano del magistero della Chiesa, a favore dell’interpretazione delle Sacre Scritture secondo la coscienza del credente fu un punto fermo della rivoluzione del pensiero germogliata dalla Riforma62. Per secoli, soltanto la Chiesa, il Papa e i Concili avevano avuto l’autorità di riconoscere una verità religiosa e “sostenere che queste autorità potevano essere in errore, era come contestare le regole della logica”63. La rottura con l’autorità cattolica però, non mirava all’instaurazione del tollerante individualismo religioso bensì, al dogmatismo di un’altra autorità64. Una volta che il luteranesimo e il calvinismo diventarono anch’essi chiese, l’istanza della libertà di coscienza fu sostenuta da tutti coloro che non si uniformarono al credo delle dottrine istituzionalizzate: i cosiddetti eterodossi o, più semplicemente, gli eretici di tutte le chiese. I collegianti erano un piccolo gruppo di protestanti che da setta spiritualistica e millenaristica, sotto le spinte riformistiche del pensiero radicale olandese e dei profughi sociniani, si portarono gradualmente su posizioni di razionalismo religioso65. Nei primi anni di esistenza furono molto influenzati dal pensiero arminiano e dalle pratiche anabattistiche66; avevano un fermo credo nella Divina Provvidenza e tendenze 60 Il sinodo della chiese olandesi tenuto a Wezel nel 1568 definiva, in alcuni suoi articoli, questi uomini come “profeti” che “correttamente” spiegavano alcuni passi della Bibbia. C. van Slee, De Rijnsburger,cit., p. 30-31. 61 R.H. Popkin, Storia dello scetticismo, Mondatori, Milano 2000, p. 12. 62 A.C. Fix, Prophecy and reason, the dutch collegiants in the early enlightenment, Princeton University press, 1991, p. 10 e 113. 63 R.H. Popkin, Storia dello Scetticismo, cit., p. 11. 64 Ivi, p. 21-22. 65 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 3. 66 Praticavano infatti il re-battesimo o battesimo degli adulti. 13 millenaristiche. La storia di questo gruppo di laici dal 1620 al 1690 è “la storia di un tempestoso viaggio spirituale dalla fede alla ragione”67. Da Antwerpen, sede dei profughi rimostranti, fu inviato a Warmond, come pastore Hendrik van Holten 68. Gijsbert van der Kodde accolse freddamente il suo arrivo, facendogli notare quanto la sua sola presenza potesse mettere in pericolo l’esistenza dell’intera comunità69. Anche i successivi tentativi del predicatore arminiano Paschier de Fijne per convincere Gijsbert van der Kodde ad accettare predicatori rimostranti clandestini nella comunità da lui diretta, furono inutili70. Secondo van der Kodde infatti, era possibile garantire l’educazione religiosa anche senza la presenza di un pastore e che, anzi, il collegio, dando a tutti indistintamente la libertà di parola durante le riunioni, si avvicinava molto alla pratica apostolica dei primi cristiani. La libertà di parola dei credenti in materia religiosa ogni volta che lo Spirito agiva in loro sostituiva, per van der Kodde, il sermone del pastore e allontanava definitivamente i collegianti dalla chiesa rimostrante71. Ciò che era nato da una necessità, assurgeva a principio: un collegio senza predicatori e vincoli ecclesiastici in cui ognuno fosse libero di “predicare”72. Gli incontri, che prima si tenevano presso la casa di van der Kodde, furono spostati in un locale affittato all’uopo dalla comunità dei 67 A.C. Fix, Prophecy and reason, p. 23. Hendrik van Holten era stato predicatore a Weddingsveen. Fu sospeso dal sinodo del sud-Olanda per le sue tendenze rimostranti. Il 13 settembre del 1619 aveva firmato l’atto del silenzio imposto ai predicatori rimostranti ma dopo tre settimane lo aveva ritrattato. 69 J. C. van Slee, De Rijnsburger, cit., p. 38-39. 70 Ivi, p. 44-45. W. J. Kuhler, Het socinianisme in Nederland, cit., p. 145. I rimostranti furono i veri nemici dei collegianti perchè nella loro oggettiva condizione di minoranza nel Paese, non potevano accettare il fatto che, ad aumentare la loro debolezza, fosse proprio un movimento nato dalle loro stesse costole. Cfr. R.B. Evenhuis, Ook dat was Amsterdam, De Kerk der hervorming in de gouden eeuw, W. Ten Have N.V., II, Amsterdam 1967, p. 242. 71 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 38-39. 72 W. Frijhoff e M. Spies, Nederlandse Cultuur in europese context, 1650 Bevochten eendracht, Sdu uitgevers, Den Haag 1999, p. 413. 68 14 collegianti; avevano luogo ogni domenica, dopo la luna nuova, e molti studenti dell’Università di Leiden cominciavano a prendervi parte73. Nel 1621, il collegio fu spostato da van der Kodde a Rijnsburg per sfuggire agli incessanti tentativi di Paschier De Fijne di riunire i collegianti in seno alla chiesa rimostrante74. Si leggevano ad alta voce alcuni capitoli della Bibbia, una preghiera e si discuteva di etica e di filosofia75. Ogni partecipante poteva prendere la parola quando lo Spirito lo guidava nell’interpretazione dei passi della Bibbia letti per aiutare gli altri fratelli a discernere il significato più corretto delle Scritture. L’istituto del “pulpito” come fonte suprema e unica di verità76 e come struttura fisica da cui leggere per tutti il Vangelo, era abolito77. Un libretto del 1685, stampato da alcuni collegianti di Amsterdam, Aanwijsing van de Regte Gronden, spiega quale fosse il regolamento del collegio: all’articolo uno si afferma che “I collegianti sono tutti uguali e non c’è ne uno che sia superiore ad un altro”. L’articolo due dichiara che i collegi sono aperti a tutti e che anche il visitatore occasionale gode gli stessi diritti dei partecipanti abituali all’assemblea78. Dalla necessità della libera espressione del proprio pensiero seguiva per conseguenza l’inutilità della figura del predicatore all’interno della comunità. È stato osservato che il rifiuto della predica e di una struttura ecclesiastica nasceva dalla volontà di non legare la religione e le sue pratiche a istituzioni umane e quindi imperfette che avrebbero potuto 73 J. C. van Slee, De Rijnsburger, cit., p. 45 e 86-87. W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 144. A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 38-39. 75 G. C. Niftrik, Spinoza en de sectariers, cit., p. 14. 76 S. B. J. Zilverberg, Dissidenten, cit., p. 64. 77 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 40. 78 Aawijzing van de REGTE GRONDEN, van het recht der collegianten en van de besorgers van der zelfder Weeshuys tot Amsterdam.Uyt de autentijke stukken, die hier bijgevoegd zijn, met kracht beweezen.Waar in getoond word, dat al de Collegianten over de Collegiplaets, even veel Recht hebben. En dat de besorgers van der selfder Weeshuys, over de Collegieplaets niet een stip meer Recht hebben, als de minste collegiant. Door Adriaan Pietersen Dekker en Pieter de Haan, Meede besorgers van het Collegianten Weeshuys en andere Broederen Collegianten. Gedrukt voor de autheuren 1685, p. 4. 74 15 limitare, con la creazione di una organizzazione, la libertà di ricerca di Dio delle coscienze79. Nel 1630, anno in cui gli arminiani profughi di Dordrecht furono riammessi in patria80, nascevano altri collegi, a Leiden e a Rotterdam, ovunque ci fosse la possibilità di riunirsi, nella speranza di non attirare eccessivamente l’attenzione della Chiesa e un eventuale intervento delle autorità. Dopo il 1640, i collegi erano disseminati su tutto il territorio delle Province Unite81. Molti erano gli studenti di teologia, incuriositi da queste riunioni82. La rapida crescita del movimento, creò naturalmente delle differenze notevoli tra il primo collegiantismo di Rijnsburg, sorto per necessità e sostenuto da uomini semplici, ispirati ai principi del Cristianesimo apostolico, e la fioritura dei collegi, nella seconda metà del XVII secolo. Nei collegi cittadini, a Rotterdam o Amsterdam, le discussioni avevano un tono più alto e il dibattito religioso era spesso basato su idee di una universale riforma del cristianesimo e sulla filosofia razionalistica di Cartesio. Lo Spiritualismo mistico dei primi anni lasciava dunque il posto all’analisi razionale, trovando collegamenti con il cartesianesimo e la filosofia radicale di van den Enden, Lodewijk Meyer e Spinoza83. In tutte le riunioni, l’obiettivo generale era la universale rigenerazione morale della vita del cristiano. I principi di riforma del collegiantismo olandese, sono comuni a tutte le correnti religiose nate dal protestantesimo durante il XVII secolo. Queste sette, questi fuoriusciti della Riforma, questi “figliastri del 79 J. Lindeboom, Geschiedenis van het vrijzinnig protestantisme, I, N. V. Uitgevermaatschappij „De wachttoren“ Huis der Heide, 1939, p. 97. 80 L. Simonutti, Arminianesimo e tolleranza nel seicento olandese, il carteggio Ph. Van Limborch – J. Le Clerc, Firenze 1984, p. 24. 81 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 40. 82 J. C. van Slee, De Rijnsburger, cit., p. 92-93. 83 J. I. Israel, Radical, cit., p. 343. 16 Cristianesimo”84 criticavano la Riforma protestante per aver realizzato un rinnovamento incompleto della vita religiosa e per aver tradito gli originari obiettivi del pensiero riformato. La seconda Riforma del XVII secolo, nata dalla prima, voleva esserne il suo completamento, e per questo rifiutava l’istituto della chiesa e si schierava a sostegno di una riforma radicale, aconfessionale e individualistica della vita religiosa85. L’ala moderata della seconda Riforma olandese (“Nadere Reformatie”) invece, emersa anch’essa dopo la chiusura del sinodo di Dordrecht, voleva una rigenerazione spirituale della stessa chiesa riformata e agiva al suo interno, sotto la leadership di alcuni suoi ministri come Willem Teellinck, Jacobus Koelman e Gijsbert Voetius86. Il collegiantismo era il movimento più ampio e più organizzato dell’ala radicale della seconda Riforma olandese che vedeva in forte conflitto i valori cristiani con le istituzioni ecclesiastiche e temporali. Lo storico Lindeboom, la chiama neo-protestantesimo liberale e considera come suo elemento caratterizzante l’insistere sulla libertà delle coscienze87. Al suo interno c’erano rimostranti, mennoniti, sociniani, curiosi, intellettuali: la libertà di coscienza e la tolleranza verso tutte le religioni erano necessariamente i punti cardini delle discussioni dei collegi88. La Riforma del resto, col suo chiudersi dentro confini istituzionali e articolando un proprio catechismo non aveva certo attuato l’ideale della fratellanza cristiana predicato nel Vangelo, che andava al di 84 E’ il titolo di un libro di J. Lindeboom: Stiefkinderen van het Christendom, Nijhoff, ‚s-Gravenhage 1929. 85 A.C. Fix, Prophecy and reason, p. 48-49. 86 Ivi, p. 49. 87 J. Lindeboom, Geschiedenis, cit., p. 98. 88 Daniel Zwicker, un collegiante amico di Frans Kuyper pubblicò nel 1656 un libro dal titolo eloquente: “Irenicum irenicorum” in cui affermava: “Chi credete che io sia? Non sono né luterano, né calvinista, né rimostrante, né greco, né papista, né sociniano, né mennista, né qualsiasi altro delle attuali sette; eppure io comunico con ognuna di esse, secondo la divina verità riformata desidero vedere tutto e divento molto più di tutto”. Cfr C.B. Hylkema, Reformateurs, II, p. 293 e P.G Bietenholz., Daniel Zwicker, 1612-1678, Peace, Tolerance and God the one and only, L. S. Olschki, Firenze 1997. 17 là della formulazione di dogmi, ritenuti, da questi riformisti, degli adiafora. Per i collegianti, l’azione morale aveva un valore superiore al dogma e pertanto, solo là dove il pensiero e la parola non fossero stati soggiogati da un potere ecclesiastico avrebbero potuto svilupparsi autentici sentimenti religiosi e un onesto comportamento89. La libertà di coscienza e di stampa, la “libertas philosophandi”, principio cardine del pensiero di Spinoza, il libero accesso e la libera espressione delle idee, furono le dottrine portate avanti dall’ala radicale. Le istanze di Spinoza divergono dalla tolleranza di Locke, van Limborch o Le Clerc, i quali non si spingono fino a teorizzare il diritto di esprimere liberamente le proprie idee. Gli autori dell’ala moderata della seconda Riforma auspicavano che la censura non fosse solo mantenuta ma modernizzata perché credere in un Dio istituzionalizzato in qualche struttura ecclesiastica era la forza unificante della società e le posizioni ateistiche, “diverse” dal comune sentire, andavano ridotte al silenzio90. Togliersi di dosso il rassicurante mantello di una chiesa che garantisce la vita eterna e un Dio giusto e misericordioso ai suoi fedeli, non è cosa da poco. L’uomo moderno, attraverso la scoperta della filologia e del libero esame propugnato dalla Riforma, si è staccato dal sicuro e piccolo mondo medievale, fatto di regole, digiuni e sensi di colpa ma confortato dalla sicurezza di una giustizia ultraterrena, ed è rimasto solo davanti al dubbio della sua Ragione. Solo, senza la speranza consolante di una redenzione dei peccati; solo, con la scoperta del suo lume naturale che non conforta, non promette la vita eterna e che spinge incessantemente l’essere umano alla ricerca della verità, offrendogli, come unica certezza, la consapevolezza beffarda del suo limite. 89 L. Kolakowski, Chrétiens sans église: la coscience religieuse et le lien confessionel au XVIIe siècle, Gallimard, Paris 1969, pp. 166-177. 90 J. I. Israel, Radical, cit., p. 117. 18 Per i collegianti, essere cristiani voleva dire credere in Gesù Cristo come fonte di salvezza e nella Bibbia come vera parola di Dio91. Credevano nella universale comunità cristiana unita dal riconoscimento di pochi articoli di fede presi direttamente dalle Sacre Scritture e, nel loro tollerante universalismo, erano ben consci che i loro collegi non erano il segno visibile del regno di Dio sulla terra, non una nuova Gerusalemme, ma una struttura secolare che offriva l’opportunità di una sincera vita religiosa92. Nessun individuo aveva il diritto o il dovere di condannare il credo di un altro perché nessuno, nel XVII secolo, aveva il dono dello Spirito Santo, riservato da Dio alla Chiesa dei primi cristiani. La fede diventava un fatto privato, chiuso all’interno delle coscienze e illuminato da innerlijke licht (luce interiore), Geest (Spirito), innerlijke waarheid (verità interiore), verstand (comprensione) e rede (ragione)93. Quest’illuminazione poteva essere considerata ispirazione mistica o ratio naturalis ma alla base di ogni riflessione c’era sempre la consapevole conoscenza individuale delle Sacre Scritture94. La ragione naturale illuminava le coscienze e indicava la strada della salvezza. L’idea centrale della religione praticata dai collegianti era infatti la convinzione che anche le persone che non avevano avuto un’educazione alle lettere, potessero usare la loro ragione naturale per comprendere le questioni religiose alla luce dell’evidenza scritturale, perché la religione era essa stessa razionale e facilmente comprensibile dal buon senso95. Due volte l’anno, tutti i collegi si ritrovavano a Rijnsburg per gli incontri generali96. Nel 1646 anche ad Amsterdam venne aperto un collegio di rijnsburghesi. Gli uomini che si occuparono della sua organizzazione 91 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 117. Ivi, p. 116-117. 93 Ivi, p. 117-118. 94 W. Frijhoff e M. Spies, Nederlandse Cultuur, cit., p. 415. 95 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 153. 96 Ivi, p. 46. R.B. Evenhuis, Ook dat was Amsterdam, II, cit., p.242. 92 19 furono Daniel van Breen, Adam Boreel, Michiel Comans e Galenus Abrahamsz de Haan a cui si aggiunsero ben presto Frans Kuyper e Cornelis Moorman97. Per molto tempo, gli incontri si tennero presso il Rokin e l’affitto del locale era pagato con liberi contributi dei collegianti. La fondazione di un collegio allarmava i Concistori in quanto i collegianti erano in odore di socinianesimo. Le connessioni tra il pensiero dei collegianti e il razionalismo umanistico del Rinascimento infatti, scaturivano dalla presenza, all’interno dei collegi, di molti esuli sociniani polacchi, eredi della tradizione evangelica del tardo umanesimo italiano. I collegianti rifiutavano la predestinazione, il confessionalismo e la rigidità dottrinale in favore di una religione teologicamente tollerante e moralmente elevata. Per questo e per il principio della libertà di parola, secondo lo storico Fix, agivano come una calamita sulle altre correnti radicali che mal sopportavano la rigidità dottrinale della chiesa calvinista98. 97 98 J. C. van Slee, De Rijnsburger, cit., p. 135 e 141. A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 41. 20 Capitolo II 2.1 La Diffusione del socinianesimo nell’Unione delle Sette Province La dottrina sociniana aveva cominciato ad approdare in Olanda nel 1638, dopo la dissoluzione del suo centro di origine, Rakow, in Polonia. I primi sociniani a giungere sul suolo olandese furono il teologo tedesco Ostorodt99 e il nobile polacco Woidowski100 ai primi d’agosto del 1598. Dopo una breve sosta ad Amsterdam, i due sociniani si recarono all’Università di Leiden, di cui Gomarus era rettore. Nel Registro delle risoluzioni degli Stati Generali delle Province Unite, un estratto dell’8 settembre 1598 rende noto che gli Stati erano stati informati della presenza di questi due polacchi: “trovati con dei libri i quali, all’Università di Leiden, sono stati considerati essere in accordo con la dottrina dei turchi dalla facoltà di Teologia, perché negano la divinità di Cristo, figlio di Dio, e dello Spirito Santo. Queste persone professano questa dottrina e sono venute in queste terre per cercare aderenti e per arrecare problemi alla chiesa di qui”101. I libri furono sequestrati dal Consiglio di Leiden, spediti agli Stati d’Olanda e bruciati al cospetto di Ostorodt e Woidowski102 che, nonostante l’ordine di lasciare la Province Unite entro dieci giorni, si spostarono in Frisia dove fecero stampare la loro Apologia: “sia in latino 99 Vedi : Antitrinitaires polonais 3 : Marcin Czechowich, Jan Niemojewski, Christoph Ostorodt, par Henryk Gmiterek, 14, Baden 1992, in Biblioteca Dissidentium: repertoire des non-conformistes religieux des seizieme ed dix-septieme siecles, edite par Andre Seguenny en collaboration avec Irena Backus et Jean Rott. 100 Vedi: Daniel Bielinski, Stanislaw Budzynski, Wojciech Calissius, Piotr Gonesius, Marcin Krowick, Stanislaw Taszycki, Andrzej Wojdowski, 8, in Biblioteca Dissidentium, cit., Baden 1987. 101 Korte Begrijp van de opkomste eende Leere der Socinianen. Kortelick vervat in 11 capitelen. Bij een gebracht ende grontelick wederleyt in de Nederlantsche tale. Door Den Eerw. Hoog-geleerden Heere D. Johannes Cloppenburch, Doctor en Professor der H. Theologie, in de vermaerde Universiteit van Freneker. Tot Dordrecht door Vincent Caimax, Boek-verkooper. Anno 1652, p. 30. 102 A quel tempo, la dottrina di Sozzini era talmente sconosciuta in Olanda che il Gran Pensionario Oldenbarneveld chiese ad Ostorodt e Woidowski, giunti al suo cospetto per tentare di riavere i libri, se essi fossero “papisti”. La storia di questo primo sbarco è raccontata nel secondo capitolo del libro di W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit. 21 sia in olandese nell’anno 1600 in febbraio ma scritto nell’agosto del 1599 […]. A causa della permanenza di Ostorodt e Woidowski in Frisia, - continua il Korte Begrijp - molti libri di Socino sono finiti nelle mani dei discepoli di Vorstij”103. La temuta eresia polacca prendeva il nome dall’esule senese Fausto Sozzini104. Nel XVI secolo, i gruppi di esuli che fuggivano dalla Svizzera calvinista e dai territori tedeschi luterani subito dopo che la chiesa riformata aveva mostrato, con il rogo del medico spagnolo Michele Serveto, un lato non meno oscuro della intolleranza della chiesa di Roma per il libero pensiero sulle questioni di fede, trovarono rifugio nelle terre dell’ Europa orientale dove il potere politico, e quindi il controllo sociale, era molto debole e si innestarono su preesistenti gruppi anabattistici e antitrinitari105. Rakòw era la città dove gli antitrinitari dell’Ecclesia Minor polacca avevano fondato, nel 1569, la nuova Gerusalemme106. Questi si staccarono dall’Ecclesia Maior, riformata nel 1565, durante la Conferenza di Piotrkòw. Sotto l’influsso di esuli italiani come il Biandrata, l’Alciati, il Gentile e le teorie di Lelio Sozzini divulgate dal nipote, Fausto, l’idea della natura umana di Cristo era diventata convinzione ed aveva reso inevitabile la rottura con la Chiesa riformata polacca. L’esercito degli antitrinitari si era diviso allora, in tre pattuglie: l’ala moderata accettava la divinità di Cristo ma lo subordinava al Padre e, sulla scia di influenze anabattistiche, concepiva solo il battesimo degli adulti; il centro considerava solo la natura umana di Cristo; mentre l’ala più radicale, era formata dai non-adoranti107. 103 Vedi p. 9 della tesi. Korte Begrip, p 33-34. Cfr. S. Kot, Socinianismus in Poland. Translated from the polish by Earl Morse Wilbur, Star King Press, Boston 1957. 105 F. Pintacuda De Michelis, Socinianesimo e tolleranza nell’età del razionalismo, La Nuova Italia, Firenze 1975, p. 12. 106 D. Caccamo, Eretici italiani in Moravia, Polonia, Transilvania, Firenze 1970, p. 153. 107 Cfr. F. Pintacuda De Michelis, Socinianesimo e tolleranza nell’età del razionalismo, La Nuova Italia, Firenze 1975, p. 12 e W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 6-7. 104 22 Dei quarantaquattro sinodi tenuti dalla chiesa antitrinitaria polacca tra il 1600 e il 1638, ben trenta ebbero luogo a Rakòw, dove era a disposizione, oltre alle biblioteche private, anche una delle prime biblioteche pubbliche di tutta la Polonia e una tipografia che dal 1602 al 1638 stampò più di 190 titoli108. I riformati non avevano certamente buoni rapporti tra loro in Polonia, ma di sicuro avevano un nemico comune: non tanto Roma quanto gli antitrinitari109, contro i quali anche la Controriforma, introdotta nel Paese attraverso la Compagnia di Gesù nel 1580110, intraprenderà azioni di repressione più vigorose rispetto a quelle adottate contro le altre confessioni non cattoliche111. Sarà uno dei tanti esuli italiani in Polonia, Fausto Sozzini, chiamato a Rakòw dai Fratres Poloni nel 1579 in seguito alla disputa con Jacopo Paleologo112, che legherà la sua esperienza spirituale al processo di sistemazione dottrinale e organizzativo della Ecclesia Minor113 “con un’azione coerente intesa a mediare il mito anabattistico del rinnovamento evangelico con l’ideale etico di ispirazione umanistica, fondato sulla fiducia consolante nella possibilità umana di bene operare nel mondo”114. Secondo Sozzini, Cristo 108 aveva inteso realizzare una J. Tazbir, Le socinianisme apres la mort de Sozzini, Movimenti ereticali in Italia e in Polonia, Firenze 1974, p. 124. 109 W.J. Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 5. Il pericolo maggiore rappresentato dalla dottrina degli antitrinitari è, ovviamente, la negazione della divinità di Cristo, alla quale essi arrivano attraverso lo studio delle Sacre Scritture; negazione che, del resto, né i luterani né i calvinisti hanno mai sostenuto. Inoltre, nei primi anni di vita della Ecclesia Minor, erano presenti pesanti tendenze anabattistiche verso le quali sia il potere politico, sia quello delle altre chiese guardavano con sospetto per il loro carattere di separazione e di esclusione dal resto della società e dalle leggi dello Stato. L. Szczucki, L’antitrinitarismo in Polonia, in Movimenti ereticali in Italia e in Polonia nei secoli XVI-XVII, Atti del convegno italo-polacco, Firenze 1974. 110 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 139. 111 J. Tazbir, Le socinianisme, cit., p. 128-129. Vedi anche dello stesso autore: Il problema dell’intolleranza religiosa in Polonia nei secoli XVI e XVII, Rivista Storica Italiana, 88, 1976 e G. Kaczynski, La libertà religiosa nel pensiero dei Fratelli Polacchi, Giappichelli, Torino 1995. 112 Per la ricostruzione della controversia si vedano S. Kot, Socinianesimo in Polonia, cit., p. 28-91 e D. Cantimori, Eretici italiani del cinquecento,a cura di A. Prosperi, Torino Einaudi 1992, p. 407-409. 113 D. Caccamo, Eretici italiani in Moravia, cit., p. 164. 114 Ivi, p. 171e M. Welti, Breve storia della Riforma italiana, Marietti 1985, p. 145. 23 riforma morale della vita115. Il suo esempio non avrebbe mai potuto essere preso a modello dagli uomini se egli stesso non fosse stato un uomo. La dottrina della soddisfazione del Cristo crocifisso viene negata dal Sozzini come non necessaria e, in considerazione della sua natura umana, non possibile: il sacrificio di Cristo non ha valore di espiazione vicaria ma di esempio, che illumina l’uomo nel suo cammino verso la verità e la vita eterna116. Il motivo centrale del pensiero del senese è la libertà dell’uomo: ”Deus omnia scit – scrive - quae sua natura scibilia sunt” e a questi “scibilia” non appartengono le espressioni future della volontà umana. La sua onnipotenza e onniscienza infatti, trovano dei limiti nella possibilità di scegliere dell’uomo e nemmeno a Dio è permesso determinare questa libertà117. E tuttavia l’uomo che sceglie di conoscere la volontà di Dio, deve convincersi anche della necessità di compierla perché lo scopo trascendente della vita terrena è la vita eterna118. Per logica conseguenza della sua fede nel Cristo povero e crocifisso, nel suo messaggio evangelico che indicava un metodo e non stabiliva dogmi, anche il battesimo diventava, per il senese, un puro atto simbolico: la buona coscienza e il comportamento pratico fanno il vero cristiano il quale, con le sue forze, con il suo attivismo morale, arriva a meritare la grazia e la salvezza119. La dottrina sociniana120 fu sistematizzata nel Catechismo di Rakow, stampato in polacco nel 1605 dai collaboratori del Sozzini, 115 D. Caccamo, Eretici italiani in Moravia, cit, p. 160. Ivi, p. 163. 117 Vedi l’edizione critica delle Opere dello zio di Fausto, Lelio Sozzini, a cura di Antonio Rotondò, Olschki, Firenze 1986. 118 W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 9-14. 119 D. Caccamo, Eretici italiani in Moravia, cit., p. 163. 120 Il nome “Socinianesimo” come identificativo degli antitrinitari, emerge molto più tardi e coincide con la dispersione, nel XVII secolo, delle idee dei Frates poloni in Europa. Cfr D. Cantimori, Eretici italiani, cit., p. 417. Proprio a causa del suo spargersi per il continente, il socinianesimo rafforzerà gli elementi di maggiore universalismo della dottrina (razionale e religioso) indebolendo le tendenze settarie, prive di reali possibilità. Un segno di questo orientamento è la differenza tra l’edizione del Catechismo del 1609 e quella del 1665, edita ad Amsterdam da J. Crellius e J. Schlichtyng. Cfr F. Pintacuda De Michelis, Socinianesimo e tolleranza, cit., p. 17-18. 116 24 morto l’anno precedente e, nel 1609, fu tradotto in latino da Moskorzowski121. A questa data, il fondamentalismo anabattistico dei primi anni è sparito e l’unitarismo è già divenuto l’elemento centrale nella chiesa antitrinitaria122. Nel XVII secolo infatti, la nobiltà polacca fu conquistata dalla chiesa antitrinitaria per l’alto livello culturale delle sue scuole che, al pari di quelle amministrate dai gesuiti, basavano il loro insegnamento sui principi di un utilitarismo pragmatico socialmente e politicamente adatto alle classi nobili che certo non potevano aver simpatie per il radicalismo di stampo anabattistico123. E anche se in Polonia la controriforma aveva cominciato a segnare i suoi primi successi già a partire dall’ultimo ventennio del XVI secolo124, l’aristocrazia locale rimaneva fedele all’orientamento più vivo dell’eresia portata nel loro Paese dagli italiani fuggiti dall’illusione svizzera e insofferente a qualsiasi chiesa istituzionalizzata che potesse porre di autorità dei limiti alla libertà religiosa e, più in generale, ai loro privilegi125. Nel XVII secolo però i sociniani, sotto il fuoco della reazione cattolica, cominciarono a disperdersi per l’Europa: nel 1635, la chiesa 121 W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit. p. 9 e F. Pintacuda De Michelis, Socinianesimo e tolleranza, cit., p. 11. I redattori che continuarono il lavoro iniziato ad Fausto Sozzini furono Statorius, Schmalz, Moskorzowski e Volkel. 122 J. Tazbir, Le socinianisme, cit., p. 123. 123 Ivi, p. 126. 124 In un Paese come la Polonia (realtà plurilinguista e plurinazionale composta dall’odierna Polonia, dalla Lituania, dalla Lettonia, dall’Ucraina, dalla Bielorussia e dalla Prussia orientale) in cui la monarchia era elettiva, il potere politico centrale era più che altro una rappresentanza. I nobili sulle loro terre erano abituati a non prendere in considerazione interferenze esterne: l’editto di Parczòw del 1564 che ordinava agli eretici stranieri di lasciare il Paese, non recò alcun problema di rilievo all’immigrazione italiana. La tolleranza religiosa, determinata non da principi ideali ma dallo stato di semi anarchia politica del Paese, era intrecciata ai privilegi nobiliari come dimostrano i Pacta Conventa del 1573 e la Pax Dissidentium di Varsavia con cui la nobiltà si garantiva la libertà di culto negandola, al contempo, ai contadini. In questo quadro di privilegi nobiliari, Sigismondo III Vasa cercò di attuare una svolta assolutistica e controriformistica in favore della quale giocava sia il fatto che il cattolicesimo era rimasto la religione ufficiale del Regno, sia la circostanza che i cattolici erano sostenitori dell’autorità regia mentre i riformati erano difensori dell’autonomia dei ceti aristocrati. Il sovrano inoltre poteva contare sia sul dinamismo delle nunziature apostoliche sia sull’attività dei gesuiti, fondatori di collegi e Università a Vilna e a Poznan. M. Welti, Breve storia della Riforma italiana, Marietti, 1985, p. 132-139. Vedi anche E.M. Wilbur, A history of Unitarianism, Socinianism and its antecedents, Beacon Press, Boston 1945. 125 Cfr. D. Caccamo, Eretici italiani in Moravia, cit., p. 171. 25 sociniana di Lublino venne chiusa; nel 1638126, Rakòw, la sua tipografia, la sua scuola, la sua chiesa vennero messe a ferro e a fuoco dalla riconquista cattolica e nel 1658, gli ultimi sociniani radunati a Radostòw lasciarono definitivamente le terre polacche127. L’emigrazione, che interessò tutta la prima metà del secolo fino all’editto di espulsione del 1658, avvenne a piccoli passi. Molti studenti racoviani infatti, accompagnati dai loro professori, avevano già cominciato ad iscriversi nelle Università di Leiden, Amsterdam, Saumur , Altdorf, con finalità non solo culturali ma anche con la prospettiva di guadagnare proseliti128. I tentativi dei missionari sociniani di introdursi nel territorio delle Province Unite cominciarono all’inizio del XVII secolo e le loro dottrine non mancarono di attrarre simpatie129. In Olanda, il socinianesimo penetrò in modo costante e capillare, scevro dall’ambizione di creare una nuova chiesa ma con la speranza di trovare un Paese tollerante dove fosse possibile continuare a professare il credo racoviano senza incorrere nella violenza delle persecuzioni religiose130. Del resto, una chiesa in Olanda c’era già, era stata confermata nei decreti di Dordrecht e soprattutto, era politicamente legata alla causa della famiglia d’Orange. Questo però, non impedì al pensiero sociniano di orientarsi su quella che era una religiosità parallela nei Paesi Bassi131, tollerata dalle autorità nonostante le continue denunce 126 Verantwoordinge van een Poolsch Ridder tegen het placcate van d’Edele Groot. Mog. Heeren Staten van Hollandt en West-Vrieslandt van den 19 sept. A° 1653. Waer by De Voort-plantinghe van sociniaensche leere wordt verboden: ondersocht van Johannes Coccejus, Professor van de H. Theologie in d’Academie tot Leyden. Tot Leyden by Johannes Elsevier, Boek-Drucker van d’Academie, Anno 1656. Il libro riporta, in pagine non numerate, una rimostranza del Sinodo di Amsterdam del 1640 agli Stati d’Olanda e West-Frisia che elenca gli errori dottrinali dei sociniani e afferma come “nel 1638, contro questi spiriti in errore, la Casa rakowiense in Transilvania, la loro biblioteca, le riunioni, il Tempio, la scuola, la tipografia furono distrutti”. 127 F. Pintacuda De Michelis, Socinianesimo e tolleranza, cit., p. 16-17. 128 J. Tazbir, Le socinianisme, cit., p. 130. 129 J. Lindeboom, Geschiedenis, cit., p. 103. 130 Le garanzie sulla libertà di credo erano state accordate già nel 1572 da Guglielmo d’Orange e dagli stati d’Olanda. Cfr. H.A.E. van Gelder, Getempeerde vrijheid. Een verhandeling over de vrijheid van Kerk en Nederlanden en de vrijheid van meningsuiting in zake godsdienst, drukpers en onderwijs, gedurende de XVIIe eeuw, Groningen 1972, p. 5. 131 W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 143. 26 dei predicatori ortodossi. Le affinità teoretiche fra i sociniani e gli arminiani sui temi della razionalità e della libertà religiosa favorirono i contatti tra i due movimenti, entrambi peraltro passati attraverso la dura esperienza dell’esilio132. Il primo olandese a dichiararsi pubblicamente antitrinitario fu Johannes Geesteranus, il quale tuttavia, al sinodo di Dordrecht, si trincerò su posizioni radicali che certo non contribuirono a sostenere la causa arminiana133. I profughi polacchi sociniani si iscrivevano individualmente nelle comunità mennonite o rimostranti esercitando la loro influenza soprattutto presso i capi, nonostante rimanessero ben distinte le divergenze dottrinali in special modo per ciò che riguardava il dogma della Trinità e la natura di Cristo134: “molti di questi mennoniti hanno abbracciato la maggior parte delle opinioni dei sociniani, overo quelle degli Ariani sopra la Divinità di Gesù Cristo. Mantengono la tolleranza d’ogni setta, come fanno gli Arminiani”135. L’importanza del socinianesimo in Olanda, come sostiene Delio Cantimori, non sta nel radicarsi o meno delle sue dottrine teologiche, quanto nella trasfusione del suo spirito critico e razionalista in quei circoli che non si conformarono ai decreti di Dordrecht, nell’approccio 132 L. Simonutti, arminianesimo e tolleranza, cit., p. 23. Detto anche Spiritus (perché Geest in nederlandese significa appunto spirito). Lo ritroviamo in Frederici Samueli Bock, Historia antitrinitariorum maxime socinianismi et socinianorum, tomi primi, pars I, Regiomonti et Lipsiae, impensis Gottl. Lebr. Hartungii. MDCCLXXIV, ristampato a Leipzig nel 1978, (p. 366), insieme a Frans Kuyper e Cornelius Moorman. F. Pintacuda De Michelis, Socinianesimo e tolleranza, cit., p. 101 e W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 5. 134 Vedi: Opere, Lelio Sozzini, cit. e L. Szczucki, Antitrinitari nell’Europa orientale, Rivista Storica Italiana, 91, 1979. 135 J. B. Stouppe, La religione degli olandesi, Rappresentata in diverse lettere scritte da un officiale dell’Esercito del Re Christianissmo ad un Ministro e Professore in Teologia di Brema. In Parigi, appresso STEFFANO LOESON, libraio nel Palazzo, all’insegna del nome di Gesù , MDCLXXIV, con licenza de’ Superiori, p. 62. L’ufficiale dell’esercito francese (1620-1692) era di stanza ad Utrecht nel 1673. La prima edizione è in francese: La religion des Hollandois, Cologne, Pierre Marteau 1673. Cfr. C. Sepp, Bibliotheek van Nederlandsche Kerkgeschiedschrijvers, opgave van hetgeen nederlanders over de geschiedenis der christelijke kerk geschreven hebben, Leiden, Brill 1886, p. 347. 133 27 filologicamente attento prima verso i testi sacri e poi verso la realtà in generale136. La ragione, per i rijnsburghesi sotto l’influenza del pensiero sociniano, era strumentale alla conoscenza della parola di Dio, era un mezzo non speculativo ma empirico, pratico e mai aprioristico, limitato all’interpretazione137. L’antitrinitarismo infatti era una discriminante del credo sociniano che non era generalmente accettata nei collegi olandesi138. Fu il razionalismo e l’accento sull’aspetto morale della vita del cristiano che influenzarono la formazione della religione razionale dei collegianti139. Nei collegi, la condotta di vita veniva elevata al di sopra della dottrina e la fede considerata dal punto di vista moralerazionalistico140. La forza attrattiva del socinianesimo fu il criticismo umanistico che ambiva all’autonomia dello spirito, non più regolato e delimitato dalla dottrina e dalla chiesa141. L’Olanda era il laboratorio ideale dove sviluppare la cultura dello spirito critico germogliata nel cinquecento all’interno dell’Umanesimo italiano. La concezione sociniana prevedeva infatti la riduzione dell’apparato dogmatico del cristianesimo attraverso l’esercizio dell’indagine razionale quale strumento di conoscenza, privilegiando della religione il suo insegnamento morale142. La Bibbia per loro era l’espressione letterale della volontà di Dio e la ragione umana, l’unico strumento con cui poterla comprendere. 136 D. Cantimori, Eretici italiani, cit., cap XXXVI. A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 149. 138 Con l’arrivo dei sociniani, i collegianti si erano divisi in due correnti: quelli che erano favorevoli ad una interpretazione della Bibbia in pieno accordo con la ragione umana e quelli più conservatori, i trinitari. J.I. Israel, Radical, cit., p. 204. 139 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 144. 140 J. Lindeboom, Geschiedenis,, cit., p. 103. 141 Ivi, p. 105. 142 L. Simonutti, arminianesimo e tolleranza , cit., p. 32. 137 28 2.2 La circolazione dei libri sociniani L’incontro tra ragione umana e Sacre Scritture portava i sociniani a respingere tutti i dogmi che non trovavano conferma nella Bibbia e non si accordavano alla ragione naturale143. Negli anni trenta, la propaganda sociniana si intensificò, trovando aderenti nei circoli arminiani e collegianti olandesi, sul terreno del liberalismo religioso e del comune rifiuto dell’autorità di un’istituzione sulle questioni di fede. Anche i libri, importati da Racovia, cominciarono ad essere tradotti in nederlandese e pubblicati ad Amsterdam144. La grande invasione di libri sociniani a partire dalla seconda metà del XVII, era dovuta anche al fatto che i loro scritti erano relativamente economici e gli autori poco riconoscibili dalla chiesa calvinista e dalle autorità civili perché “mescolati” all’interno di altre comunità religiose presenti nelle Province Unite145. La diffusione delle opere dei seguaci di Fausto Sozzini destò vivissima preoccupazione come testimonia una rimostranza del Sinodo del nord e sud Olanda agli Stati Generali, che ci informa della quantità di libri sociniani presenti in Olanda: “i sociniani ci infettano col loro veleno e oltre a questo, essi portano con loro molti libri sociniani nel nostro Paese, come diversi trattati di Socinus, Dudithius, Smalcius, Moscorovius, Ostorodus, Volckelius, Crellius, Stegmannus, Slichtingius e molti altri che sono in lingua italiana, tedesca, polacca e latina. E, se 143 W. Frijhoff e M. Spies, Nederlandse Cultuur, cit., p. 415. J. Tazbir, Le socinianisme, cit., p. 130-131. 145 145 I. Weekhout, Boekcensuur , cit., p. 92. 144 29 questo non fosse ancora abbastanza, molti dei loro più importanti scrittori vengono anche tradotti in nederlandese”146. Già una generica ordinanza delle Province Unite del 1581 aveva proibito la stampa di libri scandalosi che potessero confondere le coscienze: le tipografie avrebbero dovuto chiedere all’autore la destinazione del libro e la prima di copertina avrebbe dovuto riportare il titolo, il nome dell’autore, del tipografo, del luogo di stampa e la data. Tuttavia, una gran massa di libri uscì dalle stamperie di Amsterdam nella piena violazione delle norme prescritte dall’ordinanza del 1581147. Due erano i generi letterari che potevano essere censurati nelle Province Unite durante la seconda metà del XVII secolo: i libri con contenuti antitrinitari e quelli con tendenze filosofiche ateistiche148. La censura preventiva veniva applicata dalla chiesa riformata solo alle opere dei suoi membri, così come il sinodo di Dordrecht aveva stabilito e solo su argomenti religiosi. La “classis” (Circoscrizione ecclesiastica) addetta al controllo dei libri, prima li esaminava e poi li passava ad una commissione, i “visitatores librorum”, per l’imprimatur149. La richiesta fatta dai sinodi agli Stati d’Olanda alla fine del 1650 per il riconoscimento da parte dell’autorità civile dei “visitatores librorum”, fu rifiutata. Gli Stati infatti, temevano la pressione della chiesa sugli stampatori (e una diminuzione del loro potere a vantaggio dei calvinisti) e la censura preventiva rimase nei confini della chiesa150. Dalla metà del XVII secolo tuttavia, la quantità di ordinanze riguardanti la religione aumentò decisamente. All’interno dell’apparato amministrativo degli Stati d’Olanda, fu creato un dipartimento apposito 146 W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 138. R.B. Evenhuis, Ook dat was Amsterdam, II, cit., p. 140-141. 148 J.I. Israel, The dutch, p. 915. 149 R. B. Evenhuis, Ook dat was Amsterdam, II, cit., p. 141. 150 I. Weekhout, Boekcensuur, cit., p. 52. 147 30 per gli affari della chiesa composto dai deputati delle città di Leiden, Amsterdam e Alkmaar. Inizialmente, si occupò soprattutto di libri che avrebbero potuto mettere in pericolo la pace dello Stato, come i temuti libri sociniani. In seguito, l’attenzione del dipartimento si concentrò anche su libri di filosofia, soprattutto libri spinoziani e sulle pagine di provenienza settaria, giudicate in contrasto con la religione calvinista151. Furono i collegianti, che pure non formavano una chiesa ma un movimento di laici, ad occuparsi della traduzione delle opere che la scuola di Rakow aveva elaborato152. Grande apprensione suscitò nel 1623 la traduzione nederlandese del De autoritate Sacrae Scritturae di Fausto Sozzini, preparata da Dirck Raphelsen Kamphuysen, con il titolo Van de Authoriteyt der H. Schriftuur153. L’opera del senese suggeriva un’esegesi scritturale razionalistica e si inseriva quindi a pieno titolo nel dibattito religioso olandese degli anni immediatamente successivi agli eventi di Dodrecht. Un libretto polemico inglese del 1643154 ci dà l’idea delle commistioni tra la dottrina sociniana e l’arminianesimo e della diffusione del pensiero del Sozzini nel resto d’Europa: “Le opinioni di Abailardus, Serveto, Socino sono già pubblicate in inglese in un libro dal titolo Mr Wotton defence against Mr Walker. Quindi le opinioni sono già conosciute e divulgate”155. L’autore sottolinea inoltre che: “la Polonia e la Transilvania erano molto infettate ma il male viene dall’Italia, come 151 Ivi, p. 57-58. In quegli stessi anni, anche le amministrazioni delle altre Province avvertivano la necessità di mantenere la pace e l’unità interna. Dal 1661, in Frisia, gli stampatori e i librai, per ordine della Chiesa, dovevano ogni tre mesi segnalare i libri che avevano sotto i torchi o negli scaffali. 152 Vedi: E.M. Wilbur, A bibliography of the pioneers of the socinian-unitarian movement in modern Christianity, in Italy, Switzerland, Germany, Holland, Roma 1950. 153 C. Sand, Bibliotheca antitrinitariorum, Freistad 1684, (Varsavia 1967), p. 67. 154 The rise, growth and danger of Socinianisme, together with a plaine discovery of a desperate designe of corrupting the protestant religion, whereby it appeares that the religion which hath been so violently contended for (by the archbischop of Canterbury and his adherents) is not the true pure protestant religion, but an Hotchpotch of arminianisme, socinianisme and popery. It likewise made evident, That the atheists, anabaptists, and sectaries so much complained of, have been raised or encouraged by the doctrines and practises of the arminian, socinian and popish party. By Fr. Cheynell late fellow of Merton College. London, printed for Samuel Gellibrand, at the Brazen serpent in Pauls Church-yard. 1643. 155 Ivi, pagina con segnatura “A3” nell’epistola dedicatoria. 31 ha osservato il reverendo Beza”156. E prevede: “i sociniani procedono in modo distruttivo; distruggono tutta la religione e l’ateismo prenderà il posto della religione […] il papismo porta all’ateismo perché i papisti devono credere né più né meno di quello che il papa pensa sia giusto”157. Le tipografie di Amsterdam, dai cui torchi uscivano pagine poco ortodosse, avevano beffato il decreto che li obbligava ad indicare il luogo di pubblicazione inventando per la città diversi pseudonimi come: “Eleutheropolis”, “Irenopolis”, “Vrijstadt”, “Vrijburg” o “Rakow”158, e dato vita ad un florido commercio di libri proibiti159. Amsterdam fu, per quasi un secolo, il più importante centro di diffusione delle nuove idee in Europa ed era molto difficile per la chiesa calvinista tenere sotto controllo stampa clandestina, pasquinate e conventicole di “eretici”160. Anche la Bibliotheca Fratrum Polonorum fu stampata ad Amsterdam o Irenopolis nel 1656161. L’opera si compone di otto parti e raccoglie gli scritti di Fausto Sozzini, Johannes Crellius, i commenti sulla Bibbia di Schlichting, i lavori di Wollzogen, alcuni di Wiszowaty e Stegman e in ultimo le opere di Przypkowski, pubblicate nel 1692162. Secondo un ufficiale svizzero protestante al servizio di Sua Maestà Luigi XIV, Jean Baptiste Stouppe, gli Stati Generali permisero “ch’a soddisfazione de’ sociniani e de gli altri che avessero la volontà di devenirgli, che fossero stampate in Amsterdam le opere de’ loro prinicipali dottori, cioè di Socino, di Crellio, di Slichingio, e di Woliogeno. Questa Biblioteca de’ sociniani si vende al presente in 156 Ivi, p. 7. Ivi, p. 49. 158 W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 139. Da pagina 138 a 140, l’autore fornisce un piccolo elenco delle opere sociniane tradotte in nederlandese. 159 I. Weekhout, Boekcensuur , cit., p. 107. 160 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 191-192. 161 Secondo lo storico Sepp, la Bibliotheca fu pubblicata nel 1654 a “Irenopolis”. Originariamente, l’opera era composta da cinque parti e solo in un secondo momento arrivò a otto. C. Sepp, Bibliotheek, cit., p. 349. 162 W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 140. 157 32 Amsterdam in otto volumi e non costa più di cento franchi”163. Stouppe non parlava in termini lusinghieri della tolleranza olandese. Da osservatore esterno degli affari delle Province, arrivato in Olanda al seguito di un esercito invasore nel maggio del 1672, circa tre mesi prima che una folla inferocita trucidasse Johan De Witt e suo fratello Cornelis164, Stouppe considerava la tolleranza il prodotto dell’indifferenza politico-religiosa della classe dei reggenti e la naturale manifestazione di una società divisa e frammentata165. Dopo l’improvvisa morte di Guglielmo II d’Orange infatti, la Grande Assemblea delle Province, riunite nel gennaio del 1651 al Binnenhof di Den Haag166per discutere del sistema politico-istituzionale dell’Unione, aveva affrontato, tra i tanti argomenti, anche quello religioso. Su questo punto, la delegazione olandese, guidata dal Pensionario Jacob Cats, era stata molto criticata dalle altre Province, le quali definivano inadeguato il livello di considerazione che l’Olanda mostrava nei riguardi della Chiesa ed eccessivo il livello di tolleranza concesso167. Anche a quell’epoca, i Concistori e i Sinodi delle Province fecero forti pressioni. Gijsbert Voetius chiese alla Grande Assemblea di confermare gli Atti del Sinodo di Dordrecht quale base confessionale della Chiesa e degli Stati Generali e misure più vigorose contro i cattolici e contro la diffusione della dottrina sociniana168. La petizione congiunta dei Sinodi delle Province alla Grande Assemblea, non esponeva richieste molto diverse da quelle che aveva fatto Voetius su sollecitazione del Concistoro di Utrecht. A parte l’esclusione dei cattolici dai pubblici uffici, i Sinodi chiedevano che non 163 J.B. Stoppe, La religione degli olandesi, cit., p. 98. J.I. Israel, The dutch, cit., cap. 31. 165 Ivi, p. 640. 166 L. van Aitzema, Herstelde Leeuw of discours over ’t gepasseerde in de Vereenighde Nedelanden, by J. Fredericks Stam, Amsterdam 1655, p. 133. 167 Ivi, p. 155-156. 168 A. C. Duker, Gijsbert Voetius, III vol, Brill, Leiden 1897-1915, p. 148-149. 164 33 fosse tollerata la creazione di altre congregazioni luterane, mennonite e rimostranti oltre a quelle già esistenti, e che fossero adottate misure sostanziali per sopprimere l’eresia sociniana169. Nonostante le premure dei Concistori, la Bibliotheca sociniana tuttavia, si poteva trovare in tutte le botteghe di libri delle Province Unite e, in seguito alle proteste del clero calvinista, la Corte d’Olanda, agli inizi del 1669, inviò alle città di Amsterdam, Rotterdam e Leiden l’ordine di prendere provvedimenti in base all’ordinanza del 1653, che vietava la stampa e la vendita di libri sociniani. Nell’aprile del 1669, cinque mesi prima della morte di Adriaan Koerbagh nel Willige Rasphuis, le autorità cittadine di Leiden e Rotterdam fecero sapere che nelle loro tipografie non era stato trovato alcun esemplare dell’antologia rakoviana170. Le autorità di Amsterdam invece, in aperta polemica con la Chiesa calvinista, si occuparono della questione in modo assai singolare. Quando la lettera arrivò, la carica dello “Schout” (capo della polizia) era occupata ad interim dal presidente dei “Burgemeesteren” (sindaci), Cornelis van Vlooswijck, perché Cornelis Witsen era morto il mese prima. La Corte spedì la lettera sia al Comune, sia al domicilio di van Vlooswijck che lì la ricevette, mentre si trovava a cena con i magistrati. Subito cominciarono le prime osservazioni. Van Vlooswijck e i suoi ospiti discussero del fatto che libri simili si sarebbero potuti trovare ogni giorno e sarebbe stato inutile punirne la stampa ad Amsterdam perché si sarebbe certo trovato il modo di stamparli altrove. La lettera fu messa da parte, probabilmente senza l’intenzione di dargli un seguito, e il presidente dei magistrati, Hans Bontemantel, la sottrasse di nascosto. 169 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 708. La vicenda che segue, è raccontata in I. Weekhout, Boekcensuur, cit., p. 93-94 e De regeeringe van Amsterdam, soo in ‚t civiel als crimineel en militaire (1653-1672), ontworpen door Hans Bontemantel, Uitgegeven door G. W. Kernkamp, I deel, ‚s-Gravenhage, M. Nijhoff, 1897, p. LXXVII-LXXXI. 170 34 Nel frattempo la Corte inviò una seconda missiva, questa volta all’indirizzo di Gerard Hasselaar, nuovo “Schout” (capo della polizia) di Amsterdam, che la lesse mentre, per caso, si trovava in compagnia di Bontemantel. Questi lo sconsigliò di eseguire l’ordine della Corte e gli disse che, come “Schout” (capo della polizia), avrebbe fatto meglio ad ascoltare in merito i “Burgemeesteren” (sindaci) e i magistrati prima di prendere qualsiasi iniziativa. Hasselaar informò i “Burgemeesteren” (sindaci) che cercarono invano la prima missiva, sottratta da Bontemantel la sera stessa del recapito a casa di van Vlooswijck. Lo “Schout” (capo della polizia), che non poteva fare questo tipo di indagini senza il benestare dei magistrati e dei “Burgemeesteren” (sindaci), scrisse alla Corte di inviare un estratto della prima lettera scomparsa. I magistrati intanto erano d’accordo nel sostenere che, qualora si fosse deciso di dar seguito all’ordine della Corte, in questo genere di perquisizioni a sorpresa nelle case, Hasselaar avrebbe dovuto essere accompagnato da almeno due di loro. Era notorio che ad Amsterdam i libri sociniani venivano stampati in una tipografia messa su da un predicatore rimostrante e che si potevano acquistare nella libreria di Hendrik Boom. La Corte, in un modo o nell’altro, doveva essere soddisfatta ma nello stesso tempo si volevano proteggere le tipografie cittadine e, soprattutto, l’autonomia della classe dei reggenti di Amsterdam sia verso la Corte sia verso il potere che le pressioni del clero riuscivano ad esercitare. La “quantità” di libertà di stampa accordata alle tipografie di una città dipendeva, di solito, dalle autorità locali171. I “burgemeesteren” (sindaci) Pancras e Reael ordinarono a Bontemantel, in qualità di presidente dei magistrati, di avvertire segretamente alcuni librai della possibile incursione del capo della 171 W. Frijhoff e M. Spies, Nederlandse Cultuur, cit., p. 264. 35 polizia per verificare l’eventuale presenza di libri sociniani nelle loro botteghe. Bontemantel informò i “Burgemeesteren” (sindaci) che van Vlooswijck, avido della quota delle multe che, come “Schout” (capo della polizia), gli sarebbe spettata nel caso si fossero trovati i libri, era andato a cercare un libro sociniano anche lui, per acquistarlo. Il timore era che van Vlooswijk decidesse di fare le perquisizioni anche senza il permesso dei “Burgemeesteren” (sindaci) e dei magistrati ma Pancras e Reael gli assicurarono che lo “Schout” (capo della polizia) “avrebbe aspettato”. Per garantirsi la riuscita della missione a lui affidata, Bontemantel fece venire da Rotterdam suo nipote W. Hartochvelt “che aveva conoscenze con i librai […] essendo un sociniano”. In questo modo, il presidente dei magistrati tutelava da un lato, l’autorità del Consiglio dei magistrati nei confronti della Corte e dall’altro poteva evitare le persecuzioni contro i sociniani detestando, da rimostrante qual era, questo genere di azioni172. Le proteste della chiesa calvinista trovarono soddisfazione solo il 19 luglio del 1674, quando la Corte d’Olanda proibì, con un’ordinanza ufficiale, la Bibliotheca Fratrum Polonorum173. La persona che, all’inizio, si occupò della realizzazione di questa monumentale collezione di scritti sociniani, si chiamava Frans Kuyper, collegiante e amico di Adriaan Koerbagh. Anche il presidente dei magistrati, Hans Bontemantel, che tanto si era speso per proteggere la libertà e l’autonomia delle botteghe tipografiche di Amsterdam, aveva conosciuto Koerbagh. Nel 1668, un anno prima 172 I. Weekhout, Boekcensuur, cit., p. 93-94 e G.W. Kernkamp, De regeeringe van Amsterdam, I, cit., p. LXXVII-LXXXI. 173 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 142. Già nel giugno del 1672, il concistoro di Haarlem aveva identificato la Bibliotheca come “libro che distrugge le anime” insieme al Trattato Teologico Politico di Spinoza, il Leviatano di Hobbes e il Philosophia Sacrae Scritturae Interpres di Lodewijk Meyer. J.I. Israel, Radical, cit., p. 203. 36 della lettera della Corte d’Olanda, aveva preso parte al processo che avrebbe condannato l’autore del Bloemhof per blasfemia. Sebbene di simpatie rimostranti, Bontemantel non avrebbe mai permesso alle sue inclinazioni religiose di rovinargli la carriera politica. Il 15 maggio del 1647 aveva fatto battezzare il suo primogenito, Hendrik, dai rimostranti e, in seguito, aveva lasciato che i suoi figli frequentassero la comunità religiosa, molto criticata ad Amsterdam per la presenza, al suo interno, di numerosi sociniani. Ma, ufficialmente, la famiglia di Bontemantel non aderì mai alla chiesa rimostrante. Anche tra i reggenti c’erano dei calvinisti ortodossi e questi non avrebbero mai dato il loro voto ad un rimostrante174. Bontemantel, che appoggiava la “Vera libertà” di De Witt e credeva quindi in un sistema politico senza “Stadhouder”, sarà epurato da Guglielmo III il 10 settembre del 1672175. Già nel 1628, a trenta anni dalla domanda di Oldenbarneveld a Ostorodus e Woidowski se i sociniani fossero papisti, la chiesa dei Paesi Bassi aveva chiesto agli Stati di Olanda di non tollerare il socinianesimo e i Sinodi si erano impegnati a vigilare che la “maledetta eresia” non inquinasse il territorio della Repubblica176. L’anno cruciale per il socinianesimo fu il 1653. Alcuni predicatori indirizzarono agli Stati d’Olanda e Frisia Occidentale, una rimostranza sugli incontri dei sociniani, la stampa e la vendita dei loro libri177. L’11 marzo, gli Stati chiesero un parere sulla dottrina sociniana alla facoltà di teologia di Leiden. La risposta, firmata da Jacobus Triglandius, Abrahamus Heidanus e Johannes Coccejus, fu che il socinianesimo era un coacervo di molti errori, “un’estirpazione della fede cristiana”178. 174 G.W. Kernkamp, De regeeringe van Amsterdam, I, ‚ cit., p. LXVIII-LXIX. Ivi, p. XLIII. 176 W. J. Kuhler, Het socinianisme, cit., p. 141. 177 K. O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 99. 178 Verantwoordinge van een Poolsch Ridder tegen het placcate van d’Edele Groot. Mog. Heeren Staten van Hollandt en West-Vrieslandt van den 19 sept. A° 1653. Waer by De Voort-plantinghe van 175 37 Infatti, se i cocceiani erano decisamente più tolleranti dei voetiani da un punto di vista pratico, per converso, non lo erano affatto da quello teologico e, soprattutto, tanto quanto i loro antagonisti di Utrecht, non tolleravano l’eresia che negava il dogma della Trinità e la divinità di Cristo179. Il 19 settembre dello stesso anno, un’ordinanza degli Stati definiva i sociniani “negatori della santità del nome di Dio e perturbatori della pace pubblica” e vietava a chiunque, di qualsiasi condizione sociale, di “spargere” gli errori sociniani. I tipografi che avessero stampato libri sociniani, avrebbero pagato una multa di 3000 fiorini e i librai che vendessero tali opere, un terzo della cifra. L’ordinanza considerava anche la recidività: alla seconda trasgressione avrebbe fatto seguito l’esilio. Chiunque fosse stato in possesso di libri o manoscritti sociniani, avrebbe avuto tre giorni di tempo per consegnare tutto a un magistrato180. L’ordinanza antisociniana del 1653 sarà rispolverata da Bontemantel durante il processo per l’affare Koerbagh. Il Verantwoordinge van een Poolsch Ridder181 fu scritto da un anonimo sociniano come reazione alla decisione degli Stati e stampato nel 1656 in piena violazione del decreto contro cui, anzi, si scagliò. Inizia182 infatti subito con una aperta dichiarazione d’intenti: “Signori, sociniaensche leere wordt verboden: ondersocht van Johannes Coccejus, Professor van de H. Theologie in d’Academie tot Leyden. Tot Leyden by Johannes Elsevier, Boek-Drucker van d’Academie, Anno 1656, p. 4-5. Nella lettera dei tre professori di Leiden si dice anche che l’arrivo dei sociniani ha messo in grande pericolo la comunità dei rimostranti provocando ferite non facili da curare. 179 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 910. 180 Verantwoordinge van een Poolsch Ridder tegen het placcate van d’Edele Groot. Mog. Heeren Staten van Hollandt en West-Vrieslandt van den 19 sept. A° 1653. Waer by De Voort-plantinghe van sociniaensche leere wordt verboden: ondersocht van Johannes Coccejus, Professor van de H. Theologie in d’Academie tot Leyden. Tot Leyden by Johannes Elsevier, Boek-Drucker van d’Academie, Anno 1656. Il placcaat con la multa agli stampatori segue la lettera dei professori di Leiden. 181 La traduzione è :” Giustificazione di un cavaliere polacco contro l’ordinanza degli Stati d’Olanda e Frisia occidentale del 19 settembre 1653”. 182 La lettera di questo cavaliere polacco segue nel libro, l’ordinanza degli Stati e la pagina è numerata 1. 38 non veniamo a disturbare la vostra pace, ma essendo stati accusati di gravi colpe dal vostro Diritto, ci difendiamo [...] non combattiamo con le armi fisiche ma solo con la Scrittura e la ragione”183. E continua “siamo stati giudicati senza aver potuto rispondere alle accuse [...]184; senza essere stati ascoltati [...] proibire la dottrina sociniana in quell’ordinanza è contro la libertà, in particolar modo di coscienza”185. Ma le decisioni degli Stati in materia religiosa, successive e precedenti a quella del 1653, non furono mai applicate con la risolutezza richiesta dalla chiesa calvinista controrimostrante186. Il 10 febbraio del 1656, gli Stati Generali promulgarono un’altra ordinanza del tutto simile a quella del 1653, ma la situazione non cambiò molto187. La vita religiosa e intellettuale olandese della seconda metà del XVII secolo infatti, era caratterizzata da un marcato pluralismo che vedeva la chiesa riformata calvinista coesistere con mennoniti, cattolici, luterani e una grande quantità di altre sette religiose. Questo variegato panorama rese necessario o favorì misure di tolleranza e libertà di pensiero straordinari188. Stouppe infatti, nel 1673, dipinge una realtà religiosa olandese estremamente frammentata e varia, ben diversa da quella auspicata dall’ortodossia calvinista e, parlando dei sociniani, afferma che: “Le loro pubbliche assemblee sono proibite, e però si radunano sotto ‘l nome d’arminiani o anabattisti. Ne fanno alcune segrete nelle quali pregano Dio con grand’ardore, con gemiti e con pianti. Si dolgono di essere odiosi e in abominazione appresso la maggior parte de’ christiani, per cagione della Dottrina che professano. Nelle assemblee che fanno per i loro esercizi di pietà, ogn’uno ha la libertà di discorrer sopra la Scrittura 183 Verantwoordinge, p. 3. Ivi, p. 451. 185 Ivi, p. 469. 186 L. Simonutti, arminianesimo e tolleranza, cit., p. 10. 187 P.G. Bietenholz, Daniel Zwicker, cit., p. 31. 188 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 21. 184 39 Sacra. Uno di loro ne comincia un capitolo e quando ha letto alcuni versetti fino che trova il senso compito, il lettor e gli ascoltanti dicono ogn’uno i loro sentimenti sopra il senso delle parole lette. Riesce di gran meraviglia, il vedere che quasi tutti hanno un particolare talento per l’intelligenza e per l’esplicazione della Sacra Scrittura benchè siano senza lettere e senza alcuno studio, essendo tutti Mercadanti o Artigiani”189. Dalla metà del XVII secolo, il socinianesimo divenne parte integrante del movimento di Rijnsburg. Il nipote di Fausto Sozzini, Andrzey Wiszowaty, che già aveva visitato l’Olanda nel 1631 in compagnia di un atro sociniano, Martin Ruar, e poi ancora nel 1640, si stabilì definitivamente ad Amsterdam nel 1666190. Sebbene l’antitrinitarismo non riscuotesse simpatie né da parte delle autorità civili, né dalla chiesa riformata, rimostrante e controrimostrante, i sociniani trovarono accoglienza nei circoli collegianti in cui la libertà di espressione del proprio pensiero religioso non trovava alcuna censura. Tuttavia, non fecero molti proseliti tra i rijnsburghesi. 2.3 Il collegio di Amsterdam La fondazione del collegio di Amsterdam non passò inosservata agli occhi della chiesa calvinista: uno dei principi fondamentali della Politica Ecclesiastica di Gijsbert Voetius infatti, era proprio che una società cristiana non doveva tollerare il socinianesimo e gli antitrinitari 189 190 J.B. Stoppe, La religione degli olandesi, cit., p. 63-65. P.G. Bietenholz, Daniel Zwicker, cit., p. 32. 40 in genere191. Questi andavano tenuti attentamente sotto sorveglianza, per evitare che la diffusione delle loro idee deviasse altre anime: il compito di estirpare queste dottrine spettava, secondo Voetius, allo Stato. I timori del teologo sull’influsso che avrebbero potuto avere le dottrine sociniane sugli olandesi non erano del tutto infondati. Il sociniano polacco Johannes Sartorius, rifugiato ad Amsterdam, confermava infatti che nel 1638, molti olandesi respingevano in segreto la dottrina della Trinità ed erano, perciò, “nicodemiti”192. I reggenti repubblicani di Amsterdam erano tolleranti in materia religiosa ma, da politici e uomini d’affari, non potevano lasciare che i predicatori rovinassero la loro reputazione tra la gente, accusandoli di proteggere gli eretici193. Su sollecitazione del Concistoro, i magistrati già nel 1646 condussero un’indagine sulla natura delle riunioni di Amsterdam, ma risolsero in breve che si trattava di incontri di “Mennisti”194. E tuttavia il collegio venne chiuso anche se questo provvedimento non riuscì ad impedire le riunioni in altre case della città. Nel 1646, l’anno in cui fu aperto il collegio, ancora non si trattava propriamente di riunioni di rijnsburghesi quanto piuttosto, di collegi boreelisti, fondati da Adam Boreel per diffondere le sue idee radicalspirituali. Questi collegi, sparsi su tutto il territorio delle Province Unite, avevano di solito vita brevissima. Quello di Amsterdam ebbe il vantaggio di essere supportato dalla presenza del teologo rimostrante Daniel van Breen, che era stato il segretario di Episcopio durante il sinodo di Dordrecht e che, successivamente, si era convertito ai principi di Rijnsburg. 191 J.I.Israel, The ducth, cit., p. 909. Ivi, p. 910. 193 Ivi, p. 910. 194 J.C. van Slee, De Rijnsburger, cit., p. 142. 192 41 Il collegio di Amsterdam può dirsi collegiante dal 1650 in poi. In quello stesso anno entrò nel movimento un’altra personalità del tempo: il medico Galenus Abrahams De Haan, che solo due anni prima era diventato predicatore laico della congregazione dei mennoniti. La sua conversione portò tra i collegianti un gran numero di fedeli di orientamento anabattistico195. I provvedimenti antisociniani suggeriti da Voetius non avrebbero dovuto essere estesi ai collegianti dal momento che l’entrata nel collegio non comportava affatto l’accettazione di una dottrina specifica e, tanto meno, quella antitrinitaria, tuttavia, l’essenza del movimento, che consisteva nello studio della Bibbia e in un ideale di vita modellata sull’esempio di Cristo, era l’antitesi della concezione di chiesa come autorità e inevitabilmente creava tutte le condizioni in cui anche la dottrina antitrinitaria potesse svilupparsi senza troppi ostacoli196. Agli occhi dei calvinisti, collegianti e sociniani erano parimenti eterodossi: non si conformavano ai principi fissati a Dordrecht e le divergenze tra le due concezioni erano considerate di secondaria importanza. Nel 1647, il dubbio che i sociniani influenzassero le riunioni del collegio aveva spinto il Concistoro di Amsterdam ad inviare a casa del collegiante Cornelis Moorman, il predicatore Leupenius che era uno specialista nella lotta all’eresia sociniana. Secondo il rapporto del predicatore del 4 aprile del 1647, gli incontri avvenivano due volte a settimana: il martedì si discuteva del libro di Daniele e il giovedì degli Atti degli apostoli. I partecipanti facevano delle domande e così aveva inizio il dibattito seguito da tutti con grande attenzione. La Cena veniva celebrata ogni domenica e il battesimo somministrato per immersione. Leupenius potè prender parte alle riunioni in tutta tranquillità anche se 195 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 44-45. vedi G.H. Williams, Radical reformation, The Westminster Press, Philadelphia 1972. 196 J.I. Israel, The ducth, cit., p. 913. 42 gli ospiti di Moorman avevano capito chiaramente chi fosse197. Anche il “Burgemeester” (sindaco) Coenraad van Beuningen, visitò molto spesso le riunioni198. Aveva cominciato a recarsi periodicamente a Rijnsburg sin dagli anni universitari a Leiden199 e, in seguito, sarebbe stato per molto tempo il perno su cui De Witt avrebbe contato per il successo della sua politica nella città di Amsterdam. Nell’anno del processo di Koerbagh, van Beuningen era in missione in Francia come ambasciatore200. Ancora nel 1648, un predicatore di Amsterdam, tale Roelof Pieters, lamentò al sinodo di Delft “un collegio di sociniani in una certa città dell’Olanda”. La risposta delle autorità fu che si trattava solo di incontri di Rijnsburghesi su cui i magistrati avevano già investigato due anni prima201. Nel 1650, la chiesa calvinista teneva ancora d’occhio le riunioni che avevano luogo nella casa di Cornelis Moorman al Lindengracht e poi quelle tenute nell’abitazione di un inglese presso Harlemmerdijk202. Ma se riuscivano a far chiudere un collegio, subito ne veniva aperto un altro. In settembre, i capi del movimento furono convocati in Comune (Stadhuis) e dovettero promettere di “comportarsi bene”203. Sicuramente le autorità cittadine dovevano mostrare ogni tanto una qualche considerazione nei riguardi delle continue lamentele del clero calvinista. Questa sorta di riprensione dei collegianti, accusati dai calvinisti di socinianesimo, servì a mantenere in equilibrio sul piano della bilancia i rapporti tra la chiesa e l’autorità civile: pur convocando i capi nel palazzo 197 del Comune, mossa certamente di grande effetto, Il primo rapporto di Leupenius è datato 21 marzo 1647. R.B. Evenhuis, Ook dat was Amsterdam, II, cit., p. 235-236. 198 Ivi, p. 242. 199 R.B Evenhuis, Ook dat was Amsterdam, III, p. 313. 200 Ivi, p. 189. 201 J.C. van Slee, De Rijnsburger, cit., p. 142. 202 Ivi. 203 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 10. 43 l’amministrazione non prese alcun provvedimento efficace per impedire le “conventicole” dei collegianti. Nell’autunno del 1652, gli incontri ripresero, sia presso la casa di Daniel van Breen, all’Anjeliersgracht, sia ad Elandstraat, al domicilio di un certo Jan Teunissen, tessitore di lino204. Le riunioni dei rijnsburghesi attiravano non solo l’attenzione della chiesa calvinista, convinta che si trattasse di conventicole sociniane, ma anche quella di molti curiosi. Nell’estate del 1653, Frans Kuyper205 entrò nei collegianti e successivamente mise a disposizione dei fratelli la sua casa al Braak per gli incontri206. Il movimento era composto per lo più da esponenti della classe medio-alta della società: mercanti, intellettuali, professionisti, fisici, tipografi, molti dei quali avevano frequentato l’Università di Leiden207. Adam Boreel, uno dei co-fondatori del collegio di Amsterdam, era un sostenitore dello Spiritualismo radicale propugnato nell’insegnamento di Sebastian Franck e Kaspar Schwenckfeld208: il rifiuto degli spiritualisti per le chiese istituzionalizzate, i loro sacramenti, le loro cerimonie opposto all’insistenza sulla luce interiore o Spirito guida per il cristiano, si adattavano perfettamente alla critica collegiante al confessionalismo209. 204 Il bando dei sociniani del settembre ’53, arrecò molte difficoltà al collegio. Nel 1655, Galenus Abrahamsz., nuovo leader dei rijnsburghesi, tentò di dare rispettabilità al movimento portandolo a riunirsi nella cappella dei Mennoniti ma l’idea non riscosse il plauso dei fratelli anabattisti anzi provocò una serie di infuocati pamphlets polemistici. Solo dal 1660 in poi, la pressione sui collegianti si attenua. Dal 1660 al 1667 il collegio potè riunirsi liberamente in una casa sul Rokin; dal 1668 al 1675, gli incontri si tennero nella chiesa mennonita sul Singel fin quando non fu ultimata la costruzione de “Het Oranje Appel”. J.C. van Slee (De Rijnsburger, cit., p. 141) sostiene invece che le riunioni si tennero per più di vent’anni al Rokin. 205 Come si legge nel testamento di Zuzanna van Breen, sorella di Daniel, Frans Kuiper aveva sposato la figlia di Zuzanna, Elisabet van Waamelen. Testament van Zuzanna van Breen, Weduwe van Dirk van Waarmelen ende zuster van Daniel van Breen. Aan haar twee docherten, Elisabet en Aaltije van Wamelen. ’t Amsterdam bij Pieter Arentsz, 1688. La pagina è segnata A2. 206 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 101. M. Francès, Spinoza dans les Pays Néerlandais, cit., p.151. 207 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 20 e 47. 208 G.H. Williams, Radical reformation, cit., p. 209 Ivi, p. 42. 44 Nonostante i vari tentativi per Concistoro per far chiudere il collegio di Amsterdam, agli inizi degli anni sessanta, questo contava circa duecento partecipanti e fu un punto di riferimento per molti intellettuali dell’epoca210. Il movimento non provocò mai un’ordinanza ad hoc da parte delle Autorità211. Oltre le riunioni regolari tenute in diverse case di Amsterdam, molti rijnsburghesi e cartesiani usavano incontrarsi nella bottega dello stampatore e editore Jan Rieuwertsz212. Tra loro non era difficile incontrare sociniani polacchi e moravi e, tra il 1654 e il 1655, anche Baruch Spinoza213. Un pamphlet dell’epoca definisce la bottega di Rieuwertsz “Schoole der Spotters” (Scuola dei derisori)214. Meinsma sostiene che la tipografia di Rieuwerts fosse una sorta di “sede del partito controversistico”: gli spiriti si radunavano lì e decidevano cosa fosse degno di risposta215. Quando Galenus Abrahams tentò di spostare le riunioni del collegio all’interno della cappella mennonita, scoppiò una violenta battaglia a colpi di inchiostro tra i mennoniti, preoccupati della conversione di molti dei loro membri ai principi di Rijnsburg, e i collegianti216. Questi erano definiti Boreelisti, Galenisti, Breenisti ma in realtà, sostenevano i pamphlets mennoniti, erano tutti sociniani che però nelle Province Unite non volevano usare questo nome217. Il pamphlet dal contenuto più velenoso uscì nel 1655, dalla penna dell’anonimo D.O.S., con il titolo Sociniaansche hooftpijn (Emicrania 210 Ivi, p. 46. R.B Evenhuis, Ook dat was Amsterdam, II, cit., p. 242. 212 Il 22 settembre del 1640 il suo nome compare nella gilda dei librai di Amsterdam. In città era famoso per essere l’editore degli scritti di anabattisti e collegianti e soprattutto per le sue idee liberali e tolleranti. Cfr. K. O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 105. 213 A.C. Fix, Prophecy and reason, cit., p. 52. K. O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., cap. 4. J. Lindeboom, Geschiedenis,, cit., p. 109. 214 W. van Bunge, From Stevin to Spinoza, cit., p. 106. 215 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 109. La tipografia veniva anche definita “Scuola dei dileggiatori”. 216 J.C. van Slee, De Rijnsburger, cit., p. 144-5. 217 Ivi, p. 145. 211 45 sociniana). Era scritto in forma di dialogo tra un certo “Loshooft” (testa di lince), che probabilmente era un collegiante e “Listige Veijnser” (simulatore astuto), identificabile con Galenus Abrahamsz. “Listige Veijnser” veniva accusato di voler segretamente portare il collegio all’interno della chiesa mennonita sostenendo però di non volerne sradicare l’organizzazione218. Malgrado le numerose defezioni tuttavia, la comunità dei mennoniti non fu mai trasformata in un collegio di Rijnsburghesi219. Ancora nel 1656, la chiesa calvinista lamentò che i sociniani continuavano a riunirsi in città e il collegio fu costretto a spostare senza tregua il luogo degli incontri220. In dicembre, le “conventicole” di anabattisti e sociniani furono nuovamente proibite dalle autorità ma nel maggio del 1657 la chiesa denunciò altre riunioni segrete nelle case di Amsterdam221. Non è possibile documentare per quanto tempo e con quanta assiduità Spinoza prese parte agli incontri dei collegianti222 di Amsterdam e poi di Rijnsburg dopo il suo trasferimento nella cittadina, certo non scelta a caso. Quello che qui interessa rilevare è che questi spiriti liberi non potevano non avere contatti con un movimento che non legava la sua esistenza all’organizzazione di strutture ecclesiastiche, non pensava di essere la vera e unica chiesa benedetta da Dio e concedeva libertà di parola anche all’ultimo arrivato. La bottega tipografica di Rieuwerts, le riunioni segrete dei collegianti, la scuola di latino di van den Enden sul Singel, erano i lati di un triangolo ideale in cui si incrociavano le vite di coloro che cercavano personalmente la verità, che non si accomodavano alla religione dei predicatori della chiesa calvinista 218 Tutta la polemica pamphlettistica è descritta nelle pagine 147-159, ivi. Ivi, p. 161. W. Frijhoff e M. Spies, Nederlandse Cultuur , cit., p. 414. 220 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 111. 221 La chiesa calvinista inviava a queste riunioni alcuni dei suoi membri che riferivano puntualmente al concistoro la natura degli argomenti trattati e “il livello di ortodossia” dei partecipanti.. K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 112-113. 222 Ivi, p. 123. 219 46 che “era per la folla e per i semplici, non per gli spiriti forti, perché dove ce ne sono pochi che, guidati solo dalla ragione, possono acquisire la virtù, ne restano sempre molti che hanno la capacità di acquisirla solo attraverso l’ubbidienza”223. Nella primavera del 1661, Spinoza lasciò Amsterdam per trasferirsi a Rijnsburg, la patria dei collegianti che però a quell’epoca radunava il suo collegio solo due volte l’anno in occasione degli incontri generali224. Non si può stabilire con certezza l’anno in cui i filosofo conobbe Adriaan Koerbagh. Questi si era iscritto all’Università di Leiden il 30 agosto del 1656, insieme al fratello, Jan; il 13 aprile del 1661 aveva terminato gli studi ed era ritornato ad Amsterdam presso la casa della madre225. Sappiamo, grazie ad una lettera di Simon Joosten De Vries scritta a Spinoza, il 24 febbraio 1663, che nel circolo di amici che il filosofo aveva lasciato ad Amsterdam già si discuteva da tempo di alcuni scritti che avrebbero successivamente preso forma nell’Etica e nel Trattato teologico politico: “Il nostro collegio è così composto: – scrive De Vries – uno di noi (ma tutti secondo il turno) legge e dà una spiegazione dei suoi (di Spinoza) concetti. Nel caso qualcosa non ci convinca appieno, consideriamo che valga la pena segnarlo e scriverle (a Spinoza) cosicché lei possa darci un chiarimento affinché noi sotto la sua guida possiamo difendere la verità davanti ai superstiziosi e ai cristiani”226. Il collegio a cui fa riferimento De Vries non era molto dissimile dalle riunioni dei collegianti, benché il testo di riferimento di questa 223 J. Lindeboom, Geschiedenis, cit., p. 112. A questo proposito, mi vengono in mente anche le ultime parole dedicate da Italo Calvino alla descrizione del carattere del precettore del barone rampante Cosimo: l’abate Fauchelafleur, arrestato dagli sgherri perché in possesso delle opere del Bayle. “L’abate – scrive Calvino – passò il resto dei suoi giorni tra carcere e convento in continui atti di abiura, finchè non morì, senza aver capito, dopo una vita intera dedicata alla fede, in che cosa mai credesse, ma cercando di credervi fermamente fino all’ultimo”. I. Calvino, Il barone rampante, Oscar Mondatori, Milano 1993, p. 122-123. 224 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 200-201. 225 Biographisch woordenboek van protestantsche godgeleerderden in Nederland, onder hoofdredactie van Dr J. P. De Bie, V, ’s-Gravenhagen, M. Nijhoff 1943, p. 111-114. 226 P. H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 15. 47 pattuglia olandese di ricercatori della verità non fosse più la Bibbia, ma i manoscritti delle opere che Spinoza non avrebbe pubblicato prima del 1670227. 227 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 225. 48 Capitolo III 3.1 Il Circolo di Spinoza e ‘t Nieuwe Woorden-boek der Regten A quel gruppo di amici che riconosceva nel filosofo olandese il suo maestro spirituale, appartenevano oltre i fratelli Koerbagh anche Lodewijk Meyer, Pieter Balling, Jarig Jelles, Hendrik Glazemaker e Johannes Bouwmeester228. Lodewijk Meyer si era immatricolato all’Università di Leiden nel 1654 e si era laureato sia in filosofia sia in medicina. Alla fine degli anni cinquanta, nel momento in cui a Leiden gravitavano i Koerbagh, Meyer e Spinoza, i professori cartesiani di filosofia erano De Raey, Heereboord e Geulincx229. Pieter Balling era un collegiante entusiasta della nuova filosofia cartesiana che, commerciando nel settore degli scambi tra Amsterdam e la Spagna, probabilmente aveva conosciuto Spinoza prima della scomunica del 1656, quando il filosofo era ancora un mercante. Ottimo latinista e traduttore, nel 1664 Balling si occuperà della traduzione in nederlandese dello spinoziano Principia Philosophiae Cartesianae230 e sarà uno dei primi a rendere fruibile in lingua materna il pensiero del maestro231. Anche Jarig Jelles era un mercante che con tutta probabilità aveva conosciuto Spinoza prima della scomunica. Nel 1653, aveva liquidato la sua attività commerciale per dedicarsi interamente agli studi filosofici con l’obiettivo di riuscire a trovare una conciliazione tra la 228 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 15. J.I. Israel, Radical, cit., p. 197-198. 230 W. Klever, Mannen rond Spinoza, (1650-1700): presentatie van een emanciperende generatie, 229 Verloren, Hilversum 1997, p. 27-29. 231 Vedi cap. 4 della tesi. 49 nuova filosofia e il razionalismo cristiano di stampo sociniano. Jelles scriverà nel 1673 la sua Belydenisse des algemeenen en Christelyken geloofs che, dopo la sua morte, l’editore Rieuwertsz pubblicherà nel 1684 sotto forma di lettera ad un amico (Spinoza)232. Nel 1677, Jelles curerà la prefazione dell’Opera Posthuma233. Anche Hendrik Glazemaker si occuperà della pubblicazione dei lavori di Spinoza e, significativamente, della parte relativa ai testi in nederlandese234. La sua attività di traduttore era cominciata nel 1643, quando, pur non abbandonando il mestiere di vetraio, aveva pubblicato le sue due prime traduzioni, entrambe dal francese235. Tra il 1656 e il 1661, Glazemaker aveva tradotto le opere di Cartesio236 e iniziato a frequentare la scuola sul Singel. “Qui ci sono atei e soprattutto cartesiani come van den Enden, Glazemaker etc”, scriveva Olaus Borch nel suo diario nell’aprile del 1662237 parlando dell’attività del circolo di Amsterdam a cui apparteneva anche Spinoza. Johannes Bouwmeester era invece un medico, un amante del teatro e latinista, che aveva conosciuto Koerbagh negli anni di studio a Leiden238 e che curò l’edizione delle parti latine dell’Opera Posthuma di Spinoza insieme a Lodewijk Meyer239. L’arco temporale in cui è ipotizzabile collocare la conoscenza tra Spinoza e Koerbagh va quindi dal 1656 al 1661, anche se non è da escludere che Koerbagh possa aver sentito parlare, negli anni universitari 232 La Belydenisse è stata recentemente ripubblicata con testo a fronte in italiano a L. Spruit, J. Jelles, Professione della fede universale cristiana, Belydenisse der algemeenen en christelyken geloofs, Quodlibet, macerata 2004. 233 J.I. Israel, Radical, cit, p. 164. 234 Ivi, p. 288. 235 F. Akkerman, J.H. Glazemaker, an early translator of Spinoza, in: Spinoza’s political and theological thought, International Symposium under the auspices of the Royal Netherlands Academy of Arts and Sciences, commemorating the 350th anniversary of the birth of Spinoza, Amsterdam 24-27 november 1982, edited by De Deugd, p. 23.. Vedi anche Thijssen-Schoute, Jan Hendrik Glazemaker, de zeventiende-eeuwse aartsvertaler, in: uit de Republiek der Letteren, Den Haag 1967, p. 206-261. 236 F. Akkerman, J.H. Glazemaker, cit., p. 23. 237 Klever, Spinoza and Van den Enden, p. 318. 238 J.I. Israel, Radical, cit., p. 198. 239 Ivi, p. 288. 50 di Leiden, o tra i circoli dei collegianti, delle idee del filosofo240 che, in quegli ambienti, non era certo uno sconosciuto. Nadler sostiene che, benché iscritto alla Facoltà di medicina di Leiden, Adriaan, avendo già studiato filosofia qualche anno prima a Utrecht, potrebbe aver frequentato anche i corsi su Cartesio di De Raey, seguiti da Spinoza. De Raey occupava sin dal 1658 la cattedra di medicina ed è plausibile che Adriaan abbia avuto la curiosità di andare a sentire ciò che il professore teorizzava in campo filosofico241. Meinsma colloca l’incontro alla fine degli anni cinquanta presso la scuola di van den Enden, sul Singel 242. Manca, tuttavia, una qualsiasi documentazione che consenta di uscire dal campo delle ipotesi anche se è plausibile ritenere che l’incontro non fu successivo alla pubblicazione della prima opera di Adriaan: ‘t Nieuw woorden-boek der Regten, ofte een vertaalinge en uytlegginge van meest alle de Latijnse woorden, en wijse van spreeken, in alle regten en regtsgeleerders boeken en schriften gebruygelijk243, stampata ad Amsterdam nel 1664 e in cui compaiono già alcune critiche verso la dottrina cristiana244. L’opera di cui, al presente, sono stati rintracciati solo tre esemplari conservati nelle biblioteche pubbliche olandesi245, è una traduzione in lingua popolare nederlandese del gergo giuridico-tecnico, latino, parlato dagli avvocati; traduzione messa a punto da Adriaan con l’intento di far comprendere alla maggior parte delle persone la lingua oscura in uso presso i tribunali. L’interesse di Koerbagh per la lingua materna e l’insistenza sulla necessità di essere precisi nella scelta delle parole erano principi condivisi anche da Abraham van Berckel e Lodewijk Meyer246. 240 Cfr. pag 4 della tesi. S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 188. 242 K. O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 151. 243 “Il nuovo dizionario dei diritti, o una traduzione e una spiegazione della maggior parte delle parole latine, dei modi di dire, in tutti i diritti e in tutti i libri per avvocati e scritti in uso…” 244 Biographisch woordenboek van protestantsche godgeleerde, cit., p. 112. 245 E. Sanders, Woorden van de duivel, de Bijenkorf, 1993, pag. 8. 246 W. Van Bunge, From Stevin, cit., p. 107. 241 51 Il suo attacco alla lingua latina, dietro cui i potenti si nascondevano per impressionare il popolo e separarlo di fatto dalla conoscenza, si trasforma in un’esaltazione della lingua materna, naturale, attraverso la quale la comunicazione e la comprensione non trovano ostacoli. “Benevoli lettori, - avrebbe poi scritto Adriaan nell’introduzione della sua opera successiva: il Bloemhof, - che i greci a così grande scienza ed erudizione siano giunti non è così sorprendentemente onorevole: quelli non hanno avuto il bisogno di imparare un’altra lingua o lingue con grandi sacrifici e con ancor più grande fatica e con la perdita di alcuni anni di vita: perché tutte le arti e le scienze le hanno scritte nella loro propria lingua e nella loro propria lingua le hanno imparate. Ma è ancor più sorprendente che alcuni tra noi che per prima cosa hanno dovuto imparare un’altra lingua o altre lingue con grandi sacrifici e con ancor più grande fatica e con la perdita di molti anni di vita poiché stranamente ancora non viene scritto nella nostra lingua siano giunti a una così grande erudizione e saggezza in tutte le arti e le scienze che non solo sono pari ai greci in erudizione e comprensione ma hanno anche esagerato e li hanno superati”247 . Molto spesso, sia nel Bloemhof che ne ‘t Nieuw woorden-boek der Regten, Koerbagh non fa una chiara distinzione tra le parole nederlandesi e quelle di derivazione straniera o, come le definisce lui, “bastaartwoorden” (parole bastarde). L’obiettivo principale delle sue opere, così come aveva appreso da van den Enden durante le lezioni sul Singel, era illuminare le coscienze della gente e mostrare come, attraverso l’uso di un linguaggio impenetrabile e settario, la strada della conoscenza sia volontariamente preclusa alla maggior parte degli uomini che, ignorando, diventano più facili da impaurire e subordinare. Nella società olandese del XVII secolo, i teologi, gli avvocati, i medici erano un’élite, 247 Bloemhof, introduzione. 52 il cui potere consisteva nella conoscenza di una tecnè che nascondevano esercitando in una “lingua bastarda”, piena di termini stranieri o di parole latine248. Il sarcasmo di Koerbagh non risparmia anche chi, per mostrarsi erudito, disprezza l’uso della lingua materna e si ingegna maldestramente di usare vocaboli latini che però, scrive Koerbagh, ripete “come gli uccelli indiani (i pappagalli) che, senza comprensione delle parole, ripetono quello che la gente dice”249. Le 400 pagine del dizionario di Koerbagh non fornivano solo una traduzione dei termini latini a vantaggio delle classi meno colte, ma anche una spiegazione, che aveva l’ambizione di permettere agli avvocati che si servivano del latino, un uso corretto di questa lingua. E’ un attacco all’élite colta olandese alla quale egli stesso appartiene, per nascita e per studi, quello che Adriaan realizza attraverso i suoi libri. E’ il tentativo di far nascere una tradizione filosofica e scientifica in nederlandese. Secondo van den Enden infatti, l’educazione del popolo era la base per l’illuminazione delle coscienze e queste, una volta accese dal lume della ragione, avrebbero potuto a loro volta essere fecondate dai principi repubblicani che avrebbero provveduto al bene comune e garantito la libertà. A questo fine, il linguaggio, il codice di comprensione della realtà, giocava un ruolo cruciale250. Ma se gli avvocati chiedevano alti compensi per compilare pile di documenti scritti espressamente in un linguaggio non comprensibile, ancora peggiore per Koerbagh era il comportamento del clero251. 248 H. Vanderbossche, Dialoog, Tijdschrift voor wijsbegeerte, uitgeverij S.M. ontwikkeling Antwerpen, jaargang 10, n° 1-2, 1969-70, p. 120. 249 E. Sanders, Woorden, cit., pag. 8. 250 J.I. Israel, Radical, cit., p. 180. 251 Ivi, p. 187. 53 3.2 Il Bloemhof Nel 1668, quattro anni dopo la pubblicazione del ‘t Nieuw Woordenboek der regten, Koerbagh pubblica il Bloemhof, l’opera che lo avrebbe portato a finire i suoi giorni nel Willige Rasphuis di Amsterdam252. Per ragioni ignote, la seconda opera di Koerbagh ha due diverse copertine: in una è stampato il nome di un fittizio tipografo di Leiden: “Gedrukt te Leyden voor Goedaart onderwijs. In ‘t jaar 1668”; in un’altra è riportato il nome di Koerbagh:” Gedaen door Mr. Adr. Koerbagh, regtsgel. En geneesmr. Te Amsterdam, Gedrukt voor den Schrijver. In ’t jaar 1668“253. É molto probabile che alla stesura del Bloemhof abbiano partecipato anche il fratello di Adriaan, Jan, Abraham van Berckel e Jan Bouwmeester254 anche se Adriaan, durante l’interrogatorio davanti alle autorità, negherà che il dizionario sia stato scritto a più mani e affermerà con forza di essere lui l’unico autore. Interessante è lo pseudonimo che Adriaan ha usato per il Bloemhof e per la sua opera successiva, Een ligt schynende in duystere plaatsen255, che tenterà di dare alle stampe nell’esilio di Culenborg. Adriaan Koerbagh si firma infatti Vrederijk Waarmond che, tradotto, significa: ricco (rijk – il vocabolo significa anche “governo”) di pace (vrede), bocca (mond), vera (waar). Quindi: è ricco di pace, è tranquillo con la 252 Il titolo nederlandese dell’opera è: Een Bloemhof van allerley lieflijkheyd sonder verdriet geplant door Vrederijk Waarmond, ondersoeker der waarheyd, tot nut en dienst uyt trekken wil. Of een vertaaling en uytlegging van al de Hebreusche, Grieksche, Latijnse, Franse, en andere vreemde bastaart-woorden en wijsen van spreeken, die (‘t welk te beklaagen is) soo inde Godsgeleertheyd, regtsgeleertheyd, geneeskonst, als in andere konsten en weetenschappen, en ook in het dagelijks gebruyk van spreeken, inde nederduytse taal gebruykt worden. 253 E. Sanders, Woorden, cit., pag. 11-12. 254 H. Vandenbossche, Adriaan Koerbagh en Spinoza, cit., p. 2. 255 Jan en Adriaan Koerbagh, Een ligt schijnende in duystere plaatsen, eerste critische uitgave door H. Vandenbossche, vrijdenkerslexicon, Brussel, Vlaamse vereniging voor wijsbegeerte, 1974. 54 coscienza chi dice la verità. “Waarmond” potrebbe anche far riferimento alla cittadina di Warmond, dove nacquero i primi collegi ma mi sembra un’ipotesi meno probabile anche perché, subito dopo il nome di Vrederijk Waarmond, il nostro autore mette una virgola e si definisce “ondersoeker der waarheid” cioè: ricercatore della verità. Nel 1662, anche Pieter Balling aveva dato alle stampe un pamphlet anonimo dal titolo Het licht op de kandelaar256 (La luce sopra il candelabro) che insisteva sul significato delle parole. Alla base di tutti gli errori e delle divisioni c’era – secondo Balling - l’inadeguatezza delle parole257. “Le cose non riguardano le parole – scrive Balling come incipit al suo discorso258 - ma le parole riguardano le cose”. Balling sosteneva l’impossibile accordo tra la verità, la parola di Dio e quello che era scritto nella Bibbia ma non era comprensibile con la luce interiore della ragione, unico strumento per perseguire le conoscenza di Dio259. La luce del candelabro, pubblicata agli inizi degli anni sessanta, è la testa di ponte tra la luce interiore degli Spiritualisti, la mistica emanazione di Dio dei primi collegi e la luce filosofica della ragione260: “La luce della verità, – scrive Balling – la vera luce che illumina ogni persona che viene al mondo”261. Una luce completamente cartesiana quella invocata da Balling: ”noi intendiamo una luce che sia una chiara e distinta conoscenza della verità nell’intelletto di ogni persona attraverso la quale l’individuo sia completamente convinto al punto che sia impossibile per lui poterne dubitare”262. Senza la ragione: “ Senza questa luce, l’uomo non ha potere di operare bene. Deve prima svegliarsi dalla morte del peccato e tornare alla vita. L’oscurità ci 256 Il pamphlet fu ripubblicato nel 1683 col nome dell’autore da Rieuwertsz. J.I. Israel, Radical, cit., p. 170. 257 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 16. 258 Het licht op den kandelaar, in Chronicon Spinozanum, IV, Den Haag, 1924-1926, p. 3. 259 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 16. 260 J. I. Israel, Radical, cit., p. 343-344. 261 P. Balling, Het Licht, cit., p. 4. 262 Ivi, p.4. 55 allontana dalla luce, l’ignoranza dalla conoscenza. È folle volere qualcosa dove non c’è niente. Non c’è effetto senza causa. Se l’uomo fa qualcosa, qualcosa lo porta a farlo. E questa causa deve contenere tutto quello che contiene l’effetto. Se c’è l’effetto della luce, la luce sola deve essere la causa”263; “Questa luce è il mezzo per arrivare alla conoscenza di Dio”264. Nonostante Spinoza non pubblicasse la sua prima opera se non dopo la morte di Koerbagh o per reazione emotiva a quella, e il suo motto fosse “Caute”, i suoi amici e seguaci cominciavano a disseminare, in maniera imperfetta, le sue idee; a tentare, ingenuamente, di attuare l’insegnamento appreso durante le lezioni sul Singel alla scuola di van den Enden, di illuminare le coscienze del popolo, indistintamente. Il meno cauto di tutta la compagnia, fu proprio Adriaan Koerbagh. Delle tre opere di Koerbagh non vi sono seconde edizioni. Dell’ultima anzi, neanche la prima stampa è mai stata portata a termine265. Secondo il Catalogus librorum rariorum di Johannes Vogt, stampato ad Amburgo nel 1753, il Bloemhof è : “uno scritto veramente pessimo, ateistico e blasfemo, a causa del quale il suo autore venne rinchiuso”. Non migliore giudizio esprime il commerciante di tabacco e collezionista di libri rari, P.A.B. Cravenna nel 1776: “Quell’autore scellerato ha preso a pretesto l’occasione di scrivere un dizionario dei termini bastardi entrati in uso nella lingua nederlandese per produrre le più abominevoli empietà”266. Anche Leibniz si troverà a ragionare sul significato delle parole ricordando “Un certo olandese, poco rispettoso della religione, (che) abusò di questa verità, cioè che i termini della teologia, della morale e della metafisica sono derivate originariamente da cose grossolane, per 263 Ivi, p. 4. Ivi, p. 7. 265 Vedi il paragrafo 6.1 della tesi. 266 De Navorscher, Amsterdam 1855, p. XLIX. 264 56 mettere in ridicolo, in un suo piccolo dizionario olandese267, la teologia e la fede cristiana, dando ai termini le definizioni o spiegazioni, non prese dall’uso, ma derivate dalla forza originaria delle parole; e li volgeva malignamente. E siccome d’altra parte aveva dato prove di empietà, si disse che fu punito nel Raspel-huys”268. Adriaan Koerbagh, come il suo amico Spinoza, arriverà ai nostri giorni con l’etichetta sospetta di ateo. “E’ innegabile – scrive Georges Minois, in un paragrafo intitolato “L’importanza delle parole” – che il termine “ateo” sia servito da generica offesa contro qualunque avversario in fatto di religione, e che sia stato adoperato a casaccio anche per designare quanti appartenessero a confessioni diverse”269. Ma leggendo le opere di Adriaan Koerbagh, non sembra affatto che l’autore possa dirsi “ateo” così come “ateo” non può anche dirsi il suo maestro, Baruch Spinoza. Certamente, il Dio di Koerbagh non era il Dio degli altari, dei riti e delle cerimonie. Non era il Dio delle religioni, ma un Dio razionale che occorreva conoscere con l’intelletto e non con le preghiere. Dio, è per Koerbagh “Sostanza: […] non è che Dio o la sostanza mai cominciata270”. Lo stesso Dio del suo maestro: “Dio, cioè la sostanza costituita da un’infinità di attributi ognuno dei quali esprime un’essenza eterna e infinita, esiste necessariamente”271. Non è il Dio delle chiese quello di cui parlano Koerbagh e Spinoza ma un Dio sostanza, che presuppone una conoscenza intellettuale e non la fede in un credo. 267 Il formato tipografico del Bloemhof infatti, è talmente piccolo da stare nel palmo di una mano. Che Leibniz ne abbia vista una copia? 268 Scritti filosofici di G. W. Leibniz, vol. II, Nuovi saggi sull’intelletto umano e saggi preparatori , Scritti vari e lettere, a cura di Domenico Omero Bianca, Unione tipografica editrice torinese, 1988, p. 400. 269 G. Minois, Storia dell’ateismo, Editori Riuniti, Roma 2000, p. 121. 270 Bloemhof, p. 609. 271 Etica, prop. XI, p. 93. 57 Nelle opere di Koerbagh non c’è traccia dell’atteggiamento cauto e duplice dei libertini del “foris ut licet, intus ut libet”272: tutto viene messo in chiaro senza mediazioni e, anzi, con estrema violenza espressiva quando si tratta di scrivere del clero e della loro religione che si concretizzava, secondo Koerbagh, in pratiche macchinali e in un culto esterno alle coscienze. Come fa notare Paul Hazard “l’ateismo era nato con il Rinascimento italiano: era stato diffuso dal Machiavelli, dall’Aretino, dal Vanini; […] adesso sorgeva il più nefasto di tutti: Spinoza”273. Nel Bloemhof, Koerbagh spiega cosa intenda per “Ateo: negatore di Dio; - si legge - che disconosce Dio. Uno che disconosce e nega ciò che è un Dio. Coloro che non conoscono Dio, lo negano: così è la maggior parte della gente, inclusi pure i religiosi. Perché è veramente poca la giusta conoscenza di Dio: il nome di Dio è noto a tutti, la sua Sostanza, a pochi. Ateismo: negazione di Dio. Disconoscere Dio. Nessuna persona ragionevole e saggia ha mai disconosciuto Dio”274. Alla luce di questa definizione, è veramente arduo sostenere che Adriaan Koerbagh fosse un ateo. E tuttavia, non riconoscendosi nel Dio degli altari adorato dalle religioni, la cosa più semplice ed efficace affinché il suo pensiero sparisse dalla storia fu imporgli l’etichetta di “senza-Dio”, mistificando il messaggio che Koerbagh avrebbe voluto far circolare con le sue opere. Uguale mistificazione subì il pensiero del suo maestro. Se Cartesio era potenzialmente pericoloso per la fede, Spinoza venne subito identificato come nemico principale della religione. In molti casi, nel XVII secolo, si evita persino di chiamarlo per nome, come se fosse un’invocazione al demonio, e si usano epiteti sostitutivi quali “miserabile” o “maledetto”275. Le opere dell’ebreo scomunicato che non 272 T. Gregory, Theophrasfus redivivus, erudizione e ateismo nel Seicento, Morano, p. 30. P. Hazard, La crisi della coscienza europea, a cura di Paolo Serini, Einaudi, Torino 1946, p. 148. 274 Bloemhof, p. 78. 275 G. Minois, Storia dell’ateismo, cit., p. 236. 273 58 era diventato l’incompiuto cristiano, Trattato non politico, circolavano la facilmente. Grammatica L’Etica, ebraica, la corrispondenza, e gli altri suoi scritti, sia in latino sia in nederlandese, furono raccolti e stampati dai suoi amici dieci mesi dopo la sua morte, avvenuta nel febbraio del 1677. Nel 1678, le opere del filosofo venivano definitivamente bandite dagli Stati d’Olanda, così come le future traduzioni o gli estratti276. L’Etica, sarebbe stata ripubblicata solo nel 1802. La conoscenza di Spinoza avviene per via indiretta: o attraverso semplificazioni o tramite confutazioni e deformazioni degli avversari277. L’epiteto di “spinozista” è sinonimo di “ateo”278. Anche Pierre Bayle nel suo Dictionnaire, avverte che “spinozista” è un termine usato per indicare coloro che sono senza religione e non si preoccupano di nasconderlo279. Koerbagh è quasi cancellato dalla storia, nonostante il processo subìto. Il tentativo di Spinoza di affermare, col suo Trattato, la libertas philosophandi dimostrando che né la teologia né le Sacre Scritture contenevano in sé alcun nucleo di verità ma servivano solo a promuovere, con finalità puramente etiche, la pietà e l’obbedienza, era considerato un attacco frontale alle fondamenta della Chiesa e dello Stato280. Agli inizi degli anni quaranta, il metodo cartesiano della pratica del dubbio invase i confini della teologia, sebbene il filosofo francese avesse sempre affermato che il suo sistema di indagine non fosse applicabile alla sacra disciplina. L’ateismo, cioè la messa in dubbio dell’esistenza di Dio, al di là delle quattro prove fornite da Cartesio stesso, era il pericolo 276 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 921. G. Minois, Storia dell’ateismo, cit., p. 236-37. 278 M. Wielema, The march of the libertines, Spinozist and the dutch reformed church (1660-1750), Uitgeverij Verloren, Hilversum 2004, p. 79. 279 P. Bayle, Dizionario storico e critico: Spinoza, a cura di Piero Bertolucci, Boringhieri, Torino 1958. 280 M. Wielema, The march of the libertines, cit., p. 79. 277 59 maggiore a cui la chiesa avrebbe potuto andare incontro se la sua autorità di istituzione unica depositaria della verità rivelata fosse stata oggetto dell’analisi logica del dubbio. L’attacco secentesco ai miracoli, alle profezie, il sospetto che l’autore del Pentateuco non fosse Mosè, il ruolo della ragione nell’ermeneutica biblica, tutto questo diminuiva e avrebbe potuto travolgere l’autorità della chiesa281. È stato osservato che il problema cruciale della cultura dell’età moderna, che troverà sistemazione nell’opera di Spinoza e Locke, fu quello del rapporto tra il libero e razionale pensiero del soggetto, la religione e il potere282. Nella sua indagine del Testo sacro, Spinoza aveva ridotto la profezia al rango di semplice opinione, poco utile, tra l’altro, ai fini epistemologici e, a differenza di Cartesio e dei suoi seguaci, aveva applicato il metodo delle idee chiare e distinte all’ermeneutica biblica283. La posizione delle Sacre Scritture era stata capovolta: da fonte di conoscenza, ne erano diventate l’oggetto. Quello da cui l’istituto della chiesa dovette difendersi, fu la messa in dubbio della sua auctoritas, che, finora, si era basata sul monopolio esclusivo dell’interpretazione scritturale e sull’autorità della Bibbia come fonte cognitiva. Nelle Province Unite, i formulari di Dordrecht, che avrebbero dovuto creare un’unità religiosa nazionale, non riuscirono ad evitare la nascita, al loro stesso interno, di varie posizioni politiche e teologiche che necessariamente svilupparono il dibattito sulla tolleranza284. Non era del resto possibile ammettere, in un sistema statale, la coesistenza di due organismi autonomi: la chiesa e lo Stato, ed era quindi, necessario che fosse l’autorità civile ad occuparsi degli aspetti 281 E. van der Wall, Orthodoxy and scepticism in the early dutch enlightenment, in R.H Popkin, A. Vanderjagt, Scepticism and irreligion in the 17° and 18° centuries, Leiden 1993, p. 123. 282 F. Pintacuda De Michelis, Socinianesimo e tolleranza, cit., p. 158. 283 R. H. Popkin, Storia dello scetticismo, cit., p. 265-267. 284 E. van der Wall, Orthodoxy and scepticism , cit., p. 122. 60 temporali della chiesa, nonostante Gomarus prima e Voetius poi, non riconoscessero lo jus circa sacra al potere civile285. La presenza di una frammentazione religiosa del resto, favoriva anche i reggenti perché diminuiva il potere potenziale della chiesa calvinista nei confronti dell’autorità civile. “Un sistema non tanto di vera tolleranza – come ha notato Huizinga – quanto di connivenza permetteva ai dissidenti una vita molto sopportabile, nel commercio, nell’agricoltura e persino negli impieghi militari” perché, sebbene alleati con la famiglia d’Orange, i cavinisti ortodossi non furono mai in grado di permeare del loro spirito la cultura, l’arte e la scienza286. Era la necessità che rendeva la classe di governo, i predicatori e i gli accademici delle Province tra i più tolleranti d’Europa287. De Witt stesso, durante gli anni cinquanta e sessanta del secolo, prima che Guglielmo III raggiungesse la maggiore età e diventasse un pericolo reale per la Repubblica, fu un fattore fondamentale della liberalizzazione iniziata in Olanda dopo la riammissione dei rimostranti288. A molti visitatori stranieri, abituati nei loro Paesi ad un grado più elevato di uniformità religiosa, il clima di tolleranza delle Province o meglio, di Amsterdam, appariva assurdo289. Ma i limiti c’erano: ancora nel 1701, Pierre Bayle notava che ad Amsterdam, chi avesse contraddetto in pubblico la dottrina della Trinità, avrebbe avuto un’eccellente possibilità di finire in galera290. Nel Trattato Teologico Politico, Spinoza, chiarisce che: “Chi vuole fissare ogni attività nella costrizione della legge, ecciterà le tendenze deteriori piuttosto che frenarle. Tutto ciò che non può essere vietato è 285 L. Simonutti, Arminianesimo e tolleranza, cit., p.19-22. J. Huizinga, La mia via alla storia e altri saggi, Laterza, Bari 1967, p. 517-518. 287 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 675 e L. Simonutti, Arminianesimo e tolleranza, cit., p. 10. 288 J.I. Israel, The dutch, p. 645. 289 Ivi, p. 675-676. 290 Ivi, p. 676. 286 61 necessariamente da concedere”291. Anche la tolleranza è necessaria perché non è possibile costringere le coscienze. Ad Amsterdam, spiega il filosofo, “vivono in piena concordia, uomini di ogni nazionalità e di ogni confessione religiosa i quali, se devono collocare il proprio denaro presso qualcuno, si preoccupano soltanto di sapere se costui abbia o no risorse e se sia solito condursi negli affari con correttezza […]. Quanto al resto, la religione o la confessione professate, li lasciano completamente indifferenti, poiché, se si dovesse ricorrere al giudice, esse non avrebbero influenza nel far vincere o perdere la causa”292. Se gli ortodossi si dicevano preoccupati che le sette potessero turbare la pace sociale della Repubblica, Spinoza sottolineava invece che la legislazione in materia religiosa, invocata a gran voce dal clero, non avrebbe mai potuto emendare la condotta degli uomini ma solo esasperarli e favorire politicamente un gruppo rispetto ad un altro perché “le scissioni non nascono da un vivo desiderio di ricerca della verità, ma da una violenta brama di potere”293. La causa dei disordini sociali è proprio questo desiderio di potere del clero: “I veri fautori di dissidi e di scissioni […] sono proprio coloro che condannano gli scritti altrui e che istigano sediziosamente contro i loro autori l’insolenza del volgo”294. Adriaan Koerbagh, Pieter Balling, Jarig Jelles e gli altri amici che già agli inizi degli anni sessanta si riunivano per ragionare e discutere sui manoscritti inviati da Spinoza, avevano una concezione razionalistica della felicità umana. Adriaan che, insieme a Spinoza e agli altri, è stato catalogato come ateo, non era affatto convinto che la religione fosse un’intuizione misticheggiante, che fosse possibile credere senza 291 B. Spinoza, Etica e Trattato teologico politico, a cura di R. Cantoni e F. Fergnani, Tea, Milano 1991, p. 725. 292 TTP, p. 729. 293 Ivi, p. 730. 294 Ivi, p. 730. 62 comprendere, che per essere riconosciuti credenti bisognasse uniformarsi ad una serie di riti e preghiere. Dal Testo sacro è possibile dedurre la verità, secondo Koerbagh, ogni volta che i concetti esposti si accordano con la ragione umana295. “La parola di Dio, che è immutabile, eterna e vera, è la ragione […] perché Dio è l’origine della ragione. Dio è stato dall’eternità, la ragione è stata dall’eternità in Dio […] perché senza la ragione Dio non sarebbe Dio. Dio è immutabile così come la ragione; Dio è vero, così come la ragione”296; “Oso dire che gli scrittori della Bibbia non hanno conosciuto Dio e non posso neanche supporre che il clero abbia una giusta conoscenza di Dio”297. Stessa opinione aveva Spinoza a proposito dei profeti, che considerava persone sicuramente orientate verso la bontà e l’equità ma soprattutto dotate di una fervida immaginazione298; e dei teologi “[che] si preoccupano per lo più di ricavare dai testi, con evidente forzatura, ciò che in realtà era la loro propria immaginazione e loro opinione, cercandone in tal modo conferma nell’autorità divina”299. Occorre comprendere, “intellegere”, “legare insieme” cosa effettivamente intenda segnalare la Bibbia e per questo è necessario usare la ragione: “ E’ molto meglio scartare simili abbellimenti e modi di dire o almeno spiegarseli con la ragione come ben si può fare; - spiega Koerbagh - perché quelle descrizioni si possono spiegare naturalmente senza che ci siano delle assurdità e che queste siano e rimangano dei fatti miracolosi. E così bisogna fare con l’intera Sacra Scrittura che deve essere spiegata con la filosofia e con la ragione; e se si fa così, non si cadrà in nessuna assurdità”300. 295 H. Vanderbossche, Dialoog, cit., p. 123. Een Ligt, p. 225-226. 297 Ivi, p. 5. 298 TTP, p. 638. 299 Ivi, p. 508. 300 Een Ligt, p. 358-359. 296 63 La felicità dell’uomo, secondo Adriaan, consisteva nella conoscenza di Dio, che altro non era se non una comprensione intellettuale di un’essenza immutabile e eterna. L’esteriorità, i rituali, appartengono alla sfera della superstizione mentre la religione, Dio, riguardano l’intimità delle coscienze: amare Dio e il prossimo. Tutto il resto è superfluo; è controllo sociale, costrizione, bugia301. Nel XVII secolo, questo “superfluo” si traduceva soprattutto in divisione della cristianità. La moltiplicazione dei giudici delle coscienze da Lutero in poi e la violenta fase di repressione della deviazione dottrinale imponeva come urgente la necessità di sanare le spaccature all’interno del mondo cristiano; di creare un nucleo minimale di principi nel quale ognuno potesse riconoscersi. Questa urgenza di eliminare ciò che, nella religione, era avvertito come adiafora, era sentita con forza da tutte quelle sette, quegli eretici, quei credenti che non appartenevano a nessuna chiesa istituzionalizzata. Che motivo aveva infatti un cristiano di giudicare, condannare, imprigionare o bruciare un altro cristiano? Anche Lodewijk Meyer nel 1666, aveva pubblicato anonimamente un libro in latino, uscito dai torchi della bottega di Rieuwerts302, dal titolo Philosophia Sacrae Scripturae Interpres, in cui proponeva un metodo razionalistico dell’interpretazione biblica. Contro il settarismo e la violenza religiosa che minacciava di lacerare la società olandese, Meyer opponeva un metodo esegetico sostanzialmente cartesiano che batteva l’accento sull’intelletto e sull’applicazione di idee chiare e distinte per trovare il vero senso delle Sacre Scritture: “Nulla verae philosophiae dogmata theologicis esse contraria”303. Come la luce del candelabro di Pieter Balling era un mezzo per arrivare alla conoscenza di 301 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 189. J. I. Israel, Radical, cit., p. 200. 303 L. Meyer, Philosophia S. Scritturae Interpres, Eleutheropolis, 1666, p. 57. 302 64 Dio, così per Meyer la chiarezza e la distinzione dovevano portare l’uomo a respingere tutto ciò che nella Bibbia era dubitabile fino a che non si fosse raggiunto un fondamento inoppugnabile. Le discordie religiose, secondo l’Interpres, la cui versione nederlandese comparirà nel 1667, sono le cause principali delle divisioni politiche e derivano dalle diverse interpretazioni del Testo sacro304. La luce della filosofia cartesiana, per Meyer, può liberare la teologia dall’oscurità e far comprendere quali parti della Bibbia siano da considerare “parola di Dio” e quali “ad captum vulgi”305. Meyer, come Spinoza, i fratelli Koerbagh e van den Enden, credeva nel potere della filosofia di trasformare il mondo. Il cartesianesimo per lui era non solo uno strumento per demolire antiquate strutture intellettuali ma un sistema che avrebbe potuto contribuire a creare una nuova “Weltanshauung” basata sulla scienza e sulla filosofia306. La pubblicazione del Philosophia Sacrae Scripturae Interpres suscitò non poco scandalo. Il teologo scozzese John Durie, contemporaneo di Meyer, notò che il 1666 fu anche l’anno dello pseudo messia Sabbatai Sevi, che portò numerosi ebrei olandesi a vendere tutti i loro beni per farsi proseliti del nuovo Cristo. Come Durie spiega ai suoi amici Johann Heinrich Hottinger e Johann Heidegger in una lettera del 30 gennaio 1667, queste coincidenze esprimevano la volontà stessa di Dio affinché tutti i cristiani trovassero finalmente un accordo sul ruolo dell’esegesi biblica307. L’opera di Meyer fu messa all’indice dalla Corte d’Olanda nel 1674308. Il Philosophia Sacrae Scritturae Interpres, si ritrovò dunque ad essere bandito, così come il Trattato teologico politico di Spinoza, il 304 W. van Bunge, From Stevin, cit., p. 95. Ivi, p. 96. 306 J.I. Israel, Radical, cit., p. 199. 307 E. van der Wall, Orthodoxy and scepticism , cit., p. 128 e nota n° 17. 308 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 190-191. 305 65 Leviatano di Hobbes, tradotto in nederlandese nel 1667 da Abraham van Berckel309, e la sociniana Bibliotheca Fratrum Polonorum. Non solo ma già nel 1666, la provincia di Frisia proibì il libro di Meyer dopo le proteste del clero. A dicembre dello stesso anno, l’esempio della provincia del nord fu seguito anche dagli Stati di Utrecht310 e nel 1669 il Philosophia Sacrae Scriputae Interpres non superò il giudizio della facoltà di teologia dell’Università Leiden, l’Università considerata in quegli anni, il centro di propulsione del cartesianesimo olandese e in cui, dal 1650 fino alla sua morte, nel 1669, insegnò teologia Johannes Cocceius. Il giudizio contro l’Interpres porta infatti le firme di due autorevoli esponenti dell’ala riformista moderata olandese: Abraham Heidanus e lo stesso Johannes Cocceius311. Nonostante le diverse concezioni metodologiche infatti, sia Cocceius sia Voetius si muovevano all’interno dei paletti dell’ortodossia calvinista ed erano impegnate entrambi in un’aspra lotta contro le sette religiose olandesi312. L’Interpres di Meyer suscitò nel 1668, la Dissertatio de usu rationis in rebus theologicis del cartesiano van Velthuysen, preoccupato di ridisegnare i confini della sua filosofia per non essere associato al radicalismo esegetico di Meyer313. La condanna all’Interpres infatti arrivò in primis dal mondo cartesiano che non voleva in alcun modo fornire ai voetiani la possibilità di stigmatizzare il pensiero radicale come una naturale conseguenza della filosofia di Cartesio. La difesa si concretizzerà nell’attacco alla dottrina di Spinoza anche per necessità di prendere le distanze e non essere confusi314. Come spiegherà anche il primo biografo di Spinoza, Lucas, all’indomani della 309 E. Sanders, Woorden, cit., pag. 15. J. I. Israel, Radical, cit., p. 203. 311 E. van der Wall, Orthodoxy and scepticism, cit., p. 124, 129 e nota n° 18. 312 Ivi, p. 141. 313 W. Van Bunge, From Stevin, cit., p. 97 e H.W. Blom, Casuality and morality in politics, the rise of naturalism in Dutch seventeenth-century political Thought, Den Haag 1995 p. 201. 314 J.I.Israel, The dutch, p. 896. 310 66 pubblicazione del primo libro di Spinoza, il Renati Descartes Principiorum Philosophiae, more geometrico demonstratae apparso ad Amsterdam nel 1663 dalla bottega di Jan Rieuwertsz, “qualunque cosa (Spinoza) abbia potuto dire a vantaggio di questo celebre autore, i partigiani di questo grand’uomo (Cartesio), per scagionarlo dall’accusa di ateismo, fecero da allora in poi tutto quello che era in loro potere per far cadere il fulmine sulla testa del nostro filosofo […]. Ma la persecuzione che i cartesiani suscitarono contro il Signor de Spinoza, e che durò per tutto il tempo della sua vita, ben lungi dal farlo vacillare, lo fortificò nella ricerca della verità”315. Al circolo di Utrecht, chiamato “College der Scavanten”316, appartenevano professori come Wolzogen, De Bruyn, Van Mansvelt, Graevius e lo stesso Van Velthuysen. Tutti condividevano una chiara simpatia per la filosofia cartesiana e mal sopportavano il potere che i seguaci di Voetius avevano nella loro città. E tuttavia anche il noto professore di Storia della chiesa Louis Wolzogen stimò necessario condannare il libro di Meyer come una manifestazione troppo radicale del pensiero cartesiano, scrivendo nel 1668 le 274 pagine del De Scripturarum Interprete317. Abraham Heidanus si spinse ancora più oltre per difendere la causa del cartesianesimo accademico dai possibili attacchi dei Voetiani: scrisse un Advijs Van de Theologische Faculteyt tot Leiden in cui spiegava che l’Interpres non aveva nulla a che fare con il pensiero del filosofo francese ed era solo il frutto deplorevole di un delinquente318. A Groningen, il professore Samuel Maresius che, precedentemente, aveva cercato un punto di incontro tra i cartesio-cocceiani e i voetiani leggeva 315 La vie et l’esprit de Mr. Benoit de Spinosa, in Trattato dei tre impostori, a cura di Silvia Berti, Torino, Einaudi editore 1994, p. 33. 316 Vedi H. Siebrand, On the early reception of Spinoza’s Tractatus thologicus politicus in the context of cartesianism, in Spinoza’s political and thological thought, C. De Deugd, Amsterdam 1984. 317 J.I. Israel, Radical, cit., p. 205. 318 W. Van Bunge, From Stevin, cit., p.100. 67 ora l’Interpres come una minaccia all’unità della chiesa e rispondeva a Meyer nel 1670 con De abusu Philosophiae Cartesianae319. Il libro dell’amico di Spinoza rompeva già dal titolo, il tacito compromesso tra cartesiani e teologi basato sulla separazione tra filosofia e teologia e sancito dieci anni prima da un editto di De Witt che aveva messo il cartesianesimo al riparo dai tentativi di bandirlo dalle Università320. Chi superava i confini ideali di questo compromesso, non era “cartesiano” per gli stessi cartesiani e si avventurava verso territori pericolosi. 319 320 J. I. Israel, Radical, cit., p. 209. J.I.Israel, The dutch, cit., p. 894. 68 Capitolo IV 4.1 Le idee politiche di Adriaan Koerbagh Le opere pubblicate dagli amici di Spinoza negli anni sessanta del XVII secolo, saranno immediatamente indicate come espressione del pensiero cartesiano radicale, definito, poco più tardi, spinozismo321. Koerbagh, in seguito alla considerazione esposta nell’introduzione del Bloemhof (troppi anni si perdono per imparare le scienze e le arti in un’altra lingua), aveva collocato l’esposizione delle sue idee nel contesto di un Dizionario, compilato con l’apparente intento di voler tradurre in nederlandese i termini stranieri entrati ormai in uso nel linguaggio comune, medico, legale e filosofico. Il nederlandese, per Koerbagh, è: “la più bella, la più ricca, la più significativa lingua del mondo, […] (se l’avessimo usata fin da piccoli nell’apprendimento) avremmo imparato a catalogare, giocare e leggere e avremmo imparato a scrivere o a contare e ancora di più avremmo potuto esercitare o abituarci ad esercitare i primi e più importanti principi della matematica essendo questa la base di tutte le arti e di tutte le scienze e il principale ausilio per raffinare la comprensione e il giudizio e per spiegare tutto con ragione e verità”322. Ma Koerbagh non si limita solo a tradurre. Il suo stile è tagliente, sprezzante. E anche qui la semantica non aiuta: è sarcasmo canzonatorio quello usato da Koerbagh nelle pagine del Bloemhof oppure si tratta di logica allo stato puro, essenziale, minimale, cruda fino a diventare tristemente crudele? 321 322 J.I. Israel, Radical, cit., p. 13. Bloemhof, introduzione. 69 Al lemma “Abdis o Abdisse” del suo dizionario, Koerbagh scrive: “Badessa: una madre spirituale in un’abitazione spirituale. Una vergine spirituale che vigila un gruppo di figlie o vergini che vivono insieme nella casa spirituale come isolate con regole comuni. La vergine è una femmina che ancora non ha conosciuto nessun uomo ed è pura. La vergine spirituale è colei che promette per sempre la purezza e la castità. Ma io dubito che tutte arrivino senza mai cercare o godere il letto di un uomo”323. Al termine della traduzione dei lemmi, Koerbagh non evita quasi mai di fornire al lettore la sua opinione. Anche Meyer, nel 1654, aveva pubblicato una nuova edizione del dizionario di Hofman del 1650, intitolato Nederlantsche Woordenschat. Nel 1669, il Woordenschat era arrivato alla sua la quinta edizione e sulla copertina compare, per la prima volta, il nome di Meyer324. Il dizionario è strutturato in tre sezioni: una per i termini i stranieri; una per quelli tecnici e l’altra per i termini antiquati non più in uso nel linguaggio comune. Per Meyer, come per Adriaan Koerbagh, l’idea di pubblicare un dizionario era finalizzata alla possibilità di offrire al volgo una possibilità di emancipazione325. Nel 1805, il Woordenschat sarebbe arrivato alla sua dodicesima edizione e sarebbe rimasto in uso per tutto il XIX secolo326. Lo stile però è diverso. Meyer è freddo, “scientifico”. Traduce le parole straniere senza commento. Koerbagh scrive come parla il popolo. Il suo stile è didattico, diretto. Per Meyer, “Bibbia” è un libro religioso. Per Koerbagh, è una parola greca che non significa altro che libro327. La traduzione del lemma “Altare”, nel Bloemhof, è paradigmatica per spiegare l’atteggiamento dell’autore verso i riti delle religioni: “un 323 Bloemhof pag 2. C.L. Thijssen-Schoute, Uit der republiek der letteren, M. Nijhoff, ‚s-Gravenhage 1967, p. 176. 325 J. I. Israel, Radical, cit., p. 198. 326 C.L. Thijssen-Schoute, Uit der republiek, cit., p. 176. 327 H. Vanderbossche, Dialoog, cit., p.121-122. 324 70 posto dove si macella […] per la religione cattolica, sono luoghi sacri dove i preti celebrano tutti i giorni. Ma non consiste più nel macello di animali, come presso gli ebrei e i pagani, ma in un affare ancora più meraviglioso e cioè nella creazione di un uomo. Perché loro possono quello che neanche Dio può […] creare da un piccolo pezzo di pane un uomo, che rimane un piccolo pezzo di pane come era prima e si dà da mangiare come uomo, non solo uomo ma uomo divino. Che grande sciocchezza!”328. Non solo Koerbagh nel Bloemhof inserisce le sue riflessioni metafisiche, teologiche e politiche ma ridicolizza con tono canzonatorio le convinzioni e le credenze proprie delle religioni istituzionalizzate. Anche il bibliofilo tedesco Zacharias von Uffenbach, che nel 1711 era riuscito a comprare ad Amsterdam una copia del Bloemhof, aveva notato questa attitudine di Koerbagh quando, nel 1714, aveva pubblicato sulla rivista luterana Unschuldige Nachrichten, una piccola antologia dei lemmi del dizionario329. Per Koerbagh, la religione è “Servizio di Dio […] un popolo che segue una religione piuttosto che quella di altri popoli è convinto che la sua sia la migliore e che faccia più piacere a Dio. E ne è convinto non con la ragione e con la verità, che vengono da Dio, ma con la violenza, il fuoco e la spada […] e bestemmia l’altro come miscredente e senza Dio perché la religione dell’uno differisce da quella dell’altro per una sottigliezza […]. La religione razionale non è di questo mondo! Perché questa non avrebbe bisogno di essere tenuta con la violenza”330. Per Koerbagh, il clero inganna la gente comune, il popolo, e si serve della 328 Bloemhof , pag 39. G.H. Jongeneelen, La phlosophie politique d’Adrien Koerbagh, Chaiers Spinoza, 6, Rèplique Paris, 1991, p. 248. 330 Bloemhof, p. 556. 329 71 violenza contro chi è riuscito a raggiungere la consapevolezza dell’inganno negando, di conseguenza, l’autorità della Chiesa331. La religione razionale che costruisce nei suoi libri, non contiene nessun principio di fede che l’uomo sia obbligato a credere. Deriva dalla ragione ed è quindi vera in sé. A questo proposito, la definizione dei lemmi “vangeli apocrifi” è eloquente: “Libri apocrifi: libri, libri celati, libri oscurati o offuscati. Sono alcuni libri che un tempo sono stati considerati dalla Chiesa antica come libri regolari della Bibbia e ancora vengono considerati tali dalla Chiesa cattolica. Tuttavia, sono stati tolti dal totale dei libri della Bibbia da quelli della Chiesa riformata. Se uno si chiedesse: “è possibile fare questo?” Ma certo! Perché no? Loro hanno il permesso di farlo e lo hanno potuto fare, e hanno ancora potere e diritto […]. Perché quello che è dichiarato regolare da un’Amministrazione può essere dichiarato irregolare da un’altra […]”332. Se le Chiese amministrano dunque in questo modo quella che viene considerata la parola del Signore, l’individuo non può rendersi conto di quale sia la verità proclamata da Dio e quale sia invece il messaggio che vuole divulgare l’istituzione della Chiesa sotto la copertura della parola di Dio. “L’abuso di potere, in poche parole, – scrive Koerbagh – si ha quando un governo arriva ad abusare del potere che gli è stato accordato dal popolo per tutti gli affari di Stato, per la protezione e la libertà del popolo, fino allo svantaggio e alla rovina del popolo stesso […]. Un abuso di potere si ha anche quando un governo non è soddisfatto del potere che il popolo gli ha accordato in tutti gli affari di Stato e cerca un potere maggiore, fuori da quel potere, sia con l’astuzia sia con la 331 332 Een Ligt, p. 20 e 240. Bloemhof, p. 51. 72 violenza di aiuti stranieri, a scapito del benessere e della libertà del popolo”333. Anche il grande apologeta di De Witt, Pieter de La Court, nel suo Interest van Holland, pubblicato nel 1662 a difesa dei valori repubblicani, ricorda come, a differenza della Germania, nei Paesi Bassi il clero calvinista fosse stato in grado di creare intorno a sé un grande partito, difensore degli interessi della famiglia d’Orange, ergendosi così, a potere temporale parallelo. Il clero, per De la Court “non si darà pace finchè non vi sarà una legge che veda tutti i dissidenti religiosi ricondotti sulla retta via o banditi. Sotto di loro non ci sarà mai libertà di religione”334. Si dice che il Gran Pensionario Johan De Witt abbia anche dato una mano all’autore nella stesura del suo trattato e si sa che Spinoza possedeva nella sua libreria una copia dei Politike discoursen, un’altra opera di De la Court335, fortemente influenzata dai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio del Machiavelli336. Le opere di De la Court furono subito censurate dal Concistoro di Leiden perché definivano il clero bramoso di potere e nemico della libertà. Politicamente, De Witt, anche lui sostenitore della diffusione delle idee repubblicane, assolutamente non radicate nelle classi più umili, ebbe cura di non associare se stesso e gli Stati all’attacco frontale di De la Court verso la famiglia d’Orange e la Chiesa riformata per non 333 Een Ligt, p. 14. P. De la Court, Interest van Holland ofte gronden van Hollands-welvaren, by J. Cyprianus vander Gracht, Amsterdam 1662, p. 343-344. 335 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p 285. 336 Vedi P. van Heck, In het spoor van Machiavelli: de Politike Discoursen, 1662, van Johan en Pieter De la Court, in “LIAS”, Sources and documents relating to the early modern history of ideas, vol 27, Holland University press bv, Amsterdam & Utrecht, 2000. H.W. Blom, Spinoza en De la Court, in Mededeling vanwege het Spinozahuis, XLII, Leiden, 1981. I.W. Wildenberg, Johan en Pieter De la Court (1622-1660 & 1618-1685), Amsterdam & Maarssen 1986. E.O.G. Hitsma Mulier, The Myth of Venice and Dutch republican Tought in the seventeenth century, Assen 1980. E.O.G. Hitsma Mulier, Het nederlandse gezicht van Machiavelli, Hilversum 1989; G. Procacci, Lineamenti della fortuna internazionale del Machiavelli tra il XVI e il XVII secolo, in Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 125-168. 334 73 mettere in pericolo il livello di libertà intellettuale raggiunto a suon di compromessi337. Nel 1664, Adriaan Koerbagh, con lo pseudonimo di Vrederyk Waarmond, aveva scritto un pamphlet dal titolo ‘t Samen-Spraek tusschen een gereformeerden Hollander en Zeeuw. Waer in de souverainiteyt van Holland ende West-Vriesland klaer ende naecktelijck werd vertoont, (Conversazione tra un olandese riformato e uno zelandese in cui viene mostrata, in modo chiaro ed essenziale, la Sovranità dell’Olanda e della Frisia occidentale) stampato a Middelburg, presso il tipografo Antoni de Vrede, in cui appoggiava la posizione di De Witt sulla sovranità delle singole province338. Nel marzo del 1663 infatti, gli Stati d’Olanda avevano inviato alla Chiesa calvinista un formulario ad uso dei predicatori delle Province per uniformare la preghiera dedicata all’Autorità civile. Il partito dei reggenti repubblicani aveva notato che molti predicatori voetiani, nonostante la carica politica di Stadhouder fosse di fatto scoperta, includevano nei loro sermoni, preghiere per il giovane Guglielmo d’Orange e adulteravano quelle per gli Stati d’Olanda in modo tale che sembrasse che l’autorità politica più alta nelle Province d’Olanda e Frisia occidentale fosse quella degli Stati Generali. Il nuovo formulario stabiliva che la preghiera per gli Stati d’Olanda, definiti come governo legittimo e supremo, dovesse essere recitata per prima; a seguire, i predicatori avrebbero pregato per gli Stati delle altre Province, partners dell’Olanda nell’Unione, e infine per gli Stati Generali. Oltre ad un’ultima preghiera per la magistratura della città, il formulario inviato ai Concistori non prevedeva alcun riferimento alla famiglia d’Orange339. 337 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 760. G. H. Jongeneelen, La philosophie politique, cit., p. 258. J.I. Israel, Radical, cit., p. 187. 339 L. van Aitzema, Historie of verhael van saken van staet en oorlogh in ende omtrent de Vereenigde Nederlanden, X, Johannes Tongerloo, ’s-Gravenhage1657-71, p. 582. 338 74 Secondo‘t Samen-Spraek, la Repubblica è una confederazione di sette Stati indipendenti in cui ciascuno rappresenta, all’interno del suo territorio, la più alta autorità politica340. L’interferenza della Chiesa negli affari politici danneggia il bene comune; Koerbagh non manca infatti di sottolineare, anche in questo scritto, la sua opinione sul comportamento del clero: come prima della Riforma la gente veniva indotta in errore dalla Chiesa romana e non osava denunciare la dissolutezza dei religiosi, così, durante la crisi politica del 1617-1618, i controrimostranti, sostenendo che la religione fosse in pericolo, avevano delegittimato l’autorità politica di Oldenbarneveld a scapito del bene comune. Nel suo pamphlet, Koerbagh definisce gli oppositori al governo di De Witt, i voetiani, perturbatori dell’ordine pubblico e dello Stato341. Come Hobbes e Koerbagh, anche Spinoza difende la totale sottomissione della Chiesa all’autorità civile: “il culto religioso e l’esercizio della pietà – scrive il filosofo nel Trattato Teologico Politico – devono accordarsi con la pace e con l’utilità della comunità politica e di conseguenza devono essere determinati esclusivamente dall’autorità sovrana”342. Per Hobbes, il potere ecclesiastico non è in alcun modo coercitivo poiché si riduce esclusivamente alla possibilità di proclamare la buona novella e di insegnare agli uomini “che cosa debbono fare per essere ricevuti nel regno di Dio quando verrà” e aggiunge che sia S. Pietro sia S. Paolo parlano dell’obbligo del cristiano di sottomettersi all’autorità civile 343. Anche per Koerbagh, il clero deve limitarsi ad applicare il comandamento di Gesù “andate e insegnate” e, in questo, non è implicito l’esercizio di nessun potere politico né, tanto meno, la prerogativa di 340 G. H. Jongeneelen, La philosophie politique, cit., p. 261. G. H. Jongeneelen, An Unknown pamphlet of Adriaan Koerbagh, Studia spinozana, III, 1987, p. 405-406. 342 TTP, p. 705. 343 T. Hobbes, Leviatano, traduzione a cura di Gianni Micheli, La Nuova Italia 1993p. 490. 341 75 poter fare le leggi344 così come invece era successo ai tempi del Sinodo di Dordrecht, quando l’autorità civile si era limitata a registrare un formulario confessionale redatto dal clero345. Come per l’autore del Leviatano, anche per Koerbagh il clero non poteva esercitare un potere temporale che era prerogativa esclusiva dello Stato. “Come potremmo allora – si chiede Hobbes – essere obbligati ad ubbidire a qualche ministro di Cristo, se ci comandasse di fare qualcosa di contrario al comando del re o di un altro rappresentante sovrano dello Stato di cui siamo membri, e da cui noi ci aspettiamo di essere protetti?”346. Nell’idea di contratto sociale esposta da Spinoza347 come da Hobbes348, per garantire la sicurezza e il benessere generale, ognuno ha dovuto trasferire i suoi diritti naturali nella delega di governo a chi fosse capace di legiferare. Secondo Koerbagh però, se l’autorità civile tollera che un gruppo si arroghi il diritto di legiferare al proprio posto, deve necessariamente aspettarsi che anche altri gruppi reclamino questa prerogativa e ciò porterebbe inevitabilmente allo stato di anarchia. Essendo il clero sottomesso al contratto come il resto dei cittadini, l’autorità civile, per Koerbagh, deve impegnarsi a riprendersi quella parte del diritto che la Chiesa gli ha sottratto349. Anche per Spinoza, tentare di sottrarre al potere politico l’autorità in materia religiosa equivale a produrre una scissione nello Stato “e quindi [a] provocare inevitabilmente l’insorgere di contese e di discordie 344 H. Vandenbossche, Quelques idees politiques de Koerbagh, in Tijdschrift voor de studie van de Verlichting, 6, 1978, p. 226. 345 H. Vandenbossche, Spinozisme en Kritiek bij Koerbagh,, Vrijdenkerslexicon, Pubblicatie van de Vrije Universiteit Brussel, Centrum voor de studie van de Verlichting, 1976. p. 84-86. 346 Hobbes, Leviatano, cit., p. 492. 347 TTP, capitolo XVI. 348 Hobbes, Leviatano, cap. II, par. XVII. 349 Een Ligt, capitolo IV, De bono & malo. 76 implacabili”350. Ma nel Een Ligt, appassionato dalla volontà di eliminare gli artefici dell’inganno, Koerbagh arriva ad affermare che è lo Stato stesso che deve elaboarare la dottrina che il clero, pagato e sostenuto dalla autorità civile, dovrà insegnare al popolo351 e che non è ammissibile che la Chiesa calvinista scelga autonomamente i suoi predicatori perché, se lo Stato ha il diritto di legiferare, ha anche il diritto di decidere chi saranno gli esecutori delle sue leggi352. Per Koerbagh, la riforma politica che porterebbe alla pratica della religione razionale presuppone un governo di persone ragionevoli e consapevoli: i filosofi353, che siano capaci di riprendersi tutta l’autorità che la Chiesa ha sottratto al potere civile354. I filosofi di Koerbagh sono persone disinteressate e preoccupate del benessere comune le quali in nessun modo fornirebbero deleghe di potere al clero che ha, come unico obiettivo, il proprio interesse355. Le leggi religiose per Koerbagh devono contenere tre soli comandamenti: l’ubbidienza all’autorità civile; l’amore di Dio, che esclude l’odio per chiunque abbia una concezione religiosa diversa e presuppone il rispetto della parola data verso qualsiasi cittadino, quale che sia il suo credo; l’amore del prossimo356. Chi ubbidisce alla autorità civile, ubbidisce, per Koerbagh, a Dio. Anche per Spinoza la religione “riceve forza di prescrizione esclusivamente dalla volontà di chi detiene il diritto del supremo potere e che Dio non esercita alcun regno particolare sugli uomini, se non attraverso coloro nelle cui mani è quel potere”357. 350 TTP, p. 713. Een Ligt, p. 181. 352 H. Vandenbossche, Quelques idees politiques, cit., p. 226 353 Een Ligt, p. 174-175. 354 H. Vandenbossche, Spinozisme en Kritiek bij Koerbagh, cit., p. 69. 355 Een Ligt, capitolo IV, De bono & malo. 356 H. Vandenbossche, Quelques idees politiques, cit., p. 229. 357 TTP, p. 708. 351 77 4.2 L’abuso delle parole Nelle opere di Koerbagh, non è mai citato il nome di Spinoza, anche se spinoziani sono buona parte dei concetti che l’autore divulga, nella speranza di renderli noti al grande pubblico grazie all’uso della lingua materna358. Tuttavia, in base ad una lettera di Spinoza del maggio/giugno 1665, indirizzata con tutta probabilità, secondo Meinsma, ad Adriaan Koerbagh, a quella data i rapporti tra i due non dovevano essere così frequenti359. Nadler sostiene che il destinatario della lettera sia in realtà Johannes Bouwmeester360, anche lui, come Adriaan, medico, e con il quale Spinoza poteva, senza dubbio, parlare della sua salute in maniera dettagliata, proprio come accade in questa lettera in cui si legge: “Amico carissimo, non so se lei si sia del tutto dimenticato di me ma ci sono tante coincidenze che me lo fanno pensare. In primo luogo, quando alla mia partenza volevo congedarmi da lei e invitato da lei stesso pensavo di trovarla sicuramente a casa, appresi che lei era andato a Leiden […]. Se lei vuole che io abbandoni la mia cattiva opinione su di lei, lo potrà facilmente fare scrivendomi una lettera in cui può dichiarare pure in quale modo vuole condurre la nostra corrispondenza sulla quale abbiamo parlato una volta a casa sua. La devo pregare con insistenza anzi, devo giurare sulla nostra amicizia, di fare un lavoro serio nella ricerca della verità e di dedicare la parte migliore della sua vita alla formazione della sua mente e del suo 358 H. Vanderbossche, Dialoog, cit., p. 122. K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 246-248. 360 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 249 359 78 spirito soprattutto ora che ne ha ancora il tempo e prima che si debba lamentare del tempo trascorso o della propria decadenza”. L’invito a “fare un lavoro serio nella ricerca della verità” potrebbe essere una normale esortazione tra amici che condividono gli stessi obiettivi e la stessa semantica oppure un riferimento al Bloemhof a cui Koerbagh stava lavorando dopo aver pubblicato il Woordenboek der regten e del quale aveva forse parlato con Spinoza. “Spero di sentire – continua il filosofo - il suo parere in proposito, dalla sua prima lettera e di ottenere un po’ di confettura di rose rosse benché oggi mi senta molto meglio”. La confettura di rose rosse era una mistura di boccioli di rosa, un concentrato di vitamina C, impastato con lo zucchero e bollito nell’acqua fino ad ottenere una miscela densa. Veniva usata per combattere i disturbi dell’apparato respiratorio, di cui soffriva Spinoza. Nel Bloemhof, Koerbagh la descrive dettagliatamente361. “Per due o tre volte – continua Spinoza - ho sofferto la febbre terzana ma, con una buona regola di vita l’ho scacciata finalmente e mandata al diavolo. Dove è andata a finire non lo so ma farò in modo che non torni. Quanto alla terza parte della nostra filosofia, tra breve, manderò a lei un brano, se vuol essere il traduttore, o al suo amico De Vries e, benchè io avessi deciso di non mandare nulla prima di averlo finito del tutto, ora non voglio privarvene oltre, perché il lavoro è di più lungo respiro del previsto. Gliela mando fino alla ottantesima tesi”362. Spinoza aveva deciso di affidare a Koerbagh, o a Bouwmeester, la traduzione della terza parte dell’Etica in considerazione del fatto che il traduttore del circolo, Pieter Balling, era morto, probabilmente nel 1664363, a causa della peste che dall’estate del 1663 funestava tutto il 361 Bloemhof, p. 183. K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 246-248. 363 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 236-237. 362 79 nord Europa e che non sarebbe scomparsa prima di sette anni364. Spinoza doveva stimare molto le capacità del destinatario della lettera per affidargli la traduzione dell’Etica riservata alle discussioni del circolo di amici di Amsterdam. In ogni caso, era certo che la ricerca della verità fosse l’obiettivo al quale Koerbagh avrebbe dedicato tutte le sue forze. Il punto nodale dell’indagine, nei suoi libri, è la errata traduzione di alcuni termini e, in certi casi l’omissione volontaria di traduzione. Il fine perseguito, è lo smascheramento dell’inganno secolare perpetrato ai danni della gente comune di generazione in generazione attraverso l’associazione di concetti a parole che la gente non capisce e che non appartengono alla propria lingua. Anche Thomas Hobbes, nel Leviatano, aveva ricordato questo meccanismo parlando di “abuso del linguaggio”: “Il primo abuso si ha quando gli uomini registrano in modo sbagliato i loro pensieri, per l’incostanza del significato dei loro vocaboli, per cui registrano come una loro concezione quel che non hanno mai concepito e così, si ingannano”365. “Abba”, “deuteronomio”, “domine”, “diavolo”, “angelo”, “genesi”, “levitico”, “alleluia”, “pasqua”, sono solo esempi di parole lasciate espressamente intradotte366: “Abba: padre, - scrive Koerbagh - è una parola ebraica che nella Bibbia hanno lasciato intradotta”367; “Domine: un signore […]; il clero e gli insegnanti, facendosi appellare così, vogliono avere un nome importante [per questo] si prende una parola latina che l’uomo comune non capisce”368; “Deuteronomio: legge seconda; è un certo libro chiamato così nella Bibbia dei greci […] lasciata intradotta nel nederlandese […] viene anche chiamato il quinto 364 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 235. T. Hobbes, Leviatano, cit., p.31. 366 H. Vanderbossche, Dialoog, cit., p. 120. 367 Bloemhof, p. 1. 368 Bloemhof, p. 254. 365 80 libro di Mosè: perché si tenta di indurci a credere che l’abbia scritto Mosè”369. Il Deuteronomio è l’ultimo libro del Pentateuco, composto inoltre da Genesi, Esodo, Levitico e Numeri. Nella Bibbia ebraica, il Pentateuco è chiamato “Torah”, la Legge, perché raggruppa le prescrizioni che regolavano la vita morale, sociale e religiosa del popolo di Israele370e la tradizione, a cui Cristo e gli apostoli si erano conformati, attribuiva la sua compilazione a Mosè. Il sospetto che i primi cinque libri della Bibbia non fossero opera di colui che, per quaranta anni, aveva guidato il popolo di Israele nel deserto, non era un’idea originale di Koerbagh. Il primo ad inficiare la paternità mosaica del Pentateuco fu il francese Isaac La Peyrère371 che, con l’applicazione del metodo scientifico cartesiano all’esegesi scritturale, aveva dato inizio alla critica biblica moderna372. “Così ci è stato riferito – sosteneva La Peyrère in merito all’autore dei primi cinque libri – ma non tutti l’hanno creduto. Queste circostanze, mi hanno indotto a credere che quei cinque libri non siano quelli originali, ma le loro copie”373. Anche Thomas Hobbes, nel Leviatano, aveva scritto che Mosè non poteva essere l’autore dei libri, almeno non nella forma in cui questi erano stati tramandati. “Nondimeno – sosteneva Hobbes - egli scrisse tutto ciò che in essi è detto essere stato scritto da lui”374. L’idea avanzata dagli esponenti del pensiero radicale, che Mosè non fosse l’autore del Pentateuco, fu combattuta per tutto il Seicento da cattolici, calvinisti, luterani e anglicani375. La contestazione della paternità mosaica del 369 Bloemhof, p. 240. La Bibbia di Gerusalemme, Edizioni Dehoniane Bologna 1993, p. 30. 371 I. La Peyrère, I Preadamiti, Preadamitae, a cura di P. Totaro e G. Lucchesini, Quodlibet, Macerata 2004. 372 R. H. Popkin, Storia dello scetticismo, p. 244. 373 I. La Peyrère, Prae-Adamitae, cit., III, cap. I. 374 T. Hobbes, Leviatano, cit., p. 375. 375 J.I. Israel, Radical, cit., p. 453. 370 81 Pentateuco dissolveva la garanzia dell’origine divina della rivelazione custodita nella Bibbia e ingenerava dubbi sul contenuto di verità tramandato nel testo sacro376. “Ma nessuno – secondo Johann Heinrich Heidegger - attaccò le fondamenta dell’intero Pentateuco in maniera più svergognata di Spinoza”377. Il filosofo olandese, che si era ripromesso di illustrare i pregiudizi più comuni della teologia e la quantità di superstizione presente nella religione, era cosciente dei pericoli di una tale operazione: “L’unico mio timore è quello di aver intrapreso troppo tardi questo tentativo, giacchè la situazione è ormai tale che la gente non sopporta di essere corretta in tema di religione, ma difende ostinatamente l’opinione che ha accolta sotto la veste della religione”378. Spinoza, come Koerbagh, attribuiva la redazione del Pentateuco allo scriba Ezra “molti secoli dopo i fatti narrati”379. Ma se Mosè non era l’autore del Pentateuco, quale autorità si può riconoscere alla Bibbia? In quali altre parti il Testo sacro non dice la verità? L’attacco di Koerbagh all’autorità della Chiesa continuava con l’analisi del soprannaturale nella vita dell’uomo. “Chi è il diavolo? - si chiede Koerbagh, nella sua ostinata ricerca della verità - è un calunniatore, un accusatore, che calunnia e accusa qualcuno. È una parola bastarda greca che viene da Diabolos e si trova in alcuni punti della versione nederlandese della Bibbia anche se la parola nederlandese per tradurla c’era: ce ne sono molte di parole non tradotte per non essere capite […] perché se le parole fossero state tradotte in nederlandese la parola Diavolo non si troverebbe nella lingua nederlandese. Ora sappiamo che il Diavolo è uno spirito arrabbiato (infatti un calunniatore 376 R. H. Popkin, Storia dello scetticismo, cit., p. 248. J. H. Heidegger, Exercitationes Biblicae, Typis Davidis Gassneri, Tiguri 1700, p. 304. 378 TTP, p. 535-536. 379 TTP, p. 546. 377 82 è abbastanza arrabbiato)”380. Il diavolo dunque non esiste in sé ma è semplicemente la mancata traduzione del termine “calunniatore”. È una figura creata ex novo dall’ermeneutica biblica tradizionale che non si avrebbe ragione di temere se la parola fosse stata tradotta. Secondo Hobbes, furono i Greci a contagiare i Giudei con la loro dottrina dei diavoli “ma questi (i Giudei) non attribuirono (come i Greci) il nome di Demone sia agli spiriti buoni che ai cattivi ma solo ai cattivi”381. “Satana significa avversario – spiega Koerbagh382 - […] per le cose buone e per le cose cattive, perché la parola ebraica Satana significa avversario […] così il clero va contro la verità e dice che questi nomi di accusatori si usano solo per gli spiriti cattivi”. La corretta traduzione dei lemmi era indispensabile per poter arrivare alla vera fede. Ciò che viene definito “spirito malvagio” non era altro che ciò che ostacolava l’espressione della volontà di Dio383. L’inganno del clero, “senza che esplicitamente sia detto o insegnato ma il fatto parla da solo”384 serve a preservare i privilegi e gli interessi della Chiesa ed è proprio questo che Koerbagh combatte385. Koerbagh lo rende esplicito, distruggendo e ricostruendo per intero il vocabolario di cui si serve la Chiesa, disvelando i misteri nascosti dietro le parole. “L’inganno […] – scrive nell’Een Ligt - è che bisogna credere in tutto quello che essi dicono sulle cose della religione senza che sia permesso fare ricerche […] la bugia non può sopportare nessuna ricerca e, attraverso la ricerca, si arriva alla verità”386. Ecco perché, secondo Koerbagh, la Bibbia è un prodotto dell’uomo387. 380 Bloemhof, p. 258. T. Hobbes, Leviatano, cit., p. 630. 382 Een ligt, p. 367. 383 G.H. Jongeneelen, La phlosophie politique, cit., p. 257. 384 Een ligt, p. 173. 385 H. Vandenbossche, Adriaan Koerbagh, cit., p. 6. 386 Ivi, p. 6. 387 Ivi, p. 7. 381 83 Nel suo tentativo di diffondere la scienza, il sapere, tra il popolo olandese, Koerbagh non dimentica mai che ha davanti un nemico potente: il clero calvinista che, in una tensione costante, cerca di determinare la vita e il pensiero della società olandese del XVII secolo388. Koerbagh dedica tutto il suo lavoro all’emancipazione del popolo e a questo fine, ritiene fondamentale la diffusione di un uso consapevole delle parole. Anche gli angeli sono un’invenzione. La loro origine è la stessa di quella dei diavoli: la parola greca non è stata tradotta. “Aggeloi o Angelii è una parola greca che significa messaggero, ambasciatore e sono buoni o cattivi; […] ma il clero va contro la verità e dice che i messaggeri possono essere solo buoni”389. Su questi spiriti inconsistenti, invisibili eppur potenti sull’uomo, si scatenerà una rovente polemica negli anni novanta del XVII secolo. Ad accendere la querelle sarà la pubblicazione, nel 1691, de De Betoverde Weereld (Il Mondo Incantato) di Balthasar Bekker. Questi era un cartesio-cocceiano nemico dello spinozismo che tutto poteva immaginare tranne che vedere accolto il suo libro dalle critiche più feroci degli stessi cartesiani oltre da quelle, attese, dei voetiani390. Il suo aver definito angeli e diavoli pure figure allegoriche della salvazione e della dannazione aveva permesso ai suoi avversari di paragonarlo agli spinozisti e allo stesso Koerbagh che, con Hobbes, avevano aperto i sentieri che conducevano all’ateismo e che lo stesso Bekker aborriva. I voetiani usavano contro l’autore de Il Mondo incantato gli spettri di Spinoza e Koerbagh per denunciare ancora una volta la pericolosità della commistione del pensiero cartesiano con quello di Cocceius mentre ai cartesio-cocceiani, i due tornavano utili per esecrare l’operato di Bekker, 388 H. Vandenbossche, Spinozisme en kritiek bij Koerbagh, Vrijdenkerslexicon, Pubblicatie van de Vrije Universiteit Brussel, Centrum voor de studie van de Verlichting, p. 21. 389 Een ligt, p. 344. 390 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 926. 84 disconoscerlo e non confonderlo con loro391. Come l’autore del Bloemhof, anche Bekker aveva commesso l’azzardo di aver scritto in nederlandese un libro che scalzava il diavolo dal suo trono nel mondo degli uomini ma non avrebbe finito i suoi giorni rinchiuso in un carcere. 4.3 L’interpretazione della Bibbia L’esegesi di Koerbagh sottomette completamente il testo sacro all’analisi della ragione. Smantella di netto l’apparato mitologico cristiano, separandolo dalla scienza392. Tutto quello che si accorda con la ragione è vero; il resto è un inganno dell’uomo; è un potere di alcuni uomini nei confronti di altri. Perché la parola greca “Paradiso”, che significa giardino e che è presente tre volte nella Bibbia, non viene tradotta? Chi ha stabilito che l’uomo non possa provvedere alla propria salvezza comprendendo la parola di Dio in base al suo lume naturale e che anzi la salvezza debba essere amministrata da un’autorità umana che si dichiara unica e vera interprete della parola di Dio? Anche Spinoza, nel Trattato teologico-politico, avrebbe sostenuto questo metodo: “Dunque la regola generale di interpretazione della Scrittura è la seguente: non attribuire nulla alla Scrittura come insegnamento da essa proveniente, se non ciò che riconosciamo tale con 391 392 Ivi, p. 927. H. Vandenbossche, Adriaan Koerbagh, cit., p. 12. 85 la massima evidenza in seguito all’indagine critica su di essa”393. Anche Spinoza sottolineava quanto fosse importante, nell’investigazione biblica, la distinzione tra l’autenticità del significato e la verità del contenuto e quanto fosse prezioso a questo fine l’ausilio della conoscenza della lingua d’uso, poiché sia l’Antico che il Nuovo Testamento ebbero redattori ebrei e i libri “pur essendo divulgati in lingue diverse, tuttavia conservano molte espressioni tipiche della lingua ebraica”394. La Bibbia andava spiegata con il lume naturale: “infatti la natura e la capacità di questo lume consiste principalmente nella possibilità di dedurre e di concludere ciò che è oscuro da ciò che è noto o che come tale viene dato”395. La religione era una questione privata e non pubblica per questo: “la norma dell’interpretazione non può che consistere nel lume naturale a tutti comune e non in un lume superiore, né in alcuna esterna autorità” né, soprattutto, era possibile obbligare gli animi con la violenza396. La Bibbia, per Spinoza, non può offrire risposte di tipo filosofico e scientifico ma è sicuramente un testo valido per tutti quelli che sono gli aspetti pratici e morali della vita dell’uomo397. Secondo Spinoza, gli insegnamenti della Bibbia concordano perfettamente con l’intelletto umano perché sono massime semplicissime, facilmente comprensibili da ognuno “E perciò mi sono fermamente persuaso che la Scrittura lascia assolutamente libera la ragione e che essa non ha nulla in comune con la filosofia, appoggiandosi tanto l’una quanto l’altra a propri fondamenti”398. Il tono decisamente scientifico dell’analisi di Spinoza manca nelle opere di Koerbagh, pur ricche di riferimenti e rimandi. Il suo modo di 393 TTP, p. 511. Ivi, p. 512. 395 Ivi, p. 527. 396 Ivi, p. 533. 397 L.Simonutti, Arminianesimo e tolleranza, p. 50. 398 Prefazione al TTP p. 395. 394 86 esporre tende più a far risaltare lo smascheramento dell’inganno plurisecolare del clero che a mettere in luce quella che per lui è la verità delle Sacre Scritture. La sua analisi non è fredda, ma passionale e inquieta. Koerbagh, non crede affatto che la Bibbia corrisponda alla parola di Dio e ancor meno che sia stata scritta sotto la guida dello Spirito santo: “venga un giorno qualcuno a darmi la prova che Paolo abbia scritto sotto l’ordine di Dio […] sotto quello dello Spirito santo e per cui non poteva sbagliare: dico che queste cose non sono vere; che poteva sbagliare e che ha sbagliato”399. Per Koerbagh, la Bibbia era “parola dell’uomo” e, probabilmente, aveva avuto tre tipi di redattori: persone ragionevoli; persone che conoscevano la verità ma che non avevano intenzione di condividerla e perciò si servivano di un linguaggio oscuro; persone che non conoscevano la verità e perciò scrivevano in maniera poco chiara. Naturalmente per Koerbagh, soltanto nel primo caso, è possibile che i contenuti della Bibbia corrispondano alla verità400. La Bibbia era accettabile nel tempo in cui era stata scritta; nel tempo cioè in cui non esisteva un altro libro che contenesse delle norme atte a regolare la società401. La parola di Dio è identificata da Koerbagh con la ragione, in senso spinoziano: “Che cosa sia di preciso la parola di Dio lo andremo ora brevemente a spiegare. L’esatta parola di Dio, che è immutabile, eterna e vera, è la ragione: perché come Dio è il signore immutabile, eterno e vero, così anche la ragione è immutabile, eterna e vera. Non la ragione come viene osservato in quelle persone tipo il clero o la maggior parte della gente […] perché è un ragionamento e un’immaginazione o 399 Een ligt, p. 163. H. Vandenbossche, Spinozisme en kritiek, cit., p. 30. 401 Ivi, p. 33. 400 87 somiglianza con la ragione che viene usata nella Scrittura […], ma la ragione nel suo punto più alto e più perfetto, come è in Dio e nello Spirito di Dio. Perché Dio è l’origine della ragione, Dio è stato dall’eternità, la ragione è stata dall’eternità in Dio, perché senza la ragione Dio non sarebbe Dio”402. Quello che la ragione dell’uomo riesce a comprendere nella Bibbia o anche in altri libri che parlano di Dio, è, per Koerbagh, parola di Dio403. Il suo è un Dio immanente che non sta sopra la natura ma, spinozianamente, si identifica con essa; è sostanza infinita con infiniti modi e attributi. Questo tenta di pubblicare Koerbagh nel Een Ligt404 e queste stesse parole userà suo fratello per rispondere alle domande del Concistoro. Per Lodewijk Meyer, come abbiamo visto, la Bibbia andava investigata con l’aiuto della filosofia e non della teologia. Ma, al di là delle differenze metodologiche, sicuramente rilevanti, ciò che questi intellettuali avevano in comune era la fiducia nella capacità della ragione umana di comprendere il messaggio delle Sacre Scritture e Dio. Nelle sue opere, Koerbagh non ha lo stesso rigore scientifico di Spinoza. Il suo intento principale, come abbiamo già detto, era lo smascheramento dell’inganno al quale reagiva con la stessa passionalità di chi scopre di essere stato ingannato. È più radicale di Spinoza, più estremo. Crede ciecamente e ingenuamente che si possano distruggere diciassette secoli di fede soltanto perché ora il livello di conoscenza è tale da poter mostrare in tutta evidenza che l’esegesi scritturale si basa su un libro che non è stato interamente tradotto e di cui sono ignoti gli autori. 402 Een ligt, p. 225. H. Vandenbossche, Spinozisme en kritiek, cit., p. 35. 404 Een ligt, p. 3. 403 88 La base di questi pensatori è uguale per tutti: la valutazione della ragione come strumento dato all’uomo per conoscere Dio e quindi per salvarsi. I punti dell’analisi sono l’evidenziazione di un nucleo minimale di precetti a cui conformarsi se si vuole vivere secondo la parola di Dio e l’accento sull’impossibilità di coercizione delle coscienze. L’intento della Scrittura non è fornire all’uomo delle conoscenze scientifiche o condannare l’ignoranza: la Scrittura “non esige dall’uomo che l’obbedienza. – scrive Spinoza nel capitolo XIII del Trattato – E l’obbedienza a Dio non consiste che nell’amore del prossimo […]. Tutte le altre speculazioni che non tendano direttamente a questo fine, ma che si rivolgano alla conoscenza di Dio o a quella delle realtà naturali, non sono dunque in stretto rapporto con la Scrittura e vanno pertanto distinte dalla religione rivelata”405. Per le chiese istituzionalizzate, non soltanto il pensiero cosiddetto radicale investigava autonomamente il libro sacro ma lo sviliva, relegando la teologia nell’ambito del sentimento religioso e dell’obbedienza e lasciando il dominio della verità e del sapere alla sola ragione406. Per Koerbagh, la Bibbia non era rivelazione divina e questo andava spiegato alla gente comune affinchè potesse evitare il raggiro del clero e la violenza che essi scatenavano sull’argomento407. “Mi domando – scrive Spinoza nel XV capitolo del suo Trattato – che cosa metta costoro [quanti nutrono diffidenza verso la ragione e non sulla credibilità di chi ha tramandato i testi sacri] in agitazione? Che cosa temono? Forse la religione e la fede non possono essere difese se non a condizione che gli uomini si impegnino a ignorare tutto e a prendere definitivo congedo dalla ragione?”408 405 TTP, p. 614. Ivi, p. 636. 407 J.I.Israel, The dutch, cit., p. 920. 408 TTP, p. 633. 406 89 La salvezza, per questi spiriti liberi, non si sarebbe conquistata con l’obbedienza ma grazie ad una comprensione intellettuale della realtà. La Beatitudo, per Koerbagh, consiste nella completa conoscenza Dio ed è cura dell’essere umano ricercare un legame con lui durante la vita. La morte interviene a spezzare questo legame solo per permettere la creazione di un’unità più alta con Dio409. Tuttavia Koerbagh, sulla scia di Spinoza, non esclude gli inconsapevoli e gli ignoranti dalla possibilità di essere salvati e illustra una seconda via, comunque valida, che consiste nel seguire durante la vita i sentieri della virtù e della rettitudine. Secondo il suo pensiero, Cristo ha superato la morte e la corruttibilità attraverso la sua buona novella che altro non è se non la volontà di Dio. Questa è racchiusa in due semplici comandamenti: ama Dio e ama il tuo prossimo. Per Koerbagh, “amare il prossimo” può essere inteso nel senso dell’obbedienza alle leggi legittime dello Stato e nell’esercizio della giustizia. Quindi, la seconda via alla salvezza è possibile grazie all’obbedienza alla volontà di Dio, all’amore per lui, per il prossimo e per la giustizia. Koerbagh, insieme a Spinoza, ritiene che la seconda via non sia qualitativamente inferiore alla via attraverso la conoscenza410. Anche Spinoza indica l’obbedienza quale seconda via alla salvezza; obbedienza resa possibile proprio grazie alla rivelazione contenuta nella Bibbia: “In tal modo, a tutti indistintamente è dato di obbedire, e non solo a quei pochi, pochi a paragone con tutto il genere umano, che riescono ad acquisire, sotto la guida della sola ragione, l’abito della virtù. Se non possedessimo la testimonianza della Scrittura, noi dubiteremmo della salvezza della maggior parte degli uomini”411. 409 H. Vandenbossche, Adriaan Koerbagh, cit., p. 13. Il ragionamento di Koerbagh è sintetizzato in: H. Vandenbossche, Adriaan Koerbagh, cit., p. 14. 411 TTP, p. 642. 410 90 La critica alla superstizione in campo religioso investiva anche la credenza nei miracoli. Già Thomas Hobbes li aveva considerati appannaggio della gente ignorante, che non conosceva la spiegazione degli eventi naturali, ma tuttavia non aveva escluso la possibilità della loro manifestazione e li aveva giudicati opera di Dio che solo la Chiesa era in grado di riconoscere412. Koerbagh spiega: “Miracolo: un fatto meraviglioso, un’azione meravigliosa. Il clero vuole che quest’azione meravigliosa sia operata contro o sopra la natura: il che è falso perché non si può operare contro o sopra la natura”413. Il concetto, nella sua espressione cruda ed essenziale, è tipicamente spinoziano: “Dal fatto dunque che in natura nulla accade che non dipenda dalle sue leggi, che queste ultime si estendono a tutto ciò che viene concepito dall’intelletto divino, e che infine la natura conserva un ordine fermo e non mutevole, consegue con la maggior chiarezza che il termine ‘miracolo’ non può essere inteso che relativamente alle opinioni degli uomini e che, in sé, significa solo un evento le cui cause naturali non siamo in grado di accertare in base all’esempio offerto dagli altri eventi consueti, o che non è in grado, quanto meno, di accertare colui che scrive o narra di miracoli. Potrei quindi definire “miracolo” ciò la cui causa non può essere chiarita in base ai principi naturali a noi noti in base al lume naturale”414. Uno dei supporti popolari della fede, della tradizione e dell’autorità della Chiesa, era stato negato, deriso e sbriciolato. Al suo posto, veniva eretto un altro principio, esatto contrario del precedente: “Non è possibile conoscere Dio dai miracoli”415 e anzi, se veramente accadesse in natura qualcosa “che non conseguisse dalle leggi naturali, 412 T. Hobbes, Leviatano, cit., cap. XXXVII. Bloemhof, p. 447. 414 TTP, p. 490. 415 TTP p. 495. 413 91 necessariamente contraddirebbe a quell’ordine che Dio per l’eternità stabilì”416. Quello che Spinoza attacca e distrugge con l’applicazione della ragione non è Dio ma le fondamenta dell’autorità della Chiesa, il suo preteso potere esclusivo nell’amministrazione di Dio, la sicurezza di un’obbedienza cieca che non costa volontà, non comporta indagine né tanto meno comprensione. Tacciare Spinoza e i suoi seguaci di “ateismo” dunque, fu per il clero calvinista e per i cartesiani, semplicissimo, perché paradossalmente gli strumenti per forgiare questa etichetta che li accompagnerà per secoli, glieli fornirono proprio Spinoza e i suoi proseliti con le loro opere. Questa pattuglia olandese del primo illuminismo aveva distrutto a colpi di logica e con l’aiuto della ragione, tutto l’apparato dogmatico elaborato nei secoli dalle autorità ecclesiastiche per propria legittimazione. Per essere condannati da qualsiasi Chiesa sarebbe stato sufficiente anche solo dubitare della verità offerta gratuitamente da una autorità. Spinoza e i suoi scelsero di “intelligere”, di voler capire, di fare ricerche sul Testo sacro, di cercare un’altra strada per la salvezza. Avevano fatto saltare le fondamenta di un’autorità, assegnando alle parole un significato diverso da quello comunemente inteso e accettato e creando un sistema di relazione dell’uomo con Dio, diverso da quello offerto dalle istituzioni ecclesiastiche. Per la semantica comune, questa era un’“Eresia: un credo, un marchio, una scelta, una volontà […]. La parola eresia è di origine antico-germanica e significa seguire o imitare. Che male c’è ora a seguire ed imitare? Come quando, per esempio, un allievo segue il maestro? Secondo il mio giudizio non c’è nessun male […], nessuno è così potente per poter giudicare in merito, a meno che uno non sia così offuscato dal pregiudizio da credere che il suo credo sia 416 TTP, p 494. 92 il migliore e da giudicare quello di un altro eresia […] è un peccato che noi non siamo imitatori della ragione che procede con la verità […] perché la verità è una e semplice. Eresia: si vuole che significhi anche non-credenti ma questo significato non c’è (nella parola). E poi chi giudica questi non-credenti? […] ognuno è così saldo e così illuminato nella sua fede che la ricerca, attraverso la quale si arriva alla scienza, è completamente ignorata dalla gente comune. Si lascia arrivare la gente solo alla fede senza lasciargli capire se quello in cui crede è o può essere vero”417. Koerbagh aveva avuto contatti con le conventicole dei collegianti dove si ritrovavano molti sociniani e aveva avuto modo di riflettere anche su un’altra verità secolare, su cui non sarebbe stato necessario indagare perché era sempre stata insegnata e sempre era stata creduta: la natura di Gesù. “Jesus, Salvatore: è un nome bastardo ebraico che viene da Iehoschuan, da cui viene anche Ioschua o Iosua. Tra gli ebrei, questo nome di Salvatore era molto diffuso. Tra questi c’è stato anche un Iosua che ha portato gli israeliti sani e salvi nella terra di Canaan e al quale il nome di Salvatore poteva essere giustamente offerto. Perché salvatore è colui che salva qualcuno da una situazione di necessità o di pericolo […]. Salvarsi può anche significare portare qualcuno fuori dalla stupidità, dall’ignoranza e dai pregiudizi, e condurlo verso la scienza e la sapienza attraverso la quale si giunge alla conoscenza del sommo bene […]. Un tale Gesù o Salvatore tra gli ebrei […] un falegname, il figlio di Maria e, così si dice, di Giuseppe il falegname, che ha insegnato al popolo e che ha cercato di portarlo, attraverso la scienza e la sapienza, alla conoscenza del sommo bene. Che egli sia il nostro Salvatore perché attraverso la sua Passione e la sua morte ci ha liberato da tutti i peccati e 417 Bloemhof, p. 338. 93 il debito è stato completamente soddisfatto, sono concetti fuori dalla Scrittura e anche contro la verità. Non si sa quale sia stato effettivamente il padre di questo Salvatore e per questo qualche ignorante ha detto che egli era il figlio di Dio e che in quel tempo sia nato da una vergine senza l’aiuto di un uomo: ma questi concetti non sono nella Scrittura e sono contro la verità”418. Socinianamente Koerbagh negava la divinità di Cristo, al quale riconosceva il merito di aver provato, con la sua dottrina, ad illuminare le coscienze del popolo, ad indicare la via per la conoscenza di Dio. Tuttavia, il sacrificio di Gesù sulla croce non poteva avere valore di espiazione e salvazione vicaria e non cancellava i peccati degli uomini. Oltre a smascherare il clero, che nutre il popolo con l’ignoranza e con una fede superstiziosa, Koerbagh indica gli strumenti con i quali è possibile intraprendere la libera ricerca della verità grazie all’uso della ragione419. Nel Een Ligt, l’autore, nonostante la fiducia nella luce della ragione, mostra di essere ben consapevole delle difficoltà poste dall’obiettivo di illuminare le coscienze del popolo, a cui viene riservata solo l’obbedienza senza la conoscenza, e opera una distinzione. Koerbagh avverte i lettori dell’argomento che sta per trattare, specificando quando un concetto è alla portata di tutti e quando invece la sua comprensione presupponga un livello più alto di consapevolezza420. L’intelligenza infatti per Koerbagh, è data dall’indispensabile binomio innata ragione-buona istruzione; è una combinazione di questi due fattori, che, se presi singolarmente, non sono sufficienti a garantire all’uomo la comprensione della cose421. Anche nell’introduzione al Bloemhof, Koerbagh mostra di rendersi conto del limite dell’uomo comune. In una società di mercanti, dal 418 Bloemhof, p. 663-664. H. Vandenbossche, Spinozisme en kritiek, cit., p. 14. 420 Ivi, p. 14-15. 421 Ivi, p. 18-19. 419 94 carattere spiccatamente pragmatico, l’autore del Bloemhof sa che tutti gli sforzi che non portano denaro, sono considerati tempo perso: “tutto il tempo che è destinato a qualcos’altro che a guadagnare denaro, viene giudicato dalla gente tempo perso”422. All’uomo comune, che non ha tempo né volontà per essere curioso, non serve la ricerca; basta la fede. Non serve capire quello in cui crede ma giudica sufficiente obbedire. E infatti nelle opere di Koerbagh è presente una duplice verità: una verità della fede, fondata sulla Scrittura, per il popolo; e una verità della filosofia, fondata sulla ragione, per un’élite423. L’apparente contraddizione è spiegabile considerando che la verità si lascia comprendere in misura adeguata al livello di comprensione dell’uomo. Koerbagh voleva dimostrare che l’uso del latino nascondeva una volontà di non-intelligenza della realtà e che la lingua nederlandese aveva tutte le sfumature adatte per poter esprimere i concetti della filosofia. Per questo, aveva fornito gli strumenti scrivendo due vocabolari, spiegando le etimologie delle parole e tentando di creare una tradizione filosofica nederlandese424. La fine dell’utilizzo di una lingua “bastaart”, infarcita di parole straniere, equivaleva per Koerbagh alla fine del commercio del sapere e tuttavia “poiché nessuno nasce con qualche scienza o arte ma queste si acquisiscono attraverso l’istruzione e l’esercizio: docenti, maestri e insegnanti saranno sempre necessari sia negli affari religiosi sia in quelli del mondo. Di conseguenza, potranno sempre guadagnare denaro”425. 422 Bloemhof, introduzione p. VIII. H. Vandenbossche, Spinozisme en kritiek, cit., p. 49. 424 H. Vanderbossche, Dialoog, cit., p. 119 e 121. 425 Bloemhof, introduzione p. IX. 423 95 Capitolo V 5.1 Jan e Adriaan Koerbagh dinanzi al Concistoro di Amsterdam Nel 1666, il fratello di Adriaan, Jan, che aveva studiato teologia ed era candidato a divenire predicatore della chiesa calvinista, viene convocato per la prima volta davanti ai superiori per chiarire le sue posizioni teologiche. Il sospetto del Concistoro di Amsterdam era che Jan avesse opinioni eterodosse e le spargesse, nonostante la sua aspirazione al sacro ufficio426. Anche Adriaan era stato convocato in quell’occasione, ma gli vennero semplicemente rimproverati i suoi costumi licenziosi: da tempo infatti, il giovane conviveva con una donna da cui aveva avuto anche un figlio senza essere sposato427. La morale di Adriaan del resto, si riduceva a tre semplici principi: vivere onestamente; amare il prossimo e “non fare ad un altro quello che non vorresti fosse fatto a te”428. Sul termine “concubina”, Adriaan scrive nel Bloemhof: “E’ una donna che viene presa da un uomo come donna o moglie oltre la moglie sposata che egli ha […]; nei tempi antichi era permesso […], in sé e per sé non era un male e non lo è tuttora, solo che non è permesso”429; diverso il caso dell’adulterio l’adulterio: “illegalità, quando la fedeltà o lo stato matrimoniale vengono sfregiati”430. Secondo la sua logica, l’avere un figlio senza essere sposato non procurava danno a nessuno e quindi non poteva essere considerato un male. 426 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 287. S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 293. 428 Een Ligt, p. 132. 429 Bloemhof, p. 173. 430 Bloemhof, p. 27. 427 96 Se Adriaan in quel suo primo incontro con il Concistoro se la cavò con l’intimazione a non seguire i principi del fratello e con dei rimproveri alla sua moralità, Jan Koerbagh si trovò a rispondere a domande precise su tematiche religiose431. Il Concistoro sapeva che frequentava le riunioni dei collegianti di Amsterdam e che non disdegnava la compagnia dei sociniani. Non solo, ma era stato anche sentito mentre pubblicamente offendeva la Chiesa432. Il 10 giugno del 1666, il predicatore Pieter Leupenius comunicò al Concistoro che egli aveva fatto visita ai due fratelli nella loro casa e che si era intrattenuto con Jan a discutere “alcune parti della dottrina, verso le quali egli (Jan) aveva dei pensieri eretici e insani” mentre, quando aveva fatto notare ad Adriaan il suo stato di concubinaggio, egli l’aveva tranquillamente ammesso ma non sembrava trovarci niente di male433. Il 1° luglio del 1666, i due fratelli si ritrovano davanti a due commissari rappresentanti del governo, e al Concistoro riunito. Ad Adriaan è imputata di nuovo la sua convivenza more uxorio e viene diffidato dal “mescolarsi” alle opinioni eterodosse del fratello434. A Jan, che nell’esposizione della sua difesa sembrava essere molto confuso e imbarazzato, fu ordinato di mettere per iscritto la sua posizione teologica. L’influenza di Spinoza è notevole. Alla domanda che cosa intenda per “Dio”, Jan scrive che Dio “essendo una sostanza infinita, fuori dalla quale non possono esistere altre sostanze, tutti gli attributi non sono sostanze ma modificazioni o modi di esistere, determinati dal riposo o dal movimento”435. 431 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 293. J.I. Israel, Radical, cit., p. 188. 433 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 25. 434 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 26. 435 K.O. Meinsma riporta brani significatvi dei protocolli del Concistoro. Cit., vedi p. 289. 432 432 97 Sulla questione della trinità, Jan replica che questa parola non si trova nella Bibbia e quindi la dottrina della trinità non è ricavabile dalle Sacre Scritture. “Non dimostrabile neanche attraverso idee chiare e distinte – aggiunge – quindi la venerazione di Gesù come essere divino è pura superstizione”436. Della “Trinità” il Bloemhof avrebbe detto, due anni dopo, essere: “una parola usata dai religiosi e dicono che in una sostanza unica, semplice e immodificabile c’è una trinità: ma loro non vedono l’assurdità e la contradictio in terminis che c’è in questo: perché trinità è un trio comprendente tre volte uno. Come! È semplice, unica, immodificabile e mai cominciata una sostanza trina comprendente tre volte uno? […] Se questo fosse vero, loro non dovevano dire trinità ma uni-trinità, che è una sostanza che in una ne contiene tre […] così diventano tre sostanze indipendenti e tre Dei necessari, il che è assolutamente irragionevole”437. Durante l’interrogatorio, a Jan venne anche chiesto se credesse nel catechismo e nella dottrina della Chiesa olandese stilata nel Sinodo nazionale di Dordrecht e sulla quale aveva giurato il 2 agosto di sei anni prima. Jan confermò il suo giuramento ma aggiunse “pro hoc tempore” e “in fondamentalibus”438. Sulle Sacre Scritture il commento fu conciso: secondo Jan, i libri erano stati scritti da diversi uomini al meglio delle loro capacità e non aggiunse altro439. Nel Bloemhof, suo fratello sarà molto più esplicito: “Bibbia: parola bastarda greca che significa in generale un libro che può essere Della volpe Reinard440 o Uilen-spiegel (Specchio piangente) […] 436 J.I. Israel, Radical, cit., p. 188. Bloemhof p. 632. 438 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 289. 439 Ivi, p. 289. 440 Intorno al XII-XIII secolo, la maggior parte delle opere letterarie dei Paesi Bassi erano traduzioni o adattamenti di opere francesi. “Della volpe Reinard” è un poema epico, considerato il primo lavoro letterario tipicamente olandese, nato dalla cultura individualistica delle città dei Paesi Bassi. R.P. Meijer, Literature of the Low Countries, a Short History of dutch literature in the Netherlands and Belgium, M. Nijhoff, Den Haag 1978, p. 3. Vedi anche Blaauw-van den Dries H.S. e van Noorden 437 98 nella religione, sebbene in modo non corretto perché la parola non ha quel significato, le Sacre Scritture sono chiamate Bibbia […] non si sa chi siano gli autori dei testi ebraici […]. Alcuni pensano che li abbia compilati un certo Esdra grazie ad altri scritti ebraici […] nelle Scritture c’è qualcosa di vero che è in accordo con la ragione, che io considero la Scrittura […] ma il resto è per noi inutile e vano e può essere buttato tranquillamente”441. L’interrogatorio di Jan prosegue sulla resurrezione dei morti. Jan afferma di non avere idee chiare sull’argomento mentre sull’inferno e sul paradiso dichiara che il primo denota la miserabile condizione dei non salvati e il secondo lo stato di grazia dei prescelti442. L’interrogatorio fu interrotto per riprendere il 27 luglio a casa del predicatore Langelius. A Jan fu chiesto di specificare che cosa intendesse per “unica sostanza”. Visto che la sostanza è unica “tutte le cose create non sono sostanza ma modificazioni o modi della sostanza limitati o estesi dal riposo o dal movimento” fu la risposta443. Anche sulla Creazione, la posizione di Jan non si accorda con quella dell’ortodossia calvinista: “nulla può essere creato dal nulla” e ogni vera idea di Dio mostra che egli è identico alla sua Creazione444. Stessa opinione aveva Spinoza, secondo cui la Creatio ex nihilo non è possibile né razionalmente accettabile445. Il Bloemhof, con il suo solito stile, spiegherà: “Creazione: fare […]. Dovrei dire creare ma creare è un’altra faccenda […] come è spiegato nella parola “Creatura”: il primo fare è stato un dare forma alla materia non fatta”; “Creatura: una lavorazione, una produzione. Una cosa tutta fatta. Ci sono due tipi di F.M., Tijl Uilenspiegel, Kluitman, Alkmaar 1918, che contiene tutt’e due le novelle, ancora molto famose in Olanda. 441 Bloemhof, p. 95. 442 J.I. Israel, Radical, cit., p. 188. Vedi la posizione sociniana in L. Sozzini, Opere, De Resurrectione, cit., p. 77. 443 J.I. Israel, Radical, cit., p. 188-189. 444 Ivi, p. 189. 445 Etica, prop. XXXIII. 99 produzioni: quella senza vita, cioè quelle che non hanno vita né anima; e produzioni con la vita, come le persone, che sono provviste di ragione (sebbene molti non la usino e molti non la possano usare) e le bestie, che non hanno ragione. Si può anche dire che le produzioni sono di tre tipi: viventi e con la ragione, come le persone; viventi e senza ragione, come le bestie; e non viventi come il legno e la pietra”446. Il 5 agosto, davanti al Concistoro riunito, Jan Koerbagh fu ammonito di non continuare a diffondere nel popolo le sue opinioni altrimenti sarebbe stato portato al cospetto dei magistrati di Amsterdam447. Meinsma sostiene che se in questo primo momento Jan non dimostrò di essere completamente convinto e sicuro delle sue posizioni, ciò si deve al fatto che fu più che mai Adriaan ad avere probabilmente contatti frequenti con Spinoza. Inoltre, nell’estate del 1666, Jan avrebbe potuto avere ancora paura di uscire completamente dalla chiesa, essendo egli ancora candidato al sacro ufficio di predicatore448. Bisogna riconoscere che le misure adottate dal Concistoro verso i fratelli Koerbagh in questo primo “incontro” non furono affatto rigorose, soprattutto se si tiene presente che Jan faceva parte della chiesa calvinista. L’interrogatorio tuttavia non dovette impressionare molto i due fratelli se il 19 giugno del 1667, il Concistoro fu di nuovo informato che Jan Koerbagh aveva ripreso a parlare pubblicamente in modo “sacrilego” delle Sacre Scritture e del catechismo449. In quell’occasione, fu deciso di mandare due predicatori ad ascoltare una delle tante riunioni di collegianti, “galenisti (seguaci di Galenus de Haan) che continuavano a riunirsi malgrado il divieto della 446 Bloemhof, p. 207. J.I. Israel, Radical, cit., p. 189. 448 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 290. 449 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 26-27. 447 100 legge e che negavano la soddisfazione di Cristo apertamente”450, a cui Jan prendeva parte. I due raccontarono di aver visto Koerbagh sedere tra i capi e dichiarare pubblicamente che Gesù non era un Dio. Il predicatore Leupenius andò di nuovo a parlare con Jan ma fu trattato così male che decise di far convocare ancora una volta il recidivo davanti al Concistoro451 e di “rimostrare” ai “burgemeesteren” (sindaci) “le atrocità e le opinioni nocive” che venivano formulate in quel collegio452. Nel frattempo, il precettore dei due fratelli Koerbagh, Lambert Rijnst, era diventato “burgemeester” (sindaco) di Amsterdam453. Il 5 gennaio del 1668, Jan compariva di nuovo al cospetto dei reverendi “con una grande irruenza, non come un dottore in teologia, né come un discepolo del Signore della mansuetudine, ma come un forsennato o un indemoniato”454. Probabilmente, rispetto all’anno precedente, Jan aveva consolidato le sue posizioni teologiche e non si sentiva più intimorito davanti al clero calvinista riunito per giudicarlo. Alla domanda se egli trovasse ammissibili le riunioni che si tenevano al Rokin, Jan rispose che Paolo avrebbe acconsentito e rimandò i reverendi a consultare quanto l’apostolo aveva scritto sul dono delle lingue nel XIV capitolo della prima lettera ai Corinzi455. Di nuovo gli fu chiesto cosa pensasse della Confessione e del Catechismo della Chiesa olandese ed egli rispose che li accettava nella misura in cui si accordavano con la parola di Dio456. Il Concistoro prese atto delle sue dichiarazioni e gli concesse quattordici giorni di “bedenktijd” (tempo per riflettere). 450 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 293. P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 28 452 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 294. 453 H. Vandenbossche, Adriaan Koerbagh, cit., p. 2. 454 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 28. 455 Ivi, p. 28. 456 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn Kring, cit., p. 295. 451 101 Scaduto il termine, fu nuovamente convocato: gli venne ancora chiesto se egli considerasse il Catechismo e la Confessione della Chiesa olandese in accordo con la parola di Dio. “In fondamentalia” rispose Jan. Il Concistoro agì con estrema cautela. Gli furono accordati ulteriori otto giorni di riflessione e si decise di segnalare il caso alla “Classis” (Circoscrizione ecclesiastica)457. Il 24 gennaio, il giovane candidato all’ufficio di predicatore della chiesa calvinista rispose che non aveva alcuna intenzione di fornire altri chiarimenti sulle sue posizioni teologiche e che il Concistoro non aveva alcun diritto di rivolgergli simili domande. Jan fu rinviato per il 30 gennaio al cospetto della “Classis” (Circoscrizione ecclesiastica) che, tuttavia quel giorno, attese invano che comparisse 458. 5.2 La situazione politica di Amsterdam A comparire, qualche settimana più tardi, sarebbe stato invece il Bloemhof “e trovò molti compratori perché mai, prima di questo libro, era stato usato un tono così arrogante”459. Il 23 febbraio, il Concistoro era già informato che il libro conteneva “diverse opinioni blasfeme contro Dio, contro il nostro Salvatore Gesù Cristo figlio di Dio”460. Il libro fu portato alle autorità civili che convocarono i due fratelli mentre a Jan fu anche comunicato che il suo caso 457 sarebbe stato esaminato dalla Ivi., p. 295. P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 28. 459 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn Kring, cit., p. 298. 460 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 29. 458 “Classis” (circoscrizione 102 ecclesiastica) e che, nel frattempo, avrebbe dovuto astenersi dalla comunione461. I “burgemeesteren” (sindaci), che tutto potevano desiderare tranne essere coinvolti in un simile affare in cui, per di più, i calvinisti avevano ragione a dipingere il libro di Koerbagh come blasfemo, sempre in base ad una semantica comunemente accettata, affidarono la decisione del caso all’Hoofdofficer, “Schout” (capo della polizia) Cornelis Witsen che si recò di persona a casa dei Koerbagh. Dalle carte di Hans Bontemantel sappiamo che Adriaan dichiarò in quell’occasione, di essere l’autore del libro; di averlo fatto stampare e che non ci trovava niente di male462. Una delle principali preoccupazioni dell’autorità civile era tenere sotto controllo il livello di coesione della chiesa riformata. Dal suo grado di stabilità, dipendeva infatti la compattezza dell’intero corpo politico e questo era ben noto sia agli orangisti sia ai repubblicani sin dai tempi di Dordrecht463. Entrambi i partiti erano disponibili alla difesa della chiesa riformata discordando solo sulla quantità di influenza da accordare ai calvinisti in campo sociale, culturale e scolastico e sul grado di tolleranza da elargire a tutti i dissidenti dell’ortodossia calvinista464. I concistori e i predicatori pressavano le autorità civili nel tentativo di imporre una disciplina morale e confessionale mentre, sul fronte opposto, una pletora di dissidenti combatteva per creare ideologie più fluide, più flessibili e meno dogmatiche465. Lo “Schout” (capo della polizia) Witsen si recò a casa dei Koerbagh e sequestrò gli esemplari del Bloemhof presenti al momento nello studio di Adriaan ma non lo arrestò perchè non aveva il permesso dei 461 Ivi, p. 29. Procedures teghens Adriaen Koerbach en deszelfs broeder Joannes, weghens godslasteringhe, 1668. Dalle carte di Hans Bontemantentel in: Archief voor kerkelijke en wereldsche geschiedenissen inzonderheid van Utrecht. Uitgegeven onder begunstiging van Z. Mejest der Koning. Door J.J. Dodt van Flensburg, II dell, Utrecht 1839, N. van der Monde, p. 359. 463 J.I. Israel, The dutch, p. 660. 464 Ivi, p. 661. 465 Ivi, p. 673. 462 103 “burgemeesteren” (sindaci). Dal canto suo, l’autore del dizionario “blasfemo” promise che, appena convocato dalle autorità, sarebbe comparso. Tuttavia, nonostante le assicurazioni, Adriaan, dopo la visita dello “Schout” (capo della polizia), non si sentiva più al sicuro ad Amsterdam. Di nascosto prese allora la via per Culemborg e da lì, “scrisse due o tre lettere allo “Schout” (capo della polizia) e ai magistrati per spiegare le ragioni della sua fuga e pregando di poter tornare da libero cittadino per giustificarsi”466. Dal 1665, la composizione politica del Consiglio comunale di Amsterdam era tuttavia cambiata. L’anno precedente, in maggio, era morto Cornelis de Graeff, zio del Gran Pensionario, il quale aveva sempre fatto conto sul prestigio politico dello zio per portare avanti la sua politica interna. Da questo momento in poi infatti, il favore di Amsterdam comincerà a scivolare dalle mani di De Witt467. Cornelis era stato sostituito dal fratello, Andries de Graeff, che però non aveva la statura politica né il polso del suo predecessore. Andries non riuscì ad impedire che nel 1665, Gillis Valckenier, insieme con Schaap e Spiegel, fosse nominato “burgemeester” (sindaco). In questo modo, tre posti su quattro dell’amministrazione di Amsterdam erano in mano al partito ortodosso-orangista dei reggenti. Dieci anni prima Spiegel, che, pure, ricopriva la carica di “burgemeester” (sindaco), aveva avuto da Cornelis de Graeff mano libera sulle questioni della chiesa e, appena nominato, accolse le richieste del Concistoro che chiedeva da tempo la nomina di tre nuovi predicatori per la città di Amsterdam: Jacobus Clerquius, Andreas 466 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 359. H. Brugmans, Geschiedenis van Amsterdam, van den oorsprong af tot heden, IV, N.V. uitgeverij “Joost van den Vondel“, Amsterdam 1930, p. 436. 467 104 Lansman e Lucas Vinkius. Quest’ultimo avrebbe avuto il compito di stilare l’ultimo rapporto del Concistoro su Adriaan Koerbagh468. Gillis Valckenier era un uomo ambizioso, esponente di quel piccolo partito calvinista che, durante gli anni di De Witt, pur non scomparendo, non aveva avuto grande peso nell’amministrazione cittadina469. Burbero, furbo, smaliziato negli intrighi e taccagno, secondo una testimonianza del diplomatico inglese Temple, Valckenier aveva solo due qualità non poco utili ad un politico: prontezza di spirito e operosità470. Tatticamente, Johan De Witt mandò una lettera a Valckenier per congratularsi della sua elezione. Il promotore della “Ware Vrijheid” (Vera Libertà), che non era intimo del nuovo “burgemeester” (sindaco), si definiva tuttavia suo sostenitore anche se, per la sua politica interna, avrebbe continuato ancora per un po’ a far perno su van Beuningen, pur essendo quest’ultimo ambasciatore a Parigi471. Valckenier sarebbe rimasto fino al 1680 una figura centrale della politica di Amsterdam e, per i due anni successivi alla sua elezione, fino a quando cioè, da politico qual era, non capì che la storia della Repubblica stava per terminare, si schierò dalla parte di De Witt,472. È da ricordare che Gillis Valckenier e il pensionario di Haarlem, Caspar Fagel, e non Johan De Witt, “in una delle supreme ironie della storia della Repubblica” come scrive Jonathan Israel, introdussero, nella “Armonia” di De Witt, la clausola che aboliva per sempre, lo Stadhouderato dalla provincia di Olanda. In seguito agli eventi del 1672, Fagel e Valckenier saranno figure centrali del governo di Guglielmo 468 R.B. Evenhuis, Ook dat was Amsterdam, III, cit., p. 168-169. H. Brugmans, Geschiedenis van Amsterdam, cit., p. 436. 470 J.E. Elias, De vroedschap van Amsterdam 1578-1795, I, N. Israel, Amsterdam 1963, p. CXIII. 471 Rowen, John De Witt, Grand Pensionary of Holland, 1625-1672, Princeton University Press 1978, p. 662. 472 H. Brugmans, Geschiedenis van Amsterdam, cit., p. 439. 469 105 III473. L’orientamento politico di Valckenier cambiò dunque in modo evidente nel 1666. In quell’anno infatti, avrebbe dovuto dimettersi mentre Spiegel avrebbe potuto restare ancora un anno in carica come “burgemeester” (sindaco). Valckenier chiese al partito orangista di sostenere ancora la sua candidatura ma quando vide che le preferenze pendevano decisamente dalla parte di Spiegel, passò con disinvoltura all’altra fazione. Cominciò una lotta tra i partiti. Il Gran Pensionario contava sull’appoggio di Valckenier e Lambert Rijnst per liquidare in fretta la questione della tasse e, fino alla fine del 1668, avrebbe continuato a ritenere vitale il favore di Amsterdam per la sua politica474. Nella documentazione raccolta da Bontemantel, si legge che le preferenze venivano vendute al miglior offerente e che i reggenti calvinisti portavano avanti la loro strategia sostenendo che: “se vince l’altro partito, avremo un regime tirannico”. All’ultimo momento, Valckenier riuscì a portare dalla sua il magistrato Nicolaas Pancras e il partito dei reggenti repubblicani vinse con una maggioranza di tre voti475. “Burgemeesteren” (sindaci) divennero dunque, Gillis Valckenier, Cornelis van Vlooswijck, Andries de Graeff e Nicolaes Tulp, quest’ultimo unico esponente del partito orangista. I reggenti non ortodossi avevano vinto ma la situazione rimaneva tesa e, nel 1672, Valckenier, che nel 1666 era anche entrato con De Witt nella Commissione per l’educazione di Guglielmo III, “Kind van Staat” (figlio dello Stato)476, dimostrerà di poter passare facilmente ancora una volta dall’altra parte477. 473 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 791. Rowen, John De Witt, cit., p. 664 e 783. 475 R. B. Evenhuis, Ook dat was Amsterdam, III, cit., p. 169. 476 H. Brugmans, Geschiedenis van Amsterdam, cit., p. 439. 477 R. B. Evenhuis, Ook dat was Amsterdam, III, p. 169-170. J.E. Elias, De vroedschap, p. CXIVCXV. 474 106 Gli orangisti, in eclisse durante la seconda guerra anglo-olandese, cominciarono a riconquistare popolarità dal 1667 in poi, marcando nettamente i confini delle fazioni nelle diatribe sulle tolleranza religiosa, l’autorità della chiesa e la libertà dell’individuo478. Ma già durante gli scontri con la flotta inglese nel mare del Nord, l’equipaggio della nave Gouda si era rifiutato di combattere fintanto che la bandiera degli Stati non fosse stata sostituita con i colori della casa d’Orange479. La classe bassa della società, il popolo, stava infatti dalla parte della Chiesa e della famiglia d’Orange; credevano nel mito di Guglielmo d’Orange, fondatore della patria, mentre i mercanti, la borghesia era schierata con l’ideologia repubblicana del Gran Pensionario480. Era già chiaro che la politica di De Witt sarebbe andata incontro, di lì a breve, al fallimento. Ad Amsterdam, un segnale di questa crescente consapevolezza, erano state le dimissioni non richieste, presentate nel 1667 da Pieter de Groot, figlio di Hugo de Groot e Pensionario di Amsterdam dal 1660481. Il Consiglio comunale si divise e, come in tutti i momenti decisivi, quando ancora non sembrava chiaro quale delle due fazioni avrebbe avuto la meglio, le posizioni divennero più fluide. Si formò una sorta di “partito di mezzo”, a metà strada appunto tra orangisti e wittiani, in cui confluirono sia van Beuningen sia Valckenier482. Nel 1669, quest’ultimi stringeranno un’alleanza tattica con gli orangisti per cambiare la rotta della politica di De Witt nei confronti della Francia e un compromesso con il principe Guglielmo III a cui la “Armonia” del Gran Pensionario non aveva ancora chiarito se il suo voto al Consiglio di Stato sarebbe stato di natura “consultiva” o “decisiva”. Invano De Witt avrebbe tentato 478 J.I. Israel, The dutch, p. 785-786. Ivi, p. 767. 480 M.J. Petry, Hobbes and the early dutch spinozists, Spinoza’s political and theological thought, C. De Deugd, Amsterdam 1984, p. 152. 481 H. Brugmans, Geschiedenis van Amsterdam, cit., p. 443. 482 Ivi, p. 443. 479 107 di riportare i due reggenti di Amsterdam nel suo campo483. Van Beuningen e Valckenier, sempre più influenti all’interno del Consiglio comunale, criticavano la posizione conciliante di De Witt verso la Francia e, con l’appoggio delle città di Haarlem e Leiden, le cui esportazioni tessili erano state duramente colpite dalle tariffe francesi, pretendevano una controffensiva mercantilistica delle merci olandesi484. Le strategie politiche avevano cominciato a definire meglio i loro contorni sin dall’anno precedente. Nel 1668, durante un pranzo offerto da un nobile nel suo castello di Utrecht, a cui partecipavano i quattro “burgemeesteren” (sindaci) di Amsterdam, Guglielmo III fece improvvisamente la sua comparsa e tre dei “burgemeesteren” (sindaci), Valckenier incluso, balzarono in piedi dichiarandosi “servi del Principe”. Solo Cornelis van Vlooswijk osservò un comportamento più consono alla carica politica che ricopriva485. 5.3 Jan Koerbagh dinanzi al Concistoro per la seconda volta Intanto Jan, il 1° marzo del 1668 compariva davanti al Concistoro, molto più deciso e fermo nelle sue convinzioni di quanto non fosse al tempo del primo interrogatorio. Egli negava che nella Bibbia fossero presenti richiami alla Trinità; dichiarava impossibile la Creatio ex nihilo perché “il concetto che sia uno spirito e un corpo infinito, solo distribuito in varie modificazioni, comprende in sé il creatore e tutte le creature”; il giovane si dichiarava pure dispiaciuto di aver firmato i formulari e, 483 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 792-793. Ivi, p. 784. 485 Ivi, p. 793. 484 108 riguardo al “libro blasfemo” del fratello, dichiarava che lo aveva aiutato solo a correggere alcuni errori486. Jan comparve anche al cospetto della “Classis” (circoscrizione ecclesiastica) riunita nella assemblea straordinaria del 19 marzo che giudicò il giovane Koerbagh non meritorio di diventare predicatore finchè fosse rimasto fermo sulle sue insane posizioni teologiche487. Il giudizio del Concistoro però, lasciava un ampio margine di “redenzione” al giovane. Si stabilì infatti di concedergli tempo per pentirsi dei suoi errori fino alla riunione ordinaria del Concistorio in programma per il maggio prossimo, durante la quale sarebbe stata nominata un commissione formata da quattro predicatori che avrebbero di nuovo discusso con Jan i punti controversi delle sue posizioni488. Poco meno di due mesi quindi, per ripensarci, per tornare davanti al Concistoro e affermare semplicemente che si era sbagliato, si era lasciato fuorviare dalla passione religiosa che agitava il suo tempo e il suo Paese. In realtà, secondo il diario di Bontemantel che riporta una dichiarazione di Jan fatta il 26 luglio davanti allo “Schout” (capo della polizia) e ai magistrati, pare che durante la riunione straordinaria del 19 marzo, il livello di tensione fosse molto più alto di quanto gli atti dell’interrogatorio non lascino intendere. Bontemantel annota che Jan dichiarò che il predicatore Homme gli rivolse una domanda con parole talmente dure che la sua risposta fu: “Pastore Homme, è un ottima cosa che lei non abbia un coltello con sé” facendo riferimento con ciò al fatto che Homme, quando era ancora candidato all’ufficio di predicatore, aveva ferito un conoscente con un coltello489. 486 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 30. Ivi, p. 30. 488 Ivi, p. 31. 489 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 363. 487 109 Anche se il Concistoro cercava di mediare il più possibile con le posizioni eterodosse di Jan, concedendogli ulteriore tempo e interrogandolo più volte sullo stesso argomento, era chiaro che non avrebbe mai potuto tollerare che, nel suo stesso seno, un “eretico” avesse la possibilità di divulgare quelle insane opinioni teologiche. La lotta portata avanti dalla chiesa calvinista contro le sette e i rivoli di eresia che irroravano l’Olanda come i suoi canali, trovava uno sbarramento davanti alla diga di tolleranza alzata da De Witt e dalla classe repubblicana dei reggenti che permettevano le riunioni dei collegianti e l’espressione di altre forme religiose eterodosse rassicurando ogni tanto la chiesa calvinista con l’emanazione di qualche editto che rimaneva di fatto inapplicato. Il collegio al Rokin, per esempio, era stato “dissolto” dai magistrati nel 1665 dopo le insistenti pressioni del clero ma era notorio che i collegianti avevano affittato un’altra casa per le loro riunioni, pagata con i denari dei partecipanti. Tra questi: Galenus Abrahamsz, il sociniano Frans Kuiper e Michiel Comans490. I “burgemeesteren” (sindaci) avevano promesso di vigilare, ma intanto le riunioni degli “spiriti in errore” continuavano in tutta la città491. I reggenti di Amsterdam erano perfettamente al corrente di quello che succedeva in città. Sapevano, per esempio, benissimo chi fosse Spinoza e quali fossero i suoi amici che ogni tanto lasciavano Amsterdam per andarlo a trovare. Sapevano pure che si riunivano a casa di uno di loro, Jan Knol al Nes, e che nelle loro riunioni non venivano trattati argomenti propriamente ortodossi492. Quando il Concistoro fu informato che Adriaan era fuggito a Culemborg, avvisò immediatamente il magistrato che però era già al 490 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 291. Ivi, p. 291. 492 De Navorscher, cit., p. 498. 491 110 corrente del fatto tramite lo “Schout” (capo della polizia) e i magistrati493. 493 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 31. 111 Capitolo VI 6.1 Een Ligt schynende in duystere plaatsen Jan avrebbe dovuto comparire davanti alla commissione dei predicatori il 7 maggio del 1668 ma, qualche giorno prima, si venne a sapere che il giovane, su invito del fratello Adriaan, si era recato a Utrecht per raggiungere, insieme a Abraham van Berckel, la bottega del tipografo Everardus van Eede. Per ragioni di sicurezza, Adriaan non si presentò a Utrecht e Jan si recò con van Berckel dal tipografo che aveva sollevato dei problemi riguardo i contenuti dell’introduzione del nuovo libro di Adriaan494. L’autore del Bloemhof infatti, non era rimasto inoperoso nel periodo del suo esilio volontario. Incurante dei pericoli e della cautela sempre predicata da Spinoza495, Adriaan aveva mandato in stampa Een ligt schynende in duystere plaatsen (Una luce che brilla nei luoghi oscuri), che ricorda il motto valdese “Lux lucet in tenebris”. Avendo sempre e solo come obiettivo l’illuminazione delle coscienze, Adriaan ottenne per l’Een ligt, lo stesso giudizio che ebbe per il Bloemhof: “[un libro in cui] la Sacra Scrittura è considerata da buttare, la Trinità e Cristo vengono negati etc., essendo di seguito pieno di sciocchezze sacrileghe”496. Il tipografo di Utrecht, che aveva nella propria bottega l’Een Ligt di Koerbagh, si era reso conto che si trattava di materiale pericoloso e 494 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 361. Il segretario della Royal Society, Henry Oldenburg, incoraggiò più volte il filosofo olandese a pubblicare le sue opere ma questi, fino al 1670, anno di pubblicazione del Trattato Teologico Politico, si mostrò sempre restio. S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 212. 496 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 359. 495 112 aveva fermato i torchi. Tuttavia, Everadus van Eede aveva già stampato alcuni capitoli del libro di Koerbagh e li aveva spediti ad Amsterdam, all’indirizzo di un tale Iderhoff497 di cui non si hanno notizie ulteriori. Iderhoff o Jederhoff498 era dunque una delle pochissime persone al corrente della stampa di Een ligt; oltre a lui, di certo solo il fratello di Adriaan, Jan, e il traduttore del Leviatano, Abraham van Berckel. Sicuramente, si tratta dello stesso Iderhoff autore della poesia che si trova nel Bloemhof subito dopo la fine dell’introduzione di Adriaan, e che firma “Zijt door Ider”499, ma su cui non sappiamo altro. Jan Koerbagh e Abraham van Berckel non riuscirono a convincere il tipografo Everardus van Eede a continuare la stampa di Een ligt e non furono neanche in grado di farsi restituire il manoscritto. Pare che Jan avesse urlato al tipografo: “Che altro vorresti stampare se non vuoi stampare la verità? Una serie di almanacchi e libri bugiardi?”500. I due lasciarono allora Utrecht e raggiunsero Adriaan a Culemborg501 mentre van Eede si recava dallo “Schout” (capo della polizia) della città, raccontava di avere sotto i torchi un libro sospetto e consegnava il manoscritto di Adriaan502. La prima edizione integrale del Een Ligt sarebbe stata pubblicata tre secoli dopo la sua redazione, dalla “Vlaamse Vereniging voor Wijsbegeerte”, a Bruxelles, nella collana “Vrijdenkerslexicon”, a cura di Hubert Vandenbossche. Alla distruzione e abrasione del pensiero radicale di Koerbagh contenuto nel Een ligt, sopravvissero solo due 497 P. H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 32. De Navorscher, cit., p. 499. 499 “Al giardino di Vrederijk Waarmond, ricercatore della verità. Si apre la porta e si presenta ora un giardino. Nel vasto giardino olandese, dove sono piantati dei bei fiori…si ode parlare in dolce olandese di Dio e delle scienze, così non c’è più necessità che uno si rechi da un altro per farsi spiegare questa o quella parola…così la notte più nera viene indebolita da questo sole splendido e quello che era nascosto si riaccende nella testa. Colui a cui piace la verità, colui che cammina verso questa sorgente…vale la pena camminare…auguro a Vrederijk di migliorare sempre la ragione e lunga vita affinché possa accrescere la filosofia”. Bloemhof. 500 K.O Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 303. 501 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 32. 502 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 359. 498 113 esemplari, conservati nella Biblioteca Reale de L’Aja. Questi presentano le prime 176 pagine a stampa mentre il resto dell’opera è manoscritto ed inizia da pagina 177503. Nessuno dei due è autografo di Koerbagh ma, come suggerisce Vandenbossche, probabilmente si tratta di copie scritte da due copisti su ordine dello “Schout” (capo della polizia) di Amsterdam, Witsen, dopo che lo “Schout” (capo della polizia) di Utrecht gli aveva inviato il manoscritto di Adriaan consegnatogli dal tipografo van Eede504. Delle pagine composte da van Eede, sono quindi rimasti sei capitoli più la prefazione al “benevolo lettore” e trattano: della Sostanza, Jehova e del mondo; della Trinità, De Trinitate; del Salvatore detto Gesù; dello Spirito Santo, De Spiritu Sancto; del Bene e del Male, De Bono & Malo; della Religione, De Religione. I capitoli manoscritti sono dieci: della Sacra Scrittura o S. Scriptura; degli eretici e delle eresie, De Haereticis et Haeresia; del Cielo, De Coelo; dell’inferno, Gehenna; degli oracoli, De Oraculis; degli ambasciatori che vengono detti spiriti buoni, De Angelis; dei calunniatori o avversari che vengono detti spiriti cattivi, De Diabolis, Satanis; degli spettri e delle apparizioni, De Spectris; della saggezza degli spirituali che vengono detti maghi, Magoi et Magia; dei miracoli, De Miraculis505. A differenza del Bloemhof, che diffonde le idee radicali di Koerbagh sotto la copertura di un dizionario, l’Een ligt è un’esposizione sistematica del suo pensiero, ordinata in 16 capitoli. L’analogia con l’opera precedente, risulta dall’uso del nederlandese popolare e diretto quanto basta per essere compreso da chiunque, a quel tempo, fosse appena alfabetizzato. Il tono dell’Een ligt, come del Bloemhof, è aggressivo e le spiegazioni a supporto delle tesi sostenute sono ripetute 503 Een ligt, p. II. Ivi, p. II. 505 I titoli dei capitoli sono scritti prima in nederlandese e poi in latino. 504 114 più volte, quasi con le stesse parole, le stesse espressioni linguistiche, le stesse modalità di esposizione, proprio per facilitarne la memorizzazione; supponendo di poter raggiungere, in tal modo, il pubblico più ampio. Lo scopo di Koerbagh è sempre lo stesso: smascherare l’inganno del clero e distruggerne, agli occhi del popolo, l’autorità. All’inizio della prefazione al lettore, Adriaan scrive: “Abbiamo ben pensato, grazie a questa luce che si è accesa davanti agli occhi di enumerare e mostrare gli inganni e gli errori del clero nella teologia e nella religione, i quali sono la causa dell’odio così grande che hanno in comune tutti quelli che dicono di essere seguaci del Salvatore […]”506. Anche la firma alla fine della prefazione è sempre la stessa: Vrederyk Waarmond, la bocca della verità in pace con la coscienza507. Dopo la partenza di van Berckel e Jan Koerbagh per Culemborg, a Utrecht, la macchina della legge si era già messa in moto. Con una lettera, lo “Schout” (capo della polizia) informava il suo collega di Amsterdam della vicenda riferita dal tipografo van Eede, indicando anche l’indirizzo a cui quest’ultimo aveva avuto l’ordine di spedire i primi capitoli. Lo “Schout” (capo della polizia) Witsen ordinò immediatamente il sequestro delle parti di Een ligt presenti a casa di Iderhoff e l’arresto di Jan, che, essendosi recato più volte a Utrecht per seguire la stampa del libro ed avendo da tempo delle pendenze con il Concistoro a causa delle sue posizioni in materia di fede, poteva facilmente essere ritenuto colpevole di aver scritto lui ambedue i libri sacrileghi508. Witsen non si accontentò di questo risultato. La blasfemia contenuta nel Bloemhof e nell’Een Ligt era stata scritta in nederlandese e questo 506 Een ligt, p. 5. Ivi,, p. 17. 508 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 359. 507 115 obbligava le Autorità ad intervenire: l’autore andava punito. Lo “Schout” (capo della polizia) avrebbe potuto tranquillizzare il Concistoro con l’arresto di Jan Koerbagh e invece il 10 maggio, stesso giorno in cui rinchiuse il giovane dietro le sbarre, ordinò al suo sostituto, Engelbrecht, di recarsi a Culemborg con delle lettere dei bergemeesteren per convincere il Conte di Waldeck, sotto la cui giurisdizione rientrava la città di Culemborg, a farsi consegnare Adriaan. Nel 1664 infatti, il Conte e gli Stati d’Olanda, avevano siglato un patto di collaborazione per l’estradizione dei ricercati509. Ciò che stupisce nella vicenda di Koerbagh è l’accanimento perseverante dimostrato dall’autorità civile per imprigionare l’autore del Bloemhof e dell’Een Ligt. È chiaro che il legame con Spinoza e l’etichetta di “atei cartesiani” che era stata forgiata per i Koerbagh e per gli altri amici del circolo non spingeva i magistrati di Amsterdam alla clemenza. La riforma religiosa e la tolleranza propugnata da questi pensatori si esprimeva nella volontà di seguire gli insegnamenti di Dio a prescindere dai confini istituzionali di qualsiasi confessione e secondo le proprie qualità intellettuali, senza obblighi dogmatici e liturgici, e soprattutto, senza essere molestati510. Ma anche nella terra di Erasmo, governata in quegli anni da Johan De Witt, la libertà di espressione aveva il suo limite di tolleranza. Un limite altissimo certo, ma pur sempre un limite, un confine, una frontiera di sicurezza e stabilità politica, oltre la quale non era permesso spingersi. De Witt era un difensore della tolleranza ma pur sempre un esponente dell’oligarchia repubblicana; si schierò a favore della libertà di fede ma riconobbe al contempo la preminenza della chiesa riformata su 509 510 P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 33. S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 188. 116 ogni altra confessione511. Soltanto Koerbagh, con il suo Woordenboek der Regten, si sarebbe schierato contro la classe sociale da cui proveniva e dalla quale aveva avuto garantita un’istruzione universitaria. Sebbene nelle loro recriminazioni gli orangisti accomunassero il filosofo e lo statista, tra De Witt, Spinoza e il suo circolo, c’erano strategie e opportunità politiche da valutare per la stabilità interna della Repubblica. I ruoli erano diversi. Nessun reggente dell’epoca, per quanto liberale fosse, avrebbe mai immaginato di eliminare la censura o le misure volte al controllo del dissenso intellettuale e religioso512. L’attacco di Koerbagh e dei sui amici all’irrazionalismo di cui si nutriva la maggior parte delle confessioni religiose, quella riformata compresa, e l’invito, in sé sano e pacifico, a seguire il comandamento di Dio amando il prossimo, non era politicamente corretto perché minava l’autorità di un altro potere politico: quello della chiesa calvinista, schierata con la causa della famiglia d’Orange. Non era una questione di verità o menzogna, torto o ragione da assegnare alle due fazioni. Si trattava di un meccanismo di autoconservazione del sistema oligarchico dei reggenti che l’insistere sulla libertà di espressione inceppava ed esponeva agli attacchi degli avversari. Il pensiero di Spinoza superava gli steccati posti da un tale sistema e metteva in pericolo il livello di libertà da esso tollerato. De Witt, che dopo la pace di Breda del 1667, camminava sul filo di rasoio (dal quale sarebbe presto caduto), non poteva attaccare o ignorare del tutto le richieste del clero calvinista e certamente il patrizio di Dordrecht non avrebbe rischiato la carriera politica e la pace interna per difendere le istanze del pensiero radicale o, secondo una semantica tacitamente condivisa, le bestemmie di Koerbagh513. 511 Ivi, 283-284. Ivi, p. 284. 513 Ivi, p. 295. J.I. Israel, The dutch, cit., p. 788. 512 117 Intanto ad Amsterdam, già l’11 di maggio, Jan veniva ascoltato dai magistrati sui suoi viaggi tra Culemborg e Utrecht. Quando gli fu mostrata una copia di Een ligt, l’imputato “disconobbe il libro e (disse) che non sapeva quale fosse il contenuto. Riconobbe di essere stato a Utrecht dal tipografo, con suo fratello e con van Berckel, per esortare van Eede a continuare la stampa del libro”514. Quando gli fu chiesto che cosa avrebbero voluto fare con quel libro, Jan rispose che “prima lo avrebbero comunicato al Pensionario e ad alcune autorevoli personalità della città per portarli a conoscenza del contenuto e poi, se questi fossero stati d’accordo, l’avrebbero pubblicato”515. Contemporaneamente, a Culemborg si disponeva la chiusura delle porte della città per evitare che Adriaan potesse fuggire ma l’autore del Bloemhof e di Een ligt, fiutando il pericolo o, forse, avvertito della delazione del tipografo, aveva abbandonato la città già da alcuni giorni. Solo il 17 maggio del 1668, le autorità avvertirono il Concistoro che Jan Koerbagh era in prigione con l’accusa di aver fatto stampare un libro sacrilego dal titolo Een Ligt516. Il giorno seguente, il Concistoro decise di mandare il pastore De Roey e il discepolo Ryckers prima dai “burgemeesteren” (sindaci), poi dai magistrati e infine dallo “Schout” (capo della polizia) per ringraziarli e sostenere la decisione dell’autorità civile di tenere in prigione Jan Koerbagh. I magistrati risposero che avevano agito secondo il loro dovere “contro chi aveva attentato all’onore della chiesa e della città” e che, se mai avessero scoperto dove si nascondeva Adriaan, non avrebbero mancato di avvertire il Concistoro517. 514 La storia è raccontata nelle carte di Bontemantel a pag 360. Ivi. 516 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 305. 517 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 360. 515 118 Lo “Schout” (capo della polizia) Witsen fece ancora di più. Lo stesso giorno della visita di De Roey e Ryckers, stabilì che se Adriaan non si fosse presentato davanti al suo cospetto, sarebbe stato bandito per sempre dalle province d’Olanda e Frisia occidentale e i suoi beni confiscati. Ma Adriaan Koerbagh non si presentò518. Witsen chiese al Concistoro un resoconto che fu pronto già il 2 giugno, sulle frequentazioni di Jan Koerbagh. Nel frattempo, l’anabattista mennonita Jan Pietersz Beelthouwer, “un uomo dal grande zelo ma che aveva letto un po’ troppo di sacri libri e troppo voleva disputare”519, aveva sentito il dovere di scrivere una confutazione contro alcuni punti del Bloemhof, che quindi, già circolava. Il manoscritto di Beelthouwer, prima di andare in stampa, era stato fatto leggere per precauzione a Bontemantel e a Valckenier i quali, successivamente, consegnarono un rapporto ai magistrati: si giudicava opportuno non pubblicare la confutazione di Beelthouwer perché “leggendo la risposta, molti avrebbero voluto leggere ciò che ha provocato la risposta”520. Così, i magistrati lo invitarono in Comune, dove Beelthouwer fu ringraziato dallo “Schout” (capo della polizia) e dal Presidente dei magistrati per il suo impegno nella lotta all’eresia ma gli fu anche comunicato che sarebbe stato opportuno non pubblicare risposte al libro di Koerbagh al fine di “non riaccendere gli animi nella città”521. Il Consiglio di Amsterdam voleva chiudere l’affare Koerbagh al più presto e, possibilmente, senza eccessivo clamore. A tal fine, il presidente dei magistrati accordò a Witsen un credito dai 1000 ai 1500 fiorini per la cattura di Adriaan, senza avvertire della 518 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 305. Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 360 520 Ivi, p. 360. 521 Ivi, 360. 519 119 questione i “burgemeesteren” (sindaci) ma parlando solo con il “burgemeester” (sindaco) Valckenier522. Intanto però, come Bontemantel annota nelle sue carte, qualcosa, nella vicenda Koerbagh, era cambiato523: il 6 luglio, era stata recapitata in Comune una lettera “senza firma” che fu subito portata dai magistrati. L’anonimo autore scriveva di sapere dove si nascondeva Adriaan Koerbagh e di poterlo rivelare in cambio di denaro. Aspettava quindi una risposta, indicando il posto dove questa dovesse essere consegnata. La lettera creava tuttavia un problema a Valckenier e al presidente dei magistrati: i “burgemeesteren” (sindaci), che, contravvenendo alle regole, erano stati tenuti all’oscuro dell’erogazione del credito a Witsen per l’affare Koerbagh, andavano ora avvertiti. Per legittimare ciò che Valckenier e il presidente dei magistrati avevano fatto, fu trovato anche un precedente: l’attuale “burgemeester” (sindaco) Lambert Rijnst, quando era ancora “Schout” (capo della polizia), decise di spendere 1000 fiorini pur di portare un ricercato in galera. Anche in quel caso, si trattava di “religione e giustizia” e Rijnst non incontrò alcuna resistenza nel suo operare524. I magistrati decisero di scrivere la lettera che accettava le condizioni dell’anonimo delatore, lo “Schout” (capo della polizia) Witsen la firmò e la consegnò nelle mani del copista della tesoreria, Arnout Mergelcamp. Questi, l’8 luglio mandò una lettera da Utrecht in cui spiegava che aveva lasciato la lettera firmata dallo “Schout” (capo della polizia) nel posto indicato dall’anonimo delatore e che a prenderla era venuta una donna che aveva spiegato che non avrebbe potuto dare alcuna risposta prima dell’una del giorno seguente. 522 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 307. Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 360-361. 524 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 360-361. 523 120 Nel frattempo, Witsen, con il consenso dei magistrati, aveva convocato il tipografo di Utrecht, Everardus van Eede, perché spiegasse che ruolo avesse avuto Jan Koerbagh nella stampa del libro ma alla fine si decise ad aspettare la risposta da Utrecht per poter poi mettere a confronto le versioni525. L’11 luglio arrivò la lettera. Il delatore spiegava di essere un buon amico di Adriaan. Questi però non aveva corrisposto alle sue aspettative e allora “nell’interesse della religione e della giustizia, aveva deciso di denunciarlo; ma la cifra stabilita dalle autorità era troppo bassa”. Al momento della consegna di Koerbagh, il delatore avrebbe dovuto ricevere 1000 “rycxdaelders” (moneta dal valore di due fiorini e mezzo) in contante. Non solo, ma i magistrati e lo “Schout” (capo della polizia) avrebbero dovuto anche firmare un documento in carta legale con il quale si impegnavano ad aumentare la cifra fino a 3000 fiorini nel caso il delatore fosse riuscito a consegnare sia Adriaan sia i suoi scritti. La lettera spiegava inoltre che il “Dr Berckel, un uomo risoluto, che viveva a Culemborg, conversava spesso con lui” e sicuramente lo aveva influenzato nella redazione del libro526. Il 13 luglio, tra le tre e le quattro, il delatore aspettava una risposta ad Everdingen: un paese tra Culemborg e Vianen. Là, spiegava, sarebbe arrivato un uomo, con un foulard di colore rosso. Alla domanda “porta qualche notizia da Amsterdam?”, la risposta avrebbe dovuto essere “no””; allora la lettera sarebbe stata consegnata. La richiesta del delatore creava non poco imbarazzo allo “Schout” (capo della polizia) Witsen. “I magistrati non sono abituati a dare simili assicurazioni per tal sorta di affari” commentava Bontemantel527. 525 Ivi, p. 360-361. Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 361. 527 Ivi, p. 361. 526 121 Witsen sottoscrisse una lettera di risposta con la quale garantiva la somma promessa. La lettera fu presa in consegna da Mergelcamp il 12 luglio528. Come comunicò Witsen ai magistrati, il delatore accettava ma voleva 1000 fiorini in oro alla consegna di Koerbagh e delle sue carte e 1000 una volta che questi fosse finito in carcere. Mergelcamp aveva riferito che al segnale convenuto aveva risposto un uomo di circa 35-36 anni, che aveva immediatamente letto la lettera e scritto la risposta da consegnare. Girando per il paese, Mergelcamp aveva appreso che questo signore era residente a Culemborg e che spesso si accompagnava con un certo “dottore” di nome van Berckel. Il delatore era quindi una conoscenza sia di Koerbagh sia di van Berckel. Witsen rispedì subito Mergelcamp a Everdingen per consegnare un’altra lettera in cui lo “Schout” (capo della polizia) si impegnava a considerare valida la prima offerta. L’uomo sui 35-36 anni lesse di nuovo la lettera davanti a Mergelcamp e lo rimandò ad Amsterdam con la risposta per lo “Schout” (capo della polizia). L’affare era concluso: Adriaan era stato venduto e comprato. Andavano bene 1000 fiorini, da consegnare lunedì 16 luglio 1668, nel paese di Everdingen dopo che Koerbagh fosse stato arrestato. Adriaan si era rifugiato a Leiden e girava con una parrucca nera. Il delatore, che, evidentemente, conosceva bene Koerbagh e le abitudini della sua latitanza, suggeriva anche che andava catturato di mattina presto. Lo “Schout” (capo della polizia) Witsen informò i magistrati il 17 luglio. Mergelcamp fu spedito a Leiden il giorno stesso. Alle 7 di sera, aveva già parlato con lo “Schout” (capo della polizia) della città, Hoogeveen529. Mercoledì 18 luglio, la chiave della camera presa in affitto da Adriaan fu trovata sopra lo stipite della porta. E’ mattina presto. L’autore 528 529 Ivi, p. 362. Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 363. 122 del Bloemhof, ignaro di essere stato venduto e comprato, è ancora nel letto. Viene portato via con le catene ai polsi. Immediatamente, Mergelcamp è rispedito ad Amsterdam con una lettera di ambasciata di Hoogeveen che avverte Witsen di aver preso Adriaan Koerbagh e anche alcune sue carte trovate nella camera530. Non dubita che le autorità di Leiden concedano l’estradizione del prigioniero. Hoogeveen spiega anche che Koerbagh sarà multato e che lui, lo “Schout” (capo della polizia) di Leiden, prenderà “la sua legittima quota” per il servizio svolto. Witsen comunicò nel pomeriggio la vicenda ai magistrati e fu deciso di avvisare i “burgemeesteren” (sindaci). Il 19 luglio, Adriaan, con i piedi incatenati, fu messo su un carro e portato ad Amsterdam, dove giunse in serata. 6.2 Il processo Il giorno seguente, Adriaan subì il primo l’interrogatorio. Di fronte a lui, lo “Schout” (capo della polizia) Witsen, suo figlio Jan, il segretario e i magistrati Jan van Waveren (presidente), Hans Bontemantel, Nicolaas van de Capelle (vicepresidente), Jan Hulft, Jan Corver, Leonard Ranst e Johan Hudde531. Van Beuningen era, in quel periodo, ambasciatore in Francia532 mentre gli appunti di Bontemantel non parlano di Lambert Rijnst, ex precettore dei due Koerbagh. Hudde, di soli cinque anni più vecchio di Adriaan, era un noto matematico che aveva studiato medicina a Leiden e che con tutta probabilità conosceva l’autore del Bloemhof. 530 Ivi. P.H. van Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 63. 532 G.W. Kernkamp, De regeeringe van Amsterdam, cit., p. LXXIII. 531 123 Hudde conosceva anche Spinoza e con lui aveva intrattenuto un carteggio sull’analisi matematica della rifrazione533. Davanti alle Autorità c’erano copie del Bloemhof e del Een ligt, in parte stampato e in parte ancora manoscritto, che erano state sequestrate sia a casa dei fratelli Koerbagh sia nella camera di Adriaan, a Leiden534. Il primo interrogatorio di Adriaan è riportato in extenso da Bontemantel e da Meinsma, l’autore di Spinoza en zijn kring. Adriaan Koerbagh ammise di essere l’autore del Bloemhof, di Een Ligt e di un altro piccolo libro che trattava solo argomenti contro la Trinità535 “di averli fatti stampare, da solo, senza l’aiuto di nessuno”536. Bontemantel racconta che Adriaan “era molto malinconico, volendo la chiesa e il suo ordine assoggettarlo; tuttavia rimase sempre fedele alle sue idee ogni volta che gli veniva chiesto qualcosa dei suoi libri”. Nonostante Adriaan, nelle sue opere, non avesse mai fatto il nome di Spinoza, l’interrogatorio tese proprio a stabilire fino a che punto il pensiero del filosofo avesse influenzato l’imputato. Adriaan spiegò che il fratello Jan, anche lui in prigione, aveva solo apportato delle correzioni al Bloemhof e queste non riguardavano le parti del libro incriminate. Inoltre assicurava che Jan non aveva letto l’opera prima che fosse stampata. “E che non ne sapeva niente (del libro) nè Spinoza e né lo stesso van Berckel, che viveva a Culemborg e con il quale non aveva avuto nessuna conversazione da un paio di anni”537. Ad Adriaan venne anche chiesto chi, secondo lui, avesse le sue stesse opinioni riguardo la religione, la chiesa e Dio: “ Nessuno, che io sappia” rispose538. Durante l’interrogatorio Adriaan spiega di aver avuto delle frequentazioni con Spinoza e di esserlo andato anche a trovare 533 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 203 e 247. K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 309. 535 Bontemantel annota a p. 364: “Che era un libro in latino che aveva tradotto in nederlandese”. Di più non sappiamo. Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit. 536 Ivi, p. 363. 537 Ivi, p. 364. 538 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 310. 534 124 qualche volta ma di non aver mai discusso con lui del proprio libro e di aver compilato il dizionario con la sola intenzione di insegnare alla gente a parlare un buon nederlandese539. “Capisce l’ebraico?” – chiedono i magistrati. “Solo con l’aiuto di un dizionario” risponde l’imputato. L’interrogatorio si sposta sul Bloemhof e in particolare sul lemma “Gesù”. Nel suo dizionario, Koerbagh aveva infatti scritto senza mezzi termini: “non si sa chi sia stato il padre di questo Salvatore e quindi alcuni ignoranti hanno detto che si trattava di Dio, Dio dall’eternità, e un figlio di Dio dall’eternità, nato a quel tempo da una vergine senza l’aiuto di un uomo: ma questi concetti sono estranei alla Bibbia e contro la verità”540. Nonostante Koerbagh avesse negato di aver mai parlato con Spinoza della sua filosofia e del suo dizionario, i magistrati insistevano nel cercare un legame con il filosofo, anche in merito alla posizione tipicamente sociniana che negava la divinità di Cristo: “Ha mai parlato di questa dottrina con Spinoza?”. “No” – risponde Adriaan; con Van Berckel, sì ma non con Jan, il fratello, anche se questi aveva le sue stesse opinioni a riguardo. Durante gli interrogatori, Adriaan ha sempre teso a limitare i danni. Aveva probabilmente capito che non sarebbe più tornato indietro e si prese tutta la responsabilità degli eventi che lo avevano portato davanti al banco dei magistrati. Nel corso dell’interrogatorio, Adriaan ammette di essere stato un paio di volte a casa di van den Enden e anche due o tre volte da Jan Knol e di aver preso parte per un paio d’anni alle riunioni al Nes ma di non aver mai discusso con lui di questa dottrina541. 539 Ivi, p. 310. Bloemhof, p. 663-664. 541 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 311. 540 125 L’interrogatorio si sposta su Een Ligt, “fatto circa sei mesi fa” per la maggior parte quando era ancora ad Amsterdam e per il resto a Utrecht e Culemborg, dopo aver scritto il Bloemhof e “per spiegare meglio le cose”542. Come aveva già raccontato Jan, Adriaan dichiara che sua intenzione era avvertire il magistrato di Een ligt e, successivamente, con il suo consenso, pubblicare il libro. La dichiarazione lascia molto perplessi. Si potrebbe pensare che Adriaan abbia espresso questa sua intenzione davanti ai magistrati solo nella speranza di ben disporli nei suoi confronti. Tuttavia non è da escludere la totale ingenuità di Adriaan, che credeva fermamente nella possibilità di illuminare le coscienze attraverso l’esercizio continuato della ragione e della verità. Adriaan infatti non rinnega i suoi libri e le sue convinzioni davanti ai magistrati. Non si rende conto o non fa più in tempo a rendersi conto che aveva ragione il suo amico Spinoza; che sarebbe stato meglio agire “caute”, parlare solo con chi avrebbe potuto comprendere, all’interno del perimetro delle amicizie sicure; che il processo altro non era se non un paradigma della pericolosità della collusione tra potere politico e potere religioso543; che la pratica della ragione e del dubbio non appartiene a tutti gli uomini; che molti preferiscono la sicurezza della paura al coraggio e alla solitudine della verità. Non posso quindi escludere che Adriaan, nella sua volontà di verità e nella sua altrettanta inconsapevolezza “politica” dei tempi, abbia avuto veramente l’intenzione di portare Een ligt dal magistrato prima della sua divulgazione, dimostrando così, la sua disponibilità, considerazione e il suo rispetto dell’Autorità civile. 542 543 Ivi, p. 311. Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 364. S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 297. la sua 126 L’interrogatorio prosegue. Adriaan dichiara di essersi recato a Utrecht dal tipografo Van Eede in compagnia di van Berckel e che successivamente li aveva raggiunti anche Jan, il quale lo aveva informato delle intenzioni del Consiglio di Amsterdam nei suoi confronti. Alla domanda se fosse a conoscenza del fatto che suo fratello avesse detto al tipografo di stampare liberamente perché il libro non sarebbe stato pubblicato senza il consenso delle autorità e che quella che i suoi torchi componevano era la “pura verità”, Adriaan rispose di non saperne nulla544. L’ultima domanda riguardò il libretto intitolato Een kort en vlijtig Ondersoeck (Breve e diligente ricerca). Adriaan dichiarò di averlo tradotto dal latino e che sarebbe stata sua intenzione farlo stampare545. Probabilmente la traduzione di questo libretto fu trovata dai magistrati tra le sue carte a Leiden al momento dell’arresto ma di più non sappiamo. Il giorno seguente fu ascoltato Jan Koerbagh. Non volendo probabilmente contraddire le dichiarazioni rilasciate dal fratello, Jan, che, tra l’altro, era già stato più volte interrogato, fu di poche parole. Confermò di aver corretto un capitolo ma che l’autore dei libri era Adriaan; tuttavia, alla domanda se considerasse il Bloemhof un libro blasfemo, Jan “rifiutò di rispondere sì”546. Il giorno seguente, mercoledì 25 luglio 1668547, l’interrogatorio riprese. L’intenzione dello “Schout” (capo della polizia) era capire fino a che punto Jan fosse stato complice del fratello nella stesura dei libri. A turno, i due furono ascoltati dalle autorità. Le domande dei magistrati procedevano tenacemente per logica e ai Koerbagh venne chiesto se “avessero vissuto nella stessa casa”. I fratelli dichiararono di aver vissuto 544 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 311. Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 365. 546 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 312. 547 Ivi, p. 313. 545 127 insieme presso la casa della madre sin dal maggio del 1667; di aver desinato allo stesso tavolo ma di avere avuto una camera per ciascuno. Naturalmente, era chiaro dove mirassero i magistrati nel chiedere se i due avessero vissuto “nella stessa casa”. Ma le risposte dei fratelli non dovettero essere molto soddisfacenti e così l’interrogatorio si fece più esplicito: i magistrati chiesero finalmente se i due avessero mai parlato dei libri. I fratelli negarono ma poi ammisero che Adriaan aveva chiesto a Jan l’etimologia di qualche parola ebraica. Ai due venne letto il verbale con le loro dichiarazioni ma i magistrati e lo “Schout” (capo della polizia) non erano ancora soddisfatti. Il 26 luglio, Jan fu di nuovo sottoposto ad un lungo interrogatorio sulle circostanze che portarono alla stampa dei libri del fratello548. Il giorno seguente, “su richiesta dello “Schout” (capo della polizia) Witsen, come annota Bontemantel549, i magistrati si riunirono “verso le dieci di mattina” e lessero ad Adriaan il verbale: “Aveva scritto il vocabolario dal titolo Een Bloemhoff van allerley liefelychyt sonder verdriet; che suo fratello Jan non lo aveva mai aiutato e che Spinoza non ne era assolutamente a conoscenza; che il dottor van Berckel, che viveva a Culemborg, aveva fornito poche indicazioni; che con van Berckel da un paio d’anni non aveva avuto nessuna o poche conversazioni; che il libro: Licht, schynende in duystere plaatsen, lo aveva scritto circa sei mesi prima e lo aveva fatto stampare a Utrecht e che aveva intenzione di farlo leggere ad alcuni magistrati non appena fosse uscito dai torchi; che il libro sulla Trinità lo aveva tradotto dal latino in nederlandese e che “heeft by alles gepersisteert” (non ha rinnegato niente)”. Lo “Schout” (capo della polizia), “per le parole e le opinioni scandalose contenute nei due libri e non rinnegate”, chiese che il 548 549 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 313. Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 364. 128 prigioniero fosse portato al patibolo550 da erigere davanti al municipio e che gli fosse bucata la lingua con un punteruolo infuocato e tagliato il pollice destro. I libri sarebbero stati bruciati in piazza o in un luogo più appartato. Witsen chiese inoltre trent’anni di carcere più il pagamento delle spese ordinarie e straordinarie del processo e la confisca dei restanti beni. Ascoltato il giudizio dello “Schout” (capo della polizia), il presidente dei magistrati chiese ad Adriaan se desiderasse dire qualcosa. Adriaan “si pentì di tutto e promise di condurre una vita migliore”. Bontemantel scrive551 che Witsen a quel punto uscì e lo pregò di stendere il verbale con la sentenza. I magistrati e i “burgemeesteren” (sindaci) cominciarono ad esprimere le loro opinioni riguardo la condanna da riservare ad Adriaan Koerbagh. “Secondo abitudine”, il presidente, Jan van Waveren, chiese al vicepresidente la sua opinione e poi dichiarò che “il carcerato Adriaan Koerbagh (fosse) chiuso in prigione per dodici anni, più altri dodici di esilio dagli Stati di Olanda e Frisia occidentale, condannato ad una multa di 6000 fiorini più altri 2000 per i costi ordinari e straordinari della giustizia”. Il magistrato Cappelle consigliò quindici anni di carcere invece di dodici. Bontemantel dichiarò che “quest’affare avrebbe avuto pesanti conseguenze”; consigliò il presidente di concludere al più presto la vicenda, ascoltando il parere di tutti ma di votare velocemente perché, in casi come questi, se si fosse impiegato troppo tempo per riflettere, sarebbe stato difficile raggiungere l’unanimità. Inoltre Bontemantel, che nei suoi appunti scrive di sé in terza persona, ricordò che nel 1653, gli Stati d’Olanda avevano pubblicato un’ordinanza contro i blasfemi: “chi scrive contro Dio e le sue qualità, contro la divinità e la soddisfazione di Cristo, e la Santa Trinità e contro le basi e i concetti fondamentali della 550 Per “patibolo” si intende probabilmente un piccolo palco da montare per l’esecuzione della condanna. 551 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p.365. 129 vera religione cristiana”. L’ordinanza, spiega Bontemantel, era stata fatta contro i sociniani e prevedeva l’esilio dagli Stati d’Olanda e Frisia occidentale. Per sostenere il suo punto di vista, Bontemantel, citò un episodio analogo capitato a Groningen nel 1637 ai danni di un certo Upke Wallis e conclusosi con l’esilio e dichiarò che “i blasfemi devono essere puniti con il bando […] che questi libri (quelli di Koerbagh) vanno un po’ più in là della dottrina sociniana e che è necessario guardare oltre ma anche cercare di prevenire che in futuro libri simili non vengano scritti”552. Contro Adriaan Koerbagh, il magistrato Hulst e il presidente si espressero a favore del carcere e dell’esilio; Corver chiese dieci anni di prigione, dieci di esilio, 4000 fiorini di multa e 2000 di spese; Hudde fu d’accordo ma sostenne che la multa dovesse arrivare a 6000 fiorini. Bontemantel scrive: “avendo discusso ancora un po’ ed essendo stata raggiunta l’unanimità si stabilì dieci anni di carcere, dieci anni di esilio ad almeno un miglio da questa giurisdizione, una multa di 4000 fiorini, la metà per i poveri e il resto per lo “Schout” (capo della polizia), e 2000 fiorini di spese ordinarie e straordinarie di giustizia”. In margine, Bontemantel annota che il 19 settembre del 1668 fu deciso che Adriaan avrebbe dovuto trascorrere i dieci anni di carcere rinchiuso nel Rasphuis di Amsterdam553. “Nel pomeriggio (del giorno in cui fu discussa la sentenza, cioè il 27 luglio) dopo questa decisione ci si fermò a discutere dell’esilio”. In questo caso infatti, la sentenza di Adriaan Koerbagh avrebbe dovuto non solo essere letta pubblicamente dal palazzo comunale ma anche resa nota a tutti gli “Schout” (capo della polizia) delle Province mentre: “l’intenzione era tenere l’eco di questa vicenda più bassa possibile all’interno dei confini della città ed evitare ogni possibilità che i libri 552 553 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 365. Ivi, p. 366. 130 fossero letti nella città […]. Per queste considerazioni si decise di bruciare i libri in segreto (non in luogo pubblico, cioè)”. La sentenza, che pur contemplava l’esilio, fu letta a porte chiuse554. Per quanto riguardò Jan, si giudicò già una punizione l’esser stato rinchiuso in carcere per circa dieci settimane durante il processo555. Il presidente stabilì che non avendo egli scritto né letto i libri del fratello, tutte le sue opinioni erano di natura religiosa e perciò il giudizio su di lui era di competenza della chiesa. Jan fu rilasciato con un semplice ammonimento e il pagamento delle spese processuali556. Il vicino tramonto della Vera Libertà di De Witt limitava il margine di liberalità dei reggenti, restii in passato a bandire o anche solo a punire per questioni di ortodossia religiosa, nella stessa misura in cui aumentava la capacità di pressione politica della chiesa riformata557. Adriaan aveva scritto dei libri “blasfemi” e per di più li aveva scritti in nederlandese, in lingua popolare. Il loro veleno avrebbe potuto infettare un gran numero di anime se l’autore non fosse stato fermato. In realtà, Adriaan, mettendo su carta le sue idee, aveva fornito al Concistoro una valida arma da puntare contro i reggenti: il giovane medico e avvocato di Amsterdam era solo una pedina di un gioco politico più ampio, del quale, a differenza del suo maestro Spinoza, non aveva consapevolezza. Neanche il liberale John Locke che, in fuga dall’Inghilterra avrebbe scritto nel 1685, la sua Lettera sulla tolleranza proprio in Olanda, avrebbe salvato Koerbagh dall’esilio: “Se […] gli erranti non vengono ricondotti sul retto cammino, non resta altro che cacciare ed eliminare del tutto dalla società i riluttanti e gli ostinati, che non danno speranza di poter essere corretti”558. 554 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 314. P.H. Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 71. 556 Ivi, p. 72. 557 S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 175. 558 J. Locke, Lettera sulla tolleranza, a cura di Carlo Augusto Viano, Laterza, Bari 2002, p. 15. 555 131 L’oligarchia dei reggenti era ricca di uomini contrari alla rigidità culturale e religiosa dei calvinisti: Coenraad van Beuningen veniva da una famiglia rimostrante ed era grande amico dei collegianti; Lambert van Vethuysen era un cartesiano, difensore della tolleranza e nemico del potere ecclesiastico. Ma ognuno di loro si rendeva conto del pericolo che avrebbe corso nel superare il margine di libertà, altissima, dell’Olanda del tempo559. Lo stesso margine che avrebbe portato Spinoza nel febbraio del 1673, a rifiutare l’offerta di Johann Ludwig Fabricius il quale, per conto di Carlo Ludovico, Elettore palatino, gli aveva domandato se avesse avuto intenzione di accettare la cattedra di filosofia alla prestigiosa Università di Heidelberg, assicurandogli che avrebbe goduto della più ampia libertà di filosofare, nei limiti ovviamente del mantenimento della pace religiosa e sociale. Spinoza rispose che non capiva quali fossero questi limiti e che non era sua intenzione perturbare in alcun modo la religione560. Anche De Witt, come i cartesiani, impauriti di fronte alle tendenze radicali emerse negli anni sessanta del XVII secolo, doveva tenere a freno le manifestazioni più estreme dei sociniani e di altri dissidenti. La possibilità della libera espressione del pensiero radicale, di un Lodewijk Meyer col suo Interpres o di un Koerbagh con il suo Bloemhof di fiori velenosi per l’ortodossia della chiesa calvinista, minava la stabilità del regime di De Witt e distruggeva la libertà stessa fornendo ai voetiani, alleati con gli orangisti, le armi più affilate561. 6.3 Epilogo 559 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 790. S. Nadler, Baruch Spinoza, cit., p. 342-344. 561 J.I. Israel, The dutch, cit., p. 791. 560 132 Il 30 luglio, subito dopo la sentenza di condanna nei confronti di Adriaan, la “Classis” (circoscrizione ecclesiastica) si riunì per esaminare la posizione del giovane Jan e il 3 settembre il relativo rapporto fu pronto. Si giudicava il giovane candidato al sacro ministero ancora convinto delle sue opinioni eterodosse e gli si concedeva altro tempo per pensare (bedenktijd), e cambiare idea562. Il 1° ottobre del 1668, la commissione riteneva Jan “ancora saldo nei suoi precedenti errori” anche se la dottrina della sostanza di Dio era stata abbandonata. “Temendo che non possa sedere sulla sedia della verità [cioè diventare predicatore] essendo ancora pieno di schifosa eresia”, fu deciso di tenere Jan sotto censura e di scrivere a tutte le province per impedire che questa “persona fosse ammessa al pulpito”. Un rapporto del 5 novembre segnalò inoltre che Jan, nell’ultimo periodo aveva continuato a frequentare le riunioni dei rimostranti e “altre conventicole eretiche”. Ancora nell’estate del 1669, il Concistoro veniva a sapere che Jan Koerbagh persisteva nelle sue opinioni eterodosse e i “fratelli” erano invitati a “continuare a vigilare su di lui”563. Poco tempo prima che Jan finisse in carcere, il reverendo Nieuwenhuysen si era lamentato con i “burgemeesteren” (sindaci) del Collegio sul Rokin, considerato il centro da cui si irradiavano tutte le eresie. La tensione era ormai altissima. Il 21 marzo del 1669, la chiesa era stata informata della stampa di libri scandalosi ad Amsterdam. Il 28 marzo, aveva tra le mani anche un titolo: Bibliotheca Fratrum Polonorum, quos unitarios vocant, Irenopoli post annum 1656”. Il 4 aprile fu la volta del tipografo Rieuwertsz, che nel 1670, avrebbe stampato il Trattato teologico politico di Spinoza grazie 562 all’aiuto della tipografia di Christoffel Koenraad, Queste informazioni sono riportate da Meinsma sulla base dei protocolli del Concistoro, p. 319320. 563 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 321-322. 133 all’Egelantiersgracht: “della bottega di Jan Rieuwertsz, non possiamo dire di più se non che diverse persone, di tutte le specie vengono da lui e si intrattengono in strani discorsi”564. Secondo quanto scritto nel protocollo della chiesa che riporta il verbale della riunione del 26 aprile del 1668, le Autorità risposero alle lamentele del reverendo Nieuwenhuysen sostenendo che “questi incontri [sul Rokin] sono tenuti alla luce del sole e senza che provochino disordini, tanto che anche i membri del collegio si lamentano che le loro riunioni sono turbate a volte dai nostri candidati al sacro ministero di predicatore e dai nostri catechisti”565. Per il momento, il Concistoro giudicava “non consigliabile continuare ad insistere sulla questione”. Ma, non di meno, tenne gli occhi aperti sulla vicenda. Intanto Adriaan Koerbagh, con sentenza del 29 luglio 1668, era stato rinchiuso nel Rasphuis nella Heiligeweg566, l’antico chiostro delle clarisse, adibito a carcere dal 1595. I condannati lì imprigionati, erano costretti a segare e grattare il legname proveniente dal Brasile per ricavare una polvere rossa da trasformare in vernice567. Adriaan vi rimase chiuso per sette settimane. Il 19 settembre, i magistrati decisero di trasferirlo nel Willige Rasphuis vicino allo Schippersgracht, forse, come suppone Meinsma, considerando la punizione inflitta troppo crudele568. Questo era un vecchio magazzino della Compagnia delle Indie occidentali, trasformato in carcere per lavori forzati nel 1653 e raso al suolo nel secolo successivo569. Durante i mesi trascorsi in prigione, un anonimo V.D.H. scrisse una poesia che, nonostante la dura condanna cui era andato incontro Adriaan, 564 Ivi, p. 326. K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 320. 566 Procedures teghens Adriaen Koerbach, cit., p. 367. 567 K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 316. 568 Ivi, p. 316. 569 P.H. Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 72. 565 134 lodava ancora l’alto livello della tolleranza olandese, almeno in rapporto ad altri Paesi: “Al prigioniero Koerbagh, per il suo ateistico dizionario o Bloemhof pieno di dolcezze senza dolore”. Adriaan veniva stimato “fortunato” perché era stato imprigionato ad Amsterdam. Se la stessa vicenda si fosse svolta in Spagna o in Italia, spiegava V.D.H., la sua punizione sarebbe stata molto più dura. Se le mani di Clemente IX avessero potuto strappare i fiori velenosi del suo Bloemhof, Koerbagh sarebbe finito sul rogo, arso dal fuoco dei suoi stessi libri570. L’eco della vicenda non si era ancora spenta in città che il Concistoro tornò a statuire su Adriaan. Il 6 dicembre del 1668, durante la riunione ordinaria, fu stabilito che il reverendo Vinckius, con un suo presbitero, si recasse nel Rasphuis: “per vedere se ci fosse la possibilità di parlargli, per depurare la sua anima, con l’aiuto di Dio, e liberarlo con questi strumenti dal laccio di Satana”571. Le visite della chiesa ai carcerati, erano un evento del tutto nuovo ad Amsterdam. Il rapporto di Vinckius sull’affare Koerbagh però, è datato 10 ottobre 1669, cinque giorni prima della morte del giovane medico e avvocato. Presumibilmente, le autorità non avevano comunicato al Concistoro il trasferimento del condannato dal Rasphuis di Heiligeweg a quello sullo Schippersgracht e, a giudicare dalla data del rapporto, non fu per niente facile per Vinckius ritrovare l’autore del Bloemhof. Nell’estate del 1669 intanto, la situazione religiosa si era andata appesantendo di pari passo con quella politica. Il Concistoro aveva spedito “persone ben salde nella loro posizione teologica” al Rokin572: Jan Knol fu udito pronunciare terribili blasfemie contro Cristo mentre 570 Ivi, p. 79. la poesia è in Het Nieuwe Hoornse Speelwerck, 1672, p. 220. K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 317. 572 Ivi, p. 321. 571 135 Galenus Abrahamsz continuava a diffondere i suoi “scandalosi errori”. Secondo il rapporto consegnato al Concistoro, durante le riunioni del Rokin: ”non veniva mai sostenuto che Cristo era un dio e si diceva che gli ebrei avessero avuto il diritto di ucciderlo”573. Il caso fu portato ancora una volta sotto gli occhi dei “burgemeesteren” (sindaci) che però risposero che sarebbe stato necessario presentare documenti scritti a supporto di queste lagnanze. Dopo non pochi tentennamenti, alcuni membri del Comune vennero scelti come testimoni e inviati insieme ad un notaio ad ascoltare le parole di Jan Knol. La causa venne iscritta a ruolo agli inizi del 1670 ma poi non giunse ad istruzione574. Nell’ultimo periodo di prigionia, Adriaan si era gravemente ammalato. Il reverendo Vinckius, che era riuscito finalmente a rintracciare Adriaan, spiega nel suo rapporto al Concistoro di averlo trovato “pentito di aver scritto quelle cose blasfeme, con il desiderio di non averle mai scritte, promettendo di non coltivare simili opinioni e di non insegnarle”575. Adriaan spirò pochi giorni dopo la visita di Vinckius. Il suo corpo fu portato in Oude Nieuwstraat, probabilmente presso la casa dei fratelli, come suggerisce Meinsma576. Il galletto nero salterà sulla sua bara davanti a centinaia di curiosi e rimarrà accovacciato lì sopra per molto tempo, indifferente alle grida e ai gesti della gente che tentavano di smuoverlo dal luogo prescelto. Questo particolare curioso è riportato anche da Philippus van Limborch in una lettera del 23 gennaio 1682, scritta ad Amsterdam ed indirizzata al Doctissime vir, Johan le Clerq: “Ante annos aliquot quidam ex ejus sequacibus dictionarium quoddam edidit, in quo, sub praetextu voces barbaras, quae in linguam nostram irrepserunt interpretandi, multa 573 Dai verbali delle riunioni del concistoro dal 27 giugno all’8 agosto 1669. Ivi, p. 321. K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 321. 575 Ivi, p. 317-318. 576 Ivi, p. 318. 574 136 immiscuit totius religionis fondamenta convellentia […]. Autor ad decennalem carcerem fuit damnatus et, post elapsum annum in carcere obiit. In exsequiis ipsius ridiculum quid contigit: Forte fortuna gallina nigra turbam hominum undique concurrentium fugiens cum nullum tutum ubi pedem superfigeret conspiceret locum, caput illius insedit”577. Van Limborch era stato compagno di studi dei fratelli Koerbagh negli anni universitari di Utrecht e, anche se non doveva condividerne le idee, sicuramente conosceva Adriaan578. L’autore del Bloemhof fu la prima vittima delle pressioni della Chiesa calvinista sull’autorità civile e non è certamente casuale che queste abbiano raggiunto il loro obiettivo proprio nel momento conclusivo della parabola politica di De Witt. Le altre uniche due, Hendrik Wyermars e Aert Wolsgreyn, ebbero anch’esse a che fare con la filosofia di Spinoza e, soprattutto, con la sua diffusione in nederlandese. Dopo Koerbagh, fu infatti negli anni novanta del XVII secolo che il pensiero di Spinoza cominciò a circolare fuori dai circoli intellettuali grazie proprio all’uso della lingua nederlandese nelle opere di divulgazione. Nel 1678, l’uscita dell’edizione nederlandese dell’Opera Posthuma, aveva permesso di conoscere il pensiero del filosofo pur non avendo un elevato grado di istruzione579. Aert Wolsgreyngreyn era l’editore di Amsterdam che si era occupato, nel 1697, della pubblicazione della novella filosoficaspinozana La vita di Philopater580, di Johannes Duijkerius581. La novella uscì in due volumi: La vita di Philopater e La continuazione della vita di Philopater, che fu stampata in circa 1500 copie. 577 L. Simonutti, Arminianesimo e tolleranza, cit., ep. 6, p. 81. P.H Moerkerken, Adriaan Koerbagh, cit., p. 78. 579 J.I. Israel, Radical, cit., p. 322-323. 580 Vedi J. Van Geel, De verspreiding van het radicale Nederlansde Verlichtingsdenken. Een studie naar het spinozistische roman Het vervolg van het leven van Philopater (1697), Utrecht 1998. 581 Duijkerius J., Het leven van Philopater en Vervolg van ‘t leven van Philopater: een spinozistische sleutelroman uit 1691-1697, a cura di Gerardine Maréchal, Rodopi, Amsterdam 1991. 578 137 Duijkerius negò davanti al Concistoro prima e ai magistrati poi, di essere l’autore del secondo volume, quello che aveva suscitato maggior scandalo e nessuna azione sanzionatoria fu presa nei suoi confronti. Per l’editore invece, accusato anche di essere stato se non l’autore, almeno il co-autore del secondo volume, fu applicata l’ordinanza del 1678 contro la stampa, la vendita e la diffusione di libri spinoziani. Per aver stampato la novella di Philopater, Aert Wolsgreyngreyn fu condannato al pagamento di una multa di 4000 fiorini, otto anni di carcere nel Rasphuis e infine, se fosse sopravvissuto, gli sarebbero rimasti ancora 25 anni di esilio da scontare582. Già nel 1695, Wolsgreyn, insieme a Jan Rieuwertsz figlio e ad un altro libraio di Amsterdam, era stato ammonito dalle autorità per la vendita illegale di libri spinoziani583. Dopo la condanna del suo editore, l’opera fu ripubblicata solo alla fine del XX secolo584. La terza vittima dell’intolleranza religiosa olandese fu Hendrik Wyermars585, un giovane mercante, privo di formazione universitaria. Nel 1710, Wyermars aveva pubblicato ad Amsterdam, 450 copie del suo unico libro, De ingebeelde Chaos (Il Chaos immaginato) che, subito, richiamò l’atenzione del Concistoro. Il libro fu condannato perchè considerato blasfemo e perché conteneva numerosi punti che esponevano la dottrina di Spinoza. Anche nel caso di Wyermars, il Concistoro fu sollecito. Alcuni reverendi si recarono dai “burgemeesteren” (sindaci) con degli estratti del libro che provavano quanto la lettura de De ingebeelde Chaos predisponesse all’ateismo. Il primo ottobre del 1710, il 582 M. Wielema, The march of libertines, cit., p. 89. J.I. Israel, Radical, cit., p. 318-319. La novella si trova segnalata nel libro di Knuttel che riporta un elenco di tutti i libri banditi dalle Province: W.P.C. Knuttel, Verboden boeken in de Republiek der Vereenigde Nederlanden: beredeneerde catalogus, Nijhoff, ’s-Gravenhage 1914, p. 123. A pagina 63, è segnalato il Bloemhof e in quella successiva l’Een ligt. 583 I.H. Eeghen, De Amsterdamse boekhandel, 1680-1725, Scheltema & Holkema, Amsterdam 19601978, V, p.338. Kleerkooper M.M. e van Stockum W.P., De boekhandel te Amsterdam voornamelijk in de 17e eeuw: biographische en geschiedkundige aanteekeningen, Nijhoff, ’s-Gravenhage 19141916, II, p. 1025 -1038. Le pagine riportano un inventario della bottega di Wolsgreyn che si trovava nelle vicinanze del mercato dei fiori, sul Singel. 584 J.I. Israel, Radical, cit., p. 319. 585 H. Vandenbossche, Henrik Wyermars, Ingebeelde Chaos (1710), Tijdschrift voor de Studie van de Verlichting, II, 1974, pp. 321-369. 138 giovane mercante fu arrestato e le ultime copie del suo libro confiscate586. Jan Koerbagh, dopo la morte del fratello, condusse una vita molto appartata e non diede più modo di far parlare di sé fino all’11 gennaio del 1671 quando presenziò ad una riunione al Rokin in veste di relatore davanti a circa quattrocento persone. Il Concistoro spedì nuovamente una commissione dai Bergemeesteren a “rimostrare” lo scandalo di queste riunioni e nell’occasione, si discusse anche di Jan Koerbagh “così insano e perduto […] nella dottrina della divinità di Cristo e della sua soddisfazione che sapeva di eresia sociniana”587. Per agire contro Jan, i “burgemeesteren” (sindaci) chiesero delle “prove scritte”. Jan infatti non era autore di nessun libro che spargesse nelle province le dottrine eterodosse discusse nelle conventicole. Il Concistoro scelse allora di concentrare le energie su un unico obiettivo: la chiusura del collegio. Qualche giorno dopo, Jan si presentò davanti al Concistoro che, con una strategia ben studiata, lo invitò “a risparmiare il suo nome e a comparire davanti ai magistrati” raccomandandogli di “comportarsi bene”. L’obiettivo del Concistoro era infatti molto più alto. In febbraio, durante la riunione annuale dei magistrati, la chiesa “rimostrò” con tale zelo per la chiusura del collegio che i nuovi bergemeesteren chiesero di conoscere i nomi dei leader che lo animavano. La strategia del Concistoro aveva funzionato. I nomi con gli indirizzi furono consegnati e tra questi compariva anche quello di Jan Koerbagh588. Sicuramente, la rimostranza del Concistoro non ebbe conseguenze per Jan o, almeno, 586 J.I. Israel, Radical, cit., p. 323-325. I.H. Eeghen, De Amsterdamse boekhandel, cit. p.351. K.O. Meinsma, Spinoza en zijn kring, cit., p. 323. 588 Ivi, p. 323. 587 139 non c’è nessun documento che, da questo momento in poi, si occupi più della sua vicenda. L’11 settembre del 1672, Jan muore. Il 29 ottobre dello stesso anno, muore anche la sorella Lucia e, come ha scritto Meinsma, “con ciò scompare il nome (Koerbagh) dalla Storia”589. 589 Ivi, p. 324. 140 Appendice Abba: padre, è una parola ebraica che nella Bibbia hanno lasciato intradotta […]590. Adamo: uomo. La parola o il nome “Adamo” è ebraica e non è un nome di persona ma un nome generale che significa umanità in generale. Ma da noi accade ciò che germoglia dall’ignoranza e dalla follia della gente e del nome generale di Adamo, che significa uomo, ne fanno un uso che non comprendono e lo trasformano in nome proprio. Questa parola ebraica di “Adamo”, si trova non tradotta in molti punti della versione nederlandese della Bibbia e tramite quest’illusione, viene trasformato in nome proprio […]591. Adulterio: illegalità, quando la fedeltà o lo stato matrimoniale vengono sfregiati592. 590 Bloemhof, p. 1. Ivi, p. 652. 592 Ivi, p. 27. 591 141 Agnus Dei: agnello di Dio, figlio di Dio e uomo, che viene anche detto Dio. Sì, e con il Padre viene anche paragonato ad un animale dagli uomini. E questo perchè egli, innocente, è stato inchiodato al patibolo ed è morto per i peccati del genere umano. Così, si vuole che questo sacrificio, per il quale gli ebrei usavano una volta l’agnello, sia un esempio per questo morto in croce, figlio dell’uomo. E per ricordo del sacrificio ebraico dell’agnello e del sacrificio del figlio dell’uomo, quelli della Chiesa di Roma immaginano un agnello con un vessillo, d’oro, d’argento o di altro materiale, attorno alla zampa. Agnus Dei: o agnello di Dio mangiato, testimonianza di grande onore. Quale più grande cecità o follia in questa parte della conoscenza di Dio o della religione razionale, da parte degli ebrei e dei cristiani che a lungo digiunano per mostrare e per raccontare che ci si deve sacrificare fino alla prossima possibilità. In generale, dico che nessuno ha avuto finora una religione razionale e ancora non ce l’ha593. Altare: un posto dove si macella […] per la religione di Roma, sono luoghi sacri dove i preti celebrano tutti i giorni. Ma non consiste più nel macello di animali, come presso gli ebrei e i pagani, ma in un affare ancora più meraviglioso e cioè nella creazione di un uomo. Perché loro possono quello che neanche Dio può […] creare da un piccolo pezzo di pane un uomo, che rimane un piccolo pezzo di pane come 593 Ivi, p. 33-34. 142 era prima e si dà da mangiare come uomo, non solo uomo ma uomo divino. Che grande sciocchezza!594. Anabattista: un ribattezzato, un battezzato di nuovo. È uno che pensa che essere battezzato da piccolo non sia sufficiente per la confessione e la fede. Da adulto si può scegliere la confessione e la fede così devono essere ribattezzati595. Angeli: messaggeri, ambasciatori. Ci sono buoni o cattivi ambasciatori secondo il messaggio che portano. Il nome viene dal greco Aggeloi e si trova in molti punti della versione nederlandese della Bibbia ma non è stato tradotto per impedire di discernere l’esatto significato. Perché se la parola fosse stata tradotta in nederlandese nella Bibbia, la gente non avrebbe capito altro che “messaggeri”. È una mistificazione del clero, che usa la parola bastarda greca engelen (angeli) come nome proprio di questi spiriti quando in realtà è una parola che non significa altro che messaggeri […]596. Apostata: un rinnegato, un negatore; che rinnega o nega qualcuno o una dottrina che sosteneva597. 594 Ivi, pag 39. Ivi, p. 43. 596 Ivi, p. 268. 597 Ivi, p. 52 595 143 Apostolo: un ambasciatore, mandato, spedito, mandato da qualcuno per negoziare qualcosa o per annunciare qualcosa. Di questi ambasciatori, il Salvatore ne ha scelti dodici, che sono partiti per tutti i luoghi a diffondere la sua Dottrina598. Ateo: negatore di Dio; che disconosce Dio. Uno che disconosce e nega ciò che è un Dio. Coloro che non conoscono Dio, lo negano: così è la maggior parte della gente, inclusi pure i religiosi. Perché è veramente poca la giusta conoscenza di Dio: il nome di Dio è noto a tutti, la sua Sostanza, a pochi. Ateismo: negazione di Dio. Disconoscere Dio. Nessuna persona ragionevole e saggia ha mai disconosciuto Dio599. Badessa: una madre spirituale in un’abitazione spirituale. Una vergine spirituale che vigila un gruppo di figlie o vergini che vivono insieme nella casa spirituale come isolate con regole comuni. La vergine è una femmina che ancora non ha conosciuto nessun uomo ed è pura. La vergine spirituale è colei che promette per sempre la purezza e la castità. Ma io dubito che tutte arrivino senza mai cercare o godere il letto di un uomo600. 598 Ivi, p. 52. Ivi, p. 78. 600 Ivi , p. 2. 599 144 Bibbia: parola bastarda greca che significa in generale un libro che può essere Della volpe Reinard o Uilen-spiegel (Specchio piangente) […]; nella religione, sebbene in modo non corretto perché la parola non ha quel significato, le Sacre Scritture sono chiamate Bibbia […]; non si sa chi siano gli autori dei testi ebraici […]. Alcuni pensano che li abbia compilati un certo Esdra grazie ad altri scritti ebraici […] nelle Scritture c’è qualcosa di vero che è in accordo con la ragione, che io considero la Scrittura […] ma il resto è per noi inutile e vano e può essere buttato tranquillamente601. Catechismo: libro di istruzione o libro che insegna la fede. Questo libretto, che riporta i principi fondamentali, è stato fatto a Heidelberg da alcuni esponenti della Chiesa riformata dopo che quello della Chiesa cattolica era stato sconfessato. È stato scritto basandosi sulla Bibbia, sebbene alcuni principi in esso contenuti siano non veri, non possibili e non contenuti nella Bibbia. È lo stesso libro che alcuni insegnanti della Chiesa riformata dei Paesi Bassi tengono in cotanta considerazione e massimamente difendono e dichiarano che è ortodosso, aderente alla Bibbia e vero. E vogliono anche che ogni membro della comunità pensi la stessa cosa senza alcun contraddittorio. Se si crede quello che dicono i predicatori o quello che stabilisce un Concistoro è stato inutile essersi allontanati dalla Chiesa di 601 Ivi, p. 95. 145 Roma. Ma ora si sono separati, perché un tale ha pensato che egli non fosse obbligato a credere se ne sapeva di più di quello che stabiliva la Chiesa. Io o un altro ora siamo obbligati a credere quello che è stato fatto alcuni anni fa perché il Sinodo di Dordrecht lo ha stabilito o perché lo dicono i predicatori ancorché uno ne sappia di più? Questo mi pare un po’ assurdo. Io non lo farò mai anche se mi buttassero fuori cento volte dalla comunità […]602. Concubina: è una donna che viene presa da un uomo come donna o moglie oltre la moglie sposata che egli ha […] nei tempi antichi era permesso […], in sé e per sé non era un male e non lo è tuttora, solo che non è permesso603. Controrimostrante: contro rimostrante è un tale che rimostra qualcosa […]. Rimostrante: rimostrante. Controrimostranti si chiamano quelli della religione riformata (alias calvinisti) nei riguardi dei rimostranti o esclusi dalla religione riformata (alias arminiani) perché hanno mostrato di avere un credo diverso e hanno indicato che i cinque articoli di fede che consideravano veri, erano falsi. Ma non mi meraviglia che i Fratelli o i Predicatori della Chiesa riformata hanno trionfato contro i Fratelli o Predicatori esclusi. Perché loro erano al contempo accusatori e giudici e hanno giudicato senza permettere che 602 603 Ivi, p. 123-124. Ivi, p. 173. 146 gli altri potessero giustificarsi. Questa è assolutamente una controrimostranza o trionfo! […]604. Creazione: fare […]. Dovrei dire creare ma creare è un’altra faccenda […] come è spiegato nella parola “Creatura”: il primo fare è stato un dare forma alla materia non fatta”; Creatura: una lavorazione, una produzione. Una cosa tutta fatta. Ci sono due tipi di produzioni: quella senza vita, cioè quelle che non hanno vita né anima; e produzioni con la vita, come le persone, che sono provviste di ragione (sebbene molti non la usino e molti non la possano usare) e le bestie, che non hanno ragione. Si può anche dire che le produzioni sono di tre tipi: viventi e con la ragione, come le persone; viventi e senza ragione, come le bestie; e non viventi come il legno e la pietra”605. Deuteronomio: legge seconda; è un certo libro chiamato così nella Bibbia dei greci […] lasciata intradotta nel nederlandese […] viene anche chiamato il quinto libro di Mosè: perché si tenta di indurci a credere che l’abbia scritto Mosè606. Diavolo: bugiardo, accusatore. La parola Duyvel (diavolo) è una parola bastarda che viene dal greco diabolos 604 Ivi 191-192. Ivi, p. 207. 606 Ivi, p. 240. 605 147 e si trova nella versione nederlandese della Bibbia anche se non è una buona traduzione: del resto, nella Bibbia vi sono parole ancora più oscure che vengono lasciate non-tradotte per non far comprendere l’esatto significato delle cose. Perché se le parole fossero state tradotte in nederlandese, la parola Duyvel non esisterebbe nella nostra lingua. Ora si tenta di indurci a credere che il diavolo è uno spirito arrabbiato (un accusatore è arrabbiato abbastanza) che, all’inizio, era stato creato buono ma poi è caduto nel male e nella disgrazia. Sebbene nella Bibbia non si legga niente di tutto ciò, i religiosi vogliono comunque che ciò sia vero perché loro lo hanno inventato607. Domine: un signore […]; il clero e gli insegnanti, facendosi appellare così, vogliono avere un nome importante [per questo] si prende una parola latina che l’uomo comune non capisce608. Eresia: un credo, un marchio, una scelta, una volontà […]. La parola eresia è di origine antico-germanica e significa seguire o imitare. Che male c’è ora a seguire ed imitare? Come quando, per esempio, un allievo segue il maestro? Secondo il mio giudizio non c’è nessun male […], nessuno è così potente per poter giudicare in merito, a meno che uno non sia così offuscato dal pregiudizio da credere che il suo credo sia il migliore e da giudicare quello di un 607 608 Ivi, p. 258. Ivi, p. 254. 148 altro eresia […] è un peccato che noi non siamo imitatori della ragione che procede con la verità […] perché la verità è una e semplice. Eresia: si vuole che significhi anche noncredenti ma questo significato non c’è [nella parola]. E poi chi giudica questi non-credenti? […] ognuno è così saldo e così illuminato nella sua fede che la ricerca, attraverso la quale si arriva alla scienza, è completamente ignorata dalla gente comune. Si lascia arrivare la gente solo alla fede senza lasciargli capire se quello in cui crede è o può essere vero609. Eucaristia: un ringraziamento. Parola usata per il pane eucaristico o, come ora diciamo noi, per la cena del Signore che consiste nel mangiare un pezzo di pane e nel bere un bicchiere divino. Tali cene del ringraziamento esistevano un tempo presso gli ebrei e, così come ho capito io, sono ancora in uso in certi periodi. Prendono un pezzo di pane e lo spezzano e il capofamiglia lo divide con i suoi commensali per mangiarlo insieme ad un bicchiere di vino da bere completamente. Poi ringraziano Dio onnipotente per i suoi doni, per il pane e il vino che, dalla terra, arrivano loro. Questa usanza della cena del ringraziamento la tenuta anche il Salvatore , che era ebreo, presso i suoi proseliti. Ma noi che seguiamo questa usanza ebraica le attribuiamo un altro significato. Viene fatto come ricordo della morte del Signore che ha soddisfatto e pagato completamente per tutti i nostri peccati e errori. Questo non c’è nella Bibbia ma viene creduto e tenuto per certo. Se è proprio vero che egli 609 Ivi, p. 338. 149 ha pagato completamente per noi, se può essere vero, sarebbe troppo lungo da raccontare qui e quindi mi devo fermare. Sia abbastanza considerare che abbiamo parlato di come è nato rito. Vedi Messa610. Inquisizione: ricerca, ricerca sulla fede. È nata dal grande abuso di potere della Chiesa di Roma arrivando a rendere l’abuso di potere dei suoi membri ancor più grande e ingente sull’animo della gente e questo è proprio vero. Perché non era sufficiente che uno confessasse di credere in Dio e in suo Figlio e nel suo Spirito e il Figlio era alla testa della comunità e ancora la Bibbia era tenuta per parola di Dio. Non era ancora abbastanza. Coloro che detenevano il potere spirituale e ne abusavano cominciarono ad affliggere la gente. La prima domanda era quale fossero i sentimenti religiosi di qualcuno. […] Chi diceva qualcosa contro o sosteneva che la Bibbia non faceva menzione di quelle cose, era considerato un eretico e quindi bandito, sepolto, appeso, bruciato. […] Il grande abuso di potere è stato acquisito dai religiosi grazie all’ignoranza e alla non-conoscenza dei feudatari, dei re e dei governi di quelle cose che a tutti gli effetti erano di loro pertinenza conoscere […]611. Jesus: Salvatore, è un nome bastardo ebraico che viene da Iehoschuan, da cui viene anche Ioschua o Iosua. Tra gli ebrei, questo nome di Salvatore era molto diffuso. Tra 610 611 Ivi, p. 277-278. Ivi, p. 365. 150 questi c’è stato anche un Iosua che ha portato gli israeliti sani e salvi nella terra di Canaan e al quale il nome di Salvatore poteva essere giustamente offerto. Perché salvatore è colui che salva qualcuno da una situazione di necessità o di pericolo […]. Salvarsi può anche significare portare qualcuno fuori dalla stupidità, dall’ignoranza e dai pregiudizi, e condurlo verso la scienza e la sapienza attraverso la quale si giunge alla conoscenza del sommo bene […]. Un tale Gesù o Salvatore tra gli ebrei […] un falegname, il figlio di Maria e, così si dice, di Giuseppe il falegname, che ha insegnato al popolo e che ha cercato di portarlo, attraverso la scienza e la sapienza, alla conoscenza del sommo bene. Che egli sia il nostro Salvatore perché attraverso la sua Passione e la sua morte ci ha liberato da tutti i peccati e il debito è stato completamente soddisfatto, sono concetti fuori dalla Scrittura e anche contro la verità. Non si sa quale sia stato effettivamente il padre di questo Salvatore e per questo qualche ignorante ha detto che egli era il figlio di Dio e che in quel tempo sia nato da una vergine senza l’aiuto di un uomo: ma questi concetti non sono nella Scrittura e sono contro la verità612. Libri apocrifi: libri, libri celati, libri oscurati o offuscati. Sono alcuni libri che un tempo sono stati considerati dalla Chiesa antica come libri regolari della Bibbia e ancora vengono considerati tali dalla Chiesa cattolica. Tuttavia, sono stati tolti dal totale dei libri della 612 Ivi, p. 663-664. 151 Bibbia da quelli della Chiesa riformata. Se uno si chiedesse: “è possibile fare questo?” Ma certo! Perché no? Loro hanno il permesso di farlo e lo hanno potuto fare, e hanno ancora potere e diritto […]. Perché quello che è dichiarato regolare da un’Amministrazione può essere dichiarato irregolare da un’altra […]613. Messa: mandare via, congedare. La parola “messa” è una parola bastarda latina che viene da “missa” o “dimissa”, di cui è possibile intendere “est concio”, che è un ammonimento (da sapere per il popolo) […]; queste parole vengono dette ai discenti dei principi della fede che ancora non possono partecipare alla comunione. Questa, veniva un tempo tenuta dagli anziani e ancora viene tenuta come ricordo della morte del Salvatore. Vedi: eucaristia. Per la Chiesa di Roma, la parola “messa” non significa ringraziamento o ricordo o congedo ma “fare il Dio uomo” che sarebbe spezzare il pane e dividerlo e bere con i commensali […]; prendono un pezzetto di pane rotondo e ne fanno (almeno così dicono) un uomo, non solo un uomo in carne ed ossa ma un Dio-uomo, sebbene il pezzetto di pane rotondo rimanga tale […] perché nella Bibbia c’è scritto: “questo è il mio corpo” […]614. Miracolo: miracolo, fatto meraviglioso. I religiosi vogliono che un miracolo sia qualcosa contro o oltre la 613 614 Ivi, p. 51. Ivi, p. 448-449. 152 natura. Ma è falso perché non ci può essere niente contro o oltre la natura615. Offrire: offrire. Offerta spontanea. Dono spontaneo. Offrire: macellare bestie da offrire alla religione. La parola “offrire” non comprende questo secondo significato perché nella lingua originale ci sono diverse parole che i religiosi non hanno tradotto in nederlandese. Viene presa solo una parola bastarda latina o due come “offrire”, “offerta” e poi viene circondata dalla traduzione nederlandese. Non riesco a capire come il clero non si vergogni per ciò che fa616. Oracolo: parola di Dio, parola del cielo. In uso presso tutti i popoli pagani non solo, ma anche presso gli ebrei. È la risposta di Dio (come sostengono gli ebrei) o di uno spirito arrabbiato (come dicono i pagani) a una domanda che viene posta. Le risposte sono sempre state oscure e dalla doppia interpretazione così da poter essere interpretate solo dopo che il fatto si è verificato […]617. Ortodosso: ortodosso. Quale fazione sia ortodossa, nessuno lo può dire perché ognuno vuole essere ortodosso e ognuno giudica l’altro […]618. 615 Ivi, p. 447. Ivi, p. 471. 617 Ivi, p. 474. 618 Ivi, p. 476. 616 153 Ostia: il Dio uomo fatto pane o Dio uomo diventato pane. È un piccolo pezzo di pane rotondo che i cattolici dicono essere il Dio uomo fatto pane o divenuto pane nel momento in cui dicono queste parole: “questo è il mio corpo”. Sebbene in quel momento non ci sia niente di cambiato o di diverso, la gente è obbligata a credere che quello si sia veramente mutato nel Dio uomo619. Papa: padre. Questo nome di “padre” sta per eccellenza, supervisore o primo supervisore della comunità cattolica, essendo il padre spirituale della comunità. Viene chiamato santo padre o Santità. Ma se si legge la vita dei santi padri si vede che questo nome non ha valore. Il santo padre viene anche chiamato Pontefice Massimo e reggitore del Salvatore qui sulla terra. Si dice anche che i santi padri non possano sbagliare: ma se con astuzia arrivano a costituire leghe e fare guerre per l’egemonia e la dignità, questo non è sbagliare?620 Profeta: un profeta, che dice prima ciò che avverrà in futuro. Ma quello che un profeta dice prima sono il più delle volte cose oscure e di doppia interpretazione. Se una cosa accade, spiegano togliendo o aggiungendo qualcosa […]. Così si dice, già! Quell’uomo ha predetto il vero, quando non se lo è mai nemmeno sognato. Esempi di profeti simili, 619 620 Ivi, p. 342. Ivi, p. 491. 154 la Bibbia del Vecchio Testamento ne può offrire a sufficienza […]621. Religione: religione. È il servizio con cui un qualche Dio cerca gradimento o onore. Ciò avviene in diversi modi tra gli uomini: perché ci sono molte religioni. Un popolo che ha una religione diversa da quella di altri popoli crede che il suo modo di onorare Dio sia migliore rispetto a quello degli altri e lo crede e tiene per certo non con la ragione e la verità che vengono da Dio ma con la violenza, il fuoco e la spada. E ognuno bestemmia l’altro e lo prende per non credente o ateo […]622. Religione cattolica: religione universale, quelli della Chiesa cattolica chiamano la loro religione universale. Tuttavia la loro religione non è universale. Perché la Chiesa orientale differisce in molte cose da quella romana occidentale e quella romana, a sua volta differisce molto da quelle nuove riformate della Germania, dei Paesi Bassi e di altre terre, che vanno più d’accordo con quella orientale rispetto all’accordo tra la Chiesa di Roma e quella Orientale. La Chiesa di Roma si è data il nome di universale e, all’inizio, con ragione. Ma poi ci sono stati degli attriti che ancora durano. Quindi, non è più universale ma parziale. Ognuna pretende di essere la più antica, la più aderente alle Scritture e quella che ha la miglior dottrina della Salvezza. 621 622 Ivi, p. 528. Ivi, p. 557. 155 Ognuna si arroga il nome di universale ma nessuna può permetterselo perché esse si dicono tutte cristiane, così nessuna in particolare può dirsi universale. Tutti i cristiani insieme fanno la chiesa universale. Se solo l’amore fosse grande e potente abbastanza, se tutti i sentimenti fossero unanimi da vivere insieme sotto la guida del Salvatore, senza odiarsi, perseguitarsi, bandirsi, bestemmiarsi e uccidersi!623 Religione riformata: religione riformata, depurata. Sebbene la religione (che a torto viene chiamata calvinista) è detta riformata o depurata, molto poco è cambiata rispetto a quella cattolica. […] Perché una religione non avrebbe bisogno di essere conservata con il potere della spada: come tutte le altre religioni del mondo, a me note, che si tengono con questo potere. Ognuna vuole tenersi i suoi incomprensibili ed irragionevoli principi di fede624. Reliquia: residuo, resto di qualcuno. I cattolici hanno molte reliquie di santi morti. Così, dicono che quelle reliquie sono sante e le tengono come cose di grande valore. Ma quale valore o santità può avere un mucchio di stracci proprio non lo so e se devo parlare con verità e ragione non ci vedo niente di tutto questo625. 623 Ivi, p. 125-126. Ivi, p. 327. 625 Ivi, p. 558. 624 156 Sinodo nazionale di Dordrecht: il Consiglio spirituale generale di Dordrecht o il Consiglio spirituale di tutti i popoli. È il Consiglio generale che negli anni 1618 e 1619, si è tenuto a Dodrecht, durante il quale i seguaci di Armino furono giudicati in errore in base ad alcuni principi di fede e che giudicò affidabile la Bibbia tradotta in nederlandese ma io oso dire che ciò non è vero626 Trinità: una parola usata dai religiosi e dicono che in una sostanza unica, semplice e immodificabile c’è una trinità: ma loro non vedono l’assurdità e la contradictio in terminis che c’è in questo: perché trinità è un trio comprendente tre volte uno. Come! È semplice, unica, immodificabile e mai cominciata una sostanza trina comprendente tre volte uno? […] Se questo fosse vero, loro non dovevano dire trinità ma uni-trinità, che è una sostanza che in una ne contiene tre […] così diventano tre sostanze indipendenti e tre Dei necessari, il che è assolutamente irragionevole627. Vangelo: buona novella. In che cosa consista questa buona novella lo racconta Matteo 1.12. dove dice: “Ed ella partorirà un figlio ed egli sarà chiamato Salvatore perché salverà il suo popolo dai peccati”. Si vuole che questa sia una profezia ma è stata assolta dal Salvatore? Perché è scritto: “Egli salverà il suo popolo dai peccati”. Egli era 626 627 Ivi, p. 620. Ivi, p. 632. 157 un ebreo e gli ebrei sono il suo popolo. Gli ebrei sono stati salvati dai loro peccati? Secondo me, per niente: perché loro commettono ancora grandi peccati e sono gli stessi che erano. Si vuole dire e ci viene ancora detto che i suoi successori sono stati assolti. Ma dico che noi siamo ancor meno assolti perché commettiamo peccati grandi come quelli degli ebrei […]628. Vescovo: un assistente del Comune o della religione. […] successivamente hanno acquistato sempre più potere, grandezza e vantaggi. Sì! Si sono arrogati la supremazia non solo sulle cose spirituali ma anche su quelle del mondo. Sono diventati signori di terre e di città e, spesse volte, invece di istruire la Comunità, facevano guerre di grandezza […]629. 628 629 Ivi, p. 276. Ivi, p. 100. 158 Bibliografia Aawijzing van de REGTE GRONDEN, van het recht der collegianten en van de besorgers van der zelfder Weeshuys tot Amsterdam. Uyt de autentijke stukken, die hier bijgevoegd zijn, met kracht beweezen.Waar in getoond word, dat al de Collegianten over de Collegiplaets, even veel Recht hebben. En dat de besorgers van der selfder Weeshuys, over de Collegieplaets niet een stip meer Recht hebben, als de minste collegiant. Door Adriaan Pietersen Dekker en Pieter de Haan, Meede besorgers van het Collegianten Weeshuys en andere Broederen Collegianten. Gedrukt voor de autheuren 1685. Actes du Synode National, Teni à Dordrecht, l’an MDCXIIX & XIX. 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